Opinione scritta da GioPat

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Romanzi storici
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    15 Dicembre, 2021
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Prima o poi dovremo affrontare noi stessi

Noa è una ragazza che è stata cacciata di casa dopo che i suoi genitori hanno scoperto che era rimasta incinta di un soldato nazista. Un giorno, durante il turno di lavoro come donna delle pulizie presso una stazione ferroviaria, scorge un vagone merci da cui provengono dei rumori. Qui decide di prendere e portare con sé un bambino, che poi scoprirà essere ebreo, perché gli ricorda il suo che le è stato portato via subito dopo il parto. Volendo nascondere sé stessa e il bambino, si ritrova a camminare per arrivare nella tenuta di un circo tedesco in cui incontra una donna di nome Astrid. Questa, costretta a cambiare nome poiché ebrea, concederà a Noa di restare con loro a patto che impari a volteggiare sul trapezio in vista degli spettacoli in programma. Le due dovranno mettere da parte le iniziali diffidenze e imparare a fidarsi reciprocamente in una Germania del 1944 che non risparmia nessuno.

Romanzo di Pam Jenoff che mi ha convinto pienamente, soprattutto dal punto di vista della trama. La storia è raccontata in maniera lineare e ci sono salti indietro nel tempo solo nei primi capitoli e salti avanti nell’epilogo finale. Mi è piaciuto che gli avvenimenti del romanzo si articolino in un arco temporale ridotto, utile a mio parere per non perdersi nessuna vicenda delle protagoniste e per seguire meglio gli avvenimenti e la loro successione. Il finale mi ha colpito particolarmente e l’ho trovato la giusta conclusione ad un racconto ben scritto ricco di colpi di scena che mi hanno lasciato con il fiato sospeso.

Lo stile l’ho gradito: la storia viene narrata in prima persona da Astrid e Noa con le loro idee e i propri modi di fare. Nel corso del racconto non mancano avvenimenti narrati da entrambi i punti di vista, rimarcando la differenza caratteriale tra le due e la reazione a quegli eventi. Rispetto ad altri libri con la stessa tecnica di narrazione in prima persona da parte di più personaggi, in questo sono riuscito a seguire le storie delle protagoniste con tutti i loro intrecci senza essere portato a dover tornare indietro tra le pagine per riprendere la storia del personaggio nel punto in cui è stata interrotta. Questo aspetto mi è piaciuto molto e mi ha consentito di proseguire indisturbato la lettura. Nel corso del racconto e in particolar modo all’inizio sono stati accennati termini tedeschi a cui non è seguita traduzione. Questa scelta, seppur ininfluente alla narrazione e alla scorrevolezza della stessa, è stata l’unica piccola macchia di questo racconto.

Mi sento di consigliare fortemente questo libro dal momento che racchiude in sé momenti di gioia, tristezza, speranza e rassegnazione in un momento storico molto delicato ma raccontato in maniera ineccepibile dall’autrice, della quale sono curioso di leggere altre opere.

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GioPat Opinione inserita da GioPat    01 Dicembre, 2021
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I segreti non ostacolano la felicità

Paul Lohman, un ex insegnante di storia, si trova con sua moglie Claire in un ristorante di lusso ad Amsterdam con suo fratello maggiore Serge Lohman, un importante politico e concorrente alla carica di Primo Ministro olandese, e sua moglie Babette. Obiettivo principale della cena è discutere della gestione di un crimine commesso dai loro figli, filmato da una telecamera di sicurezza e mostrato in tv. I genitori devono decidere cosa fare, spinti anche dal fatto che i due ragazzi non sono stati identificati. Durante la cena, tuttavia, non mancheranno eventi che creeranno un clima di tensione tra le due famiglie.

La storia è narrata in prima persona da Paul e si sviluppa nel corso di una serata, anche se non mancano salti indietro nel tempo per mettere il lettore a conoscenza di antefatti utili alla delineazione dei personaggi. Ho apprezzato che i tempi del libro siano stati scanditi molto bene, racchiudendo i capitoli all’interno di macrocapitoli ciascuno con il nome di una portata del ristorante, dall’aperitivo fino al digestivo, per raggiungere l’epilogo con la mancia. Tale scelta, a mio parere, aiuta la progressività del racconto e lo rende più scorrevole.

La trama è semplice e di facile comprensione, con descrizioni accurate di avvenimenti e paesaggi. Anche in presenza di un flashback, una volta tornati nel presente all’interno del ristorante si riesce a continuare a seguire il racconto lasciato in sospeso. I personaggi sono pochi, delineati e non mancano diversi colpi di scena, a volte inaspettati, utili a stupire il lettore. Il finale lascia alcune domande ad aleggiare nella testa del lettore, mi sarebbe piaciuto conoscere l’epilogo di tutti gli avvenimenti narrati.

Libro di Herman Koch che mi sento di consigliare in quanto leggero, con temi semplici che a volte si contornano di un’aura di mistero. Una storia in cui alcuni personaggi sembrano interessati più al successo personale che al futuro dei propri figli porta a domandarci se sia meglio seguire le necessità del cuore o quelle della morale.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    25 Ottobre, 2021
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Una faccia è soltanto un altro genere di maschera

Aiden Bishop si sveglia di soprassalto nei boschi di una magione inglese chiamata Blackheath House non ricordando nulla, tranne che è alla ricerca di una donna chiamata Anna. Si ritrova così a camminare giungendo alla villa dove scopre di essere nel corpo di un dottore chiamato Sebastian Bell e che si ritrova a Blackheath House ospite di una festa in maschera insieme ad altri numerosi invitati. Il giorno dopo Bishop si risveglia nel corpo del maggiordomo Collins, rivivendo la giornata precedente. Attraverso un uomo vestito da Medico della peste, scopre che egli si risveglierà in otto corpi diversi rivivendo la stessa giornata, finché non scoprirà chi sarà ad uccidere Evelyn Hardcastle, primogenita degli organizzatori della festa in maschera. Attraverso tante scoperte in corpi diversi e colpi di scena, Aiden Bishop dovrà risolvere il delitto, scoprire chi sia Anna e perché la sta cercando.

Ho trovato questo libro molto altalenante dal punto di vista della trama: comincia in maniera ottima con il protagonista sperduto che con il passare dei capitoli finalmente scopre il motivo per cui si sveglia ogni giorno in un corpo diverso. Tuttavia nel corso del racconto molti passaggi non risultano chiari: durante la prima giornata il protagonista compie determinate azioni parlando con determinati personaggi, ma quando si sveglia il secondo giorno nel corpo di un altro personaggio, le sue azioni e i suoi dialoghi rimangono, il che fa intendere che egli non stia rivivendo la stessa giornata ma che viva momenti differenti della stessa giornata in otto differenti corpi, cosa che a mio parere non è stata resa per nulla chiara nel libro. Negli ultimi capitoli la storia si fa maggiormente avvincente e si riesce a tenere meglio il focus sulle descrizioni. All’interno del racconto, come si può facilmente immaginare, avvengono un numero considerevole di eventi a cui bisogna prestare attenzione, in particolar modo ai dettagli che sembrano essere scritti come contorno e invece si riveleranno utili per ricostruire tutti i pezzi delle indagini.

Lo stile l’ho mediamente gradito: il libro è suddiviso in sessanta capitoli divisi tra otto incarnazioni intermezzate le une con le altre. Questo aspetto, a mio parere, non aiuta il lettore poiché si passa da un personaggio ad un altro per poi tornare di nuovo al primo, e ricordarsi tutti gli avvenimenti relativi ad un personaggio quando la sua giornata è stata inframmezzata da numerosi capitoli, mi è risultato difficoltoso. I personaggi sono tantissimi e si fa confusione nel ricordarseli quando si incontrano all’interno del racconto, nonostante non vengano presentati tutti insieme. Ho apprezzato che tutti i personaggi siano stati caratterizzati in modo differente, non lasciando intuire chi tra loro potesse essere l’artefice dell’omicidio.

Non so se è un libro che consiglierei, perché è davvero impegnativo e, come affermato sopra, gli eventi non risultano del tutto chiari, complice l’intermittenza del racconto della giornata di un determinato personaggio. Occorre prestare molta attenzione a tutto ciò che si legge per apprezzare a pieno questo libro ricco di avvenimenti, colpi di scena, dialoghi interessanti e omicidi.

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GioPat Opinione inserita da GioPat    29 Settembre, 2021
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Entrò nella mia vita per non uscirne più

Konradin von Hohenfels è un ragazzo di famiglia nobile che si aggrega alla classe di Hans Scwarz, un ragazzo proveniente da una famiglia ebraica. Dal primo momento che i due passano insieme ha inizio una storia d’amicizia destinata a durare nel tempo, nonostante gli avvenimenti poco piacevoli del 1932, anno in cui si svolge la storia, nonché l'anno che precede l'avvento del nazionalsocialismo.

