Opinione scritta da Simona P.

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Romanzi autobiografici
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    14 Mag, 2022
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A Hollywood chicken, amore e glamour

lieve spoiler
Un romanzo autobiografico molto particolare, scritto con un linguaggio schietto e diretto che non tralascia nulla, quasi un diario in cui il protagonista Henry descrive le sue giovanili avventure a Hollywood dove il glamour è d’obbligo e dove si ritrova diciassettenne, senza un soldo e senza sapere dove andare. Forse ancora ingenuo, subisce violenza appena arrivato, razzola tra i bidoni in cerca di cibo, conosce allora Sunny che lo mette a friggere polli, per poi fargli fare il ‘pollastro’ cioè il prostituto che dotato di cercapersone attivo a tutte le ore, chiede 100 dollari e mancia. Il protagonista diventerà specializzato nel far contente donne ricche, spesso tristi, sole, a volte patetiche, casi complessi psicologicamente, femmine mature americane non appetibili, persone che cercano di placare i loro istinti e desideri, i più strani, inimmaginabili. Il lettore si trova davanti ad un humus sociale distorto, uno spaccato di vita dove emergono le pulsioni sotterranee più impensabili; dalle persone importanti socialmente, caratterizzate da singolari fantasie erotiche, a feste mascherate con orgia annessa, fino alla ricerca spirituale di amplessi e orgasmi lunghissimi. Il protagonista però non giudica mai le sue clienti, neppure quando è costretto a fare le pulizie, lucidare sul pulito, vestito da cameriera, grembiule e nient’altro, in una casa linda fino all’eccesso, mentre le sue due clienti si scambiano effusioni. Straziante e descritta con lucido oggettivo realismo, la scena della madre che costringe il protagonista a indossare i vestiti del figlio morto.
Henry ha frequentato il collegio di suore del cuore immacolato, il contrasto con il suo attuale lavoro è forte, come tutti i contrasti presenti in questo libro (basta leggere l’ironico e veritiero indice!), ha studiato esistenzialismo e legge Camus; la sua nuova famiglia adesso è a casa del capo, il magnaccia, si tratta di un gruppo di simpatici personaggi sicuramente fuori dalle righe, qui emergono dialoghi, battute, barzellette, allegria.
La storia di Henry è un memoir che oscilla dall’ironia, all’atroce al drammatico, un pasticcio di sentimenti anche contrapposti, felicemente e liberamente amalgamati; il protagonista vede e subisce di tutto ma non si piange mai addosso, lucido, con il suo abbigliamento da professionista marchettaro, pensa al meritato guadagno.
Alle vicende del pollastro si alternano pensieri di quando era bambino, un padre risposato e una madre che si innamora di una donna e tantissimi ricordi, dalle sofferenze alle dolcezze; in questa parte il linguaggio diventa più delicato e il prostituto si lascia andare, navigando nel suo passato.
L’autore attraverso la sua scrittura lucida riesce ad accostare parole di ambiti, realtà e mondi completamente diversi; eccellenti le descrizioni che toccano tutti i sensi, dal visivo ai peggiori odori nauseabondi, alternate ad aneddoti divertenti, teneri ricordi, sensazioni e riflessioni intime e acute.
Nel finale, dopo una terribile notizia, Henry mostra indifferenza e decide di lavorare ugualmente; un caos di sensazioni porteranno il protagonista a gesti di estrema ribellione; lo scrittore eccelle, cambiando completamente tono, in una scena rabbiosa, inaspettata, estrema e quasi teatrale come se le tensioni accumulate in quel memorabile anno esplodessero in un irrefrenabile crescendo, fino ad eliminare i freni inibitori. Il giovane ormai stanco di quel mondo vizioso portato all’estremo, ha concluso la sua esperienza, si è formato, è pronto a voltare pagina. Il lettore stesso condividendo le coinvolgenti vicende del pollastro, vive un percorso di formazione, venendo a conoscenza di un mondo sconosciuto, sotterraneo, inimmaginabile ma reale.
Un libro che lascia il segno, movimentato, divertente ma atroce nello stesso tempo, soprattutto una storia vera, lo scrittore David Henry Sterry per un anno della sua vita ha effettivamente praticato il marchettaro a questi livelli di eccellenze.

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autori ironici, brillanti, fuori dal comune, autobiografici
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    05 Agosto, 2019
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La magia dell'incontro

Tra i milioni e milioni di incontri che facciamo nella nostra esistenza, tra lavoro, viaggi, luoghi pubblici, per strada, in ascensore ... ce ne sono alcuni particolari, incantati, misteriosi, produttivi; le persone si attraggono e si respingono, seguendo le affinità di pensiero, quelle legate da fili invisibili agli occhi, ma fili resistenti e potentissimi, un'energia irrazionale che condiziona la nostra esistenza. Chi legge infatti lo sa: l'essenziale è invisibile agli occhi. La magia dell'incontro, le scintille che ogni tanto, anzi raramente, brillano quando due persone incrociano le proprie strade, quelle che comunicano che il connubio sarà importante, queste sono le scintille di Federico Pace.
Diviso in piccoli capitoletti, il libro, scritto in modo piacevole e magistrale, descrive i momenti salienti di incontri e collaborazioni tra personaggi importanti che hanno cambiato il corso della storia, colpisce la varietà dei personaggi stessi, diversi nello spazio e nel tempo, diversi per interessi e personalità. Tutti questi spaccati di arte, storia, letteratura, musica si aprono al lettore immergendolo nella magia della collaborazione, ammirazione, gelosia, alter ego, un groviglio di sentimenti complessi ma attraenti, Albert Camus candidato al Nobel e la madre analfabeta, Il fratello minore di Ernesto Che Guevara, Maria Callas e la sorella, Sophie e Hans i giovani fratelli che si opposero alla dittatura di Hitler, Dostoevskij e il terribile padre, il saggio Nelson Mandela e il suo giovane carceriere e tanti altri. Il libro è ricco di insegnamenti e approfondimenti sui meccanismi dell'animo umano, sulla memoria, sul ricordo, sulla creatività, sulla fantasia, sulla mancanza, sulla comunicazione. Ogni racconto è intervallato spesso da esempi antichi, legati al mondo della classicità, della mitologia, della letteratura o della fiaba, come Amore e Psiche o Hansel e Gretel, che riescono con ancor più energie, ad immergere il lettore nella magia delle scintille.

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Romanzi storici
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    30 Luglio, 2019
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Luce, la ribelle

Quell' orgoglio clandestino, (...) quel segreto, più sacro di una confessione, la facevano "sentire un po' un'eroina, una che aveva deciso di disobbedire al re, una che aveva pagato la libertà a caro prezzo: insomma, in fin dei conti una disertora".
Termina con queste riflessioni il libro di Barbara Beneforti, una storia raccontata da Luce, la coraggiosa e ribelle protagonista che, ormai vecchia, ricorda con lucidità il passato, la vita del suo paese, nella campagna Pistoiese.
Siamo tra otto e novecento, si avvicina l'Unita d'Italia, la vita scorre cadenzata dal ritmo della natura, tra contadini e lavandaie analfabeti, nei paesi e agglomerati di case, collegati, quando va bene, da strade sterrate e polverose, malagevoli o comunque difficili da transitare. La miseria è ovunque, "le mutande erano un oggetto di lusso, da signora" al massimo una contadina ne poteva avere due, servivano per le grandi occasioni, come andare in chiesa. Un mondo che al lettore sembra lontano nello spazio e nel tempo, un romanzo che a uno studente di oggi, munito di tablet e Iphone, potrebbe sembrare preistoria, ma così non è.
La Luce è figlia dell'Ersilia e figlia di Giobatta che è sposato, ma Ersilia non lo sa, allora, forte e determinata, va a bussare alla porta di quello che l'ha messa incinta, che subirà le furie della moglie (che "gliene dà di santa ragione!") e di tutta la famiglia. Il padre di Giobatta davanti alla bella fanciulla gravida, si impietosisce e cerca di risolvere il problema, Ersilia è fortunata, diventerà moglie del fratello del padre di sua figlia, tutto rimane in famiglia e Luce crescerà tra cugini, fratelli e parenti. La nuova casa di Ersilia è aperta alle donne infatti " non era come da tanti mezzadri, che la donna mette in tavola la polenta e poi va a mangiare la sua fetta a sedere in disparte" qui si mangiava tutti insieme, le donne col capofamiglia.
Come la mamma Luce è bella, sicura di sé e decisa, figura femminile molto moderna per i tempi; la protagonista attraverserà questo periodo storico difficile e faticoso, violento e fatto di soprusi, anni segnati dalla guerra e dalla terribile chiamata alle armi che vede milioni di giovani sparire nel nulla per un ideale che non sanno cosa significhi; lasciavano così la loro amata terra, ragazzi energici e nel pieno delle loro forze, abbandonando le madri, nel loro delirio doloroso e la casa nella carestia più nera; la famiglia aveva bisogno delle loro braccia forti per sopravvivere, ma al nuovo stato, fatto di parole strane quale patria, leva, nemici, unità e moti, questo non interessava. Luce difenderà e aiuterà il suo grande amore, il contadino Vittorio, detto il Tacca che alla guerra non ci sta, perché la guerra è dei signori e il popolo ignorante va a morire, il suo pensiero, espresso con semplici vocaboli lo dice a tutti all'osteria: "perché devo sparare addosso a un povero disgraziato come me (...) la guerra è il diavolo e mandare un giovane a farsi ammazzare è peccato mortale" e tutti ascoltano e .... il Tacca ha ragione.
Una storia piacevole intervallata da detti contadini e usanze popolari, pensieri semplici ma profondi, storie drammatiche anche con riferimenti attuali, violenze difficili da denunciare. Fa da sfondo una realtà storica complessa, un'Italia ancora confusa che fa fatica a crearsi, crescere e unificarsi, che non riesce a coinvolgere le masse contadine, un'Italia dove sono ancora lontane le riforme popolari, la scuola obbligatoria e il boom economico, eventi che vedranno il nostro paese entrare in una nuova fase fatta di agi e modernità ma ricca di contraddizioni.
Con uno stile simpatico e fruibile, in un piacevolissimo toscano, ricco di parlato e termini popolari, come "razzolare" o "bischero", questa storia si materializza dolcemente davanti al lettore che, senza accorgersene, si ritrova immerso in un mondo che conosceva e gli apparteneva, senza che se ne fosse mai accorto.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    29 Luglio, 2019
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Il male ha radici nel passato

Eccellente lettura per questa estate bollente, un giallo dalla struttura articolata e dalla trama avvincente, una storia cruenta dove il male genera il male, dove si intrecciano rabbia, rancori, sensi di colpa e vendette; un noir in cui l'assassino omnisciente, lentamente nel tempo costruisce il suo piano demoniaco, articolato in modo eccelso, maledettamente geniale, recitato da numerosi attori, tutti protagonisti o coinvolti nel male o nella perversione. Sarà il commissario Casabona, sofferente ancora una volta per le delusioni familiari, a dover sciogliere il groviglio di sangue, sembra "un film horror" dice un suo collaboratore, e capire come funziona la mente dell'assassino, per poter intervenire celermente. Trovare il bandolo della matassa però non è facile.
Siamo in una calda estate di una città della Toscana, poco prima della celebrazione del patrono, festa che vedrà fervore e turisti nella bella piazza principale, il commissario, mentre sta discutendo con la moglie che sta per lasciarlo, riceve una telefonata che lo riporta immediatamente nel mondo difficile del suo lavoro; si apre uno scenario agghiacciante, una scena al limite dell'assurdo, un uomo seduto e legato a una sedia a rotelle sui binari del treno, viene ucciso dal Frecciarossa, la vittima, difficile sapere di chi si tratti, viene fatta letteralmente a pezzi, con lui anche la sedia a rotelle. Un omicidio plateale, un'esecuzione grottesca, chi l'ha messa in scena, sicuramente non vuole passare inosservato.
L'assassino è furbo e soprattutto determinato a portare fino in fondo il suo micidiale piano, inoltre sa servirsi della tecnologia informatica in modo appropriato, dispone di tempo e energie; sarà l'intuito del famoso commissario affiancato dai suoi efficienti collaboratori, ma anche dagli esperti informatici, a capire non tanto chi è la mente capace di attuare un'opera così diabolica ma il suo modus operandi che oltre ad essere la base portante del romanzo, forse è anche il protagonista.
Ritorna l'ispettore Casabona, severo e burbero ma umano quando serve, comprensivo verso gli errori altrui (anche lui ne ha fatti tanti) e soprattutto bravo, capace e sicuro nel suo lavoro, forse il migliore; nonostante la difficile situazione familiare che a tratti emerge mentre si sgroviglia il piano dell'assassino, l'ispettore non perde mai la lucidità e la concentrazione, sa che il tempo inutilizzato è alleato dell'assassino e ogni secondo è prezioso. Con uno stile fresco, brillante, scorrevole e piacevolissimo, questo romanzo cattura il lettore anche per il suo ritmo incalzante ma soprattutto per la curiosità che riesce a suscitare costantemente, fino a un finale anch'esso cruento che conferma che gli atti estremi sono causati dal dolore e dalla sofferenza radicata profondamente nell'animo umano. Oltre ad una trama dalle tinte forti, il testo offre senza dubbio, anche spunti di riflessione che rimangono impressi, Il titolo rimanda sia a una poesia che a una metafora della vita.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    09 Giugno, 2019
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Aspettando con pazienza, la verità viene a galla

Siamo in Sicilia, per la precisione a Catania, ritorna la protagonista dell’enigmatico e accattivante Sabbia nera, Vanina Guarrasi, vicequestore, dal passato burrascoso, personaggio dalla mente aperta e brillante; donna capace, testarda ma spontanea che ama mangiare e fumare, se ne frega della linea e della salute, nonostante vadano tanto di moda i salutisti e le donne slanciate; alle spalle una situazione familiare molto difficile, a livello sentimentale ancora peggio; oltre al lavoro, che affronta in modo deciso e determinato, mostrando le sue capacità da capo dinamico, sicuro di sé e pragmatico, la sua passione sono i films vecchi girati nella sua terra amata, la Sicilia. Vanina dirige la sua squadra con determinazione, concedendosi pochissimo tempo libero per sé, ogni caso la coinvolge e arriva sempre fino alla fine, grazie al suo fiuto da segugio e al suo intuito quasi sempre infallibile.
Durante la notte, due uomini stanno pescando con la lampara, luce e silenzio e i pesci, anche quelli più nascosti, arrivano; ai loro occhi appare una scena anomala, una grossa valigia viene gettata sugli scogli da due uomini. Seguiranno una telefonata anonima, molto particolare, una donna scomparsa che però sembra nascondere molti segreti; inoltre una villa sul mare in cui vengono fatte feste private e riservate con divertimenti eccessivi e droga; un avvocato corrotto e prepotente che tratta da servi i suoi sottoposti e assistenti. Tanti personaggi, una trama complicata che non dà un attimo di tregua al lettore e non si dipana completamente fino alle ultime pagine, una storia che nasconde rancori e rabbia, vendette che vengono dal passato, i torti subiti per anni poi vengono alla luce e mostrano tutta la loro profonda complessità. La pesca con la lampara è metafora perfetta del caso, ma forse di molti degli enigmi della vita, senza fare rumore, si lanciano le reti, si aspetta con pazienza, i pesci più nascosti vengono a galla, anche quelli più difficili e inaspettati.
Un giallo che cambia prospettiva continuamente, la villa sul mare, durante una festa viene abbandonata improvvisamente da tutti e da qui parte un’indagine molto complessa, anche perché ci sono tante tracce, forse troppe ma manca il cadavere.
Con un linguaggio scorrevole e brillante, intervallato da frasi o termini in simpatico siciliano, da elenchi di specialità culinarie e da dialoghi incalzanti, velato di sfumature ironiche, questo romanzo scorre in modo magistrale.
Tanti gli insegnamenti, i messaggi, gli enigmi, gli intrighi, i lettori e amanti del genere non rimarranno delusi!

