Opinione scritta da AleMosca

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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    22 Ottobre, 2020
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Attaccamento alle radici

Il campanile di Curon emergente dal lago è straordinario, l’ennesimo simbolo della singolare e variegata bellezza della nostra nazione. “Resto qui” ruota attorno a tutto quello che c’era e che oggi non c’è più, portando a riflettere su come questo campanile non sia sorto spontaneamente né tanto meno sia stato costruito lì per attrarre turisti con la sua calamitante bizzarria. I suoi mattoni sono stati posti da un popolo sradicato, da intere famiglie la cui terra che abitavano da decenni è stata inondata e con essa anche il loro passato e tutti i ricordi, togliendo definitivamente quella sensazione agrodolce che si prova nel ritornare nei luoghi dove si è sempre vissuti e, anche se non sono presenti notevoli cambiamenti, riuscire a percepire il tempo trascorso solo assaporandone l’aria nuova.

“Fino a quel momento, specie in queste valli di confine, la vita era scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non arrivasse. Era un’eco che si perdeva.”
La forza di questa comunità, isolata dalle sue gelose montagne che non permettono nemmeno alla Storia di entrare, è ritratta da Balzano mentre è intrappolata tra nazisti e fascisti, in un estenuante tira e molla e intenta a resistere (invano) alla costruzione della diga che annegherà la loro terra. La storia ruota attorno ai drammi della giovane Trina: il marito Erich è spedito nei Balcani per combattere una guerra in cui non crede, il figlio Michael si arruola nell’esercito di Hitler e si converte alla sua ideologia, la piccola figlia Maric si trasferisce di nascosto con gli zii in Germania, non facendo più ritorno. Tutto quello che rimane a Trina è se stessa e, poggiando unicamente sulla sua encomiabile forza, inizierà un'opposizione alle imposizioni dittatoriali mentre sarà circondata dall’indifferenza dei più, disposti ad accettare più facilmente gli aspri cambiamenti che ad opporsi.

Tematica centrale del romanzo è anche il rapporto madre-figlia, il testo è rivolto proprio alla figlia che ha compiuto la scelta opposta, quella di non rimanere. A causa della precoce scelta di abbandono della ragazza, questo rapporto si è interrotto sul nascere e ha incatenato l’anima di Trina ad un pesante senso di inconsistenza e di incomprensione, mentre si troverà a riflettere sul legame che ancora le tiene insieme nonostante la distanza fisica e temporale.

Balzano si dimostra un grande scrittore: compie un’ottima ricostruzione storica grazie alle sue numerose ricerche, racconta la storia del popolo dell’Alto Adige e permette di assaporare un soffio di vita dell’epoca. Se, come dice nel romanzo, “bisognerebbe saper interrogare le montagne per sapere cosa c’è stato”, si può ben affermare che è riuscito a farle parlare.

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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    07 Ottobre, 2020
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"IL MODERNO PROMETEO"

Spesso, leggendo, cerco di immaginare dove un certo personaggio sarebbe stato collocato da Dante all’interno dell’universo letterario della Commedia (soprattutto i personaggi poco graditi, viste le pesanti pene infernali). La storia del dottor Frankenstein penso che l’avremmo incontrata durante l’ascesa del monte Purgatorio, all’uscita della prima cornice, quella dove le anime dei superbi espiano i loro peccati. Nelle pareti di questa sono infatti rappresentati in bassorilievi gli esempi puniti dei maggiori superbi. Quindi, affianco alla caduta di Lucifero e alla distruzione della superba Troia, ci sarebbe stata anche la storia del mitico dottore.

Shelley costruisce un romanzo con al centro la superbia dell’uomo (riassunta perfettamente nel sottotitolo: “Il moderno Prometeo”) capace di ribellarsi alle leggi stesse della natura e ai vincoli da essa imposti. Partendo dagli studi compiuti in giovane età sulla filosofia naturale, smentita nel corso dei secoli dal progresso della scienza, il dottor Frankenstein si dedicherà comunque ad essa “per svelare al mondo i più profondi misteri della creazione”. Il prodotto di questi esperimenti, che lo porteranno a pratiche macabre di cucitura di cadaveri, sarà il Mostro: un Adamo ripudiato dal suo stesso creatore ancora prima di raccogliere il frutto della conoscenza.