Ho apprezzato questo libro perché l’ho trovato molto leggero: la trama non è lunga e si riesce a seguire bene. I personaggi sono pochi e delineati, anche quelli che non si vedono ma di cui si parla. Inoltre emergono bene le differenze caratteriali dei due protagonisti, con i pensieri e le preoccupazioni di essere un sedicenne.

Lo stile è semplice: la storia è raccontata in prima persona da Hans e nonostante gli avvenimenti all’interno del racconto non siano molti, vengono narrati bene anche attraverso le descrizioni di paesaggi e città. I dialoghi presenti sono pochi e avvengono perlopiù tra lui e Konradin, scelta che ho apprezzato poiché in essi vi ho trovato il senso di questo libro.

Personalmente è un libro che consiglio perché lo si legge rapidamente, complice il numero esiguo di pagine, ed è inoltre un bel racconto di amicizia in crescendo tra due ragazzi di origini differenti, che raggiunge il culmine nelle ultime righe del racconto. Sono incuriosito da ciò che ha riservato l’autore nel sequel di questo libro.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    09 Settembre, 2021
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Quella coppia era l'incarnazione del vero amore

Rachel prende il treno per Londra ogni mattina e, per sfuggire alla routine, guarda fuori dal finestrino scorgendo la casa in cui un tempo viveva con Tom, suo ex marito ora sposato con Anna, e alcune case più in là un’allegra coppia che non conosce. Rachel ogni mattina riesce a scorgere qualcosa della vita familiare della coppia dal finestrino del treno, appassionandosi alla loro vita e arrivando a dar loro nomi inventati (Jess per Megan e Jason per Scott). Tuttavia una mattina vede qualcosa di strano che la porta a far crollare tutte le sue certezze sulla coppia, e da allora ha inizio per lei la ricerca della verità, passando per amicizie, ex amori, conoscenze e sconosciuti.

Racconto molto suggestivo di Paula Hawkins che mi ha tenuto con il fiato sospeso fino alla fine. La storia è una sorta di diario con le date ed i momenti della giornata in cui avvengono i fatti, ed è narrata in prima persona da Rachel, Anna e Megan. Tale scelta è risultata a mio parere un’arma a doppio taglio: l’ho apprezzata perché, quando si fa riferimento alla storia di due personaggi narranti lo stesso giorno, si possono seguire gli avvenimenti da più punti di vista. Tuttavia non mi è piaciuta questa scelta perché più volte mi sono ritrovato a chiedermi quale dei tre personaggi avesse compiuto determinate azioni, essendo che la narrazione, talvolta, segue un certo personaggio per molto tempo e si fatica a ricordare le ultime vicende accadute agli altri.

I capitoli sono abbastanza corti e scorrevoli; quelli narrati da Megan fanno riferimento al passato quindi il lettore viene messo a conoscenza degli antefatti avvenuti, consentendo di delineare i personaggi secondari, al pari di quelli principali che sono ben caratterizzati e tutti utili al fine della narrazione. Non ci sono stati, personalmente, cali di interesse nella lettura perché la scrittrice è stata capace di farmi entrare nel suo racconto e vivere ciò che leggevo, attraverso un racconto scorrevole e scritto con un linguaggio semplice.

Consiglio questo libro perché dentro vi è un racconto interessante ed intelligente allo stesso tempo: la storia di tre donne, nonché le narratrici, che combaciano alla perfezione tra amore, odio, paura e disgrazie. Questo racconto ci fa prendere consapevolezza del fatto che molte volte la vita perfetta che crediamo gli altri abbiano è in realtà pura illusione.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    07 Aprile, 2021
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Chi sorveglierà i sorveglianti?

Susan Fletcher, la responsabile della divisione crittologia della National Security Agency, viene convocata con urgenza dal suo capo, il Comandante Strathmore. Il motivo per cui è richiesta la sua consulenza in un sabato qualunque, è che TRANSLTR, strumento in grado di decodificare qualsiasi tipo di codice in pochissimo tempo, si trova in difficoltà a decriptare un particolare codice. Questo codice è stato creato da Ensei Tankado, ex dipendente della NSA, che viene trovato morto in Spagna lo stesso giorno. Il Comandante Strathmore e Susan, rinchiusi dentro Crypto (la sala di massima sicurezza in cui è conservato TRANSLTR) dovranno fare una corsa contro il tempo per trovare tutti gli indizi necessari a decrittare il codice che, se finito nelle mani sbagliate, potrebbe compromettere la credibilità del Governo Americano.

Non mi ero mai imbattuto in un thriller scientifico perché non pensavo potesse piacermi, tuttavia mi sono dovuto ricredere leggendo questo libro. Dan Brown è riuscito a tenermi con il fiato sospeso fino alla fine attraverso un racconto lineare e scorrevole: l’intera storia si articola nel corso di una sola notte, in cui tuttavia gli avvenimenti sono numerosi. All’inizio della lettura, per chi come me non ritrova familiare il linguaggio scientifico, il libro può risultare pesante e poco scorrevole. Tuttavia tutto ciò di cui si parla viene ben spiegato rendendo la lettura maggiormente comprensibile. I personaggi che si incontrano nel racconto sono molti, ognuno con una propria storia e a mio parere molto interessanti. La storia segue prevalentemente le vicende che accadono dentro Crypto con protagonisti Susan e il Comandante Strathmore, tuttavia vengono dedicati interi capitoli agli altri personaggi e a ciò che accade loro nel corso della stessa notte. Tale scelta mi è piaciuta molto poiché consente al lettore di avere sotto controllo tutti gli avvenimenti e capire che quanto accade dentro Crypto ha conseguenze altrove.

La trama mi è piaciuta molto: ricca di contenuti e mai banale. Le storie dei vari personaggi si intrecciano bene tra loro e non mancano i colpi di scena che possono lasciare il lettore a bocca aperta. I capitoli sono generalmente brevi e scritti con uno stile semplice e lineare; non ci sono salti avanti o indietro nel tempo, il che rende il libro maggiormente comprensibile. Il finale mi è piaciuto molto, in particolar modo perché fino all’ultima riga del racconto non si sa se la storia possa avere un lieto fine o meno.

In conclusione sono rimasto soddisfatto da questo libro nonostante mi aspettassi che fosse di più difficile comprensione per via dei temi scientifici trattati. Merita di essere letto poiché a parer mio racchiude al suo interno più generi di quanto si immagini e inoltre non mancano colpi di scena in un clima di tensione, paura, amore e spionaggio.

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Romanzi
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    15 Febbraio, 2021
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Ci sono cose che bisogna vedere e sentire

Mariam e Laila sono due donne con due età e due storie molto differenti: la prima ha uno stretto rapporto con il padre e un rapporto più complicato con la madre, la quale non manca mai di ricordarle che è stata avuta illegittimamente e non perdendo occasione per chiamarla “harami”, bastarda. Non le viene permesso di andare a scuola e al compimento dei suoi quindici anni viene data in sposa. La seconda, invece, ha un bel rapporto con entrambi i genitori e le è consentito andare a scuola. Sarà un tragico evento a far incontrare le due donne e a farle scoprire di avere molto più in comune di quanto credano, in una Kabul bellicosa disposta a non risparmiare nessuno.

Secondo romanzo di Khaled Hosseini in cui appare chiara la denuncia verso tutte le brutalità che hanno visto protagonista l’Afghanistan durante gli ultimi anni del secolo scorso. Il libro copre un arco di tempo considerevole: dagli anni ‘70 ai primi anni 2000 e, immancabilmente, gli avvenimenti raccontati sono tanti. La trama mi è piaciuta in quanto lineare e di facile comprensione, seppur all’inizio del racconto ho faticato un po’ a comprendere il periodo di cui si parlava, visto che il libro si apre con Mariam bambina e vengono fatti dei salti avanti nel tempo non sempre ben spiegati. Tuttavia una volta superati i primi capitoli, tutto risulta di più facile comprensione.

I personaggi del romanzo non sono molti, ma hanno tutti caratteristiche ben chiare e delineate. Ho apprezzato il cambiamento che hanno avuto alcuni, pur mantenendo i loro comportamenti originari. Lo stile l’ho gradito molto e ho apprezzato l’inserimento nel corso del racconto di termini arabi, anche se non sempre sono stati tradotti dallo scrittore in italiano, il che ha reso leggermente più complicata la comprensione. Tuttavia i molteplici avvenimenti del racconto sono ben spiegati in tutta la loro essenza e il finale mi ha indotto inevitabilmente a sorridere, nonostante tutto.

Mi sento di consigliare fortemente questo romanzo perché, seppur faccia male leggerlo per via della verità messa a nudo raccontata, è una realtà che a mio parere va conosciuta. Purtroppo non tutti viviamo nelle stesse condizioni e leggere la storia di Mariam e Laila ne è la prova: una vita fatta di paura e oppressione, in cui essere succube del proprio marito è considerato normale, il tutto incorniciato da un conflitto senza fine.

