Opinione scritta da levante

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Gialli, Thriller, Horror
 
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levante Opinione inserita da levante    02 Giugno, 2019
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Romanzo amorale

Letto un anno dopo circa la sua uscita, mi viene facile immaginare la ideazione di una nuova serie televisa di sicuro successo popolare alla pari delle altre scaturite dal talento narrativo dello scrittore De Cataldo. Un ricco copione tutto da sviluppare in molteplici direzioni e su più piani: un vero piatto ricco in questi tempi dove l'etica viene considerata come una anticaglia, la moralità, l'immoralità e l'amoralità sembrano coesistere e non stupire più di tanto e le utopie e gli ideali invece appaiono roba da sfigati se non cose di cui sentirsi in imbarazzo. Ecco che mi tocca dunque prendere le misure con un personaggio che dovrebbe convincermi o almeno intrigarmi o incuriosirmi della possibilità che si possa essere nello stesso momento "Il Bene e il Male", ovvero "la Vittima, il Salvatore e il Carnefice", ovvero ancora "il Vincitore e il Vinto". Come se queste condizioni siano frutto di normalità e non di un curabile disturbo o di abiezione o di pura malvagità ed egoismo estremo. O tutte queste cose messe insieme.

Un'avvocato californiano di nome Flint contatta uno scrittore romano autore, qualche tempo prima, del romanzo "Blue Moon", incentrato sulla figura di un avventuriero americano, tale Jay Dark, per proporgli di scriverne la vera storia poichè quella da lui raccontata e' priva dell' elemento essenziale: il caos. Cosa ne sa lui? Beh, lui c'era.

Ma chi è Jay Dark?

Un agente al serivizio della Centrale di Intelligence americana che ha come missione negli anni 60/70 quella di infiltrarsi nei movimenti giovanili antigovernativi e/o libertari di mezzo mondo occidentale con l'obiettivo di vanificarne e fiaccarne lo slancio rivoluzionario attraverso la diffusione al loro interno di ingenti quantitativi di droghe. Per lui si tratta, ob torto collo di prendere o lasciare, ma il lasciare ha un costo: entrare in carcere e scontare una pena per furto; meglio entrare nel programma di trattamento volontario sperimentale come cavia e divenire oggetto di studio sulle reazioni indotte dalla somministrazione di psilocibina, un potente allucinogeno. Jay Dark scopre così di essere speciale, poichè non subisce nessuna alterazione psichica, scoprendo di avere un "dono" anzi due vista la sua eccezionale facilità nell'apprendere le lingue straniere: gli esami diagnostici a cui è stato sopposto certificano che quella parte di cervello nominata Area di Broca è in lui enormemente sviluppata. Per queste sue rarissime carattarestiche diventa allora una risorsa di primo grado per il progetto Mk-Ultra (un protocollo governativo che studia gli effetti delle droghe sui comportamenti umani) e si mette a servizio presso il Prof. Kirk ex nazista che lo accoglie come discepolo nella sua scuola di pensiero: la teoria del caos. Harry Kirk, abbandonato il Reich poco prima del suo crollo, era stato psichiatra e autore di ricerche nel campo del controllo mentale. In America aveva trovato subito lavoro nell'Intelligence dove aveva proseguito la sua attività. Se da nazista pensava che il mondo fosse un recinto governato dal disordine e destinato ad essere retto da poche illuminate menti, da democratico adottato teorizza che il disordine non andava demonizzato ma venerato, alimentato, mantenuto.

"La caduta di Hitler - racconta Flint allo scrittore romano - l'aveva persuaso che la natura umana è insofferente ad un eccesso di ordine, e che non solo la convivenza pacifica è una utopia........ma cosa molto più importante, per lui decisiva, è che il concetto stesso di "dominio"è una utopia ancora più pericolosa".

"Ogni dominatore - Prof Kirk che parla a Jay Dark - sogna di annientare il caos, il che è assolutamente impossibile. Al contrario, figliolo, dobbiamo assecondarlo, stimolarlo, sollecitarlo.Gli vanno lasciate le briglie sciolte. Solo a queste condizioni potremo garantire la sopravvivenza del genere umano".

