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Vale18 Opinione inserita da Vale18    18 Marzo, 2020
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Il capolavoro di Shakespeare

Una storia coinvolgente, densa di tematiche e riflessioni profonde, ben costruita e narrata tramite i diversi personaggi che si alternano, non dando mai impressione di essere inferiori o superiori agli altri per l’apporto narrativo e filosofico della storia. Il “Re Lear” è infatti una tragedia corale, nella quale non emerge un unico personaggio principale ma in cui tutti sono importanti allo stesso modo. Ed è anche per questo che io la preferisco ad altre pur bellissime come l’Amleto e il Macbeth. Una tragedia in cui la storia riesce a coinvolgerti tanto da catapultarti nella mente dei diversi personaggi, le cui descrizioni e profili psicologici sono ben delineati e diversificati tra di loro cosicché tutti i dialoghi risultano anche confronti tra idee e modi di affrontare la vita e le situazioni che essa ci porta a vivere. Diversi sono i temi dell’opera: dal potere alla ingratitudine filiale per giungere anche a quello della pazzia. L’analisi di queste tematiche è resa ancora più polifonica dalla presenza di due plot, una principale e una secondaria che alla fine arriveranno per intrecciarsi tra loro.
Il primo tema è l’ingratitudine filiale; esso porta alla suddivisione della generazione filiale in due sezioni: quella rispettosa del vecchio e quella arrivista. La prima è incarnata da Cordelia, figlia del Re, e da Edgar, figlio legittimo di Gloucester (pronunciasi Glouster), i quali decidono di aiutare i rispettivi genitori nonostante i torti subiti a causa loro, incarnando il vero amore filiale. Ad essi fanno da contraltare gli “arrivisti”: le due sorelle Regan e Goneril, figlie del Re, e il figlio bastardo di Gloucester, Edmund, il quale cerca di impossessarsi dell’eredità così come le due donne del regno. Questo secondo gruppo incarna invece gli ideali della manipolazione e dell’arrivismo filiale in cui a qualsiasi costo i figli pretendono e cercano di ottenere il potere dei loro padri, senza rispetto.
Il potere è sicuramente un altro tema importante, rappresentato nell’opera dall’esercito di 100 cavalieri di King Lear, il quale si sgretola mano a mano che il Re decide di chiedere aiuto alle figlie che ritiene lo amino. Una perdita sostanziale e un tema importante anche per l’epoca reso da questa bellissima metafora con la quale si procede anche a livello narrativo portando all’annullamento del potere di King Lear e al coronamento della sua pazzia indotta.
Segue dunque il tema della pazzia, trattata da diversi aspetti e comune a diverse delle grandi tragedie di Shakespeare (Amleto e Macbeth). In quest’opera vengono descritti e analizzati diversi tipi di pazzia:
1. La pazzia “reale” di King Lear, il quale impazzisce e dà di matto ma tramite la quale si instaura un binomio interessante di quest’opera: saggezza-pazzia. Infatti il re, nel periodo di relativa sanità mentale, non comprende la vera natura delle figlie e delle sue scelte; ma con l’avvento della pazzia, egli realizza ogni cosa.
2. La pazzia “lavorativa” del Fool. Questo personaggio è infatti di base il giullare di corte, che quindi fa “il matto” per far ridere; ma egli assume una valenza assai più complessa ed interessante, trasformandosi nella coscienza del King Lear, seguendolo ovunque vada con le sue “strofe” profetiche e i suoi consigli e avvertimenti. Un espediente narrativo e particolare a cui si aggiunge la relativa scomparsa nel nulla del personaggio che esce di scena poco prima del ritorno di Cordelia, come a sostituirla in sua assenza.
3. La pazzia “mascherata” di Edgar. Infatti per star vicino al padre e aiutarlo nonostante il divieto del padre e la volontà da lui espressa di non desiderarlo più, Edgar si traveste da Poor Tom e così aiuta il padre a salvarsi rivelando soltanto alla fine la sua vera identità. Il mascheramento riallaccia Edgar ad un altro personaggio, Kent, fedelissimo del re, il quale però non vuole più vedere in quanto anch’egli al pari del Fool cercava di avvertirlo sulla sua sorte.
Il binomio saggezza-pazzia, indissolubilmente legato al personaggio del King Lear si allaccia ad un altro binomio cecità-saggezza, che si riallaccia invece all’altro old della storia, Gloucester, il quale solo dopo essere stato acciecato comprende i suoi errori nel comportamento riguardo il figlio Edgar.
Presente anche il tema della giustizia e dell’“appearence versus reality”,riscontrabile nelle maggiori opere shakespeariane.
Non mi voglio dilungare sui personaggi, in quanto non finirei più di scrivere ma vi dico soltanto che ogni personaggio rappresenta un mondo di visioni e di idee; lo scandaglio psicologico e la ricercatezza della descrizione dei sentimenti e degli stati d’animo dei personaggi è molto coinvolgente tanto da catapultartici dentro. Da ciò ne deriva un bellissimo e trasportante flusso di idee, pensieri, modi di vivere e tematiche che ti farà divorare quest’opera.
Per quanto riguarda lo stile, indubbiamente in quest’opera Shakespeare dà il meglio di sé facendo uso dei più disparati tipi di versi e composizioni, a cui si aggiungono i suoni delle parole e dei discorsi che rispecchiano le emozioni provate dai diversi personaggi.
Concludo questa recensione invitando tutti voi che state leggendo, a leggere e ad amare quest’opera e a diffonderla il più possibile, in quanto viene spesso ignorata e poco letta. Io la consiglio vivamente ad ognuno di voi in quanto rappresenta uno squarcio massimo della mente e dell’animo umano nelle più variegate sfaccettature.