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a chi ama i gialli
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Romanzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    31 Marzo, 2019
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Furto, fuga e allegria

Un libro che consiglio vivamente sia per la scorrevolezza dello stile, sia per la rocambolesca storia narrata con estrema maestria e naturalezza, sia per i personaggi vivaci, sinceri, schietti, spontanei e ben descritti, sia per gli irresistibili dialoghi; ma soprattutto per la simpatia e l’ironia diretta e pungente; mi sono ritrovata a leggere la storia delle solite sospette, ridendo rumorosamente da sola, cosa che mi capita raramente. Un’esilarante evasione dallo stress quotidiano.
Le quattro protagoniste, vecchiette ma non troppo, oggi si direbbe vintage, stanche e offese dall’esistenza, dall’ipocrisia del dover apparire, dall’egoismo della solidarietà apparente, dalla solitudine e dai lavori umilianti, hanno bisogno di soldi e organizzano un colpo in banca. L’idea e la storia partono da Susan che, moglie devota, scopre che il defunto marito, aveva un vizietto o passatempo perverso ed è proprio per questo che, in un momento di eccesso, trova la morte, chiaramente il signore dai gusti sessuali particolari, risulta pieno di debiti che Susan deve ora pagare. Julie lavora in un ospizio e la simpatica e briosa scrittura dell’autore, non tralascia nulla, tutti i più intimi particolari del lavoro di Julie vengono minuziosamente descritti. Ethel è una vecchietta dell’ospizio, ex-attrice, donna molto vissuta, ora è in carrozzina ma si tratta di un personaggio solare e positivo, dalla mente brillante e dal linguaggio vivacissimo e molto volgare; Jill è una dolce e devota figura femminile, una nonna che ha bisogno di soldi per aiutare il nipotino malato. Saranno sostenute dalla collaborazione di Stimmate, un tempo era un grande e famoso delinquente, ora è caratterizzato da pigiama, pantofole e ossigeno. Saranno inseguite e perseguitate dal detective Boscombe, un poliziotto non brillante, grasso e mangione, volgare, testardo ma anche sfortunato. La scena del colpo è un susseguirsi di avventure, al limite del possibile, estremamente briose e fantasiose. L’autore mescola tutto elenchi di pietanze, frutti, dolci, donne sboccate, volgarità, offese pesanti ma anche momenti di dolcezza, delicatezza, solidarietà e allegria; non poteva mancare un viaggio-fuga dove in ogni scena succede l’incredibile, si aggiunge alle scatenate signore, la bella e giovane Vanessa, quindicenne piena di problemi, in cerca semplicemente di consigli e amicizia. Lo scrittore dimostra estrema maestria nel creare situazioni e paradossi, nella panoramica finale, il punto di vista si muove nel tempo e nello spazio con eleganza e delicatezza, ma anche con maestria cinematografica.
Sicuramente un libro da non perdere

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a chi vuol ridere e non si scandalizza
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Romanzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    17 Marzo, 2019
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La stanza dei cadaveri

Il Demo è uno squallido quartiere, grigio e simmetrico, caratterizzato da file di prefabbricati, quasi tutti identici, circondato da un bosco, chiamato dei piccoli impiccati; il demo è talmente tanto grigio che quando il sole lo illumina, appare ancora più grigio, un raro caso in cui lo splendore del sole riesce a rendere ancor più triste e tetro. Qui, nel prefabbricato un po’ più grande, vive una famiglia caratterizzata da rapporti molto difficili, un padre maschilista, ubriacone e violento, una madre incapace di reagire, soprannominata ameba, spesso vittima della violenza immotivata del marito; due figli, la ragazzina protagonista che racconta la storia e il fratellino. Nella casa una stanza è riservata ai cadaveri, cioè agli animali imbalsamati che derivano dall’unico interesse del padre, la caccia e di conseguenza le armi. La stanza dei cadaveri è per tutto il romanzo il luogo più inquietante, è costantemente caratterizzata da una sottile atmosfera onirica da incubo, quegli animali sembra che abbiano poteri malefici, possano prendere vita all’improvviso e aggredire i due bambini. La madre invece ama gli animali, li custodisce e li accudisce, alla morte del capretto prediletto, sembra soffrire più che delle numerose cattiverie subite dal marito.
La ragazzina protagonista racconta la sua vita difficile, dalle angherie del padre alle trasformazioni del fratellino Giles che da tenero e bisognoso di affetto, diventa violento, aggressivo, insensibile, corrotto da una realtà distorta e impietosa, è come se i parassiti inquinassero la sua testa, dice la sorella. Davanti alla natura indifferente a tutto, a lei non rimane che fuggire con la fantasia e credere che possa esistere la macchina del tempo per tornare indietro e cambiare la realtà attuale ma la realtà non cambia e va affrontata; la macchina del tempo è solo un gioco. Presa coscienza del vero con sofferenza e crisi profonda, la protagonista affronta la vita, con principi positivi, studia, lavora, ed è particolarmente portata per la fisica.
Nel Demo succedono cose strane e sono presenti personaggi molto particolari, a volte surreali, spesso soli. Alcuni aiutano la protagonista, capiscono il suo percorso, cercano di sostenerla nei suoi studi, nella speranza di un futuro migliore. Nel finale il ritmo accelera, diventa incalzante, avventuroso e imprevedibile.
Un romanzo bellissimo, profondo, irresistibile e particolare; nonostante le vicende, l’ambientazione, la totale assenza dello stato, non si tratta di denuncia sociale, piuttosto di una storia sofferente, velata di una atmosfera irreale, onirica (leggendo, mi veniva in mente spesso David Lynch) in cui la scrittrice, con uno stile asciutto e razionale, non tralascia nulla, anche le scene più crudeli vengono descritte nei particolari. Un romanzo di formazione forte in cui le vicende si susseguono velocemente spesso in modo imprevedibile, la scrittura è coinvolgente e scivola fino al finale dove forse un po’ di speranza si intravede.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    11 Marzo, 2019
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Noir nel paese di Monet

Questo giallo dalle sfumature noir ha fatto molto discutere, la vicenda ha visto pareri discordanti; secondo me si tratta di un eccellente lavoro, un intrigo accattivante con un finale che definire solo imprevedibile, è veramente riduttivo.
Siamo a Giverny in Normandia, piccolo e tranquillo paese dove ha vissuto e dipinto il grande Claude Monet, qui l’artista ha prodotto numerose delle sue stupende ninfee. Questo sereno e grazioso villaggio è spesso meta di turisti e curiosi, amanti dell’arte e del grande artista. A rompere la serenità del mondo idilliaco di Giverny è un cruento omicidio, un cadavere brutalmente ucciso, trovato in aperta campagna; viene chiamato l’ispettore Sérénac che grazie all’aiuto del suo assistente Sylvio, cerca di risolvere il mistero che da subito si presenta complesso; il lettore si trova immerso in un intreccio dei più articolati, costruito in modo magistrale, dove molte piste appaiono per poi scomparire, un dedalo che disorienta il lettore, un puzzle che solo alla fine si ricompone, allora improvvisamente tutto torna e si capisce la geniale costruzione. Si succedono colpi di scena, personaggi particolari dai contorni non ben definiti, non si capisce bene chi menta o dica la verità, magari per coprire un altro; inoltre ci sono le famose tele di Monet, Ninfee Nere, che l’artista avrebbe dipinto poco prima di morire, sparite o rubate. In alcuni momenti sembra di vivere in un sogno, data l’atmosfera irreale e cristallina, in altri siamo in un incubo. Tra i numerosi personaggi, spiccano tre donne di età diverse, una bambina amante dell’arte e particolarmente capace nel disegno, una giovane maestra, bella ma dallo sguardo perso e sofferente, una vecchia acida e sola, caratterizzata dalla fissazione irrefrenabile dello spiare le vite degli altri. Viene attentamente descritto il paese di Monet, con i suoi paesaggi e angoli deliziosi, citate le vie e le piazze, ma in questo gioiello si aggirano personaggi spesso ambigui, come se volessero nascondere qualcosa.
Con uno stile barocco e coinvolgente, lo scrittore alterna descrizioni a monologhi interiori a volte non immediatamente comprensibili, non mancano le scene cruente, le visioni oniriche e il ritmo che accelera fino a diventare incalzante, specialmente nel finale.
Sicuramente da leggere.

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a chi ama i gialli dalla trama complessa
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    07 Febbraio, 2019
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Un omicidio, la corruzione, la sofferenza

Siamo a Bogota', nella Zona Rosa, quartiere esclusivo della capitale in cui si trovano ristoranti di alta cucina e club esclusivi, hotel, negozi di stilisti e centri commerciali; qui la vita diurna e notturna è vivace, la zona è frequentata da tante tipologie di persone, molti benestanti. Nella famosa Zona Rosa, risiede un centro estetico per signore altolocate, mogli o figlie di famiglie benestanti, di politici, di gente di spettacolo o comunque in vista. Spesso le clienti parlano, raccontano, si lamentano, possono essere anche strafottenti verso le lavoratrici, percepite quasi come invisibili, fantasmi che devono far apparire belle; queste estetiste brave e preparate, sono molto giovani, lavorano per un minimo stipendio, per più di dieci ore al giorno, senza ferie pagate, senza poter mai allontanarsi dal centro; sono ragazze che aspettano la modesta mancia dalle signore per poter mettersi da parte qualche soldo, tutto intorno c’è un mondo bello ma anche pericoloso, in cui se si addentrano, possono rimanere intrappolate, invischiate in una rete pericolosa, difficile perciò sfuggire al meccanismo di sfruttamento. Anche le clienti sembrano infelici, ricche ma molto sole, spesso legate all’apparenza più che all’interiorità, all’ostentare più che alla ricerca di rapporti sinceri.
La storia inizia con un omicidio, una ragazza, giovane e carina, trovata morta, il giorno seguente all’appuntamento con Karen, bellissima estetista che lavora nel centro, una delle più brave e richieste; Karen ha raccolto le sue confessioni, ha sentito i suoi ultimi sogni, è l’ultima ad averla vista viva, forse sa chi doveva incontrare. L’inizio è quello del classico giallo, il lettore perciò si aspetta una trama in cui i fatti portino allo scioglimento dell’enigma e all’arresto dell’assassino. La storia però subisce una svolta, la scrittrice si sofferma spesso sulle tragiche situazioni che subiscono le donne nel suo paese, vittime indifese, in una realtà che non riesce a tutelare i loro diritti. Viene descritto il potere in tutte le sue forme, violenze sessuali che non vengono denunciate, prostituzione, povertà, sfruttamento e tanti personaggi in primo piano, soprattutto femminili. Donne tormentate ma lucide, capaci di ragionare e reagire alle lordure del mondo, donne dignitose in grado di cambiare e adeguarsi alla realtà che continua a offenderle. Karen è dolce e delicata, capace e determinata, cerca sempre di rialzarsi, la vita sarà crudele con la povera ragazza; l’autrice riesce a descrivere anche gli incubi interiori di Karen, gli oggetti, le parti della persone che diventano giganti e mostri; la penna lucida della Escobar non tralascia nulla, neppure l’autolesionismo, utilizzando a volte sfumature espressionistiche e grottesche. Sabrina Guzmàn è la giovane adolescente bella e piena dei desideri più delicati, sarà un fiore spezzato, un sogno che diventa l’incubo più atroce; toccanti le lacrime della madre Consuelo.
Lo sfondo di queste storie che si intrecciano è Bogota', bella, grande, in crescita e continuo cambiamento, ma anche corrotta e pericolosa. Spostandosi in autobus si possono vedere i diversi quartieri che si avvicendano, dal più povero, malfamato e pericolosissimo, a quello lussuoso e splendente.
Con una scrittura veloce e scorrevole, il lettore si addentra nella storia della casa della bellezza, in uno scambio continuo di vicende e personaggi; sul finale si alternano le varie sfaccettature della storia, si mettono in discussione tutte le verità, sicuramente una conclusione della storia inaspettata.

