Opinione scritta da Niki

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Niki Opinione inserita da Niki    15 Novembre, 2018
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essere qualcuno

Resoconto romanzato della colonizzazione del Cile attraverso le gesta di lnés de Suàrez e di Pedro Valvidia, nel 1500. È un romanzo d'avventura arricchito dalla scrittura magica delle Allende ricca di esoterismo, credenze popolari, fantasmi e sortilegi. i due protagonisti non sono spinti dalla ricerca della ricchezza come la maggior parte degli spagnoli che decidono di stabilirsi in sud America: Pedro ambisce alla fama e Inés alla libertà e alla passione senza costrizioni; nessuno dei due vuole una vita anonima, desiderano contare qualcosa, fare la differenza nonostante costi immani sacrifici, sia pericoloso e non abbia nessuna certezza. Ben descritto il dramma degli Indios che non si rassegnano a soccombere ai conquistatori che con prepotenza pretendono di arrivare sulle loro terre in qualità di padroni. Avvincente e dal ritmo scorrevole.

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Niki Opinione inserita da Niki    29 Ottobre, 2018
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Nella vita vincono i furbi

In primo luogo, lo consiglio a chi ama le epopee: siamo di fronte a 600 pagine che coprono la vita dei protagonisti per circa trent'anni. Si trattano molti temi sociali e storici: la condizione dei minatori che lavorano nelle miniere di carbone all'inizio del '900, le disparità di classe, le rivendicazioni sociali e politiche, i primi movimenti operai, la grande guerra, ma è soprattutto una storia di persone. Secondo me a Cronin interessava solo marginalmente il tema sociale, egli è molto attento alla psicologia dei personaggi e direi che la tematica che più salta all'occhio è quella che, nella vita, vince il più furbo, l'uomo che si fa strada senza scrupoli, senza morale; questa figura è incarnata principalmente da Joe Gowlan che da minatore diventa padrone, attraverso sotterfugi e illegalità, ma anche da Riccardo Barras, proprietario della miniera di carbone che ha come unico scopo quello di arricchirsi sempre di più, ai danni della povera gente. Per contro, nulla possono l'onesto Davide Fenwick e il sensibile e giusto Arturo Barras, destinati a soccombere nonostante siano interessati solo al bene degli altri. Bellissima la figura della madre di Davide, Marta, che nonostante le disgrazie, mantiene la propria integrità e la propria rigida visione della vita per cui gli uomini sono tali solo se minatori, il voler alzare la testa e credersi qualcosa d'altro porta solo guai. In ultimo, lo consiglio solo a chi ama i melodrammi, perché è una storia romanzata in cui accade di tutto e di più, sorretta da una scrittura molto particolareggiata, soprattutto nella descrizione fisica e psicologica dei personaggi.

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Niki Opinione inserita da Niki    29 Ottobre, 2018
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Ascesa di un medico di provincia

Romanzo di quelli che piacciono a me: corposo, denso di avvenimenti, con una bella scrittura coinvolgente; uno di quei libri che mi tengono incollata alle pagine e che non vedo l’ora di riprendere in mano per vedere cosa succederà. Lo consiglio a chi ama i classici e le scritture articolate. Il protagonista è il dottor Andrew Manson che, per me, bambina negli anni ’70, è impossibile non immaginare con le fattezze di Alberto Lupo. È un uomo tutto d’un pezzo, con saldi principi morali, onesto e caparbio, un po’ grezzo e burbero nei modi ma ‘vero’. Lo incontriamo, negli anni ’30, fresco medico di una cittadina mineraria del Galles del sud dove la teoria di ciò che ha imparato all’università si scontra con la pratica, in mezzo a gente diffidente. È circondato da uno stuolo di personaggi che personificano ogni sfumatura umana, che lo ostacolano e lo aiutano, senza mai far scemare in lui il desiderio di compiere qualcosa di grande per il bene dell’umanità. Sposa Christine, la maestra della scuola, e, attraverso varie vicissitudini, si ritrova a Londra dove, per la prima volta, è attratto dalla facilità di una vita agiata ma senza scopo, e, sospinto dalla delusione per un’esistenza che ritiene, a torto, poco gratificante, abbandona tutti i suoi elevati progetti. Perde se stesso, diventa frivolo, adultero, un medico dei ricchi che si fa pagare molto per curare malattie immaginarie. Il suo rinsavire è accompagnato da un pesante pegno da pagare; risorge e riprende la propria strada verso un futuro che faccia davvero la differenza. Storicamente interessante è la denuncia delle incompetenze e delle ingiustizie della professione medica di quegli anni.

