Opinione scritta da GiuliaAsta89

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    07 Giugno, 2022
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D'Avenia, seppur un filino retorico, sempre una pi

Ho terminato questa mattina la lettura dell'ultimo romanzo di Alessandro D'Avenia e devo confessare di trovarmi in preda a sentimenti contrastanti. Non posso negare che il libro mi sia piaciuto, ma allo stesso tempo, per tutta la durata della lettura, non ho potuto fare a meno di provare una leggera sensazione di fastidio. Mi sono chiesta più volte nel corso della giornata a cosa fosse dovuta e l'ho capito solo leggendo le recensioni postate dagli altri utenti: tutto molto bello, per carità, ma un filo posticcio. Non saprei come spiegarlo, ma le storie dei ragazzi mi sono sembrate quasi tutte eccessivamente stereotipate; allo stesso tempo, i discorsi tra gli alunni e l'insegnante sono infarciti di citazioni e di frasi fatte, che risultano forse un filo inverosimili in bocca a ragazzi "disastrati" così come descritti. Diciamo che la sensazione che ho provato è un po' quella che mi ha accompagnato durante la visione di Gomorra - La serie: bellissima, capolavoro, ma è inverosimile che dei criminali con la terza media riescano a pronunciare in ogni occasioni frasi ad effetto super fighe ed efficaci. Ecco, così forse rendo l'idea.
Ad ogni modo, questo lungo sproloquio sembra cozzare con la valutazione in termini numerici che ho assegnato al libro, ma in realtà è solo frutto della mia necessità di fare le pulci anche alle cose che mi sono piaciute (come Gomorra, appunto).
Quello che ho visto io in questo libro, infatti, è un'asprissima critica alla scuola di oggi ed alla modalità con cui tanti, troppi insegnanti si approcciano alla professione in modo svogliato e meccanico, fregandosene del fatto che nelle loro mani c'è il futuro del Paese. Al pari della famiglia, il loro ruolo è fondamentale nella formazione dei ragazzi, che proprio a scuola imparano a pensare ed a rapportarsi con idee diverse da quelle che vengono espresse nell'ambito del contesto familiare.
A questo proposito io mi ritengo fortunatissima, nel corso dei cinque anni di liceo ho avuto degli insegnanti ed un preside meravigliosi, che hanno investito tantissimo tempo tanto nei programmi scolastici, quanto nello sviluppo della nostra cultura generale, organizzando serate a teatro e rassegne cinematografiche, mettendoci tutta la passione e l'amore necessari allo svolgimento di quello che forse è uno dei mestieri più belli al mondo.

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Consiglio questo romanzo a tutti: alunni, genitori, insegnati e, naturalmente, agli amanti del prof. D'Avenia!
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    20 Mag, 2022
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The Dark Side of the Moon

Inutile negarlo, questo romanzo di Nguyen Phan Que Mai è un autentico capolavoro. Difficile da recensire, quanto da raccontare senza rovinare il godimento che ne trae un lettore che sia il più possibile inconsapevole di cosa lo aspetta. Mi limiterò, pertanto, a qualche brevissima informazione che spero susciti la curiosità di chi non lo ha letto. Come già detto dai commenti precedenti, l'autrice racconta il Novecento in Vietnam attraverso la storia della famiglia di Dieu Lan, donna forte ed intraprendente che racconta alla nipotina Huong la storia della loro famiglia. Sullo sfondo, la città di Hanoi devastata dagli incendi causati dai bombardamenti americani.
Purtroppo però l'invasione americana non è stata che l'ultima delle disgrazie vissute dalla popolazione vietnamita nel '900: prima ci sono state l'occupazione francese, l'invasioni giapponesi, l'avvento dei comunisti e la deleteria riforma agraria che ne è seguita.
Un romanzo che quindi non è solo un romanzo, ma anche una testimonianza potente delle sofferenze di un popolo, che l'autrice però racconta lucidamente, senza abbandonarsi a facili pietismi. Lettura fondamentale per chi, come me, conosce la storia di questo Paese quasi esclusivamente grazie ai film americani, che però si limitano a raccontare l'invasione statunitense, peraltro non sempre con occhio critico ed imparziale. Chiuso il libro, tuttavia, non ho potuto fare a meno di correre a rivedere Apocalypse Now.

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    27 Aprile, 2022
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Toshikazu Kawaguchi anche basta

Toshikazu Kawaguchi torna per la terza volta a raccontare storie di uomini e donne che, tramite la "magica" seduta presente in un piccolo caffè (questa volta non a Tokyo, ma) nel cuore di Hakodate, viaggiano avanti o indietro nel tempo per i più svariati motivi, generalmente per risolvere questioni in sospeso con i loro familiari.
Che dire? Io capisco tutto: il successo del primo romanzo, l'apprezzamento del secondo, ma adesso direi che forse è il caso di mettere un punto.
Il format della saga, in realtà, si presta a un numero potenzialmente infinito di sequel, poiché la trama verticale, ossia le vicissitudini riguardanti i personaggi ricorrenti, si sviluppa pochissimo in ogni volume, dunque bastano tre o quattro storie di persone con conflitti irrisolti ed è facile consegnare all'editore un nuovo volume. Ma qual è il senso? Qual è la novità? Nessuno e nessuna. Dunque, dopo aver letto piacevolmente il primo e, più o meno aver gradito il secondo, questo terzo libro l'ho trovato insulso e piatto, nonostante l'abbia ascoltato su Audible e non letto. Probabilmente il romanzo cartaceo ci avrei messo una vita a finirlo, ma le lunghe passeggiate con il cane mi hanno aiutato a lasciarmi trascinare passivamente all'interno dei quattro macro racconti che compongono "Il primo caffè della giornata".