".....E addirittura - qui ancora Flint che racconta - le sue teorizzazioni divennero miele per le orecchie di senatori,spioni, manovratori e costruttori di opininioni: signori il mondo è in preda alla confusione dunque occorre un dominio (?...ma non si era detto che noooo..?!?!) solido per governarlo, e questo dominio è stato consegnato all' America".

Così si fomenta Prof. Kirk ex-nazista-psichiatra, avido di potere e sociopatico q.b. per essere utile alla causa controrivoluzionaria (che è insieme anti-comunista, antipacifista e ultra-dottrina americana), perorata dai servizi segreti di quel tempo.

L' aspetto pregevole di questo romanzo può essere quello di riaprire un archivio sui fatti di una era comunque importante: si sviluppa seguendo il sorgere ed il progredire delle varie culture del periodo: quella hippy non violenta, antimilitarista e libertaria con il culto della droga e dell'amore libero, quella rock, quella radical che aveva come obiettivo i diritti delle minoranze, ed un proprio progetto politico antigovernativo. Nella lettura scopriamo o riscopriamo una ricca aneddotica sul periodo e sui personaggi della "Controcultura" americana. Ecco che compaiono quindi figure ed eventi noti come Timothy Leary lo psichedelico docente universitario di Harward famoso per i suoi esperimenti accademici con LSD, o ancora Jerry Rubin autore del ribelle "Do It!!" ovvero la contestazione americana compresa quella alla guerra del Vietnam, Allen Ginsberg e la Beat Generation, le Black Panhter e i Weatherman, gli Hare Krisna, le strade e i quartieri di città come Haight-Ashbury a San Francisco, Berkeley e poi Londra ed altre ancora che diventano la scena dove tutto si svolge. Molti sono gli spunti che si possono cogliere per rivisitare la letteratura, la musica (Cohen, Jefferson Airplane Greatefull Dead ecc..) e la storia di quegli anni, per chi se ne sente attratto e ha voglia di ripercorrerla.

In un libro dove realtà e finzione si intrecciano dalla prima all'ultima pagina (tutti i grandi eventi, le iniziative governative e di Intelligence menzionate e la figura stessa dell'agente del caos corrisponde nella realtà al profilo di Ronald Stark) si ha purtroppo la sensazione che i personaggi siano prodotti stereotipati, caricature e macchiette depotenziate della loro carica umana e critica - chi più chi meno, mentre l'agente Jay Dark vuole essere rappresentato come una persona combattuta ed intrappolata nel suo ruolo. In realtà ne emerge un profilo privo di anima, cinico, una persona sporca e fintamente costretta ad agire, che non esita a vendere i suoi amici.

Vuole essere un romanzo che parla di una intera generazione senza ipocrisia e senza moralismo? Però si vogliono accordare giustificazioni ai comportamenti e alle scelte compiute dell'agente del caos. che è evidentemente un personaggio amorale.

"Jay Dark era il cattivo, ma nello stesso tempo era la vittima.Lo eravamo stati tutti, lo siamo ancora. Il punto è il caos. E se il punto è il caos, Jay è anche un vincitore. Dopo quegli anni magici il nostro modo di vivere era profondamente mutato.Jay e tanti altri come lui avevano seminato incubi perversi e sogni meravigliosi. Anche grazie a lui eravamo vittime e trionfatori, sognatori e assassini di noi stessi. Jay Dark era anche mio fratello, Jay Dark era anche me."

Ecco che lo scrittore romano si converte anch'esso alla teoria del Caos e sollecitato dalla risonanza che fa vibrare in lui la conoscenza della vera storia dell'avventuriero, finisce per identificarsi con Jay Dark e le sue ragioni chiamando implicitamente il lettore se non a condividere la sua posizione a porsi lo stesso quesito.

Ma Jay Dark attenzione è un amorale cronico, un egoico che agisce in base alle proprie prerogative e ad esclusivo suo vantaggio, viene cooptato sulla base di un ricatto e alla fine dichiara a se stesso e ai lettori che dopo tutto è pronto di nuovo a ricominciare il suo sporco sporco lavoro.



Buona scrittura, pessima idea.