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Niki Opinione inserita da Niki    28 Ottobre, 2018
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Da Dickens a Biancaneve

Sono in dubbio sulla recensione di questo romanzo. È uno di quei testi di cui non posso dire che la lettura mi abbia rapita ma nemmeno posso sconsigliarlo su due piedi. Possiede due delle caratteristiche che mi piacciono in un libro: una scrittura non scontata e una trama basata sulla realizzazione personale attraverso le difficoltà; ma mentre la prima parte, relativa al flash back sull'infanzia della protagonista, mi ha appassionato, la seconda, quella in cui la vita di Rebecca prende una strada più tranquilla e banale, mi ha un po' annoiata. È come se si partisse col leggere un romanzo di Dickens: c'è la famiglia di poveri immigrati, nell'America degli degli anni 40, che vive in un cimitero, con un padre deluso e violento, una madre depressa e passiva, e una bambina intelligente che non soccombe alla bruttura; per poi passare a un resoconto realistico di vita di coppia con un uomo farfallone e brutale, e finire con la favola di Biancaneve. Man mano che si procede nella lettura cambia il ritmo, scema la tensione narrativa, tutto diventa più edulcorato e meno interessante per concludersi con un inutile epistolario. Mi sorge il dubbio che, forse, fosse nelle intenzioni dell'autrice ma l'impressione è che la storia sia stata scritta da due mani diverse. Niente da dire sulla caratterizzazione psicologica dei personaggi che c'è ed è efficace, così come mi è piaciuta la scrittura soprattutto quando, per descrivere qualcosa che è accaduto, l'autrice lo fa attraverso i monologhi/sfoghi dei personaggi. Carina la trovata del cambio di nome della protagonista, quel suo immedesimarsi in una persona 'inventata' che ha un risvolto 'giallo' che, ovviamente, non rivelo.

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Niki Opinione inserita da Niki    09 Settembre, 2018
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il conformismo che ci appartiene

Difficile recensire questo bellissimo romanzo; comincerei sconsigliandolo a chi non vuole leggere 550 pagine, a chi ama i thriller sincopati e i romanzi 'usa e getta'. Consigliato, invece, a chi apprezza le descrizioni dal sapore ottocentesco, i risvolti psicologici, e l'atmosfera italiana. Le due città del titolo sono Torino e Roma, nettamente contrapposte nel cuore e nelle esperienze del protagonista: la prima è amata in modo viscerale, senza condizioni; rappresenta le radici, le tradizioni, la giovinezza, la genuinità unita alla serietà. Roma è amata e odiata, è il ricettacolo dell'opportunismo, dell'ipocrisia smargiassa, dell'ottusità, della fatuità ... Ma è anche un'irresistibile fonte di guadagno in virtù dell'accentramento dell'industria cinematografica operata dal regime fascista, di divertimento sfrenato senza costrizioni morali. Se Torino riporta ai valori 'veri', Roma li fa dimenticare su due piedi, ed Emilio Viotti li dimentica, pur con qualche occasionale remora. La sua ascesa economica corrisponde alla sua discesa morale; nonostante sia consapevole che la sua strada e la sua natura lo vorrebbero condurre verso una vita più 'vera', fatta di genuina felicità e di realizzazione personale, egli continua imperterrito a inseguire l'agognata ricchezza, a causa, forse, della fantomatica eredità di un prozio di cui favoleggiano i genitori e che condiziona la sua fanciullezza. Emilio finisce per vivere nel conformismo più gretto, fatto di successo, soldi e donne, farcito di giustificazioni, sempre alla ricerca di qualcosa che lo appaghi davvero ma troppo debole per contrastare la routine in cui si è invischiato. Si barcamena, non prende mai una posizione decisa, è un antifascista a cui il fascismo fa comodo,dichiara un amore fraterno/paterno per l'amico di sempre, Piero, ma non si fa scrupolo a tradirne la fiducia, conosce il vero amore ma si accontenta delle scappatelle, tutto in nome di un'agiatezza, di una comodità che lo intrappola a tal punto da non permettergli più alcuna ribellione; in un certo qual modo, ci si riesce pure ad immedesimare, tanto che la malinconia e una sorta di tristezza mi ha accompagnata nella lettura. Sullo sfondo l'Italia geografica e quella storica, ben inserita nella vita del protagonista senza diventare mai didascalica. Solo il finale lascia un po' perplessi per la sua sensazione di troncatura.

