Opinione scritta da Mara
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Il suggeritore
Il romanzo mette in scena un vasto campionario di perversioni ispirate dalla cronaca reale. A farle scoprire è il Suggeritore, un oscuro personaggio che con gli investigatori sembra ingaggiare una sfida in astuzia. E’ sempre un passo avanti a chi lo cerca, ma non è un serial killer tipico. E' una persona che esercita un grado di influenza su altri individui talmente forte da indurli a commettere omicidi al posto suo. Qualcuno che “suggerisce” delitti ai suoi discepoli, ma che qui allo stesso tempo usa i cadaveri delle bambine per indicare alla polizia i colpevoli di altri crimini odiosi: pedofili, assassini, stupratori. Siamo di fronte a una continua discesa nel Male, che intride i personaggi negativi e soprattutto non risparmia quelli positivi.
E' un libro ricco di personaggi e storie che si incastrano in un mosaico sempre più vasto. Un progetto criminale così complicato da sfiorare l’inverosimile.
La continua voglia di stupire il lettore con inaspettati colpi di scena rende la trama forzata e poco credibile.
Il finale ci saluta con un colpo di coda inquietante, che lascia aperte le porte a un sequel.
Buona lettura:)
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- sì
- no
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E morì a occhi aperti
"E morì a occhi aperti, è un noir che appartiene a un breve ciclo che Raymond dedicò a The Factory, una succursale di Scotland Yard specializzata in omicidi insignificanti e sordidi, di quelli che non fanno fare carriera. In questo caso quello inspiegabilmente feroce, di un certo Staniland, un alcolizzato dall’occupazione incerta.
La vittima ha lasciato una pila di nastri registrati. È dunque attraverso la sua voce, oltre che attraverso l’indagine del poliziotto di turno, che ci addentriamo lentamente nel contesto sociale e umano che ha motivato l’assassinio. Ed è un viaggio terrificante, in cui nessun aspetto sordido ed ipocrita della società londinese viene risparmiato.
Il protagonista è uno stereotipatissimo detective: rude, volgare, con la battuta pronta per schernire i propri superiori.
Lo stile è essenziale, anche se, risultano insopportabili le dissertazioni allusive a un mondo appestato da tossici, hippies, rivoluzionari falliti e intellettualoidi.
Così come sono insopportabili le memorie della vittima dell'omicidio. I suoi ricordi sono tronfi, pieni di retorica e soprattutto di moralismo.
Un pessimo noir che non regala né brividi, né atmosfere ambigue.
Buona lettura:)
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La strana coppia
A Place de Vosges, in soli ottanta metri quadri, è guerra tra due donne, simbolo di generazioni decisamente diverse.
Luise-Marie, vent’anni, si piace molto: le manca solo un generoso seno. Sogna una società senza vecchi, ma con una vecchia vive, faticando per non mescolare, in lavatrice, i suoi pizzi raffinati con le sue mutande da dopoguerra.
La coinquilina è Madame, una novantenne che condiziona Luise in tutto: orari, spese, scelta dei mobili, frequentazioni.
“La strana coppia” è un libro satirico che scivola spesso nel grottesco. Un romanzo che regala l’opportunità di meditare sull’essenza dell’amore e dei legami, sulla morte e sull’incomunicabilità, sulla caducità e sulla natura della bellezza.
Buona lettura:)
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Omicidio a Road Hill House
Questa è la storia di un omicidio avvenuto in una casa di campagna inglese nel 1860. Un bambino, Saville Kent, viene trovato cadavere nelle latrine della casa di famiglia, Road Hill House, la cui morte sembra legata agli equilibri familiari interni più che alla mano di un assassino sconosciuto.
A coadiuvare le indagini di una polizia incapace e supponente, viene chiamato l'ispettore Jack Whicher, della neonata squadra investigativa di Scotland Yard. Whicher intuisce immediatamente chi sia l'autore dell'omicidio, ma lo scontro con l'opinione pubblica è durissimo.
La caccia all'assassino mise in pericolo la sua carriera e, scatenò in Inghilterra, una vera e propria febbre investigativa. In centinaia scrissero ai giornali, al ministro dell'Interno e a Scotland Yard, proponendo le loro soluzioni al mistero.
Anche la narrativa ne fu influenzata profondamente: nacque la detective novel, il cui capostipite fu La pietra di luna di Wilkie Collins.
Le fonti principali consultate da Kate Summerscale per la stesura del libro sono i documenti della polizia e della magistratura, conservati all'Archivio Nazionale di Kew, oltre a libri, pamphlet e articoli di giornale relativi al caso, scritti a partire dal 1860, tutti reperibili alla British Library. A complemento di queste fonti sono state consultate carte, orari ferroviari, manuali di medicina, almanacchi e memorie di membri della polizia. Le condizioni meteorologiche sono state ricavate dai giornali dell'epoca; i dialoghi, dalle testimonianze rese in tribunale.
Kate Summerscale, in questo saggio, mostra una conoscenza approfondita delle fonti, insieme ad una viva intelligenza deduttiva e ricostruttiva.
Il finale, nonostante la dichiarazione di colpevolezza da parte dell'autore del delitto, resta aperto a diverse interpretazioni.
Buona lettura:)
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Senza re, né regno
Il romanzo racconta la vicenda di Stefano, giovane idealista siciliano, che ha militato tra i separatisti, negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Ricercato dalla polizia, si trasferisce al nord, con una raccomandazione del parroco del suo paese. Rientrato in Sicilia per le vacanze, Stefano, prende parte a illeciti e imbrogli mafiosi, sempre più compromettenti per lui e per le persone che ama. I compromessi lo rendono ricco e potente, ma gli eventi, a un certo punto, volgono al peggio, fino a giungere al delitto e alla strage, quando la commistione della mafia con il mondo politico si fa più evidente.
Quel che maggiormente colpisce di questo libro è la sua semplicità e scorrevolezza, che non vanno però mai a discapito dell'accurata e acuta ricostruzione storico-psicologica.
E' inoltre da sottolineare come la tragedia e persino l'orrore di certe scene riescano a fondersi con una sottilissima e quasi involontaria ironia che alleggerisce il dramma.
Unica pecca, il finale un pò scontato e banale.
Buona lettura:)
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Poco più di niente
Periferia di Firenze.
Quattro amici: Enrico, Mosè, Pedro, Vanni.
Quattro trentenni alle prese con una condizione costante di precariato lavorativo e d’incertezza esistenziale.
Un giorno, Enrico, comincerà per necessità ad occuparsi di Adelaide: un’anziana con gravi disturbi psichici che, dopo aver trascorso gran parte della sua vita in una casa di cura per malati mentali, viene giudicata adatta per un programma di reinserimento in un contesto familiare.
Nell'abitazione della donna, i quattro amici scopriranno qualcosa d’inatteso. La vecchia signora ha riempito tutte le pareti di casa di scritti: si tratta, di una vera e propria storia che si sviluppa dalla cucina al bagno, dalla camera da letto al salotto. E' la vicenda di un amore finito tragicamente, ma anche di un tesoro nascosto chissà dove. Vanni decide allora di trascrivere tutto e di decifrare gli indizi che lo porteranno - è davvero convinto - ad una scoperta che cambierà la loro vita.
La storia narrata in queste pagine, a tratti divertente, non può non coinvolgere il lettore. Calamini, ha il pregio della leggerezza, senza cadere nella banalità.
Buona lettura:)
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Bruciante segreto
E' la delicata storia di passaggio di un ragazzino che a contatto con la falsità umana si proietta, inevitabilmente, nel mondo dei grandi.
L'asmatico Edgar, durante un breve soggiorno in una località termale, in compagnia della mamma, diventa oggetto delle attenzioni di un nobile ricco che, per suo tramite, intende arrivare a sedurne la bella e conturbante madre.
Quando il bambino, si rende conto delle vere intenzioni dell'uomo, ne resta ferito e fugge a casa della nonna.
Davanti alle pressanti domande del padre, Edgar, non esiterà a mentire. Saprà tacere sul bruciante segreto: alle spalle del genitore cui nei giorni cupi si appellava come all'incarnazione della Legge e arma di ricatto.
Il piccolo protagonista è già maturo, al punto di comprendere come, in certi casi, si debba tacere e anche mentire a fin di bene.
Buona lettura:)
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Il segreto di Ortelia
"Il segreto di Ortelia" è un racconto semplice, scritto in maniera ironica e tagliente.
Protagonista femminile del libro è Cirene Selva che, in punto di morte, confessa un vergognoso segreto alla figlia Ortelia. Quale sarà questo segreto?