La Shelley descrive nel minimo dettaglio la vicenda del Mostro non lasciando nulla al caso: dopo essere stato cacciato dalla società umana per il ribrezzo generato dal suo aspetto, si rifugerà in un bosco dove, osservando quotidianamente una famiglia, imparerà a parlare e a vivere come tutti gli esseri umani. Soprattutto imparerà cosa significa amare ed essere amati e la consapevolezza di questa assenza lo porterà a rendersi conto della sua misera condizione e a cercare vendetta, anelando che il suo creatore patisca la sua stessa solitudine e sofferenza.

L’architettura narrativa dell’opera è ben costruita e l’avvicinamento al punto focale della storia avviene gradualmente: il romanzo inizia con le lettere che il capitano Robert Walton scrive alla sorella durante un viaggio a scopo scientifico verso il polo nord; qui incontra casualmente Frankenstein che gli racconta la sua vicenda, la quale verrà poi trascritta dallo stesso capitano utilizzando la prima persona, compreso nelle parti narrate dal Mostro al dottore, e permettendo così che venga tramandata.
L’opera risente il peso degli anni, essendo ormai abituati a un ritmo calzante e a colpi di scena tipici del genere che invece qua non sono presenti, risultando agli occhi di un lettore moderno sicuramente meno avvincente.

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Opere di R.L. Stevenson come "Il Master di Ballantrae", "Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr.Hyde" e altri romanzi gotici classici come"Dracula" di Bram Stoker
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Romanzi
 
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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    09 Settembre, 2020
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The dark side of USA

2026: partendo da eventi attuali, Niven delinea un futuro distopico inquietamente avverabile, avente le radici proprio nel nostro presente. Utilizzando il linguaggio tipico del genere thriller, cadenzato, capace di creare suspense e di coinvolgere nella lettura, Niven architetta una trama in cui distopia e satira politica sono perfettamente coniugate: Donald Trump, dopo aver ottenuto il secondo mandato nelle elezioni del 2020, sarà seguito nella carica di presidente da sua figlia Ivanka, impegnata a tenere in auge l’ideologia del padre (seppur in maniera più tenue), ormai divenuta l’ideologia della nazione intera. Negli USA a governare è l’odio in tutte le sue sfaccettature: i militari marciano anacronisticamente nelle città, il muro con il Messico è quasi portato a termine e si cercano ossessivamente gli immigrati messicani, il rapporto con la Corea del Nord si è inasprito e la nazione è stata rasa al suolo dai bombardamenti nucleari mentre i Trump pensano già a come annetterla ai territori americani per espandere i domini anche in Oriente.

All’interno di questo universo, il nostro punto di vista segue Frank Brill, un uomo che ha perso tutto: tre mogli, due figli e, a breve, anche la sua vita giungerà alla conclusione per via del cancro. Privato del futuro, il suo unico obiettivo è cercare vendetta su chi ha distrutto il suo passato, stilando la sua “Lista degli Stronzi” da uccidere, contenente i nomi di chi ha contribuito a portare allo sfacelo la sua vita ma anche l’intera nazione. Inevitabilmente, in cima alla lista è presente proprio l’ex-presidente Donald J. Trump.

I delitti di Frank sono intervallati dalla descrizione del mondo circostante e di una nazione con gli ideali alla deriva, avvolta nell’apatia e nella totale indifferenza. Nessuno sembra interessato ai diritti delle donne sull’aborto, alla semplicità dell’acquisto delle armi da fuoco, le quali ora non sono nemmeno registrate, con la conseguenza che le sparatorie e le stragi sono all’ordine del giorno. Nel romanzo non è presente una minima favilla di possibilità di cambiamento o di rivolta, tutti accettano, come sedati, questi sconvolgimenti della quotidianità, spesso, anzi, facendosi trasportare dall’entusiasmo degli estremisti che vogliono un’America totalmente “bianca e pulita”.