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Niki Opinione inserita da Niki    03 Settembre, 2018
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Senza speranza

Grande romanzo! La tragedia di migliaia di uomini che, negli anni '30, emigrano in massa verso la California, pieni di speranza, abbagliati da volantini che promettono il tanto agognato lavoro. Cacciati dalle loro terre dalle banche, imbrogliati dai venditori d'auto, caricano le cose essenziali su mezzi di fortuna e partono. La visione generale di questo esodo di massa si alterna alle vicende dei Joad: sono contadini ignoranti ma con una filosofia di vita grezza e onesta. Vogliono lavorare per mantenere la famiglia, li offende la carità; hanno una forte dignità e, soprattutto, una grande solidarietà, quella che gli fa dividere il poco cibo con chi ne ha ancora meno, che gli fa prestare soccorso spontaneamente, senza chiedere nulla. Arrivati in California, dopo un viaggio massacrante, sono male accolti senza comprenderne il motivo. I 'brutti e cattivi' si contrappongono alla grettezza umana dei capitalisti: le banche e i proprietari terrieri che li sfruttano. Con una scrittura rude e coinvolgente che permette di vivere la stessa vita della famiglia, di essere con loro su un camion scassato, nella tenda, nelle piantagioni a lavorare, sotto il sole rovente e sotto il diluvio. Un'epopea senza speranza dove i 'buoni' perdono.

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Niki Opinione inserita da Niki    29 Agosto, 2018
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avventura e dualismo

Questo romanzo contiene i due elementi predominanti della letteratura stevensoniana: l'avventura e il dualismo insito nell'essere umano. L'avventura è incarnata da James Durrisdeer, uomo attivo, pericoloso, intelligente, giramondo, dall'esistenza sempre al limite che, per buona parte del romanzo, incarna il male assoluto. A contrasto, il fratello Henry è paziente, passivo, tradizionalista e stanziale: il 'buono'. Impossibile, per i due, divisi su ogni fronte, trovare un terreno comune e la loro lotta si protrarrà sino alle estreme conseguenze. Testimone di questo duello psicologico è il fido Mackellar, personaggio senza una vita propria che dedica la sua esistenza, con immutabile dedizione, a lord Henry. È lui che riporta la tragedia e che assume spesso il ruolo di coscienza dei vari personaggi non solo dei due fratelli ma anche del padre e della moglie di Henry. Nel corso della vicenda che annovera pirati, tesori, misteriosi servitori Indu, fuorilegge senza scrupoli e molti elementi tipici dei romanzi di avventura, si assiste alla disgregazione psichica e fisica di Henry a cui non servirà fuggire in America né commissionare l'assassino del fratello, per liberarsene. Nel contempo, la figura di James diventa sempre più interessante e umana tanto da conquistare anche il cuore votato alla fedeltà dell'integerrimo Mackellar.
Un bel romanzo che non spiega nulla e lascia libero campo alle azioni dei personaggi.