Per scoprirlo bisogna ripercorrere la vita di Amleto Selva, un ragazzo senza arte né parte che arriva a Bellano in cerca di fortuna.
Percorrendo quasi trent'anni di storia, Vitali descrive la vita del Selva, apparentemente buon padre di famiglia e grande lavoratore ma, in realtà, un donnaiolo incallito.
Un grande romanzo, nel quale spiccano figure femminili apparentemente fragili e dimesse che, mostreranno la loro vera natura, solo alla fine.
Tra beffe e segreti familiari, la lettura scorre piacevole e con un buon ritmo.
Grandioso, come sempre, lo stile narrativo di Vitali.
Buona lettura:)
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Una straordinaria avventura
"Il giorno seguente non morì nessuno". Con queste parole inizia e finisce il romanzo di Josè Saramago. A dispetto del titolo, la storia è tutt'altro che cupa, pur non mancando in essa elementi di drammaticità, comunque sempre smussati da un linguaggio vivace e ironico.
In un Paese non indentificato, nessuno muore più perché, semplicemente, la Morte ha smesso di fare il suo lavoro. Invece, appena fuori dal confine, il ciclo procede normalmente.
Superato il momento d'euforia, si manifestano i primi problemi: nelle agenzie di pompe funebri e nelle compagnie d'assicurazione restano senza lavoro migliaia di lavoratori e di imprenditori; alle case di riposo si continuerà a badare ad anziani sempre più vecchi ed in quantità sempre maggiori, nelle case e negli ospedali ci saranno persone in condizioni terribili, incapaci di guarire ma ora anche di morire. Perfino le comunità religiose, fra cui la Chiesa, sono seriamente preoccupate per l'assenza della morte: infatti, senza lei non ci può essere resurrezione e senza resurrezione è difficile mantenere vivo il messaggio di salvezza eterna dell'anima.
Quando la morte si rifà viva, dopo i suoi sette mesi di latitanza, torna a colpire le sue vittime facendosi precedere di qualche giorno da una lettera di colore viola che annuncia l’evento. Sennonché anche la morte, detentrice assoluta del potere (“io sono la morte, il resto è nulla”), può incappare in un imprevisto, che qui prende le sembianze di un violoncellista: un incidente dai risvolti imponderabili.
La morte si fa vulnerabile e donna e, con la complicità di un semplice brano musicale, compie un’azione che credeva impossibile portandoci a un finale travolgente.
"Le intermittenze della morte" è una straordinaria avventura che, attraverso la celebrazione dell'importanza della morte, si rivela essere un inno alla vita, con tutti i suoi dolori e le sue contraddizioni. La critica feroce alle istituzioni politiche, sociali, religiose, è smussata dallo stile incalzante e ironico che non cade mai nella retorica, né nell'iperbole del grottesco.
Ho apprezzato poco i periodi eccessivamente lunghi e l'uso personalissimo della punteggiatura.
Buona lettura:)
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La zona cieca
La zona cieca, fa riferimento a uno schema inventato da due psicologi, Joseph Luft e Harry Ingham, chiamato la finestra di Johary. Serve a dividere il campo, che separa due o più persone, in zone di competenza: quello che io so di me, quello che io non so, quello che gli altri sanno di me e quello che non sanno. Incrociando ascisse e ordinate, si ottengono diverse composizioni. Una di queste, che comprende ciò che gli altri sanno di te ma tu ignori, si chiama appunto la zona cieca.
Protagonista del romanzo è Lidia, conduttrice radiofonica che si innamora di Lorenzo. Uno scrittore, dal talento innegabile, affetto da una sindrome di Peter Pan che lo porta a rifiutare relazioni stabili, a cercare ogni notte una donna diversa con cui stare e con cui tradire Lidia.
E lei, Lidia, ricoverata più volte in cliniche psichiatriche, sceglie nonostante tutto di stargli accanto, di aiutarlo così come le riesce, anche a costo di pianti, sofferenze, litigi e silenzi.
Tra rotture clamorose e commoventi riconciliazioni, la storia procede. Lorenzo e Lidia adottano un cane che battezzano con il nome di un farmaco antidepressivo e vanno a vivere insieme.
I personaggi sono discretamente inverosimili: Lidia, è votata al martirio per amore e Lorenzo, è l’eterno bambino che in realtà è romantico, ma non può darlo a vedere (per qual motivo, non si capisce).
La trama non è particolarmente originale, infarcita di parolacce anche quando non servirebbe.
Buona lettura:)
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- sì
- no
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La signora dei funerali
Protagonista del nuovo romanzo della Kinsella è Fleur Daxeny, donna fredda e affascinante, inizialmente persino antipatica.
Si intrufola nelle commemorazioni funebri, per conquistare ricchi vedovi inconsolabili.
Tutto procede secondo i piani, fino all’incontro con il vedovo Richard Favour e con la sua famiglia. Al contatto con Fleur, i membri della famiglia sembreranno svegliarsi da un lungo sonno, la cara estinta si scoprirà non essere poi stata una santa, e la stessa Fleur inizierà ad avere forti dubbi sulla propria "filosofia di vita"…
La storia non è male, lo stile è scorrevole e piacevole ma manca qualcosa che c'è nei libri della Kinsella: il divertimento. I personaggi e le situazioni, sono potenzialmente interessanti, ma l'autrice non ha saputo approfittarne.
Buona lettura:)
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Vento dell'Est, vento dell'Ovest
Nella Cina del primo Novecento, la giovane Kewei-lan vive in prima persona il dramma dello scontro fra tradizione e modernizzazione che dilania l'intero paese.
Educata dalla sua famiglia secondo le antiche tradizioni, in una vecchia casa sul fiume che pare aver fermato il tempo e la storia, si innamora ricambiata di un giovane che ha studiato in una scuola straniera, nella quale ha assorbito una mentalità occidentale lontanissima dai precetti millenari impartiti alla ragazza.
Dopo il matrimonio, il contrasto fra le due culture diviene lampante fino a sembrare insanabile.
Sospeso fra evocazione e denuncia, fra nostalgia e deprecazione, fra afflato lirico e impegno realistico, questo romanzo ci offre un indimenticabile affresco di un mondo remoto e insieme attualissimo, nel suo riproporre temi e problemi riguardanti, in definitiva, ogni tipo di convivenza sociale e di contesto storico che abbia subito il trauma di un brusco e repentino contatto con le forme della modernità.
Buona lettura:)
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Vergogna
David Lurie, demotivato professore di Città del Capo, intreccia una relazione con una sua studentessa, che sfocia in una denuncia per molestie sessuali.
Costretto ad abbandonare l'Università, si rifugia dalla figlia Lucy, che vive sola in campagna, in una zona dilaniata da conflitti etnici e culturali.
Ad un certo punto la violenza che colpisce la figlia, e la ferma reazione di lei, lo obbligano a fare i conti con la sua inadeguatezza, e con la sostanziale incomprensione della storia nuova che il suo paese ha appena cominciato a vivere.
Con occhio lucido e spassionato l'autore descrive i mutamenti in corso nel Sudafrica post-apartheid, e la difficile integrazione fra razze profondamente diverse.
Ma è soprattutto la potenza con cui è descritto il paesaggio e l'ambiente umano a lasciare un segno indelebile nel lettore.
Buona lettura:)
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Cuore di madre
La storia è quella di Cosimo Tumminia, che vive e lavora in un paesino della Sicilia interna, che si chiama Calcara. Cosimo è adorato dalla madre e avitato da tutti gli altri, perché grava su di lui la più infamante delle dicerie, cioè che porti sfortuna, rella, jella, sfiga.
Lo jettatore e il suo negozio sempre deserto. Con questa immagine inizia "Cuore di madre".
Proprio questa condizione di totale isolamento fa ricadere su di lui la scelta di una banda di malfattori, che gli affida un bambino da tenere nascosto nella sua casa di campagna, promettendo di tornare a prenderselo dopo qualche giorno in cambio di una lauta ricompensa. Ma la vaghezza è assoluta, e frattanto il tempo passa e la relazione con il piccolo peggiora di ora in ora.
Dapprincipio, Cosimo, cerca di infischiarsene di quell'esserino di dieci anni che vive recluso in una stanza; gli passa acqua e cibo al di là della gattaiola e poi si sdraia inebetito davanti al televisore.
Ma via via che trascorrono i giorni e quello non tocca il cibo, l'uomo comincia ad allarmarsi.
