Opinione scritta da A.M.
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Minestra riscaldata!
Argomento trito e ritrito, trattato in tutte le salse. Può stupirsi e gridare al capolavoro chi non ha mai letto nulla su Malachia. Esistono almeno un paio di romanzi dello stesso tipo. Niente di nuovo, nè di speciale. Entusiasmo ingiustificato!
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Altro clone!
Anche questo è un brutto clone che sfrutta il successo di Dan Brown di cui l'autore però non ha la stoffa, nè il carisma. Minestrone riscaldato che già era venuto poco bene! Miserevole opera.
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Leggiucchiabile!
L'intreccio dei personaggi ricorda vagamente (molto vagamente) la struttura di alcuni romanzi di Ken Follett, lo stile somiglia altrettanto vagamente al King di Pet Sematary (cui ruba la scena dell'esumazione di Cage). Le prime 150 pagine creano eccessive aspettative, puntualmente disattese nel prosieguo della narrazione. Sembra quasi che Lindqvist non sappia come proseguire e far interagire i vari personaggi, buttando lì situazioni inverosimili. Un romanzo di cui non si sentiva la necessità e di cui non si comprendono i perchè. Lo sconsiglio, pur riconoscendone il coraggio di trattare il tema Zombie da un'insolita prospettiva (che vi lascio interpretare).
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Imbarazzante!
Un omaggio a tutti coloro che NON hanno amato l'ombra del vento ed un monito a tutti coloro che pensano di leggerlo: "Questo libro mi è stato regalato con la promessa che mi avrebbe cambiato la vita! Confesso che non ho ancora capito come, ma resto in attesa di qualche improvviso mutamento, magari i numeri del lotto in sogno, chissà. Questo libro è una specie di Beautiful cartaceo, pesa il fatto che l'autore sia uno sceneggiatore TV. E' stato più bravo Hosseini a dare carisma ad una Kabul ridotta a macerie, rispetto a Zafòn che di una città bella come Barcellona elenca solo lo stradario! Continuare a leggerlo dopo le prime 100 pagine diventa un atto di fede. Mi sono fatto violenza costringendomi a portarlo a termine! Ad un certo punto ero così nauseato che leggevo saltando le righe per raggiungere la fine al più presto. Mi appello al diritto di Pennac di lasciare il libro a metà! L'epilogo poi è qualcosa d’illeggibile, mancava la ricetta della nonna e nel calderone sentimentale si raggiungeva la completezza. Che i casi letterari siano la vetta della mediocrità? Capolavoro? L'ho cercato fino ad arrivare faticosamente all'ultima pagina, ma non l'ho proprio trovato! Davvero preoccupanti i giudizi positivi dei lettori e il successo del libro: il cattivo gusto e l'incompetenza ormai regnano sovrani! Se di 50 libri letti in un anno questo è quello che ha lasciato la maggior ricchezza (come ha recensito qualcuno), viene spontaneo chiedersi quali siano gli altri 49! Mi sono forse perso qualcosa? E’ forse un caso di psicosi collettiva? Mi sono mangiata viva la critica che ne aveva fatto la recensione, accusandola di come ci si può vendere per avere un panino! A vendere, questo scrittore, è bravissimo, speriamo che ora impari anche a scrivere. Direttamente nel dimenticatoio!"
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Bocciato!
Questo romanzo, di cui si parlava come si parla di un capolavoro, è lento, non banale ma neanche eccezionale nella trama, appesantito da uno stile che non mi ha convinto. Se fosse stato più lungo delle 295 pagine che lo compongono, portarne a termine la lettura sarebbe stata un'impresa titanica e probabilmente avrei cominciato a saltare pagine su pagine per arrivare alla fine. Capitoli mal costruiti e collocati, a mio avviso. Ricordi che inseguono il presente e si manifestano senza chiarezza, sovrapponendosi tra loro. Il risultato è una confusione appena leggibile, non adeguatamente sostenuta dalla narrazione sotto forma di monologo. Avendo visto prima il film, ero titubante nei confronti del libro. Mi sono sempre chiesto con che spirito e gusto ci si potesse calare tra le pagine di un romanzo dopo averne visto la trasposizione cinematografica. Adesso ho la risposta: NESSUNO!