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Romanzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    29 Dicembre, 2018
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La piccola scuola tra i boschi

Questo piacevole e breve romanzo tratta delle avventure di un gruppo di ragazzi di una scuola media, sperduta tra i monti di Abruzzo e Marche. La scrittrice, con stile lineare e scorrevole, ma anche caratterizzato da ironia pungente, descrive un anno della sua vita da prof.ssa precaria, trascorso in una scuola con studenti non troppo preparati e famiglie non troppo interessate all’istruzione. La narrazione è in prima persona, quasi una forma di diario-testimonianza, il testo è suddiviso in piccoli capitoletti dal titolo simpatico e indicativo, primo indizio delle sorprese che il lettore sta per affrontare e dei guai che i ragazzi stanno per combinare; alcuni esempi: folletti di montagna, lettera di scusa alle mosche, la classe pluriguai , la capretta di Simone, Strage di maiali, Roma: Ma che so’ ‘sta due pietre rotte?. La famosa chiamata inaspettata, dalla scuola, giunge a sorpresa, come sempre, quando la prof si trova all’estero, per la precisione a Dublino, dove aveva intrapreso una strada totalmente diversa; la giovane precaria, faceva qualche ora di lezione di italiano, lontana dai tornanti della valle dimenticata. Al telefono: “una supplenza annuale … importante .. torna subito!” Reazione: non voglio, dubbi, pianti. Poi fa il biglietto. La sede della piccola classe, pluriclasse per la precisione (unite più classi insieme in alcune ore, il caos più totale) si trova a dir poco sperduta tra le montagne, per arrivarci ci vuole un’ora di curve, arrivati sembra di essere altrove. La scuola è lontana dalla città ma è anche una piccola succursale, lontana dalla sede centrale, isolata da tutto, solo aule e i prof, il preside non ci va mai; lo stato, l’istituzione è percepita assente, lontana. Ma ancora esistono questi posti? Queste realtà? Gli studenti sono menti semplici dai modi rozzi, il mondo esterno li ha abbandonati e loro lo respingono, sospettosi verso tutto ciò che viene da fuori, che non è del villaggio; urlano, si picchiano, si divertono a prendere le mosche con le mani, lanciano oggetti, non riescono proprio a capire a cosa possa servire la scuola; ci sono anche episodi di prepotenza e bullismo. Il preside e le istituzioni, non essendoci mai, non sono temuti, non esistono, non li conoscono. Sono figli di contadini, poveri agricoltori con allevamenti, alcune abitazioni non hanno pavimento ma terra battuta, né riscaldamento, né bagno; a volte convivono con animali. Nell’era della globalizzazione, ci immergiamo lentamente nel villaggio con le sue interminabili giornate scandite dai ritmi della natura; foreste, vendita delle castagne e delle patate, lavoro manuale e domestico. I ragazzi possono anche essere assenti da scuola in alcuni periodi, sono ad aiutare i genitori al lavoro. Molti insegnanti sono fuggiti da quella scuola, gli istituti superiori, quei ragazzi non ce li vogliono; loro stessi non temono la bocciatura che rappresenta un anno ancora lontano dal lavoro. La mensa è il momento più difficile, lascio immaginare. Inoltre arrivare nella valle dimenticata è problematico: neve, nebbia, frane e brutte curve, rischio incidente ma si può vedere anche uno splendido cerbiatto. Elisabetta, la prof, pensa di non farcela però non si arrende, sconforto, disperazione poi l’istinto, la solidarietà con quel mondo che poi sotto la dura scorza, nasconde una speranza. Nel libro sono presenti anche alcune frasi dei temi dei ragazzi: (con errori ortografici ormai difficili da correggere): vorrei essere il sindaco del mio paese e chiuderei la scuola e ci farei un supermercato molto grande, a 3 piani …I prof devono essere più sorellevoli, siamo piccoli non pigmei; (Vorrei) una casa molto grande con prato alberi e tanti vestiti di marca; Le maestre nei bangi e noi bambini sulla cattedra. Tra i simpatici personaggi: la bidella Giovina: lavora a maglia, conosce tutti, si prende uno schiaffo da Attilio, lo studente grande, bulletto, ma gli restituisce un calcio …. ogni tanto una sberla si può dare; Valentina, lasciata a scuola con la polmonite, pallida e tremante; Ludovico: sembra che viva sotto una campana di vetro, forse ha bisogno di aiuto, però capta le informazioni e le rielabora più di quanto sembri, subisce anche prepotenze. L’inverno è lungo, buio e lento, a Febbraio piove, il terreno sprofonda, la prof non si arrende, anzi con determinazione ironia e autoironia, segno di perspicacia, dimostra che l’insegnante sa adattarsi a tutto, la scuola pubblica poi, arriva, e arriva dappertutto, è presente anche nell’altrove. Elisabetta comincia ad apprezzare questi ragazzi, la bellezza del paesaggio, i suoi ritmi; quando è assente (incidente a causa delle curve), Valentina la chiama: “sono Valentina, ci manchi, devo andare, se mi becca mamma al telefono, mi strilla”. Finalmente arriva la primavera, la luce, il sole, le giornate più lunghe, la natura che si sveglia poi la notizia: “Cari ragazzi, torna la vostra insegnante, devo salutarvi.” Cala il silenzio. Un finale sdolcinato, forse la prof ha imparato molto di più da quei piccoli folletti di quello che poteva aspettarsi; ha imparato così tanto da farli rivivere in queste pagine; forse loro sono più sensibili di quello che vogliono apparire. Dietro la dura crosta di questi indomabili, c’è un grande desiderio d’affetto. E’ passato un po’ di tempo ma i personaggi di questa storia sono sempre qui con noi.




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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    26 Dicembre, 2018
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Polvere scura sulla mummia

Sullo sfondo di Catania, bella e vivace, e di un Etna arrabbiato che lancia cenere (Sabbia Nera), si sviluppa questo giallo, dalle tinte scure, pieno di personaggi di varie tipologie, dall’ingenuo al cattivo, dalla vecchia acida, alla prostituta, al dongiovanni; storia ben articolata ma anche arricchita di intrighi e di continui cambiamenti di prospettiva, tali che sembra non si arrivi mai a una soluzione definitiva.
Nella parte disabitata e da anni abbandonata di una imponente villa, viene ritrovato per caso un cadavere mummificato, posizionato sopra un montacarichi, nascosto da una misteriosa e inquietante statua che, solo successivamente si capirà, era stata più volte spostata, nelle varie stanze della villa. Il corpo appartiene a una donna, ben vestita, difficile risalire all’identità, vicino a lei, una grossa borsa, piena di soldi.
Il ritrovamento mette in moto un meccanismo complesso che ha radici nel passato ma ripercussioni profonde anche nel presente e coinvolge personaggi importanti, in vista e non sospettabili.
Si scava nel passato, emerge un ‘bordello di lusso’ Il Valentino, ben frequentato, elegante e dignitoso, con una struttura labirintica e un complesso giro di soldi.
Chi si occupa del complesso caso è il vicequestore Vanina, Giovanna Guarrasi, 39 anni, lavoratrice instancabile e seria, mente brillante, personalità determinata, caratterizzata da risposta sempre pronta e osservazioni acute, lavora sempre fino a tardi, cerca di dimenticare un passato complesso e doloroso, inoltre ama mangiare, fumare e i film italiani vecchi; un difetto? Troppo severa con se stessa. Al suo seguito, una squadra fedele ma anche un vecchio poliziotto in pensione con una moglie insopportabile che … ricorda e attraverso la memoria esce dal torpore di una vita noiosa e ripetitiva.
Una bambina scomparsa, fughe d’amore, ritrovamenti, passaggi segreti, stanze murate delle vecchie case, si alternano, tenendo così il lettore con il fiato sospeso, in attesa del successivo ingrediente di questo complesso e variegato pasticcio di vita siciliana. Si alternano passato e presente, descrizioni e dialoghi, il tutto arricchito da uno stile brillante e scorrevole, un giallo con tutti gli elementi tipici di questo genere ora molto in voga; nel finale il ritmo accelera, un inizio un po’ più lento e descrittivo ma la storia tiene molto bene, fino alla fine.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    29 Ottobre, 2018
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La riflessione, la rigenerazione

Voglio vivamente consigliare questo libro, un romanzo particolare, scritto con eleganza e raffinatezza di stile, riflessivo e profondo; una storia che fa riflettere, due realtà completamente diverse, un uomo in profonda crisi. Jonas ha quarantanove anni, vive in un paese benestante ma vuol farla finita e pensa al suicidio, la moglie lo ha lasciato, rivelandogli che l’amatissima figlia in realtà non è figlia sua. Il protagonista non ha altri affetti. Dopo aver lasciato tutto a casa, senza avvertire nessuno, decide di acquistare un biglietto di sola andata per un paese povero, dove la guerra da poco ha lasciato il posto alla carestia, è qui che ha deciso di uccidersi, ma forse non è del tutto convinto di farlo. La nuova realtà offre al protagonista uno scenario spettrale, case distrutte e palazzi smembrati, non ci sono negozi, l’unico ristorante apre solo se si conosce e se si telefona per fissare. Jonas alloggia al misterioso e deserto Hotel Silence, in un passato lontano forse era un ambiente elegante e lussuoso, adesso, gestito da fratello e sorella, ha gravi problemi e mancanze, ha bisogno di manutenzioni continue, non c’è sempre l’acqua per fare la doccia, oltre al protagonista, c’è solo un altro cliente, un tipo non troppo gentile; fa una apparizione anche un’attrice prima famosa, dal passato oscuro. La guerra ha distrutto tutto, ha violentemente deturpato le vite e le speranze degli abitanti, ignari delle cause del conflitto, ha spezzato i sogni dei giovani, c’è un bambino che comunica orrore con i suoi disegni, una donna che ha partorito in uno scantinato, gli incubi che tornano senza tregua. Il protagonista dice a se stesso: non posso portare la morte a chi l’ha vissuta così da vicino, a chi l’ha vista.
La gente ha comunque ancora voglia di parlare e comunicare, si sente il desiderio di ricostruire; Jonas comincia ha fare lavoretti per gli abitanti, attività che ha sempre saputo fare, sembra il suo nuovo obiettivo, conosce persone, dialoga, si confronta, poi di nuovo il contatto con il suo mondo. Un finale a sorpresa.
L’autrice lentamente riesce a immergere il lettore nelle realtà descritte, mai con aggressività o scene particolarmente d’effetto, ma sempre con il suo stile lucido e delicato; nonostante lo scenario bellico, non ci sono osservazioni ideologiche o interpretazioni politiche, ma, attraverso la sua scrittura scorrevole e piacevole, ci presenta una storia intensa, piena di messaggi attuali, soggetta a varie interpretazioni, ricca di spunti di riflessioni profonde sull’esistenza e sulla vita, una storia che mette sempre tutto in discussione.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    09 Settembre, 2018
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Rosa Lopez

Lo stupore della notte … di Milano, scenografia perfetta per questo giallo, crime, thriller, poliziesco, dalle tinte forti, ricco di colpi di scena, con un finale mozzafiato, con una tensione adrenalinica in crescendo capace di mettere a dura prova il lettore. Secondo me è proprio questa particolare mescolanza di generi che si alternano, a caratterizzare il romanzo che, senza ombra di dubbio, tiene sulle spine il lettore fino alla fine.
In una Milano, bella e pericolosa, ricca di contraddizioni, dalle svariate sfaccettature, descritta nei particolari, dai quartieri eleganti con appartamenti da sogno alle strade più malfamate e pericolose, frequentate da extracomunitari allo sbando e giovani per lo più dediti allo spaccio, si sviluppano le vicende dei vari personaggi. Il Maestro mente criminale sottilissima e persuadente, sta organizzando una serie di attentati terroristici nei luoghi nevralgici della città, attirando a sé, come collaboratori, uomini e donne dai vissuti tormentati, segnati dalle tragedie, dalle perdite più sofferenti e dalla povertà, collocati inoltre ai margini estremi della società.
Figura di spicco del romanzo è Rosa Lopez, una poliziotta perspicace, tenace e determinata, preparata e formata ad affrontare tutto; Rosa dopo aver lavorato in Calabria nella guerra alle cosche, si trova a Milano, capo unità speciale contro il terrorismo di matrice islamica; Rosa lavora un numero elevatissimo di ore al giorno, non ha domenica né festività, ha atteggiamenti e professione maschile ed è a capo di uomini armati e preparati, quello che conta per lei è la carriera, non può costruirsi una famiglia, la sua vita privata è in crisi, la sua casa spoglia, asettica e trascurata; soffre per il compagno collega, in coma in casa di cura, a cui hanno sparato durante un’operazione difficile e delicata, soffre e si sente in colpa per lui. Dietro la dura scorza del poliziotto, emerge lentamente una femminilità delicata che non può esprimersi perché la donna deve proteggere la città e tutti attendono le sue direttive.
Per descrivere questo intreccio complesso e articolato, lo scrittore si serve di paragrafi brevi e diretti che possono alternare realtà completamente diverse, il lettore si trova immerso nel lussuoso, moderno e perfettamente accessoriato attico con vista sul Duomo innevato, per passare nel paragrafo successivo alla storia straziante della mamma che ha perso il figlio in guerra e sta abbandonando il secondo, sacrificandosi per lui. Questa rappresentazione variegata di tutti gli aspetti della realtà è descritta con il solito stile scorrevole e la solita scrittura pulita e diretta; l’autore non tralascia nulla, dalle torture, alle sofferenze, ai momenti più teneri, alle debolezze umane, la sua brillante penna non perde mai verve e brillantezza, anzi questa capacità di descrivere i vari e diversi aspetti dell’esistenza, ravvicinati e con lucida razionalità, dimostrano spessore culturale e preparazione in materia.
Oltre a Rosa, i personaggi sono molti, quasi tutti collegati alla sua realtà; ben descritti i collaboratori della sbirra, il suo fascinoso amante, il collega che la ama e non accatta il suo rifiuto, inoltre spie, agenti CIA, traditori e hacker. Originalità anche negli ambienti, quasi tutti inseriti nella realtà milanese; colpisce subito il Lovers Hotel, l’autore si sofferma oltre che nella sua descrizione, anche nella sua storia e in tutte le trasformazioni che ha subito nel tempo, da hotel elegante a bordello a luogo che non esiste sulla carta ma dove avvengono interrogatori e torture. Lo scrittore sa servirsi e utilizzare tutti gli spazi temporali, il susseguirsi delle vicende avviene di giorno ma anche di notte, momento ottimale per colpire in modo nefando e criminale. Sono presenti anche flashback relativi alla biografia di un personaggio chiave ma anche alla storia di un luogo come il Lovers.
Un libro che scorre via con leggerezza ma che arricchisce il lettore di tanti aspetti del mondo e della vita, soprattutto mette in luce come mentre passeggiamo con i nostri cari per le strade della città, tutto può sembrare tranquillo ma la realtà può nascondere insidie e dinamiche complesse e pronte a ribaltare la quotidianità, dinamiche a noi totalmente oscure.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    17 Agosto, 2018
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Un giallo dalla trama geniale e l'ironia raffianat