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Giusto chi ha letto e gradito i due romanzi precedenti può apprezzare questo terzo volume, ma neanche troppo, data la ripetitività delle vicende narrate.
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Fumetti
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    26 Aprile, 2022
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Il peso della consapevolezza

Piccola premessa: avevo scritto di getto una splendida e accorata recensione che, causa telefonata di lavoro, ho inavvertitamente chiuso. Quindi, questa non è che una sentita (ma pallida) imitazione dell'originale che avevo scritto con enfasi e slancio. Spero apprezziate l'immenso sforzo mnemonico!

Con questa graphic novel, Saviano sferra al lettore un pugno nello stomaco o un calcio in petto, scegliete pure l'espressione che renda meglio l'idea.
Nel raccontare i suoi ultimi quindici anni di vita, infatti, il giornalista si mette a nudo, accantonando il "personaggio pubblico" che nel frattempo è diventato.
Niente, inutile girarci intorno, quello che emerge leggendo quest'opera è che la vita sotto scorta fa schifo. Può aver fatto tutti i soldi del mondo, come dice la pletora dei suoi haters, può avere tutto il successo possibile ed immaginabile con le donne, fatto sta che non può godersi nulla della sua vita, perché costretto a vivere nell'ombra, perché non può decidere di fare nulla di improvvisato, perché non può scegliere di uscire per una passeggiata o fermarsi a bere una cosa in un bar senza mobilitare la sua scorta.
Questa la pura e brutale verità cui ci mette di fronte Saviano: non uccidendolo, la camorra lo ha condannato a questa vita nel limbo, che oltretutto lo espone a migliaia di detrattori che passano il tempo ad insultarlo sui social e che magari, se subito dopo l'uscita di Gomorra fosse morto, probabilmente lo avrebbero celebrato ogni anno come avviene per (purtroppo) molti altri, come ad esempio Giancarlo Siani.
Generalmente, pensando a Saviano ci si sofferma a pensare solo sull'effetto dirompente che ebbe Gomorra, sull'enorme successo internazionale, sulla pioggia di arresti e di condanne che ne seguirono, dunque sulle conseguenze pubbliche della sua scelta, senza però riflettere sulle conseguenze che tutto ciò ha avuto sull'uomo, o meglio, sul ragazzo che Saviano era all'epoca della pubblicazione.
Questa graphic novel serve proprio a questo.
Voltata l'ultima pagina, dunque, resta un senso di profonda tristezza, oltre che la volontà di riflettere non tanto sulle proprie scelte, ma sulle conseguenze delle stesse.

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Gomorra e, in generale, tutti gli scritti di Saviano. Ma anche - e soprattutto - a chi lo trova antipatico
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Romanzi autobiografici
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    20 Aprile, 2022
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Un libro duro, ma necessario

Ernaux riesce a raccontare con una lucidità sorprendete un tema che - assurdamente, oserei dire - ancora oggi rappresenta un tabù: l'aborto. Attraverso la sua esperienza di studentessa di 23 anni, che nella Francia del 1964 è costretta ad una disperata ricerca di aiuto clandestino, l'autrice fa riflettere su quanto nulla (o quasi) sia cambiato a così tanti anni di distanza: l'indifferenza del ragazzo, il biasimo sociale, il dottore cui si rivolge che invece di aiutarla la ostacola, la famiglia da tenere all'oscuro, sono tutte tematiche ancora oggi ricorrenti, inutile fingere il contrario.
Ernaux si trova dunque ad affrontare una società che, oggi come allora, si arroga il diritto di decidere cosa una donna debba fare con il suo corpo e quali siano le scelte migliori per lei. Nel raccontare la sua esperienza non risparmia al lettore i particolari più crudi, come il disperato tentativo di procurarsi l'aborto utilizzando dei ferri da maglia.
Insomma, da brividi solo a pensarci. Allo stesso tempo, però, fa bene ogni tanto riflettere sul come sia possibile che una donna debba spingersi a tanto solo perché la società in cui vive ritiene deplorevole un certo tipo di scelta, rendendone illegale il compimento.
Secondo me a definire la società francese (ma non solo) dell'epoca (ma non solo) è sufficiente questa frase: “ A fronte di una carriera rovinata, un ferro da maglia nella vagina aveva ben poco peso”.

