Opinione scritta da valfed33

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valfed33 Opinione inserita da valfed33    18 Febbraio, 2023
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Un viaggio che si trasforma in trappola

Questo romanzo assume la forma del racconto di un viaggio. Il viaggio è tipico della letteratura americana da Kerouac a Hemingway e Bowles forse senza nascondere le fragilità della cultura occidentale narra di un’avventura che, lungi dal desiderio di ispirare la conoscenza di un mondo esotico differente dalla cultura d’origine dei protagonisti, si rivela in realtà un viaggio senza esito se non addirittura una trappola. I tre personaggi, una coppia in crisi ed un amico comune, si avventurano dalle coste dell’Algeria fino alle profonde lande desertiche del Nordafrica alla ricerca di se stessi e di una dimensione coerente della loro esistenza con la realtà. L’indagine però non parte coi presupposti migliori: Kit, Port e Tunner, questi i nomi dei protagonisti ,sono legati da rapporti reciproci poco chiari, ipocrisie, superficialità , incomunicabilità. Port e Kit vivono due visioni dell’esistenza non sovrapponibili: l’uno avvinto da una spirale negativa di limiti alla sostenibilità di una vita piena e soddisfacente,l’altra non decisa a superare angosce e paure più per lasciare spazio alla personalità del coniuge che per vincere incapacità proprie. Tunner invece ragazzo immaturo e superficiale si inserisce nel rapporto tra i due coniugi non si sa per noia o per interesse flirtando a tempo perso con Kit. Nel corso della vicenda si inserisce il mistero e la magia del paesaggio ,della cultura africana e del suo popolo che non trovano alcun punto di corrispondenza con la ricerca compiuta dai tre compagni di viaggio che via via che proseguono nell’itinerario senza meta si separeranno e si disperderanno fino ad un punto di non ritorno ,stregati dall’assenza di spazio e di tempo nella percezione deformata che ne danno l’avvolgente cielo e deserto africani . Il libro scorre dal punto di vista narrativo non senza tratti spasmodici , descrizioni meticolosamente affannose di fatti e ambienti in linea col dramma vissuto dai personaggi. Nel complesso la vicenda è
triste ma non è priva di spunti di riflessione sul senso della vita e sulla ricerca della felicità… non una storia da liquidare, comunque, come fine a se stessa.

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valfed33 Opinione inserita da valfed33    17 Aprile, 2020
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Manzoni Verga Vassalli : una storia di vinti

Letti i due terzi di questo libro pensavo che la storia si riducesse alla cronaca di quello che doveva essere un ingiusto caso di condanna per stregoneria. Ma l’autore che sorprende per lo stile duttile ed estremamente versatile adatta e dosa la propria empatia in una sorta di climax ascendente in cui per comprendere a pieno il senso della triste avventura della protagonista è necessario che il lettore si fornisca di tutta una serie di informazioni fondamentali di carattere storico sociale e politico che circondano il piccolissimo paese di Zardino . Utilizzo il verbo “circondano” perché tutta la narrazione si incentra sulle vicende degli abitanti del paesello che scorrono in modo del tutto avulso e parallelo a quelle della vita politica dell intera Italia ma anche dell’allora Ducato di Milano e di Novara che ne faceva parte. Le guerre di religione L editto di Nantes, L avvento del metodo scientifico , la Controriforma erano avvenimenti vicini vicinissimi ma A Zardino tutto ciò che succede si narra e si spiega con gli occhi della gente che ci viveva , molti eventi rimangono degli interrogativi a cui i contadini non potevano dar risposta per il semplice motivo che in alcun modo potevano o dovevano esserne coinvolti. Degli esseri viventi totalmente invisibili agli occhi della realtà e dei potenti e a cui non sarebbe toccato altro che di subire gli eventi o esserne strumenti inconsapevoli ,i fili di una trama che qualcun altro era destinato a tessere. Si tratta in fondo di un racconto di vinti , descritto in maniera più feroce del realismo verghiano dove L’ inquietudine del progresso non è vissuta con una certa consapevolezza ma rimane una attesa o un’illusione che non si palesa mai ma trascinerà i suoi destinatari a tempo debito. Non si tratta neanche di un romanzo storico di stampo Manzoniano, non c’è speranza , non c’è Provvidenza, non c’è quella giustizia divina che punisce o redime i cattivi e premia i buoni. In questa vicenda i semplici vengono stritolati nell’ingranaggio della follia dei fatti e pilotati da una sorta di malignità universale ed endemica composta di ripicche, vendette personali che si intrecciano con oscure trame politiche e d’ambizione personale, a cui la verità è e deve rimanere completamente estranea. La durezza materialistica della riflessione conclusiva dell’autore sul Nulla che apre e chiude la storia del mondo così come la storia di Zardino non mi trova concorde. Abbiamo tutti i quanti il dovere di testimoniare la verità e di garantire la democrazia e la partecipazione di tutti alla vita sociale. La storia non è solo fatto ma è anche evoluzione e maturazione dell’essere umano che ha il dovere di rivedere le proprie colpe ed i propri errori... per non ripeterli!