Leggendo le avventure e le storie intricate che avvengono a Reugny, il piccolo paese delle Ardenne, in cui si trova l’Hotel del Gran Cervo, colpisce subito l’originalità della struttura narrativa e della costruzione dei personaggi e soprattutto il difficile equilibrio e le complesse dinamiche createsi tra gli abitanti del luogo. Anche se il genere presentato dall’autore non è codificabile, la trama presenta un giallo complesso con sfumature grottesche, forti, quasi noir; una storia intrigata, ironica, a volte irreale, costruita su più vicende, intrecciate tra loro, con risvolti assurdi e inquietanti, in cui si muovono personaggi spesso egoisti, chiusi e caratterizzati da comportamenti ambigui, come se nascondessero sempre qualcosa a se stessi o agli altri.
A Reugny i rapporti tra gli abitanti sono poco amichevoli e costruiti su rancori sotterranei; l’atmosfera, fin dall’inizio è irreale, sterile, asettica, si percepisce la presenza di risentimenti e voglia di vendetta. In questo clima che l’autore riesce a creare in modo magistrale, avvengono una serie di brutali omicidi, apparentemente illogici e scollegati tra loro; per cercare di far luce su queste assurde vicende, viene chiamato Vertigo Kulbertus, investigatore sui generis, eccessivamente obeso, così grasso da aver bisogno di un letto particolare, adatto alla sua mole; caratterizzato da linguaggio e modi volgari e spesso irrispettosi, Vertigo è scontento della sua vita e della sua carriera, manca poco al suo pensionamento che lo vedrà poltrire tutto il giorno, spostarsi a fatica tra divano e letto; per ora mangia molto e male, beve tanta birra ma nonostante tutto, è molto capace, anzi geniale. L’ispettore alloggerà all’hotel del Gran Cervo dove si trova a dormire anche Nicolas Tèque, giovane ricercatore che, seguendo le indicazioni del suo capo, deve cercare notizie su una famosa attrice, Rosa Gulingen, trovata morta in una camera dell’hotel quaranta anni prima, nella vasca da bagno; la polizia allora parlò di incidente ma molti sospettavano dell’ex compagno di vita e scene, Armand Grétry. L’attuale proprietaria dell’hotel, Thérèse, gestisce tutto da sola, dal ristorante alle camere, si occupa della vecchia madre in sedia a rotelle, mente ancora brillante e capace dalla sua postazione nel mezzanino, di sentire tutto di tutti. Thérèse ha anche una figlia, Anne-Sophie, ribelle e scontenta della sua vita nel paese, la ragazza, all’inizio della storia, scompare in circostanze misteriose. Nell’Hotel, scenografia immobile nel tempo e struttura frequentata sempre da pochi clienti, Térèse ha costruito un museo dedicato a Rosa, collocato nella camera dove l’attrice è stata trovata morta, un mausoleo inquietante che mostra ai rari visitatori gli oggetti dell’icona, sex symbol, come la spazzola con i capelli o la vasca dove è stata trovata morta.
Vertigo e Nicolas, i due ‘investigatori’ sono menti brillanti, nell’hotel si conosceranno, diventeranno amici, collaboreranno, riusciranno a scoprire le varie verità che circondano la struttura e il paese; diversi per formazione e età, entrambi ammiratori della bella Rosa, costruiranno un rapporto confidenziale quasi padre-figlio.
Nel paese si trova anche un Centro Motivazionale per dipendenti aziendali, gestito dall’ambizioso Richard Lépine e dalla sua gelida assistente Elisabeth, un luogo molto frequentato, asciutto, asettico, freddo con stanze e corridoi privi di finestre, in cui vengono applicate leggi per dipendenti severissime, al limite dell’assurdo. Gli stagisti vengono impostati per lavorare e produrre, in costante competizione, seguendo le regole dell’azienda, in modo rigoroso, pena l’espulsione immediata; l’autore con amara ironia descrive le crudeli leggi di mercato e di assunzione delle multinazionali e delle attuali aziende; leggi di lotta per la sopravvivenza, lotta a chi resiste maggiormente ai ritmi di lavoro sempre in crescendo.
I personaggi del microcosmo creato dall’autore sono numerosi: ben descritto il ritardato che sembra faccia discorsi illogici, invece la sua logica ce l’hanno, il crudele ricattatore che prova piacere ad alimentare il suo odio, la tassista succube del marito che però riuscirà a ribellarsi, il ‘genio’ poeta e studioso che mostrerà i suoi lati più oscuri; tutto mirabilmente creato dalla bizzarra fantasia dell’autore.
Il romanzo si presenta diviso in piccoli paragrafi che concludono una vicenda per poi spostarsi nello spazio o nel tempo, una struttura narrativa che aumenta la suspense, mettendo il lettore in stato di attesa; sul finale il ritmo accelera, gli eventi incalzano, i personaggi e le vicende aumentano, non mancano scene cruenti e forti; Vertigo, nonostante la sua fisicità grottesca, alla fine dimostra le sue capacità; attraverso una scenografia a vetri di grande effetto e un linguaggio deciso e articolato, scioglie tutti i dubbi e risolve gli enigmi.
Linguaggio pungente, stile diretto, ironia raffinata, trama geniale e complessa, scorrevolezza, questi sono gli ingredienti di questo pasticcio letterario di grandissimo spessore intellettuale, non manca la storia d’amore a lieto fine. Consigliato.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    31 Luglio, 2018
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La Confessione

Con una nuova indagine per un cruento omicidio, ritorna il Commissario Luigi Alfredo Ricciardi, affiancato dal fedele Maione, onesto brigadiere e padre di famiglia, adesso impegnato in una serie di rapine, ben organizzate, effettuate nel loro quartiere. Siamo a Napoli, la città di De Giovanni, sempre più luminosa e variegata, in una limpida primavera, durante gli anni del Fascismo, il commissario è ancora costantemente tormentato dalla sua malattia mentale, egli ha spesso visioni di defunti di morte cruenta, fantasmi che a volte lo aiutano nelle indagini ma risultano essere anche un pesante fardello che incide fortemente sulla sua personalità, rendendola sempre più solitaria, introversa, sofferente, silenziosa e riflessiva. Luigi Alfredo non solo vede il corpo straziato ma percepisce anche le ultime frasi dove i fantasmi ripetono la loro sofferenza finale per il distacco dalla vita; ‘loro’ appaiono spesso e quando vogliono, sono bambini, donne, uomini, vecchi, uccisi, squartati, sanguinanti, hanno paura e urlano; nessuno conosce il segreto del commissario che non ha il coraggio di rivelarlo a nessuno. Anche in questa storia intricata e difficile da risolvere, il protagonista conserva la sua lentezza e la sua continua riflessione sugli avvenimenti accaduti, poi il lampo di genio e tutto torna, anche se sembrava un groviglio inspiegabile. Il povero Raffaele Maione, già fortemente scosso da una ferita interiore inguaribile, dovrà affrontare un tradimento importante, doloroso e inatteso, specialmente se “a chi ti ha tradito, hai aperto la porta di casa”; il dolore e la mancanza ci rendono ciechi, ci tolgono la lucidità, ottenebrano la razionalità e non riusciamo più a capire chi è sincero e chi ci tradisce. Due storie, impegnative e ricche di colpi di scena, intrecciate tra loro e due personaggi importanti molto diversi ma che si fidano l’uno dell’altro, così si presenta la struttura portante dell’ultimo libro di De Giovanni.
I personaggi però in questo romanzo sono tanti, come lo sono i sentimenti che attraverso le scorrevoli e piacevoli pagine del libro, questi attori comunicano al lettore. Come sempre affianca il lavoro dei due brillanti investigatori, il dottor Modo, ironico, brillante e amante dichiarato dei piaceri della vita; figura importante è Enrica, la dolce vicina di casa che ha rapito il cuore del commissario con la sua Semplicità, poi Bianca, la contessa dai modi aristocratici e il fascino irresistibile, non manca ‘il femminiello’ Bambinella, che sfrontato ma sensibile, risulta fondamentale nella storia per la sua capacità di sapere tutto di tutti, prima di tutti!
Sulla lingua di tufo che si allunga nel mare napoletano, viene trovato un cadavere barbaramente ucciso, una scena straziante, la vittima è un anziano prete, amato da tutti, Angelo, di nome e di fatto, un teologo, un confessore vicino a tante famiglie, anche quelle importanti e nobili, anche quelle che nascondono oscuri segreti. Il cadavere di Angelo comunica al commissario le sue ultime sofferenti frasi: Io confesso, ti confesso, lascialo stare, lascia che viva, io ti confesso … Da queste parole enigmatiche parte un’indagine accurata e difficile che condurrà a luoghi sacri e aprirà squarci su realtà diverse, come la comunità dei confratelli gesuiti o scuole e università teologiche del presente e del passato; i misteri e i risvolti inquietanti e inaspettati non mancano in questa vicenda torbida, i fatti porteranno a riflettere sulla parola “confessione” che ha numerose sfaccettature, anche contrastanti; De Giovanni con il suo stile brioso, scorrevole, lineare, velato di sfumature ironiche e insegnamenti di vita, porta il lettore dolcemente fino alla soluzione del mistero.
La solita splendida scenografia napoletana fa da contrasto alle molte brutture descritte nelle storie narrate; Napoli di giorno e di notte, i quartieri, il lungomare, via Toledo, Posillipo, il popolo vivace e attivo, ricordano costantemente la bellezza e il fascino della città partenopea. In questa realtà si muove con apparente tranquillità il commissario che rispetta la chiesa e la religione, è amico del parroco a cui spesso chiede consiglio, ma non crede all’al di là, la vita, secondo lui, è tutta lì.
La vicenda inizia col mare che porta un cattivo presagio ma finisce sempre col mare che, confessore del popolo e detentore di tutti i segreti, è messaggero di speranza.
Finita la lettura rimangono impressi i tanti sentimenti che emergono dalle varie vicende: amore, odio, rimpianti, tradimenti, onestà, disonestà, espiazione e colpa, inferno, purgatorio e paradiso … e la città che, con i suoi infiniti profumi, nonostante i suoi problemi, orgogliosa, continua ad andare avanti.


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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    18 Luglio, 2018
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La dolcezza e la poesia nella Fiaba

Tanto tempo fa, in un mondo semplice ma dai valori profondi, in una realtà fatta di fiumi, foreste, rituali animisti, contadini, capanne, cavalli e carri, migrazioni di popoli, guerre e eserciti … in un luogo non ben definito, forse Europa centro-orientale, caratterizzato dalla brughiera, ma anche da tanti fiumi, poi la steppa, il mare, i monti impervi, i fiordi, le rocce a strapiombo … in una struttura economica semplice, fatta di coltivazioni primitive, autoconsumo, campi e avena … vivevano tante popolazioni, tanti villaggi immersi nella madre natura che veniva rispettata come una divinità. I popoli seguivano con religiosa devozione e ritualità la ciclicità della vita, come un dono offerto da un Dio che era il Tutto onnipresente; l’uomo saggio si scusava se tagliava un albero o se spezzava un ramo, gli antenati venivano celebrati costantemente, potevano ritornare sotto forma di pianta o animale oppure in sogno e davano consigli preziosi, la morte stessa veniva accettata in modo sereno. Le ceneri del corpo dell’eroe morto combattendo per il proprio popolo, entravano in simbiosi con l’universo, si mescolavano col cielo, ritornavano nel tutto.
Chi si addentra nel romanzo di Paolo Rumiz, nella storia del popolo dei Burjaki e nelle avventure della impavida eroina Mila, si troverà davanti ad una delicatissima fiaba, caratterizzata da messaggi attualissimi e da una dolcezza linguistica presente dalla prima pagina e costante in tutto il romanzo. Il libro è corredato da illustrazioni e grafica di estrema raffinatezza e da una mappa del mondo immaginario in cui il lettore si dovrà immergere.
La pianura dei Burjaki, caratterizzata da fiumi navigabili e paludi, viene invasa da un popolo che arriva da nord, comandato dalla terribile regina Ubidaga che, capace dei più atroci malefici, attraverso i tre mostri ( bisonte, serpente e scorpione) sottomette i Burjaki. La regina-strega impone ai mansueti abitanti, una forma di dittatura, proibendo loro qualsiasi forma di musica o melodia, pena la tortura o la morte. Le descrizioni di personaggi e ambienti sono di mirabile intensità. La proibizione della libertà di espressione artistica e la negazione della cultura sono elementi tipici della dittatura moderna ma ci ricordano anche il famoso Fahrenheit 451.
L’eroe è morto ma la figlia Mila che non conoscerà mai il padre, dotata di un’innata capacità di ascolto e predisposizione eccelsa per l’arte della musica e del canto, dovrà portare a termine la sua missione; liberare il suo popolo dalla dittatura della strega, liberare Eco dalle viscere del mostro, liberare l’arte, la musica, il canto. Per fare questo dovrà affrontare un lungo viaggio, superare prove che richiedono forza, determinazione e astuzia. Nel viaggio l’eroina vedrà la città e il mare, le montagne rocciose e le strade più impervie; aiutata dall’armonia della natura, dalle capacità straordinarie nel modellare la voce e la melodia, da vari personaggi favorevoli, maestri e amici, ostacolata dalla terribile Ubidaga, Mila supererà le prove che il suo cammino le ha imposto.
Con un linguaggio barocco e una straordinaria varietà di aggettivi e sostantivi legati al mondo naturale, inseriti in una struttura sintattica classica, la storia, ricca di peripezie e avventure, scivola via con estrema dolcezza, lasciando al lettore una serie di immagini poetiche e sfumate, un messaggio ambientalista e il desiderio di ritornare alle origini; forse quel mondo descritto dall’autore rappresenta sia un lato misterioso che è dento di noi dove il bene e il male sono in lotta costante, sia la fuga verso un luogo di sogno, nell’era della società tecnologica, sia la lentezza nel periodo dello stress e della frenesia.
Citazione dal testo
La Bambina: e se l’inverno non finisse mai? Se domani il sole non sorgesse?
Nonno: niente del genere può succedere, se gli uomini non prendono dalla natura, più di quanto la natura può dare.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    09 Luglio, 2018
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Nell'era della globalizzazione torna la Fiaba

Il maestro Stephen King e lo specialista del genere horror Richard Chizmar, coppia molto affiatata e collaboratori di lunga data, si cimentano in un’avventura dove i protagonisti sono principalmente dei ragazzi, dove non manca il fascino del mistero, dove primeggiano la magia e l’occulto ma è presente anche la realtà quotidiana e la società attuale americana; si tratta di un lavoro a due mani per una fiaba moderna che chiaramente fa paura.
Siamo ancora a Castle Rock, cittadina di provincia al centro di molte storie del Re del brivido, ora anche serie TV, in estate, tempo delle avventure e delle esperienze. Gwendy, un’adolescente di dodici anni, grassottella e complessata, tormentata dal bulletto del paese e dai suoi amici perché ‘ciocciottella’, tutte le mattine, da sola, corre su un promontorio chiamato La scala del suicidio, luogo impervio ma anche pericoloso, che nasconde segreti profondi e oscuri. Gwendy è una normalissima ragazza di provincia, responsabile e educata, amata dai genitori, famiglia del ceto medio, ha amichette con cui si confida, risultati buoni ma non eccelsi a scuola, anche se non riesce a fare sport.
La nostra storia inizia con Gwendy che corre, corre per sudare e dimagrire.
Un giorno, a rompere l’equilibrio della situazione iniziale, si presenta alla ragazzina sudata per la corsa, una figura misteriosa, magica e inaspettata, si presenta gentilmente e pacatamente come Mr. Farris; lo sconosciuto dimostra l’età del padre di Gwendy, indossa jeans neri, un pastrano nero e una camicia bianca, un piccolo ed elegante cappello nero, è caldo ma nonostante sia vestito pesantemente, non suda e non si scompone mai. Gwendy è coscienziosa e attenta, sa che non si deve dare confidenza agli sconosciuti, ma il signor Farris sembra conoscerla bene e conosce i suoi punti deboli, le sue intime sofferenze; si trova lì per farle un regalo: una scatola con bottoni colorati. Ecco allora che entra in scena l’oggetto magico; descritta approfonditamente forse il protagonista assoluto della storia, la scatola offrirà alla ragazza poteri magici, ma Gwendy dovrà stare attenta ai bottoni, soprattutto quello nero, analizzato approfonditamente e dall’aspetto inquietante. Gwendy sarà la custode e protettrice della scatola per molti anni, la dovrà nascondere, anche ai suoi genitori, è e sarà il suo segreto. Comincia così l’avventura della protagonista che vedrà litigi, gelosie, la scuola e l’università, conoscerà la passione e il grande amore, la sofferenza e la disgrazia, la crescita e la maturità, per poi incontrare di nuovo il signor Farris.
Una fiaba moderna sia per struttura che per contenuti, presenti anche tutti i risvolti inquietanti del genere, la magia e le peripezie; ci sono anche scene avventurose e incalzanti e chiaramente si sente la presenza di It. La scatola dei bottoni è anche un romanzo di formazione in cui l’adolescente incontra le varie prove da superare per entrare nel mondo degli adulti; ma è anche un romanzo sociale sull’adolescenza perché ci sono la scuola, il bullismo, il ragazzo disturbato, i problemi dei giovani della società del consumismo.
I personaggi sono ben descritti e perfettamente inseriti nel ruolo; Gwendy è la protagonista, adolescente matura ma insicura, il lettore si immerge immediatamente nel suo personaggio e rivive le sue avventure, la famiglia è presenta ma l’esperienza formatrice va fatta fuori dal nucleo familiare e affettivo; Mr Farris è il mago, il Faust tentatore che alla fine mostra anche l’aspetto angelico; la scatola è l’oggetto magico, il potere, l’aiutante dell’eroina; simpatico anche il venditore di monete, esperto di numismatica, bella figura e ben tratteggiata; non mancano il bullo, antagonista crudele, e l’amica gelosa.
Corredata da bellissime illustrazioni di Ben Baldwin e Keith Minnon e da una grafica stupefacente, caratterizzata da stile scorrevole, fresco e accattivante, la storia si segue con interesse e non lascia in pace il lettore fino all’ultima pagina.
Il finale? Inquietante!

