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AtramBlog Opinione inserita da AtramBlog    04 Marzo, 2009
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Un Afghanistan avventuroso e affascinante

Il romanzo d’esordio di Guido Rampoldi (editorialista e inviato speciale del quotidiano “la Repubblica”) è stata sicuramente la prima piacevole sorpresa letteraria del mio nuovo anno da lettrice. Ancora assorta nell’atmosfera di “La veglia inutile” di Nadeem Aslam, entro in libreria alla ricerca di qualcosa che mi ricordi il profumo di sabbia e pietra arsa dell’Afghanistan. Tra le novità, una copertina mi colpisce: si scorge appena, lungo il ciglio di una strada polverosa, un burqa color cenere.

” All’inizio non le aveva prestato attenzione, ogni città afghana era piena di queste donne acciambellate sul ciglio della strada. Immobili sotto i burqa scoloriti…appassivano nella polvere come grandi fiori recisi. ”

G.R.

E’ lui. Proviamo. Lo prendo.

La mia lettura inizia con un po’ di sana diffidenza… dopo la poesia di Aslam, si vorrebbe solo leggere il suo prossimo romanzo… ma la prosa limpida e scorrevole, scevra dello stile contaminato di tecnicismi giornalistici che ci si potrebbe aspettare da un cronista, mi coinvolge subito catapultandomi tra le strade di Islamabad.

Oliver NicSidwell (Nix) è un alto funzionario dell’Onu, un occidentale alla sua prima missione tra Afghanistan e Pakistan.

La trama scorre tra compound dell’Onu, disilluso personale di agenzie e organizzazioni umanitarie, servizi segreti, Taliban, profughi, coltivatori d’oppio, intrighi internazionali, colpi di scena e burqa.

Assieme alla predisposizione all’azzardo e all’imprescindibile senso di colpa di Nix, sono le donne, con coraggio, astuzia e determinazione, a sospingere gli eventi: scaltre ed equilibriste mogli di ambasciatori occidentali (Julia) o umili maestre afghane (Bibi e Hamina), eroicamente appassionate e sovversive, con nello sguardo, celato sotto burqa anonimamente invisibili, un inesorabile odio per la ferocia che si abbatte su di loro.

Donne piene di rabbia, per gli atroci soprusi dei guerrieri afghani, ma anche a causa degli ottusi pregiudizi dell’Occidente, che nella propria natura duplice e irrisolta, le vorrebbe rassegnate ed aduse a vivere in condizioni di schiavitù, in nome di una cultura colpevolmente scambiata con costumi in realtà imposti dall’estremismo islamico.

E’ proprio a loro, alle sofferenze delle rivoluzionarie maestre afghane, che è dedicato questo libro. Forse le uniche, con i loro libri gelosamente custoditi, e con la forza atavica della cultura e dell’arte, a non rassegnarsi, a non lasciarsi cullare inermi dal destino: duro ed unico sovrano a donare illusorio sollievo agli uomini che, nella crudele semplicità portata dalle guerre, abbandonano in massa i territori del bene e del male.

Questo primo romanzo di Rampoldi è sì una spy-story (dove tra avventure e cospirazioni, si giunge alla chiave del mistero della guida del Museo nazionale afghano, consegnata nelle mani di Nix da una mendicante azzurra), ma è anche un libro prezioso, dove confluisce tutto ciò con cui l’inviato speciale entra in contatto nei suoi viaggi: emozioni, visioni, percezioni, che si sedimentano nella sua mente, dietro i suoi occhi e sotto la sua pelle, e prima o poi si sente il bisogno di esternare, con l’impeto, la necessità impellente di raccontare.

E’ in un libro come questo che trovano spazio la denuncia, le descrizioni personalissime di una società ed una cultura così remote, eppure più vicine di quanto si possa immaginare, o ricordare (il mito di Alessandro Magno), ed infine la speranza, fondamentale per il futuro di un’area così martoriata del pianeta, a cui le donne di Rampoldi tentano con abnegazione di aggrapparsi.

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- La veglia inutile di Nadeem Aslam <br />
- Romanzi sull'Afghanistan/Pakistan
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AtramBlog Opinione inserita da AtramBlog    02 Marzo, 2009
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Un Coe acerbo

Anche in Italia ormai è raro trovare qualche lettore che non abbia mai neppure sentito nominare Jonathan Coe. Il primo libro di questo brillante autore inglese mi è stato regalato nel 2002: si trattava di La casa del sonno. Fantastico. Da lì non ho più lasciato Coe.

Lo stile fresco e accattivante, con quel disincantato e irresistibile british humour, la trama dagli incastri perfetti che riesce a risultare avvincente fino all’ultima riga, e quel sempre aleggiante senso di straniamento presente nelle sue opere, lo rendono certamente uno degli autori inglesi più interessanti ed apprezzati.

Appena ho notato tra i nuovi arrivi in libreria la riedizione del suo terzo romanzo The dwarves of death, pubblicato nel 1990, ma ancora non letto, l’ho preso a scatola chiusa.

Il titolo italiano riprende la prima di una lunga serie di citazioni musicali degli Smiths, posta da Coe nell’introduzione ad ogni capitolo. E da subito si ha la netta sensazione di come l’autore abbia partorito quest’opera totalmente immerso nell’atmosfera degli album anni ‘80 di Morrissey e compagni: un vero e proprio tributo a questa storica band.