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Niki Opinione inserita da Niki    29 Agosto, 2018
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la verità storica senza giudizio

Concepito come un'opera in cinque volumi, Suite francese è purtroppo restato incompleto a causa dell'internamento ad Auschwitz di Irène Némirovsky e della sua morte nell'agosto del '42.
Si tratta di un meraviglioso romanzo in cui ci si ritrova immersi nella storia, vissuta come testimonianza diretta dell'autrice, ma senza quasi il suo intervento critico: ella registra gli avvenimenti dell'esodo da Parigi del giugno 1940 con occhio attento ai particolari, alla personalità dei personaggi, alla realtà dei fatti senza drammatizzazioni eclatanti, rendendoci il senso d'incredulità che animava la gente.
La seconda parte, invece, narra dell'occupazione tedesca di un paese di campagna, sempre con una accuratezza di ambientazione frutto di attente ricerche.
Suite francese è un romanzo corale, fatto di persone e delle loro reazioni alle avversità, di sentimenti, impulsi, passioni, dolori e tentativi di felicità nonostante tutto.
Scritto con uno stile fluido seppur denso di tanti piccoli particolari, lo consiglio a chi ama i romanzi impegnativi che analizzano la vita nella sua veridicità senza spettacolarizzazioni.

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Niki Opinione inserita da Niki    27 Agosto, 2018
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A lezione di periodo vittoriano

Fowles è interessato agli effetti che le imposizioni della società hanno sulla consapevolezza individuale, e di come la consapevolezza, una volta acquisita, possa domina l'intera esistenza. Tutti i personaggi principali di questo romanzo sono modellati e le loro vite sono governate da ciò che, per il pensiero dominante nell'epoca vittoriana, era vero e lecito.
Fowles pur ispirandosi ai romanzi tipici della produzione letteraria vittoriana ne fa uno scenario, uno sfondo su cui far muovere se stesso come autore e come attore, trasportandosi nella propria immaginazione: burattino e burattinaio. Fino all'arrivo di John Fowles, la vita di Charles Smithson, Ernestina Freeman e Sarah Woodruff procedono in modo prevedibile: Charles ed Ernestina si sposeranno mentre Sarah proseguirà la sua singolare vita di penitenza. Facendo incontrare Charles e Sarah, l'autore mette in atto il gioco delle alternative, fino a giungere addirittura a un duplice finale, anzi a un triplice epilogo, per la soddisfazione di ogni palato. A me è piaciuto tantissimo ma non è un romanzo 'facile'. Lo consiglio solo a chi apprezza le narrazioni complesse.

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Niki Opinione inserita da Niki    27 Agosto, 2018
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un thriller ben congeniato

Non c'è un secondo di noia in questa storia di fantasmi inquieti. Gli ingredienti ci sono tutti a partire dall'ambientazione: un paese disabitato su un'isola islandese, in pieno inverno. E poi, tre amici che decidono di trascorrervi una settimana per ristrutturare una casa, bambini scomparsi nel nulla a distanza di sessant'anni l'uno dall'altro, anziani che muoiono in strane circostanze, sogni premonitori, scritte sui muri ... A rendere questo romanzo avvincente è, soprattutto, la scrittura: mai prolissa o inutile, descrittiva eppure scorrevole. Poi c'è l'impianto narrativo che, se non raggiunge la perfezione, è, comunque, intelligente, tanto che, alla fine, ci si ritrova a fare i complimenti all'autrice per come ha condotto alcune 'trovate' narrative. Lo consiglio a chi vuole leggere un ottimo thriller senza pretese di capolavoro ma anni luce dalla media del 'genere'.

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Niki Opinione inserita da Niki    27 Agosto, 2018
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Avventura esotica

'Il leone d'oro' è un romanzo d'avventura in piena regola ambientato nell'Africa orientale, nella seconda metà del diciassettesimo secolo. Ci sono 'buoni' e 'cattivi' in competizione, velieri, arrembaggi, porti pittoreschi, schiavi, sultani, harem, miniere d'oro, tesori da recuperare, vendetta e amore ... il tutto supportato da una scrittura coinvolgente ma soprattutto, ci tengo a sottolineare, 'sapiente'. Wilbur Smith non si improvvisa scrittore: conosce le ambientazioni e le può descrivere con competenza, studia i personaggi, il periodo storico, ogni elemento di contorno nei minimi particolari e per questo è perfettamente credibile. Pur essendo di godibile lettura anche se non si sono letti altri romanzi del ciclo dei Courteney, io consiglio caldamente di leggere prima gli altri per evitare l'impressione che manchino dei pezzi, soprattutto all'inizio, visto che, ovviamente, molte cose sono date per scontate.