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    19 Giugno, 2018
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Una commedia piacevole che fa pensare

Questa ultima creazione del pluripremiato scrittore americano Andrew Sean Greer, è una commedia simpatica, ironica, brillante ma anche riflessiva, caratterizzata da uno stile scorrevole, fresco, giovanile, brioso ma anche articolato, ricco di metafore e simpatiche similitudini. L’autore presenta in terza persona la particolare biografia di Less, scrittore non realizzato, insoddisfatto, omosessuale, dotato di linguaggio pungente e battuta pronta, oppresso da tanti pensieri e terrorizzato dal suo prossimo compleanno, i cinquant’anni. Per evitare e fuggire dal matrimonio del suo ex amore (nove anni insieme), con un altro signore, Less decide di girare il mondo per fare lezioni, conferenze, incontri, dibattiti; mentre vengono descritte le vicende del protagonista che si dimena in rocambolesche avventure per New York, Torino, Messico, Berlino, Parigi, poi Marocco, India, Giappone, si aprono continui sprazzi narrativi sul suo vissuto, flashback in cui emergono pezzi, non in ordine cronologico, della sua vita; ne emerge così un vissuto complesso, una personalità fragile, insicura, sofferente, inoltre varie storie d’amore, tradimenti, soggiorni passionali, avventure, quotidianità, ricordi e il poeta di fama internazionale Robert Brownburn. Il lettore si lascia così trasportare dolcemente dai viaggi di Less, alternati alle digressioni che arrivano spontanee e che si inseriscono perfettamente nel tessuto narrativo; come se, alla soglia dei cinquant’anni si dovesse fare un cambiamento di vita, ma anche i conti con il passato, attraverso un riaffiorare spontaneo dei ricordi. Lo scrittore si serve di vari gli espedienti narrativi, analessi, prolessi, figure retoriche e soprattutto uno stile duttile, barocco, ironico, un pasticcio linguistico e semantico come la vita, come il nostro vissuto, come i ricordi che affiorano. Si tratta di una scrittura molto personale che forse il lettore all’inizio fa fatica a seguire e apprezzare ma che, una volta afferrata, non la può lasciare. Finale interessante e indovinato.
Molto belle anche le pagine descrittive delle varie città in cui Less è invitato, sembra di essere a Parigi con lui quando si perde nei quartieri, tra musei, caffè e un croissant burroso alla mandorla.
Un libro ricco di tutto, viaggi, cene tra intellettuali, pettegolezzi tra omosessuali, letteratura, discussioni di arte, disquisizioni più o meno profonde, riflessioni personali; soprattutto, secondo me, un libro piacevole e divertente ma che fa pensare e sorridere.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    12 Giugno, 2018
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Viaggio nel tempo

La trama è particolare, la storia avvincente e intensa, l’autore attraverso il suo stile inconfondibile, affronta un argomento, spesso preso in esame nel romanzo di fantascienza e molto amato dal cinema e dalla letteratura, cioè il viaggio nel tempo, attraverso, in questo caso, un varco situato dietro la dispensa di una comune tavola calda.
Il tema del ritorno nel passato oltre ad attirare per la sua spettacolarità, presenta anche un risvolto più profondo, filosofico e riflessivo; si può cambiare il passato in modo positivo, per poi magari avere un futuro migliore? Modificare alcuni grandi eventi della storia avrebbe potuto ridimensionare le sorti dell’umanità? Alcune catastrofi potevano essere evitate? Allora utilizzare un passaggio temporale per migliorare le sorti del mondo, è possibile? Dobbiamo anche pensare e tenere presente che intervenire nel passato potrebbe modificare il futuro in modo inatteso, non sappiamo come; in un tutto panteista, in un equilibrio cosmico, un battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dalla parte opposta del mondo.
La fantasia del maestro dei thriller-horror è inesauribile, il Re non delude mai; componimento narrativo molto ampio, il romanzo presenta una trama lunga ma che tiene bene; grazie al suo linguaggio accattivante e avvolgente, non ci sono momenti di noia, né pause riflessive stancanti, tutto è nella mente del protagonista. Jake Epping, professore separato, abbastanza metodico, onesto, caratterizzato da esistenza tranquilla e ritmata, forse annoiato e in cerca, senza saperlo, di una cambiamento, è amico di Al e frequentatore della sua tavola calda che offre agli avventori prezzi estremamente convenienti, garantendo cibi di qualità, i clienti nutrono sospetti sull’origine della carne utilizzata da Al per i suoi famosi piatti.
Un giorno Jake riceve una strana telefonata al lavoro, è Al che insiste per vederlo subito, deve parlargli, il professore rimane perplesso ma accetta di vedere l’amico; si reca all’appuntamento dove troverà una inquietante sorpresa. Incredulo ed estremamente confuso, incerto se proseguire nella irreale proposta di Al, Jake accetterà la sfida: un viaggio nel tempo, per la precisione nel 1958, una nuova identità, George Amberson.
Un romanzo che inizia con un tema scolastico in cui viene descritta una storia violenta, atroce e reale, un omicidio plurimo dei più efferati; una storia che prosegue negli anni cinquanta con i tabù sulla sessualità, la tv in bianco e nero, il fumo di sigaretta ovunque; una trama che porta nel Maine, in una citta-fantasma, Derry, fin dall’inizio descritta come ostile, dove sono successe cose terrificanti e sembra che ci siano occhi che spiano ovunque. Il riferimento a IT qui è immediato. Inoltre c’è la famosa data, quel 22 Novembre 1963.
Uno stile scorrevole e raffinato, spesso con sfumature di sottile ironia, che rimane costante anche nelle circostanze più inquietanti e un linguaggio duttile che si adatta a tutte le situazioni, dal monologo interiore alla descrizione, dall’avventura al brivido, caratterizzano questa lunga storia di Stephen King che ancora una volta lascia col fiato sospeso e stupisce i suoi lettori; la suspense non manca come le sorprese, il dubbio, la tensione, la paura, il brivido. Da leggere!

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    20 Mag, 2018
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Un simpatico pasticcio di amori e misteri

Sicuramente questo brillante scrittore, nato nello Zimbabwe ma formatosi in Scozia, presenta un giallo simpatico, piacevole e ironico, scritto con stile fresco, leggero e brioso; si tratta però anche di una storia che offre al lettore sfumature inquietanti e tormentate, siamo davanti a tragedie e traumi, addirittura a un intervento chirurgico dei più complessi, non a caso il creatore di questa interessante avventura è un medico. Come eccellente scenografia, l’autore presenta Edimburgo, raffinata città medievale che viene descritta, partendo dai palazzi eleganti e luminosi, dalle strade trafficate, fino alle diverse tipologie di quartieri, centrali e altolocati, periferici e popolari. La protagonista di questa avventura si chiama Isabel ed è una benestante signora, ancora bella e interessante, studiosa e direttrice di una famosa rivista di filosofia. Isabel curiosa ed indipendente, si è innamorata di Jamie, musicista ed insegnate, molto più giovane di lei ed ex-fidanzato di Cat sua nipote; allo stesso tempo questa sensibile filosofa non è indifferente al fascino, tutto italiano, di Tommaso, giovane elegante, curato nei dettagli e amante di Bugatti d’Epoca. Yamie, ancora innamorato di Cat, si confida spesso con Isabel, si sentono quasi tutti i giorni, frequentano locali e ristoranti, si definiscono ‘migliori amici’; Isabel lo ama ma teme perché è molto più matura di lui; a sorpresa di tutti, lettore compreso, Yamie avrà una storia con una donna sposata e della solita età di Isabel e vuole farla conoscere alla sua migliore amica, la porta a casa sua e … scappa una battuta di troppo!!
Isabel conosce Ian, un personaggio interessante ma molto misterioso che ha subito un trapianto di cuore e dopo l’operazione, oltre alle varie difficoltà, ha visioni notturne in cui compare costantemente il volto minaccioso di un uomo che lui non conosce. Il volto inquietante si scoprirà essere una persona vicina al donatore; dietro la morte del donatore ci sono tante cose che non tornano; ma in un trapianto si può ereditare anche la memoria?
Non mancano inoltre le librerie, le gastronomie, i ristoranti, i concerti e le riflessioni filosofiche.
Un libro divertente che si legge con interesse e che scorre velocemente, un finale forse da approfondire o sicuramente affrettato ma il pasticcio di amori, tragedie, intrighi, misteri, giallo, musica, cibo … sicuramente è da leggere.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    09 Aprile, 2018
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Il Fascino del Mistero

Si legge con interesse e soprattutto con una curiosità in costante crescendo, questa particolare storia, scritta con stile fresco, brillante e capace di adattarsi a tutte le situazioni e a tutti gli stati d’animo.
L’autore presenta una vicenda sicuramente fuori dagli schemi, le vite di due personaggi, completamente diversi, vissuti in epoche diverse e città diverse, si intrecciano; due vite che nulla apparentemente hanno in comune se non un interesse che attira l’uno verso l’altro, una passione che segna le loro esistenze: sono entrambi attratti dal fascino della magia, dello spettacolo, del circo; il gioco di prestigio è una menzogna, un inganno che fin dall’antichità attrae lo spettatore, il quale sa di essere ingannato ma segue con maniacale attenzione tutti i movimenti del mago-demiurgo che fa sparire e apparire oggetti, animali, persone. Le regole della realtà sono annullate e l’arte del prestigiatore diventa evasione, fuga dalla mediocrità del quotidiano verso il fascino del mistero. Potrebbe essere simile anche all’attività dello scrittore, anche lui si basa sulla menzogna e noi leggiamo le sue storie inventate e ci crediamo sempre, ma che bello crederci!
Due bambini, Mosche e Max, uno vive a Praga a metà del novecento, l’altro a Los Angeles in epoca attuale; entrambi scontenti, in modo diverso, entrambi ribelli e pronti a fuggire in cerca dei loro sogni; Mosche perde la madre e rimane con il padre che non è padre biologico ma il bambino non lo sa, ma lo intuisce; Max deve affrontare il divorzio sofferto dei genitori che lo adorano ma non lo capiscono. La fuga è l’unica soluzione, Mosche attratto dall’Uomo Mezzaluna (terribile e leggendario mago con metà volto coperto, forse perché deturpato), seguirà il mondo del circo che sotto il suo tendone colorato, nasconde i misteri e i segreti più profondi; Max invece va alla ricerca del grande prestigiatore Zabbatini che ha visto in una copertina di un vecchio disco e lo ritiene capace di magie d’amore; questo famoso illusionista si rivelerà vecchio e stanco della vita ma pronto a fare il suo ultimo spettacolo. Mosche fugge dal padre troppo severo, rabbino ebreo; Max dalla madre sola e depressa, fragile e insicura. L’autore alterna le avventure di Mosche e Max, nei vari paragrafi di cui è composto il romanzo, lasciando il lettore con il desiderio di seguire le due vicende che si dipanano e si intrecciano; in certi momenti le due vite sembrano in simmetria; i paragrafi si possono chiudere con una battuta umoristica, ma possono anche lasciare nel lettore un certo amaro in bocca che spinge ulteriormente a chiedersi come prosegue la storia. Oltre all’avventura e alla pungente ironia, l’opera presenta anche la formazione dei due protagonisti che crescono, affrontando varie esperienze, positive e negative.
Emozionante la scena di Mosche che, abituato al grigiore della sua povera abitazione e alle regole di un ‘patrigno’ rabbino intransigente e ostile al divertimento, assiste per la prima volta allo spettacolo circense colorato e allegro; accompagnato dal padre biologico e di nascosto dal rabbino, Mosche sente una gioia profonda, una irrefrenabile attrazione verso quel mondo e rimane incantato dalle illusioni magistralmente plasmate dall’Uomo Mezzaluna, affiancato dalla sua bellissima assistente principessa. Imparerà da lui a mentire e tacere quando è meglio non dire troppo, ma soprattutto da lui imparerà i più arditi trucchi della magia e dell’illusione.
Non mancano momenti drammatici e toccanti, il periodo storico è complesso e straziato da guerre e totalitarismi; lo scrittore con il solito stile chiaro, limpido e scorrevole, non risparmia nulla, dalle torture dei nazisti ai campi di concentramento, dalle leggi raziali, al terrore della dittatura, fino alla impietosa notte dei cristalli, alla quale Mosche, ebreo ma con documenti falsi, assiste impotente e allibito.
Talmente è brillante la penna dello scrittore e talmente curiosa la storia, che il lettore si trova a leggere con interesse anche pagine ‘sdolcinate’ e piene di passione amorosa; nonostante si possa parlare di una struttura neoilluminista e di uno sfondo storico coerente alla realtà, la magia stessa, alla quale non crede nessuno, neppure il veggente, riesce a risolvere un problema sentimentale, in apparenza irrisolvibile.
La storia finisce bene, anche se siamo a un funerale, è presente la forza della speranza, la vita, con le sue brutture e con le sue bassezze, con le sue gioie e con i suoi sorrisi, continua irrefrenabile.