E' a questo punto che entra in scena la madre di Cosimo, una donna ossessiva e possessiva che, ancora una volta, interpreta e mette in atto i desideri del figlio, fino al tragico epilogo.
Un romanzo noir scritto in maniera magistrale che, si legge rapidamente, curiosi di sapere quale sarà il destino del bambino.
Il finale non concede nessuna pietas ai protagonisti.
Buona lettura:)
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Un amore di zitella
Iole Vergara è una zitella di "trenta e tot anni” che, sogna ad occhi aperti, mentre in sottofondo si sentono le note di "Quando, quando, quando", il cavallo di battaglia di Tony Renis al Festival di San Remo.
Una figurina perfettamente scolpita, di cui conosciamo fin nei minimi dettagli le giornate, trascinate tra la noia dell'ufficio, le serate passate davanti alla tv e i pettegolezzi del paese. Una donna che, per difendersi dalla monotonia di una vita spesa e persa nella tristezza di un’esistenza sempre uguale, arriva a costruirsi un universo d’emozioni. Una zitella che giungerà a sognare un grande amore e poco importa se sarà vero o presunto.
Un uomo misterioso che nel romanzo non appare, proprio perché non fa parte della quotidianità di Iole.
Andrea Vitali ha un talento naturale nel creare e far vivere un intero mondo, quello di Bellano, dove sono ambientati tutti i suoi romanzi.
Lo popolano personaggi ben caratterizzati, tra aneddoti divertenti e una comicità velata di malinconia.
A mio avviso, non è uno dei libri più riusciti dell'autore, la seconda parte, dall'entrata in scena del fantomatico Dante in poi, risulta poco credibile dal punto di vista narrativo.
Buona lettura:)
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Il gregario
Il gregario è un giovane d’oggi, appartiene a una famiglia benestante, ha una fidanzata storica, Ilaria, unico pilastro della sua esistenza.
Non ha problemi di salute né economici, insomma ha, almeno in teoria, una vita che a molti potrebbe sembrare invidiabile.
Lavora senza passione nella farmacia paterna e si sente medio: nell’intelligenza, nei desideri, nella struttura fisica. Agi e lussi non mancano: guida una BMW Cabrio, viaggia almeno due volte l’anno, ha tempo libero per fare sport. In questa routine, a un tratto, qualcosa s’incrina e il gregario decide di mettere tutto in discussione.
Abbandona la farmacia del padre, lascia la fidanzata e compra la compagnia e "l'affetto" di una escort ucraina, Yulia, che lavora in un night.
Ma ancora una volta i suoi sogni sono destinati ad infrangersi. La vita del protagonista è un continuo oscillare tra noia, disperazione, dubbio e sesso.
La politica fa capolino qua e là, con ripetuti segnali di insofferenza nei confronti di slavi, marocchini o extracomunitari ubriachi e violenti. Il narratore ridicolizza la tolleranza gratuita nei confronti di ogni ospite straniero indesiderato e aggressivo.
La scrittura è ferma e sensibile.
L'explicit, non concede vie di fuga, non ci sono rassicurazioni, o miraggi di una vita plausibile e diversa.
Buona lettura:)
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Le madri nere
L’incipit ferisce come una stilettata: "È dura scrivere con la mano sinistra. Eppure dovrò abituarmici, altrimenti la mamma sarebbe fin troppo contenta, e ho giurato di non darle mai più soddisfazione. È stato perché non potessi più scrivere le mie porcherie, come dice lei, che mi ha mozzato il pollice l’altra sera. Se sapesse che nonostante tutto io insisto, potrebbe benissimo ricominciare ad affettarmi. Non credo le seccherebbe. Anzi, forse ci troverebbe il suo piacere. Ho visto la luce che le si è accesa negli occhi quando il coltello da macellaio si è abbattuto sul mio pollice tranciandolo di netto. Una luce cattiva, fredda, simile al riflesso della lampada sulla lama così ben affilata".
"Le madri nere" non è un giallo, né una riflessione intellettuale sui rapporti familiari. Eppure nel racconto che scorre, come una favola nera, sulle riunioni inquietanti di sei donne orfane dei loro figli, si ritrovano tutti questi elementi.
E' un romanzo intenso e agghiacciante, ambientato nella campagna francese durante la guerra. Descrive le tormentate vicende di un bambino di tredici anni, costretto a subire continue torture e vessazioni da parte della madre psicopatica. Ginette, donna ignorante e spietata, lo accusa di aver ucciso durante la gravidanza, strozzandolo nella placenta, il fratello gemello nato morto. Testimone impotente della violenza subita, il piccolo Maurice descrive nel suo diario ogni piccolo particolare della crudeltà materna. Complici della madre un gruppo di donne, le Madri nere, unite in una sorta di società segreta, costituita per piangere i loro figli scomparsi prematuramente.
Sullo sfondo la figura del padre, falegname alcolizzato, totalmente passivo di fronte alla moglie, che sfugge nel vino e nel totale isolamento le frustrazioni della vita coniugale.
Un romanzo che toglie il respiro, terribile e struggente, che esplode in una scrittura pulsante ed essenziale, così terribilmente realistica da far rabbrividire.
Buona lettura:)
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Commento
"Io credo nel nemico. Le prove dell'esistenza di Dio sono deboli e bizantine, le prove del suo potere ancora più inconsistenti.
Le prove dell'esistenza del nemico interiore sono evidenti e quelle del suo potere schiaccianti. Credo nel nemico perché, tutti i giorni e tutte le notti, lo incontro sul mio cammino.
Il nemico è quello che dall'interno distrugge tutto ciò che vale. E' quello che ti mostra il disfacimento insito in ogni realtà. E' quello che ti rivela la tua bassezza e quella dei tuoi amici.
E' quello che, in un giorno perfetto, troverà un'ottima ragione per torturarti. E' quello che ti ispirerà il disgusto per te stesso.
E' quello che, quando scorgi il viso celeste di una sconosciuta, ti rivelerà la morte contenuta in tanta bellezza."
In questo breve passo, è racchiusa, per me, l'essenza del libro. Emerge la natura dell'uomo, all'interno del quale convivono due tendenze comportamentali, una volta al bene, l'altra al male, in continuo contrasto tra di loro, per il dominio dell'individuo.
Buona lettura:)
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L'età del dubbio
Montalbano è un notturnista. Scava il buio della notte. Vi apre un labirinto di specchi. E si sperde nei meandri, mentre insegue il proprio riflesso: le premonizioni e gli ammonimenti della sua buona e della sua cattiva coscienza. Il contatto cieco con gli incubi costringe Montalbano a stare in allarme, e a tenersi costantemente d’occhio: ora attore, ora spettatore della propria vita; sgomento sempre, per quell’alitargli addosso della notte; per quell’emanazione di morte, che sulla trama della vita incide come astuzia atrocemente giocosa che rovescia le false evidenze della realtà e riporta a dritto ciò che i sogni hanno acceso a rovescio. C’è un di più, in questo romanzo, rispetto agli altri di Montalbano. L’untuosità fanatica del dottor Lattes si fa più assillante; assesta colpi di bontà, che imprevedibilmente esplodono come mine. I fragorosi passi d’entrata e le chicchiriate di Catarella, del trafelato fante degli sfondoni e dei capitomboli linguistici, risuonano ora con più allucinata selvatichezza. Livia è sempre più lontana e irritabile. E con lei, al telefono, Montalbano è costretto a masticare un segreto che gli brucia le labbra. Si è incrinato l’autocontrollo del commissario. Montalbano vive il «dolce error» che fu di Petrarca. Una nuova Laura, «bella donna» anch’essa, come quella del poeta, ma in divisa di ufficiale di marina, lo fa petrarcheggiare: a ricalco, persino nell’«invidia». Se quello di Petrarca fu «giovenile errore», quello di Montalbano è quasi, però, di terza età. Il commissario e il tenente Laura collaborano alla stessa inchiesta che, in un intrigo internazionale, e con concorso di agenti segreti che al Kimberley Process fanno riferimento per il controllo del traffico di diamanti, convoglia, attorno a un cadavere sfigurato e a un passaporto falso, gli equipaggi di uno yacht e di un motoscafo. L’amore è un fantasma. Ma quel fantasma è la verità che manda a fuoco il commissario. E gli suggerisce un azzardo d’azione, alla James Bond. Il commissario trionfa, con la sua azione. Ma l’uomo Montalbano è sempre più solo. Prostrato, si piega su se stesso: sulle proprie ferite.