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Romanzi storici
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    06 Aprile, 2022
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Meglio tardi che mai

Come al mio solito, mi approccio con ragionevole ritardo ad una lettura di tendenza.
Cosa aggiungere rispetto a quanto ampiamente detto da tutti i precedenti recensori? Che senz'altro la bravura di Miller - una docente di lettere antiche, dunque non certo una scrittrice improvvisata sul tema - sta nell'aver fornito al lettore un punto di vista totalmente inedito sull'eroe greco Achille.
L'autrice ci accompagna così nell'infanzia del Pelide, narrata dal punto di vista dell'inseparabile Patroclo, facendone emergere il carattere dolce e sensibile, l'amore per la musica e per le storie raccontate dal padre e dal centauro Chirone. Achille dunque non era una bestia sanguinaria, non era solo colui che, per mero orgoglio, abbandona i greci al loro destino per poi, accecato dall'odio, uccidere Ettore trascinandone il cadavere con il carro. Assolutamente no; o meglio, non solo. Miller, per mezzo di Patroclo, ci presenta l'uomo celato dall'eroe, quello che pur di rimanere insieme all'amore della sua vita decide di travestirsi da donna sull'isola di Sciro, anche se poi l'idea di una gloria imperitura lo indurrà ad andare incontro al suo destino.
Una prospettiva che, insomma, fa emergere altro rispetto all'invincibile semi-dio guerriero che, almeno per quanto mi riguarda, ha ormai le sembianze di Brad Pitt causa orrido film di Wolfgang Petersen.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    17 Marzo, 2022
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C'è qualcuno che Ricciardi per amore del giallo?

Il titolo della mia recensione, forse fraintendibile, nasconde in realtà il mio amore immenso per i personaggi creati dalla penna di De Giovanni. Così come per "i Bastardi di Pizzofalcone", secondo me la grande bravura ed il talento dell'autore partenopeo non derivano tanto dalla capacità di costruire un intreccio intricato, un giallo ricco di colpi di scena che lasciano il lettore a bocca aperta, quanto piuttosto dalla sapienza nel creare personaggi memorabili, ai quali è impossibile non affezionarsi. Se devo dire la verità, la risoluzione dell'omicidio è l'ultimo aspetto che valuto e di cui mi interessa leggere nei libri di Maurizio De Giovanni. Io voglio sapere di Ricciardi, di Maione, di Enrica, di Rosa e di Livia! Voglio il lieto fine per tutti loro, tanto che a tenermi calamitata alle pagine di questo romanzo non è stato certo l'omicidio del professore, di cui tra cinque giorni avrò dimenticato tutto, quanto piuttosto le incomprensioni tra Maione e la moglie Lucia, così come il tormentato triangolo amoroso composto dal nostro tormentato protagonista, da Livia e da Enrica. Forse la serie del Commissario Ricciardi non sarà l'ideale per chi predilige il giallo in senso stretto, ma se ci si vuole affezionare a personaggi sapientemente descritti e approfonditi è senza dubbio la serie ideale, così come quella con protagonisti i Bastardi.
Una menzione speciale va sempre alle bellissime descrizioni della città di Napoli, come sempre dipinta come un quadro meraviglioso, con le sue luci e le sue ombre.

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Politica e attualità
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    08 Marzo, 2022
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Una storia di imperizia e di tenebra

La storia raccontata da Pablo Trincia si può definire con una sola parola: dolorosa. E' dura leggerla, forse ben peggiore ascoltarla dalla sua voce nell'omonimo podcast.

La vicenda dei Diavoli della Bassa Modenese non può che farci riflettere sul potere della suggestione, ragion per cui fa anche tanta paura. Possibile che le insinuazioni di un gruppo di "professionisti" inesperti ed incompetenti possa minare l'amore di un figlio/a per i suoi genitori? Può un bambino essere indotto a inventare di sana pianta omicidi, violenze e rituali satanici? La risposta è purtroppo affermativa, ragion per cui non possiamo che augurarci che cose del genere non accadano mai più.

Se proprio dovessi fare le pulci allo straordinario lavoro di ricerca e di ricostruzione svolto da Pablo Trincia, avrei gradito tantissimo un approfondimento su coloro che poi sono stati effettivamente condannati all'esito delle indagini.