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Romanzi storici
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    19 Marzo, 2018
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Il misterioso caso di Florence

Basato su una storia vera e cruenta, rimasta irrisolta, (mai scoperto l’ assassino di Florence Nightingale Shore), questo romanzo presenta una trama articolata che si dipana lentamente, mostrando al lettore situazioni curiose e spesso inaspettate. Siamo in Inghilterra, appena finita la prima guerra mondiale, Londra e dintorni cercano di ricostruire una normalità dopo la catastrofe, Louisa e Florence, due donne decise ma segnate da esistenze difficili, intrecciano le loro vite senza conoscersi e senza incontrarsi mai direttamente.
Florerence Nightingale Shore, infermiera generosa e attenta al suo lavoro, instancabile lavoratrice presso l’ospedale del fronte, aveva dedicato alla sua professione quasi tutta la vita, stava per andare in pensione. Salita su un treno a Londra, diretta verso una piccola città dove doveva andare a trovare un’amica, l’infermiera non arriverà mai perché verrà brutalmente uccisa in un vagone del treno; ultima a vederla l’amica di lunga data, Mabel; sul vagone maledetto, un misterioso uomo, vestito di marrone, si trova accanto alla povera Florence, poi il viaggiatore scompare misteriosamente.
Louisa, nello stesso momento, nello stesso tratto ferroviario, ma verso Londra, sta andando a un colloquio di lavoro come baby sitter, presso la prestigiosa famiglia Mitford, dove risiede anche la sua amica Nancy; Louisa sta scappando dal terribile zio che avrebbe voluto venderla sessualmente per pagare i suoi debiti di gioco. La famiglia accoglierà la giovane, offrendole una vita più dignitosa.
Arrivano le notizie del brutale omicidio, le supposizioni sono molte ma tutti sono rimasti allibiti da chi possa essersi accanito contro la povera infermiera, chiaramente il lettore rimane incuriosito dal contrasto tra l’umanità della vittima e l’efferatezza del gesto. La polizia brancola nel buio.
Nancy, ribelle ma sensibile adolescente, insieme alla sua amica Louisa, sono decise a saperne di più su questo caso che ha scosso le coscienze di tutti. Saranno aiutate da Guy, agente della polizia ferroviaria, un giovane semplice e inesperto che, invaghitosi di Louisa, dimostra determinazione e intuito; nonostante il caso sia stato chiuso, nonostante manchi tutto, movente, arma del delitto, testimoni, Guy vuole sapere chi sia il colpevole.
Spuntano un po’ di soldi, poi uno strano cugino artista e un fratello diseredato; la trama diventa sempre più intrigante, emergono i lati più oscuri dei vari personaggi e aspetti dell’animo umano veramente imprevedibili; nonostante il libro sia a tratti lento e descrittivo, nonostante si soffermi su interni e abbigliamento dell’epoca, forse troppo per un giallo, nonostante la sua struttura, ancora ottocentesca, la storia scorre velocemente, grazie allo stile ironico, simpatico e avvolgente; la briosa penna della scrittrice ci porta piacevolmente ad un finale … scontato ma non troppo.

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Racconti
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    11 Marzo, 2018
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Schegge di paura

Questo volume raccoglie 16 racconti ben strutturati, scorrevoli e accattivanti, del più geniale autore di crime contemporaneo, 16 storie per tutti i gusti e per gli amanti dei generi più diversi: dal giallo al noir, dal fantastico alla fantascienza; storie possibili e impossibili, reali, assurde o grottesche.
Il titolo è significativo e perfettamente calzante: dalle tenebre, dal buio, dal mondo non conosciuto, quello dei morti, arrivano a tratti notizie, frammenti, personaggi, schegge, messaggi non decodificati; tutto non tanto per far paura in modo esplicito e immediato, ma per far lentamente insinuare un brivido oscuro nell’animo del lettore, in un crescendo di situazioni atipiche, talmente tanto lontane dal quotidiano da essere a volte addirittura inimmaginabili; gocce di terrore inquietanti vanno così a toccare i lati più profondi del nostro io.
Il racconto, la forma narrativa che Lansdale preferisce, come lui stesso afferma nella deliziosa e simpatica introduzione al volume, deve essere breve e gustoso, teso e liscio come l’olio. Questo genere letterario è sempre stato presente in tutte le culture e in tutti i popoli, si è espanso nello spazio e nel tempo, era vivo addirittura prima dell’esistenza della scrittura, a livello orale, come forma letteraria non codificata, ma viva e testimoniata dall’istintivo raccontare delle genti; questo prova il grande successo del genere, sempre apprezzato da tutti i lettori, anche quelli più distratti, esigenti e che si stancano subito. Qui si tratta di racconti moderni e attuali che però attingono alla memoria collettiva e che sembrano sogni; a volte iniziano con struttura e tema reale e sfociano nell’onirico, per poi toccare gli elementi dell’incubo. Siamo ai confini della realtà, per citare un telefilm a cui Lansdale era molto attaccato.
I personaggi di questi sogni sono spesso dei malavitosi sempre malintenzionati, ma anche poveri diavoli, brutti e deformi, non mancano fantasmi e demoni, eroi positivi e animali protagonisti. Spesso vengono descritte risse, omicidi, rivendicazioni, tutto si svolge in ambienti sociali bassi, degradati, malfamati e sporchi. Lo sfondo può essere anche una foresta (titolo di un altro romanzo di Lansdale), anche perché il bosco è sempre stato il luogo del mistero che fa paura ma attrae; gli alberi e i rami che si incrociano, i rumori animaleschi più sconosciuti, soprattutto di notte, il buio che nasconde strane creature, tutto questo è sempre stato la scenografia perfetta per una storia dalle tinte noir; dalla tradizione orale alla fiaba, dalla fiaba ai giorni nostri, nella selva oscura potevano avvenire gli avvenimenti più atroci, le avventure più rocambolesche, l’incredibile.
Lansdale non tralascia nulla, descrive nei minimi dettagli il mondo reale e non, modellando il linguaggio, con grande capacità comunicativa e con vocaboli appropriati ed espressivi, passando con estrema naturalezza dall’ironico al realista, dal delicato al volgare, dal dialogo incalzante alla descrizione; si conferma così un maestro nell’usare questo strumento comunicativo per portare dalle tenebre alla luce, situazioni al limite del pensabile.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    04 Marzo, 2018
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Transnitria, Fiume Basso

Romanzo caratterizzato da stile scorrevole e brillante, coinvolgente e accattivante, che arriva ad essere irresistibile per la sua fluidità; l’autore non risparmia al lettore giochi linguistici, finali di capitolo a sorpresa e sfumature ironiche; ricordiamo ad esempio la fine del rocambolesco e violento compleanno del protagonista: “dopo tanti pensieri e discussioni con me stesso sono arrivato alla conclusione che non si risolve niente con il coltello e le botte. Così sono passato alla pistola”.
Non mancano neppure i disegni che decorano con linee nette ma raffinate, alcuni punti cruciali della storia.
Lo stile agile vivace e disinvolto, la sintassi ben strutturata, elaborata e corretta rivelano al contrario delle aspettative, contenuti e scene brutali che arrivano ad essere atroci e impietose; vengono descritte minuziosamente armi di tutti i tipi, dalle più semplici alle più elaborate, come se fossero cose quotidiane simboliche e magiche, ‘il coltello è trattato come un oggetto di culto tipo la croce ’; le armi vengono depositate in casa vicino alle adorate icone ortodosse, sempre nei soliti posti con ricercata meticolosità; ricevere in regalo la picca, coltello dalla lama affilata, è segno di crescita nel cammino di formazione siberiana, tappa fondamentale del passaggio del ragazzo nel mondo degli adulti; inoltre armi come vanto, sicurezza, maturità, terribili segni di riconoscimento. Grazie alla lucidità di un siberiano acuto ed intuitivo, quasi filosofo, vengono raccontati e commentati gli scontri tra bande, le ferite inferte, le cicatrici, i carceri minorili dove si dimentica cosa sia l’essere umano per la mancanza di igiene, la malnutrizione, le percosse, luoghi dove è difficile sopravvivere, dove chi sta male viene lasciato in un angolo a morire; il lettore è posto davanti anche alle atrocità e ai sadismi dei gulag, inferti per puro divertimento alle mamme e i loro bambini, quella follia illogica che porta a chiedersi: si può arrivare a tanto? E la storia ci dice di sì.
Non mancano violenze sessuali su donne e minori, vendette tra bande, accoltellamenti, non esistono le forze dell’ordine, gli odiati e ridicoli sbirri, ma ci si vendica facendo subire all’aggressore quello che ha fatto, la solita tortura, la vendetta è irrinunciabile segno d’onore; l’autore non tralascia nulla, tutto raccontato e descritto nei minimi particolari, tutto come se fosse l’unica realtà possibile esistente.
Lo stato sociale che dovrebbe rieducare i disadattati e adottare misure per la prevenzione del crimine, non esiste.
Non si leggono i libri, i giornali o le riviste, ma si leggono i corpi, i corpi tatuati sono la storia, il tatuaggio deve essere fatto da un esperto e deve avere un suo significato spaziale e temporale, deve rappresentare un determinato avvenimento della vita ed è diverso da zona a zona, da banda a banda; il corpo del delinquente siberiano deve parlare, è una autobiografia, si mostra agli altri come un documento di identità e mostra la zona di provenienza, l’età, le esperienze, i contatti, le origini familiari, la religione, i carceri frequentati e i maestri che hanno eseguito l’opera.
Siamo a Fiume Basso, quartiere periferico di Bender, città di una zona della Transnitria, luogo sperduto e dimenticato dell’Unione Sovietica, il freddo pungente invernale e il rovente sole estivo non spaventano gli abitanti della Siberia; i ragazzi conoscono bene la natura impietosa del clima continentale, amano il loro fiume che percorrono costantemente con barche costruite dalle famiglie, si immergono spesso in questi territori aspri e selvaggi, li vivono e li sentono parte integrante della loro indole, indifferenti e soprattutto per nulla attratti dal consumismo americano che a volte e attraverso piccoli oggetti fa la sua apparizione.

I delinquenti siberiani nascono vivono e conoscono solo questa realtà, concepita come unica possibile, come la sola formazione che un bambino possa avere; hanno però le loro leggi, i loro principi, ‘i sani principi dei delinquenti’ e soprattutto la loro dignità, forza irrinunciabile e motore fondamentale della loro vita violenta. Si deve rispettare gli anziani, saggi detentori di innumerevoli segreti ed esperienze, solo dai loro insegnamenti i giovani possono mettere le basi per la vita futura, si onora la famiglia, la madre, la religione naturale e quella ortodossa e le splendenti icone che adornano le modeste ma dignitose case. Si rispettano anche i tanti malati di mente che, fuggiti dalle città principali, si rifugiavano in queste zone sperdute dove sperano in una vita migliore, a Fiume Basso qualcuno può occuparsi di loro e i bambini diversi possono giocare con gli altri; le abitazioni del quartiere sono di tutti, ci si incontra, ci si aiuta e si parla tra famiglie della solita etnia o provenienza, c’è anche il guardiano che controlla chi entra e chi esce dal quartiere, lo straniero può essere un nemico o può arrivare un gruppo di sbirri; la miseria non spaventa nessuno, non c’è denuncia sociale, anzi forse si può essere più schiavi dell’oggetto inutile imposto dal consumismo. La fame e la povertà vanno e vengono, la dignità una volta persa non torna più e non si può recuperare.
Il romanzo ha inoltre una struttura particolare che si allontana da molta narrativa d’azione contemporanea, la storia non ha un ordine cronologico lineare, si tratta di una sorta di diario che segue il tempo interiore del protagonista, molti ricordi, commenti a questi e ancora incisi e flashback, storie di personaggi scomparsi, morti in carcere o spariti nel nulla, i cadaveri scomodi vanno nella tomba di un altro; i ricordi affiorano netti e precisi, dai contorni nitidi, tutto per mettere in primo piano le regole ferree del delinquente onesto e soprattutto dell’educazione siberiana.

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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    01 Marzo, 2018
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Immersione nel profondo

David Vann presenta con questo ultimo romanzo, una trama originale, sicuramente fuori dagli schemi, che si sviluppa attraverso rapporti umani non convenzionali, ma profondi e nello stesso tempo sofferenti. Una storia fatta di relazioni non esplicitate, di frasi non dette, di gesti non compresi.
In una Seattle descritta come grigia e piena di traffico, in un modesto quartiere residenziale, alla periferia della città, in un minuscolo e mediocre appartamento, vivono una madre con la figlia dodicenne, Caitlin, adolescente sensibile e perspicace; è proprio dal punto di vista della ragazzina che viene descritta questa delicata storia. La madre, operaia specializzata in un terminal dei container, e la bambina sono sole, sembra che non abbiano parenti né amici; solo la presenza di Steve, un amico della mamma, fa compagnia alle due. La madre cerca di alzare il tenore di vita, facendo degli straordinari, la bambina viene lasciata a scuola la mattina molto presto, quando ancora non c’è nessuno, ha una amica cara, Shalini, con la quale si confida e di cui sente il bisogno; la madre non è aiutata da nessuno nella difficile impresa di mamma lavoratrice, né dalla società, né dall’azienda per cui lavora; anzi l’ambiente circostante si dimostra abbastanza ostile, non collaborativo, asettico. La donna fin dalle prime pagine, presenta un sottofondo di malinconia, un ‘non detto’ misterioso, un passato di dolore, una sofferta rinuncia a una vita più dignitosa.
Da questa grigia prigione la bambina cerca l’azzurro della libertà, cerca l’evasione, la perfezione, un altro mondo con equilibri e regole diverse, un paradiso misterioso, lento e silenzioso, un mondo eterno e indefinito, senza contorni, un silenzio che contrasta col traffico della metropoli; tutto questo riuscirà a trovarlo solo nel grande acquario della città.
Caitlin dopo la scuola deve aspettare la mamma che esce dal lavoro e aspetta nelle sale dell’acquario, la bambina ha fatto un abbonamento e tutti i giorni in quel fantastico luogo, si sente come immersa nell’Oceano; spesso ripete, nei momenti di difficoltà che ‘immergersi in profondità’ è sentirsi al sicuro. La ragazzina gira per le sale osservando tutti i tipi di pesci, come mangiano, come si muovono, dove si nascondono; li osserva attentamente, nei colori, negli atteggiamenti, nei movimenti; sono tutti diversi, brutti o belli, grandi o piccoli, non importa, sono loro la chiave per aprire porte di universi misteriosi. Abbiamo tutti i nomi più strani di queste creature sottomarine che vengono anche disegnate nel testo: pesci rasoio, burbero fantasma argenteo, pesce pagliaccio, dragone, inoltre: meduse, sgombri a branchi, cavallucci marini.
All’Acquario Caitlin farà un incontro importante, un vecchio misterioso, amante e conoscitore dei pesci proprio come lei. I due diventano amici, si incontrano nel mondo dei pesci, si scambiano opinioni. Quell’incontro non casuale è destinato a cambiare la vita della bambina e sconvolgere l’esistenza della madre che nasconde tanti segreti.
Un romanzo veramente profondo proprio come l’oceano, una storia che riesce a far riflettere sui misteri dell’esistenza attraverso uno stile raffinato ma realista, un ritmo che parte lento ma che nel procedere diventa incalzante, lasciando il lettore spiazzato.


