Opinione scritta da AlessandraDP

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Gialli, Thriller, Horror
 
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AlessandraDP Opinione inserita da AlessandraDP    07 Dicembre, 2018
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Buon romanzo

Nel suo ultimo romanzo, Giancarlo De Cataldo ricostruisce la storia di Jay Dark, criminale di basso profilo che, per una serie di circostanze, si ritrova a far parte dei servizi segreti americani. Il suo compito sarà quello di portare il caos tra i movimenti rivoluzionari degli anni ’60 e ’70, spacciando droghe sintetiche tra i giovani con il fine di controllare le masse.

La peculiarità del romanzo è nella sua struttura, nei suoi molteplici livelli narrativi.
Il primo protagonista nel quale ci imbattiamo è uno scrittore italiano, il quale dopo aver pubblicato un libro, “Blue Moon”, ispirato alle vicende di Jay Dark, viene contattato da un avvocato americano, tale Flint, che non è del tutto convinto del suo racconto. Egli sostiene di aver conosciuto Jay Dark e di poter rivelare al nostro autore la vera storia dell’agente segreto.


Inizia così una nuova storia, un romanzo nel romanzo, che viene narrato da Flint e che attraversa gli anni Sessanta e Settanta, tra Europa e America, movimenti giovanili, medici nazisti, omicidi e servizi segreti. Un pastiche iperrealista che ricostruisce alcuni degli avvenimenti storici più importanti del ventesimo secolo, attraverso un’abile intreccio di personaggi finzionali e reali.

Come nelle migliori esperienze postmoderniste, la presenza di diversi narratori, spesso inaffidabili, porta il lettore a riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, sull’autorità dello scrittore e sull’utilizzo delle fonti, creando un’atmosfera sempre sospesa ed incerta, sullo sfondo di uno scenario internazionale governato dal caos totale.

Quel caos che proprio Jay Dark aiuta a diffondere come un virus, con l’intento di controllare un mondo alla deriva, ormai privo di regole. Ma riuscirà il nostro agente segreto a gestire il caos senza lasciarsi coinvolgere? O rimarrà vittima della spirale di violenza da lui stesso creata?
Un romanzo coinvolgente, con un pizzico di ironia, dalla scrittura fluida e dal ritmo veloce, che terrà il lettore col fiato sospeso fino all’ultima pagina.

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AlessandraDP Opinione inserita da AlessandraDP    07 Dicembre, 2018
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Aspettative parzialmente deluse

Le aspettative su questo libro erano molto alte, avevo sentito diversi pareri positivi. Eppure, mi è piaciuto solo in parte. Vi spiego perchè.

La storia è interessante: ambientata in un Paese non meglio specificato del Medio-Oriente, la narrazione si concentra sulle figure di due giovani, Nadia e Saeed, i quali poco a poco iniziano a frequentarsi. La loro relazione, tuttavia, è resa complicata dalla situazione invivibile in cui, loro malgrado, si trovano: il loro Paese è dilaniato da una guerra civile, le milizie controllano con la forza i cittadini, nessun posto sembra essere sicuro.

Improvvisamente, si sparge la voce dell’esistenza di alcune porte, che sembrerebbero trasportare da un luogo all’altro. Incuriositi e desiderosi di avere una vita normale, quanto meno sicura, Nadia e Saeed decidono di avventurarsi attraverso una di queste porte. Inizia così il loro viaggio, che li porterà in diverse parti del mondo. Tuttavia, le porte hanno avviato un processo di migrazione globale, che causerà diversi problemi.

L’idea di fondo è nuova, quasi brillante. Inoltre, la scrittura è piacevole, ci sono momenti in cui sembra abbandonarsi al flusso di coscienza. Si tratta di una scrittura empatica, che coinvolge. Anche il ritmo della narrazione è veloce, forse troppo.

Il problema: i personaggi e gli avvenimenti sembrano narrati in modo troppo superficiale. Nadia e Saeed cambieranno durante le loro esperienze, cresceranno, la guerra e gli eventi connessi alla migrazione li renderanno delle persone diverse da quelle che incontriamo nelle prime pagine. Tuttavia questo cambiamento è quasi impercettibile. I protagonisti non sono analizzati in profondità, i dialoghi sono quasi inesistenti.

Gli avvenimenti descritti nella storia sembrano essere solo buttati lì a caso, nonostante la loro attualità e importanza: migrazione, integrazione, rapporto tra migranti e nativi, guerra, omosessualità, famiglia, religione e fondamentalismo. Questi sono solo alcuni dei temi trattati, che però non vengono effettivamente elaborati nel dettaglio. Si tratta di tematiche che meriterebbero di essere approfondite meglio, a mio parere.