A cominciare dal protagonista, William (singolo del 1984: William, It Was Really Nothing) un ventenne approdato nella metropoli londinese come tanti, per realizzare il suo sogno: sfondare nel campo musicale. La vicenda si snoda tra l’appartamento di periferia affittato in condivisione con l’enigmatica Tina, surreali prove con la sua strampalata band The Alaska Factory, improbabili uscite con l’algida fidanzatina Madeline, e ambigue chiacchierate con l’amico Tony.

Non vi svelo altro, perchè tutto il romanzo è incentrato attorno ad un grottesco giallo, che vedrà coinvolto William, in nome della tanto cara a Coe vulnerabilità dell’uomo, nella vita del quale eventi marginali o semplici equivoci possono far approdare a destini inimmaginabili e spesso difficili da cambiare o da accettare.

Il voto è solo per farvi capire che questo romanzo può essere un ottimo punto di partenza per avventurarsi alla scoperta dell’opera di Coe, ma il meglio sicuramente lo troverete nei romanzi successivi.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
- Donna per caso (The Accidental Woman) (1987)<br />
<br />
- L’amore non guasta (A Touch of Love) (1989)<br />
<br />
- Questa notte mi ha aperto gli occhi (The Dwarves of Death) (1990)<br />
<br />
- La famiglia Winshaw (What a Carve Up!) (1994)<br />
<br />
- La casa del sonno (The House of Sleep) (1997)<br />
<br />
- La banda dei brocchi (The Rotters’ Club) (2001)<br />
<br />
- Circolo chiuso (The Closed Circle) (2004)<br />
<br />
- La pioggia prima che cada (The Rain Before It Falls) (2007)<br />
<br />
Tutti di Coe.
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AtramBlog Opinione inserita da AtramBlog    02 Marzo, 2009
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Ragazze di oggi

In una delle mie frequenti escursioni in libreria, mi imbattei in un libro con una copertina decisamente vistosa. Stavo istintivamente passando oltre: qualche trucchetto del marketing più sfacciato e pacchiano sinceramente mi disturba; si può facilmente rischiare di avvicinarsi a prodotti scadenti. Ma stavolta fu il titolo a trattenermi: Ragazze di Riad.



Nonostante il retro copertina lo equiparasse ad un Sex and the city in salsa araba (..le brutte copie sono pericolosissime..) il fatto che parlasse della vita di quattro giovani studentesse universitarie mi fece capitolare.



Essendo da pochissimo uscita l’edizione Grandi Bestsellers della Mondadori (Gennaio 2009), ho deciso di approfittarne per proporvi questo libro: leggero sì, ma acuto e divertente, con uno stile così fresco, diretto e accattivante, che vedrei perfetto per una trasposizione cinematografica.



L’amicizia, l’amore, gli uomini, il sesso, la famiglia, il futuro, i sogni, i sensi di colpa, gli scatti d’orgoglio, la passività e la forza prorompente di quell’età, da incastrare faticosamente in una società così diversa eppure così simile alla nostra.



Ve lo dico: è un libro adatto soprattutto alla sorella/amica/figlia adolescente, ma vista la moderna dilatazione temporale di questa fase, spesso irrisolta, della vita, può essere un ottimo spunto, per addentrarsi in un territorio percepito lontano sia geograficamente che culturalmente, anche per una giovane donna. Queste ragazze di Riad sono molto più simili ad una qualsiasi ragazza occidentale di quanto si possa immaginare.

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AtramBlog Opinione inserita da AtramBlog    02 Marzo, 2009
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L'amore si confessa

Un libro sincero, spietato, senza censure, letto tutto d’un fiato nel silenzio della notte, per potermi immergere fino in fondo nel dolore che, pagina dopo pagina, si ridesta nella morsa acida dello stomaco; ma anche per poter fuggire in fretta, col favore del sonno e di un nuovo risveglio, alla realtà fisica del groviglio che stringe appena sotto lo sterno con lo scorrere urgente del flusso delle parole.

Un libro che confessa l’amore quando esplode in passione cieca e ineluttabile. L’amore tra un maestro e il suo discepolo, quando ci si sente forti dell’approdo al disincanto raggiunto con l’età, l’esperienza, il denaro. Un amore che parte con imposta riluttanza e controllato distacco, senza ammettere a sé stessi che ogni gesto studiato per distanziarsene, aggroviglia sempre più i pensieri e l’animo al magnetismo di quella promessa di felicità.

E più ci si sente forti, ormai allenati dalla vita a riconoscere ciò che lucidamente potrebbe sprofondarci nel dolore, più ci si stupisce di quanto inesorabile possa essere il desiderio di abbandonarvisi.

Un libro intenso, scevro del pudore e della vergogna di ammettere le proprie più profonde e fragili debolezze; un libro consapevole e franco, come solo può essere chi quell’amore, e quel dolore, l’ha attraversato, l’ha vissuto nella totale pienezza, e nonostante le più atroci prove e sofferenze, ne è uscito fuori. In qualche modo. Da quell’amore, e da quel dolore, che prima o poi appartiene a tutti.

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