Vi lascio con una riflessione di Trincia che, pur non essendo genitore, mi ha profondamente colpita:
"Quella storia era come un buco nero. Più ci guardavo dentro e meno i suoi meccanismi sembravano rispondere alle norme di comportamento sociali e umane e ai rapporti di causa ed effetto che fino a quel momento avevo dato per scontati. Sembrava un universo parallelo, in cui tutto era deformato. Mi atterriva, anche se allo stesso tempo ne subivo il fascino perverso. Non riuscivo più a staccarmene. Mi stava ossessionando. Non leggevo nient’altro. Non parlavo di nient’altro. Non mi interessava nient’altro. A cena con gli amici, al lavoro, in qualsiasi posto mi trovassi, la conversazione finiva inevitabilmente su quello, con i miei interlocutori che mi guardavano straniti e atterriti. Ma più entravo dentro questa storia, più ne avvertivo il pericolo. Non aveva nulla a che vedere con nessun altro caso che avessi trattato fino a quel momento. Era fatta di una materia melmosa, appiccicosa e nera, e mi restava addosso anche per ore o giorni dopo aver chiuso fascicoli e appunti.
Mi sono sentito a disagio, profondamente confuso. Costretto, per la prima volta nella mia vita, a fare i conti con ansie e paure capaci di penetrare ben oltre quella corazza che negli anni mi ero lasciato crescere addosso per evitare di essere contaminato dalla sofferenza degli altri. I bambini le cui tragedie familiari erano diventate il mio pane quotidiano avevano all’incirca l’età dei miei figli. Cosa avevano visto o vissuto in casa? Poteva essere, come sostenevano i loro genitori, che qualcuno li avesse condizionati? E se fosse stato vero, se fosse stato possibile, può una persona qualunque essere in grado di spezzare in così poco tempo l’amore profondo che lega una madre ai figli? Ho avuto paura. Paura delle piccole cose, dei piccoli gesti quotidiani. Paura che i miei figli mi vedessero girare nudo per casa dopo la doccia e che poi magari raccontassero o disegnassero all’asilo qualcosa che qualcuno avrebbe potuto fraintendere. Paura che anche un semplice gesto come lavarli potesse un giorno ritorcersi contro di me, se qualcuno avesse chiesto loro: «Ti hanno mai toccato i tuoi genitori?» Ma non poteva essere così semplice. C’era per forza qualcos’altro tra quelle famiglie di Massa e Mirandola che io non potevo sapere. Qualcosa al loro interno doveva per forza essere accaduto. Quanto c’era di vero, in quelle centinaia di pagine che giorno e notte studiavo senza riuscire a diradare la nebbia che sembrava avvolgere ogni riga? Tutto? Non poteva essere. Niente? Non aveva senso. Solo una parte? E allora quale? Dove si nascondeva il confine tra reale e immaginario? Chi lo aveva stabilito? E come? Non c’era modo di capirlo.".

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    04 Marzo, 2022
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L'onniscienza e l'impotenza

Raramente ho smaniato per leggere un libro come nel caso di questo breve romanzo di Christa Wolf. Forse il fatto di non riuscito a reperire in nessun formato, cartaceo o digitale, ha alimentato la mia voglia di leggerlo. Fatto sta che ho cercato di prolungare il piacere il più possibile, con risultati deludenti, dato che l'ho divorato in tre giorni! La storia è quella dell'arcinota guerra di Troia raccontata, come suggerisce il titolo, dal punto di vista della sacerdotessa alle cui profezie nessuno credeva.
Ho trovato lo stile della Wolf volutamente ostico, poiché Cassandra racconta come fosse in preda al delirio, con continue analessi e prolessi, saltando da un episodio all'altro (apparentemente) non seguendo un filo conduttore. Ma è proprio questo che ti spinge a rallentare, a leggere più lentamente per esser sicuro di non perdere neanche un passaggio. Cassandra offre un punto di vista diverso su una guerra in cui è l'uomo il protagonista, appellando gli eroi con epiteti piuttosto duri. E' così che Achille è “la bestia”, Agamennone è “l’imbecille”, Paride è “il bambino pericoloso”, “debole, fratello, debole. Un vigliacco”, il “piccolo Aiace” è uno stupratore, perfino Ettore "non è l'uomo di cui si fa un eroe". Uniche note positive? Enea e suo padre Anchise. L'aspra voce di Cassandra sembra quasi mutare tono quando parla dell'amore della sua vita e di suo padre, definendoli gli unici rappresentanti "di una possibile forma diversa del maschile."
In sintesi consiglio assolutamente questa lettura!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    04 Marzo, 2022
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Il talento di un uomo banale

Tom Ripley, giovane americano piuttosto mediocre ed insoddisfatto di sé. Un giorno viene adescato in un bar dal signor Greenleaf, il ricchissimo padre di un suo conoscente, che ha un compito per lui: riportare il suo rampollo Dickie a casa. E' così che Tom, anche in ragione del cospicuo compenso offertogli, parte alla volta di Mongibello, un minuscolo paesino di mare vicino Napoli.
L'incontro con il bellissimo e carismatico Dickie cambia però le carte in tavola poiché Tom, invaghitosi di lui, decide prima voler diventare suo amico, poi di rubarne l'identità.
Un libro inquietante e ricco di suspense, che tiene con il fiato sospeso dalla prima all'ultima pagina. La Highsmith, con uno stile semplice e lineare, ci fa entrare nella testa di un uomo tanto mediocre, quanto spietato, perennemente sull'orlo del baratro, che non esita neanche un secondo a calpestare chiunque si frapponga tra lui e il suo tanto agognato lieto fine.
Piccola menzione anche per l'omonimo film del 1999 di Anthony Minghella, con Matt Damon nei panni di Tom e Jude Law in quelli di Dickie.
In sintesi? Un noir bello e ben scritto, lo consiglio vivamente!

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    01 Marzo, 2022
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Quando leggete un bel libro, fateci caso

Quando qualche anno fa mi approcciai per la prima volta a Chimamanda Ngozi Adichie per leggere "Metà di un sole giallo" con il mio club del libro non mi presi la briga di imparare a pronunciare il suo nome. Negli ultimi tempi, tuttavia, questa fantastica scrittrice ha conosciuto le luci della ribalta quando il suo saggio "Dovremmo essere tutti femministi" è diventato manifesto della forma più moderna del movimento. Tutti la citano e questo, per fortuna, ci ha permesso di imparare la pronuncia corretta del suo nome. Non so perché ho fatto questa premessa, inutile ai fini della recensione, ma di cui sentivo il bisogno.

