Dettagli Recensione
Lotta per la vita e scoperta di sè
Tradotto diversamente in italiano è in realtà "The forest of Hands and Teeth" (La foresta delle mani e dei denti). Il titolo così dissonante dal contenuto effettivo del romanzo è forse un tentativo di addolcirne i toni. Ma La foresta degli amori perduti non è affatto dolce. Inizia immediatamente descrivendo una tragedia brutale, immergendo il lettore in una realtà cupa. Ancora più che dark, per alcuni cliché utilizzati assume connotazioni tipiche dell'horror.
La società di Mary è costrittiva ma non dispotica. Tutto il suo mondo è costruito su di un unico obiettivo: la sopravvivenza. Non c'è spazio per i sogni, i sentimenti, nemmeno per i pensieri che portano alle domande e in conseguenza al cambiamento. Il cambiamento è caos. E al contrario per convivere al di là delle recensioni degli Sconsacrati la remissione del proprio io è fondamentale. Si percepisce dalla prima all'ultima pagina.
Tutto il racconto è pervaso da sentimenti intensi e graffianti di frustrazione, rabbia, paura. Una costante lotta tra desideri e doveri. Lotta per la vita. Ma soprattutto la costante che aleggia serpentina nella foresta delle mani e dei denti, nella storia di Mary, è la mancanza. La necessità di qualcosa di impalpabile e indefinibile che travalica il desiderio d'amore romantico e di sicurezza, persino di sopravvivenza: la necessità di realizzare prima di tutto se stessi. I propri sogni e le proprie ambizioni. Perseguendo un ideale con un'ostinazione quasi ossessiva, malgrado le difficoltà sembrino smentirne una possibile realizzazione. Questo è il nodo centrale di The forest of Hands and Teeth, alias La foresta degli amori perduti. Benché per tre quarti del libro venga descritta la contrastata relazione fra due giovani, con una delicatezza e un'intensità che stride contro la lotta serrata agli infettati, l'amore romantico non ne è il vero protagonista. Anche l'amore è frustrato nella narrazione. Anche l'amore schiuma di rabbia. Anche l'amore è per lo più doloroso, malgrado i momenti di dolcezza. Anche il desiderio per l'altra persona non basta.
Lo stile di Carrie Ryan è sintetico: con uso di farsi brevi, molti punti e poche subordinate. Quasi a sottolineare la freddezza e la crudezza del paesaggio e delle situazioni. Usando il punto di vista della protagonista, a volte la narrazione assume i connotati di cronaca più che di racconto personale; ma adatto nella descrizione dell'azione serrata. Inoltre, dove necessario, soprattutto nei topic sentimentali e relazionali tra i personaggi, le brevi frasi sono incisive e coinvolgenti. A fare presa sul lettore, ben calibrate e intessute in essa, ci sono diverse frasi a effetto che riassumono i nodi centrali della narrazione.
La trama non è però molto originale: non si può negare un rimando saliente a "The Village" di Stephen King (soprattutto per l'ambientazione e la tipologia di villaggio) e "La notte dei morti" viventi di George A. Romero. Tuttavia la lettura concede diversi interessanti spunti di riflessione, toccando temi profondi ed evidenziandoli: la ricerca della propria identità, la scoperta e accettazione - sofferte - che non sempre ciò che si desidera è ciò di cui si ha bisogno. Che ai desideri a cui ci aggrappiamo, a volte, non corrisponde la felicità. E il coraggio di scegliere.
Per questo verso, se la trama forse non lo è del tutto, i temi trattati sono interessanti non soltanto per il target di prima destinazione: young adult.
Il finale, poi, benché di primo acchito possa risultare frettoloso e sospeso, riscatta la prevedibilità di alcuni snodi . Onestamente, non potrebbe essere diversamente.
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Brava! metto in lista!!! :)
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