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Narrativa per ragazzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    18 Febbraio, 2018
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Una Storia che lascia il segno

Un'emozione in crescendo, una storia toccante e commovente, non sdolcinata o mielosa ma reale che lascia il segno a tutti, adolescenti e adulti. Così definirei questo libro di Palacio che tratta un argomento delicato, oggetto di discussione nelle scuole e tra lettori di tutte le tipologie, una storia che da poco è anche nelle sale cinematografiche. August (Auggie) un ragazzino perspicace, brillante e sensibile, amato dalla sua fantastica famiglia, racconta la sua difficile esistenza e il suo vissuto sofferente a causa della sua diversità, data dalla faccia deformata da una terribile malattia genetica. Il bambino non nasconde nulla: intervanti continui e dolorosi al volto, difficoltà a mangiare, a deglutire, a guardarsi allo specchio, a dormire per la saliva che soffoca, a stare con gli altri. Auggie conosce tutte le reazioni delle persone davanti alla visione del suo volto deformato, dalla più delicata (faccio finta di nulla), al terrore dipinto negli occhi (non ci riesco, scappo). Cerca di abituarsi ma non ci riesce, prova ad essere 'normale' ma sa di non esserlo.
Ora Auggie ha 10 anni e deve affrontare la scuola per la prima volta, prima era impossibilitato per motivi di salute e continui ricoveri ospedalieri; il ragazzo è terrorizzato, il preside, con il gruppo docenti, lo accoglie con affetto, cerca di aiutarlo e integrarlo nella classe ma non sarà facile.
L'auttrice con il suo linguaggio preciso e asciutto registra e affronta tutto, il volto del protagonista viene descritto nei particolari, anche i più terrificanti o asimmetrici; gli umilianti soprannomi che gli vengono dati dai compagni feriscono senza pietà il 'diverso'. A tutti i lettori di questa storia delicata e dolcissima, rimarrà impressa l'immagine del bambino che mangia da solo, alla mensa scolastica, masticando con gli incisivi.
La struttura del romanzo è particolare, la storia di August è vista e descritta da vari punti di vista, tutti diversi, a volte 'a sorpresa', oltre a quella del protagonista c'è l'interpretazione della sorella liceale Via e dei loro amici.
Sono presenti e ben analizzati anche gli adolescenti, con le loro problematiche, i litigi, il migliore amico, i momenti di crisi e di crescita. Ci sono anche forti gesti di solidarietà: Jack all'inizio fa fatica ma poi diventa amico, molto amico di Auggie, non 'perchè lo ha chiesto il preside' ma perchè Auggie gli piace, lo vuole lui come amico e... quando il leader del gruppetto dei 'benestanti e benvestiti' gli dice: 'non sei obbligato ad essere amico di quel mostro ...'; lui gli tira un pugno dritto sulla bocca.
In presidenza, punito, sospeso.
Si tratta di una grande storia, scritta con stile piacevole e ben fruibile, non è letteratura di evasione, ma è un testo didattico, riflessivo, formativo e di formazione, sicuramente una storia che arricchisce e che lascia nel nostro stato più profondo, una traccia indelebile

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    07 Febbraio, 2018
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Un thriller irresistibile

Un thriller mozzafiato, un poliziesco a Los Angeles, un giallo con due storie che si alternano, tutto questo e forse anche altro, il lettore può trovare nell'ultimo libro di Michael Connelly, un maestro del romanzo d'azione americano. Qualunque sia il genere, questa ultima opera scorre con enorme piacevolezza, l'autore ha innata destezza nel gestire la trama fluida, brillante e accattivante.
Harry Bosch, poliziotto di grande esperienza, è in pensione dopo trent'anni nel dipartimento di polizia di Los Angeles, ma non è in riposo, anzi lavora ancora di più, mettendo in mostra il suo fiuto da segugio e la sua determinazione nel voler scoprire la verità, adesso collabora con al polizia del territorio autonomo di San Fernando e come non bastasse lavora anche in privato. Siamo a Los Angeles, metropoli complessa, ben descritta nei quartieri, nelle strade, nel centro e nella periferia, molto amata e conosciuta dall'autore (talmente tanto amata che dà per scontato che il lettore la conosca nei minimi dettagli!); sullo sfondo di traffico e tangenziali, Bosch si trova ad affrontare due vicende, entrambe complesse, enigmatiche e pericolose. Un vecchio ultra milionario senza eredi, cerca il figlio mai riconosciuto e avuto da una relazione importante con una bella messicana, la storia risulta essere sempre più complessa e piena di misteri, chiaramente il nostro investigatore non si arrende, dimostrando di essere un determinato, testardo e instancabile professionista. Un violentatore seriale, il tagliareti, sta terrorizzando le donne di San Fernando, sembra un tipo furbo, attento e riflessivo che studia le vittime con maniacale attenzione prima di colpire, solo un lampo di genio del protagonista, riuscirà a fermarlo.
Finalmente è tornato Harry Bosh! acuto, brillante e poco attento alle regole, adora la figlia universitaria, scherza col fratellastro avvocato, ma è solo e non riuscirei a vederlo in compagnia se non della sua curiosità insaziabile, del costante desiderio di verità e dell'assidua ricerca di giustizia. Una lettura veramente brillante, questo romanzo tratto dalla fantasia in crescendo e dalla eccellente penna di Michael Connelly

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Romanzi
 
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4.8
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    21 Gennaio, 2018
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Il momento di parlare

Con stile piacevole e toccante, con linguaggio sottile e profondo, con la sua solita elegante narrazione, Carofiglio si allontana dal genere giallo-legal thriller, per affrontare una storia più intima e introspettiva; il racconto nei punti più salienti, si sviluppa principalmente di notte, a Marsiglia, attraente città portuale che viene rappresentata nella sua bellezza ma anche nella parte più malfamata e fatiscente; questa città marittima, vivace e multietnica, è anche molto amata dagli scrittori noir, proprio per i suoi aspetti oscuri e misteriosi.
'Ho compiuto cinquantuno anni, l'età che aveva mio padre allora. Così ho pensato che era arrivato il momento per scrivere di quei due giorni e di quelle due notti'
Inizia così la storia di Antonio, un ragazzo diciottenne che ha per molto tempo convissuto con l'epilessia in una forma abbastanza lieve che però lo ha costretto ad assumere farmaci. Il ragazzo teme la malattia e ha dovuto affrontare limitazioni nello sport, nello studio e nella vita privata. Il dottor Gastaut, il medico che lo cura, si trova a Marsiglia e gestisce un centro specializzato. Gastaut non solo aiuta Antonio affinchè si senta 'normale' ma è quasi il demiurgo della storia; seguendo una particolare cura, 'impone' a padre e figlio di trascorrere dei giorni da soli, a Marsiglia, insonni.
I genitori di Antonio sono separati, il padre, un brillante matematico, se ne è andato di casa quando il figlio era piccolo; tra padre e figlio non c'è mai stata molta sintonia. Saranno proprio quei giorni che porteranno Antonio e suo padre a dialogare, conoscersi, confrontarsi e anche divertirsi. Emergono gli aspetti maschili più importanti della vita: gli interessi, lo studio, il talento, le donne, la musica, il sesso, il passato, le esperienze. Un padre che si ritrova nel filgio, un figlio che si forma attraverso il padre. Mi sono piaciuti molto i pensieri più intimi di Antonio, l'autore descrive con delicatezza un adolescente confuso, impaurito dalla vita, dalla sua malattia ma anche curioso, desideroso di vivere e scoprire, amante della lettura, ribelle ma insicuro. La dolcezza dei pensieri contrasta con i quartieri malavitosi, i vicoli bui, i locali notturni della fascinosa città francese; si avvicendano giornate al mare, feste e incontri con donne omosessuali, cene, cibo e vino, locali jazz, citazioni, racconti del passato e confessioni dei due protagonisti; pensieri sulla vita e sulla ricerca dell'armonia. Le debolezze del padre, la crescita del figlio, la vita che va avanti; nella staffetta dell'esisistenza, il passaggio del testimone.
Il finale? semplice, sincero, toccante e commovente.

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Romanzi storici
 
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2.8
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    08 Gennaio, 2018
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Intrighi, poteri, inganni, sicari ...

Intrighi, poteri, inganni, sicari, avvelenamenti, spie, prostitute e mercenati; tutto questo a Firenze tra la fine del Medioevo e l'inizio del Rinascimento; ma ci sono anche artisti folli, arte geniale, amori, sentimenti profondi e sinceri, amicizia e lealtà nella troneggiante e indiscussa capitale della cultura.
Il libro si apre con il capolavoro di Filippo Brunelleschi, Santa Maria del Fiore, opera monumentale che il folle genio sta costruendo per mostrare a tutti il potere dei Medici e soprattutto costruzione imponente voluta da Cosimo, personaggio discusso, amato o odiato, potente e determinato, mecenate, amante dell'arte e della cultura. Essere il protettore di quel genio di Brunelleschi che "non obbedisce alle leggi terrene" perchè rapito dall'architettura "una disciplina che profuma di infinito", è stato sicuramente un rischio per Cosimo; allora però il "popolo di Firenze guardava Santa Maria del Fiore con gli occhi sbarrati", (...) "cardatori, mercanti, macellai, contadini, prostitute, osti e viandanti" erano stregati da quella cupola che stava prendendo forma; ancora oggi da tutto il mondo vengono a contemplare l'opera del "pazzo, dai denti guasti e dal temperamento incendiario".
La famiglia più potente di Firenze perde Giovanni de Medici, grande personaggio, dedito al lavoro e alla famiglia; lascia due figli, Cosimo e Lorenzo, la bella e coraggiosa moglie Piccarda, fedele compagna e preziosa consigliera; inoltre le due nuore Contessina e Ginevra e i quattro nipoti. La famiglia è unita, sono ricchi banchieri legati a personaggi potenti ma hanno anche tanti nemici dentro e fuori le mura. I due fratelli sono legati ma anche diversi tra loro, uno amante dell'arte, l'altro banchiere, arguti e perspicaci entrambi; Lorenzo ha intuito che il padre non è morto per cause naturali ma è stato avvelenato. Viene seguita una lavorante del palazzo Medici, la bella e avvenente profumiera Laura, l'unica capace di usare erbe medicamentose; questa figura femminile, intrigante e maliziosa è in contatto stretto col terribile Schwartz, un violento e impietoso mercenario, ma anche con Rinaldo degli Albizi, nemico dei Medici, uomo ricco e ambizioso, spietato e assetato di potere.
Cosimo sarà vittima di una congiura, viene messo in carcere, imprigionato all'Alberghetto, giustiziato e esiliato insieme al fratello.
Dopo varie avventure, il ritmo si fa più incalzante, il romanzo alterna pagine toccanti e forti sulla peste, il terribile morbo che nella storia ha ucciso senza pietà, su cui tanti dei nostri autori hanno scritto pagine indelebili nella nostra memoria, a scene di battaglie, giochi di potere, mercenari e guerre tra Lucca, Milano e Firenze. Si aprono squarci di vita e flashback come ad esempio sulla biografia della povera Laura, bambina venduta e sfruttata come una bestia. Ci si sposta anche in altre città, ad esempio Venezia, amica dei Medici, descritta nel suo splendore, sia negli interni dei palazzi patrizi, che nel dedalo infinito delle calli, nei giochi di luce e ombre delle gondole di notte. Anche nella Serenissima non mancano intrighi per il potere tra nobili e doge.
Romanzo con eccellenti e dettagliate descrizioni, dall'abbigliamento dei personaggi alle bellezze artistiche, alle residenze medicee; lo stile è brillante con pause forse un po' troppo allungate.
Il libro pecca, secondo me, nell'essere più romanzato che contestualizzato, nel mettere in bocca ai personaggi principali un linguaggio a volte ideologico, prolisso, troppo passionale e articolato. La storia però scorre, anche se a tratti, ed è piacevole ed intrigante.

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Romanzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    08 Dicembre, 2017
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ME LO AVETE CONSIGLIATO VOI

Me lo avete consigliato voi, cari amici di QLIBRI ed io, colpita anche dalla bella copertina color crema, l'ho comprato, l'ho letto e vi ringrazio.Vi ringrazio perchè è stata una lettura intensa, piacevole, brillante, divertente, ricca di dolcezza e basata sul calore dei sentimenti; una storia originale con un finale sofferente ma illuminato dalla speranza della vita che continua.
Siamo ad Alice Island, in una piccola e semplice città di provincia, qui vive e lavora A. J. Fikry, un libraio acido e incattivito dalla perdita (non accettata) dell'amata moglie, compagna di vita e di lavoro; un giorno A.J. nel suo negozio, trova Maya, una perspicace bambina di due anni, la piccola è stata abbandonata ed ha un biglietto della madre in cui dichiara la propria disperazione e solitudine, successivamente troveranno il corpo senza vita della povera donna nel mare. Il libraio adotterà la piccola che darà a A.J. una nuova speranza di vita e la voglia di continuare a lavorare e a leggere. La trama però si complica, abbiamo un furto strano, originale, misterioso e inspiegabile di cui solo alla fine, la scrittrice rivelerà le cause; inoltre il passato della piccola Maya che si chiarisce a piccoli tratti, dimostrando di essere complesso e tormentato e rivelando un'altra storia intrecciata alla vicenda del libraio, rende il romanzo ancora più intrigante.
I personggi sono abbastanza numerosi e ben delineati, ne emergono psicologie complesse con desideri non realizzati, momenti di solitudine ma anche grandi prove di amore, amicizia e solidarietà. Oltre al libraio protagonista e alla sua piccola bambina, si distinguono tante donne forti ma nello stesso tempo delicate come Ismay, sorella della moglie deceduta e Amelia, il nuovo grande amore di A.J.; mi è sembrata tanto simpatica l'insegnante di danza, anche da lei parte un altro vissuto, un'altra storia, un passato misterioso.
Tra presentazioni di libri rocambolesche e schede di romanzi consigliati, la storia della libreria di Alice Island scivola via dolcemente; al lettore rimane l'immagine di questa piccola realtà che, nonostante tutto, continua ad andare avanti.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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3.8
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4.0
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3.0
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4.0
Simona P. Opinione inserita da Simona P.    03 Dicembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Un crimine ogni 7 secondi

