Opinione scritta da ciprius
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Una serie numerata di segni
Il tema della serialità ricorrente in così tanti thriller ha scatenato la mia curiosità e generato l'astinenza da lettura che è vincente in questo romanzo.
In una cittadina rurale americana costretta alla coabitazione tra una comunità amish e quella inglese, non manca, nel passato come nelle ultime ore, l’ombra di un killer omicida. Violenza, tortura, il mistero di una serie numerata di segni lasciati sulle vittime. Kate Burkholder, capo della polizia, è stata anch’essa una parte di una spirale di violenza, molti anni fa. Ora, un omicidio che sembra ripercorrere le stesse logiche di allora, diventa il suo caso. Straziante perché fa paura, perché mette in agitazione la popolazione del piccolo paesino. Devastante perché fa riaffiorare segreti personali difficili da gestire e da ammettere come tutore dell’ordine.
Il thriller è raccontato in prima persona.
L’emersione di una storia difficile e segreta della protagonista, anche se stratagemma comune a molti thriller, qui arriva lenta, come un’onda. I ricordi vengono lasciati trasparire piano piano e si impossessano del lettore che non può fare più a meno di continuare a leggere. Attirato a scoprire cosa sia davvero successo anni prima e come stia cambiando, ora per ora, la vita della protagonista e della sua cittadina.
Il romanzo segue alcune tracce logiche e narrative conosciute. Ma senza mai perdere la propria originalità. E’ scritto come una buona sceneggiatura cinematografica. Il ruolo della donna investigatrice e del suo difficile rapporto con gli uomini mi ha fatto immediatamente pensare al Silenzio degli Innocenti, a film come Fargo, a The Calling.
L’epilogo è carico di suspence, in uno schema ragionevole di realismo e anche un pizzico di delicata passione.
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Terrore e paura a Brighton
Ancora una storia ambientata nella fascinosa Brighton. Questa volta ad essere preso di mira è l’ambient dei tatuatori, i suoi protagonisti, le sue vittime inconsapevoli di custodire un bene prezioso. Sulla propria pelle.
Comincia subito con molto sangue questa opera prima di Alison Belsham che ha passione e intrigo da vendere.
La storia, seppur potrebbe sembrare non originalissima, è scritta molto bene, con un linguaggio ricercato, tecnico quanto basta. Non risulta mai noioso, anzi si fa leggere creando una buona tensione e un minimo di mistero. Il lettore è guidato piano piano a crearsi un sospetto, un dubbio. Il libro è strutturato in capitoli brevi, di volta in volta associati ai protagonisti. Anche l’assassino si racconta lasciandoci una traccia da seguire e l’idea di poter scoprire la sua identità.
Anche un minimo di passione, velata, delicata, tiene attaccati a questo thriller, giocato anche sulla difficoltà di un giovane ispettore di far valere le sue qualità investigative.
Da leggere, in attesa delle prossime prove di Alison Belsham.
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Un debutto troppo acerbo
Un piccolo favore chiesto ad una persona che, seppur nella sua forte diversità, ha in comune comportamenti, attitudini, esigenze.
Un figlio a scuola, un ruolo attivo da madre sono le probabili somiglianze che possono legare Stephanie e Emily. La prima è una madre in carriera, attiva, intelligente, spregiudicata, con un marito che la subisce e un piano da realizzare per lasciare proprio tutto questo dietro di sé
La seconda non ha più un marito, non ha più un fratello, ma ha segreti, un passato da nascondere, un blog dedicato alle mamme come lei, su cui scrive e racconta un mondo edulcorato e ingenuo
La forza di Emily e il suo piano criminale pervadono tutto il romanzo e lo fanno svolgere attorno alle personalità delle due mamme, così diverse eppure così legate alla devozione per i propri figli, all’insofferenza per i propri mariti.
Un piccolo favore cambierà le loro vite una, due volte, tutte le volte che Emily avrà bisogno di una complice suo malgrado.
Il libro ha mille sfaccettature e tanti capovolgimenti di fronte, che possono alla fine frastornare il lettore.
Non amo in modo particolare questo tipo di sviluppo dei romanzi.
In particolare mi è sembrato che il racconto di introduzione alla vera azione sia troppo lungo, troppo dettagliato e ricco di elementi che risultano poco utili al resto dell’azione e delle conclusioni.
Trovo soprattutto che la scrittura sia acerba, frettolosa, forse frutto di una traduzione non accurata o di una povertà di ricchezza lessicale che fa male al romanzo.
Le frasi corte lo fanno sembrare un articolo di cronaca giornalistica o forse una bozza per una sceneggiatura di una serie. Ma non di grande successo.
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