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GioPat Opinione inserita da GioPat    01 Febbraio, 2021
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Beatrice è vino rosso: mi ubriaca

Leo è un ragazzo liceale come tanti altri: va a scuola, gioca a calcio, è innamorato. La ragazza che ha fatto breccia nel suo cuore si chiama Beatrice e, quando Leo non la vede più a scuola, inizia a mandarle messaggi sul cellulare senza mai ricevere risposta. Dunque inizia per il protagonista una vera e propria rivoluzione che porterà anche a cambiarlo nel profondo: scopre che Beatrice è malata, ha una malattia che Leo paragona al bianco, colore che lo preoccupa profondamente. Scopre che la malattia ha a che fare con il sangue, il colore rosso che egli paragona al bello della vita in quanto i capelli di Beatrice sono proprio rossi, e dunque cercherà di fare di tutto per riuscire ad aiutarla e confessarle finalmente il suo amore, aiutato dalla sua inseparabile amica Silvia e da un insegnante di storia e filosofia soprannominato “Il Sognatore”.

Romanzo d’esordio per Alessandro D’Avenia che gli ha conferito la fama internazionale. Lo stile mi è piaciuto molto: il narratore è Leo che parla in prima persona e nelle descrizioni ho trovato il linguaggio di un ragazzo di 16 anni, per questo a volte leggermente colorito. Attraverso le descrizioni effettuate sono riuscito ad immedesimarmi nel protagonista e riuscire, talvolta, a provare ciò che provava lui, vivere ciò che viveva lui e sperare ciò che sperava lui. Le frasi usate nel libro sono perlopiù semplici e rendono la lettura scorrevole. Inoltre non mancano nel corso del racconto similitudini tra i colori e aspetti della vita che ho apprezzato molto: ad esempio lo scrittore attraverso il protagonista paragona il rosso all’amore e alla passione, mentre il bianco alla paura. In alcuni punti del racconto vi sono dei passaggi che meritavano, a mio parere, una maggior attenzione e su cui avrei preferito che lo scrittore ci si soffermasse un po’ di più, anche se mi ritengo soddisfatto dello stile scelto.

La trama, al pari dello stile, non è complessa: è una storia lineare senza salti temporali che permette di avere una visione chiara e completa dei fatti in corso. L’epilogo del racconto potrebbe risultare scontato anche se personalmente, una volta giunto alle ultime pagine, sono rimasto colpito. I personaggi non sono molti, ma possiedono caratteristiche differenti l’uno dall’altro; i protagonisti sono stati ben delineati e le loro intenzioni appaiono chiare all’occhio di un lettore attento, anche se avrei preferito una delineazione maggiore per i personaggi secondari. In questo romanzo ho inoltre ritrovato i comportamenti tipici degli adolescenti, con tutti i loro punti di forza e debolezza.

A mio parere è un libro che non può mancare nella libreria dei lettori di romanzi, giovani e non. Un bello spaccato di vita che fa anche riflettere, raccontando temi sensibili dal punto di vista dei giovani e nascondendo dentro di sé un messaggio molto importante: i giovani non hanno paura di lottare per ciò che desiderano, per il rosso della loro vita.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    19 Novembre, 2020
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Quale strano enigma è l'uomo

Sherlock Holmes non è più stimolato intellettualmente e ciò lo porta a fare uso di cocaina. Il suo fedele amico John Watson è preoccupato per lui, quando all’improvviso l’investigatore riceve la visita di Mary Morstan, una signorina che fa da subito breccia nel cuore del dottor Watson. Ella si rivolge a Sherlock Holmes poiché ha ricevuto una lettera da un misterioso ammiratore che lo stesso giorno di ogni anno le manda una perla di ottima fattura. L’ammiratore chiede di incontrare la signorina e lei si reca all’appuntamento insieme a Holmes e Watson, dove qui trovano Thaddeus Sholto, figlio di un collega del padre di Mary, quest’ultimo scomparso da quattro anni in India. L’investigatore finalmente avrà tra le mani un nuovo caso e dovrà fare affidamento sulle proprie innate capacità intellettive e sul suo collega per poterlo risolvere.

Ho iniziato la saga dell’investigatore più famoso della letteratura e dopo aver terminato il primo romanzo mi sono buttato a capofitto su questo nella speranza che potesse affascinarmi in egual maniera, se non di più.
La trama in sé mi è piaciuta: come nel romanzo precedente l’identità dell’assassino viene svelata più o meno a metà racconto e successivamente vengono spiegati gli antefatti. Nel romanzo non mancano colpi di scena e momenti di suspance che inducono il lettore a scorrere le pagine rapidamente per poter arrivare a scoprire la verità insieme a Sherlock Holmes. Arrivati alla fine del racconto non vi sono domande che aleggiano nella mente del lettore, se non cosa abbia in serbo il futuro per il dottor Watson.

Sfortunatamente la bella trama di questo libro mi è risultata, a tratti, di difficile comprensione a causa dello stile: l’inizio viene spiegato bene e il lettore viene indirizzato verso l’inizio del caso in maniera ineccepibile. Tuttavia una volta che si entra nel “vivo” del racconto si fatica a seguire tutti gli avvenimenti e arrivati al capitolo finale dove vengono spiegati gli antefatti dei delitti, il focus si perde completamente. La narrazione di tali antefatti si sarebbe potuta benissimo condensare in poche pagine, invece di prendere la storia alla larga e raccontare minuziosamente tutti i dettagli della questione. Avendo riscontrato questa caratteristica seppur in maniera minore anche nel romanzo precedente, sono stato inevitabilmente portato a pensare che sia uno stile fatto proprio dallo scrittore. I personaggi incontrati in precedenza hanno mantenuto le loro caratteristiche già note e questo l’ho trovato positivo. La storia è narrata in prima persona dal dottor Watson e di conseguenza riusciamo a capire molto bene tutti i suoi stati d’animo nei confronti degli altri personaggi.

Consiglio questo libro a chi ha intrapreso il viaggio nella lettura dei romanzi e dei racconti di Arthur Conan Doyle. Nonostante lo stile non sia stato di mio gradimento, ho trovato la trama ben congeniata e che mi ha portato, nonostante tutto, a sfogliare i capitoli per arrivare alla soluzione del caso insieme a Sherlock Holmes e Watson, e sperare il meglio per loro nel prossimo romanzo.

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Consigliato a chi ha letto...
Uno studio in rosso
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Classici
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    10 Novembre, 2020
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Se non c'è immaginazione non c'è orrore

John Watson è un ex medico militare appena tornato nel Regno Unito dalla guerra in Afghanistan a causa delle ferite riportate alla spalla e al ginocchio. Qui incontra, tramite un suo collega, il famoso investigatore Sherlock Holmes con cui andrà a condividere l’appartamento sito al 221B di Baker Street. Dopo essersi sistemati, all’investigatore arriva un telegramma da Scotland Yard su un omicidio avvenuto in cui si richiede il suo aiuto per risolverlo. Egli, dunque, insieme al suo nuovo coinquilino Watson si reca sul luogo dell’assassinio e grazie alla sua attenzione per i dettagli noterà indizi che sfuggono ai suoi colleghi di Scotland Yard. Quando tuttavia la soluzione del caso sembra vicina, si compie un altro delitto collegato con il primo e dunque presumibilmente effettuato dalla stessa persona. Sherlock Holmes riuscirà a risolvere il caso mentre la polizia londinese continua a brancolare nel buio.

Primo romanzo di Arthur Conan Doyle con protagonista il celebre investigatore Sherlock Holmes. Il libro è suddiviso in due parti: il racconto degli omicidi e gli antefatti che hanno portato alla realizzazione degli stessi. La prima parte scorre molto veloce e presenta anche un colpo di scena a mio parere totalmente inaspettato; l’attenzione del lettore viene posta sui fatti in atto e all’improvviso viene deviata, scelta che ho apprezzato molto. Tuttavia la seconda parte scorre molto più lenta, complice il salto nel passato che viene effettuato e che riporta un’ambientazione totalmente differente da quella della prima. Solo gli ultimi due capitoli, che si ricollegano all’ultimo della prima parte, riportano la narrazione a scorrere e a lasciare il lettore soddisfatto di ciò che legge.

Lo stile l’ho trovato di mio gradimento. Se non sapessi l’anno in cui è stato pubblicato questo romanzo potrebbe risultare senza problemi scritto recentemente: i termini non sono complessi e le frasi sono di semplice comprensione. La storia è narrata in prima persona dal dottor Watson, il che a tratti mi ha divertito poiché palpabile lo stupore di come Sherlock Holmes riesca a cogliere il più piccolo dei particolari e da qui riuscire persino a identificare una persona con le relative abitudini; lo stesso Watson ha subito un identikit da Holmes dopo un semplice e rapido sguardo sulla sua persona.