Il romanzo si apre con una scena enigmatica, descritta con ritmo incalzante e stile fluido e scorrevole: più di due mesi prima della 'scomparsa', l'avvenimento che fa da perno a tutto il costrutto narrativo, l'estroso ed elegante ispettore Voger, si ritrova, durante una notte deserta, d'inverno, a meno otto gradi, mentre una nebbia ghiacciata 'ingoia tutto' e rende difficile qualsiasi spostamento, in un ospedale psichiatrico di un piccolo e apparentemente tranquillo paesino di montagna; Voger è in stato confusionale ed ha i vestiti macchiati di sangue, non ricorda perchè si trova lì, ma è certo che non avrebbe dovuto esserci. Dopo l'attraente incipit, il lettore penetra e rimane coinvolto in una storia inquietante, efferata e dalle molteplici sfaccettature; una ragazza di 16 anni, Anna Lou è scomparsa nel nulla, come volatilizzata; un giorno qualunque, esce di casa per andare ad un appuntamento in parrocchia a 300 metri, ma non ci arriverà mai. La giovane, secondo l'opinione di tutti era una studentessa modello, dedita alla famiglia e alla chiesa; molto probabilmente conosceva il suo aggressore. Siamo in un paesino di montagna, chiuso e bigotto, molto dedito alla religione, dove conta l'apperenza e i segreti rimangono chiusi in casa. Viene interpellato l'ispettore Vogel, un agente speciale molto particolare, dal passato burrascoso e non del tutto limpido; personaggio cinico e acuto che segue la sua strada senza pensare agli altri; attento in modo maniacale all'abbigliamento che risulta ricercato in qualsiasi circostanza, anche quella più cruenta. L'agente speciale ha un'altra caratteristica che sarà un elemento incisivo in questa triste storia, sa usare i mezzi di comunicazione di massa, appare in televisione spesso, sa quando servirsi del giornalista assetato di notizie che tengono incollati i telespettatori al video. Avviene un crimine ogni 7 secondi, ma solo pochi hanno effetto mediatico, un caso, tante puntate, successo per la televisione; ai media bisogna dare in pasto cronache succulenti, il pubblico 'è una bestia feroce. E famelica'. Questo è quello che succede al caso della povera Anna Lou. Televisione e giornalisti sono descritti approfonditamente, un mondo spietato che irrompe nella storia, che non dà tregua ai familiari, agli amici, a qualsiasi presunto colpevole; e Vogel è nel sistema. Non mancano neanche i 'turisti dell'orrore', quelli che vanno a visitare i luoghi dove c'è stato un cruento omicidio descritto dai media, enfatizzato dalla televisione, come se si andasse a vedere un museo, una mostra d'arte o quelle piazze, chiese e città meravigliose di cui l'Italia è ricca.
Voger è comunque testardo e capace, la piccola comunità montana mette a disposizione i pochi mezzi di cui dispone, si aprono numerose piste, arrivano varie testimonianze, poi l'agente speciale risove il caso, trova il mostro da dare in pasto alla stampa ma una telefonata rimette tutto in discussione.
Il romanzo è caratterizzato da tanti personaggi e vari sospettati, uno stile brioso e scorrevole, una trama interessante che presenta numerosi momenti di suspense, ribaltamenti della ricostruzione della storia e scene impreviste. Molti hanno parlato di 'finale scontato' o 'si capiva', io (devo ammetterlo) alla fine ho detto: 'non me lo aspettavo'!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.5
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4.0
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4.0
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5.0
Simona P. Opinione inserita da Simona P.    30 Ottobre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Un Noir Dolce e Delicato

Si apre il sipario e ... Bentornato caro commissario Ricciardi, dice l'autore al suo personaggio. Bentornato e sempre il solito, triste, sofferente, solo, lento nei gesti ma veloce nel percepire le sfumature delle situazioni e delle emozioni; attento ai dialoghi, alle singole parole, conoscitore dell'animo umano, delle passioni, dei sentimenti; sempre tormentato dalle sue visioni, percepisce le ultime emozioni e parole dei morti di morte violenta; gli appaiono i trapassati ancora sofferenti, ancora tumefatti, appaiono quando vogliono e Ricciardi non può farci nulla. In questa nuova avventura è sempre affiancato dal fedele brigadiere Maione, onesto lavoratore, sensibile e orgoglioso; fondamentale anche l'aiuto del dottor Modo, medico che analizza i cadaveri con estrema meticolosità, personaggio simpatico, brillante, un po' ribelle e grande frequentatore di bordelli. I due personaggi secondari vengono descritti in maniera più approfondita ed entrano nella storia con maggior incisività. Ci sono anche tante donne: Enrica Colombo, la dolce vicina amata dal commissario, la bellissima Livia, rimasta invischiata nella rete del potere suo malgrado, figura sofferente e fascinosa, Bianca, nobile e delicata, ma testarda e determinante nel finale inaspettato di questa intricata storia.
Siamo a Napoli, durante gli anni del fascismo (presenza sotterranea ma dispotica e minacciosa), la vicenda si svolge tra il pranzo di Natale e i botti dell'ultimo dell'anno. Non è ancora arrivato il freddo pungente anzi una strana nebbia avvolge e ovatta tutta la città, rendendola stranamente silenziosa; i napoletani la nebbia non la conoscevano.
Una storia principale si intreccia con altre due di uguale importanza.
Al teatro di varietà, molto amato dal popolo partenopeo, sul palcoscenico, davanti al pubblico, il grande attore Michelangelo Gelmi spara alla propria moglie, come da copione, ma il colpo non è a salve, la donna muore all'istante; l'uomo si dichiara da subito innocente ma le prove sono tutte contro di lui; lui ha sparato, lui è un attore verso il declino e in età matura, lei era bellissima, giovane, nel pieno della carriera, forse amava un altro e voleva lasciare il marito. Sembra che il cerchio sia già chiuso e il caso risolto ma al commissario qualcosa non torna, un particolare che gli sfugge, le ultime frasi che ha percepito, un misterioso bigliettino...
La dolcissima Lina picchiata in modo impietoso, si presenta all'ospedale e chiede del dottor Modo che la riconosce: è una prostituta da lui frequentata. L'autore descrive, nei particolari, con quale crudeltà un mostro ha inveito sul suo corpo e sul suo bel volto. Forse la sfortunata non ce la farà. Da questa triste apparizione ne emerge, andando a ritroso, una storia toccante, capace di far vibrare le corde più profonde dell'animo umano, di analizzare i meandri più complessi della psiche. Le poche frasi che la poverina riesce a pronunciare, rendono ancora più enigmatica questa vicenda.
Il commissario Ricciardi è innamorato, forse questa volta riuscirà a dichiararsi, per poter vivere una vita più ... normale, ma forse è anche in pericolo e non sa di esserlo; ma anche questa è un'altra storia.
Sparisce la nebbia, volano via le rondini, arriva il freddo, a Napoli finalmente si prendono i cappotti, i cappelli, le sciarpe, ci si copre ... e con i botti dell'ultimo dell'anno arriva anche la soluzione di tutti questi misteri.
Dalla proficua e briosa penna del maestro del giallo-noir, quest'ultimo romanzo di De Giovanni, profondo e brillante per stile e contenuto, è da non perdere.

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A chi ama i gialli dalle tinte forti, a chi legge le storie di De Giovanni
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.5
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    09 Ottobre, 2017
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La complessità del reale

Questo romanzo di Carofiglio è breve, scorrevole ed incalzante, umano e molto delicato; nello stesso tempo però è anche caratterizzato da un omicidio brutale e da un sottofondo terrificante che emerge lentamente fino a mostrare i suoi lati più oscuri. Si tratta comunque di un giallo, caratterizzato da un cruento mistero che l'investigatore Pietro Fenoglio dovrà risolvere e che riuscirà a farlo solo andando nella direzione opposta rispetto alle numerose tracce che la scena del crimine offre.
Già dal prologo che è una storia ricca di umanità ma svincolata dalla vicenda principale, emerge la personalità del protagonista, il maresciallo Fenoglio è attento pensatore, preciso nell'indagine e nell'analisi delle tracce, triste e molto sensibile, odia la violenza e le armi; nel quotidiano percorso casa-lavoro ama passeggiare e cambia spesso itinerario per tenere in esercizio la sua capacità di osservazione; proprio come l'amato Sherlock Holmes, osserva e ricorda tutto. E' superficiale dire solo osserva, è più acuto dire percepisce con tutti i sensi: vista, udito, tatto e soprattutto olfatto. Gli odori dominano il romanzo dall'inizio alla fine, da quello ferroso del sangue, a quello disgustoso della morte violenta, Fenoglio riesce a sentire anche l'odore della paura.
Il romanzo è in terza persona ma si sente una forte identificazione tra narratore e personaggio principale; le varie e piacevoli digressioni, le storie personali, le riflessioni profonde e gli estratti dai vari documenti giudiziari si intersecano perfettamente nel tessuto narrativo e nell'intreccio del racconto.
Siamo nel 1989 a Bari, città mai citata nè descritta approfonditamente, nell'appartamento di una palazzina, anni cinquanta, ambiente un po' triste con l'atrio che odora di cibo ed altro, viene trovato il cadavere di un uomo sgozzato; subito appaiono: un testimone chiave lucido e sicuro di sè, delle prove schiaccianti e l'arma del delitto con impronte che risultano dell'indiziato; tutto torna, stato di fermo per il presunto colpevole. Quasi troppo facile ma non per Fenoglio; nella scena del crimine c'è qualcosa fuori posto, un'incoerenza, un elemento dissonante, una discontinuità, una regolarità alterata, una piccola presenza che parla e odora. Il maresciallo con il suo giovane assistente Montemurro (l'esperienza del maestro e la voglia di imparare dell'allievo) saranno l'accoppiata vincente per risolvere un caso che sembrava già chiuso; il lettore segue la trama accattivante che si sviluppa lentamente, scoprendo quel piccolo frammento di vitale importanza.
Siamo tutti contenti per il finale pieno di speranza, siamo fieri del poliziotto dai modi eleganti e delicati; i lettori si augurano di poter leggere ancora le storie del maresciallo silenzioso, acuto e molto particolare.

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Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
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4.0
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5.0
Simona P. Opinione inserita da Simona P.    01 Ottobre, 2017
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Un pasticcio complicato come quello della vita

E' un romanzo per tutti i gusti, questa straordinaria avventura rocambolesca di Roderick Duddle. L'autore ci offre un pasticcio letterario i cui ingredienti sono formati da: una serie infinita di peripezie, tante storie intrecciate tra loro che ci tengono con il fiato sospeso, numerosi personaggi delle più diverse tipologie, una fantasia in continuo crescendo, uno spiccato senso dell'umorismo. Siamo nell'ottocento nel Regno Unito, un bambino di nome Roderick, figlio di una prostituta, cresce in un bordello con locanda annessa, in compagnia di donne che esercitano 'tale' professione, i loro clienti e il terribile signor Jones, il proprietario; morta la madre, Jones lo caccerà senza pietà. Roderick, nessuno lo sapeva, è erede di una immensa fortuna e quel medaglione che ha al collo ne è la prova; il fatto curioso è che non lo sa neppure Roderick e non se lo immagina minimamente. Scoperta la vera identità del protagonista, la notizia gira velocissima, vista anche l'ingente somma da ereditare; cominciano così le numerose avventure e i viaggi del bambino che chiaramente non sa di essere ricco e si domanda perchè tutti lo cercano, molti lo seguono, qualcuno lo vuole uccidere. Gli inseguitori sono vari, si tratta di sicari, suore, avvocati corrotti, amministratori disonesti e chiaramente il signor Jones. Ci sono anche molte false piste a complicare il groviglio, a un certo punto c'è il caos, tutto sembra falso, i bambini sono diventati due, forse tre, i medaglioni sono due ... quale sarà quello vero? Tutti cercano l'oggetto del desiderio: i soldi, l'amore, il piacere, il successo (sembra di essere immersi nel fantastico mondo dell''Orlando Furioso'); c'è chi cerca la cosa sbagliata nel posto sbagliato; molti personaggi sono arguti e calcolatori, c'è anche lo scemo del villaggio che è buono ma poi ... non è così scemo. Il romanzo è un microcosmo che rappresenta il mondo e 'il mondo è schiavo del desiderio' dice l'Autore che dichiara di voler raccontare semplicemente 'la smania di tutti ad arrivare più in là'. L'avventura prosegue, si parte dalla locanda malfamata, poi si va per la città, poi come ogni avventura che si rispetti, per mare. Finalmente arriva l'investigatore, Havelock (il suono rimanda a Sherlock) che cercherà di mettere un po' di ordine nel groviglio di questa storia; bravo, preciso, meticoloso, onesto ma ... anche lui ogni tanto, cede alle tentazioni. La storia finisce bene, dopo tanti morti, assassini, inganni, tutto (o quasi) torna, e anche i cattivi possono ripensare alle loro malefatte. Con una scrittura scorrevole, con uno stile barocco ed elegante, graffiante ed ironico, attraverso periodi lunghi e ben articolati, aggettivazione e punteggiatura abbondante, l'Autore descrive tutto con delicatezza, dalle brutture del mondo ai gesti di solidarietà. Concludiamo ricordando quello che Italo Calvino, lucido e razionale come l'inventore di questa storia, disse sull'Orlando Furioso: 'limpido, ilare ma misterioso, ... si ostina a disegnare una fiaba da una realtà senza illusioni".

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Romanzi storici
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    24 Settembre, 2017
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Intrighi e misteri,un giallo storico irresistibile

Siamo nella seconda metà del '400, epoca di guerre, sicari, vendette e potere, a Firenze principalmente ma anche a Venezia, per mare e in oriente. Una trama complessa, enigmatica, intricata e avventurosa con sfumature noir, fatta di varie storie che si intrecciano, si dipana in modo brillante e naturale, attraverso uno stile fresco vivace e scorrevole. Colpisce subito il contrasto tra il contenuto forte, cruento e misterioso con la scrittura piacevole rilassante, quasi fiabesca.
Per comporre questo mosaico, lo scrittore crea una vasta gamma di personaggi perfettamente inseriti nel contesto storico; Tigrinus è il ladro ribelle ma gentile, orfano e sofferente, questo 'cavaliere errante' è pronto a rubare per l'amata suor Assunta, figura materna malata e molto saggia; troneggia il forte e coraggioso Cosimo de' Medici, combattivo e pronto ad uccidere per mantenere il potere ma anche amante dei piaceri, dell'arte e della sua Firenze. Inoltre ci sono tante donne, furbe, brillanti e dotate di linguaggio pronto e ben organizzato; Bianca è la bella e coraggiosa investigatrice che capisce in anticipo a tutti i piani dell'assassino, Bilia è la prostituta che non solo riesce ad entrare nella dimora di Cosimo, ma lo mette in crisi con una battuta 'piccante'.
Nell'Aprile 1439 Cosimo va ad incontrare il misterioso fratello gemello Damiano su una cupa imbarcazione; si torna a Firenze nel Febbraio del 1459, Tigrinus assiste involontariamente all'uccisione del ricco mercante Giannotto per mano di un crudele uomo col turbante. Tigrinus verrà accusato dell'omicidio e rinchiuso in carcere, ma sarà fatto liberare dal potente Cosimo. Iniziano le peripezie che lasceranno il lettore col fiato sospeso. Dopo un'altro cadavere e viaggi al limite della sopravvivenza, si viene a conoscenza della inaspettata verità. Tutti i misteri o quasi sono svelati, non ci resta che aspettare il prossimo viaggio nel passato di Marcello Simoni.

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A tutti gli amanti del genere
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Narrativa per ragazzi
 
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    17 Settembre, 2017
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La fiaba dei numeri

Ho letto questo simpatico libro anche se non amo la matematica, si tratta di un testo brillante ma anche impegnato, affiancato da disegni geometrici, artistici e colorati. Roberto è un ragazzo che non riesce a capire la matematica e la notte fa sogni bruttissimi. Una notte gli appare un ometto vestito elegantemente che sembra un diavoletto. Questo strano personaggio si fa chiamare il mago dei numeri e attraverso dodici incontri notturni riuscirà a far apprezzare questa materia al suo allievo. Scritto in modo elegante e scorrevole, questo testo può definirsi un'avventura dai contorni fiabeschi; scritta per ragazzi ma apprezzata anche dagli adulti, questa storia misteriosa è consigliata a tutti.

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storie fantastiche ma ama la razionalità.
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