(Salvatore Silvano Nigro)
Buona lettura:)
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Dopo primavera
Aldo Mercalli è un famoso scrittore, all'apice del successo. Una vita tranquilla, passata a scrivere libri e ad inseguire passioni amorose.
Una sera rientrando a casa, trova ad attenderlo un uomo identico a lui. La tentazione del protagonista, dopo l'iniziale sconcerto, è subito quella di sfruttare il gemello inaspettato, per una serie di piccole e grandi situazioni della sua vita, a cominciare dal campo amoroso. Dopo gli innegabili vantaggi iniziali, Aldo Mercalli, sente il peso dell'assurda situazione.
La trama del romanzo poggia su una vicenda di fantasia non priva di suspense, in cui non mancano esiti imprevedibili e sconcertanti.
La narrazione è rapida e incalzante, il clima avvincente e onirico.
Roberto Pazzi, con una sfrenata scrittura visionaria, si abbandona alla rappresentazione del drammatico sdoppiamento del personaggio principale.
Bella la copertina, con la riproduzione della "Golconde" di Magritte. La scelta di questa opera, a mio avviso, non è del tutto casuale, viste le tematiche del romanzo.
Buona lettura:)
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Il gioco delle tre carte
Il teatro di questo nuovo romanzo di Marco Malvaldi, un altro giallo dopo il fortunatissimo esordio della "Briscola in cinque", è ancora il BarLume. Non c’è luogo da cui si possa osservare meglio la gente: un caffè accogliente grazie al barista Massimo, frequentato da un gruppo di tremendi vecchietti che si insediano quotidianamente nel suo locale giocando a carte.
La detection si dipana dal momento della morte di un ricercatore giapponese, al congresso, dove Massimo sta svolgendo un servizio di catering, fino alla risoluzione finale, tra file illeggibili e rivalità accademiche.
I pensionati fanno da apparato all'indagine, la discutono, la spogliano, la raffinano, passandola a un comico setaccio di irriverenze. Sotto l'intrigo giallo, spunta la vita di una provincia ricca, dai modi spicci e dallo spirito goliardico, che sopravvive testarda alla devastazione del consumismo turistico.
La trama gialla, in quanto tale, è inconsistente: il libro però piace e diverte, grazie ai personaggi che gravitano intorno al bar, e forse, almeno per me, anche per come è scritto, un misto di italiano e dialetto pisano, con espressioni e uscite che strappano più di una volta una risata.
L'indubbia abilità dell'autore, nel descrivere i personaggi, fa dimenticare la pochezza dell'investigazione vera e propria.
Spero, di leggere presto, un'altra avventura dell'indimenticabile Massimo.
Buona lettura:)
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Rosmunda l'inglese
Una stanza chiusa dall’interno, un cadavere, un quadro blu e giallo con una scritta inquietante. Il corpo è quello della bella pittrice Carlotta Bucarelli e i sospetti dell'omicidio cadono subito sulla sua amante Rosmunda.
Il libro "Rosmunda l’inglese" è naturalmente l’indagine sulla morte di Carlotta, con l’immancabile sorpresa-scioglimento finale. Ed è un’indagine che non si allontana quasi mai da quella “camera chiusa".
I personaggi sono tanti, carichi di contraddizioni, a loro modo portatori di più verità, al punto che la verità su chi ha ucciso, se di omicidio si tratta, sembra appunto smarrirsi nel ginepraio di parole, allusioni, ricordi finti o veri che si rincorrono nelle lunghe riunioni che si svolgono nella stanza del Procuratore.
La scrittura è banale e la trama poco credibile, ne viene fuori un libro pieno di frasi e battute infelici.
Un esempio: "E chi è?" fece Alberto per spezzare la tensione con una battuta. "Sandra Milo?"
"Peggio!" risposi. "Dieci Sandre Milo!"
"Oheee. Bum."
Pietoso silenzio sull’intreccio “giallo” che non riesce mai a smuovere veramente l’interesse del lettore e che fa pensare che si stia facendo di tutto per tirarla in lungo, perché non si sa come venirne fuori con onore.
Buona lettura:)
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Dopo lunga e penosa malattia
Il dottor Carlo Lonati viene chiamato in piena notte per un'urgenza: il paziente lo conosce bene, è il notaio Luciano Galimberti. Può solo constatarne la morte per infarto. Ma c'è qualcosa che non lo convince. Il dottore non può fare a meno di indagare: vuole sapere se il suo vecchio amico è davvero morto per cause naturali. L'indagine è concentrata in una settimana, tra le esitazioni dell'improvvisato detective e il moltiplicarsi di tracce e confidenze, fino al colpo di scena finale.
Vitali è magistrale per come sa ordire le situazioni e descrivere la provincia, ma questo giallo non convince. La limpidezza della scrittura brilla sempre, ma stavolta non basta a tenere alto il morale.
La figura del medico è riuscitissima, come quella del notaio, solo che l'attacco cardiaco e la continuazione del libro, non hanno coerenza narrativa.
Il farmacista gioca in un ruolo che vuole essere detonante, ma invece è slegato dalla funzione che l'autore gli ritaglia addosso.
Non c'è un filo che leghi saldamente i pezzi della trama.
Vitali è un grandissimo scrittore, capace di grandi sguardi, soprattutto in direzione delle latebre del cuore umano. Come giallista, però, non arriva a dare al lettore quel senso di completezza a cui ci ha abituato.
Il finale è frettoloso e incompiuto.
Buona lettura:)
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- sì
- no
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Tutto per una ragazza
Il protagonista di questo romanzo è Sam, un ragazzo di sedici anni. Vive in una famiglia un pò sgangherata, ed ha una grande passione grande per lo skateboard.
L'arrivo di Alicia, una ragazza di cui ci si innamora subito, cambierà irrimediabilmente la sua vita.
Hornby, racconta questa storia, con una abilità particolare nel descrivere, i gusti, le idee, la gioia di vivere e la facilità con cui affronta il sesso, un ragazzo di questa età.
Un romanzo scritto in maniera brillante che, mette in scena, i sogni, gli amori e le disillusioni della vita quotidiana.
Un libro che si legge velocemente, con curiosità e senza fatica, ma che lascia qualcosa dietro di sé.
Buona lettura:)
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Morire è un attimo
Il maggiore Aldo Morosini dei Carabinieri è in servizio a Massaua, città dove, alla vigilia della guerra con l'Abissinia, vengono commessi due efferati delitti. Un noto imprenditore e un impiegato di banca vengono, infatti, trovati decapitati.
Il maggiore comincia così la sua caccia all'uomo, tra false piste, una passione di gioventù, il caldo opprimente, le pressioni delle autorità e la corsa finale all'inseguimento dell'assassino.
Giorgio Ballario, sa come catturare l’attenzione del lettore con la sua prosa travolgente e asciutta: già dalle prime pagine si è immersi nella storia e non si può fare a meno di proseguire la lettura, trascinati dall’avventura, per scoprire il colpevole.
I personaggi sono ben caratterizzati e, per fortuna, non ci sono supereroi senza macchia e senza paura.
Un grande noir, dove si respira il fascino di un periodo storico dimenticato e poco conosciuto.
Buona lettura:)
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Tutti i racconti western
Questa antologia è dedicata al mondo della Frontiera.
Contiene trenta storie doc, che hanno per protagonisti sceriffi disposti a tutto pur di scortare in prigione incalliti criminali; scout coyotero abituati a seguire le piste degli indiani ribelli; avventurieri alla ricerca di tesori nascosti e miniere misteriose; ladri di bestiame e cacciatori di bufali pronti a sfidare in maniera beffarda il destino; Apaches e Mescalero per i quali è pericoloso separarsi dai propri amuleti; giacche blu capaci di sfidare i pellerossa in improbabili duelli all’ultima tazza di tizwin (la pestilenziale birra mescalero).
La narrazione, miscela sapientemente mitologia e realismo, mettendo in mostra un selvaggio west, crudo e senza mezze misure. Una raccolta senza tempo, che fa parte dell'immaginario collettivo e continua ad affascinare a cinquant'anni di distanza, senza aver perso vigore e mistero.
I racconti più belli sono, per me, "I diavoli rossi", "La miniera del frate", "Il ragazzo che sorrideva", "La donna di Tascosa" e "Nagual".
Buona lettura:)
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La casa
Una strana vicenda, quella raccontata in questo romanzo, a tratti surreale e decisamente suggestiva. È la storia di un quarantacinquenne, Francesco Pontillo, onesto e stimato capocommesso di un negozio di abbigliamento e proprietario di un immobile in costruzione: una casa gialla, in mezzo alle betulle, in una città del meridione. È la dimora di tutta un’esistenza, la più cara aspirazione della vita. Dalle fondamenta alle rifiniture interne, Francesco immagina la realizzazione della sua abitazione in modo dolcemente ossessivo.