Il libro lo consiglio vivamente in quanto è molto leggero e mi ha appassionato, nonostante la seconda parte non sia riuscita a prendermi completamente. Leggerò sicuramente i successivi romanzi dello stesso autore con protagonista il famoso investigatore, sperando di poter trovare racconti avvincenti come questo e che mi lascino con il fiato sospeso fino alla fine, ma che mi colpiscano con i colpi di scena. In conclusione questo è un grande classico che non può mancare nella libreria di ogni appassionato di libri gialli.

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Classici
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    06 Novembre, 2020
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In qualunque momento abbiamo la morte alle spalle

Dieci persone vengono invitate per diversi motivi su un’isola da un certo Signor Owen. Gli invitati non si conoscono tra di loro e una volta arrivati scoprono che il signor Owen non c’è; ad attenderli vi sono solamente i due domestici i quali, come ognuno di loro, non hanno ancora conosciuto il proprietario della villa. In ognuna delle camere assegnate agli ospiti è appesa al muro una filastrocca che narra di dieci negretti i quali, uno dopo l’altro, muoiono in modi differenti. Gli ospiti dunque dovranno cercare di guardarsi le spalle per poter sopravvivere sull’isola e non subire la stessa sorte dei dieci negretti.

Uno dei racconti più famosi di Agatha Christie che qui mi ha lasciato, al pari di “Assassinio sull’Orient Express”, con il naso incollato alle pagine fino alla fine. Nei primi capitoli vengono introdotti tutti i protagonisti attraverso i loro motivi per cui sono stati invitati sull’isola. La trama è lineare, nonostante ci siano alcuni salti nel passato da parte dei personaggi che possono aiutare a comprendere meglio la loro forma mentis. Arrivati all’inizio dell’ultimo capitolo vi sono tante domande che possono aleggiare nella mente del lettore, tuttavia trovano risposta nell’ultimo, avvincente capitolo.

Lo stile mi è piaciuto: nonostante sia un libro scritto negli Anni ’30, l’ho trovato attuale per molteplici versi. Le frasi non sono difficili e i dialoghi presenti contribuiscono a far scorrere la lettura in modo lineare. Ho apprezzato che l’ultimo capitolo del libro venga presentato come Epilogo, il che potrebbe indurre il lettore a pensare che il racconto sia ormai terminato, il mistero sia stato risolto e ciò che si andrà a leggere sarà solo un post-racconto. Tuttavia arrivati all’Epilogo ci si accorge che in quel capitolo sono racchiuse tutte le spiegazioni inerenti quanto letto fino a quel momento.

Libro che consiglio assolutamente agli amanti dei gialli e della scrittura di Agatha Christie, poiché qui ho trovato un misto di tensione, spionaggio, mistero e colpi di scena che hanno reso questo libro il capolavoro che è oggi. Ogni capitolo induce il lettore ad iniziare quello successivo fino ad arrivare alle ultime righe del libro in cui vi è un finale inaspettato che mi ha personalmente lasciato a bocca aperta e che mi ha fatto capire perché l’autrice sia stata definita la regina del giallo.

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Fantascienza
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    28 Ottobre, 2020
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Un problema non va affrontato, ma bruciato

Guy Montag è un vigile del fuoco che appicca incendi nelle case di chi detiene illegalmente libri, in quanto la lettura è considerata proibita. Egli, inizialmente coerente con il suo lavoro, si reca insieme ai suoi colleghi della “milizia del fuoco” nelle case dei sovversivi per riportare l’ordine e il rispetto delle leggi. Tuttavia l’incontro con una ragazza prima e quello con un’anziana signora poi, modificheranno radicalmente il modo di pensare di Montag, quando vede la signora preferire bruciare viva insieme alla propria casa e ai suoi libri, anziché abbandonarli. Da qui il protagonista comincia a domandarsi cosa contengano i libri e, spinto dalla voglia di conoscere contro cosa combatte, ne nasconde qualcuno nella propria casa, iniziando la lettura di nascosto. Questo suo comportamento comporterà non poche conseguenze in un mondo parallelo in cui i vigili del fuoco anziché spegnere gli incendi li appiccano.

Romanzo di Ray Bradbury che in meno di 200 pagine ha sviluppato una storia di per sé molto semplice, ma straordinaria allo stesso tempo. Dalla trama si evince come l’alienazione dei lavoratori possa portare gli stessi a compiere gesti che in condizioni di normalità non avrebbero compiuto. La storia si articola in 3 macrocapitoli che rappresentano dei veri e propri blocchi in cui suddividere la trama, e in ognuno vi sono dei passaggi significativi per il protagonista e gli altri personaggi. La trama del romanzo personalmente mi è piaciuta in quanto semplice e ho apprezzato i colpi di scena presenti, alcuni inaspettati.

Lo stile del libro l’ho apprezzato decisamente meno, a causa delle lunghe descrizioni che durano pagine intere, come i dialoghi dei personaggi che a volte risultano dei veri e propri monologhi. Tale scelta potrebbe indurre il lettore a pensare che serva per delineare bene i personaggi, tuttavia non è così poiché a mio parere i monologhi effettuati potevano essere riassunti in poche righe. I personaggi del racconto non sono molti, tuttavia ho trovato una caratteristica comune a molti di essi che non ho molto apprezzato: il piglio filosofico. I personaggi si domandano del perché di molte cose, ma se si va a leggere il romanzo si scopre che lo fanno senza una ragione precisa e soprattutto senza che sia utile ai fini del prosieguo della narrazione.

Personalmente non so se consigliare questo libro, in quanto la trama è molto bella e quando scorre fa stare con il naso incollato alle pagine. Tuttavia le lunghe descrizioni la rendono una lettura difficile da affrontare. Ho apprezzato il fatto che essendo stato scritto più di 50 anni fa, vi sono parole che non rientrano nel nostro utilizzo seppur siano di facile comprensione.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GioPat Opinione inserita da GioPat    07 Aprile, 2020
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Un caso da riesaminare

Josie Buhrman è una donna qualsiasi di New York che vive qui con il suo compagno. Un giorno si ritrova ad ascoltare un podcast riguardante l’omicidio del padre e si fanno strada in lei domande, dubbi e ricordi su quanto accaduto la notte di molti anni prima. Il podcast si pone come obiettivo quello di andare alla ricerca di dati e testimonianze che possano riaprire il caso e confermare che, probabilmente, un uomo sta scontando anni di galera per un omicidio che non ha commesso. Allora Josie si ritrova a dover scavare nel proprio passato per scoprire la verità, complice anche un’occasione che le si presenta imponendole di tornare al suo paese d’origine. Qui si ritroverà a dover affrontare faccia a faccia sua sorella Lanie, con la quale ha perso i contatti, che le svelerà incredibili segreti sulla loro apparentemente perfetta famiglia.

Sono stato spinto a leggere questo libro dall’accattivante trama riportata sullo stesso. Kathleen Barber racconta una storia articolata e alla quale occorre prestare molta attenzione per non perdersi nessun passaggio. Alcuni capitoli scorrono più rapidi di altri e man mano che si va avanti la trama diventa sempre più avvincente fino ad arrivare alle ultime righe in cui finalmente si scopre tutta la verità. I personaggi non sono molti e vengono ben delineati, alcuni più di altri.

Lo stile in generale mi è piaciuto. Le frasi non sono complesse e i molti dialoghi presenti contribuiscono ad alleggerire la narrazione. Nel racconto sono presenti fatti narrati al presente, ricordi d’infanzia e adolescenza della protagonista, oltre che capitoli intermezzati da episodi del podcast e Tweet con relativi commenti vari. Tale scelta potrebbe far perdere al lettore il focus della narrazione, il quale deve tenere a mente i momenti che la protagonista sta vivendo e gli sviluppi del podcast, che contrariamente a quanto si può pensare risulteranno utili per la ricostruzione delle dinamiche passate. La scrittrice è stata in grado di farmi comprendere, attraverso la narrazione in prima persona di Josie, tutti i suoi stati d’animo e le vicende che vive.

Consiglio la lettura di questo libro se si è alla ricerca di qualcosa di brillante e non eccessivamente complesso. Sono riuscito personalmente a rimanere con gli occhi incollati alle pagine fino alla fine del racconto, all’interno del quale sono presenti molti colpi di scena che potrebbero indurre il lettore a credere che il caso riaperto sia giunto alla sua giusta conclusione, per poi accorgersi, capitolo dopo capitolo, che ciò non è accaduto.

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Classici
 
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4.0
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4.0
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GioPat Opinione inserita da GioPat    10 Novembre, 2019
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Bestie d'Inghilterra

All’interno di una fattoria inglese un gruppo di animali, stanco dello sfruttamento da parte dell’uomo, decide di ribellarsi e cacciare il padrone della fattoria dando vita ad un movimento di soli animali i cui principi fondamentali sono l’uguaglianza e la fratellanza. Promotori di tale movimento sono i maiali i quali, in poco tempo e con pochi mezzi a disposizione, si impongono sugli altri animali come dei tiranni, tradendo i principi su cui si basava la rivoluzione. Così facendo daranno vita ad una vera e propria oppressione nei confronti degli animali più deboli che man mano che passa il tempo si accorgeranno che nulla è cambiato da quando a governarli era l’uomo.