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levante Opinione inserita da levante    22 Aprile, 2019
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Barlumi e schegge

"Ho scritto soltanto quello che ricordavo. Perciò, se si legge questo libro come una cronaca, si obietterà che presenta infinite lacune. Benchè tratto dalla realtà, penso che si debba leggerlo come se fosse un romanzo: e cioèsenza chiedergli nulla di più, né di meno di quello che può dare un romanzo"...."Questa ...è la storia della mia famiglia.." .

Avvertenze dell' Autrice

Einaudi - Supercoralli 1963 -

La custodia della memoria dei linguaggi di vita quotidiana usati nella famiglia di Natalia Ginzburg è il tema da cui prende avvio questo romanzo autobiografico che concentra maggiormente la narrazione nei venti anni circa che vanno dai primi anni 30 ai primi anni 50 del secolo scorso: è il ricordo dei legami e degli affetti costruiti con i suoi congiunti e con le persone importanti della sua vita. Nella prima parte la famiglia Levi viene osservata da una Natalia bambina e adolescente, ultima di cinque figli (lei arriva dopo Mario, Gino Alberto e Paola, che con genuinità e pacatezza ritrae i caratteri dei propri genitori soprattutto, soffermandosi sull' uso del frasario, degli intercalari e in generale sullo svelamento di una comunicazione domestica che identifica la sua famiglia e la racconta nella intimità dei suoi gesti e dei suoi dialoghi.

Poi, diventata adulta, di questa narrazione la Ginzburg diventa protagonista insieme agli altri, si osserva e si racconta ed ecco che la sua vita di quel tempo si compie: moglie di un antifascista ucciso dalla polizia politica nel carcere di Regina Coeli nel ?43, confino in Abbruzzo, fuga con i piccoli figli, ricongiunzione con la sua famiglia e altro.

"...La guerra, noi pensavamo che avrebbe immediatamente rovesciato o capovolto la vita di tutti. Invece per anni molta gente rimase indisturbata nella sua casa, seguitando a fare quello che aveva fatto sempre. Quando ormai ciascuno pensava che in fondo se l'era cavata con poco e non ci sarebbero stati sconvolgimenti di sorta, né case distrutte né fughe o persecuzioni, di colpo esplosero bombe e mine dovunque e le case crollarono, e le strade furono piene di rovine, di soldati e di profughi. E non c'era più uno che potesse far finta di niente, chiuder gli occhi e tapparsi le orecchie e cacciare la testa sotto al guanciale, non c'era. In Italia fu così la guerra".( pag 147 )

Il padre Giuseppe Levi, antifascista, docente di anatomia, scienziato e professore di tre fututi premi Nobel ed ebreo, Natalia ce lo presenta con il suo carattere dispotico, ipercritico ed incine alla collera, dotato di voce potentemente tonante: "....Non fate malagrazie!.....non fate sbrodeghezzi, non fate potacci....Voialtri non sapete stare a tavola. Non siete gente da portare nei loghi....Che asini che siete!.... dite sempre sempiezze!" , "Come è che hai preso trenta? Come è che non ha preso trenta e lode?" e se Gino, il figlio, aveva preso trenta e lode diceva "Uh, ma era un esame facile". Le amiche della moglie erano , nel suo linguaggio, le babe, signore che venivano a socializzare in casa, e che spesso lui in prossimità dell'ora di cena terrorizzava urlando con la sua voce possente: "Lidia, Lidia! Sono andate via tutte quelle babe?Non ti sei stufata di babare? Non ti sei stufata di ciaciare?" Tuttavia sempre preoccupato per il futuro dei figli e delle loro frequentazioni e fiero di aver allevato ragazzi con sani principi.

La madre Lidia Tanzi, cattolica, frequentatrice di cinematografo e teatro, possedeva invece un carattere estroverso, lieto, sereno e intimamente gioioso: " Le rose Lidia! Le violette Lidia! " rifaceva il verso alla sua amica che la citava in continuazione. Ma anch'essa si autocitva " oh povera Lidia!...che caldo Lidia!, ...che musi Lidia!....ecco Maria Temporala!..". Maria Temporala era il nome assegnato a Natalia quando era di cattivo umore. Accanto ai venti anni circa di ricordi del lessico di famiglia c'è anche il resoconto (sempre mediato dalla memoria dell'autrice e non da documenti o archivi), dell'avvento di grandi fatti storici come il fascismo e le leggi razziali, la guerra e l'occupazione tedesca, la Resistenza e la Liberazione e di come questi fatti abbiano coinvolto e reso protagonisti tutti i componenti della famiglia Levi-Ginzburg come di altre famiglie e personalità note nella storia dell'antifascismo del nostro paese e citate nel romanzo. Quindi, nel romanzo, due i piani che si liberano e si intersecano: quello privato-familiare e a fianco ad esso quello collettivo-politico ma sempre volutamente in una visione di insieme che muove da uno sguardo privato, domestico, spesso, dalle abitazioni torinesi e a volte da quel Corso re Umberto dove nei vari segmenti di tempo del romanzo passeggiano, si incontrano e reincontrano persone che occuperanno, loro malgrado, un posto di primo piano nella storia di quel periodo ed oltre.