Tornando al libro, o meglio, iniziando a parlare del libro, senza svelare troppo della trama mi sento in dovere di sottolineare una cosa: è sorprendente come una scrittrice venticinquenne all'esordio possa costruire una storia così potente, una bomba che arriva dritta al cuore.
In poco più di duecento pagine Adichie tocca tutti i temi tipici del romanzo di formazione, senza però scrivere un romanzo di formazione. Kambili è un'adolescente che tenta di districarsi tra la curiosità tipica della sua età e l'educazione repressiva ricevuta dal padre. Quest'ultimo forse è il personaggio più sfaccettato di tutto il libro: all'esterno si presenta come una figura integerrima, un imprenditore filantropo per la sua comunità, ma in realtà all'interno delle mura domestiche altro non è che un fanatico religioso violento e crudele.
Il vero colpo di genio, a mio avviso, è però l'evento che condurrà Kambili sulla strada dell'emancipazione dal padre padrone: sarà un terribile colpo di Stato a portare lei ed il fratello a vivere con la zia Ifeoma, dove conosceranno davvero il calore di una famiglia allegra e gioiosa, seppure non ricca come la loro e dove, lontani dal fanatismo religioso paterno, potranno riscoprire le origini pagane le tradizioni e la cultura del loro popolo.

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Assolutamente consigliato a chi ha letto qualsiasi romanzo o saggio di Chimamanda Ngozi Adichie e, in generale, a tutti coloro che amano i romanzi che permettono anche di conoscere culture e tradizioni diverse dalle nostre.
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    23 Febbraio, 2022
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Vite sregolate nella Edimburgo degli anni '80

Fine anni '80, un gruppo di ragazzi eroinomani allo sbando per le strade di Edimburgo: questo è Trainspotting in parole povere.
Il termine che dà il titolo al libro indica, come specificato sin dalle prime pagine, il passatempo di guardare i treni che passano. Quale miglior metafora per spiegare la vita di questi ragazzi, risucchiati nel vortice della droga e dell'alcol mentre la vita intorno sfreccia via?
Il sesso, la droga, la monotonia delle giornate, il rifiuto di uniformarsi alla società, il tutto raccontato da diverse angolazioni. Mi ha colpito il romanzo d'esordio di Welsh, di cui già conoscevo la trama avendo visto l'adattamento cinematografico di Boyle. Mi è piaciuto lo stile un po' disordinato di raccontare il degrado e lo squallore delle vite di questi ragazzi perduti, sulle cui vite aleggia perennemente lo spettro dell'AIDS. Protagonista è sicuramente Mark Renton, detto Rents, voce narrante principale, ma anche i suoi amici, come Sick Boy o Spud, raccontano in prima persona le loro (dis)avventure.
Un libro crudo, violento e triste, ma pieno di amare verità.

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Se vi è piaciuto consiglio di recuperare l'intera bibliografia di Welsh
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    23 Febbraio, 2022
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Cacchio! Come mi piacerebbe essere poeta!

«Ebbene, questa è una metafora». «E perché, se è una cosa così semplice, ha un nome così complicato?». «Perché gli uomini non hanno nulla a che vedere con la semplicità o la complessità delle cose. Secondo la tua teoria, una cosa piccola che vola non dovrebbe avere un nome lungo come farfalla. Pensa che elefante ha lo stesso numero di lettere di farfalla, ed è molto più grande e non vola», concluse Neruda esausto. Con un ultimo scampolo di energia gli indicò la rotta per la caletta. Ma il postino ebbe la baldanza di dire: «Cacchio! Come mi piacerebbe essere poeta!».


La storia di questo libro è arcinota grazie al film di Michael Radford.
Mario Jiménez, giovane pescatore abitante di Isla Negra (Cile) decide di cambiare mestiere e di diventare postino. L'unico a ricevere corrispondenza in questa piccola isola di pescatori è il poeta Pablo Neruda, che ben presto diventerà il centro della vita lavorativa e dei pensieri del giovane Mario, ossessionato dall'idea di diventare amico del vate, come lo chiama lui.
120 pagine circa che si leggono tutte d'un fiato, impossibile staccarsi prima della fine. Un libro dolce e a tratti anche divertente, specialmente nei primi timidi approcci che Mario tenta di avere con il poeta. Impossibile leggere le avventure del giovane postino senza pensare a Massimo Troisi, scomparso 12 ore dopo aver terminato le riprese del film, che tra l'altro gli valse una nomination all'Oscar.

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    21 Febbraio, 2022
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Non il miglior Murakami

Sebbene abbia letto parecchi altri libri di questo autore, che rimane uno dei miei preferiti, ho trovato questo un po' pesante, nonostante sia piuttosto breve rispetto alla media degli altri.
Si tratta di un romanzo onirico, in cui le vicende dei vari personaggi si svolgono tutte in una notte e sono narrate attraverso l'occhio di una telecamera asettica e fredda. E' difficile spiegare di cosa parla questo libro, ma il filo conduttore è sicuramente la solitudine e la difficoltà di intrattenere rapporti umani e la notte sembra quasi svolgere una funzione terapeutica, allentando le pressioni e i freni inibitori che caratterizzano la vita diurna.
In sintesi? Non mi è dispiaciuto, ma sicuramente questo romanzo non è al livello di Tokyo Blues o di 1q84.