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Vale18 Opinione inserita da Vale18    10 Marzo, 2020
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Un Edipo giapponese oltre il confine tra realtà e

Kafka sulla Spiaggia è un romanzo di Murakami, il mio primo suo romanzo (anche se il primo approccio con questo trasportante autore è stato la raccolta “Uomini senza donne”), leggendo il quale si rompe qualsiasi rapporto tra il mondo reale e quello del racconto. La sensazione di essere in un sogno vi accompagnerà per tutto il racconto dalle primissime pagine fino al finale, il quale vi sembrerà dopo averlo letto di saperlo già. Questo è l’effetto che vi dà la lettura di questa incredibile storia: collegare ogni cosa in maniera apparentemente insensata ed ingiustificata ma che tramite le diverse storie e i diversi personaggi vi risulterà naturale e normale. Particolare della narrazione è la (voluta?) non spiegazione di eventi e dettagli che vengono dapprima ripetuti e poi lentamente tralasciati dall’autore, senza che essi però lascino la vostra mente, che continuerà a domandarsi il perché di un’azione avvenuta 100 pagine prima o di un minimo dettaglio descrittivo. Il classico patto narrativo che andiamo a instaurare con il prossimo libro ogni volta che lo iniziamo qui non solo viene stravolto ma anche del tutto annullato perché si arriva a ritenere possibile tutto ciò che vi avviene come se fosse una storia veritiera. L’accenno di fatalismo c’è nell’opera tanto che, come spiegato prima, si arriva da un certo punto in poi a prevedere l’andamento del romanzo ma la narrazione in prima persona nasconde questa visione fatalista ponendoci nella mente e nelle riflessioni di Tamura Kafka, un quindicenne che fugge in cerca di sé stesso. La narrazione è su più piani, quello in prima persona riguardante Kafka, e quello in terza persona riguardante invece il vecchio, altro personaggio importante per il decorso della storia. Ma ora che ci penso bene, non ci sono personaggi di primo o di secondo piano, tutti concorrono in un modo o in un altro alla realizzazione dell’unico finale prescritto, senza che essi sappiano, in gran parte, di esserne partecipi. Il fantastico, il surreale, l’immaginario e l’inimmaginabile si fondono insieme sotto una prosa magistrale e trasportante tanto da renderci partecipi dello stesso romanzo e della stessa storia, delle vite e delle preoccupazioni dei personaggi. “Un romanzo fuori dal comune” lo hanno alcuni definito; di sicuro il “comune” non ha a che fare con questo meraviglioso romanzo, ma non vedo negatività in queste critiche, anzi soltanto motivi in più per leggerlo. Una rivisitazione del mito letterario di Edipo, trasportato in un mondo in cui onirico e reale si fondono assieme ad una bellissima e profonda resa di personaggi e situazioni che mantengono velature realistiche anche se dentro di essi si annida la “sostanza” dei sogni.

