Opinione scritta da pzuflv
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il ridicolo senza riso
ANTICIPAZIONE TRAMA
Non il sogno, non la coscienza, non il caso fortuito sono le cause che determinano il cambio di rotta di un uomo privo di nome, di un “uomo ridicolo”. Tutto quello che apprendiamo inizialmente dal personaggio di questo racconto quasi fiabesco è la sua ridicolaggine, la fredda inettitudine e la reclusione a cui si è auto- rassegnato cinicamente. È un uomo ridicolo e indifferente. “D’un tratto sentii che mi sarebbe stato indifferente che esistesse il mondo o che non ci fosse nulla in nessun posto. Io presi a sentire ed avvertire con tutto il mio essere che in mio dominio non c’era nulla.”
È un’indifferenza fatale quella del nostro uomo ridicolo, che lo spinge a ritenere il suicidio come l’ extrema ratio e come fuga definitiva dal nulla e dall'ineluttabilità dell’indifferenza del mondo. Ma tutto d’un tratto l’indifferenza viene percossa e salvata dal dolore; il dolore è l’unico capace di riesumare dal sonno dell’indifferenza. Nel mondo visionario e onirico di Dostoevskij, ci viene raccontata la vita di un’umanità perduta, senza macchia, senza vergogna e inconsapevole della bellezza della menzogna umana. Dopo l’arrivo dell’uomo ridicolo le anime caste vengono pervertite dall'indifferenza dell’uomo. Un’indifferenza che genera menzogna, che a sua volta genera crudeltà.
Quando L’uomo ridicolo si sveglia, di fronte al cambio di paradigma, da un mondo integro e inviolato, allo stesso a cui egli era abituato, rinuncia al suicidio e si eleva a rivelatore della verità.
Dostoevskij ha una scrittura magnetica, il tormento che affligge il personaggio è il tormento collettivo; la scienza, l’università, la cultura, il bisogno di cultura, di lettura, di apprensione, ad un tratto diventa indifferente e, quasi soporifero. Ecco dunque che l'autore sembra domandarci come ci si salva da quest’indifferenza, anticipandone la risposta. è un racconto reazionario e volutamente saggio, a tratti evangelico.
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we have all the time in the world
“L’amante: un fazzoletto a statuto speciale dove abbandonarti ai tuoi desideri più essenziali”.
Gli amanti, figure onniscienti di molti romanzi incarnano spesso l'arcana fuga, la libertà dai vincoli matrimoniali, la passione scoppiettante e ardente che si credeva perduta e che in questo libro imprevedibilmente subisce un ribaltamento ironico e consapevole. Gli amanti in questione, Modesto e Viviana, sono tutt'altro che sereni nella loro clandestinità, tanto da spingerli ad affrontare una terapia di coppia, con curiosi risvolti per entrambi, ma non solo; anche il loro analista, Malavolta, che credendosi imperturbabile, si ritrova ad indagare, attraverso la lente del paziente, la parte più occulta di quella che apparentemente sembra essere una vita serena e priva di misteri.
De Silva ci conduce in questo spezzato di vite nascoste con un’ironia sottile, che va al di là dei generi, del giudizio e dei luoghi comuni. È quasi impossibile captare nel tono cinico di Modesto un accenno di superficialità, tanto meno considerare Viviana una capricciosa donna melanconica, stupida, impaziente e stufa della sua quotidianità. Si alternano due (a tratti tre) visioni, sconsolate ma pazienti, di passione e di stima reciproca, ornate da dialoghi intelligenti, acuti e di un sarcasmo commuovente. La liaison che lega i due malcapitati non è mera consolazione, anzi non vuole esserlo affatto, nonostante entrambi si ostinino (in modo diverso) a voler ostentare il proprio “disimpegno romantico”. Un libro che scuote, cangiante, che rappresenta un po’ la cartina tornasole delle nostre emozioni, in cui si passa dal sorriso all'amarezza con una facilità quasi disarmante. Ed è proprio questo a renderlo il singolare racconto di “un grande amore e niente più.”
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Il classico e instancabile dramma
“Le donne romantiche, riflettei: non pensano mai al male che fanno in quella loro forsennata ricerca di esperienze forti. In quella loro infatuazione per la libertà.”
Senso di libertà, irrazionalità e ossessione sono solo alcuni dei protagonisti del romanzo di McGrath. In Follia il coraggio di osare rimanendo immobili padroneggia la protagonista Stella, che portando avanti la sua relazione con Edgar riesce finalmente a far trionfare il suo amore più profondo, viscerale e fatale.
Stella Raphael non è una donna qualunque, è la moglie di Max, uno psichiatra rispettato e talentuoso di un manicomio inglese, dalla cui architettura vittoriana trasuda organizzazione e disciplina, “un’architettura morale” prima di tutto. In questo piccolo universo fatto di schemi e matti, Stella vive immersa e sonnolenta, facendo di tanto in tanto capolino sommessamente agli eventi di ordinaria follia dell’ospedale. Rispettata ma non temuta si trascina in questo micro cosmo contemplando la sua amata Londra. Tutto scorre fino all’ineluttabile incontro con la passione. Edgar Stark, omicida efferato e manipolatore affabile che seduce e viene sedotto da Stella, trascinandola in un vortice di segreti e ossessioni che li porteranno a distruggersi a vicenda.
Lo sguardo clinico che segue tutta la narrazione, grazie all'amico (prima che psichiatra) di Stella, Peter, ci mette in evidenza ogni impeto della donna, prevedendone le mosse e anticipandone senza mai sottovalutare l’irrazionalità dell’ossessione amorosa. Una lettura ammaliante e inquieta in cui il dubbio imperante sembra essere: fino a che punto? McGrath con una scrittura attenta, analitica, penetrante ma mai inquisitoria riesce in questo romanzo a far riaffiorare le ferite di Madame Bovary, il rosso sanguinolento di Stendhal, il tumulto di Anna Karenina e perfino l’irosa gelosia di Sonata a Kreutzer. McGrath ci immerge in una realtà in cui ogni dettaglio imperscrutabile ha un valore prima terapeutico nonché vitale e dove il classico dramma senza età che fa dell’amore tormento e follia cattura il nostro interesse fin dalle prime righe.
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