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valfed33 Opinione inserita da valfed33    08 Settembre, 2019
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La vita è più semplice

Il tema trattato è quello dello smarrimento. Lo smarrimento esistenziale simboleggiato dal mito di Arianna , abbandonata a Nasso da Teseo.Smarrimento che è alimentato dalla nostra personalità e dalla nostra formazione per un verso , dalle nostre esperienze per altro verso. Le persone che incontriamo a volte non sono che proiezioni della nostra fragilità e dei nostri bisogni. È giusto parlarne perché il tema rappresenta sovente una tappa del nostro percorso di crescita individuale.Quello che non capisco di questo libro è l’insistenza a rappresentare come necessità ineluttabile il fatto di costringersi ad una esistenza di complicazioni inutili e dannose quando la vita è semplice e generosa di occasioni che ci rendono felici come nel caso della protagonista che ,non si capisce perché, quando arriva al raggiungimento della serenità e dell’amore ecco che ripiomba verso un passato che la condiziona ad un futuro che definisco mediocre, scontatamente complicato e che viene poi rappresentato come il normale punto di equilibrio psicologico, umano, sentimentale del personaggio. L’essere umano cerca il meglio non cerca il peggio ma neanche si forza alle minestre riscaldate! L’autrice sa fare di più ...e le consiglierei anche di usare maggiore originalità nell’intitolare i suoi libri evitando paragoni con lavori di altri colleghi che hanno avuto successo.Anche lo stile narrativo in alcuni punti non fluisce bene.
Giudizio finale: diciamo che stimola il senso critico sul tema... ma se ve lo perdete non succede niente!

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valfed33 Opinione inserita da valfed33    08 Settembre, 2019
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Ritratto equilibrato ma di una donna forte

Contiene spoiler
Siamo nel luglio del 1137 ed Alienor, la nostra protagonista , si avvia a diventare regina di Francia. Di nobilissime origini e duchessa della soleggiata e ricca Aquitania viene data in sposa per volontà di suo padre e a scopo strategico al Re di Francia Luigi VII che subito ne viene rapito per la bellezza indiscutibilmente delicata e distinta . Ma la scelta forzata al matrimonio si rivela un atto dovuto per proteggere i territori Aquitani che Alienor non avrebbe potuto governare da sola dopo la morte di suo padre dal momento che sarebbe stata preda di imboscate ordite dai signori dei regni circostanti per rapirla e sposarla traendone vantaggio. L’ ingresso a corte per Alienor non è dei più facili . L’ostilità della regina madre Adelaide e l’influenza di ecclesiastici rigidi e bigotti la costringono a dei duri sacrifici per evitare di essere marginalizzata dalle decisioni politiche di suo marito che pur affascinato da lei non ne coglie le abilità di donna e di regina ostinandosi a vedere in lei lo strumento per la prosecuzione della stirpe regale, che purtroppo non vedrà la nascita di eredi maschi. Pur tuttavia Alienor riesce ad affiancare Luigi in decisioni che porteranno alla guerra contro la contea di Tolosa e alla ostilità da parte del papa per non avere il re nominato Pietro de la Châtre come vescovo di Bourges. Il regno di Francia vive un periodo dinamico fatto di tensioni ma anche di potere ed egemonie tali da costringere Luigi VIIa patrocinare la seconda Crociata a Gerusalemme alla quale partecipa in modo abbastanza insolito anche la regina. Non avendo avuto esito positivo ,la seconda crociata il cui scenario vede anche la morte dello zio Raimondo nonché presunto amante di Eleonora, sarà il pretesto attraverso la quale la nostra eroina troverà il modo per sciogliere il matrimonio con il re di Francia e costruire una nuova alleanza strategica con Goffredo d’Angio’, la quale avrà come esito il matrimonio con Enrico II di Inghilterra , acerrimo nemico della Francia.
Il romanzo traccia gli esordi della vita avventurosa e sicuramente non marginale nel panorama politico del XII secolo di Eleonora ,Duchessa di Aquitania e Guascogna e contessa di Poitiers :dalla prematura scomparsa del Duca Guglielmo X alle nozze appena tredicenne con l’algido Re di Francia Luigi VIl fino alla dissoluzione del suo primo matrimonio per diventare a 25 anni una seconda volta sposa di Enrico Plantageneto e regina , questa volta ,d’Inghilterra. Abile politica, intrigante , colta e raffinata e oltretutto bellissima, saprà lottare e destreggiarsi abilmente per tutelare l’Aquitania e se stessa dalle brame di potere di uomini senza scrupoli in un mondo in cui le donne erano vittime di pregiudizi, relegate al ruolo di mogli e fattrici anche se erano di origini aristocratiche. L’immagine che ne da’ la scrittrice è molto equilibrata: non è una donna eccentrica e avventata , è però controcorrente rispetto ai tempi, si ingerisce della vita politica del consorte tutelando il suo regno ed i suoi vassalli senza farsi travolgere dalle vicende politiche di coloro che miravano a contrastare il re. Con calcolo ma non con spregiudicatezza valuta l’opportuNita’ di sciogliere il matrimonio con Luigi VIIma con estremo coraggio per evitare di soccombere ai predatori dell’Aquitania non esita a diventare nuovamente regina in una terra sconosciuta. Il testo incita agli approfondimenti ma costituisce un’ottIma base per avere una idea di un personaggio davvero speciale è fondamentale per la sua epoca.



