Opinione scritta da Chiricaz
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una paranza che da mare diventa terra
I bambini di paranza non sono bambini. Sono persone per cui la convenienza è l’unica regola, il valore della vita è nulla e l’unica cosa che conta è arricchirsi ed essere un vincente. Non esiste il fallimento, come racconta Saviano in un’intervista da Fazio, i ragazzi vedono gli sforzi dei loro genitori e le loro condizioni poco agiate (ma non misere) e sanno che lo Stato, la legalità non gli permetterà di diventare qualcuno, non vogliono guadagnare mille euro al mese per vie legali, ma guadagnarne 300 sapendo che in futuro si ritroveranno a gestire intere piazze di spaccio e a potersi permettere una vita piena di lussi, per loro e per i loro genitori. Non pensano a cosa succederebbe se fossero i loro genitori a dover pagare la “protezione” (il pizzo) a qualche clan, pensano invece che loro, loro che la “protezione” la fanno pagare agli altri, hanno capito come si sta al mondo più dei loro genitori, di essere più saggi, più adulti, più uomini e più padri di loro, perché erano proprio i paranzini ad aver iniziato a ‘portare il pane’ a casa . In questo romanzo è fondamentale appunto anche la figura dei genitori, essi li sostengono- se non fin da subito si ritroveranno a farlo in futuro soprattutto dopo che gli verranno fatti dei torti, dopo che avranno apprezzato la nuova condizione di vita con tutti gli agi che i loro figli gli permettono.
Il protagonista della storia, Nicolas ‘o Maraja, vuole diventare un capo di paranza, vuole creare una paranza con i suoi amici più fidati. Ma una paranza non la puoi fondare senza fare alcun morto, non la puoi fondare senza delle armi e non la puoi fondare se non ti guadagni le piazze di spaccio. Vengono più volte fatti riferimenti a ‘il principe’ di Macchiavelli, perché Nicolas trova ispirazione proprio da quest’opera. È una storia di violenza, ispirata a fatti reali ed orribili. La giustizia ha una sua dimensione, esistono delle regole d’onore, non scritte, ma che DEVONO essere rispettate: “Nicolas si alzò e iniziò a girargli intorno. Camminava piano. L’Arcangelo non si muoveva, non lo faceva mai quando voleva dare l’impressione di avere occhi anche dietro la testa. Se qualcuno ti è alle spalle e gli occhi iniziano a seguirlo, significa che hai paura. E che tu lo segua o no, se la coltellata deve arrivare, arriva lo stesso. Se non guardi, se non ti giri, invece, non mostri paura e fai del tuo assassino un infame che colpisce alle spalle.”
È un mondo del tutto nascosto che pochi conoscono, ma che c’è e che colpisce il mondo intero e c’è il bisogno di conoscerlo, di informarsi e di SAPERE, ed è per questo da apprezzare, sostenere, ammirare e imitare un personaggio come Roberto Saviano.
il linguaggio usato per i dialoghi è il dialetto napoletano (e a me ha fatto molto sorridere)
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se la fantasia prende il sopravvento sulla realtà
Nessuno è mai innocente, un crimine -in qualche modo- DEVI averlo commesso. Crederai a quello a cui vuoi credere, a quello che gi altri vogliono farti credere, sei facilmente convincibile e non sei in grado di sopportare una condanna più pesante di quello che ti aspettavi, di quello che ti sei mai immaginato di aver commesso.
L'imputato si dichiara colpevole, sa di non aver commesso alcun crimine se non l'adulterio con la moglie del suo superiore -se si può chiamare crimine- eppure confrontandosi, durante un gioco, con un giudice e un pubblico ministerò, finirà egli stesso per dirsi colpevole, perchè 'non vi è nulla di più alto, di più nobile, di più grande del momento in cui un uomo viene condannato a morte'. Allora l'imputato voleva solamente sentirsi un uomo o si è pienamente convinto di aver commesso un reato e di sentirsi in dovere di confessare?
Questo libro di Durrenmatt del 1986 e pubblicato da Adelphi fa riflettere su quale sia la verità di ogni situazione in cui ci troviamo. Non è tutto completamente soggettivo? Se un uomo finisce per dichiarasi colpevole quando sa di non aver alcuna colpa, non siamo tutti delle pedine in mano alle persone che ci stanno vicino? Potremmo anche noi, immedesimati nel signor Traps, fare la sua fine?
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cos'è per me la giustizia?
Il libro è un dialogo fra due tra i più grandi magistrati italiani degli ultimi vent'anni: Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. è strutturato in più capitoli che trattano svariati argomenti dell'ambito giuridico (dai diritti di un detenuto alla giustizia -o meno- della pubblicazione di intercettazioni).
Oltre ad essere un libro con delle nozioni giuridiche da cui il lettore può imparare, sarà inevitabile farsi un esame di coscienza e domandarsi quale sia il vero significato di giustizia per ognuno, domanda che non ci si pone spesso ma che può trovare una risposta più responsabile e consapevole dopo aver conosciuto il pensiero di due 'parti' discordanti fra loro.
I due magistrati, entrambi molto capaci, motivano sempre il loro punto di vista malgrado alcune volte citino eventi storici, situazioni o persone portandoli come esempi senza approfondirli (senza che ce ne sia bisogno, ma un lettore inesperto potrebbe sapere di cosa stiano trattando solamente in maniera superficiale)
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la guerra di chi l'ha vissuta
L'autore continua a non smentirsi con il secondo libro della trilogia siberiana. Come il primo è una biografia, la sua vita raccontata nel più semplice e comprensibile dei modi.
è il racconto di eventi caratteristici della sua esperienza in guerra durante la seconda guerra cecena, eventi che hanno segnato lo scrittore e che segneranno il lettore. Perchè davanti a un 'racconto del reale' di questo calibro non se ne può uscire indifferenti. è un libro che oltre ad aprire un mondo del tutto nuovo, ovvero il mondo dell'esercito e di tutto ciò che gira intorno alla guerra, fa riflettere su questi massacri e su quello che sta sotto, su chi comanda dal proprio ufficio e su chi ogni giorno deve uccidere per poter permettere a se stesso di vivere.
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