Sino a quando, durante l’ennesima visita al cantiere, Francesco, trova al posto della casa in costruzione, un vuoto agghiacciante. L’abitazione è scomparsa e nessuno è in grado di fornirgli spiegazioni.
Il clima narrativo di ingiustizia e disperazione sale, fino a quando il protagonista viene avvicinato da un misterioso e potente uomo, di nome Alvaro, che si offre di aiutarlo. Francesco non accetterà nessun aiuto perché, non è disposto a stringere la mano all’immoralità.
Buona lettura:)
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Il cammello e la corda
Su piani temporali diversi, si muovono due sacerdoti: il pio don Salvatore e l’epicureo Atenodoro, ultimo fedele del culto di Venere prima che il cristianesimo diventasse religione di stato.
Durante un mattino come tanti, la caccia di padre Salvatore si conclude con una preda inaspettata: la scoperta in una grotta, quasi inaccessibile, di un antico e meraviglioso complesso statuario che riproduce una sorta di scultoreo kamasutra.
Narrativamente è l’episodio che permette l’avvio del romanzo nel romanzo.
La grazia e l’eros delle statue ritrovate, turbano fortemente il parrino, così come a turbarlo è la giovane e sensuale Minuzza. Alla fine, padre Salvatore troverà la soluzione. Ed è una soluzione sferzante, ironica e provocatoria.
Tra storia e mitologia, questo romanzo raggiunge vertici di assoluta perfezione.
Buona lettura:)
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Colpo di fulmine alle terme
I personaggi di questi nove racconti, sono originali e stravaganti. Si muovono in situazioni esilaranti e surreali, trascinando il lettore in un mondo fatto di ilarità e divertimento.
Per me, il personaggio più riuscito è Bingo Little, giocatore incallito e pasticcione, che vuole andare a Montecarlo per sperimentare un sistema che sbancherà il Casinò. Ma lì, insieme alla moglie Rosie M. Banks, famosa scrittrice, viene coinvolto in una serie di spiacevoli situazioni.
Wodehouse scrive in modo elegante e vivace, mettendo in evidenza vizi e virtù, della società inglese dell'epoca.
Buona lettura:)
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La mafia devota. Chiesa, religione, Cosa Nostra
Libro documentato, ben scritto e soprattutto coraggioso, molto coraggioso nell’opporsi al fenomeno criminale.
Una ricerca complessa e articolata che affronta il tema controverso dei rapporti tra Chiesa e ambienti mafiosi, con episodi e testimonianze salienti, raccolte sul campo o ricostruite attraverso documenti storici.
L'autrice offre una chiave di lettura di questi episodi e documenti, relazionale e dialogica, collocando i fatti entro i contesti in cui si sono generati.
Un episodio mi ha colpita particolarmente:
in occasione della visita del Papa Giovanni Paolo II, nel 1982 a Palermo, a guidare l'auto per le strade della città è il mafioso, Angelo Siino. Come abbia potuto avere questo riconoscimento può costituire un mistero solo per chi non conosce l’ambiente, fatto, a volte, di sacerdoti compiacenti che non si sottraggono mai ad officiare un rito per notori criminali.
Concludo, riportando una riflessione dell'ex mafioso, oggi collaboratore di giustizia, Leonardo Messina: "Sa che ora, davanti a Cristo, mi sento un traditore? Quando ero un assassino andavo in chiesa con animo tranquillo. Ora che sono un pentito no, non prego serenamente".
Buona lettura:)
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La via
Un uomo di mare, senza nome né radici, approda in una remota provincia del sud Italia. Un paese spaccato in due da una Via, luogo di avventure e di storie che s'intrecciano. Un mondo brulicante, fitto di pettegolezzi e memorie, riti arcaici e squarci di modernità. Figura spregiudicata e carismatica di questo microcosmo è Rosita, una donna misteriosa e potente, capace di animare l'intera vita del paese.
Tutto ad Acraia, è successo per colpa della Via. Le guerre, gli amori, i piccoli intrighi e gli scandali che, in questo romanzo, sono raccontati in una prosa sospesa tra verità storica e mito.
Di questo libro non ho apprezzato lo stile di scrittura dell'autrice. Periodi lunghissimi, conditi da un uso/abuso dei puntini di sospensione. Un vero strazio per la lettura.
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Napoli ferrovia
La città è Napoli. L'io narrante, è lo stesso Rea che sia aggira di notte per le strade semideserte in compagnia di Caracas, ex naziskin, in procinto di convertirsi all’islamismo, profondo conoscitore dei misteri e delle pieghe della città.
L’autore e Caracas percorrono i vicoli bui e oscuri, incontrano persone, spesso anche affascinanti, si perdono nel lastricato labirinto di slarghi e vie della capitale partenopea. E’ un viaggio nel presente. Ma anche nel passato. Inevitabili i confronti, le verifiche. La costante ricerca della, delle, verità.
La storia nella storia, raccontata da Rea, riguarda l’amore impossibile di Caracas verso una ragazza, Rosa La Rosa, devastata dal dramma della droga. L'autore di fatto identifica la donna con la stessa Napoli: bella e dannata alla stessa maniera.
Un affresco intenso. Un ritratto molto duro e amaro, affatto folcloristico, di una città profondamente amata da Rea. Un addio, forse non definitivo, verso una realtà che non riconosce più, e che sente di non essere in grado di cambiare.
Buona lettura:)
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La guerra dei cafoni
Ecco un romanzo da leggere per chi ama la buona letteratura e le storie vere, quelle che ci mettono a tu per tu con il mondo e noi stessi.
Nella mancanza di una idea forte di letteratura e di autentica ricerca dello stile (da non confondere con il “bello” stile, tutto maniere e parole ritenute a priori accattivanti), bisogna infatti festeggiare quei libri che mettono in luce una ricerca rigorosa della parola, la più adatta alle cose che si vogliono dire.
Non era facile farlo, eppure D’Amicis sa raccontare con efficace varietà di toni e registri l’estate di un gruppo di ragazzi nella loro prima adolescenza, che combattono alla metà degli anni Settanta una «bellissima, eroica, inutile guerra»: un conflitto appunto di ragazzi, ma non solo...
Adolescenti di famiglie agiate contro “i cafoni”, ovvero i figli della povera gente (quella che a volte ha perfino conti in sospeso con la giustizia) si odiano e si scontrano, magari lanciandosi secchi di acqua marina con annesse, urticanti, meduse, in un paese sulla costa salentina ma, soprattutto, in una realtà che a poco a poco perde le proprie regole consolidate, i propri netti e tutto sommato rassicuranti contorni. Le cause di questo saranno l’inatteso arrivo dell’amore, il lento ma inesorabile diventare grandi - nel bene e nel male delle passioni adulte -, ma anche la forza dirompente del consumismo e del denaro che stravolgono pure quell’angolo di mondo.
Ironia e satira, vivacità espressiva e freschezza, momenti drammatici (la scoperta del «sapore del sangue») e lirici accompagnano il lettore negli accenti di una narrazione che, se assume sfumature picaresche ed eroicomiche, non tralascia toni di misurata elegia. Tutto riporta a quegli episodi della vita giovanile, vissuti nel cieco brancolare del cuore all’impaziente ricerca di se stessi: quel “resto” del tempo e della memoria “che non passa mai”.
www.teatronaturale.it
Buona lettura:)
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Acqua storta
Quanto è facile cedere al già detto o al già sentito quando l’argomento principe di un romanzo è la camorra? Ma non cade nel tranello Luigi Carrino, che realizza questa sua opera prima, Acqua Storta, magnificamente, riservando uno sguardo al dialetto napoletano e alla crudezza del linguaggio, affilato come una lama, e uno alla poesia, tutta riservata alla storia d’amore motore del testo, quella tra Giovanni e Salvatore.
Giovanni è figlio di Don Antonio Acqua Storta, un vecchio boss della camorra napoletana costretto a vivere in un bunker, recita Dante e si convince di operare secondo la Sacra Parola della Bibbia. Ma Giovanni è anche il marito di Mariasole, una donna forte, istruita e, come tutte le donne dei camorristi, spaventata all’idea di perdere il suo uomo da un momento all’altro.
