Opinione scritta da CortaZur

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    08 Aprile, 2021
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La filosofia e la fisica quantistica sono sorelle

Quando Rovelli divenne famoso con il suo "sette brevi lezioni di fisica" lessi il suo libretto trovandolo interessante ma meno fantasmagorico di come la stampa, e gran parte del pubblico, lo descrivesse.
Sono una persona a cui piace la scienza, la matematica ed in particolare la fisica con la sua storia fatta di scoperte eccezionali da parte di uomini altrettanto eccezionali e per questo motivo Helgoland sembrava un libro perfetto.
Il racconto della nascita della fisica quantistica, di come un giovane fisico di nome Heisenberg (famoso al grande pubblico più che altro per essere il soprannome del protagonista di Breaking Bad) abbia dato il là a tutta una serie di scoperte successive, che poi sono state la base della fisica moderna, che ancora adesso stupiscono per la loro completezza.

Dicevo, il libro si presenta come il racconto della storia di questi fatti ma pressochè dopo un terzo vira sulla filosofia che c'è dietro alla scienza e soprattutto su come i fisici, i filosofi e le persone tutte debbano riflettere alla connessione tra la realtà e la scienza la quale cerca di spiegarla attraverso appunto la fisica. A questo punto il mio interesse è scemato molto velocemente e la lettura si è convertita in un non facile testo di filosofia basica rovelliana con citazioni di filosofi moderni e meno moderni che hanno in qualche modo preconizzato la fisica quantistica nelle loro opere pensose.
Purtroppo questa parte non è nelle mie corde e ho finito il libro con qualche difficoltà, soprattuto con poco piacere.
Sicuramente chi ha più interesse di me nella materia e che è magari più affascinato dalle relazioni tra scienza e filosofia lo troverà sicuramente un'opera di sicuro interesse e molto ben fatta.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    18 Marzo, 2021
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Uno Schiavone un po' stanco

Mi sono affrettato a completare la lettura dell'ultimo episodio (in rodine coronolgico) in concomitanza dell'uscita della serie di Rocco Schiavone sui canali della Rai. Una serie che ha il grande pregio di non far rimpiangere i libri e che anzi forse li addirittura migliora.
Il libro in questione è di godibile lettura, scorre via con una facilità estrema, ha una trama abbastanza ben congegnata e con una serie di accadimenti ancillari ai personaggi minori che intrattengono molto durante la lettura e che forse, se sommati tutti insieme, hanno più spazio dell'indagine vera e propria.
Il tutto è però giù visto, è insomma un altro episodio della serie che poco aggiunge allo sviluppo della stessa. Ci sarà bisogno di una qualche novità, di un qualche stravolgimento o salto narrativo per tenere alto il livello di questa serie.
Insomma uno Schiavone sempre più stanco, più disilluso e forse anche più triste.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    02 Marzo, 2021
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L'amicizia come alta forma di letteratura

Un libro dal successo strepitoso, a giudicare dal numero di recensioni su qualunque sito di libri italiano. Una storia che racconta un'amicizia giovanile, un amore fraterno e un intreccio sentimentale come un grande classico che si rispetti.
Questo è un romanzo caratterizzato da una prosa delicata, un linguaggio ricco ed elegante senza mai sembrare ampolloso e fine a se stesso. Un lungo monologo del generale Henrik che rivanga le sue memorie e torna indietro di quarant'anni per avere una risposta definitiva a quello che lo tormenta da allora. In mezzo sono infilate lì tante perle sul significato di amicizia, amore, passione, destino che rendono questo libro di sole 180 pagine ricco e denso come tomi di 1000 non riusciranno mai ad esserlo.

Citazioni come questa sulla passione:

"Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che ogni giorno invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare in eterno... e non credi che non saremo vissuti invano, poiché abbiamo provato questa passione?"

Oppure questa sull'affinità:

"Come le persone appartenenti allo stesso gruppo sanguigno sono le uniche che possano donare il loro sangue a chi è vittima di un incidente, così anche un'anima può soccorrerne un'altra solo se non è diversa da questa, se la sua concezione del mondo è la stessa, se tra loro esiste una parentela spirituale."

Rendono questa storia semplicemente imperdibile. Davvero una bella storia degna dell'eleganza di Adelphi.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    01 Febbraio, 2021
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Un memoir riuscito a metà

Subito dopo aver letto Lolita ho voluto leggere questo romanzo che da tempo mi sussurrava dalla libreria e suscitava la mia curiosità. Dal titolo ero stato indotto a pensare che trattasse di come la lettura di Lolita suscitasse chissà quali pensieri proibiti nelle menti dei/delle persiani/e ma si deve stare attenti ai titoli fuorvianti infatti, un titolo del genere sicuramente riesce nel chiamare l'attenzione essendo direttamente associabile con il grande capolavoro di Nabokov, però c'entra poco con esso.

La protagonista della storia è la letteratura vorrei dire, ma in realtà è la voce narrante di questo memoir dell'autrice che racconta i suoi ricordi di quando inseganva e dava lezioni clandestine in Iran, tenendo un corso privato, non solo leggendo Lolita, con cui si apre il libro, ma anche poi leggendo altri grandi classici di Fitzgerald, di Harry James, della Austen. In ognuno dei capitoli deidcati a ciascun romanziere si cerca di creare dei parallelismi tra la realtà iraniana e la idea di occidente che trasmette la lettura di ognuno dei libri presi ad esempio. Si vive con l'autrice/professoressa il susseguirsi di eventi, l'ascesa del regime islamico, l'imposizione dei veli alle donne, la progressiva privazione di diritti, anche i più banali, sempre contro le donne da parte dell'ottuso regime islamico, e tutto questo è la parte centrale del libro quella che lo rende davvero notevole e meritevole di complimenti.

Lo stile di scrittura non mi ha colpito in positivo, si tende molto a fare confusione temporale, infatti, un momento si è negli Stati Uniti e un momento dopo si è sotto le bombe a Teheran. Inoltre c'è il tentativo di caratterizzare le varie studentesse con le loro fantasie,sogni, speranze che però risulta poco riuscito, sembrano solo dei personaggi di contorno ed è evidente che la protagonista indiscussa è sempre la voce narrante.
Paradossalmente è proprio l'eccessiva auto celebrazione dell'autrice a suscitare più di qualche perplessità durante la lettura, non si riesce a creare un'intimità ed è evidente la tendenza a marcare il suo ruolo da professoressa persino mentre scrive.

Un libro risucito a metà, dove la metà buona secondo il mio parere è proprio la finestra aperta sulla cultura iraniana e sul periodo storico trattato nel romanzo.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    01 Febbraio, 2021
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Una delusione storica

Romanzo storico pluripremiato, primo di una trilogia dove il successivo capitolo ha vinto il Booker prize come il primo e il terzo è appena uscito. Da questo volume in particolare è anche stata tratta una serie omonima di discreto successo. Tante aspettative di sicuro piacere per questo libro che però sono andate disattese in maniera abbastanza imprevedibile.
Il contesto storico è magnifico, siamo nell'Inghilterra di Enrico VIII con tutto l'immaginario che si porta dietro. Il protagonista è un così detto factotum che però prende sempre più piede fino a scalare i vertici della scala sociale e del potere. Tutto questo è la parte positiva, poi vengono le note dolenti che risiedono nello stile di scrittura fatto da eccessive descrizioni di pensieri che si sovrappongono a dialoghi dove i pronomi sono in eccesso e dove tutti si chiamano Thomas, Tom, Tomaso e la confusione prende il sopravvento. Per non parlare delle sotto-trame secondarie che non fanno altro che distrarre dal succo vero della storia e che mi ha portato a saltare molte pagine.
Morale della favola librò interrotto a metà, considerando che è un volume da 700 pagine non si può dire che non c'ho provato.
Peccato.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    31 Gennaio, 2021
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Un amore malato, un'infanzia rubata

Lolita, che gran libro e che grande scrittore. Dopo averne sentito parlare in ogni maniera e soprattutto dopo averla sentita citare da chiunque tanto che è diventata quasi una parola di linguaggio comune, mi sono deciso a leggere questo grande classico.
L'incipit e le prime pagine sono di una bellezza folgorante, il linguaggio, lo stile, la ricchezza del lessico (e qui si devono fare i complimenti alla traduttrice Giulia Arborio Mella) sono uniche tanto da venir voglia di leggerle ad alta voce.
La trama è nota ai più e non mi dilungo, quello che vorrei comunicare è la sensazione di straniamento che ho avuto durante tutto il romanzo. Veder crescere la relazione tra Humbert e Lolita, dalle fasi iniziali di conoscenza per poi vederla sviluppare in maniera così incestuosa, diventa sempre più scomodo e mi sono chiesto quasi da subito come potesse finire tale relazione e a cosa potesse portare.
Per scoprirlo ho dovuto attraversare svariati km in compagnia dei protagonisti e del loro viaggio lungo le strade degli Stati Uniti e soprattutto lungo l'infanzia della protagonista e man mano ho potuto sentire la tenisone crescente nel rapporto, tensione che mi faceva sentire sempre più a disagio nel leggere e situazione che mi faceva sempre più prendere le parti della Lolita seduttrice, della Lolita manipolatrice e della Lolita vittima.
Al contempo però non mancavano i passaggi di alta scrittura che Nabokov ragala soprattutto quando ci si annida nei pensieri di Humbert con tutte le sue elucubrazioni, congetture, gelosie e fantasie che valgono da sole trattati interi di psicologia.

Devo confessare che la parola fine ha portato quasi un senso di sollievo in quanto la spirale nella quale si avvita la storia di Humbert rende la lettura una corsa ansiogena a scoprire quanto peggio si possano mettere le cose per lui e per il suo ormai segnato destino di dannazione.
Gran finale per un ottimo libro.

P.S. mi sono chiesto per tutta la durata della lettura: sarebbe possibile oggi anche solo pubblicarlo un libro così dirompente?

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    06 Dicembre, 2020
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Il dolore della giovane borghesia

Leggendo queste pagine mi verrebbe da dire anche i ricchi piangono. La storia sostanzialmente ruota intorno al ragazzo più intelligente, scaltro e sveglio che abbia visto nella storia della finzione letteraria (Holden permettendo), con il solo distinguo che il giovane in questione pare essere di buonissima famiglia e come ogni famiglia ricca della letteratura che si rispetti è praticamente frantumata e disastrata dal punto di vista affettivo. Madre al terzo matrimonio fallito, con un lavoro di facciata con scarso interesse per i figli, padre vanesio di successo che si occupa del figlio una volta a settimana, sorella cinica e concentrata su se stessa, l'unico personaggio positivo pare essere la nonna del protagonista che dà un raggio di speranza nella vita del giovane James e che dice qualcosa di sensato.

Nella lettura la parte che più mi è piaciuta sono stati i dialoghi tra la terapeuta e James che sono di una sagacia e affilatezza incredibili, avessi un decimo della prontezza nelle risposte di James, sarei contento e avvocato probabilmente.

In sintesi un Cameron che ho scoperto che leggerò nuovamente.
Bella lettura.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    06 Dicembre, 2020
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un inno all'immaturità

Questo è un classico libro dove la sua fama genera aspettative fin troppo alte e pretenziose. Chiaramente da un libro cult, scritto a fine anni 90 (un'altra epoca) da cui hanno tratto film e serie televisiva, ci si aspetta tanto e invece le apettative sono state un po' deluse.