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    21 Febbraio, 2022
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Il mio primo incontro con lo humor di Mr. Hornby

Mi è piaciuto veramente molto questo libro di Nick Hornby, di cui peraltro non avevo ancora mai letto nulla, e sinceramente fino a poco tempo fa non avevo idea che ne esistesse un adattamento cinematografico. Rob è un trentacinquenne appassionato di musica che possiede un negozio di vinili (nel libro a Londra, nel film a Chicago) ed è stato appena piantato dalla sua compagna. Questo è il motivo per cui il libro si apre con la classifica delle 5 fregature peggiori che il protagonista ha preso dalle donne, espediente cui ricorre per ripercorrere le tappe della sua storia con Laura, fino alla rottura, e per capire i motivi che spingono le donne a lasciarlo.
Con questo libro molto divertente e ricco di spunti musicali Hornby ha inaugurato il filone della cd. letteratura maschile "confessionale", e sul grande schermo Stephen Frears è riuscito a mantenere il tono fresco e divertente del libro, che alterna momenti di grande tensione emotiva agli esilaranti siparietti di Rob e dei suoi amici. Merito anche dei monolighi di John Cusack!

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    18 Febbraio, 2022
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La piccola Bronte è all'altezza delle sorelle?

Questa mattina, appena mi sono svegliata, ho finito di leggere Agnes Grey di Anne Bronte. Devo dire che la meno conosciuta delle tre sorelle mi ha piacevolmente sorpreso con un romanzo ben scritto e piuttosto coinvolgente. Lo stile è semplice e scorrevole, probabilmente a causa della giovane età della scrittrice. L'unica pecca? A tratti risulta appesantito dalle numerosissime citazioni bibliche (ne ho contate più di 50!). La protagonista è molto simile a Jane Eyre, dolce, comprensiva e anche piuttosto (fastidiosamente) remissiva.. Di certo non ha il temperamento impetuoso di Cathy! I personaggi di contorno li ho trovati piuttosto fastidiosi, a cominciare dalle signorine Murray, della cui educazione si occupa Agnes, e da tutti i loro vicini.
Nel complesso la mia opinione sulla piccola Bronte è più che positiva, anche se non al livello delle sue sorelle, in particolar modo di Charlotte (si, io preferisco di gran lunga Jane Eyre a Cime tempestose).

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    18 Febbraio, 2022
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Come si recensisce un capolavoro?

Ci ho messo quasi tre mesi, ma ieri sera ho finalmente terminato la mia terza lettura de “I Miserabili”. Ho letto circa un capitolo al giorno, ho voluto fare le cose con calma in modo tale da assaporare questo capolavoro parola per parola, frase per frase. Incontrai per la prima volta i personaggi di quello che già a pagina 200 sentivo sarebbe diventato il mio libro preferito circa sei anni fa. Ero all’università e con un compagno di corso avevamo deciso che le noiosissime tre ore di diritto processuale civile, lezioni che per sostenere l’esame eravamo obbligati a frequentare, sarebbero state sicuramente meglio spese se dedicate alla letteratura.
Ho voluto fare questa premessa perché è veramente difficile recensire un capolavoro del genere. Quella nata dalla penna di Hugo E' una storia straordinaria, che si dipana pagina dopo pagina raccontando le vicende di tutti i personaggi, fornendo oltretutto un dettagliato affresco della situazione politica, sociale e culturale del tempo.
Il filo comune che lega le vicende dei protagonisti, in quello che lo stesso Hugo definì il suo capolavoro, è L'amore nelle sue svariate forme: amore materno, paterno, filiale, per la patria, per i propri ideali, per la giustizia. Il cammino verso la redenzione di Jean Valjean lo porterà, infatti, ad incrociare Monsignor Bienvenu, Fantine, Cosette, il terribile ispettore Javert, Marius, Enjorlas e gli altri giovani studenti rivoluzionari protagonisti delle lotte del 5 giugno 1832, i malvagi coniugi Thenardier, l’infelice Eponine e molti altri personaggi che definire straordinari è riduttivo.
Hugo ci lancia inoltre un messaggio importantissimo e sempre attuale: Jean Valjean, protagonista assoluto delle vicende del romanzo, il ladro recidivo, il forzato, bollato per sempre come ex galeotto, è l’emblema di come chiunque, per quanto Miserabile sia, possa trasformarsi da peccatore in virtuoso, purché gli si dia fiducia.
La nota dolente, inutile negarlo, sono le interminabili digressioni che trasformano un romanzo avvincente e ben scritto in un interminabile mattone di 1400 pagine. Appellandomi al “diritto di saltare le pagine” (n. 2 del celebre decalogo di Pennac), il mio consiglio spassionato per coloro che vorrebbero leggerlo ma sono scoraggiati dalla mole è il seguente: le digressioni, specialmente quelle di oltre 100 pagine riguardanti la battaglia di Waterloo e quelle sul sistema fognario di Parigi – bellissime ma inutili ai fini della trama, in quanto costituiscono un mero sfoggio di erudizione dell’autore – se la noia dovesse avere la meglio lasciatevele alle spalle!
Vi segnalo un paio di curiosità: numerose sono le analogie tra il personaggio di Jean Valjean e Napoleone Bonaparte. In particolare, molte date che nel romanzo segnano gli avvenimenti importanti nella vita dell’ex-forzato coincidono con quelle di avvenimenti altrettanto importanti verificatisi nella vita dell'Imperatore. Per fare qualche esempio, entrambi sono nati nel 1769; le date della prima cattura e del rilascio di Jean Valjean coincidono con quelle dell'ascesa e della caduta di Napoleone, rispettivamente 1796 (anno della campagna d'Italia) e 1815 (anno della battaglia di Waterloo). Ancora, le date dei quattro falliti tentativi di evasione di Jean Valjean coincidono con la Battaglia di Marengo (1800), l’anno in cui ottiene il consolato a vita (1802), l’anno della Battaglia di Jena (1806) e quello della Battaglia di Wagram (1809). Infine, sebbene Jean Valjean muoia 12 anni dopo l'Imperatore francese, il 1821 è l'anno della morte del Vescovo di Digne, guida spirituale di Jean Valjean.
Sebbene non sia possibile considerare Jean Valjean un personaggio autobiografico, alcune delle azioni da lui compiute nel romanzo prendono spunto da eventi reali accaduti al suo stesso Victor Hugo. Fra le tante, si possono ricordare la difesa di Fantine di fronte a Javert, che richiama una vicenda analoga narrata anche nella raccolta di memorie "Choses vues", in cui Hugo racconta di aver preso le parti di una popolana arrestata dalla polizia per aver insultato un borghese. Il ruolo svolto dal protagonista durante la sommossa del 5 giugno, inoltre, ricorda la condotta tenuta da Hugo il 2 dicembre 1851, durante il colpo di stato di Napoleone III (evento narrato anche nel racconto Histoire d'un crime). Come Jean Valjean, infatti, l’autore si prodigò per aiutare gli insorti senza però ferire né tantomeno uccidere nessuno.