Per non parlare dei diversi personaggi e livelli narrativi introdotti durante il corso della storia. Parti inserite quasi a caso, che dovrebbero dare un senso di comunione delle esperienze umane, ma che in realtà sembrano solo allungare una narrazione altrimenti troppo sbrigativa.

Un libro originale, con molto potenziale, sia dal punto di vista tematico, che della scrittura, che però l’autore non sembra essere stato in grado di narrare al meglio. Si tratta di una lettura che comunque consiglio perchè valida, anche solo per le tematiche affrontate, ma mi aspettavo molto di più. Peccato.

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AlessandraDP Opinione inserita da AlessandraDP    17 Giugno, 2017
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Romanzo delicato

La storia è ambientata ad Holt, una cittadina americana inventata da Haruf, e ruota intorno ad Addie Moore e Louis Waters, due anziani ormai in pensione. Addie e Louis sono entrambi vedovi e, pur conoscendosi da molti anni, non si sono in realtà mai fermati davvero a parlare l’uno con l’altro. Questo cambierà una sera di Maggio quando Addie proporrà a Louis di dormire insieme. Nella proposta di Addie, tuttavia, non c’è assolutamente niente di indecente o indecoroso, solo la voglia di avere un po’ di compagnia durante le lunghe notti solitarie.

“[…] Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare. […] Non parlo di sesso. No, non intendo questo. Credo di aver perso qualsiasi impulso sessuale un sacco di tempo fa. Sto parlando di passare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?”

Una proposta improvvisa, quella di Addie, forse un po’ stramba e anche imbarazzante ma sicuramente coraggiosa. Inizierà così un rapporto particolare, una storia d’amicizia che nascerà timidamente e crescerà piano piano, trasformandosi in una dolce storia d’amore.
Ai due anziani si aggiungerà anche il nipotino di Addie, Jamie, che passerà l’estate dalla nonna a causa dei problemi coniugali dei genitori. Si verrà così a formare una sorta di piccolo nucleo famigliare composto da Jamie, Addie e Louis, un rapporto che diventerà sempre più forte durante il corso dell’estate, attraverso gite, lezioni di softball e semplici pranzi all’aperto.

La narrazione ruota soprattutto intorno ai dialoghi, serrati e continui, tra i due protagonisti. Addie e Louis parleranno a lungo, raccontandosi poco a poco della loro vita, dei rispettivi matrimoni, dei figli e dei drammi che hanno segnato le loro esistenze. Nel buio della notte si confideranno soprattutto i segreti, i rimpianti e i rimorsi di una vita ormai passata, lasciata scorrere, non pienamente vissuta. Segreti spesso rimasti chiusi tra le mura domestiche, per cercare di mantenere una facciata decorosa e rispettabile davanti agli altri abitanti di Holt.
E sarà proprio la società bigotta e curiosa della piccola cittadina americana a giudicare la relazione tra Addie e Louis, considerandola come un qualcosa di scandaloso, non socialmente accettabile, sino al punto che persino i loro figli cercheranno di dissuaderli dal frequentarsi, proprio per evitare pettegolezzi imbarazzanti. Significativo in tal senso è il dialogo tra Louis e sua figlia:

“[…] A me sembra solo imbarazzante.
Per chi? Per me non lo è.
Ma la gente sa di voi.
[…] Tu ti preoccupi troppo della gente di questa città.
Qualcuno deve pur farlo.”

Una realtà piccola ma ingombrante, quella di Holt, che si intrometterà silenziosamente nella relazione tra Addie e Louis, pronta a trarre conclusioni affrettate e a condannare i due protagonisti. Ma è davvero così sbagliato quello che i due anziani stanno facendo? È davvero così scandaloso? In fin dei conti, come ribadisce Louis alla figlia ancora scettica si tratta solo di “una scelta, di essere liberi. Persino alla nostra età”.
La scrittura di Kent Haruf è delicata, quasi atemporale, ed è sempre presente una sorta di malinconia, un sentimento di urgenza, quasi una corsa contro il tempo, una volontà di assaporare e vivere ogni piccolo momento della vita perchè potrebbe essere l’ultimo.

“Continui ad avere dubbi sul fatto che possa durare.
Tutto cambia.”

Un romanzo dolce sull’amore, sulla famiglia ma soprattutto sul coraggio di vivere la vita pienamente, fino alle fine, anche quando sembra non avere più sorprese per noi. Una storia che vi toccherà il cuore, credetemi. Una lettura che vi consiglio assolutamente e se per caso non foste ancora convinti, vi lascio con una delle frasi secondo me più belle tratte dal romanzo:

“Amo questo mondo fisico. Amo questa vita insieme a te. E il vento e la campagna, li cortile, la ghiaia sul vialetto. L’erba. Le notti fresche. Stare a letto al buio a parlare con te.”