Ma quest’uomo è davvero solo suo? No. La vita di Giovanni appartiene a Salvatore. Quest’ultimo è un contabile, lavora per la famiglia di Giovanni e a volte ha paura. I due si conoscono ad uno di quei festini dove droghe e perversioni la fanno da padroni, ma l’alchimia che li cattura non ha nulla a che vedere con la dissolutezza dello scenario in cui nasce, anzi…
La storia, perché solo di una storia si tratta (come sottolinea l’autore stesso nei ringraziamenti a fine testo) si consuma rapida, ma colpisce forte come uno schiaffo in faccia, ti tiene incollato alla pagina, ti trascina e ti invita, se non a tentare di comprendere, quanto meno ad approfondire una realtà in cui vige la regola del paradosso.
In una Napoli in cui anche i muri hanno gli occhi, Giovanni e Salvatore sperimenteranno sulla loro pelle che nessun errore, tanto meno quelli che Dante indica come "contro natura", può essere perdonato. E a quel punto non esistono più vincoli o legami, non c’è più affetto, non c’è più sentimento. D’altronde "L’onore è più forte della carne, è più forte del sangue".
(www.rivistaonline.com)
Buona lettura:)
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Romanzo magistrale
Il personaggio centrale di Via Gemito è il padre dell'io narrante, Federico detto "Federì", ferroviere per necessità, pittore di un certo talento, fervido e permaloso.
Perseguitato da un destino non compiuto, vive la famiglia numerosa e il poco spazio della casa come costrizione e punizione. E' strafottente e manesco, alla continua ricerca di qualcuno con cui prendersela, per sfogare le sue frustrazioni quotidiane. La famiglia ha paura. Ha paura di contraddirlo, di disturbarlo, ma lo ama, e chiude un occhio su tutti i suoi lati tremendi. La vittima preferita dei suoi violenti scoppi d'ira è la moglie, Rusinè.
Una bella donna che paga in casa gli sguardi ammirati che riceve. Per lei ci sono urla e pugni, insulti e bestemmie.
Mimì, ormai adulto, ricorda con dolore, la violenza e il linguaggio osceno del padre. Una figura che da sempre ha generato in lui sentimenti contrastanti.
E' un romanzo in parte autobiografico, scritto in maniera magistrale. Perfetta la caratterizzazione linguistica e psicologica dei personaggi.
Alla fine della lettura, resta il dispiacere di dover salutare Mimì.
Buona lettura:)
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La musica del caso
Jim Nashe è un vigile del fuoco che, dopo aver ereditato un'imprevista fortuna, inizia a girovagare per l'America, aspettando solo che i soldi finiscano. Ma quando il caso, di nuovo, gli fa incontrare Jakpot, uno stravagante giocatore di poker appena ventenne, quello che sembrava un viaggio secondo i canoni della mitologia americana si trasforma in una storia di horror metafisico.
Nel libro vive un mondo in frantumi, in cui risuona "la musica del caso" ed i cambiamenti dell'esistenza, sono generati da fatti apparentemente marginali e casuali.
I protagonisti sono messi alla prova dall’assurdo quotidiano, dal mistero accidentale, in un susseguirsi di eventi diabolicamente perfetti. La scrittura è asciutta e priva di parole inutili, dolente e insieme ironica.
L'unico appunto che posso muovere al romanzo di Auster, è il finale un pò scontato.
Buona lettura:)
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Il suo vero nome
Il libro, che è anche l’esordio di D’Ambrosio, è uscito negli Stati Uniti nel 1995 con il nome di “The Point. Stories”. “La punta” è il titolo del racconto che apre “Il suo vero nome”, storia di un tredicenne che, dopo aver assistito al tragico suicidio del padre, medico in Vietnam, riaccompagna adulti completamente sbronzi a casa, al termine di feste organizzate dalla madre, anch’essa alcolista.
I racconti che si snodano in questa raccolta portano alla luce vicende e vicissitudini che risultano essere una specie di distillato della vita e delle sue problematiche. A ogni storia è come se il mondo ricominciasse. Sempre diverso, sempre con la stessa fatica. E sempre con lo stesso senso di impotenza che ha l'uomo, di fronte al destino che gli ha riservato una legge troppo distante e senza riguardo per l'individuo. Sono storie di una brevità sincopata, in cui non si vede via d'uscita, scritte in maniera meravigliosa. I racconti più belli sono, per me, "La punta", "Jacinta, "Il suo vero nome" e "La rana toro americana".
Buona lettura:)
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La casa degli incontri
Quell' incredibile chalet sulla collina del lager siberiano è il luogo simbolico di ciò che rende radicalmente differente l' ultimo romanzo di Martin Amis, La casa degli incontri, ora tradotto e pubblicato da Einaudi, dai lugubri, veritieri, sconvolgenti resoconti dell' incubo concentrazionario stilati da Aleksandr Solgenitsin in Arcipelago Gulag e da Varlam À? alamov nei Racconti della Kolyma. La differenza è la specificità letteraria dell' opera di Amis. Non un saggio storico, ma la raffigurazione della condizione umana nel Gulag, uno degli abissi più profondi della storia umana del Novecento. L' orrore e l' abiezione decifrati attraverso una «casa degli incontri» dove si svolgono le più strazianti «visite coniugali» mai lette nella storia della letteratura, luogo di approdo di povere e cenciose mogli cui, attorno al 1956, veniva permesso di coprire in giorni e giorni di viaggio sfiancanti «distanze continentali» per raggiungere i mariti deportati. Una «casa degli incontri» che si trasformava, troppo spesso, in una spaventosa «casa degli addii». A differenza di Solgenitsin e di À? alamov, ovviamente, Amis non ha mai patito nella propria carne gli orrori del Gulag. C' è piuttosto da chiedersi perché, come mai, per effetto scaturito da quale profonda ragione culturale e psicologica, uno scrittore poco più che cinquantenne tra i più brillanti della sua generazione, un inglese moderno e di «tendenza», pieno di glamour, amato dai lettori più vicini a una sensibilità schiettamente metropolitana, autore con L'informazione di uno dei romanzi più rappresentativi di una nuova narrativa vivace e vigorosa, abbia scelto il Gulag come cornice storico-esistenziale della sua creatività letteraria. Per comprenderne la logica, bisogna collegarsi a un libro di Amis come Koba il terribile, l' antefatto saggistico più prossimo a questo romanzo, in cui il tema dell' orrore comunista veniva tematizzato come grande mito negativo dell' immaginario contemporaneo. Ma anche lì la base documentaria non si limitava ai grandi classici della storia del terrore sovietico, e si nutriva, esibendo ancora una volta la peculiare stoffa letteraria dell'autore, di testi eccentrici, a cominciare dal conturbante epistolario tra l' esule russo Vladimir Nabokov e il critico leftist americano Edmund Wilson, o le conversazioni tra il padre di Martin, Kingsley Amis, e lo storico Robert Conquest. E questo intreccio di letteratura e conoscenza storica si conferma nei singolari «ringraziamenti» collocati alla fine della Casa degli incontri dove Martin Amis si riconosce grato debitore del «magistrale Gulag di Anne Applebaum, costruito con lucidità ed eleganza» o della Danza di Natasha, storia della cultura russa di Orlando Figes. Una lezione severa per gli scrittori che si affidano ingenuamente presuntuosi alla vena narcisistica della loro ispirazione: per scrivere di certe cose bisogna studiare, divorare montagne di libri, come fece Thomas Mann che si dedicò per anni a migliaia di volumi di esegesi biblica per affrontare la sua straordinaria tetralogia di Giuseppe e i suoi fratelli. Studiando, Martin Amis non dimentica tuttavia di essere, primariamente, uno scrittore. La «casa degli incontri», allestita in un lager sovietico ancora mostruosamente attivo anche nell' anno della denuncia kruscioviana dei crimini di Stalin, potrebbe significare un piccolo spiraglio di umanità nella disumanità assoluta del Gulag. In realtà misura l' approdo di una totale degradazione di sé dei «sottouomini» reclusi nel lager. Per raggiungere quella casa i deportati partivano «irriconoscibili, scorticati, gli abiti induriti non dalla sporcizia», come sempre, «ma dall' aggressività degli impietosi detergenti». Però in quale pietosa condizione ritornavano da quei convegni, segreti e tollerati, con volti e corpi delle «mogli dei nemici del popolo», oramai dimenticati dopo anni di sofferenze indicibili? Barcollando «come larve e relitti giù per il fianco della collina». Uomini devastati dall' «anemia cronica» della deportazione e che «cercavano di essere sanguigni, ma avevano il sangue annacquato»: «quest' uomo ce l'ha scritto in faccia, ce l' ha scritto sul corpo che non ci è riuscito: la bocca sghemba, la molle fiacchezza delle membra». Un fallimento senza riscatto, emblema in cui «vedevi l'accumulo di problemi che ti