“Accadeva piano piano, giorno per giorno, finché una mattina non ti svegliavi e ti ritrovavi in un posto dove l’impensabile era diventato pensabile, poi era diventato fattibile e infine era diventato routine”
Quello di Niven è un monito rivolto anche ai cittadini del presente: se si è giunti ad una situazione simile ognuno deve essere ritenuto colpevole, persino lo stesso Frank Brill ammettendo di aver votato Trump (non credendo nella sua ideologia, ma più per fare un dispetto alla Clinton) e non trovando mai le forze per opporsi, piegandosi all’ideologia dominante e all'odio dilagante, ha contribuito alla formazione di un tale futuro.

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Romanzi autobiografici
 
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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    03 Settembre, 2020
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Il libraio nel XXI secolo

Bythell ci racconta la vita della sua libreria nella cittadina di Wigtown (Scozia) e le vicende che caratterizzano la sua quotidianità: le domande stupide che gli vengono poste (“”Il buio oltre la siepe” non è di J.D. Salinger?”), i clienti petulanti con il costante bisogno di mettere in mostra le proprie conoscenze, il gatto Captain che gironzola per la libreria, e la commessa Nicky, perennemente distratta e sempre capace di aumentare la confusione tra gli scaffali.

Volendo mostrare come le difficoltà e le vicissitudini del mestiere sono cambiate nel corso dei decenni, l’autore si mette in dialogo con un altro grande libraio del passato, George Orwell, autore anch’esso di un libro intitolato “Ricordi di libreria”: ora che i libri sono diventati facilmente digitalizzabili e reperibili online, quello del libraio sembra un mestiere destinato a scomparire e i (pochi) coraggiosi ancora intenzionati ad aprire delle librerie vanno incontro ad una scelta sadica ed esiziale (per utilizzare un’iperbole): “Vendere libri è come fare il kamikaze: quando decidi, non c’è modo di tornare indietro”

La libreria di Bythell rappresenta la situazione di tutte le librerie indipendenti nel mondo, costrette ad una lotta malsana e iniqua per la sopravvivenza contro le vendite online, in particolare Amazon che, grazie ai prezzi stracciati, sconti, offerte e velocità delle consegne, vince sempre sulla concorrenza. Bythell apre anche una crociata contro i Kindle, fucilandone uno e appendendolo nel suo negozio quasi come un trofeo di guerra, volendo dimostrare come la digitalizzazione non potrà mai soppiantare definitivamente il libro cartaceo.

Bythell trasmette l’atmosfera magica che solo un edificio tappezzato da un’infinità di libri può dare, tuttavia il vincolo della narrazione diaristica di un intero anno rende la lettura lenta e spesso noiosa, dove le parti più intriganti (aneddoti divertenti, ricerche di libri, il festival di Wigtown) vengono intervallate da lunghe pagine in cui sostanzialmente non accade nulla di rilevante.

Leggendo altre recensioni online trovo molti pareri discordanti riguardanti questo libro: è interessante per avvicinarsi ulteriormente all’aspetto materiale e fisico dei libri (dalle edizioni rare agli appunti nei frontespizi che si trovano nei libri usati) e al mestiere del libraio, che sembra vicino all’estinzione, inoltre il linguaggio colloquiale permette una lettura semplice e scorrevole, ma, una volta finito, quello che effettivamente rimane è ben poco.

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Fantascienza
 
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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    23 Agosto, 2020
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Odissea 2.0

È impossibile recensire questo libro senza fare alcun riferimento al film di Kubrick, soprattutto perché nasce proprio da una richiesta del regista a Clarke e, infatti, venne sviluppato contemporaneamente come romanzo e come sceneggiatura.

Il romanzo fa parte del sottogenere della fantascienza definita “hard” o “tecnologica”, caratterizzata dall’enfasi posta per il dettaglio scientifico. La prosa di Clarke è molto descrittiva, abbondante di termini tecnici, ma è comunque capace di intrattenere anche il lettore non ferrato nel genere. Alcune di queste minuziose descrizioni ricordano quelle dei romanzi ottocenteschi, tuttavia non vi è rappresentata la ridente Verrières stendhaliana o il lago di Como manzoniano, ma il pianeta Saturno con i suoi “anelli”, composti da un numero pressoché infinito di cristalli.