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Gli altri romanzi del ciclo dei Courteney
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Niki Opinione inserita da Niki    21 Agosto, 2018
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Sentimenti veri

Romanzo interessante e spiazzante, sotto molti punti di vista; a cominciare dalla tecnica narrativa che si basa sul far parlare solo i pensieri e i ricordi dei due protagonisti, spesso sovrapponendoli. Questo permette di entrare completamente nelle loro sensazioni e nei loro sentimenti che l'autrice ha saputo rendere in modo perfettamente integrato alla realtà. Le tematiche trattate sono tante e tutte ben precise, nonostante non ci sia un Io narrante che intervenga a spiegarle. L'inadeguatezza di una madre che sfocia in stanchezza e irritabilità. Il rapporto formale tra gli esseri umani contrapposto a quello autentico, carnale e senza bisogno di mentire che si instaura tra anime affini. La devastazione che i bambini subiscono dopo l'abbandono della madre, figura essenziale nell'evoluzione del rapporto con l'altro sesso. Le scelte di vita e il rapporto con la natura. Ci si affeziona ai due 'umani' protagonisti tanto da desiderare un lieto fine e palpitare per il loro incontro finale che sembra non arrivare mai. Si legge senza smettere.

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Niki Opinione inserita da Niki    21 Agosto, 2018
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La perdita di tutto

(attenzione spoiler) C'è il 'prima' e il 'dopo' l'Impero Asburgico, visto attraverso le vicissitudini della vita del giovane Francesco Ferdinando Trotta. Il 'prima' è caratterizzato da un'apatia che è quasi una 'posa', una caratteristica dei giovani nobili, i quali passano le loro nottate viennesi tra gioco, donne e cameratismo. Trotta sente la mancanza di senso e ha coscienza di essere più vicino alla vita del popolo (da cui, per altro, proviene), incarnato nel cugino sloveno, venditore di caldarroste, e in un vetturino ebreo. Su questa gioventù la morte già incombe e al giovane pare di percepirla, così come, nonostante l'unità della patria, percepisce la diseguaglianza di etnie tanto diverse tra loro per religione e tradizioni. Il 'dopo' è pregno di un'altra apatia, quella che caratterizza la perdita di tutto, della ricchezza, della Patria, degli amici, della gioventù, dei 'bei tempi andati' ... Tutte cose che non saranno mai più uguali, in un futuro in cui niente è stabile e sicuro, e tutto è in fermento. Trotta perde la moglie: la perde la prima notte di nozze quando lui preferisce la compagnia di un vecchio servitore, la perde al ritorno dalla guerra quando la ritrova legata sentimentalmente a un'amica e la perde anche quando la riconquista perché Elisabeth vuole fare l'attrice e abbandona lui e il figlio; Trotta perde la madre amata e onorata, e rinuncia al figlio che affida a un amico, a Parigi; perde quel se stesso che, in fondo, non ha mai trovato. La linea di demarcazione è la prima guerra mondiale nella quale il protagonista combatte (rinunciando al prestigio del reggimento dei Dragoni e preferendo la fanteria dove sono arruolati il cugino e il vetturino ebreo a cui è legato), è fatto prigioniero dai russi e trascorre il periodo più sereno della sua vita, da fuggitivo, in Siberia, nell'umile casa di un intagliatore di pipe. Questo, forse, sarebbe potuto essere il suo destino se non fosse nato in una generazione destinata e segnata dalla morte. In chiusura vaga nella notte viennese e cerca rifugio nella Cripta dei Cappuccini dove sono sepolti gli imperatori, compreso Francesco Giuseppe, chiedendosi: 'Dove devo andare, ora, io, un Trotta?', quasi non fosse più nessuno. La scrittura è scorrevole e malinconica. Non ci sono picchi di eroismo, esaltazioni o eccessi, solo uno sguardo disilluso. Mi sono piaciuti molto i personaggi, quasi folcloristici.