Il libro va via veloce, molto scorrevole e con continui rimandi musicali, citazioni di dischi e innumerovoli top5 per qualunque cosa o situazione di vita. Se questi li potrei anche annoverare come pregi e lo sono, purtroppo ci sono i difetti e su tutti la sincera antipatia sviluppata per il protagonista: un eterno ragazzino di 35 anni che non ne vuole sapere di assumersi responsabilità e diventare adulto ed è per questo che ci mette un libro intero per dare un senso alla sua vita.

Non mancano spunti esilaranti, soprattutto legati all'assistente Barry che è in effetti un'idiota simpatico e che più di una volta miha fatto ridere molto. Capitolo a parte merita la protagonista femminile che viene dipinta come fin troppo comprensiva e che probabilmente in un dibattito culturale moderno sarebbe pretesto per accuse di misoginia verso l'autore Honrby, che nel frattempo, anche grazie a questo libro, è diventato famossissimo e si spera anche più maturo di quando scrisse questo libro.

Tutto sommato la lettura è stata piacevola e mi ha motivato anche alla visione del film, continuo a odiare il protagonista ma nn posso ammettere che il romanzo è ben fatto e che quanto meno fa venire voglia di comprare un gira dischi.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    29 Novembre, 2020
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Un libro formativo e commovente

Libro consigliatomi caldamente da un amico che mi avvisa che non è per i deboli di cuore e io reitero il cosngilio, sì qui ci sono emozioni forti.

Non dirmi che hai paura, libro pluri premiato e da cui è anche stato tratto un film, narra della storia di una ragazza somala con un particolare sogno: quello di partecipare e vincere le olimpiadi nella sua specialità che è la corsa. La storia è vera, quello che c'è scritto nel libro è reale e come spesso accade la realtà supera la nostra immaginazione.
Storia ambientata nella Somalia di inizio anni 2000, all'inizio dell'ennesima e più recente guerra civile che infesta quella povera nazione, con l'avvento questa volta degli intergralisti islamici di Al-Shabab. Nonostante i divieti Samia e il suo amico Alì cercano di seguire i loro sogni e la loro libertà di essere bambini, purtroppo le vicisituddini della vita e della Storia li porteranno su strade profondamente diverse.

Cuore pulsante di questo libro è la protagonista Samia, e centro narrativo è il Viaggio che la protagonista intraprenderà per inseguire il suo sogno. Quel viaggio tristemente noto nelle cronache quotidiane italiane degli ultimi anni, con migliaia di profughi che cercano salvezza e vita migliore e che spesso invece trovano ben altro.

Lo stile di scrittura è fluido, la storia scorre via inseguendo le vicissitudine di Samia e si finisce inevitabilemnte a far eil tifo per lei e sperare che vada tutto bene.

Nel libro forse a volte si ammicca troppo al lettore e al suscitare in lui sentimenti di compassione ma tutto sommato è un ottimo libro che proporrei sempre come lettura nelle scuole medie inferiori e superiori.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    10 Novembre, 2020
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Un McEwan poco ispirato

Raramente mi capita di sbagliare la lettura di un libro ma a questo giro mi è capitata la "sola". Adesso non voglio esagerare, si lascia leggere ed è pur sempre scritto bene da un autore di alto livello come McEwan però ci si aspetta ben altro dati i precedenti titoli.

Trama poco avvincente e soprattutto grado di repulsione del protagonista elevato. Davvero difficile costruire una qualsivoglia affinità con il personaggio principale che è davvero un antieroe antipatico e disdicevole che non si vede l'ora faccia la fine più brutta.

L'iniziale interesee creato dalla parte scientifica e che mi faceva pensare ad un romanzo quasi fantascientifco ha presto lasciato spazio ad una voglia impellente di girare pagine su pagine in modo da finirlo al più presto.

Alla prossiam Ian.

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Salute e Benessere
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    09 Settembre, 2020
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Comprare informati

Ho letto questo libro perchè la mia mente scientifica è sempre incuriosita dalle etichette incomprensibili di shampoo, creme e cosmetici vari. Volevo capirne di più soprattutto su tutti quei prodotti senza questo e quell'altro e in questo linro ho trovato tante risposte e chiarimenti.
Non è un libro con delle verità assolute, ma sicuramente aiuta a ragionare e a interpretare tante certezze pseudo-scientifiche più come marketing che come scienza vera e propria.
In particolare il capitolo sulle creme solari è stato illuminante.
Lo consiglio altamente.

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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    22 Luglio, 2020
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La famiglia al centro della vita.

Come ogni anno la lettura del premio Strega in pectore è stata rispettata. Quest'anno, come quasi sempre, il libro è bello anche se a mio avviso inarrivabile resta M vincitore dell'anno passato.
In particolare, il Colibrì, ha un ottimo stile grazie alla sapienza dell'autore che mischia piani temporali, lettere, ricordi, rimandi al passato e al futuro che creano un clima di aspettative e curiosità che rendono la lettura super veloce alla rincorsa del sapere cosa succede dopo.
I personaggi tratteggiati sono molto variegati, si ha i lprotagonista che potrebbe essere descritto come un eroe moderno, data la quantità di difficoltà che deve affrontare nella sua vita; c'è la famiglia d'origine del protagonista dove ogni componente ha un suo ruolo e dove alcuni membri sono meglio approfonditi di altri; c'è poi la famiglia attuale fatta di moglie e figlia, che ha un impatto enorme sul romanzo ed è splendidamente raccontata. In tutto il romanzo, inoltre c'è una costante che varia tra malinconia, perseveranza e voglia di vivere che attraversa le epoche, che mette al centro come fulcro il significato di famiglia, che vince sempre nonostante il profondo ed enorme dolore provato e che dà vita alla splendida sequenza finale con il quale si chiude il libro.
A mio parere la parte finale in alcuni capitoli non è piaciuta, salvo quello citato in precedenza, in particolare il rapporto con "l'uomo del futuro" mi è risultato un po' artificiale. Inoltre, in alcuni tratti si perde il filo della sequenza temporale creando qualche confusione nella comprensione della storia.

Tutto sommato un ottimo libro, che merita di essere letto e soprattutto lascia un bel ricordo di una bella lettura.

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Romanzi storici
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    15 Luglio, 2020
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Un viaggio in una delle più grandi civiltà della s

Ricevuto come regalo e devo dire assolutamente grazie a chi me l'ha donato.
Romanzo enorme, sia come volume che come grandezza storico-letteraria, la storia dell'impero Mexica, meglio noto come Impero Azteco, narrata da uno dei suoi più affascinanti rappresentanti. Una storia che racchiude decine di altre storie e che si ha il piacere di scoprire mentre si accompagna il protagonista Mixtli attraverso la sua vita fatta di storie ricchissime di particolari sulle usanze, sulla religione, sui costumi, sui popoli, sulla lingua su tutti gli aspetti di quella che una volta è stata la più grande e sviluppata civiltà americana.
Purtroppo la Storia, quella realmente accaduta sappiamo com'è finita e devo dire che si finisce il romanzo con un grande amaro in bocca.
Unica pecca, perdonabile, sono le descrizione a volte estenuanti sugli sui e costumi delle varie popolazioni che a quel tempo abitavano il centro America.
Ad ogni modo è un libro super consigliato..

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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    15 Luglio, 2020
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Il fanatismo patriottico genera mostri

Gran bel libro.
Assolutamente da leggere se si è interessati alle belle storie con uno sfondo storico molto ben ricostrutio. Questa è un'opera dove Aramburu ha messo molto di lui, della sua vita e delle sue esperienze passate dove si capisce che quello che si legge in molti aspetti è proprio vita vissuta dall'autore.
Un libro che ripercorre gli ultimi anni della lotta dell'ETA e che ne affronta da un punto di vista privilegiato le varie vicissitudini delle famiglie coinvolte. Bello, straziante, commovente e duro. Un libro che merita davvero tutto quello di buono che si dice.

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Politica e attualità
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    14 Luglio, 2020
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Non è distopia, è già realtà.

Red Mirror, un titolo preso in prestito dalla distopica serie Black Mirror e quindi declinato in salsa rossa cinese. Bel titolo devo dire.
Il saggio in effetti insiste sulle tematiche tecnologiche e sociali che in Cina sono praticamente già realtà e che qui ancora vengono viste come appartenenti ad un futuro lontanissimo, distopiche e irrealizzabili. Questo volumetto, scritto bene, chiaro e con tanti riferimenti da consultare rende quella realtà meno lontana e apre gli occhi su tante cose che poi non sono così impossibili e che anzi sono praticamente già in corsodi realizzazione in Cina e a volte anche in occidente senza quasi accorgercene salvo poi scoprire che non si doveva abbassare la guardia. Il 5G, i crediti sociali, l'intelligenza artificiale e la gestione dei dati personali sono tutti temi attualissimi e con i quali stiamo già facendo i conti oggi. Leggere questo libro è importante per avere una visione più chiara e meno parziale rispetto a molti articoli che si leggono in giro.

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Storia e biografie
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    14 Luglio, 2020
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Una splendida biografia

Devo confessare che in genere evito le biografie, non so neanche il motivo di questo snobismo ma per Open ho fatto un'eccezione e meno male che l'ho fatta.
Open è un libro stupendo!
Mi è piaciuto lo stile, la voce della narrazione che poi è quella di Agassi e del suo ghost writer (J.R. Moehringer) che ringrazia pubblicamente alla fine del libro e del quale si consiglia la lettura del libro vincitore del Pulitzer, "Il bar delle grandi speranze".
In particolare la Agassi racconta la sua vita e il suo rapporto con il tennis che come ormai è noto è stato abbastanza conflittuale. Parla di suo padre, personaggio da romanzo, delle sue più grandi partite e ovviamente dei suoi rivali su cui spicca Pete Sampras.
Una lettura coinvolgente, scorrevole e davvero bella.
Non una semplice cronaca di fatti ma un vero e proprio romanzo dove lo sport è solo uno dei temi affrontati.

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Estrememante consigliata a chiunque, se poi si è ache appasionati di sport e tennis in particolare, è imprescindibile.
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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    02 Dicembre, 2018
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In amore uno + uno non è mai due.

Fato e Furia

Spinto dalla raccomandazione di una persona che qualche libro sembra averlo letto (Barack Obama) e dal traduttore che stimo molto (Tommaso Pincio) ho comprato il libro e l’ho lasciato a riposare nella libreria per qualche mese. Solo recentemente l’ho ripreso in mano e ne ho apprezzato i suoi contneuti.
La trama da come si può leggere sopra sembra abbastanza semplice se non addirittura già vista e sentita in quanto storia di un matrimonio, quello che nvece mi è sembrato se non nuovo quanto meno inusuale è la maniera in cui è suddivisa la narrazione della storia: una prima parte raccontata dal protagonista maschile, Lotto e la seconda parte da quello femminile, Matilde. Questo espediente di narrazione divisa, dove lo stesso fatto viene raccontato in maniera diversa a seconda del punto di vista, è stato usato con grande successo nella serie televisiva The Affair e l’ho trovato molto interessante in quanto evidenzia come la stessa storia possa essere diversa a seconda di come l’ha vissuta la persona protagonista.