Personalmente l’ho trovato un romanzo piacevole da leggere per via dei contenuti trattati che sono, inequivocabilmente, di natura storica. Ho apprezzato il fatto di raccontare un evento storico tanto conosciuto quanto importante sotto forma di un racconto allegorico con protagonisti gli animali. I personaggi di questa storia non sono molti ed ognuno è ben delineato tanto da rispecchiare un dato personaggio o pezzo di storia dell’era staliniana. A mio parere i ruoli impartiti da Orwell ai vari personaggi rispecchiano in toto quelli a cui si riferiscono, compresi i vari animali come le pecore e le galline che, rappresentando il popolo, non osano opporsi al regime totalitario impartito dai maiali.

Lo stile l’ho apprezzato in quanto semplice. L’autore non ha lasciato nulla al caso ed anche se in alcuni punti del racconto all’interno della fattoria succede qualcosa di misterioso, attraverso il comportamento di alcuni personaggi si riesce a capire cosa sia accaduto in realtà, nonostante non sia scritto espressamente. Un aspetto del libro che ho apprezzato è che non sono presenti molti dialoghi ma quei pochi che ci sono aiutano a contraddistinguere bene i diversi personaggi ed i loro modi di comportarsi e di pensare. Le descrizioni sono accurate e permettono al lettore di addentrarsi bene nella storia ed immaginarsi quanto si legge.

Non avevo mai letto prima un libro di George Orwell, ma ne sono rimasto colpito positivamente. E’ un romanzo che consiglio anche a chi non è appassionato di saggi storici, perché gli eventi reali narrati trovano la loro giusta trasposizione in un mondo di animali che portano avanti una fattoria.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.0
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4.0
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GioPat Opinione inserita da GioPat    12 Febbraio, 2019
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Purtoppo sono i dettagli a colpirmi

Alice Allevi è una giovane specializzanda in un Istituto di Medicinale Legale di Roma. All’interno dell’Istituto non è ben vista da quasi tutti i suoi colleghi e superiori che la ritengono non adatta a diventare medico legale. Una sera si ritrova a dover interrompere un party di beneficenza in Istituto per recarsi sul luogo dove è appena avvenuto un omicidio ed effettuare un sopralluogo. Non appena Alice si accorge che la vittima è una sua conoscenza, prende in mano il caso e si lascia trasportare completamente da questo, non accorgendosi che qualcuno che ha a che fare con l’omicidio potrebbe fare di tutto per depistarla e condurla verso altri sospettati che si riveleranno innocenti.

E’ stato un libro che personalmente ho apprezzato sia dal punto di vista della trama che da quello dello stile. Per quanto riguarda la trama non è il classico thriller o romanzo giallo, poiché le indagini e il caso di cui si occupa la protagonista è inframezzato da una storia d’amore che si sviluppa nel corso del libro. Tale aspetto l’ho apprezzato in quanto consente al lettore di avere due binari su cui viaggiare e rendersi conto che le due storie trattate all’interno del racconto si intrecciano in un modo molto interessante. La storia di per sé non è difficile da comprendere, ma occorre seguirla bene per non perdersi alcun passaggio. Il finale mi ha lasciato con qualche domanda che spero potrà essere chiarita nel sequel di questo romanzo.

Lo stile adottato per la stesura del libro è uno stile semplice. Nel primo capitolo viene effettuata l’introduzione dei vari personaggi, a mio parere esaustiva, e tale scelta consente di avere un quadro completo fin da subito sulle varie personalità dei personaggi. La storia è raccontata in prima persona da Alice e la scrittrice è stata brava nel far comprendere tutti gli stati d’animo e le emozioni della protagonista, tanto da indurmi più volte a stare dalla sua parte e a voler scoprire la verità sul caso insieme a lei. I personaggi, seppur non sono tantissimi, sono pieni di sfumature e nel corso del racconto vi è anche un cambiamento da parte di qualcuno di questi che lo porterà inesorabilmente ad essere tacciato di essere un assassino.

Consiglio la lettura di questo libro perché, contrariamente a quanto si possa pensare, non è una lettura pesante da affrontare e capitolo dopo capitolo, entrando maggiormente nel vivo della storia, non si vede l’ora di sapere come andrà a finire la storia e chi dei sospettati è il reale artefice dell’omicidio.

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Romanzi
 
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4.3
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4.0
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GioPat Opinione inserita da GioPat    05 Gennaio, 2019
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Devi avere paura degli uomini, non dei mostri

Estate del 1978 in un piccolo paese di campagna del sud Italia. Mentre i grandi stanno chiusi in casa per via del caldo torrido che pervade la cittadina, i ragazzi passano le loro giornate tra giochi all’aria aperta e corse in bicicletta in mezzo ai campi di grano. Un giorno Michele, protagonista e narratore della storia, arrivato ultimo in una corsa di biciclette, deve affrontare la penitenza di passare da parte a parte una casa abbandonata. Qui però trova un buco nel terreno, apparentemente vuoto. Tuttavia scoperchiando il buco scoprirà un segreto destinato a cambiare profondamente la sua vita e che lo porterà a domandarsi se bisogna avere più paura dei mostri o degli uomini.

Capolavoro e romanzo più famoso di Niccolò Ammaniti, il quale è stato in grado di tenermi con gli occhi incollati alle pagine fino alla fine. La storia è raccontata in maniera lineare, non vi sono salti avanti o indietro nel tempo e tutti i passaggi chiave del racconto sono chiari. Il narratore, da come si evince attraverso qualche frase, racconta la storia dal futuro, quasi come se fosse un ricordo che sta condividendo con i lettori. Il racconto non manca di momenti di tensione che mi hanno fatto calare perfettamente all’interno della storia al punto da sperare per il meglio insieme ai protagonisti. Il finale scelto può lasciare il lettore con alcune domande che gli aleggiano nella testa, tuttavia si può immaginare quanto accada successivamente alle ultime righe.

Per la stesura del racconto è stato adottato uno stile molto semplice, con frasi il più delle volte corte e non complesse. La storia è raccontata con un linguaggio molto duro, crudo e pregno di turpiloquio che a tratti potrebbe urtare la sensibilità di qualche lettore. I personaggi del racconto non sono molti e a mio parere sono stati ben delineati dallo scrittore; ogni frase pronunciata, ogni atteggiamento assunto ha il suo perché all’interno del romanzo, anche se potrebbe non risultare chiaro fin da subito. Nel corso del racconto vi è anche una rivoluzione comportamentale da parte di alcuni personaggi: chi si riteneva fosse amico presto si scoprirà non esserlo.

Mi sento di consigliare fortemente questa lettura dal momento che è scritta in maniera semplice ed è molto leggera da affrontare. Sicuramente leggerò altre storie di questo autore che con questo romanzo mi ha appassionato facendomi sentire parte della storia e portandomi a schierarmi dalla parte di alcuni personaggi e a domandarmi: di chi si deve avere realmente paura?

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Narrativa per ragazzi
 
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4.8
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4.0
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5.0
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5.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    29 Novembre, 2018
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La colpa non è nelle stelle, ma in noi stessi

Hazel Grace Lancaster, una diciassettenne affetta da cancro diagnosticatole all'età di tredici anni, è obbligata dai genitori a frequentare un gruppo di supporto. Qui un giorno incontra Augustus Waters, un ex giocatore di basket con una gamba amputata a causa di un osteosarcoma con il quale non sembra avere alcun interesse in comune. I due ragazzi lentamente si frequentano e arriveranno ad innamorarsi reciprocamente nonostante la consapevolezza dell’imprevedibilità della vita, che ha in serbo per loro non poche sorprese, positive e negative.

Autore del romanzo è John Green, a mio parere un genio. Trecento pagine di racconto che scorrono leggere e veloci, facendosi leggere volentieri. Sicuramente trattare un tema sensibile come il cancro non è facile, poiché vi può essere disinformazione in merito da parte del lettore e si potrebbe scendere nella commiserazione, ma non in questo caso. Personalmente ritengo che in questo libro il tema sia stato trattato in maniera egregia: viene spiegato al lettore quanto basta e poi sta alla sua personale interpretazione comprendere quanto accade.

La storia è raccontata da Hazel in prima persona. Questa scelta aiuta il lettore ad entrare maggiormente all’interno del racconto perché consente di avere una visione chiara degli eventi in corso e di scendere in profondità negli stati d’animo di una persona affetta da cancro. Dopo le prime pagine in cui viene trattata la visione della vita da parte della giovane ragazza, l’autore è stato in grado di tenermi con gli occhi incollati alle pagine fino alla fine. Nelle descrizioni effettuate, nulla è lasciato al caso ed ogni frase ha un proprio significato all’interno del racconto: vi sono enunciati ricorrenti usati per descrivere contesti differenti, il che rende il racconto maggiormente versatile e scorrevole.