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Niki Opinione inserita da Niki    19 Agosto, 2018
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Vivere un romanzo come se ci si fosse dentro

Sono un'appassionata lettrice di Zola, sin da ragazzina e 'Germinal' è il mio preferito insieme a 'Teresa Raquin'. Le descrizioni dei luoghi, dei paesaggi, delle vie, delle case, sono 'vere', reali come se si fosse lì, negli squallidi vicoli della cittadina mineraria, nelle dimore dei ricchi borghesi o nei cunicoli delle miniere stesse. I personaggi con le loro sensazioni, i loro sentimenti, le loro aspirazioni, paure e, più di tutto, con la loro vita di tragedie scandite dall'apatia e dall'abitudine, sono palpabili, veri, presenti. Si partecipa a tutto: alla lotta sindacale, alla meschinità dei rapporti tra poveri, alla rabbia e all'impotenza per una situazione (quella dei minatori) che si vive come 'senza fine', al freddo menefreghismo dei padroni e, in ultimo, all'agonia di chi resta intrappolato nel crollo della miniera. Un romanzo perfetto, umanamente e storicamente interessante, sorretto da una scrittura in cui emerge la passione dello scrittore, il suo voler essere testimone della verità.

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Niki Opinione inserita da Niki    19 Agosto, 2018
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raffinato e distensivo

Siamo a Londra, negli anni '30; Julia Lambert è un'attrice teatrale di grande e incontestabile successo, prossima ai cinquant'anni. Il teatro è la sua vita e la vita è il suo palcoscenico: il ruolo dell'attrice le è talmente congeniale ch'ella non ne abbandona i panni nemmeno nella quotidianità, circondata da persone che ne ammirano il talento, fino all'adorazione. Chi la 'vede' veramente è il figlio Roger ('Sono sempre vissuto in un’atmosfera irreale. Voglio toccare terra. Tu e papà vi trovate benissimo a respirare quest’aria, è la sola che conoscete e per voi è un’aria celestiale.. Io ci soffoco') ma le sue proteste rimarranno vane: Julia ama la dimensione in cui si muove e non potrebbe concepire un altro modo di comportarsi se non come se fosse sempre sotto i riflettori, come se l'unica esistenza possibile fosse quella garantita dalla ribalta ('Pronti ad andare in scena - Quelle parole, udite chissà quante volte, le davano ancora un brivido. La rinvigorivano come un tonico. La vita acquistava significato. Stava per lasciare il mondo della finzione per entrare nel mondo della realtà'). Intorno a lei il mondo del teatro fatto d'impegno costante sia da parte degli attori che di chi sta dietro le quinte, dal commediografo agli operatori. Lo stile di Maugham non mi ha mai delusa; è un tipo di scrittura che apprezzo, che trovo evocativa e coinvolgente. Non è adatto a chi predilige i thriller dal ritmo sincopato mentre è consigliatissimo a chi gusta la lettura come momento distensivo, a largo respiro. Un romanzo suadente, morbido, frizzante, che scorre con fluidità senza eccessi, senza elucubrazioni ma non effimero.

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Niki Opinione inserita da Niki    18 Agosto, 2018
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Nessun si salva