L'autrice narra le enormi e tragiche vicende con stile frugale, umile, minuzioso e senza eccessi, riuscendo sempre a circostanziare gli eventi in modo utile e coerente all' idea primaria voluta e che sta al fondo della sua biografia familiare cioè un romanzo filtrato dal suo personale ricordo.

"Il mondo, appariva dopo la guerra enorme, inconoscibile e senza confini. Mia madre tuttavia riprese ad abitarlo come meglio poteva. Riprese ad abitarlo con lietezza....Il suo animo non sapeva invecchiare e non conobbe mai la vecchiaia, che è starsene ripiegati in disparte piangendo lo sfacelo del passato. Mia madre guardò lo sfacelo del passato senza lagrime, senza mai portarne il lutto." pag 164

Così e ancora, sfogliando le pagine, vediamo avanzare e presentarsi, parenti amici conoscenti, personaggi illustri e sodali, appartenenti o meno alla comunità ebraica, colti nelle loro qualità umane e definiti con vocabolario familiare, nei loro temperamenti e dubbi, limiti e certezze, si chiamino essi Olivetti, Einaudi o Pavese e siano essi insigni scienziati, avvocati, scrittori, editori, balie o ciarliere sartine.

"....nel corso della mia infanzia e adolescenza mi proponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse delle persone che vivevano, allora, intorno a me. Questo è, in parte, quel libro: ma solo in parte, perchè la memoria è labile, e perchè i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di ciò che abbiamo udito e visto".

Lettura e ascolto molto intensi: lei sembra starti accanto che racconta con la sua voce, prima di bambina poi di donna. Pare quasi non volerti disturbare o imbarazzare con i suoi complessi problemi di ragazza ebrea vissuta nel periodo fascista e allora ti conforta mettendoti al corrente, senza che te lo aspetti, di aneddoti su fratelli e parenti narrandoli sottovoce con garbo e anche ironia per mitigare il dispiacere di lei che scrive e anche di me che leggo. In qualche passaggio mi pareva di ascoltare mia nonna e mia madre private a lungo anch'esse dell' affetto di un loro congiunto, e rifletto dunque di come il ricordo si fa racconto e di come questo a sua volta possa sollecitare una riflessione sull' essere figli del proprio tempo.






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consiglio di leggere successivamente a Lessico famigliare il bellissimo libro La Corsara di Sandra Petrignani che documenta la singolare e ricchissima vita di Natalia.
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levante Opinione inserita da levante    10 Aprile, 2019
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Arcipelago Maya

Maya Vidal sedicenne di Berkeley, senza precedenti penali, finisce in una struttura di recupero sociale, in alternativa alla reclusione in un carcere minorile, per aver causato di notte al ritorno da un rave un incidente stradale: l'autista del veicolo coinvolto rimane gravemente colpito da una emorragia cerebrale. Lei, rigurgitante di alcool e droghe di vario tipo, è a bordo di una bicicletta senza freni, e senza luci.

"Nel collegio in Oregon mi tennero prigioniera fino all'inizio di giugno del 2008, con altri 56 giovani ribelli, tossicodipendenti, suicidi, anoressici,bipolari, espulsi dalle scuole e che semplicemente non potevano stare da nessuna altra parte. Mi proposi di sabotare qualsiasi tentativo di redenzione......".