aspettavano in libertà». Prigionieri a vita del loro incubo, che dopo quel breve e tremendo contatto con la vita perduta con il mondo lasciato da chissà quanto, si muravano «sotto un manto di solitudine». Del resto quella casa sulla collina non era forse troppo vicina «al doppio filo spinato che la circondava». A sua figlia concepita in Occidente anni e anni dopo, alla figlia della libertà americana che come tutti i suoi coetanei sente e percepisce il Gulag alla stregua di una macchia lontana di una storia oramai finita, il protagonista del romanzo che dentro quell' inferno ha passato un pezzo decisivo della vita racconta con meticolosa precisione la gerarchia dell' orrore nei campi della schiavitù. Il regime schiavista instaurato nel Gulag (in cui la nozione di «lavori forzati» è troppo edulcorata per rendere lo stato di totale spossessamento di sé sofferto dai deportati schiavi) aveva una sua logica e un suo ordine mostruoso meticolosamente rispettato. C'erano, ai vertici della schiavitù, lo strato delle «cagne» e dei «bruti» che, in perenne stato di guerra civile, si contendevano il predominio del campo con seghe da tronchi e piedi di porco. Più giù i «porci», nel ruolo di vigilanti. E poi gli «urka», la feccia della delinquenza comune, esentata dal lavoro. E ancora, in una posizione intermedia tra la satrapia del terrore e l' abisso dei perduti: «le serpi», i delatori; «le sanguisughe», truffatori «borghesi». Alla base della piramide i «fascisti», oppositori, «nemici del popolo», i politici; e poi «le cavallette», i minorenni «figli illegittimi della rivoluzione»; e infine, giù nella polvere e nella melma più disgustosa, «i mangiamerda», i casi disperati che si «azzuffavano con un filo di forza per spartirsi escrementi e rifiuti». Io, dice il protagonista, in questa società irreale e atroce, «ero un elemento socialmente estraneo, un politico, un fascista». Ma il «politico» deve aggiungere: «inutile dire che non ero un fascista. Ero comunista». Sarà pure «inutile», ma Martin Amis sente di dover insistere su questo dettaglio che testimonia l'assurdità del mondo rovesciato incarnatosi nel comunismo e nel Gulag. Un dettaglio che è il cuore di una vita vissuta e il nutrimento di una raffigurazione letteraria che smentisce il pregiudizio sull' irrappresentabilità estetica del totalitarismo moderno. La letteratura come chiave di lettura di un orribile mondo alla rovescia.
Battista Pierluigi (Corriere della Sera - giugno 2008)
Quando ho terminato la lettura, mi sono restate in mente le parole tatuate sul braccio dell’uomo del Gulag: vivere forse, amare mai.
Buona lettura:)
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Commento
Questo romanzo racconta un fatto di cronaca realmente accaduto in Kansas. Il 16 novembre 1959, Perry Smith e Richard Hickock, usciti di carcere in libertà vigilata, credendo ad una vaga informazione relativa ad un improbabile patrimonio nascosto nell'abitazione di un agricoltore, si diressero ad Holcomb. Qui, entrati in casa dei Clutter, dopo aver cercato inutilmente il denaro, sterminarono l’intera famiglia, marito, moglie e due figli. Iniziarono così a fuggire, mentre la polizia cercava il movente di un delitto che non sembrava avere alcuna apparente giustificazione. Truman Capote seguì l'intero processo e conobbe di persona gli accusati, di cui diventerà amico e confidente. A Capote non sfugge alcun dettaglio della vita dei due assassini, di cui analizzerà il comportamento sia prima che dopo il verificarsi dell'evento delittuoso e che seguirà fino al momento in cui li accompagnerà sul patibolo. E' un romanzo crudele e realistico, scritto in maniera impeccabile, che non concede né vie di uscita, né salvezza.
Buona lettura:)
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Più male che altro
Al centro ci sono loro, i Sarracino: padre, madre e due figli. Ceto medio, insieme da una vita, apparentemente felici. L’arrivo del nonno playboy non fa che accelerare i tempi di rottura, dei già precari equilibri familiari. La narrazione è avvolgente, le vicende lavorative si mescolano con quelle personali, in un innesto di pubblico e privato, in un'alternanza di lessico familiare ed eventi collettivi. Incalza, un valzer di tradimenti e vulnerabilità, speranza e ragione, ma anche nei momenti del dramma, aleggia sempre una dimensione paradossale. "Più male che altro" è un delicato e graffiante spaccato della società di oggi, scritto con un approccio narrativo intelligente e leggero. L’ironia è la vera chiave strategica, che induce ad una visione dissacrante, della realtà sociale e familiare. Il finale, volutamente aperto, lascia spazio a tutte le possibilità, soprattutto all'immaginazione del lettore.
Buona lettura:)
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Dead Man Walking
Quali sono i meccanismi che hanno portato a legittimare l'idea di usare la morte come "pena"? Si può pensare di uccidere per fare giustizia? E come si può infliggere, senza con ciò sentirsi artefici di un'aberrazione, la più crudele delle torture, quella che differisce l'attuazione della pena, in attesa di una sua improbabile sospensione? Il problema non è più quello di prendere atto della bestialità umana, ma cercare di capire perché l'istinto omicida è stato sublimato in istituto giuridico; e come e quando è avvenuto che un momento impulsivo e incontrollabile dell'agire umano è stato trasformato in azione legale, razionalmente calcolata e predisposta, regolata da precise norme, e sanzionata con una sentenza.
Il libro di Veronesi è un approfondito reportage sulla pena di morte nel mondo. L'autore prende quattro casi ad esempio, lontani non solo geograficamente ma anche culturalmente: il Sudan, con la sua legge coranica (Quisas o legge "risarcitiva") e la sua forca, Taiwan e l'intransigenza cinese applicata alla fucilazione, l'Unione Sovietica e l'apparato burocratico come macchina esecutiva inesorabile ed infine la California con il suo democratico mito dell'iniezione pietosa. E' un libro generoso e commovente. Ci aiuta a capire che l'esecuzione capitale è un crimine peggiore dei delitti che si vogliono punire, perché non solo uccide ma insegna a uccidere. Ci aiuta a capire che, fino a quando la pena di morte esisterà, anche in un solo angolo della terra, l'umanità non sarà uscita dalla barbarie.
Buona lettura:)
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Le maleparole
Catania, anni Sessanta. Il giovane avvocato Astuti scrive discorsi elettorali per il politico locale Rallo. Il bisogno di denaro per l'imminente matrimonio con Angela portano Astuti ad accettare un altro incarico: redigere le memorie del commendatore Patanè. Man mano che i ricordi affiorano, il passato torna ad oscurare un presente che cela verità nascoste, amori e rancori mai sopiti.
Con questo romanzo, l’autore costruisce una storia a più piani di lettura, una critica sorniona di ambienti e persone, senza cadere nei soliti luoghi comuni. La prosa è raffinata e divertente, fatta di ironica lievità, allusioni, ambiguità e doppi sensi. Uno stile narrativo che, proprio attraverso periodi articolati, spezzati da incisi e mutamenti di prospettiva, solo alla fine rivela il (doppio) senso profondo.
Scrive Leo Gullotta, amico dello scrittore e suo recensore d'eccezione: "Ritrovo tra le pagine la mia Catania, la sua luce, il suo profumo. Ritrovo l'istinto per il teatro e il suo erotismo strisciante. Ritrovo, soprattutto, quella pirandelliana confidenza con l'ipocrisia".
Un'ipocrisia che si esprime con le parole e con le maleparole.
Buona lettura:)
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Il prezzo del silenzio
L’arrivo della ventenne cinese An-ling nella famiglia di Emma, insegnante in una scuola per stranieri, di Tom, suo marito, e di Josh, il loro figlio adolescente, sconvolge l’ordine apparente. An-ling risveglia in Emma l'amore materno, in Josh le prime pulsioni sessuali e in Tom il rancore contro questa sconosciuta, che destabilizza i suoi affetti. Quando inizia "Il prezzo del silenzio" An-ling, giovane artista squattrinata, è morta, dentro il suo piccolo loft, in un quartiere periferico di New York. Le tre voci della famiglia, che raccontano la propria parziale verità, sono collegate dall’istruttoria processuale in corso e che vede Emma imputata dell’omicidio. Il romanzo ruota interamente intorno alla figura misteriosa, bugiarda ed emblematica di An-ling. Il lettore si ritroverà immerso in una storia in cui niente è come appare, e la verità assume sempre nuove sfumature, alterandosi fino a risultare irriconoscibile rispetto al quadro iniziale. Il romanzo termina restando in sospeso su un finale aperto. Il libro, di fatto, si chiude senza una vera conclusione, tutto è lasciato all'interpretazione personale del singolo.
