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Borderline
Un fratello allergico ad ogni tipo di alimento, costantemente in bilico tra la vita e la morte; una madre distrutta e un padre nervoso e distante, una casa che odora del latte e dei pannolini di Will, il suo fratellino più piccolo. Questa è la vita di Jonah, un ragazzo di diciassette anni che, circondato dal disordine di un mondo che non ama e dal quale non è amato, riversa tutto il suo affetto in Jesse, il fratello gravemente malato. E' per lui che Jonah sceglie di continuare a vivere, nonostante il dolore che ha dentro. Ed è per proteggerlo dalle cure asfissianti dei genitori che sceglie di farsi del male. Quando ti rompi le ossa, ricrescono più forti. Questa frase diventa, per Jonah, il ritornello costante e terribile delle sue giornate: accompagnato e incoraggiato dalla coraggiosa Naomi, che filma con una telecamera ogni sua "impresa", Jonah si rompe appositamente le ossa con cadute pericolose o addirittura con un martello. ma cosa si nasconde realmente dietro ogni osso rotto, ogni caduta nel vuoto, ogni "incidente"? E qual è la verità che si cela dietro l'ambiguità del rapporto che lega Jonah a Jesse?
Hannah Moskowitz, pur essendo giovanissima, intesse con maestria la storia terribile di un'ossessione. La rottura volontaria delle ossa è chiaramente una forma estrema di autolesionismo ma, paradossalmente, è anche la manifestazione più tragica di una prepotente voglia di vivere. Jonah si rompe le ossa perchè sa che, riformandosi, diventeranno più forti. Sa che lui diventerà più forte. E Jonah ha bisogno di diventarlo, perchè altrimenti non potrebbe più reggere il dolore provocato, in ogni momento della sua vita, dalle sofferenze del fratello, che ama quasi più di se stesso. Jonah vuole diventare forte. Forte abbastanza da affrontare il pianto ininterrotto del suo fratellino Will e le liti furiose tra i suoi genitori. Hannah Moskowitz riesce a trattare i temi dell'inadeguatezza, del disagio sociale, della crisi familiare con ironia pungente, fresca e frizzante, per la quale dobbiamo sicuramente ringraziare la sua giovane età. Ho adorato questo libro e l'ho letteralmente divorato. Ciò che più di tutto colpisce, in questo romanzo, è la veridicità dei dialoghi: nelle parole dei personaggi ho riconosciuto me stessa, i miei anni giovani, le piccole grandi avventure dei miei diciassette anni. In realtà, però, il miracolo più commovente di questo libro è l'evocazione dell'amore ambiguo, ossessivo tra i due fratelli, Jesse e Jonah. La Moskowitz non cade mai nel patetico nè tantomeno nello squallore. Se penso al suo modo di scrivere, mi viene in mente il gioco pericoloso del funambolo: come quest'ultimo, l'autrice si mantiene sempre borderline, tra il caos dell'indefinibile e la chiarezza della semplicità, sempre in bilico tra ciò che dev'esser detto e ciò che dev'essere nascosto. Ed è questo che fa di lei un'artista.