Opinione scritta da Giuliano Giorgi
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Porci con le ali
Rocco e Antonia
Porci con le ali
Romanzo cult che ha segnato profondamente una generazione, almeno buona parte di essa.
Le scene esplicite di sesso sono sempre un richiamo; qui acquisiscono una valenza di ordine maggiore in quanto inserite in un contesto politico condiviso da moltissimi giovani studenti degli anni '70: la militanza attiva nelle molteplici organizzazioni e movimenti della sinistra extraparlamentare; questi ultimi così diversi tra loro per sfumature ideologiche più o meno accentuate, per modalità di lotta più o meno violente.
Uniti però, graniticamente, nella contestazione radicale del sistema politico vigente, nella contrapposizione con le sue forze di difesa – leggasi polizia e carabinieri –, nel ripudio di un sistema scolastico considerato anacronistico e nel radicale rifiuto delle forme del lavoro salariato, fonte di sperequazione, sfruttamento e ingiustizia sociale.
La domanda da porsi (porci?) oggi è questa: è ancora attuale questo libro che descrive una generazione scomparsa, ormai invecchiata e in ogni caso travolta dal riflusso?
Io credo di si.
Tralasciando per un attimo quelle che sono le inequivocabili e particolareggiate descrizioni di sesso spinto, le pruriginose elucubrazioni e le fantasie erotiche dei due protagonisti, vorrei soffermarmi su un altro fattore.
Cioè la capacità sorprendente degli autori, gli allora giovanissimi Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, di avere intuito con largo anticipo il limite congenito della politica militante sinistrorsa, l'ominoso ragionare per slogan, l'acritico accodarsi a poderosi e bellicosi cortei dove venivano rivendicati diritti di popolazioni remote e spesso sconosciute; gli interminabili dibattiti sul nulla, la cavillosa disamina di problematiche estranee e incomprensibili – in ogni caso complesse e di ostico approccio – e gli scontri di piazza terrore di esercenti e ignari passanti.
I due ragazzi appartengono alla buona borghesia romana, frequentano il Mamiani, prestigioso liceo capitolino, partecipano alle manifestazioni quasi automaticamente, come si trattasse di un dovere da espletare per forza di inerzia compiendo un rito collettivo dai risvolti omologanti.
Sono però stufi e annoiati, provano insofferenza per il conformismo politico e i suoi insiti proponimenti velleitari.
La loro ribellione consiste nel rifugiarsi nel sesso.
Non vi è nessun riferimento culturale, nessun rimando a un qualsiasi libro letto; solo la rozza animalesca rivalsa che si esprime in modo elementare, arcaico, spontaneo, forse il solo conosciuto da quella gioventù illusa e generosa.
Così incompresa, ma anche impossibilitata ad esprimersi esaustivamente per evidenti limiti culturali, per l'indottrinamento continuo, per il bombardamento ideologico caratterizzato da istanze impossibili da raggiungere, da utopie bambinesche.
Ritengo che quella generazione sia stata truffata più di altre. I cosiddetti cattivi maestri hanno lasciato il loro malefico suggello sia sui marciapiedi con i morti ammazzati sia negli uffici matricola delle case circondariali, sempre a spese altrui.
Alla fine i brigatisti sono andati in galera, gli autonomi sono ritornati nelle loro squallide subtopie, i militanti generici hanno abbracciato lavori generici, mentre i capi che primeggiavano nel gotha rivoluzionario, i Soloni della teoria insurrezionale del passamontagna e della famigerata P38, dirigono quotidiani, trasmissioni tv o sono impegnati in redditizie attività imprenditoriali.
Ritornando al famoso romanzo, ribadisco il valore della ribellione sacrosanta di Rocco e Antonia; che almeno ci provano; rozzamente, ma ci provano ad uscire da un circolo vizioso e fagocitante.
Sanno esprimere solo così il disagio che subiscono. Sanno intuire il fallimento del "politico" per appropriarsi delle loro private pulsioni; magari infantili, ma sintomatiche di un riavvicinamento fisico tra simili nella riacquisizione di un qualcosa che è connaturato nell'uomo: il rapporto interpersonale. Sia esso sessuale o di altra forma.
Quelli sono stati anni di grandi speranze, di sinceri slanci emozionali, di sogni grandi poi svaniti in una bolla di sapone, di ottima musica e di indiscussa solidarietà.
Per chi li ha vissuti attivamente, indimenticabili; però funestati da una violenza continua, alimentata ad arte dai mestatori professionisti dell'inganno, da pseudointellettuali che riempivano i numerosi giornali di allora con articoli che, letti oggi, sono indicativi di una percezione distorta delle cose, di una pregiudiziale ideologica fuorviante, di una considerazione delle problematiche contingenti falsata dall'ideologia soverchiante.
Il romanzo ha avuto un successo di pubblico strepitoso nonostante, inizialmente, fosse stato concepito per circolare unicamente nell'ambiente studentesco.
Sono state fatte innumerevoli ristampe e traduzioni in molte lingue.
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Dissipatio H.G.
Guido Morselli
Dissipatio H.G.
H.G. sta a significare Humani Generis.
Ultimo romanzo di Morselli che, morto suicida pochi mesi dopo la stesura del libro, non ebbe mai la soddisfazione di vedere pubblicate le sue opere uscite tutte postume.
Un riconoscimento tardivo a un individuo tribolato.
Dissipatio è un'opera molto particolare, in alcuni casi viene definita di fantascienza o distopica per la storia narrata ai confini della realtà.