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valfed33 Opinione inserita da valfed33    18 Agosto, 2019
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Un Verga romantico ma tecnicamente naturalista

“Il testo contiene spoiler”
La struttura del racconto, narrato in forma epistolare ,è perfetta per analizzare il progressivo mutamento psicologico della protagonista che si snoda vorticosamente e di pari passo col ritmo degli avvenimenti che, pur se non provocati assolutamente dalla stessa, finiranno per travolgerla in una sorta di turbinio di instabilità e consunzione a livello emotivo oltre che fisico.
Maria è una giovane educanda. Dall’età di 7 anni vive in convento dopo la morte della madre e le nuove nozze del padre, modesto impiegato , con una donna particolarmente benestante. Destinata a diventare monaca , si ritrova improvvisamente all’età di vent’anni , a vivere un periodo di vacanza e spensieratezza presso la villa di campagna dei genitori a Monte Ilice vicino Catania. In città, infatti, imperversa il colera e per ragioni di sicurezza e prevenzione, la Direzione del convento aveva preferito allontanare le novizie onde scongiurare i pericoli di un possibile contagio.
È così inizia la narrazione, nelle lunghe lettere indirizzate all’amica Marianna, del profondo senso di libertà, leggerezza, stupore, gaudio giovanile che Maria prova per la prima volta durante le lunghe passeggiate nel castagneto confinante con la proprietà di famiglia, nell’osservare incantata il panorama delle valli che circondano la cima dell’Etna,nell’assaporare le sensazioni di allegria per la vicinanza agli affetti familiari, di curiosità e speranza che l’atmosfera della vita vissuta “fuori” suscita in modo così improvviso è avventato rispetto ai ritmi melanconici e quotidianamente cadenzati della rigida esistenza all’interno del chiostro :“bisognava venire quì in campagna fra i monti, ove per andare al l’abitazione più vicina bisogna correre per le vigne, saltar fossati, scavalcate muricciuoli ove non si ode ne’ rumor di carrozze nè nè suon di campane, nè voci di estranei, di gente indifferente” ...“ da tutte le porte , da tutte le finestre si vede la campagna, i monti, gli alberi, il cielo è non già muri, quei tristi muri anneriti!”
Maria sembra acquistare vigore via via che prende coscienza della sua essenza umana più vitale, più terrena , almeno fino a quando non si accorge di non saperne gestire gli aspetti più imponderabili come l’amore, la passione ed il lacerante senso di colpa derivante dall’incerta attitudine a compiere delle scelte per maturata convinzione personale piuttosto che per compiacimento sociale e quieto vivere familiare. Da questo momento di smarrimento il lettore si ritrova letteralmente trascinato nel ritmo sincopato dei periodi sempre più brevi che Maria compone nelle sue lettere e nelle quali quello che all’inizio del racconto poteva sembrare un confronto con un interlocutore muto diventa sempre più un mesto e tortuoso monologo interiore colmo di disperazione senza via d ‘ uscita da quello che più che un ingiusto destino sembra trasformarsi in una crudele condanna .
Maria, provata sia nella mente che nel corpo, si arrovella nel cercare di comprendere perché mai un sentimento d’amore così totale per un uomo possa contrastare quello verso Dio: “ Io amo il mio peccato!” Vuole ribellarsi ma rimane strozzata da dolorosi scrupoli. Non un conforto, nessuna speranza, il buio. Gli spasimi romantici e passionali della monaca innamorata cedono il passo ad esclamazioni forsennate d’ agonia che scorrono come un fiume verso la foce.
La tramatura del racconto epistolare , utilizzato non a caso, svela un Verga tardi romantico proteso a sperimentare il percorso psicologico della protagonista sovrapponendolo di pari passo col percorso mutamento fisico , con metodi e ritmi che ne rivelano tecnicamente le sperimentazioni del naturalismo francese ma mostrano altresì una resa più genuina , poco forzata , meno fittamente scientifico descrittiva, drammatica e struggente ma senza esagerazioni; anzi, nel trascinamento verso il baratro della protagonista, il lettore , empatico verso i dolori irrisolti della capinera ne comprende le ragioni che riflettono una società crudele, ipocrita che nella coltre ovattata delle proprie meschinità non offre alla protagonista alcun strumento di analisi , sviluppo e comprensione della condizione vissuta contro la quale non è opponibile ne’ un sentimento compiuto di ribellione , nè di rassegnazione in quanto manca una compiuta presa di coscienza individuale.