Ma nonostante i tredici mesi di permanenza nel Programma di riabilitazione i cui principi fondanti sono " Chi sei, che cosa desideri fare della tua vita e come pensi di riuscirci?" fugge dalla struttura e va incontro ad esperienze di notevole degrado personale: abusi, prostituzione, spaccio di droga e quantaltro. Perchè fa e sceglie di essere una reietta? Perchè la figura di riferimento piu' importante e che più le ha dimostrato amore, suo nonno, ha deciso di ritirarsi dal mondo proprio ora che stava diventando grande? Perchè sua madre l'ha abbandonata in fasce e suo padre l'ha parcheggiata per anni dai nonni? O perchè il potere della libertà e la convinzione dell'infallibilità bruciano talvolta gli adolescenti nell'inconsapevolezza più totale?

Non basta la presenza di Nidia, sua nonna, persona di gran carattere, ribelle anch' essa ma di diverso segno e fuggita dalla dittatura cilena, ad arginare il rabbioso masochismo dell' adolescente.

Quale ne sia la causa, Maya, prende una decisione su stessa, si sente un essere abbandonato e non amato; si ribella in modo distruttivo infliggendosi, subendo e commettendo azioni atroci.

Il quaderno scritto da Maya si articola su due piani paralleli fino alla sua conclusione, descrive i suoi familiari e le circostanze che ne definiscono chiaramente i profili, per poi dettagliare quindi il bilancio di tre anni intensi e terribili di vita, la descrizione del suo inferno e la fuoriuscita da esso, di sè adolescente che sfugge ad ogni controllo familiare e sociale da Berkeley, all'Oregon a Las Vegas; del suo approdo nel Sud del mondo per rimanere incolume e per ritrovarsi, senza poter evitare di vedere la profondità dei suoi demoni interiori. Frugando tra i nuovi cieli e gli immensi orizzonti di una terra antica, mistica, sconosciuta e ricca di mitologia impara a condurre una vita rurale e a lasciarsi contaminare da atmosfere intrise di mistero e magia. Chiloè, arcipelago nel Sud del Cile rappresenta per Maya il suo esilio, luogo di purificazione e di rinascita. In questo luogo si immerge nella vita della comunità locale e ne diventa parte attiva apprendendone abitudini e cultura, è l'inizio di un nuovo viaggio nel quale scoprirà persone ma anche fatti importanti ed inaspettati collegati alla sua famiglia di origine.

Un romanzo ricco di contrasti ed atmosfere diverse (e questo è un pregio del libro), quasi un genere pulp per i contenuti forti e crudi, per le esistenze estreme come quella del ragazzino Freddy. Coinvolgente la narrazione continua presente/passato. Tra i tantissimi personaggi che popolano il diario ve ne sono alcuni convincenti come l'irlandese Mike O' Kelly paladino irriducibile dei diseredati, Manuel Arias antropologo che accoglie Maya a Chiloè, l'astuto ufficiale Arana con un grande piano da realizzare, Olympia Pettiford curatrice di ferite fisiche e dell'anima e la sua compagnia le Vedove per Gesù. Meno convincenti il ragazzino Freddy (quando il troppo storpia o fa troppo male da accettare pur trattandosi di invenzione!), Brandon Leeman anche lui con un grande piano, ma evidentemente disperato se dall'incontro fortuito con l'adolescente Maya dipende il suo lavoro di pusher e di falsario. e che dire di Lionel Schnake di idee reazionarie ma benevolo e accogliente con gli esiliati della dittattura?

Una Allende diversa, impegnata nel raccontare scenari urbani e moderni estremamente negativi, non tutto lo sviluppo della storia e dei personaggi regge ma comunque una lettura mediamente piacevole.

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Allende, oppure a chi interessa il mondo dell'adolescenza
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levante Opinione inserita da levante    21 Marzo, 2019
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L'irritante eleganza