“Dagli albori del tempo, grosso modo cento miliardi di esseri umani hanno camminato sul pianeta Terra. Orbene, è questo un numero interessante, in quanto, per una coincidenza bizzarra, esistono approssimativamente cento miliardi di stelle nel nostro universo locale, la Via Lattea. Così, per ogni uomo che abbia vissuto, in questo universo splende una stella.”
Così Clarke nella premessa vuole sottolineare il fine rapporto presente fra l’uomo e l’universo, tuttavia la storia narrata avrà inizio moltissimi anni prima della sua comparsa nel pianeta, in un’epoca difficile da immaginare anche solo nella linea del tempo, con un incipit piuttosto inusuale per un romanzo di fantascienza. Il primo capitolo si apre infatti 300 milioni di anni fa, nel continente Africano, dove era in corsa una lotta famelica e spietata per la sopravvivenza (leggi: evoluzione della specie). Tra le miriadi di animali è presente anche l’uomo-scimmia, prossimo all’estinzione per via delle sue debolezze che lo rendono succube delle leggi Darwiniane.

A cambiare il corso della storia (prima ancora che la Storia potesse esistere in quanto tale), come un primordiale e archetipico deus ex machina, compare un gigantesco monolito cristallino che, accortosi delle potenzialità delle scimmie, le aiuta a sfruttare le loro peculiarità e a compiere il primo passo per l’evoluzione che giungerà poi fino all’uomo.

Il racconto si sposta poi in un vicino futuro fantascientifico in cui l’uomo, stabilitosi anche sulla Luna, riscopre questo monolite dissotterrato nel satellite e, analizzatolo, ne scopre l’antichità e anche l’origine, legata probabilmente ad una forma di vita intelligente situata nei pressi di Saturno.
Per questo motivo viene spedita l’astronave Discovery, capitanata dal comandante David Bowman, e qui l’Odissea dell’intera umanità diventerà una vera e propria Odissea galattica: l’equipaggio sarà messo a dura prova non dalle divinità greche, capaci di alterare i venti e il mare, ma dallo spazio siderale, freddo e indifferente delle sorti umane, e anche dal super-computer HAL 9000, l’intelligenza artificiale capace di ribellarsi ai suoi programmatori e a sterminare l’equipaggio.

Grande merito di Clarke è anche quello di essersi immaginato i possibili pensieri di un uomo distante milioni di chilometri dal suo pianeta: ecco che l’umanità viene rimpicciolita ad un minuscolo tassello nell’Universo e con essa anche tutti i suoi numerosi problemi, tantoché persino i drammi di Ibsen e Shakespeare risultano ora “talmente remoti, o risolvibili così facilmente con un po’ di buonsenso”.

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Asimov, in particolare il Ciclo della Fondazione
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Romanzi
 
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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    14 Agosto, 2020
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Il rogo contro la memoria

Ognuno di noi almeno una volta (ma penso molte di più) si è ritrovato a pensare di mollare tutto e di iniziare una nuova vita completamente diversa dalla precedente. Questa è proprio la scelta di Attilio Campi, ex-politico di successo che, dopo la bocciatura di un suo progetto di legge per reinserire la divisa obbligatoria nelle scuole, è stato abbandonato persino dai propri compagni di partito. Decide perciò di sradicare totalmente le radici che lo tengono ancorato nel mondo della recitazione e della falsità che è la politica per dedicarsi all’agricoltura, trasferendosi nel piccolo paese di Roccapane, in una sorta di esilio volontario. La seconda vita di Attilio comincia quindi dalla semplicità della terra e dall’apprendimento del mestiere che ha permesso il sostentamento e la nascita della società umana nel corso dei secoli.
“Io conoscevo l’acqua come la conoscono i cittadini, una banale conseguenza del rubinetto, una presenza scontata, una bolletta condominiale. Non la conoscevo come principio, l’elemento madre dal quale tutto origina, l’anima del mondo.”