Nel libro Fato e Furia una voce terza fuori campo racconta prima quello che è Lotto, il marito, l’equivalente terreno dell’Apollo greco, bello, ricco e desiderato da tutti e tutte con un’aura di fascino intorno a lui che fa si che tutto gli sia permesso e perdonato. A questo ragazzo privilegiato è stato detto o fatto credere che tutto gli sia dovuto se solo lo volesse e con questa idea è cresciuto sviluppando un egoismo naturale, fino a quando non incontra l’altra metà della storia, ovvero sia l’angelo caduto in terra di nome Matilde. L’incontro tra i due è un bellissimo pezzo di bravura da perte dell’autrice, Lauren Groff, che dipinge le luci e le meozioni dei volti protagonisti con impressionante vividezza. Il racconto del matrimonio tra i due continua con le esperienze professionali di Lotto, le sue delusioni e i suoi successi, con i suoi pensieri e le sue fantasie però sempre filtrate dallo sguardo a prospettiva limitata dell’uomo Lotto, la metà di questa coppia e forse non unico artefice del suo successo e del suo stesso modo di essere.

A metà libro si parte con il racconto da parte di Matilda, ed è qui che la storia si impenna e assume un ritmo inaspettato, con tonalità dark e sfumature di mistero che a poco poco verranno svelate, si cominciano ad aprire armadi e trovare scheletri che rendono la lettura un’apnea inaspettata e profonda. La calma, eterea, angelica Matilda si svela e il racconto della parte femminile si prende la scena e rende quest’opera un unicum letterario nella narrativa degli ultimissimi anni.

Questo libro è il racconto di un matrimonio, dei suoi alti dei suoi bassi e dei vari sacrifici delle due parti della coppia, del deus ex machina che sta dietro al successo dello stare insieme e in sintesi estrema è la narrazione di un rapporto umano dove le persone vivono la vita, che non è mai semplice.

Un libro che trasuda vita, che non richiede necessariamente immedesimazione nei personaggi ma che si richiede un’apertura ai sentimenti delle varie parti che molto spesso sono sentimenti opposti, contrastantice impopolari. Un tuffo in una coppia moderna, una storia d’amore che ci racconta quanto poco conosciamo l’altra metà e che non sempre è possiile conoscere a fondo le persone che ci stanno a fianco.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    03 Mag, 2018
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Storia e finzione diventano un tutt'uno

Sei Pezzi da Mille - James Ellroy

Dopo aver letto American Tabloid, bellissimo libro primo volume della trilogia, ho dovuto aspettare un po’ di tempo prima di cimentarmi con questo secondo capitolo. Un tempo necessario per far sedimentare la quantità di informazioni, personaggi e emozioni che American Tabloid ti getta in faccia mentre leggi e cerchi di tenere il passo; un tempo lungo ma è stata ben ripagata l’attesa.

Sei pezzi da mille (Six Cold Thousands il titolo originale) inizia esattamente dove il precedente aveva terminato: assasinio di Kennedy a Dallas 1963. Apriamo la prima pagina dove hanno appena sparato al Presidente JFK e siamo in pieno vortice di confusione, personaggi che cercano di capire cosa sia successo o cercano di manovrare nell’ombra approfittando del caos generatosi, mafiosi, uomini di legge e fuori legge sono tutti lì per qualce motivo. Leggendo si apprende una versione dei fatti, romanzata e edulcorata ma dannatamente verosimile, dove sembra di assistere in primissima persona a ciò che sta succedendo; lo stile di Ellroy fatto di periodi cortissimi, sequenze di parole come a formare dei fotogrammi in una maniera cinematografica, immerge ancora di più nel filone narrativo e in un batter d’occhio ci troviamo sballottati da una parte all’altra degli Stati Uniti. Seguiamo i numerosi protagonisti che appartengono alle varie parti in causa: polizia, mafia, FBI, politica; sentiamo parlare il direttore dell’FBI dell’epoca (Hoover), leggiamo intercettazioni a Bobby Kennedy, vediamo manovrare il famoso Howard Hughes (quello di Aviator il film con Di Caprio), asssistiamo all’ascesa di Martin Luther King e seguendo questo misto di personaggi reali e inventati sembra di essere al centro del grande fiume della Storia di quegli anni, gli anni ‘60 degli Stati Uniti. Anni dove l’America scoprì di non essere più innocente.
Un romanzo dove si respira aria di crimanlità, dove la legge non si rispetta, anzi si fa di tutto per violarla, dove la violenza la fa da padrone e le donne sono un ottimo contorno alle scorribande dei protagonisti, la droga scorre a palate e i soldi sembrano non mancare mai.

Un libro splendido, che va letto dopo American Tabloid in quanto strettamente connesso e che, se appassiona, lascia un ricordo indelebile; per quanto mi riguarda ha appassionato molto e non vedo l’ora di leggere il terzo capitolo conclusivo “Il sangue è randagio” per poter apprezzare questa trilogia che ha fatto scuola, sia a livello letterario che a livello cinematografico.

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Consigliato a chiunque piacciano i polizieschi non banali, che sono appassionati di Storia e amano magari i romanzi non-fiction o basati su fatti reali. Sconsigliato a chi vuole una lettura spensierata e poco impegnativa.
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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    01 Mag, 2018
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Visionario ma freddo.

L’invenzione di Moriel letta nell’edizione di SUR con la nuova traduzione della Lazzarato. Bellissima copertina come spesso accade con le edizioni di questa casa editrice (SUR).
Definito il libro perfetto da un’autorità come Borges, notoriamente amico fraterno di Casares, ha suscitato in me grosse aspettative e curiosità. Purtroppo devo affermare che sono rimasto deluso e alquanto insoddisfatto.
Il romanzo, o forse racconto lungo data la sua brevità, ha una trama sicuramente nuova e visionaria considerando l’epoca in cui è stato scritto; inoltre riesce a creare un immaginario vario e pieno di fantasia ma purtroppo, lascia ben poco al lettore in quanto a coinvolgimento nella storia o ad empatia verso i personaggi. Questi sono trattati tutti in maniera superficiale, senza scavare a fondo o senza nemmeno approcciare un profilo caratteriale di ognuno di essi; basti pensare alla figura del protagonista fuggiasco sul quale non si sa nulla se non del suo innamoramento e senza parlare dell’altro protagonista quello del titolo, Morel, a riguardo del quale sappiamo pochissimo e pochissimo ci verrà svelato. Probabilmente queste erano le intenzioni dell’autore, il quale in puro stile argentino, prendere alla larga un’idea per trasfigurarla in lettere e farle trovare la propria strada senza troppe costrizioni.
Non voglio raccontare molto altro altrimenti si rischia di svelare troppo la trama, dico solo che come libro in se non è il capolavoro di cui si legge in giro ma come idea e come riscontro nella finzione e nella realtà di 70 anni dopo ha avuto sicuramente successo.

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Fantascienza
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    24 Aprile, 2018
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Molto marketing poca azione

Ho preso in mano questo romanzo per due motivi principali: uno e` la bella copertina che mi ha colpito quando l’ho inizialmente vista sui banchi delle librerie nel 2015; due il film appena uscito per Netflix con Natalie Portman; l’interesse era latente e questi due fattori lo hanno acceso definitivamente. Fatta questa premessa posso iniziare a discernere a proposito del libro. Un romanzo che vedo collocare nel genere fantascienza e addirittura nel sottogenere new weird, che a mio parere sono catalogazioni alquanto pretenziose e di difficile inquadratura almeno per me in quanto neofita e ignorante del genere.
Il racconto ha come protagonista questa misteriosa Area X, una regione colpita da qualche evento extra-normale (alieni, disatro nucleare?) non meglio specificato che a quanto pare e` stata teatro di numerose spedizioni tutte terminate con la perdita degli equipaggi inviati. Tra questi equipaggi nell’ultima spedizione pare facesse parte il marito della protagonista, il quale ha subito qualche evento inspiegabile e da qui la volonta` di partecipare alla nuova missione. Una missione con un equipaggio fatto di sole donne con caratteristiche complementari che presto si trasforma in un’avventura con molti imprevisti.
Questa e` la trama, intrigante sicuramente e con tante vie di evoluzione avendo praticamente un mondo da costruire e esplorare e non per niente questo e` il primo capitolo di una trilogia: la trilogia dell’Area X.
Personalmente non sono stato molto coinvolto dalla storia, l’ho trovata fredda, oltremodo descrittiva e senza reali colpi di scena che mi facessere gridare al wow! Quei pochi che mi aspettavo sono stati dei mezzi flop; forse anzi sicuramente ci saranno delle evoluzioni notevoli negli altri due capitoli e questo primo capitolo era solo un’introduzione, ma credo che avrebbe dovuto invogliarmi a continuare e invece mi sono detto che questa trilogia puo’ aspettare tempi migliori o magari passo direttamente alla parte video che non mi sembra perda molto come qualita`.
Arrivederci Jeff, magari in altre aree.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    22 Aprile, 2018
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Poeti on the road che sembrano detective. Il Bolan

I Detective Selvaggi – R. Bolano
Finalmente ho letto un libro del famoso Bolano, ho deciso di iniziare dai Detective Selvaggi in quanto appariva il piu` alla portata tra quelli scritti, o almeno cosi ho letto da qualche parte. Lo dico subito per chi volesse fermarsi a leggere questa piccola recensione subito: e` un libro bellissimo!
Il romanzo si divide in tre parti, nella pirma e nella terza si fa la conoscenza del movimento realvisceralista, dei suoi componenti e soprattutto dei due maggiori protagonisti Belano e Lima; mentre la seconda parte e` una raccolta di testimonianze di una miriade di personaggi che raccontano la loro esperienza, un loro pezzo di vita e come hanno avuto a che fare con i due protagonisti sopra citati. Attraverso le pagine si incontra tutta la societa` messicana, con il tipo di vita, gli stili e le atmosfere del Paese e si incontrano avvocati, architetti, puttane e poeti; si incontra di tutto. Via via che le pagine scorrono si sale in auto verso i deserti del Sonora e il romanzo prende i connotati di un poliziesco on the road, con salti temporali avanti e indietro tutto alla ricerca della poetessa perduta, faro del realvisceralismo. Il romanzo si intreccia, le versione si contraddicono e i personaggi si moltiplicano creando un universo Boalanano che ho l’impressione non finisce con questo libro ma si espande anche agli altri suoi libri.
Seguirli in questa ricerca lascia scoprire numerosi poeti, lascia trasparire il sentimento di ribellione al conformismo dell’elite messicana (di tutte le elites) del tempo e vede evolvere, crescere, realizzare e svanire gli effetti di tale ribellione proprio come ci si aspetta in un romanzo di formazione com’e` questo.
Ho apprezzato ancora di piu` la lettura sapendo che quello che leggevo era una sorta di biografia edulcorata (neanche troppo) della vita di Bolano (Belano) e del suo migliore amico nel romanzo chiamato Ulises Lima, una vita contorta, travagliata e in una sola paola VISSUTA. Splendidamente, almeno romanzescamente.
I Detective Selvaggi e` un libro assolutamente da leggere, non lascera` insoddisfatti e soprattutto vi fara` sentire giovani di nuovo o ancora piu` giovani se gia lo siete, fara` sentire quella verve che si ha da ventenni e fara` venire voglia di seguire i sogni senza preoccuparsi di dove si va a finire. Si, posso dire questo, I detective e` un grande romanzo e Bolano e` un grande scrittore e sono contento di averlo scoperto, ho cosi tanto da leggere di lui ancora...

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Borges, Cortazar o chiunque abbia piacere a leggere un autore maiuscolo.
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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    18 Giugno, 2017
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Un grottesco inno carnivoro

I quarantuno colpi - Mo Yan

Ho iniziato a leggere questo romanzo perché spinto dalla voglia di scoprire di più sulla Cina, le sue tradizioni e soprattutto la sua trasformazione da economia contadina a super potenza industriale; ci aggiungerei anche che il fascino di leggere un’opera di un premio Nobel ha giocato la sua parte, purtroppo questa somma di fattori ha dato un risultato non proprio in linea con le mie aspettative.