In verità è un documento di profonda meditazione e di altissimo valore morale che si addentra in tematiche essenziali per l'uomo: la solitudine, la morte, il senso di sgomento di fronte a un mondo abitato da una moltitudine di umanità formicolante che si muove freneticamente e che ignora l'essenza dell'esistenza, la sua finalità ultima; il concetto profondo che costituisce l'unica verità importante cioè il fatto di dare uno scopo plausibile alla vita senza infingimenti o stordimenti derivanti da fuorvianti attività che hanno lo scopo di anestetizzare la coscienza.
La vicenda si svolge a Crisopoli, immaginaria città facilmente identificabile con Zurigo.
Il protagonista, intelligente, ipocondriaco e misantropo, il giorno prima del compimento del 40esimo anno di età decide di togliersi la
vita con la strana modalità di annegarsi in un laghetto di montagna infilandosi prima in un sifone che comunica con il lago stesso.
All'ultimo momento ha un ripensamento e ritorna verso la propria abitazione.
Si accorge a poco a poco che, nel frattempo, tutta l'umanità è scomparsa e che lui è l'unico rimasto. Animali e vegetali sono vivi.
In pratica l'uomo che voleva uccidersi è rimasto solo, come se tutti gli altri fossero morti; comunque volatilizzati, dissolti.
La situazione si è modificata in senso contrario e dà occasione all'aspirante suicida di intrattenere un lungo monologo, un solipsismo allucinato ma preciso e penetrante, di grande impatto emozionale.
C'è una lucida e fredda estraneità nelle sue elucubrazioni, emerge un senso di lontano distacco verso i propri simili di cui non rimpiange l'assenza.
Questo scritto contiene indubitabilmente tutte le ragioni e il tragico sentire di un uomo pervaso da un tragica insopprimibile volontà suicida, che in effetti metterà in atto poco dopo.
Tra dotte citazioni e riferimenti letterari di notevolissimo spessore si percepisce un'incoercibile tendenza all'autodistruzione.
Un senso profondo di estraneità a tutto; il fatto di non trovare un appiglio al quale aggrapparsi per continuare a vivere.
Una malattia dell'anima incurabile e non imputabile a un fatto particolare, a un evento scatenante.
Il protagonista si comporta come se vivendo si sentisse fuori luogo, in una dimensione assolutamente estranea della quale non concepisce l'inizio, la prosecuzione, ma solamente la fine.
Un libro che colpisce al cuore, che induce a riflessione, che tratta argomenti di ordine superiore in un'ottica non convenzionale, lontana dal comune sentire. Esteticamente perfetto, perché non risente di nessun condizionameto; spontaneo e puro nella sua cristallina disperata evocativa genuinità.
Un'opera di non facile lettura dove la prima parte sembra essere un pretesto per le successive speculazioni dello scrittore; va apprezzata comunque per l'originalità e la "messa a nudo", le fragilità e i fantasmi che perseguitano un essere diverso, piegato sotto il peso di un disagio soverchiante.
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Douglas Adams
Douglas Adams
Guida galattica per gli autostoppisti
Un libro la cui qualità è inversamente proporzionale al successo editoriale acquisito.
Premettendo che a me il genere fantascientifico non piace, anzi fa proprio schifo, probabilmente il presente commento sarà influenzato da questo fatto.
Tant'è, ma de gustibus...
La NON trama si trascina suppergiù in codesto viluppo:
la Terra, la distruzione della stessa, gli alieni con le astronavi verdi, i due amici - l'uno alieno l'altro no - che vengono miracolosamente salvati dalla catastrofe totale, riduzione e riedizione in chiave moderna e rivisitata dell'Arca di Noè, il tetrarca bicefalo onnipotente che viaggia sulla Cuore d'Oro in compagnia della superfiga tecnologica di turno.
Infine il libro, o meglio l'ipertecnologico aggeggio informatico digitale superminiaturizzato, il vademecum del clochard spaziale: la Guida galattica per gli autostoppisti.
Un condensato di sapienza intergalattica indispensabile nel caso probabilissimo e ordinario in cui si venga rapiti e sottoposti a inquisizione post domenicana astrale da parte di psicogendarmi tonitruanti aspiranti al grado di colonnello.
Da profano azzardo che non so se chi scrive di fantascienza lo faccia per non guardare in faccia la realtà quotidiana, per evadere da un che di claustrofobico e castrante, da un lavoro routinario di cacca, da un coniuge alcolizzato, da uno suocero da manicomio, da un vicino di pianerottolo in perenne contrasto per questioni primarie di gerani sfioriti, dal fatto di deresponsabilizzarsi da tutto, dalla logica in primis.
Io non lo so e non mi interessa.
Dico solo che vi sono misteri insondabili su questa terra senza andare a cercarne altri altrove.
Anche perché, sommessamente, per me l'altrove non esiste.
Uno di questi grandi e insondabili misteri è il successo planetario (interplanetario non è dato a sapere) di questo romanzo datato 1979.
Il quale è una accozzaglia di baloccanti amenità per visionari di complemento, per ubriachi di storielle venusiane, discovolantisti domenicali e beoti con la costellazione della Vergine tatuata là.
Ho letto il primo della serie.
Neanche con la promessa di diventare l'Uomo Ragno leggeri la serie completa.
La mia opinione è strettamente personale, credo dettata da un pregiudizio, uno dei tanti che ci portiamo appresso.
Il fatto però non giustifica eventuali commenti irriguardosi tantomeno catechesi sul fatto di non aver compreso il libro etc., etc.
Grazie.
Voto N.C.????
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