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Paragon Hotel
Mi limito a osservare quanto possa essere dannosa e fuorviante, per il povero lettore, una serie di recensioni gonfiate di elogi e sproloqui senza precedenti. Non è possibile presentare questo romanzo come "Agghiacciante e ipnotico", ma evidentemente sufficiente ad annebbiare le menti dei lettori della domenica. Io vi invito a non cascarci, cari amici! L'atmosfera iniziale di mistero e l'infiltrazione nel Paragon Hotel fanno vivere momenti di suspance, ahimè tradita e disattesa nel prosieguo. Fino alla prima rampa di scale si crea interesse nella lettura, ma oltre quella scalinata si cela un solo grande colpo di scena che lascia spazio ad un finale da film americano. Credo che l'autore abbia la capacità di caratterizzare i suoi personaggi, ma nel Paragon Hotel questo fondamentale aspetto è poco sottolineato. Non ci si affeziona, non si piange la scomparsa di nessuno, non si soffre con i protagonisti. Dialoghi quasi mai all'altezza della situazione e poco funzionali alla scorrevolezza della trama. Si perde interesse alla vicenda da metà romanzo. Il mio consiglio è quello di evitarlo. Se non avete di meglio è uscita la versione economica Piemme a 6,50 euro.
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Desolante?
Ci sono capolavori che giacciono in un cassetto per esser rivalutati postumi e romanzi modesti che si vuol, a tutti i costi, far passare per opere d'arte. Il Deserto dei Tartari appartiene a questa seconda categoria. La scuola può far danni come la religione! Perchè romanzi come quello in esame passano alla storia? Sono convinto che sia la società ad inculcare concetti errati nel giovane e lo costringa a pensarla in un determinato modo. Crescendo poi, fortunatamente, qualcuno riesce a liberarsi dai condizionamenti e nuotare controcorrente. Leggete il Deserto dei Tartari liberi da condizionamenti e lo troverete un romanzo che di speciale non ha nulla. Semplicemente racconta la vita per come la conosciamo. E' questo un motivo sufficiente per farne un capolavoro?
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Accattivante!
Scritto diversi anni prima del celebre "Notte sull'acqua", "L'uomo di Pietroburgo" mostra un abbozzo, quantunque marcato, di quello stile che farà grande Follett! Il suo cavallo di battaglia, la caratterizzazione dei personaggi che giostrano in un determinato contesto, è appena accennata, ma già lascia intravedere le potenzialità descrittive di questo autore. Un romanzo che segna l'ascesa di Ken Follett e pertanto godibile con un finale da film ed epilogo che racconta il destino dei personaggi principali anni dopo la conclusione del romanzo. Nel complesso direi che può esser letto, ma certamente prima di "Notte sull'acqua".
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Capostipite!
Il primo terzo del romanzo è intrigante, ma poi si perde, a mio avviso, in dialoghi prolissi ed appesantiti da un linguaggio troppo lontano dal lettore d'oggi, diventando a tratti noioso. Privo di descrizioni, il Castello di Otranto poggia su superstizioni e credenze che oggi suscitano ilarità e non la paura che dovrebbe, invece, infondere nel lettore (moderno). Una lettura evitabile se non costituisse il primo esempio di romanzo gotico da cui attingerà la letteratura europea.
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Esagerato!
Romanzo poco fluido e troppo complicato dalla metà in poi. Qualche buon colpo di scena c'è, ma ritengo siano troppi e questo eccesso appesantisce il racconto, troppo ingarbugliato, pur se alla fine comprensibile. Mi sono visto costretto a saltare alcune pagine, sperando di arrivare il prima possibile alla conclusione e ho anche pensato di non riuscire ad arrivare sino in fondo... Ammetto che il genere poliziesco puro non mi aggrada e questo sicuramente ha inciso sul mio giudizio. Ma, al di là di questo, lo stile dello scrittore non mi ha catturato, se non a tratti. Ne consiglio, quindi, la lettura ai soli appassionati di Jeffery Deaver.
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