Il romanzo si sviluppa lungo due piani temporali: il presente, scritto in corsivo, dove Luo Xiaotong il protagonista del libro, racconta ad un monaco la sua vita. Il racconto si svolge all’interno di un tempio in rovina ed è continuamente interrotto da accadimenti al di fuori del tempio dove si sta organizzando una pacchiana festa della carne; il passato invece scritto in caratteri normali narra i ricordi del piccolo Luo, di quando era solo un bambino che voleva mangiare carne più di ogni altra cosa e che piano ma costantemente fa carriera nell'industria locale di produzione di carne.

Il romanzo è scandito in 41 capitoli, come i colpi di cannone a salve che si sparano in occasione di feste e inaugurazioni e che nel romanzo rappresentano una pirotecnica quanto fantasiosa fine. Lungo questi capitoli si racconta di una Cina dove il benessere tarda ad arrivare nonostante le recenti riforme agrarie e dove in nome del progresso si produce senza rispettare qualità e sicurezza. Il villaggio dove è ambientato infatti è un centro di produzione di carne, in piena crescita dove non ci si fa scrupoli a riempire gli animali d’acqua o a iniettare nei prodotti formalina per farli conservare meglio. Seguendo i ricordi del piccolo Luo e della sua famiglia si rincorrono gli anni dove la Cina è diventata quella potenza capitalista di oggi che insegue il profitto a scapito di qualsivoglia principio morale e qualitativo, e si assiste all’ascesa del protagonista caratterizzato da una proverbiale capacità di mangiare carne in quantità inimmaginabili fino alla sua altrettanto inimmaginabile caduta.

Una storia che personalmente non mi ha appassionato molto, che ho trovato grottesca e poco affascinante che non mi ha coinvolto e che mi ha dato non poche difficoltà per portarla a termine. Posso solo immaginare cosa potrebbe succedere se questo libro venisse letto da un vegetariano, non penso che sarebbe apprezzato data la maniera in cui vengono trattati gli animali. La parte più interessante delle vicende narrate è senza dubbio la parte “tecnica” dove si spiegano i vari processi di infiltrazione e macellazione degli animali e di quanto si infischiano delle conseguenze sulla salute delle persone che poi mangeranno tale prodotto.

Uno stile di scrittura di buon livello che fa onore al premio Nobel che ha ricevuto ma anche unica cosa da salvare di un romanzo pesante e poco interessante. Spesso definito come affresco della Cina del recente passato io lo definirei piu` come una fotografia di quello che ci aspettiamo dai loro prodotti.

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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    06 Mag, 2017
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La guerra del Vietnam raccontata da un vietnamita

Nonostante in molti dicano che i premi letterari siano pilotati e che non sempre le opere migliori sono le premiate io continuo a seguire i maggiori riconoscimenti sicuro che qualcosa di buono prima o poi ne esce. Infatti, questo libro vincitore del premio Pulitzer per la narrativa del 2016 l’ho scoperto proprio in questa maniera.
Un libro bellissimo, scritto in maniera splendida, tradotto da Luca Briasco in maniera altrettanto splendida, con dei contenuti da libro destinato a restare nella storia del genere della guerra del Vietnam.

La storia è grossomodo la seguente: un agente dei servizi del Vietnam del Sud (filo USA) fa il doppio gioco al soldo dei servizi Vietnam del Nord (comunista), alla caduta di Saigon è costretto a scappare negli Stati Uniti in modo da mantenere la sua copertura e continuare la sua attività di agente infiltrato.
Tramite i suoi occhi e i suoi ricordi veniamo a conoscenza del punto di vista dei Vietnamiti su quello che è successo in quegli anni di guerra nel loro paese. Un punto di vista spesso zittito, a cui non è stata data la voce che invece gli americani si sono presi con il più grande mezzo di propaganda della storia: Hollywood.
In questo libro riusciamo a entrare nelle pagine della Storia dal lato vietnamita e a capire e notare molte sfaccettature di quello che successe all’epoca dei fatti, come funzionavano i vari apparati e come erano davvero i rapporti tra esercito USA e esercito Vietnamita.
Inoltre è molto ben descritta la vita delle migliaia di rifugiati politici vietnamiti che dopo la fine della guerra trovarono rifugio negli Stati Uniti con tutte le difficoltà e le nostalgie che si possono immaginare; un’altra bella sezione del libro è dedicata ad un’analisi lucida e spietata sull’industria cinematografica di quegli anni che tanto lucrò sul business del racconto della guerra del Vietnam e da cui tutti noi ha attinto per farsi un’idea di cosa sia stata. Beh, signori a quanto pare, e non c’è da stupirsi, la visione mostrata nei filmoni hollywoodiani è alquanto di parte e con questo libro si ha una migliore capacità critica di quello che si vede e si ascolta su queste vicende.

In conclusione questo è un gran bel libro, scritto in maniera magistrale, che apre gli occhi su tanti avvenimenti storici recenti e non solo; questa è anche una splendida spy story, di quelle reali di quelle senza esplosioni o effetti speciali ma ben più vera e reale.

Ho sottolineato un’infinità di brani, definizioni di cosa sia stata quella guerra, di come si sia evoluta e di cosa abbia lasciato alle sue spalle. Libri come questi sono la linfa che tiene in vita la mia voglia di leggere, imbattersi in tali opere anche solo un paio di volte l’anno giustifica la mia continua ricerca di questi.

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romanzi di spionaggio e che sia interessato anche alla Storia che vada oltre i film.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    18 Aprile, 2017
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Politica, sesso, soldi gli ingredienti onnipresent

Le mani su Parigi - Dominique Manotti

Libro appartenente al genere francese chiamato POLAR (poliziesco-noir) scritto da una maestra di lungo corso come la Manotti ed edito in Italia per la seconda volta da Sellerio (prima edizione di Tropea 2007) e tradotto da Daniele Barzaghi.

1985, Una vendita di armi all’Iran durante la guerra con l’Iraq, un aereo che scompare, prostitute d’alto bordo che fanno da tramite fra potere politico e faccendieri di ogni risma, banchieri mediorientali, giornalisti politici dal ricatto facile, la polizia politica e la brigata criminale che si affrontano in un duello che lascia sul terreno molti morti.
Trama fitta di personaggi e accadimenti, ambientato in un contesto storico molto ben descritto e delineato dove Dominique Manotti, insegnante di Storia contemporanea e attivista politica, intesse un complesso e impegnato romanzo sulla Francia all’epoca di Mitterand. Un noir di denuncia verso una società corrotta e scorretta, vincitore del premio Roman Noir al festival di Cognac e del premio Mystère della critica.

Protagonista positiva della storia Noria Ghozali una poliziotta magrebina, giovane, non bella e con i capelli sempre legati in una crocchia alla quale affidano i casi più noiosi ma che inaspettatamente si ritrova coinvolta in un caso che farà tremare le fondamenta delle istituzioni francesi: una puttana di lusso viene trovata morta, uccisa da un proiettile alla gola. Cosa hanno a che fare i missili con questo omicidio?

Nel romanzo tra i vari personaggi spicca questa poliziotta araba che si potrebbe assurgere a simbolo di riscatto degli immigrati di seconda generazione provenienti dalle banlieu e determinati ad avere successo in quello che fanno, da contraltare fa Bornand e il sistema politico francese sempre più corrotto, farraginoso e fuori da un vero controllo dove basta avere un po’ di potere per riscuotere enormi tornaconti personali e sentirsi intoccabili.

La Manotti scrive abilmente con uno stile incisivo e asciutto, ricco di dettagli e informazioni da memorizzare per seguire il filo e gli sviluppi delle vicende. Forse la quantità di informazioni e di intrecci rende la trama un attimo complicata con alte probabilità di perdere il filo del discorso. Inoltre lo spessore dei personaggi è minimo, in quanto non vengono assolutamente approfonditi eccezion fatta per la poliziotta araba. Un susseguirsi di eventi a ritmo frenetico che alla fine lascia ben poche emozioni al lettore.

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appasionati del genere e appassionati di Francia
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    08 Aprile, 2017
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Come improvvisarsi eroi

Hans Keilson - Commedia in minore

Questo libro è un piccolo gioiello di rara intensità e innegabile bellezza.
Nascoste nell’enorme catalogo Mondadori si annidano delle perle che quando vengono scoperte danno sempre una grande soddisfazione, è questo il caso di Commedia in minore tradotto da Marco Ghidotti.
Una storia breve definibile quasi come racconto lungo dato il numero di pagine meno di 150, ma non per questo meno importante data la profondità del tema trattato. Cosa fareste voi se vi chiedessero di nascondere qualcuno in casa vostra? Se questo qualcuno è un ebreo al tempo della seconda guerra mondiale? Questo è il problema che devono affrontare Wim e Marie, quando decidono di nascondere Nico in casa loro in modo di sentirsi utili, in modo da poter dire che loro hanno fatto qualcosa di eroico e non sono stati solo a guardare. E allora durante tutto il racconto si assiste alla vita da famiglia allargata con l’arrivo del nuovo inquilino, dove si può sentire l’ansia dell’avere un uomo nascosto in casa, ogni campanello che suona, ogni visita che si riceve, ogni parola di troppo che si scambi può essere pericolosa e fatale
Keilson ha vissuto in prima persona la guerra e questa esperienza infatti, non fa mai mancare il punto di vista di Nico, il rifugiato, il suo umore i suoi pensieri e il suo stato d’animo e le sue frustrazioni, tutto così ben scritto e dettagliato tanto da rendere il libro molto facile da leggere e mai noioso;

Questo piccolo grande libro è un riassunto di quello che può essere la vita, una grande opera dove ogni giorno si recita in modo che vada in scena una vera e propria commedia dell’essere umano però senza pretese di grandezza perché in fondo si può essere eroi anche senza grande clamore, in minore appunto.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    05 Marzo, 2017
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Delicato, semplice, essenziale: Kent Haruf!

Le nostre anime di notte - Kent Haruf

Avendo letto e soprattutto, essendomi piaciuta, tutta la precedente trilogia aspettavo questo ultimo libro di Hauf con trepidazione. In Italia si è scatenato una sorta di culto per questo autore e che soprattutto on line assume i contorni di un hype (successo iperbolico) al quale è difficile restare indifferenti e che porta ad una naturale curiosità verso l’opera dell’autore della trilogia della pianura.

Detto questo ho iniziato il libro aspettandomi di trovare Holt e le sue atmosfere (Holt è la cittadina immaginaria inventata da Haruf dove si ambientano tutte le sue storie) e non ne sono rimasto deluso; in questa storia i protagonisti sono un uomo, Louis Waters, e una donna Addie Moore ormai in là con gli anni entrambi vedovi e entrambi soli. Per vincere questa solitudine iniziano a frequentarsi a casa di Addie di sera per parlare guardando le stelle; pian piano la loro relazione atipica inizia a far scalpore nella pur sempre piccola cittadina di Holt e a questo si aggiungerà il piccolo nipote di Addie che verrà parcheggiato dalla nonna da un padre a dir poco discutibile. Bella la forma di raccontare, la semplicità delle parole e dei sentimenti messi in mostra. Si sviluppa subito una certa empatia per i due protagonisti e in seguito una vera e propria simpatia anche per il piccolo ragazzino che è davvero un amore.

Come già detto lo stile di Haruf è semplice e lineare, lui ha sempre detto che voleva scrivera quanto più vicino all’osso dei sentimenti e delle emozioni umane e ci è sempre riuscito. I suoi personaggi sono persone comuni, con storie normali che fanno cose normali e forse proprio per questo piacciono tanto qui da noi in Italia che di super uomini ne abbiamo abbastanza.