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Vale18 Opinione inserita da Vale18    09 Marzo, 2020
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Leggerlo vi scuoterà l'anima

CONTIENE SPOILER SULLA TRAMA NELLA SECONDA PARTE

Delitto e Castigo può essere considerato a mani basse uno dei capolavori della letteratura russa e mondiale. Il romanzo tratta di questo crimine commesso da un giovane e dal relativo “castigo” psicologico al quale l’assassino viene sottoposto, che va crescendo di pagina in pagina. Questo lungo castigo, che Pasolini paragona ad un vero e proprio Processo, come quello kafkiano, è accompagnato da eventi, incontri, dialoghi e riflessioni molto profonde che si basano ogni volta su ambiti diversi della natura umana, attraversando dunque l’anima e la mente. Nel romanzo rivive poi il concetto di SuperUomo Nietzschiano, o per meglio dire "previve", in quanto Dostoevskij sembra precorrere sia le teorie del grande filosofo tedesco ma anche l’aspetto e l’approccio psicoanalitico di Freud. Inoltre nel romanzo viene affrontato ogni tema dell’essere umano: dall’oppressione familiare, sentita dal giovane all’inizio del romanzo, all’amore per una donna che cerca di mascherare come odio, la non ricerca del sesso e dunque l’alienazione di sé stessi, l’importanza dell’amicizia in momenti difficili, il valore della moneta e del denaro, motivo iniziale del romanzo e  scatenante per tutta la vicenda. Durante questo lungo racconto, l’autore permette a ciascun personaggio di enunciare delle teorie filosofiche, come quella dell’utilitarismo, fino ad idee politiche, riguardanti il progressismo dilaniante e il socialismo che andava affermandosi. Le lunghe digressioni riflessive permettono al lettore di immergersi completamente nell’universo russo dell’ottocento e anche di conoscere gli usi e i costumi dell’epoca, consentendo una maggiore comprensione dell’intera vicenda. Un altro elemento di nota è la presenza di molte figure femminili, ognuna diversa dall’altra, tramite le quali l’autore traccia i diversi tipi umani femminili e li mette a confronto, generando scontri di idee ma anche di modi di vivere e di affrontare eventi o emozioni.

SPOILER IN ARRIVO!

Poi colpisce molto come i diversi personaggi, in diverse scene (specialmente in una scena  a metà del romanzo) sembrino predire la fine del romanzo, e convincere il lettore a seguire questa visione, che viene poi smontata dall’autore stesso, portando ad un finale inaspettato.  Molto particolare anche la teoria del “delitto” dello stesso protagonista, il quale sostiene che l’umanità si divida in ordinaria e straordinaria e che quest’ultima, cercando di raggiungere un determinato ostacolo, può fare qualsiasi cosa per liberarsene; adduce poi ad un esempio,spiegando al suo interlocutore, Porforij, dicendo che se a Newton fosse stato impedito di pubblicare le sue scoperte da parte di cento uomini, egli li avrebbe sicuramente tolti di mezzo per andare avanti. Raskol’nikov sembra così equipararsi ai grandi uomini della scienza e della filosofia, credendosi dunque un superuomo e giustificando il delitto. Particolare del romanzo è anche l’atmosfera rarefatta del sospetto continuo che diventa culminante verso la fine del romanzo quando, dopo aver rivelato a Sonja la verità sul delitto, Raskol’nikov scopre che sia Porforij che Svidrigajlov sono a conoscenza del delitto e di tutte le informazioni a esso correlate. Da notare anche i riferimenti artistici alle opere di Raffaello, artista ammirato dall’autore russo. Per concludere si può affermare che Delitto e Castigo sia un romanzo trasportante e che sia in grado di metterti in discussione e di porti domande nuove, riflettendo sui diversi concetti espressi lungo il racconto. Il romanzo di un uomo che, avendo ucciso per fuggire la sua storia, la rincontra e, non potendo più fuggire, accetta la sua sorte fino alla fine per poi riuscire a cambiare e a divenire colui che voleva da sempre essere. Leggere questo romanzo vi cambierà o in qualsiasi altro modo vi scuoterà e vi farà scoprire tante cose che sono in voi e che per volontà o per caso ancora sono celate.

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