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AlessandraDP Opinione inserita da AlessandraDP    17 Giugno, 2017
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Le occasioni perdute

Estate 1962. In un piccolo hotel nella contea di Dorset, sulla spiaggia di Chesil Beach, una giovane coppia si appresta a consumare la loro prima notte di nozze. Florence Ponting e Edward Mayhew, poco più che ventenni, sono profondamente innamorati l’uno dell’altro e assolutamente terrorizzati da ciò che dovrebbe accadere quella notte. La prima parte del romanzo si concentra sul presente, sulla nervosa attesa che travolge i novelli sposi durante la cena che consumano nella camera d’albergo, alla presenza di due camerieri altrettanto impacciati. In questo preludio è già evidente come i due giovani non riescano a comunicare tra loro, le uniche parole dette sono delle brevi dichiarazioni d’amore, che diventano una sorta di appiglio contro l’inconfessabile paura dell’atto fisico che li attende.

“Gli sposi rimasero soli un momento, anche se udivano rumore di posate contro i piatti, e il mormorio dei ragazzi alla porta. Edward appoggiò una mano su quella di Florence e per la centesima volta della giornata disse con un filo di voce: “Ti amo”, e lei ricambiò all’istante, perché era verissimo.”

Se Edward teme di essere troppo impetuoso e di “concludere troppo in fretta”, Florence è invece paralizzata dalla paura di deludere il suo giovane marito e dalla vergogna e dal disgusto suscitate in lei anche solo dal pensiero del sesso. Una repulsione fisica e psicologica, quella di Florence, sulla quale pesa sia una educazione prude e borghese, ma anche l’ombra degli abusi sessuali subiti ad opera del padre.

“Florence sospettava di essere affetta da un’anomalia seria, una diversità antica che prima o dopo sarebbe saltata fuori. Il problema, a suo avviso, era più grave e profondo di un semplice disgusto fisico; l’intero suo essere si ribellava alla prospettiva di qualsivoglia unione carnale; ne sarebbero uscite violate la sua padronanza di sé e la sua stessa intima felicità.”

Il presente si confonde allora con il passato, con i ricordi del primo incontro tra Edward e Florence, dei primi teneri momenti tra i due, i quali si soffermeranno a riflettere sulle rispettive famiglie, assolutamente diverse tra loro: quella di Florence altolocata, con una madre intellettuale e distaccata, e quella di Edward, portata avanti dal padre poichè la madre, a causa di problemi mentali, vive in un mondo tutto suo; ma i due giovani rifletteranno anche sulle loro ambizioni future: Edward, appena laureato, vorrebbe scrivere libri di storia piuttosto che lavorare nell’azienda del padre di Florence, la quale invece è una violinista e non chiede altro se non di poter vivere con e per la sua musica.

“Spesso, quando era triste, si era domandata che cosa desiderasse di più al mondo in quel momento. Nel caso specifico, non aveva il minimo dubbio. Si vide alla stazione di Oxford, al binario del treno per Londra: le nove del mattino, custodia del violino in ano, un fascio di spartiti e qualche matita ben temperata nella sacca di tela sulle spalle, diretta alle prove del quartetto, a un incontro con la bellezza e la difficoltà […]”

Due realtà sociali diverse, quindi, sullo sfondo di un’Inghilterra appena avviata verso quel cambiamento, quella liberazione culturale, che presto travolgerà tutta la società degli anni ’60. Una società ancora legata a tabù e perbenismi secolari che peseranno profondamente sull’esperienza vissuta dai due giovani, i quali saranno allo stesso tempo tempo protagonisti e spettatori del loro dramma, incapaci di aprirsi l’uno con l’altra, di parlare dei propri sentimenti e dei propri timori. Una incomunicabilità così insuperabile da dividerli per sempre. Nell’ultima parte del romanzo, vediamo un Edward ormai maturo che riflette sulla sua vita e su come essa sia cambiata in seguito a quella fatidica notte del 1962.

“Che aveva fatto di sé? Si era lasciato trasportare, fra il sonno e la veglia, distratto, senza ambizioni, senza un progetto serio, senza figli, compiaciuto.”

Emergono allora il rimpianto e l’amarezza per tutti quei sogni, quei progetti per il futuro, così tipici di due giovani innamorati, per i quali però né Edward né Florence sono stati in grado di combattere, vittime inconsapevoli del tempo e delle loro stesse paure. Ma anche la curiosità di chiedersi come sarebbe potuta andare a finire.

“Ecco come il corso di tutta una vita può dipendere… dal non fare qualcosa.”

Ian McEwan è un assoluto mostro di bravura. Lo scavo psicologico è notevole e la sua scrittura delicata sembra quasi proiettare la vicenda in una dimensione atemporale, sospesa nei ricordi dei due personaggi. Un dramma innocente e, forse proprio per questo, profondamente toccante.

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