Buona lettura:)
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Olive comprese
La vicenda si svolge sul lago di Como, nel paese di Bellano, alla fine degli anni ’30. Una serie di personaggi, caratterizzati in maniera impeccabile, animano il libro: dal maresciallo Ernesto Maccadò, al potestà del paese Ermete Bonaccorsi, alla sua "strana" moglie Dilenia. Ad infittire la trama, contribuiscono anche altri protagonisti: il giovane Lorenzo Navacchi, che mette a soqquadro l’intera Bellano, insieme ad altri tre amici, la sorella Filzina, un personaggio importante all’interno del contesto narrativo e che riserverà al lettore delle sorprese. Lo scrittore coinvolge in questo libro tutto il paese. Il prevosto, la perpetua, il medico, la prostituta Luigina Piovati nota come l’Uselànda, la cui carta di identità recita la dicitura professione "ornitologa". Nell’intreccio hanno un ruolo importantissimo e molto originale, anche gatti e piccioni. Andrea Vitali è un abile e fine narratore. Tra beffe, segreti familiari, gag boccaccesche e situazioni paradossali, la lettura scorre piacevole e con un buon ritmo. E' un romanzo ironico ed esilarante, una commedia degli equivoci, orchestrata in maniera grandiosa. Un'ultima curiosità: il titolo "Olive comprese", si riferisce ad una particolarità del promesso sposo di Filzina, a metà libro sarà svelato l'arcano.
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Il mangiatore di pietre
Il libro narra le storie parallele, ma destinate ad incontrarsi, di due personaggi. Uno è Cesare, detto il Francese, per molti anni "passeur", uno che guidava oltre confine, in Francia, gruppi di clandestini. L’altro è Sergio, un ragazzo fortemente turbato dal ricordo della madre, che non vede da anni. L’assassinio misterioso del giovane e ambiguo "passeur" Fausto, che, figlio della civiltà di oggi, è invischiato anche in traffici di droga, indurrà Cesare e Sergio a portare a compimento il suo ultimo "lavoro", lasciato a metà. La trama noir, fa da sottofondo ad un piccolo universo, fatto di amori e rancori, riconoscenze e vendette. Il linguaggio è scarno, il non detto volteggia nell'aria e i segreti restano tali. Un romanzo essenziale e grandioso, come le montagne in cui è ambientato. Il finale è ambiguo e non da risposte certe. Il singolo lettore dovrà stabilire, se il Francese era un eroe o un fuorilegge.
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Il fucile da caccia
"Il fucile da caccia" è un breve romanzo epistolare. L'autore affida alle voci di tre donne e alle loro lettere, il racconto di due storie d'amore, in cui a trionfare è il non detto, la solitudine esistenziale degli amanti, che dilaga e gela l'aria, creando atmosfere impalpabili e cristalline. Dalla lettura di queste epistole, esplode un dramma segreto durato tredici anni - il classico triangolo amoroso: un uomo, la moglie e l'amante di lui - visto attraverso gli occhi delle due donne, che sono cugine, e della figlia dell'amante. Si ha l’impressione di leggere una favola dove anche temi tristi, situazioni gravi, perdono il loro aspetto tragico e rientrano tra le altre cose della vita, riescono naturali, necessarie. E' un libro scritto magistralmente, una storia di rimpianti e di redenzione, di segreti e di bugie, di abbandono e di speranza, che esplora i cammini inaspettati della vera natura umana. Superba la scena dell'esame di inglese al liceo femminile (dalla lettera di Saiko), pagg. 96-98.
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La favola di Natale
La favola di Natale è stata scritta da Guareschi
durante la prigionia nei campi di concentramento, nell'inverno del 1944, per allietare i compagni durante il loro secondo Natale da deportati. Muse ispiratrici dell'autore sono state: la Fame, il Freddo, e la Nostalgia. Un racconto delicato, pieno di ironia e speranza, una favola fatta di amore e coraggio, nonostante la disperazione, la fame, l'incertezza e la morte sempre in agguato. Questa favola è una poesia perenne, fusione perfetta di reale e fantastico, oscillare misurato fra commozione e celia. Bellissimi i disegni realizzati dallo stesso Guareschi, che inframmezzano il racconto. La scelta di accostare parole e immagini non è, a mio avviso, una rinuncia al potere evocativo della scrittura, ma una scelta che implica il riconoscimento dell’insufficienza delle parole di fronte a fatti come la morte, il dolore e la sofferenza.
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Non del tutto credibile
Unione Sovietica, 1953. Il regime di Stalin è al vertice, la popolazione è costretta a credere che il crimine è stato debellato in tutto il paese, che tutti sono felici e che il governo rappresenta il punto di riferimento e di ispirazione morale. Quando tuttavia il cadavere di un ragazzino viene ritrovato sui binari di un treno, l'ufficiale dell'MGB Leo Demidov si sorprende che i genitori del piccolo morto siano convinti si tratti di omicidio. I superiori gli ordinano di non indagare. Leo da agente inquisitore allineato con i diktat governativi, inizialmente obbedisce. Tom Rob Smith miscela sapientemente storia romanzesca ed eventi storici, che hanno sconvolto e distrutto la popolazione russa: fame di massa, folle politica staliniana di industrializzazione forzata e collettivazione nelle campagne, con il risultato di milioni di morti, episodi di cannibalismo e la distruzione completa della società contadina. A mio avviso però, la trama perde di credibilità nella seconda parte. Il protagonista diventa una sorta di supereroe, che spalleggiato dall'eroica moglie Raisa, escogita fughe rocambolesche, in un crescendo di peripezie sempre più improbabili ed inverosimili. Fino ad arrivare al finale, dove il nostro eroe gioca una partita a carte con il serial killer che aveva inseguito per tutta la storia. L'explicit non è una sorpresa, si capisce benissimo chi è il "Barbablù della foresta", a pagina 273.
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Ottima lettura
L'anima del libro è racchiusa, nelle parole scritte da Roberto Saviano, a pagina 330.
"Sono nato in terra di camorra, nel luogo con più morti ammazzati d'Europa, nel territorio dove la ferocia è annodata agli affari, dove niente ha valore se non genera potere. Dove tutto ha il sapore di una battaglia finale. Sembrava impossibile avere un momento di pace, non vivere sempre all'interno di una guerra dove ogni gesto può divenire un cedimento, dove ogni necessità si trasforma in debolezza, dove tutto devi conquistarlo strappando la carne dall'osso. In terra di camorra combattere i clan non è lotta di classe, affermazione del diritto, riappropriazione della cittadinanza. Non è la presa di coscienza del proprio onore, la tutela del proprio orgoglio. E' qualcosa di più essenziale, di ferocemente carnale. In terra di camorra conoscere i meccanismi d'affermazione dei clan, le loro ciniche d'estrazioni, i loro investimenti significa capire come funziona il proprio tempo in ogni misura e non soltanto nel perimetro geografico della propria terra. Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza, come se l'esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare."
Bella la copertina, con la riproduzione dell'opera "Knives" di Andy Warhol.
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Cinico e impietoso
"A ovest di Roma", scritto nei primi anni Settanta e pubblicato postumo nel 1986, è forse il libro più riuscito di John Fante.
Con "Il mio cane Stupido", il primo dei due racconti del volume, "l'american dream" giunge ad un fatale cortocircuito: Henry Molise (alter ego di John Fante), scrittore hollywoodiano, dopo aver raggiunto il successo, inizia una lenta deriva esistenziale e professionale. Il panorama familiare è altrettanto fallimentare: quattro figli scansafatiche dediti alla marjuana, una moglie annoiata e sempre pronta alla fuga. I precari equilibri della famiglia Molise, vengono turbati dall'inatteso arrivo nella loro dimora, di un deforme e stupido cane, che scatena reazioni esilaranti nei suoi familiari. Ne "L’Orgia", il secondo racconto breve, la voce narrante appartiene ad un bambino, che rievoca la fine brutale della sua infanzia.
E' un libro cinico e impietoso, in bilico tra comico e grottesco. Un malinconico autoritratto di John Fante, alla soglia di una maturità, che sembra non arrivare mai.
Buona lettura:)
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