Il fiore all’occhiello del racconto a parer mio sono i dialoghi, nei quali non vi è mai parvenza di superfluità. Tutti i dialoghi presenti contribuiscono a delineare i personaggi ed il loro modo di essere e di ragionare. I personaggi non sono molti, ma sono di spessore e ad ognuno di loro è stato attribuito un ruolo fondamentale all’interno della storia. Questa può essere suddivisa in tre parti e tale scelta ha contribuito a scandire bene i tempi del racconto; in ogni parte sono presenti determinati personaggi che, contrariamente a quanto si possa pensare, si riveleranno utili al fine della buona riuscita del racconto.

In generale sono rimasto molto soddisfatto da questo libro, sia dal punto di vista della trama che da quello dello stile, nonostante siano presenti sporadici momenti in cui, spostandosi il focus della narrazione, si rischia di perdersi nel seguire il racconto. E’ un libro che consiglio vivamente, mi ha lasciato davvero colpito riuscendo a farmi andare di pari passo con i personaggi e ridere, piangere, emozionare e sperare insieme a loro.

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Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
4.0
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4.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    20 Ottobre, 2018
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Tutto è cominciato dopo le esequie

Dopo il funerale di Richard Abernethie, un ricco uomo d’affari, i suoi familiari si riuniscono per la lettura del testamento. L’uomo si ritiene che sia morto per cause naturali, fino a quando la sorella Cora non pronuncia la frase "Diamine, è stato ucciso, no?" quasi senza pensarci. Tale affermazione suscita sconcerto nei presenti nonostante la donna sin da bambina fosse reputata una persona strana. Il giorno dopo la lettura del testamento Cora viene trovata assassinata nel sonno a colpi di accetta. La consequenzialità temporale tra l’affermazione pronunciata da Cora e la sua morte suscita sospetti nell’avvocato Entwhistle, legale della famiglia Abernethie che dunque decide di iniziare ad indagare. Tuttavia l’avvocato non riesce da solo a trovare risposte alle proprie domande e convoca il sapiente detective Hercule Poirot che riuscirà, con il suo ineguagliabile intelletto, a indagare su tutti i membri della famiglia e a risolvere il caso servendosi dei pochi elementi a propria disposizione.

Ho deciso di leggere questo libro perché mi aveva attirato la trama riportata sul retro e da questa non sono rimasto deluso. Agatha Christie ha confermato in questo racconto la propria capacità di mescolare una storia molto lineare ma allo stesso tempo piena di intrecci che non lascia intuire niente al lettore, il quale arrivato alle ultime pagine ancora non ha idea di chi possa essere il colpevole tra tutti i personaggi. Ho apprezzato molto che nel corso del racconto vi siano diverse rivelazioni interessanti che inducono il lettore ad iniziare il capitolo successivo per scoprire cosa accadrà. Il detective Poirot, in questo racconto, ha un ruolo marginale e non è il vero e proprio protagonista della storia in quanto si occupa prevalentemente di creare un quadro di tutti i familiari degli Abernethie ed arrivare, a fine racconto, a fornire la propria versione dei fatti e risolvere il caso.

Lo stile del libro personalmente non l’ho apprezzato granché per via di diversi fattori: i personaggi sono tanti e, all’apice del libro vengono introdotti attraverso il nome e il rapporto di parentela con il defunto Richard. Tuttavia nel racconto sono presenti molti più personaggi di quelli elencati che, una volta incontrati all’interno della storia, si fatica a capire chi siano. All’interno del primo capitolo viene descritta in maniera ineccepibile l’ambientazione in cui si svolge la lettura del testamento, ma vengono allo stesso tempo introdotti quasi tutti i personaggi che messi insieme fanno confondere il lettore. A parer mio sarebbe stato meglio fornire maggiori descrizioni circa i personaggi di modo da far assimilare meglio al lettore i nomi dei personaggi e i loro gradi di parentela con Richard. Nello stile adottato da Agatha Christie il lettore è costretto a tornare all’apice del libro dove vi sono scritti i nomi dei personaggi per capire di chi si stia parlando. Tale problema, fortunatamente, lo si riscontra solo nei primi capitoli poiché, dal momento che ci si ricorda dei vari personaggi, si riesce a differenziarli e ricordarsi le storie e gli atteggiamenti di ciascuno.

Nonostante lo stile non mi ha affascinato molto, non posso dire lo stesso della trama perché, come affermato, è stata ben congeniata ed ha portato alla stesura di un racconto che si fa leggere volentieri. Personalmente è un libro che consiglio poiché non è lungo né impegnativo, per quanto occorre stare leggermente dietro alla storia per non perdersi dei passaggi che, alla fine del racconto, si riveleranno fondamentali per far combaciare tutti i tasselli del mosaico.

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Romanzi
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
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3.0
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2.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    08 Agosto, 2018
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Non sei Ulisse, sei Penelope

Giovanna, detta Giò, è una sceneggiatrice italiana che viene mandata dal proprio capo a New York per trovare due soggetti da inserire in un film da produrre. Lei si ricorda di un giovane americano, Richard, che l’ha fatta innamorare dell’America per via delle storie che raccontava mentre si nascondeva in casa ai tempi della guerra. La ragazza, passati gli anni, ritiene che il soldato sia morto perché ha il ricordo indelebile di qualcuno che la informa che il più giovane di due fratelli, appunto Richard, sia caduto in battaglia a causa dei tedeschi. Giò parte per l’America piena di aspettative e convinzioni di trovare la terra dei suoi sogni, ed inizialmente è così poiché la trova come le è stata descritta da Richard. Ospitata a New York da Martine, sua amica, Giò inizia la sua avventura negli Stati Uniti decisa a trovare ciò che sta cercando in maniera felice e spensierata, fino a quando una sera non incontra un fantasma del suo passato: Richard. Il ragazzo non è morto ed è rimasto in America insieme al suo amico Bill. In Giò sorgono allora tanti sentimenti tutti insieme quali amore, paura e desiderio che la faranno avvicinare a Richard, con il quale passa molte belle serate ma altre meno per via dei silenzi inspiegabili di lui. La mente della sceneggiatrice è ormai occupata solo a pensare a Richard, mettendo in secondo piano il proprio lavoro, e non ha nessuno con cui sfogarsi, nemmeno con Martine che è tanto diversa da lei. Bill, invece, si diverte a stuzzicare Giò specialmente quando è in difficoltà ed è lui che le spiegherà i silenzi inaspettati di Richard, e tutte le certezze che Giò aveva crolleranno inesorabilmente.

Scritto nel 1962, è un romanzo che a tratti ho trovato attuale, sia nelle descrizioni degli ambienti che nell’atteggiamento dei personaggi. La trama in sé non mi è dispiaciuta: man mano che si va avanti nella storia diventa sempre più avvincente, fino ad arrivare ai capitoli finali dove viene svelata la verità circa Richard e i suoi silenzi. I primi capitoli, ahimè, scorrono lenti a causa della difficoltà nel capire gli antefatti alla storia riguardanti la guerra quando Giò aveva dodici anni. Tuttavia, quando il focus della narrazione si sposta sulla storia in atto, ossia quella che narra di Giò che migra in America, la lettura diventa più piacevole e le pagine scorrono più rapide.

Contrariamente alla trama, lo stile non l’ho ritenuto all’altezza. Nonostante la storia sia ben raccontata, viene intermezzata da lunghe descrizioni il più delle volte inutili su argomenti che esulano dalla storia e che possono indurre il lettore a smarrirsi tra le righe. I personaggi incontrati nel romanzo, a mio parere, sono privi di spessore, monotoni e ripetitivi; la scrittrice per la delineazione dei personaggi ha adottato uno stile che non ho apprezzato, ovvero quello di far ripetere ai personaggi, ad ogni battuta di un dialogo, le stesse, identiche parole. Per far capire cosa intendo riporto qui il primo dialogo del romanzo, che avviene nelle prime pagine:

"Due mesi le bastano, Giò?"
"Certo, commendatore."
"Le regalo una lunga vacanza. Se ne rende conto, Giò?"
"Certo, commendatore."
"Se dovessi regalare un viaggio a New York a tutti i miei stipendiati finirei sul lastrico: lei mi capisce."
"Certo, commendatore."
"Cosa non farei per lei, Giò"
"Grazie, commendatore."
"Intanto si diverta, si riposi."
"Grazie, commendatore."
"Sono sicuro che tornerà con una bellissima storia, Giò."
"Grazie, commendatore."

Ed ogni personaggio possiede questa pessima caratteristica che contribuisce a renderlo uguali agli altri e a spersonalizzarlo. L’ultima scelta circa i personaggi che non ho apprezzato è stata quella di far dire loro alcune parole che si usano nel dialetto fiorentino. Per quanto riguarda Giò, che è romana, sarebbe comprensibile che dica qualcosa tipico del fiorentino. Purtroppo, però, tali espressioni vengono usate dagli altri personaggi, quelli americani e dunque è impensabile che ricorrano ad un simile linguaggio.