Tuttavia né questa riscoperta del mondo, né la filosofia agricola dei suoi vicini che vivono alla giornata, senza alcuna preoccupazione, saranno sufficienti a rendere possibile la sua rinascita. Attilio è impossibilitato a sradicarsi completamente dal suo passato e a trovare un posto nel mondo adatto a lui, tutto quello che sogna è la distruzione, un totale annichilimento che arriva persino a fargli auspicare la Terza guerra mondiale.
È tormentato da sua moglie Maria, architetto sempre assente che è il suo esatto opposto: pragmatica e dedita alla costruzione di edifici in tutto il mondo; da sua sorella Lucrezia, assente anche lei e ormai giunta al terzo matrimonio; dal suo vecchio rivale politico Ettore Mirabolani, con il quale desidera fare pace una volta per tutte, tuttavia senza ritirarsi a testa bassa, come uno sconfitto. Ma ciò che lo tormenta di più sono gli oggetti materiali, ingombranti (da un vecchio canapè ereditato dalla zia, all’epistolario della defunta madre con un presunto sconosciuto) pronti ogni volta a far ritornare in mente un passato che non vuole ricordare. La soluzione che adotta per liberarsene è il rogo, la distruzione violenta capace di provocare piacere nel totale annichilimento, nel vedere la materia piegarsi sotto la forza delle fiamme e fuoriuscirne in cenere.

“Le cose che bruciano” racconta la fuga non soltanto dal mondo politico ma da tutto il mondo contemporaneo, dall'eccesso nell'uso dei social network (Instagram è definito come una “micro-pinacoteca che ognuno innalza a se stesso”) e da tutta la rabbia e l’odio insensati e gratuiti che spesso si generano in essi, sottolineando invece l'importanza del rapporto umano e la bellezza del ricordare gli altri e dell'essere ricordati.

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Racconti di viaggio
 
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AleMosca Opinione inserita da AleMosca    10 Agosto, 2020
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L'elogio del mare

Partendo dall’avventura autobiografica di Stroksnes e dell’amico Hugo, intenti a catturare il mitico squalo della Groenlandia, animale ancestrale capace di risvegliare un atavico sentimento di repulsione-attrazione e spavento-curiosità per il “mostro” che popola gli abissi oscuri e inesplorati sin dall’alba dei tempi, il libro si muove a metà tra il romanzo e il saggio. Il linguaggio usato da Stroksnes non è quello tipico dei romanzi d’avventura, per questo ritengo eccessivo e scorretto il paragone con Jules Verne e Melville, ma è piuttosto un elogio del mare in toto, a partire dalle minuscole forme di vita che lo abitano fino al rapporto di fusione che si prova quando ci si trova immersi in esso. Le battute di caccia e le vicende dei due protagonisti, a volte raccontate in maniera eccessivamente prolissa, vengono intervallate da excursus (spesso aneddotici) di carattere biologico, naturalistico, letterario e mitologico, che offrono numerosi spunti da approfondire e che, grazie alla prosa scorrevole e intuitiva, permettono al lettore di imparare numerose nozioni anche in campi che non gli competono appieno. Numerosi sono i riferimenti alla letteratura (Bibbia, Moby Dick, Ventimila leghe sotto i mari, persino l’Ulisse dantesco) e alla mitologia, in particolare norrena, sempre capace di affascinare: come i mostri fantastici, capaci di terrorizzare per secoli i marinai, rappresentati nella carta nautica di Olao Magno, e il Maelstrom di Edgar Allan Poe, il mulinello d’acqua che ingurgita tutto quello che si trova al suo interno, spedendo le imbarcazioni nel vortice, rappresentante un passaggio diretto verso l’oltretomba, come se il mare vorace fremesse dalla voglia di ingurgitare indiscriminatamente ciò che vuole e sputasse fuori solo relitti. La visione complessiva che emerge del mare è proprio questa: il mare è incomprensibile e non sottostà a nessuna legge, anzi, è lui che da milioni di anni le detta. Quello che a noi concerne è rispettarlo ecologicamente e rifletterci in esso: “L’acqua è morbida come seta sul corpo. […] Sono senza peso, come acqua nell’acqua. Non indistinto, come un nulla, ma come una goccia nel mare”. Solamente specchiandosi e immergendosi nel mare ognuno di noi può arrivare a comprendere se stesso nel profondo e affermare la propria identità all’interno della vastità della natura.

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Altri libri dello stesso genere pubblicati dalla casa editrice Iperborea, ad esempio "L'arte di collezionare mosche" di Fredrik Sjöberg
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