Paloma e Renèe sono le protagoniste di questo romanzo ambientato a Parigi. La prima ha solo 12 anni, figlia di un ex-ministro ora deputato della Repubblica, brillante ragazzina con quoziente intellettivo fuori serie stanca già di stare al mondo poichè circondata da persone mediocri primi tra i quali il padre assente e ottuso uomo politico preso dal suo ruolo istituzionale, sua madre perennemente in psicanalisi e sua sorella Colombe studentessa di filosofia solo per fini speculativi. Paloma passa il suo tempo a congetturare il fallimento umano e le speranze deluse dei propri genitori che da giovani volevano mettere al servizio del mondo la propria intelligenza e i propri studi per poi occupare posizioni verticali nella società e condurre per sempre una vana esistenza. Ha progettato il proprio suicidio il giorno del suo tredicesimo compleanno dando fuoco alla casa in modo che i genitori oltre a perdere la loro figlia sapranno cosa significa essere dei senzatetto. Nel frattempo scrive ben due diari: uno riguarda i suoi pensieri profondi tradotti in hokku o tanka giapponesi, l'altro diario riguarda il movimento del mondo....."sarà dedicato al moto delle persone,oppure....a quello degli oggetti, per trovare qualcosa che sia abbastanza esteticoda dare valore all'esistenza" "...se in mancanza di una bella idea per la mente , trovo un bel movimento di corpi allora forse penserò che la vita vale la pena di essere vissuta".
Paloma vive nel superlussuoso condominio abitato da otto famiglie rappresentanti la classe agiata di Parigi, politici, banchieri affaristi insomma gente molto ricca ed influente.

La seconda, Renèe ha 54 anni ed è invece la portinaia del condominio di lusso, vedova da molti anni di Lucien, vive arroccata nella sua guardiola in compagnia di un gatto di nome Lev così chiamato in onore di Tolstoj. Anche Renèe ha problemi con il mondo e con l'umanità, per questo è ben decisa a vivere secondo il comune stereotipo della portinaia quindi sciatta, pigra, poco intelligente in ciabatte e con la televisione come fonte di conoscenza perennemente accesa. In realtà anche lei ha un alter ego che nasconde per non destare sospetti e curiosità: e' una autodidatta, colta e raffinata, esperta di arte, musica, filosofia e cultura giapponese e ovviamente di letteratura russa .Convive con un grande e segreto dolore familiare che le ha indurito il cuore.

Paloma e Renèe sono due anime gemelle: si nascondono, rinunciano, mettono distanze, alzano muri e presumono quai sempre di sapere tutto e di tutti. Difficile empatizzare con loro. l'intensità della loro arroganza è pari alla mediocrità delle persone che hanno intorno, forse anche superiore: impressionante la carrellata di luoghi comuni che vengono snocciolati su povertà/ricchezza, bisogni/desideri su gli stili di vita; cadono esse stesse in un linguaggio stereotipato dal quale credono di essere immuni.

Molte pagine se non interi capitoli sacrificati alla narrazione dettagliata del come dissimulare il loro reale sentire ed essere, spesso emergono come profili pedanti, pignoli, risentiti ed arroganti suscitando in me che leggo fastidio ed irritazione. Cerco di comprendere il senso del loro valore narrativo ma francamente trovo sia una impresa faticosa e vana. Non capisco tutto questo snocciolare la filosofia moderna e contemporanea che non crea legami con la trama, nè a me pare la spiega o sostiene. Avrei apprezzato le incursioni di Kant, Cartesio, Racine Occam e gli altri pensatori balzati nel romanzo se avessero avuto una funzione pedagogica.

L'arrivo del deus ex-machina Ozu rende poco più piacevole la trama, la alleggerisce introducendo le novità di cui è portatore e il suo sguardo libero e vitale ricapitolerà la storia, sollecitando domande a Paloma e Renèe, aiutandole a cambiare e a scoprire il senso vero della loro esistenza.

In generale poco piacevole. Non molto onesta come proposta. Statico

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levante Opinione inserita da levante    19 Marzo, 2019
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tenero ed impetuoso Caulfield

Le vicende di Holden Caulfield narrate nel libro (pubblicato in Italia nel 1951) "Il giovane Holden" si svolgono in un arco spazio temporale di tre giorni a partire dalla sua espulsione dalla prestigiosa scuola Pencey Prep che lo avrebbe dovuto traghettare successivamente verso il College. E' la storia di una fuga clandestina prima del suo rientro in famiglia, ancora all'oscuro della sua bocciatura. Holden, in attesa di essere confrontato dai suoi genitori sul suo ennesimo fallimento scolastico, approfitta delle vacanze scolastiche natalizie e decide, all'insaputa dei suoi genitori, di tornare nella sua città, New York, per vivere esperienze in totale autonomia. Molto ci dice dei sui fratelli: di Allie scomparso molto presto per una malattia, di D.B. riuscito scrittore ma non apprezzato da lui, e soprattutto ci parla molto affettuosamente di Phoebe la sorellina il cui punto di vista rappresenta spesso una bussola per orientarsi a volte nelle scelte che compie e compirà.