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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    13 Febbraio, 2022
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In his shoes, ovvero "se fossi un lui"...

"Pelle d'uomo" di Hubert, graphic novel ambientato in Italia durante il Rinascimento, racconta la storia di Bianca, un ragazza appartenente ad una ricca casata e destinata in sposa a Giovanni, anche lui rampollo dell'alta società. La giovane, cui stanno stretti i panni della pudica ragazza di buona famiglia che la società vorrebbe vestisse, sogna un matrimonio fondato sul reciproco amore e, soprattutto, di conoscere lo sposo prima della cerimonia. Dinanzi alle inquietudini di Bianca, la sua zia e madrina decide di confidarle un segreto: le donne della loro famiglia si tramandano da sempre una pelle d'uomo che una volta indossata permette loro di mimetizzarsi nell'universo maschile. E' così che Bianca, nei panni dell'avvenente Lorenzo, conoscerà il vero io del futuro sposo Giovanni, ossia ciò che si nasconde dietro la patina di mascolinità e durezza con cui anche lui è costretto a dissimulare la sua vera natura. La storia prende sin da subito una piega inaspettata, poiché Bianca, con le sembianze di Lorenzo, impara a conoscere Giovanni e se ne innamora; quest'ultimo, che in realtà è omosessuale, a sua volta si innamorerà del giovane Lorenzo senza sapere che sotto i suoi panni si cela la sua futura sposa. Che dire, nell'ultima opera del compianto Hubert, prematuramente scomparso l'anno scorso, si intrecciano le tematiche più disparate: la vita di coppia, la tolleranza, la discriminazione, l’ipocrisia di certi dogmi religiosi, la scoperta del proprio corpo e della propria sessualità, la ricerca della propria identità di genere, tutte affrontate con accuratezza e semplicità.

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Il principe e la sarta di Jen Wang, un'altra opera davvero deliziosa che tratta temi di attualità come l'identità di genere.
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    11 Febbraio, 2022
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Cosa c'è di unico ed inimitabile in un cuore umano