Tra le pagine di questo romanzo in molti hanno sentito la fretta dell’autore nel terminare il racconto, una fretta determinata dalla sua malattia che se lo sarebbe portato via poco dopo aver consegnato questo scritto alle stampe. Personalmente ho avvertito ancora di più una certa urgenza di raccontare un periodo della vita, quello dell’anzianità, e un particolare aspetto quello della solitudine che è molto trascurato al giorno d’oggi dove nessuno ammette di essere solo e dove gli anziani sono considerati un peso. Invece da queste pagine traspare una speranza, la possibilitá che anche se il fiore degli anni sia già passato ancora qualcosa di buono può arrivare.L’importante è restare aperti verso gli altri e non dire mai: alla mia età non me lo posso più permettere, soprattutto se si parla d’amore!

In definitiva Le nostre anime di notte è un bel libro, corto, che si legge molto facilmente e che parla al cuore in maniera delicata. Si l’aggettivo giusto per questo libro è delicato!
Ai più attenti non sfuggirà una piccola autocitazione alla vechia trilogia, un sorriso mi si è disegnato in volto a pensare a quei personaggi. Bravo Kent!
E adesso non resta che aspettare la prossima uscita del film tratto da questo libro, con Robert Redford e Jane Fonda che fanno ben sperare per una degna trasposizione cinematografica di un bel libro.

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La trilogia della pianura oppure a chi vuole iniziare a leggere Haruf per poi farsi trasportare nell'universo di Holt
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    25 Febbraio, 2017
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Un piccolo gioiello che fa tanto bene al cuore.

Paolo Cognetti - Le otto montagne

Libro bellissimo! Un vero gioiello da scoprire e gustare pagina dopo pagina. Una storia di amicizia bella, sincera che tocca i sentimenti più profondi.
Le otto montagne è un libro che parla al cuore, l’ho letto con quella rara voracità che di solito accade con i thriller dove c’è un assassino da scoprire e invece qui da scoprire c’era molto di più: una vita, un’amicizia, dei sentimenti.
Molte volte scorrendo le pagine sono stato sul punto di commuovermi, mi sono molto immedesimato in questa relazione tra i due protagonisti e mi sono sentito davvero al loro fianco partecipe delle loro emozioni belle o brutte che fossero.
Si parla di premi importanti, ho sentito che lo si voglia candidare allo STREGA 2017, sarebbe un candidato difficile da battere.

La trama è semplice: Cognetti ripercorre i suoi ricordi attraverso (mi piace pensare) il suo alter ego Pietro quando da ragazzino andava in montagna in vacanza con i suoi genitori, a loro volta dei montanari veneti costretti ad andare a vivere in città per lavorare, e dove conosce il suo amico Bruno figlio di pastori locali che si occupa di pascolare le vacche lungo quei pascoli. Da qui parte la storia familiare che vede i rapporti personali tra Pietro e il padre, tra Pietro e Bruno e non da meno tra Bruno e il padre di Pietro.
Anni che passano, rapporti che mutano, relazioni che si evolvono e persone che cambiano fanno di questo libro un racconto perfetto della vita. La vita definita come la storia delle persone che hai incontrato e delle relazioni che hai avuto con loro. La vita descritta attraverso quei fili sottili ma indistruttibili che legano gli amici a distanze incalcolabili e dopo tempi immemori.
Un libro sull’amicizia, secondo alcuni, la più alta forma di amore fra due persone.

Finora ho descritto la componente umana del libro ma non vorrei che passasse inosservata la componente naturalistica, qui tra queste pagine c’è una grande, maestosa e indiscussa protagonista che è la montagna. La montagna con i suoi ghiacciai, i suoi passi, le sue valli, i suoi sentieri, i suoi laghi e tutto quello che nasconde e che mostra a chi ha la voglia e la perseveranza di scalarla e diventarne amico. Le otto montagne si scopriranno solo leggendolo e in più si viene assaliti da una voglia incontenibile di andarci a vivere o almeno in vacanza.

In definitiva un libro meraviglioso, che vi stupirà e vi farà innamorare se già non lo siete, della montagna e dei suoi personaggi.

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a chiunque abbia voglia di buone emozioni, sentimenti sinceri e viaggiare con la fantasia.
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    29 Gennaio, 2017
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Un giallo sociale, divertente e amaro.

Torto marcio - A. Robecchi

Un giallo che va oltre i soliti confini del romanzo di genere, una fotografia della Milano che non esce sulle copertine patinate delle riviste e delle persone, i cosidetti ultimi, che la popolano.
Non ho letto i libri precedenti di Robecchi, quelli della serie con Monterossi protagonista arrivata al quarto capitolo, e dopo aver letto quest’ultimo mi è venuta una irrefrenabile voglia di recuperare le precedenti puntate.

La trama gira intorno a tre storie principali che partono separate per poi, in qualche modo contorto, intrecciarsi e portare al gran finale. Abbiamo il gruppo investigativo della questura guidato dai sovrintendenti Carella e Ghezzi che indagano sugli omicidi che stanno impazzando nella Milano di oggi, abbiamo il famoso autore televisivo, amante di Bob Dylan, Monterossi che insieme al suo fidato amico Oscar cercano un anello di inestimabile valore e infine abbiamo un gruppo di ragazzi appartenenti ad un collettivo comunista che si batte per il diritto alla casa. Questi sono i tre filoni di cui sopra: il primo, quello che racconta di Carella e Ghezzi, è il filone più esilarante che mi ha fatto molto divertire e mi ha letteralmente trascinato nella lettura del romanzo. Un’armonia tra i personaggi, una splendida complicità e un’ottima divisione dei ruoli con alcune sorprese che lasciano il segno come la splendida signora Rosa. Andando avanti nel romanzo si ha il piacere di visitare una Milano di periferia, dove vivono i vinti, coloro per i quali la scala sociale non ha preso la direzione sperata, le persone che combattono per cose basilari come il diritto di avere un tetto sotto al quale vivere. Ed è proprio questo il particolare merito del romanzo, e cioè di portare in superficie un annoso problema di cui non si parla mai abbastanza e che spesso rappresenta terreno fertile per movimenti e politici populisti. In questa maniera Robecchi porta il suo racconto oltre i confini del giallo trasformandolo anche in una sorta di denuncia sociale.
Inoltre abbiamo un ottimo racconto delle tecniche di investigazione con le procedure rese molto realistiche e descritte in maniera precisa, niente super uomini che risolvono tutto da soli ma un lavoro di squadra che mostrato così sembra quasi uno spot per arruolarsi in polizia dato che sembra molto stimolante pur senza inventarsi nessuna sofisticata diavoleria, purtroppo sappiamo che la realtà non è così ed è molto più prosaica.

Spostando la lente dal gruppo investigativo a Monterossi cambia molto il registro letterario infatti le atmosfere cambianno e si allegeriscono, il protagonista è un affascinante autore televisivo in perenne conflitto con se stesso e in continua ricerca di dischi di Bob Dylan; ciò nonostante resta costante la critica al sistema giornalistico della TV della sofferenza, per capirci quella TV di cui la nostra Barbara D’urso è leader e di cui spesso ci vergogniamo per la estrema cinicità e mancanza totale di buon gusto e sensibilità. Una critica mai velata e sempre precisa che mostra un dietro le quinte molto verosimile di tali programmi abbastanza discutibili.

In definitiva il romanzo Torto marcio è veloce, simpatico e ti porta facilmente alla dipendenza in quanto riesce a instaurare fra il lettore e i personaggi un solido legame, un’affezione particolare. La costruzione della trama e gli incastri creati sono efficaci e funzionali alla scorrevolezza del testo; le battute tra i protagonisti, gli equivoci e i momenti di divertimento sono molti e ben sparsi nel testo, comunque ben bilanciati con i momenti di tensione e suspance che fanno accelerare il racconto in maniera decisa. Una bella prova che a detta di molti fa toccare un nuovo picco alla produzione letteraria dell’autore.

Sono estremamente soddisfatto per la scoperta di questo autore e ne consiglio vivamente la lettura anche a chi non è amante del genere ma cerca semplicemente una buona e intelligente storia da leggere.

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Agli amanti dei gialli Sellerio e a chi vuole iniziare ad amarli
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    22 Gennaio, 2017
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Una passione, una vocazione, una vita.

La lune e sei soldi

Splendido capolavoro di Maugham, primo libro letto di questo famosissimo autore inglese e davvero soddisfatto di vedere confermate tutte le buone cose sentite su questo libro e autore.
Il romanzo è in parte ispirato alla vita del grande pittore impressionista Paul Gauguin, qui interpretato e impersonificato da Paul Strickland benestante banchiere inglese che arrivato alla soglia dei 40 anni con una moglie e dei figli decide bene di abbandonare tutto e tutti senza nessuna spiegazione e eseguire la sua vocazione di pittore. Ed ecco rincorrere il protagonista prima a Parigi dove trascorre una vita piena di stenti ma ricca di arte, e qui incontrare tanti personaggi che popolano il mondo bohemien culturale della parigi del tempo; sembra di essere con loro nelle bettole e tracannare vino e giocare a carte per quanto bene è scritto. I personaggi che s'incontrano sono bellissimi, la storia che si instaura tra alcuni di loro mi ha ricordato a tratti quella di Follia di McGrath, ma appunto solo a tratti.
Poi una seconda parte dove il nostro Strickland ormai pittore maturo ma sempre senza soldi espatria a Tahiti, e qui il romanzo cambia registro in quanto il racconto si fa al passato essendo ormai trascorsi anni dagli accadimenti e a parlare sono i testimoni delle gesta di questo epico personaggio pittore che davvero mi ha incollato alle pagine.

Molti di noi ad un certo punto della propria vita pensano adesso lascio tutto, cambio vita e faccio qualcosa che realmente voglio fare, salvo poi fermarsi e farsi prendere dalla ragione e dalla reale condizione di vita. Ecco qui in questo romanzo tutto questo viene portato a termine; un inno alla cinicità, all’egoismo e alla persecuzione dei propri sogni senza preoccuparsi di nessun altro all'infuori di se stessi anzi neanche preoccupandosi di se stessi.

Un libro bellissimo, l’ho già detto? Letto in due giorni e di cui conservo uno splendido ricordo.
Lo consiglio vivamente

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    22 Gennaio, 2017
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So solo essere l’uomo che sono

Un libro difficile, poco coinvolgente con tante domande al suo interno.
Dopo tanti falliti tentativi finalmente sono riuscito a leggere un libro scritto dal leggendario Delillo, tante aspettative accompagnavano questa lettura che purtroppo sono state inattese; vuol dire che il prossimo tentativo sarà più fortunato o almeno lo spero.

La trama è nota: Ross Lockhart, un ricco uomo d'affari decide di porre fine alle sofferenze della sua amata moglie ibernandola, nella speranza di cure migliori nel futuro, in una struttura specializzata che si occupa di crioconservazione. Il figlio, Jeffrey, chiamato ad assistere il padre e la moglie racconta la sua testimonianza ponendo e ponendosi varie domande sul significato della vita e della morte.