American Tabloid dà un resoconto, tra fiction e realtà, dell'America, dalla fine degli anni '50 all'assassinio di J.F. Kennedy; ci sono il futuro presidente e suo fratello Robert, mafia, F.B.I., C.I.A., Castro, la baia dei porci, Howard Hughes, Frank Sinatra, Jimmy Hoffa, il Ku Klux Clan ... il tutto visto attraverso le vicende di tre personaggi: Kemper Boyd, agente dell'FBI infiltrato nel clan Kennedy, in combutta con la CIA in un progetto di rivolta anti-castrista. Forse sorretto da un desiderio di ascesa sociale, si invischia in un pantano di doppi e tripli giochi, di bugie, di omicidi cruenti, e per mantenere lucidità è costretto a far alto uso di droghe. All'inizio può sembrare l'eroe positivo, quello senza macchia e senza paura che spesso l'America esalta, ma è come se un'indole distruttiva si impossessi di lui tanto da fargli abbandonare, senza remore, tutto ciò che è 'pulito' e 'retto', persino l'amore per Laura, sorella illegittima di J.F.K., e quello per la figlia Claire. Ward Littel, collega e amico fraterno di Boyd, sempre sul baratro di una follia ossessiva; da prima strenuo nemico del crimine organizzato e ammiratore di Robert Kennedy (che si batte per sconfiggere la mafia), poi, al pari di un bambino, deluso dal proprio oggetto di venerazione, diventa avvocato di fiducia di mafiosi, sorretto dal proprio odio verso i Kennedy. Al pari di Boyd, anche lui sacrifica l'amore alla propria ossessione. Tra i due, e sballottato dall'uno all'altro, Pete Bondurant, ex sbirro ora al servizio della Mafia e del profitto; il personaggio 'davvero' cattivo e senza scrupoli che, in una parabola inversa rispetto ai due compari, si innamora e assume quelle connotazioni di umanità che i complici perdono. Non ci sono personaggi 'positivi', a cominciare da John Fidzgerald Kennedy: un donnaiolo (uno scopatore da sei minuti), uno stupido e un incapace; il naturale prodotto di una famiglia corrotta; il direttore generale dell'F.B.I. J.Edgar Hoover, un pornografo; il miliardario, imprenditore e produttore cinematografico Howard Hughes razzista, ipocondriaco e guardone; il sindacalista Jimmy Hoffa colluso con la mafia; Frank Sinatra ... Nessuno si salva, tra gli uomini! Forse solo Robert Kennedy, mentre le poche donne sono integre nel proprio alone di innocenza e di amore, anche quando sono sulla 'cattiva strada'. Gli unici che mantengono coerenza (seppur nel male) e una sorta di etica, sono i mafiosi. La scrittura di Ellroy, così come il suo punto di vista totalmente distruttivo e violento, può piacere oppure no. Non ci sono mezzi termini, non c'è un nì. I 'mezzi termini' non li usa nemmeno l'autore: tutto è violenza, tutto è degradazione, tutto è corruzione, in un girone infernale concentrico, senza uscita.

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altri libri di Ellroy e ne apprezza le atmosfere e lo stile narrativo 'difficile'
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Niki Opinione inserita da Niki    18 Agosto, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Bello e triste

(contiene spoiler) Bello e triste questo romanzo, così come bello e triste è il suo protagonista: un Antheano venuto sulla Terra, negli anni '80, per salvare i superstiti abitanti del suo mondo, distrutto dalle guerre atomiche, e per aiutare al contempo l'umanità che sta percorrendo lo stesso devastante percorso. Arriva negli U.S.A. con molto entusiasmo, dopo aver studiato per 15 anni gli umani attraverso le trasmissioni televisive, e ha un piano ben strutturato da portare a termine: arricchirsi il più possibile grazie alle strabilianti invenzioni del futuro e costruire un'astronave in tempo utile per trasportare sulla Terra i 300 sopravvissuti di Anthea. Thomas Jerome Newton (questo è il nome che sceglie) crede di conoscere tutto, e ha fiducia nella sua missione, eppure, sin da subito, avverte il peso della solitudine che non è mitigata neppure dalla presenza di alcune figure che gli diventano care: il chimico teorico Nathan Bryce, che lavora per lui e che sospetta la sua provenienza aliena, e la vedova quarantenne Betty Jo che lo assiste amorevolmente durante una caduta e che gli rimane accanto come domestica. Dolce, remissivo, fragile 'come un uccellino', Newton ascende e cade, così come Icaro nel quadro, spesso citato, di Brugel (caduta di Icaro). È totalmente solo perché la sua intelligenza lo pone al pari di un uomo costretto a vivere con delle scimmie. È un Dio che può solo guardare la vita frenetica di un gruppo di insetti senza possibilità di intervenire.Gli umani sono molto diversi da quelli presenti nei programmi televisivi studiati tanto a lungo, ed egli sprofonda nell'alcolismo e nell'indolenza fino a dubitare che, una volta sulla Terra, i suoi simili si possano davvero salvare, timoroso che ogni Antheano, pur evoluto e intelligente, cada nella stessa trappola; egli non è più alieno e non è umano: non ha una collocazione e, in fondo, non aveva nemmeno una missione visto che la CIA sospetta di lui sin da principio. Imprigionato, fatto oggetto di esperimenti che lo rendono cieco, cede alla follia; ma c'è forse una rinascita che lo attende: quando tocca il fondo, quando diventa come l'ultimo degli esseri umani, l'amico Bryde lo trova e, mentre Newton piange, gli cinge le spalle in un gesto protettivo. È un romanzo di fantascienza, è vero, ma contiene messaggi universali. 'A volte ci fate l'effetto di scimmie sguinzagliate nei musei e armate di coltelli per squarciare i quadri e di martelli per abbattere le statue' dice sconsolato Newton a Bryce durante la sua confessione: viviamo su un pianeta meraviglioso e lo stiamo distruggendo.