Come si recensisce un libro introspettivo come "Klara e il Sole"? Non è facile, questo è sicuro. In questo romanzo Ishiguro torna a porsi ed a far porre al lettore domande esistenziali, così come fu nello splendido "Non lasciarmi", e lo fa attraverso una storia che - per chi come me ama leggere i libri a scatola chiusa, senza conoscere la trama - si sviluppa piano piano senza capire che piega prenderà. Inizialmente facciamo la conoscenza di Klara: non capiamo subito cosa sia, ma ne percepiamo la non umanità. Proseguendo nella lettura, scopriamo che Klara è un A.A., ossia una robot alimentata ad energia solare programmata per diventare una sorta di animale da compagnia più sofisticato. Eh già, perché la società in cui vive, sebbene simile a quella contemporanea, è in realtà molto alienante. Gli adolescenti più meritevoli vengono potenziati e ricevono un'istruzione domiciliare in vista del college, non escono con gli amici e, in generale, non hanno rapporti con i coetanei, con i quali passano del tempo soltanto in occasione dei cd. "incontri di interazione", delle serate organizzate appositamente, come dice lo stesso termine, per far interagire tra loro i ragazzi. Le veci degli amici per i ragazzi potenziati, insomma, le fa l'androide personale.
Tra quelli presenti nel suo negozio, Klara svetta per la sua sensibilità, la sua capacità di osservazione e di comprensione della realtà che la circonda, oltre che per la sua fiducia incondizionata nel potere benefico del Sole. Queste sue qualità la rendono speciale e, anche se non è l'ultimo modello uscito, spingono la piccola e fragile Josie ad innamorarsi di lei a prima vista ed a convincere l'algida madre a portarla a casa con loro. E' proprio quest'ultima, così fredda nei confronti di Klara, a farle nel corso della storia delle richieste inquietanti e all'apparenza incomprensibili... Non intendo svelare altro della trama, perché ritengo che il valore aggiunto della mia esperienza di lettura sia stato proprio lo scoprire pian piano cosa sarebbe successo e non avere idea di dove il libro sarebbe andato a parare.
Quasi superfluo menzionare lo stile superbo di Ishiguro, altrettanto inutile dire che questo libro ti entra dentro e lì rimane per un bel po'.

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"Non lasciarmi" dello stesso autore e, in generale, agli amanti del genere distopico con svolta esistenzialista.
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    04 Febbraio, 2022
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Opinione scritta di getto in corso d'opera, pienam

Ci sono dei momenti nella mia vita di lettrice, vissuti peraltro con estremo disagio, in cui sembra che tutti abbiano letto un romanzo tranne me. E' più o meno quello che ho provato negli ultimi due mesi sentendo chiunque parlare di
"Una vita come tante" di Hanya Yanagihara. Diciamoci la verità, la mole (1094 pagine) non ispira per niente e la copertina non trasmette di certo l'idea di una bella lettura leggera e rilassante!
Ma certi libri, si sa, li studi da lontano con circospezione, te li rigiri un po' tra le mani, ma alla fine sei destinata a leggerli.
Così, armata di un po' del sano scetticismo che mi pervade ogni volta che devo approcciarmi a un romanzo per cui tutti si strappano i capelli, ho iniziato anche io la lettura.
Beh, lo posso dire? La storia di Willem, Jude, JB e Malcolm mi ha presa e non mi ha mollata più, al punto che sono solo a metà, ma sento comunque il bisogno di esternare il mio apprezzamento.
Oltretutto, in base a quanto letto fino ad ora e senza sapere il finale ho già deciso che entrerà senza dubbio a far parte della mia top 10 dei libri preferiti.
Che poi sono sempre restia a leggere libri tanto lunghi, ma se mi soffermo a pensarci sul mio podio ci sono: "I Miserabili", "Infinite Jest" e "Guerra e Pace", quindi direi che è il caso di smetterla con l'ansia da mattone.

*edit*
A lettura finita mi sento di confermare il mio entusiasmo di dieci giorni fa. Un romanzo doloroso, per carità, ma tanto bello. I personaggi, specialmente Jude, ti entrano davvero nel cuore

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Innanzitutto il mio consiglio è di leggerlo in un momento in cui si è psicologicamente ben predisposti e felici, anche perché nel corso della lettura le batoste si susseguono e affinché la tristezza e la negatività non prendano il sopravvento è necessario avere le spalle larghe!
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Romanzi
 
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    04 Febbraio, 2022
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La vera storia di uno dei luoghi più fotografati d

Dopo "Il treno dei bambini" di Viola Ardone, continua il mio viaggio alla scoperta di spaccati di storia italiana che non ci insegnano a scuola.

In questo caso siamo a Curon, in Val Venosta (nel Sud Tirolo), all'estremo confine tra Italia ed Austria, durante il ventennio fascista. In quel periodo la popolazione, che parlava principalmente tedesco, si sentiva molto più vicina alla Germania nazista che all'Italia, specialmente dopo che Mussolini decise di rendere illegale perfino l'insegnamento del tedesco nelle scuole.

La storia, al di là della cornice, è raccontata dal punto di vista di Trina, giovane insegnante e madre che immagina di raccontare alla figlia Maric, fuggita in Germania insieme agli zii all'insaputa dei genitori, la storia della sua famiglia, degli abitanti di Curon e della costruzione della famigerata diga che dopo la guerra avrebbe sommerso il paese sotto centinaia di metri cubi d'acqua.

"Resto qui", dunque, non è solo la storia della famiglia di Trina, ma anche quella di un popolo sradicato dalle proprie case e dai propri verdi campi in nome della politica e del progresso.

Cosa resta della vecchia Curon? Forse uno dei luoghi più fotografati d'Italia: il campanile sommerso al centro del Lago di Resia.

Sono rimasta davvero colpita da questo romanzo di Marco Balzano, che francamente prima di leggere "Resto qui" non conoscevo.

La nota dolente? Come al mio solito, non riesco proprio a ricordare perché questo romanzo sia finito nella mia libreria virtuale, né tantomeno chi me l'abbia consigliato. E questa volta mi dispiace, perché vorrei davvero ringraziarl* tanto!

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A chi vorrebbe conoscere dei frammenti di storia che non insegnano a scuola
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