Il libro grosso modo si divide in due parti: la prima, la più interessante, descrive le modalità con le quali si preparano i pazienti alla ibernazione e ne descrive anche la tecnologia a grandi linee ponendo anche le prime e fondamentali domande etiche e esistenziali su quello che questa struttura significa e sul potere che ha e avrà se dovesse essere realmente fattibile e funzionante.
La seconda parte invece ci porta più nella vita di Jeffrey, il figlio di Ross, che vive la sua vita con le sue normali vicissitudini e che però non riesce a togliersi dalla testa quello che ha visto in quella struttura e soprattutto quello che ha sentito a livello di emozioni e ciò lo condiziona nelle sue relazioni e nelle sue percezioni quotidiane.
Le due parti convergono inevitabilmente in una conclusione bella e degna che dà un senso al libro altrimenti da me considerato poco concreto.

Credo che Delillo sia ad un livello talmente alto che si sia potuto permettere questa esplorazioni di tematiche dalla fortissima componente etica, dove il lettore è fortemente coinvolto e continuamente interrogato. Un libro dove si possono trovare molte interessanti considerazioni, dove si discute di cosa sia il tempo, cosa sia l’IO, di quale sia il significato etico di questo modo di morire.
Vorrei evidenziare la bella traduzione di Federica Aceto, la quale a mio modesto parere ha svolto un ottimo lavoro anche in frangenti dove la traduzione non era proprio facile e scontata data la tematica e ha saputo mantenere alto il livello del discorso

Si potrebbe scrivere molto di più, si potrebbe filosofeggiare lungamente d’altronde tra le pagine si possono leggere e apprezzare lunghe elucubrazioni su tutto quello che succede e devo dire che per alcuni questo potrebbe essere un pregio e che per altri invece potrebbe essere fonte di noia. Io mi sono trovato nel mezzo con momenti di forte interesse e altri di forte noia.
Una lettura per menti predisposte e preparate.

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Romanzi storici
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    15 Gennaio, 2017
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La spy story più reale di cui possiate leggere

Il cacciatore capovolto - Il caso Abel

Amanti dello spionaggio e delle storie di spie riunitevi!!! Chiunque abbia letto un libro di Le Carrè o si trovi a suo agio in quelle atmosfere da guerra fredda deve leggere questo capolavoro di storia. Storia scritta da un russo, una ex-(quasi) spia che ha avuto l’opportunità di incrociare per un lungo periodo nella propria vita la spia per eccellenza: Mr Rudolf Abel. Si avete letto bene, quello su cui hanno girato il film “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg.
Adelphi ha riesumato dai magazzini questo capolavoro nascosto in occasione dell’uscita del film sopra menzionato e del proliferare di libri pubblicati su questo affascinante episodio storico; la copia che mi è stata regalata (grazie fratello) e acquistata nel 2016 riporta la data di stampa del 1982 con la traduzione di Gigliola Venturi, anche questo un piccolo dettaglio che dà ancora più fascino a questo libro.

In questo romanzo, che poi tanto romanzo non è in quanto sono narrate vicende vere realmente accadute, è raccontata la storia dello scrittore Kirill Chenkin allievo, collega e “amico” della grande spia Rudolf Abel capace di farla sotto al naso agli americani per tanti ma tanti anni; in modo cronologico si susseguono i ricordi dello scrittore che spiega in maniera dettagliata e critica la vita nella Russia di quegli anni, la costante presenza e il costante ascolto dello Stato e il significato di essere spia in quella nazione, in quella società, in quel periodo storico.
Una spia del KGB non doveva essere un James Bond o un Jason Bourne tutto arti marziali e armi super fighe, una spia poteva essere chiunque finanche la casalinga della porta affianco; e attraverso l’occhio dello scrittore ci viene spiegato il meccanismo di reclutamento, il funzionamento degli agenti sotto copertura all’estero, la capillarità della loro infiltrazione e soprattutto la dettagliata descrizione di ciò che succedeva dietro le quinte di quella immensa e potentissima macchina che fu (che è!) lo spionaggio sovietico.

Un racconto pieno di autocritica, dove vengono fuori le storture dei due blocchi che si contrapponevano: il blocco sovietico e il blocco americano, uno stile di scrittura limpido come quello che ci si aspetta da uno scrittore russo, una ricchezza di dettagli e una capacità di creare le atmosfere, che immagino reali di quel periodo, eccezionale.
Pochi i difetti incontrati se non quello di volere, di pretendere che altri libri su questo argomento fossero scritti così bene!

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Consigliato a chi ha letto...
il ciclo di Smiley di John Le Carrè
chi ha visto o vuole vedere la serie The Americans
chi è affascinato dallo spionaggio in generale
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Fantascienza
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    08 Gennaio, 2017
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Una Storia diversa da quella che conosciamo

La svastica sul sole - P. K. Dick

Ho comprato questo e ho anche regalato questo libro anni fa ma da allora non l'avevo mai preso in mano per leggerlo in prima persona. Lo avevo quasi dimenticato tra la mole di libri da leggere che cresce sempre di più, quando la notizia che da questa storia avevano tratto una serie TV mi ha ricordato della sua esistenza e allora mi è tornata una grande esigenza di leggerlo; le infinite vie della letteratura!
MI dispiace aver fatto attendere così a lungo un libro che davvero merita un ottimo voto e un’ottima recensione.

Per via di essere ambientato in un futuro distopico, dove gli alleati hanno perso la II guerra mondiale e i nazisti insieme ai giapponesi l’hanno vinta, il libro si classifica nel genere fantascienza; so bene quanto questo genere spesso venga visto come un genere di serie B, dove si narrano cose che non esistono o che sono troppo ardite per essere considerate reali, ma la bravura di Dick e la storia in particolare di questo romanzo devono far mettere da parte questi preconcetti e trattarlo come un romanzo di alta letteratura. Un romanzo dove ci si immagina come sarebbe stato il mondo, in particolare dal punto di vista Stati-Uniti-centrico, governato dai nazisti e dai giapponesi che mette in evidenza tante realtà alternative, che mostra gli USA colonizzati dal nemico e sottomessi; un romanzo che assume i contorni da meta-romanzo nel momento in cui un altro libro diventa protagonista all’interno della narrazione, un libro dove gli alleati hanno vinto e il mondo ha un futuro diverso, un libro scritto da l'UOMO NELL’ALTO CASTELLO (titolo originale dell’opera) e che è il protagonista vero, quasi di più dei vari personaggi che ci girano intorno.

In questa opera Dick si supera, scrive la sua opera più complicata e filosofica, dove interroga i vari personaggi sul proprio destino, sulle proprie preoccupazioni attraverso il famoso libro dei mutamenti, I Ching, vero e proprio oracolo realmente esistente che guida le azioni dei vari protagonisti.
Una storia che fa riflettere, scritta nel 1967, che pone quella famosa domande che chissà quanti di noi si saranno fatti: e se avessero vinto loro? Certo non è l’unico autore ad aver trattato l’argomento ma sicuramente è uno dei migliori esempi.

Con uno stile di scrittura fluido e scorrevole, una trama con 3-4 storie parallele che si sfiorano senza mai realmente incrociarsi, il tutto tenuto insieme con maestria dal contesto socio-politico dove ogni personaggio ha un particolare ruolo che definirei anche simbolico ne consiglio vivamente la lettura. Non svelo ulteriormente altri particolari in quanto meritano davvero di essere scoperti leggendo il libro.

Il maggiore difetto del libro sta proprio nella sua partigianeria, un libro evidentemente scritto da uno statunitense che vede come unica buona alternativa quella che gli USA avessero vinto e governato il mondo come poi in effetti la storia ha mostrato fino ai giorni nostri; inoltre qualche dispersione in ragionamenti a volte fini a se stessi con tratti troppo filosofeggianti rende l’opera meno perfetta ma resto comunque dell’dea che sia un ottimo romanzo,


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A chi ha letto Dick ovviamente e soprattutto a chi lo vuole scoprire e non tornare indietro.
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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    08 Dicembre, 2016
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Da lasciarti secco come questa vita schifa!!!

Sarò breve in questo mio commento dato che nel merito sono stati scritti libri, sono stati girati film e sono cresciute varie generazioni e quindi poco potrei aggiungere di non detto.

Il libro mi è piaciuto ma non tantissimo, l'ho letto con passione, la storia a lungo mi ha coinvolto e mi è piaciuta ma credo che la componente età abbia giocato la sua parte: sono troppo vecchio anche se ho solo 30 anni.
Lo lessi da 20enne e non mi piacque assolutamente, forse consideravo Holden troppo bambino o tropo antipatico, forse troppo snob; lo leggo ora e piu o meno penso lo stesso del protagonista ma in compenso ho apprezzato di più il grido di attenzione che proprio Holden lanciava, forse è solo un ragazzo che cerca il suo posto nel mondo, che ragiona da adulto ma che non è uno di loro. Ripeto tanto si può dire, e mi piacerbbe discuterne davanti ad una birra come forse si faceva qualche anno fa quando questo genere di opere creavano davvero discussione e dibattito. Bei tempi quelli, immagino.

Il giovane Holden va letto, perché fa parte della narrativa di formazione da leggere da giovani e che può cambiare davvero qualche maniera di pensare. Letto da adulti ha un effetto diverso. Sarei felice di incontrarlo adesso Holden e vedere che fine ha fatto e come se la passa, se questa vita schifa alla fine gli è piaciuta o se è ancora li a lamentarsi di tutto tranne che di Phoebe.

Che personaggio immortale ragazzi, da lasciarti secco!!!

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Avventura
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    03 Dicembre, 2016
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Sepulveda torna alla Storia e non delude.

La fine della storia - Luis Sepulveda

Un libro denso di storia, un libro che chiude una storia, che insegna la Storia e ne fa la sua protagonista.
-“...non si sfugge alla propria ombra. Non importa dove stiamo andando, l’ombra di ciò che abbiamo fatto e siamo stati ci perseguita con la tenacia di una maledizione. No, non possiamo sfuggire all’ombra di ciò che eravamo.”-

Un Sepulveda che dopo la trilogia dell’amicizia (“Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare"; "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico"; "Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza") torna a raccontare le gesta di Juan Belmonte, il personaggio con “Un Nome da torero” (titolo del precedente romanzo in cui compare), e mette fine almeno per il momento alla sua storia facendogli giocare la partita finale. Come ogni eroe che si rispetti anche il nostro, ormai ritiratosi in pensione a godersi la sua vecchiaia, deve rientrare in azione per risolvere una situazione a cui solo lui sembra in grado di porvi rimedio e, non appena accetta, la Storia invade le pagine del romanzo ed eccoci trasportati a cavallo del ‘900 trasportati da un continente all’altro.

Sepulveda è un grande scrittore e anche in questa occasione lo dimostra, i personaggi sono ottimamente scolpiti, ce li si può immaginare in carne e ossa per come sono ben descritti: l’oligarca russo grasso e imbolsito, il funzionario svizzero gracile e tremolante, gli ex agenti cileni nemesi e alter ego del protagonista, i cosacchi dipinti con le loro contraddizioni storiche e infine Victoria, che anche senza parlare brilla nelle pagine con i suoi sguardi magnificamente descritti.
Salti temporali tra un passato nostalgico e un duro presente, salti geografici tra Russia, Cile, Nicaragua e altri posti di guerriglia tutti per inseguire la protagonista indiscussa, quella Storia con cui Sepulveda sembra avere un conto aperto, quella Storia recente del suo amato Cile con a capo l’odiato Pinochet autore di crimini verso l'umanità che non si fa mai male a ricordare per quanto siano efferati e aberranti.

Il romanzo scorre via facilmente, i fatti si succedono veloci e le pagine volano via forse fin troppo velocemente; ho avuto l’impressione che a volte si tendesse a semplificare un po’ troppo a favore della narrazione in modo da non appesantirla eccessivamente che comunque porta ad un gran finale che riscatta le piccole pecche incontrate.