Sinceramente non saprei se consigliare questa lettura o no, in quanto dal punto di vista della trama è passabile ma lascia molto a desiderare lo stile. Mi dispiace per Oriana Fallaci che della sua scrittura ha fatto il proprio punto di forza, tuttavia questo romanzo non mi ha appassionato molto ed a tratti è stato pesante da leggere per via della monotonia dei personaggi e delle lunghe descrizioni. Il titolo del libro è azzeccato poiché Giò rappresenta la più famosa Penelope che, anziché stare a casa ad aspettare il marito, parte come Ulisse alla ricerca della propria identità.

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Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    04 Agosto, 2018
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Vedo il male su questo treno

Hercule Poirot, noto investigatore belga, arriva a Istanbul ma una volta in albergo riceve un telegramma che lo costringe ad andare in Inghilterra a risolvere questioni importanti di lavoro, dunque prenota un posto sull’Orient Express diretto a Calais. La notte successiva Samuel Edward Ratchett, un passeggero americano in viaggio d’affari, viene trovato morto nel suo scompartimento. Dal momento che il treno è fermo in Jugoslavia per via dell’abbondante neve caduta sui binari, Poirot capisce subito che l’autore dell’efferato delitto è uno degli occupanti del convoglio in viaggio per Calais. L’investigatore per questo caso può contare solamente sul proprio ingegno e su quello dei suoi due collaboratori, nonché il signor Bouc, amico di vecchia data, e il dottor Constantine, un medico greco. Dunque Poirot comincia a cercare indizi in giro per gli scompartimenti e interroga i dodici passeggeri più il controllore a bordo della vettura, e passo dopo passo scoprirà che qualcuno cerca di depistare le indagini lasciando indizi in giro che facciano ricadere i sospetti sui passeggeri con gli alibi più forti. Tuttavia ricomponendo i pezzi del puzzle dati dagli indizi trovati e dalle deposizioni degli occupanti del treno, Poirot arriverà in fondo alla vicenda, che si dimostrerà più complessa di quanto egli creda, ma per farlo dovrà sfoggiare tutte le armi a sua disposizione.

Ho acquistato questo libro alcuni anni fa, tuttavia non lo avevo mai letto. Cercando una bella lettura all’interno della mia libreria mi sono imbattuto in questo capolavoro e ho deciso di leggerlo. Mi ha entusiasmato molto il modo in cui Agatha Christie è riuscita a raccontare, in poco più di duecento pagine, una storia di per sé molto complessa. Il fiore all’occhiello di questo giallo, a mio parere, sono i personaggi: la scrittrice ha dato vita a più di quindici personaggi, rendendo ciascuno unico a modo suo. I sospettati differiscono tra loro per comportamenti, provenienza, classe sociale, background e scelte di vita, nonostante ad un certo punto si scoprirà che tutti i sospettati, seppur così differenti tra loro, hanno qualcosa in comune a parte il bisogno di recarsi da un luogo ad un altro. Sono personaggi complessi, che non amano scoprirsi troppo e a tal proposito rendono l’opera ancora più accattivante poiché sono tutti sullo stesso piano e non si riesce, neanche una volta arrivati all’ultima pagina, a capire chi di loro possa essere maggiormente tacciabile di omicidio.

Lo stile del libro mi è piaciuto molto perché l’equilibrio riscontrato tra i dialoghi, molto presenti nell’opera, e le descrizioni, ha contribuito alla buona riuscita del racconto. La storia è suddivisa in tre parti: nella prima vengono narrati gli antefatti del delitto e il delitto stesso con conseguente inizio delle indagini, nella seconda parte vi sono le deposizioni dei sospettati e nella terza vengono messe insieme tutte le tessere del mosaico, le quali consentiranno all’investigatore e ai suoi aiutanti di risolvere il caso. Sono rimasto colpito positivamente da questa scelta, in quanto aiuta il lettore a scandire bene i tempi del racconto; in particolar modo ho apprezzato la scelta di dedicare un’intera parte alle deposizioni, che vengono spiegate in maniera chiara e approfondita. Tuttavia, dal momento che i sospettati sono tredici e ricordarsi le versioni dei fatti di ognuno risulterebbe impossibile, la scrittrice ripropone attraverso una sorta di riassunto fatto da Poirot, le deposizioni di ciascuno con relativo movente, alibi e prove a proprio carico che consentono al lettore di avere un quadro chiaro della situazione e provare, a quel punto, ad indovinare chi possa essere l’autore del delitto.

La trama è stata ben elaborata ed è ricca di intrecci, suspance e colpi di scena, in particolar modo nel finale. Nel corso del racconto, quando si ritiene che il mistero sia stato risolto, spunta un altro indizio che costringe il lettore a tornare sui propri passi e a far combaciare questo indizio con quelli precedentemente raccolti. L’unico aspetto del libro che non ho apprezzato, ma a parer mio è poco rilevante, riguarda la scelta di inserire, in particolar modo nella prima parte del racconto, frasi in francese, talvolta complesse, che potrebbero risultare fastidiose da leggere per chi non comprende la lingua.

Consiglio vivamente di leggere questo libro perché ogni capitolo, quando finisce, induce il lettore ad iniziare quello successivo ed è in grado di far immedesimare pienamente nella storia. Sono rimasto personalmente molto soddisfatto da questa lettura perché pur trattandosi di un’opera scritta negli anni Trenta l’ho trovata molto attuale e a tal proposito sono convinto che sia una storia che non morirà mai.

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Fantasy
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    01 Agosto, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Diciannove anni dopo

Contrariamente a quanto si possa pensare, questo racconto non rappresenta l’ottavo libro della saga di Harry Potter. I fatti narrati partono dai famosi diciannove anni dopo la Battaglia di Hogwarts, e hanno come protagonisti Albus, nonché il secondogenito di Harry e Ginny, e Scorpius, figlio di Draco Malfoy.

Non aspettatevi un romanzo con descrizioni perché questo libro non è altro che la sceneggiatura dello spettacolo teatrale portato in scena a Londra, dunque al suo interno vi sono solamente le battute che i personaggi scambiano ed eventuali stati d’animo degli stessi e movimenti scenici. Lo stile non è criticabile perché si tratta appunto di una sceneggiatura, dunque sono scritte le battute e queste danno corpo al libro.

La trama è avvincente, ogni tanto un po’ lenta perché ci si sposta dalla storia dei ragazzi, più movimentata, a quella degli adulti, più statica. Tuttavia in genere il libro scorre e la storia è lineare, seppur ci si sposti nel tempo tra passato e futuro. Nonostante siano solo battute, si riesce a stare dietro alla storia che, a tratti, è stata in grado di lasciarmi con il fiato sospeso. Nel corso del racconto vi sono particolari che a volte sono narrati in maniera sbrigativa ed è facile comprenderne il perché: trattandosi di un’opera teatrale si dà maggiore spazio alla storia in sé e allo sviluppo di essa, tralasciando i particolari. Alcuni eventi affondano le proprie radici nei sette libri della saga antecedenti a questo, che qui vengono narrati dal punto di vista di altri personaggi, e tale scelta consente al lettore di avere una consapevolezza maggiore di quanto accade.

Ho apprezzato che molti personaggi abbiano mantenuto le stesse caratteristiche comportamentali dei libri della saga, ma per lo stesso motivo sono rimasto deluso dalla scelta di far cambiare radicalmente comportamento ad altri personaggi, che a tratti rispecchiano lo stile adottato nei libri, ma ogni tanto si perdono e diventa quasi impossibile riconoscere quel determinato personaggio all’interno di quel determinato stile comportamentale. Ho apprezzato altresì i riferimenti che sono stati effettuati: riproponendo alcune scene già presenti nella saga si aiuta il lettore a collocare temporalmente l’evento narrato in questo libro tra quelli presenti negli altri scritti. Trattandosi di una sceneggiatura, e dunque essendovi solo dialoghi, bisogna attribuire loro un ruolo fondamentale e ritengo che gli sceneggiatori a questo siano stati molto attenti, dal momento che la storia si svolge più o meno ai giorni nostri e i dialoghi sono molto attualizzati poiché presentano alcuni vocaboli che fino a poco tempo fa nella lingua comune non venivano utilizzati. Un altro aspetto che mi ha colpito positivamente riguarda i comportamenti dei due giovani protagonisti: pur essendo due quattordicenni che nel corso della storia prendono decisioni importanti e agiscono in modo talvolta pericoloso, traspare la loro ingenuità, impulsività e il loro essere, in fondo, ragazzini.

In conclusione è un libro che consiglio a chi ama la saga di Harry Potter perché da una semplice sceneggiatura ne è scaturita una storia complessa piena di intrecci e in grado di evocare, nei più nostalgici, ricordi della trama raccontata nei sette libri precedenti con il ritorno di tanti personaggi più o meno amati. Nonostante personalmente non mi abbia entusiasmato quanto gli altri libri, non mi sento di sconsigliarlo perché è una lettura piacevole che per i fan della saga potrebbe rivelarsi un punto di svolta nella storia.