Pochissimo o quasi nulla si sa dei genitori ( il mondo degli adulti e' poco interessante perché sa solo giudicare?) e dei suoi sentimenti per loro.Apparentemente indifferente alle sue sorti, in quelle 72 ore che lo separano dal suo rientro domestico, Holden Caulfield decide di muoversi e sperimentarsi in assoluta libertà, cercando di rientrare in contatto con quelle persone con cui crede di aver costruito un legame: a volte sono alcuni adolescenti a volte adulti significativi per lui. Ma quasi tutti i personaggi che ci fa incontrare si rivelano ai suoi occhi( e convincimenti morali) molto lontani dal suo modo di vedere il mondo. E' protagonista ma anche narratore della sua storia, della sua inquietudine ed impulsività e ci racconta tutto ciò con un linguaggio a volte fanciullesco intriso di intercalari buffi ed infantili, seminati lungo tutto il romanzo, come "vattelapesca" , "..e via discorrendo" , "vita schifa", a volte cinico e ruvido come quello di un adulto, ossessionato non poche volte da possibili approcci "omosessuali"(il romanzo è stato scritto prima degli anni 50).

Holden si muove e pensa in solitario cercando in tutte le direzioni possibili, va ad esplorare e a congetturare continuamente, affamato di vita e di risposte ed il suo moto agente e pensante si esprime in un ininterrotto flusso di coscienza, proprio come spesso succede agli adolescenti. Come un adolescente lui va alla ricerca di un punto di riferimento, qualcuno a cui affidarsi: e' solo di fronte al mondo, non vuole conformarsi e soffre le regole in tutti i contesti dell' esperienza umana, si sente un po' depresso, a volte si chiede se sia un po' stupido o un po' pazzo, forse alla ricerca inconsapevole di un rito di passaggio tra l' adolescenza e l' adultità tutto da compiere. O forse vuole ritardare il suo ingresso nel mondo degli adulti, perché no?
Il suo lacerarsi, affermare per poi negare ogni suo pensiero, e il suo continuo speculare ipotetici traguardi anche estremi sono le condizioni indiscutibili del suo essere vitale nel mondo ma anche contro di esso, e a lui parla e a lui reclama visibilità e riconoscimento.
Molto toccante l'incontro con il Prof. Antolini ed il confronto con la sorellina che portano Holden su un piano di riflessione formalmente più sensato e meno impulsivo pur senza tuttavia snaturare le sue convinzioni: non può promettere a nessuno ciò che sarà e farà in futuro poiché lo saprà solo quando là si troverà.
Settanta anni fa qualcuno ha gettato un adolescente anticonformista (non molti lo erano intorno a lui) nella letteratura post-bellica e pre-beatgeneration e questo adolescente e' ancora qui con la sue richieste di essere accolto nella sua singolarità e di essere accettato per i suoi tempi di crescita senza essere marchiato o giudicato per non essere performante secondo tabelle di marcia ufficiali.
Dove vanno le anatre quando l'acqua dello stagno di Central Park ghiaccia? Moriranno o se la caveranno? Qualcuno si prenderà cura di loro? Salvate, come i bimbi presi al volo prima di essere inghiottiti nel dirupo scosceso e infido che precipita loro accanto? O troveranno da sole la strada per sottrarsi a pericoli ed insidie? E lui, il giovane Holden Caulfield, come le anatre di Central Park, ce la farà? Qualcuno ascolterà il suo grido di aiuto celato nei suoi insuccessi e nella vastità dei suoi angoscianti dubbi?

Lettura tenera e coinvolgente con un linguaggio che ben descrive i moti interiori di un ragazzo in corsa verso il mondo....chissa' da adolescente che impressione mi avrebbe fatto, ma in età matura l'ho molto apprezzato ed amato poichè mi ha ricordato i difficili, solitari ma anche elettrizzanti percorsi della adolescenza, con le sue tipiche aspirazioni e paure e i suoi tipici desideri.




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