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Lettere di una monaca portoghese di Guillerague
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valfed33 Opinione inserita da valfed33    11 Novembre, 2017
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Poeticamente umana

Poeticamente umana

Già nel titolo la prospettiva di interpretazione suggerita proietta il lettore verso l’analisi dell’umanità femminile del personaggio che è probabilmente il meno giudicato e , forse, il meno “criticabile”in senso lato, dei Vangeli: Maria di Nazareth. Da sempre collocata nell’immaginario dei credenti , e non, come simbolo di purezza, grazia, maternità universale, di “Lei”,appunto personalmente,si conosce poco: “di me non si sa da dove vengo, sono nata con mio figlio, resa madre dal suo apparire... come se prima del bambino non fossi esistita...anche il dopo il testo non lo racconta”. Ma l’autrice riporta alla concretezza questa donna storicamente un po’ evanescente ponendo l’accento su quelli che sono i caratteri di fisicità e sentimento che hanno costruito, come per tutte le madri, un rapporto naturale di gestazione e attesa prima e di genitorialita’ per oltre trent’anni con un figlio sicuramente “speciale”.
La narrazione del lato umano di Maria viene scandita così attraverso gli episodi del Vangelo che partono dall’Annunciazione fino alla morte e resurrezione di Gesù. Le pagine si connotano di descrizioni fluide, asciutte, psicologicamente penetranti e poetiche delle emozioni, dei disagi,delle speranze ed anche delle paure che una giovane donna fin troppo acerba ed ingenua sperimenta con la consapevolezza particolare di essere la madre del Dio vivente e di avvertirne il peso, presagendone il futuro di grandezza per il messaggio d’amore che egli avrà il compito di annunciare ma anche il dolore per una morte ingiusta a riscatto della salvezza del prossimo.
È un calice amaro ma anche una felicità intensamente intima quella descritta per voce di Maria, una vita fatta di una normalità sempre agognata, mai completamente vissuta, tesa, troppo tesa per essere confessata apertamente agli altri che chiedono a Lei di comprendere il ruolo di suo figlio sulla Terra( Giovanni, Giuda e perfino Pietro ).
Le pagine del libro riescono a rendere compartecipe il lettore della profondità di sentimento di questa giovane donna. Ciò che però rischia di rendere l’intento poetico poco incisivo ed accattivante( anche perché la storia comunque già tutti la conosciamo!) è lo schivare volutamente l’aspetto spirituale del soggetto che è comunque essenziale per la connotazione del suo lato umano, soprattutto se dall’angolo di interpretazione di questo personaggio non se ne valuta l’aspetto della fede intesa come fiducia ed assoluto convincimento di assolvere al suo compito di madre e figlia del suo stesso figlio e di interprete silente ma non passiva della missione di lui. Una sfida magari ardita se laicamente intesa ma almeno meritevole di un tentativo da parte di una scrittrice di grande penetrazione dal punto di vista dell’uso lessicale e stilistico ed originale nella costruzione narrativa



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Inchiesta su Maria di Augias testo coraggioso e d indagine articolata sul personaggio
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