-“Perché alla fine tutto si può cancellare, tranne quell’ombra.”-

Una lettura consigliata perché quando il romanzo si mescola con la Storia e lo scrittore è uno come Sepulveda ne esce sempre qualcosa di buono che lascia qualcosa che sedimenta dentro.

-“...nessuno di voi due deve ringraziarmi di nulla,capo. Siamo compagni.”

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a tutti ma in particolare a chi ha letto Un nome da torero di Luis Sepulveda
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    27 Novembre, 2016
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Il potere della stampa scandalistica

Mario Vargas Llosa - Crocevia


L’ultimo romanzo del premio Nobel Vargas Llosa è un romanzo che mescola i generi, spaziando dall’erotico al thriller con anche un pizzico di romanzo storico e tenendo sempre presente un unico protagonista: il Perù.
In questo libro siamo a Lima, la capitale, e in particolare l’autore ci porta in un quartiere di Lima dal nome “Cinco esquinas” (particolare tipo di incrocio dove confluiscono 5 strade ) che è anche il titolo originale dell’opera. Un quartiere particolarmente famoso per essere stato teatro di uno dei crimini piu efferati accaduti nella Lima di fine anni ‘90, in piena dittatura, un quartiere centrale ma povero dal quale la storia si alimenta regalando, tra l’altro, la protagonista femminile.


Come accennato siamo in piena dittatura Fujimori, sul finire degli anni ‘90, il coprifuoco scandisce le vite dei suoi abitanti, una coppia di amiche realizza che è troppo tardi per rientrare a casa e una di loro si deve fermare per la notte; così inizia una splendida scena lesbo-erotica (la migliore) tra le due protagoniste, qualcosa che non mi aspettavo e che ha fatto spostare subito lo sguardo sotto un’altra luce e tra l’altro spiega anche la copertina!
Le due donne appartengono all’alta società di Lima, mogli di due uomini di successo i quali, loro malgrado, saranno protagonisti della storia portante del romanzo, fatta di foto rubate, ricatti e scandali architettati apparentemente dalla stampa scandalistica: potente strumento per infangare e portare avanti denigranti campagne di persuasione su avversari politici e non.


La stampa è l’altra protagonista dell’opera, e Vargas Llosa ci tiene a mettere in evidenza una stampa malata, parziale e a servizio di poco nobili cause che però è enormemente importante nelle strutture di potere di regimi autoritari come lo era quello di Fujimori, con una particolarità: qui è la stampa scandalistica a essere protagonista, come se da noi un paparazzo come “Corona” diventasse potentissimo strumento intimidatorio.


In questa opera si distinguono i tre assi portanti dell’opera di Vargas Llosa: la politica, il giornalismo e l’erotismo. Ben scritto, scorrevole, ci fa immergere nelle strade e nella vita peruviana di quel tempo e ci porta alla scoperta di un paese lontano che ha vissuto nel recente passato una dittatura di cui non conoscevo quasi nulla. Una dittatura che usava molto bene i la stampa, la quale da questa opera ne esce davvero con le ossa rotte e con ancora qualche residua speranza di redenzione.


I personaggi tratteggiati nel romanzo non sono indimenticabili, nessuno mi ha colpito particolarmente, li ho trovati un po’ superficiali con poche o nessuna virtù; lo stesso posso dire per la parte dove l’erotismo la fa da padrone: capitoli fini a se stessi che non aggiungono nulla alla storia se non qualche voyeurismo di maniera e qualche esercizio di stile più utile all’autore che alla narrazione.


L’opera nel suo complesso è valida, è pur sempre il grande Mario! Anche se mi aspettavo di più, mi aspettavo più coinvolgimento, più emozioni e invece direi che, nonostante i molti cambi di registro e i tentati colpi di scena, la storia scorre piuttosto piatta fino al gran finale che la riscatta parzialmente.


In definitiva: lontano dalle vette di Vargas Llosa ma comunque un’onesta e più che sufficiente lettura.

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Un libro consigliato se si vuole esplorare una parte di mondo meno famosa, interessante se si vuole conoscere qualcosa di quel periodo storico.
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    19 Novembre, 2016
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Malinconico di nome e di fatto

Non avevo capito niente - D. De silva

Questo è un altro di quei libri di cui sente sempre parlare con toni entusiasti, persone che te lo consigliano perchè fa morire dal ridere e perché è una bella storia; al che tu lo compri e lo leggi con un carico di aspettative considerevole e anche con un po di diffidenza pensando: sarà piaciuto agli altri ma magari a me non piace, i miei gusti sono diversi e così via. Beh posso dire che questa volta tutte le aspettative sono state soddisfatte e che la storia davvero mi ha fatto ridere molto, a volte anche rumorosamente.

La trama in due righe vede protagonista l’avvocato Malinconico, già il nome è un programma, che ci accompagna nella sua vita e nel suo lavoro, al tribunale e in giro per la città immersi nelle sue riflessioni e nei suoi mille dubbi. Marito divorziato, avvocato quasi disoccupato, uomo perennemente indeciso questo è il nostro protagonista.

Un filosofo naturale, un pensatore che con semplicità e una logica tutta sua ci parla una volta di camorra, un’altra di amore, un’altra ancora di sistema giudiziario. Su tutte non posso dimenticare la scena del volpino esilarante e la riflessione sui cantautori impegnati: delle verità assolute. Un bel libro, divertente con pochi difetti e che sicuramente ci fa affezionare al personaggio Malinconico.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    07 Novembre, 2016
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La definizione di MAFIA

Il giorno della civetta - L. Sciascia


Con grandi aspettative ho deciso di leggere questo racconto, un modo di colmare una delle mie tante lacune in materia di classici da “impossibile non aver letto”. Tali aspettative si sono rivelate ben riposte e totalmente soddisfatte.
Leonardo Sciascia l’ho sentito nominare molto spesso in relazione a questo romanzo e ora capisco il motivo, l’aver denunciato e descritto con chiarezza, in anticipo rispetto ai suoi contemporanei l’esistenza di un’associazione a delinquere che qualche anno dopo sarebbe stata riconosciuta con il suo nome proprio: Mafia.


Del libro in questione sono stati scritti saggi e fior fior di articoli, ne hanno parlato tutti ma sono sicuro che lo hanno letto in meno. Un libro che come spesso si dice, ma che in questo caso è doveroso, sarebbe da insegnare a scuola e forse in alcune già lo si insegna, almeno lo spero.
La storia è quella di un poliziesco lineare ben architettato ma senza grandi colpi di scena o chissà quali effetti sorpresa; quello che davvero è superlativo in questo racconto è lo stile e la lucidità del testo, la bellezza della lingua italiana, la perfezione di pensieri che letti al giorno d’oggi sono delle parole scolpite su pietra, su tutte un esempio:

Oppure ancora una ode alla sua Sicilia:
E ancora le considerazioni sulla famiglia intesa dai siciliani, sullo Stato inteso dai siciliani e su come politica, chiesa e criminalità fossero un unico grande pezzo di cultura criminale Italiana che in seguito grazie al lavoro di tanti eroi dello Stato, abbiamo avuto la possibilità di conoscere.


Lo stesso Sciascia in una nota a chiudere definisce la mafia come una borghesia parassitaria che non produce ma che solo sfrutta e Il giorno della civetta ne è un esempio di questa definizione, e continuando dice: ma forse è anche un buon racconto. Non mi resta che dire questo è un meraviglioso racconto.

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Altamente raccomandato a tutti, ma proprio tutti.
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    03 Novembre, 2016
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Globalizzazione malata

Un ologramma per il Re, romanzo di Dave Eggers e da poco anche pellicola cinematografica con Tom Hanks.
Spinto dal battage pubblicitario del film e conoscendo di nome dello scrittore, che gode di ottima fama, ho deciso di affrontarne la lettura in modo da scoprire in prima persona quanto fosse bravo.


Alain Clain, venditore di mezza età con carriera in declino, famiglia separata e problemi economici, è coinvolto in una trattativa di vendita di una nuovissima tecnologia al Re dell'Arabia Saudita. Durante l'attesa per la conclusione della vendita il nostro Alan ci accompagna in lungo e in largo per Jeddah (la città in questione) conoscendo nuovi personaggi che lo faranno riflettere su di sé, sulla sua condizione e sul mondo in generale.
Una trama semplice e ben costruita che al suo interno trova varie introspezioni, Alan il protagonista è sempre al centro della scena, ogni pagina vede lui coinvolto in molteplici situazioni, alcune bizzarre, altre divertenti altre ancora commoventi; il personaggio, un americano medio, con vizi e virtù tipiche di un uomo comune, tormentato dal suo fallimento personale in un'epoca dove in molti si sono arricchiti e invece lui ha mancato il momento.
Il momento inteso come la globalizzazione che in un certo modo è la protagonista nascosta dell'intera opera. In ogni capitolo sono disseminate delle critiche a volte velate a volte evidenti a questo nuovo ordine economico verso il quale il mondo si è adeguato e che tanti scompensi ha generato, descritto bene in questo passaggio:


“Maggiore efficienza senza i sindacati, eliminiamoli. Maggiore efficienza senza operai americani, punto, eliminiamo pure loro. Perché non ho visto arrivare la tempesta? Maggiore efficienza anche senza di me. Accidenti, Kit, rendemmo quella fabbrica così efficiente che diventai superfluo anch’io. Mi ero reso irrilevante.”


I momenti di riflessione sullo stato attuale della società e dell'economia sono molto ben scritti, un libro sotto molti aspetti utile e che mette in luce come la ricerca del profitto come unico obiettivo non sia la strada giusta.
Un libro che per forza di cose ricorda il deserto dei tartari con la snervante attesa dell'incontro con il Re saudita che resta sullo sfondo pagina dopo pagina man mano che il protagonista si avventura tra la gente e i luoghi di questa lontana, esotica ma pur sempre terrena capitale araba.
Un libro bello, non un capolavoro ma comunque una buona lettura.

“La gente racconta barzellette quando non resta più niente da dire”

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Avventura
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    27 Ottobre, 2016
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L'amicizia oltre la religione



Dopo la tetralogia siberiana che lo ha reso famoso, Lilin scrive un romanzo di pura fiction che continua ad attingere da quell’universo pericoloso e intrigante che ben conosciamo e che continua a regalare emozioni forti e molto vero simili. Romanzo attualissimo, dove il conflitto di religioni la fa da protagonista, dove i due giovani protagonisti sono essi stessi la dimostrazione che una soluzione a questo conflitto esiste. Andrej è cristiano, Ismail è musulmano, cresciuti insieme sono due teste di uno stesso cuore. A loro è affidata la salvezza del villaggio esempio di integrazione dove da secoli cristiani e musulmani vivono in pace. Non sono dello stesso avviso gli altri protagonisti, ovvero Konstantin una spia russa e i terroristi-trafficanti musulmani guidati da Hassan che fanno della guerra una mera occasione di profitto per i loro traffici, e i reparti militari delle forze speciali russe guidati da Novak (gran personaggio questo Novak!) che invece considerano i terroristi e i loro complici solo degli scarafaggi da schiacciare.
In questo reticolo di interessi superiori, tra eserciti in conflitto si dipanano le storie dei personaggi, ognuna ben descritta nei minimi dettagli come a voler dare al lettore una spiegazione e forse una umanità ai protagonisti che invece sembrano averla persa. Ognuno ha le sue buone ragioni in cuor suo, per essere lì in quel momento e Lilin ci apre delle finestre nel passato di essi utile per ampliare la nostra comprensione di quel mondo che ci può sembrare complicato, incomprensibile e distante.