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Romanzi storici
 
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Niki Opinione inserita da Niki    17 Agosto, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Materialismo o spiritualità?

Amo molto questo scrittore: ha la capacità di rendere i personaggi vivi, le ambientazioni realistiche e le vicende, anche quelle quotidiane e ordinarie, interessanti. Merito della scrittura ricca, particolareggiata eppure fluida e musicale; è uno scrittore che ti fa vedere la storia che racconta e dà l'impressione che scrivere, per lui, sia un atto naturale. Protagonista di questo romanzo è Maugham stesso che si pone come voce narrante. Egli segue le vicissitudini, nel corso di una quindicina di anni, di alcuni personaggi - americani di Chicago - tra cui spicca Larry, un reduce della Grande Guerra, che, segnato nel profondo dalla tragedia a cui ha assistito e incapace di concepire un'esistenza superficiale, intraprende un difficile cammino alla ricerca di se stesso. Egli segue la sua strada con fiducia e slancio, sempre positivo, nonostante le persone 'normali' lo considerino un folle, fino ad arrivare a una sua personale consapevolezza. Molto riusciti anche gli altri protagonisti: il vanesio Elliot, che, in apparenza, pensa solo a feste e mondanità ma che, in realtà, è solo impossibilitato a esprimere la propria umanità nell'ambiente superficiale della borghesia che frequenta; la nipote Isabell, innamorata di Larry ma che preferisce sposare un altro, incapace di concepire una vita priva di agi. Questi personaggi si adattano alle convenzioni sociali e con la loro visione materialistica dell'esistenza, che credono l'unica possibile, sono infelici e si contrappongono specularmente alla ricerca spirituale di Larry che, s'eppur senza niente, è soddisfatto. Intensi anche i personaggi di contorno.
Il pericolo, per lo scrittore, avrebbe potuto essere quello di 'salire in cattedra' e dare una visone moralistica della società sempre incline a difendere se stessa da ciò che è diverso e che non concepisce, invece Maugham sa raccontare senza giudizio. Si legge con vero piacere e senza difficoltà.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Niki Opinione inserita da Niki    16 Agosto, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

non all'altezza di un thriller che si rispetti

Mi dispiace inserire un'opinione non positiva però credo sia giusto che chi si appresta a comprare un libro abbia a disposizione pareri diversi; a maggior ragione visto che io ho comprato 'La psichiatra' sull'onda dei commenti entusiastici. Cosa non mi è piaciuto? La scrittura, soprattutto, che è banale, piena di luoghi comuni, di ingenuità, e zeppa di tutta quella serie di escamotage che gli scrittori usano per tenere desta l'attenzione. Le spiegazioni dei disturbi psichici, che dovrebbero essere centrali, sembrano un copia incolla da wikipedia, come se l'autore non sapesse esattamente di cosa sta parlando. Anche la trama, seppur diventi più interessante sul finale, è noiosa, priva di slancio, e sa di già letto mille volte. In sintesi: è un lavoro onesto, si sente l'entusiasmo di chi l'ha scritto, ma, a mio parere, è molto lontano dall'essere il thriller mozzafiato con cui viene pubblicizzato. Lo consiglio solo a chi non ha mai letto niente di più complesso e impegnativo.

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