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Harry Potter
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Gialli, Thriller, Horror
 
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2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    20 Novembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Da rivedere lo stile

David Kerthen è un ricco avvocato proprietario di una grande tenuta nella Cornovaglia e delle miniere che vi sono sotto. Dopo la morte di Nina, sua prima moglie, egli si risposa con Rachel, una donna londinese che dopo diverso tempo dentro Carnhallow House, proprietà della famiglia di David da secoli, stenta ancora a credere che tutta la casa sia ormai sua. Insieme alla coppia vive Jamie, figlio di David e Nina, un bambino silenzioso ancora segnato dalla morte della madre. Il bambino appare inizialmente normale agli occhi di Rachel, la quale si affeziona come se fosse suo figlio. Tuttavia un giorno, mentre i due si trovano da soli, il bambino prevede la morte della matrigna il giorno di Natale. Dopodiché Jamie comincia a diventare sempre più strano, affermando di sentire la voce della madre morta che lo chiama dalle profondità delle miniere in cui lei è morta due anni prima. Lentamente nella testa di Rachel si susseguono mille domande, e decide di voler scoprire tutta la verità sulla morte di Nina, se davvero è morta. Il fatto che David non voglia parlarne non la aiuta, e le fa supporre che egli abbia qualcosa da nasconderle. Natale si avvicina e Rachel sa che deve dare risposta a tutti i propri dubbi quanto prima, anche perché Carnhallow House che ancora non ha finito di scoprire nasconde più segreti di quanto lei creda.

Ho deciso di leggere questo libro per via della trama avvolgente riportata nella copertina del libro stesso. Riguardo la trama non ho nulla da contestare, è stata ben pensata e, man mano che si va avanti nel libro, diventa sempre più avvincente. L’autore è stato in grado di tenermi con il fiato sospeso per molti capitoli, fino ad arrivare alla fine in cui si scopre tutta la verità riguardante la famiglia Kerthen.

L’aspetto che mi è piaciuto decisamente meno di questo libro è stato lo stile, a tratti è riuscito a far diventare il libro pesante da leggere. La storia è narrata da Rachel, nonché la protagonista del romanzo. Tuttavia la prima persona non viene sempre rispettata, dal momento che in alcuni capitoli, quando l’attenzione viene spostata su suo marito David e sulle sue attività lavorative e non, è come se Rachel conoscesse già tutte le mosse di lui, in quanto le narra anche minuziosamente. Inoltre alcuni passaggi del racconto sembrano buttati lì tanto per scrivere qualcosa, per poi scoprire invece che si tratta di pezzi molto importanti al fine della linearità della storia narrata.

Nel libro ogni capitolo si riferisce ad un giorno preciso dell’anno, e in ciascuno viene raccontato un pezzo saliente di storia. Tuttavia per evitare di rendere il capitolo troppo scarno è stata adottata una tecnica che non ho apprezzato per niente: quella di “allungare il brodo” dilungandosi molto nelle descrizioni di paesaggi, stati d’animo, storie e quant’altro, con il rischio di indurre il lettore a tornare indietro di molte righe per capire in quale punto si è fermata la storia, e riuscire a trovare un nesso con quanto scritto successivamente. Immancabilmente, ho potuto notare che verso la fine del capitolo la storia si fa maggiormente avvincente ed è in grado di lasciare il lettore con il fiato sospeso fino al capitolo successivo.

Non so se è un libro che consiglierei, dipende dalla voglia che ha il lettore di stare dietro alla storia, la quale non è particolarmente difficile da comprendere, per quanto articolata. Il problema potrebbe sorgere per via delle troppe descrizioni inserite che fanno perdere il cosiddetto filo del discorso. Lo scrittore in fin dei conti le idee per questo romanzo le ha avute, e ne è scaturito un libro che, dal punto di vista della trama, è inattaccabile. Però, come spiegato, dal punto di vista dello stile è da riconsiderare, perché ritengo che ai lettori non piaccia addentrarsi troppo nelle descrizioni, ma leggere qualcosa che racconti la storia in modo fluido.

Non ho avuto modo di leggere il suo precedente romanzo, e sinceramente non so se lo farò per via dello stile che temo possa essere simile a quello utilizzato per questo libro. Non posso dire di essere rimasto deluso dal racconto, tuttavia credo sia stato un peccato per l’autore che pur avendomi colpito con la trama non è riuscito a fare lo stesso con il modo in cui l’ha raccontata. Confido nelle sue capacità per un eventuale prossimo romanzo, con necessario cambio di stile.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    06 Novembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Chi di noi merita di essere ucciso?

Ted Severson ha una vita apparentemente perfetta: è un uomo giovane e straordinariamente ricco, tuttavia sposato con una donna che lo tradisce. Al rientro negli Stati Uniti dall’Inghilterra, in aeroporto incontra Lily, perfetta sconosciuta, che lo esorterà a raccontarle la propria vita. Egli, avendo alzato un po’ il gomito al bar dell’aeroporto stesso, è indotto a raccontare ogni aspetto della propria vita a questa sconosciuta, compreso il fatto che vuole uccidere la propria moglie. Lily non si mostra per nulla sorpresa, affermando che nella sua personale visione del mondo, alcune persone meritano semplicemente di essere uccise. Dunque sposa la causa di Ted, e si offre di aiutarlo in quest’impresa, che si rivelerà più ardua di quanto egli creda.

Secondo libro di Peter Swanson, il quale in questo racconto è riuscito a creare una trama lineare ma allo stesso tempo piena di intrecci. Sono presenti diversi ritorni nel passato di Lily, protagonista indiscussa della storia, e di Ted, coprotagonista. Lo stile è risultato scorrevole e la trama, seppur apparentemente complessa, è stata ben strutturata: giunti alla fine ci si accorge che tutti i pezzi del puzzle combaciano alla perfezione.

Il libro è suddiviso in tre parti e in ognuna viene raccontata la storia da parte di due personaggi, protagonisti di una o dell’altra parte. Ho apprezzato molto questa scelta, dal momento che risponde a tante ipotetiche domande che un lettore potrebbe farsi leggendo una sola versione dei fatti. Se, come in questo libro, lo stesso evento viene raccontato da due persone interne alla questione, tali esposizioni dei fatti risultano appositamente complementari tra loro per non lasciare il lettore con dubbi o domande.

Non ho avuto ancora modo di leggere il primo thriller scritto da questo autore, ma credo che lo farò presto. Ha uno stile di scrittura che non avevo riscontrato in precedenza, ma che mi ha colpito positivamente.
In definitiva è un libro che consiglio, in quanto come affermato è ben scritto e non è difficile stare dietro alla storia che, seppur raccontata da più personaggi, consente di avere una visione a 360° degli eventi narrati.

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50
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Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
GioPat Opinione inserita da GioPat    04 Novembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Mille domande a fine lettura

All’interno di un albergo molto grande e rinomato, poco prima della cerimonia d’inaugurazione, mentre tutti i membri dello staff si preparano all’evento, due individui mascherati si aggirano per l’hotel uccidendo, uno ad uno, tutti i presenti. Chi sono questi due? Perché vanno seminando il panico? Questo non si sa. Tuttavia l’albergo è munito di centinaia di telecamere che riprendono tutto, compreso il comportamento dei due uomini mascherati. Dietro le telecamere c’è qualcuno che li osserva, ma senza agire. Perché? Spetta ora ai superstiti fermare questi due killer assetati di sangue.

Esordio per la scrittrice americana, che con questo libro ha fatto un buon lavoro, riuscendo a mescolare, in poco più di 200 pagine, suspance, mistero, drammaticità, ma anche sentimentalità, poiché nel corso della storia si sviluppa anche una storia d’amore. Una nota dolce in una sinfonia di assassinio e spionaggio.

Un racconto che merita di essere letto; non è il classico libro giallo in cui arrivati alla fine si scopre chi è l’assassino, nonostante nel corso del racconto si faccia spesso riferimento alla reale identità dei due killer misteriosi. Lo stile del libro è scorrevole ma in alcuni punti diventa dispersivo. In linea generale è una storia a cui bisogna prestare particolare attenzione mentre la si legge, per evitare di perdersi elementi fondamentali. Nulla da dire riguardo la trama: semplice ma d’effetto. Il finale poi, inaspettato, potrebbe lasciare il lettore deluso, con mille domande che gli aleggiano nella testa, ma che potrebbero essere chiarite in un ipotetico sequel.

Libro che consiglio, perché in definitiva è una bella lettura da affrontare, impegnativa ma piacevole, e lo considero il trampolino di lancio per Gina Wohlsdorf, scrittrice emergente, che spero nel prossimo libro possa offrirci ancora di più.

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