Lo stile é cinematografico direi pronto per un uso televisivo, le descrizioni sono dettagliate, le scene di combattimento violente, veloci e coinvolgenti, l’esperienza dell’autore in guerra è palese e lo si evince da come tutti questi elementi siano al posto giusto al momento giusto.
Il serpente di Dio è un libro di guerra ma anche di pace, è un libro che affronta l’odio tra religioni ma anche l’amicizia tra le persone, è un libro che si fa leggere velocemente ma che poi, resta dentro e sedimenta.

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per coloro che hanno amato il Lilin “siberiano”, non resteranno delusi nel leggere questo Lilin “caucasico” che sembra straordinariamente, e ancora una volta, maledettamente reale.
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Romanzi
 
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    25 Ottobre, 2016
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Nascere maschi è una malattia incurabile

Indiscutibilmente la prima cosa che salta all’occhio è la dimensione del libro, alquanto voluminoso. D’altronde se pubblichi uno tra i romanzi più lunghi mai pubblicati in Italia, con le sue (quasi) 1300 pagine, sai che andare incontro al successo del grande pubblico potrebbe essere più complicato del solito. Poi succede che il libro diventa vincitore del premio Strega 2016, ed ecco probabilmente qualche scalatore in più proverà ad affrontare questa montagna di pagine per avere la sua giusta ricompensa.

La storia centrale, intorno alla quale si dipana La scuola cattolica (ma che in realtà solo viene sfiorata a tratti), è quella famosa del delitto del Circeo. In quel delitto si scoprì in seguito la partecipazione di tre ex alunni della scuola cattolica San Leone Magno. Albinati prende spunto da questo fatto di sangue, e a ritroso riavvolge il nastro della sua memoria per raccontare cosa fosse l’educazione impartita agli scolari di una scuola cattolica, come fosse l’adolescenza e la vita per un ragazzino in quegli anni.

Non solo educazione quindi ma anche sessualità e omosessualità, significato di essere maschio, famiglia, sociologia con profonde analisi sulla borghesia di quegli anni e analisi sulla religione e ancora riflessioni, pensieri e approfondimenti su molteplici temi caldi in quell’epoca e in realtà anche ai giorni nostri; il tutto visto attraverso un microscopio, come un vero scienziato dei costumi dell’epoca.
Un libro che ha richiesto dieci anni di scrittura e a causa del quale Albinati ha dovuto fare i conti con la sua vita, andando a scavare profondamente nella sua coscienza, riportandola a galla, denudandosi e mostrandosi senza difese al pubblico e soprattutto a se stesso.



Albinati, quasi come se mostrasse una sorta di pietà per chi sta leggendo, permette al lettore di saltare alcuni capitoli di approfondimento, dove un particolare tema viene sviscerato e analizzato, così da poter mantenere il filo della storia principale. A volte la scrittura, per quanto stilisticamente bella e ricca, diventa pedante e troppo prolissa.

Un libro sull’educazione scolastica, sulla borghesia, sulla società italiana e sul mondo maschile e in fin dei conti sulla vita che ci fa capire profondamente cosa rende un ragazzo un uomo e i vari percorsi possibili che ne risultano.

Una lettura che richiede uno sforzo, probabilmente indirizzata maggiormente a un target di over cinquantenni, i quali troveranno più semplice immedesimarsi nei personaggi e nelle situazioni descritte; per tutti gli altri sarà un tuffo nella storia recente italiana che arricchirà i lettori abbastanza motivati da portarlo a termine.

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perché leggerlo? Semplicemente per essere meno ignoranti sul perché gli italiani sono così, sul perché i maschi sono e diventano maschi, sul perché certi meccanismi sociali funzionano in una maniera piuttosto che in un’altra e più in definitiva perché è un libro scritto bene: è un libro che parla della vita.
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    25 Ottobre, 2016
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La naturalezza di correggere e correggersi

Le Correzioni - J. Franzen 2001

Una volta deciso e convinto di intraprendere un lungo viaggio nella grande narrativa americana ho iniziato a leggere questo famoso romanzo di cui tantissimo si è parlato e al quale ci si continua a riferire quando si parla di GRA (Grandi Romanzi Americano).
Franzen non ha bisogno di presentazioni, dopo l'hype creato dal suo ultimo Purity la mia curiosità è aumentata a dismisura perché volevo capire cosa avesse di speciale, se fosse vera la sua capacità di rappresentare la famiglia moderna con i suoi lati bui e i suoi lati luminosi.
Le Correzioni, tradotto dall'ormai famosa Silvia Pareschi voce italiana di Franzen, è letteralmente il ritratto di una famiglia borghese degli Stati Uniti con dei valori e dei principi ancorati in un passato lontano e che si rispecchia nei tre figli che vivono invece un presente molto diverso.
A fronte della coppia di genitori Alfred e Enid, sposati da sempre, convinti conservatori, discretamente bigotti, invidiosi e palesemente frustrati da quello che gli altri hanno e loro no, abbiamo i tre figli ormai adulti ognuno con la sua vita fatta di successi e insuccessi. Il romanzo è la scoperta delle vite di questi personaggi, le loro manie, le loro paure e i loro sogni sempre e comunque accompagnati dall’ombra dei genitori e delle loro correzioni. Si perché nonostante siano ormai adulti e vaccinati, continuano a risentire della rigida educazione e dei valori impartitegli da bambini e da ciò ne scaturisce una combinazione di azioni e reazioni che forma l’anima del libro. In particolare il personaggio di Denise spicca come il più umano e normale dei tre figli i quali ognuno a suo modo ha delle particolari manie che ne caratterizzano bene le personalità. Un ritratto dove in molti potranno riconoscersi o riconoscere scenari simili alle proprie esperienze dirette.
Uno stile veloce, moderno, con ritmo conferisce alla lettura facilità e divertimento, i capitoli dedicati a ciascun personaggio, i pensieri contorti figli di allucinazioni da farmaci o dovute a depressioni latenti, un’incredibile battaglia con un escremento che dura 10 pagine sono state apprezzatissimi esempi di buona scrittura.
In definitiva un bellissimo libro, che raccoglie appieno le caratteristiche di un grande romanzo e che giustifica la sua fama.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    24 Ottobre, 2016
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Una lunga e grigia delusione

Premio Pulitzer per la narrativa 2007, scritto da uno dei maestri contemporanei della lettaratura americana autore di molti altri scritti di successo, incensato dalla critica trasversalmente.

Con queste premesse ho iniziato questo libro convinto di leggere un sicuro capolavoro, purtroppo la realta` e` stata contraria alle mie aspettative. Un romanzo ambientato in un grigio e nebbioso futuro post-apocalittico dove i due protagonisti, padre e figlio senza nome entrambi, sono gli unici personaggi che appaiono accompagnati da un carrello da supermercato, nella loro costante ricerca di cibo per sopravvivere.
Pochissimi altri personaggi fanno capolino tra le pagine e questi sono perlopiu` accessori ignorabili che aggiungono poco al totale. Un mondo disabitato, dove il cannibalismo e` pratica comune e dove i valori sono stati rovesciati per sopravvivere ad una totale mancanza di ordine.

Lungo la strada, da cui il titolo, si accompagna la coppia e pagina dopo pagina si realizza che il vero protagonista del libro e` il rapporto bellissimo tra padre e figlio; un padre che nonostante tutto continua a instillare un'educazione ai principi sani e giusti del genere umano, attraverso i modi piu` disparati, che conferiscono alla storia i momenti di climax piu elevato visto la tenerezza ed empatia che suscitano.
Oltre a questo poco altro, si continua a leggere aspettando che succeda qualcosa, aspettando un picchio di emozioni, un destino, un qualcosa che non arriva e che lascia quella sensazione di incompiutezza per la quale probabilmente e` stato scritto il romanzo, dove forse lo scrittore ha voluto evidenziare l'importanza dei rapporti familiari piuttosto che distarre con trame accessorie.

Lo stile di McCarthy non mi ha entusiasmato, l'uso costante della terza persona singolare, la descrizione ripetitiva di paesaggi sempre uguali, il non dare nome ai personaggi sono tutti elementi che hanno contribuito a non farmelo piacere e a rendere la lettura pesante.

In definitiva un libro che a mio parere e` sopravvalutato, che promette piu` di quello che mantiene e che mi ha deluso non poco.

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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    18 Ottobre, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

Una storia semplice: la vita.

“La corriera proseguì e entrò nella contea di Holt, la campagna era di nuovo piatta e sabbiosa, con i suoi boschetti di alberi rachitici intorno a fattorie isolate e le sue strade sterrate che andavano esattamente da nord a sud come le linee in un libro.”

Canto della pianura, titolo originale Plainsong, è il primo libro (in ordine di scrittura) della trilogia di Holt, una trilogia pubblicata da NN editore scritta dallo scrittore Kent Haruf e tradotta dal bravissimo Fabio Cremonesi. Una trilogia “sciolta” come l’ha definita l’autore stesso che non deve essere letta obbligatoriamente in ordine di pubblicazione, l’unica raccomandazione che facciamo è di leggere prima Canto della pianura e poi Crepuscolo in quanto sono molto legati. Personalmente ho preferito seguire l’ordine di scrittura originale in modo da apprezzare la naturale evoluzione dei pensieri nella testa di Haruf nel corso degli anni che ha impiegato per la stesura della stessa.

Ambientato a Holt (Colorado), città inventata, creata dall’immaginario dell’autore che ne ha costruito le vie, le case e gli abitanti; una città a tutti gli effetti reale protagonista per quanto sia ben descritta. I personaggi che la vivono a loro volta sono perfettamente ritratti, a cominciare dal padre\professore, Tom Guthrie, insegnante nella locale scuola, genitore di due bambini meravigliosi e punto di riferimento morale nel romanzo; la coppia di fratellini, che ispirano tantissima tenerezza ed empatia, deve comprendere la scelta, di una madre depressa, di lasciarli soli e allo stesso tempo cerca di vivere una normale vita di adolescenti con i problemi che quella età comporta. Una ragazza madre, Victoria, cacciata di casa pur di tenere il bambino inaspettato che trova aiuto in una sua insegnante, la signora Jones, e in due fratelli burberi ma buonissimi che sono i personaggi più positivi e belli del romanzo.
La storia che si racconta è nella semplicità delle vite dei personaggi, è nella descrizione minuziosa e tanto dettagliata da rendere reale le azioni, è nei paesaggi e negli oggetti descritti fin quasi a dargli forma e vita. Una narrazione che è semplice e tremendamente reale, il tutto raccontato con una voce soave, confortante che ci accompagna per tutto il libro come un nonno che racconta i suoi ricordi al nipote rendendoli magnificamente caldi e familiari.

Canto della Pianura parla della vita, della sua riscoperta e in altre parole della rinascita. I vari personaggi stanno attraversando crisi esistenziali particolarmente difficili e unici e Haruf ne racconta molto abilmente le varie sfaccettature rendendoci partecipi, mettendoci al lato dei personaggi, facendoci condividere le loro emozioni grazie al grande lavoro di descrizione e al grande uso della lingua rendendola priva di inutili complessità alla pari delle emozioni suscitate.

La scrittura di Haruf, e questo libro ne è un chiaro esempio, è una scrittura senza fronzoli; come amava definirla lui stesso è una scrittura che va il più possibile vicino all’osso per raccontare la parte più vera e genuina della vita. Canto della pianura è solo l’inizio di questo viaggio, mettetevi comodi.

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