Opinione scritta da IlGiganteSegreto

5 risultati - visualizzati 1 - 5
 
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
IlGiganteSegreto Opinione inserita da IlGiganteSegreto    05 Aprile, 2023
Top 1000 Opinionisti  -  

Il Singolo e la sua (idea di) Società

RECENSIONE ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA, IL 14/03/2016, SUL SITO DELLA MIA (ex) SCUOLA SUPERIORE (Liceo Majorana Desio), IN OCCASIONE DI UN'ATTIVITA' CHIAMATA "Caffè Letterario".
OGNI RIFERIMENTO ALLA SUDDETTA ATTIVITA' PUO' TRANQUILLAMENTE ESSERE IGNORATO.
HO DECISO DI NON MODIFICARE LA RECENSIONE ORIGINALE PER RISPETTO NEI CONFRONTI DEL "ME DEL PASSATO".
E A QUESTO PROPOSITO: TUTTO QUELLO CHE LEGGERETE DALLA FINE DI QUESTA PREMESSA IN POI, E' STATO SCRITTO INTERAMENTE DA ME.
NON HO IN ALCUN MODO COPIATO E/O RICICLATO MATERIALE ALTRUI SPACCIANDOLO PER MIO.
Detto questo: buona lettura!

Il titolo parla da sé. Siamo infatti giunti al secondo appuntamento del Caffè Letterario della scuola, che, ricordiamo, si propone di rendere l’attività della lettura un’occasione di incontro tra studenti, ed è per questo motivo aperto a tutti. Il libro preso in esame, se la volta precedente era stato “Ciò che inferno non è” di A. D’Avenia, di cui ci ha già parlato Marco Capurso due mesetti fa, questa è “L’Attentatrice” di Y. Khadra.

Analizzeremo il libro in parallelo, più o meno, a quelli che sono stati nel corso dell’incontro gli interventi e le riflessioni più salienti, portate avanti non solo magari da una persona, ma dalla collettività, professoresse comprese. Dal mio personale punto di vista, queste riflessioni hanno messo in luce due sostanziali domande: “Il libro dà dalle risposte sulla situazione socio-politica fra Israele e Palestina?”; “Che ruolo hanno, nel libro come in campo reale, la singola persona e i suoi ideali?”

Prima di spiegare, diamo un riassunto veloce del libro, che io per puro rigore formale riporto pari pari tratto dal sito di critica letteraria Qlibri:

“In un ristorante affollato di Tel-Aviv una donna che si finge incinta fa esplodere la bomba che teneva nascosta sotto il suo vestito. Per tutta la giornata il Dottor Amin, israeliano di origini arabe, opera a ritmo da catena di montaggio le innumerevoli vittime di questo ennesimo atroce attentato. Amin si è sempre rifiutato di prendere posizione sul conflitto che oppone il suo popolo d’origine e quello d’adozione, dedicandosi interamente al suo mestiere e a sua moglie Sihem. Nel cuore della notte viene richiamato d’urgenza in ospedale dal suo amico poliziotto Naveed che gli annuncia che Sihem è morta e per giunta era lei la donna kamikaze. Amin comincia la sua particolare investigazione sulla donna misteriosa che ha vissuto per anni assieme a lui.”

Il gigantesco problema degli attentati, da qualche anno a questa parte, ma forse potrei dire anche da qualche mese, sta assumendo sempre maggiore spessore a livello globale e d’opinione pubblica. Le stragi di Parigi hanno scosso letteralmente tutta Europa, e solo qualche giorno fa, il 14 Aprile, il Bataclan ha annunciato la riapertura, con il concerto previsto per il 16 novembre di Pete Doherty. Chi attenta, non lo fa solo per questioni religiose, ma anche politiche, storiche e ovviamente sociali, e molto spesso viene manovrato da forze superiori che lo istigano fare tutto ciò con un lento e calcolato lavaggio del cervello. Appare chiaro come tutto il sistema qui sommariamente descritto sia complicato e difficile da districare. Non vi sono più soluzioni, non vi è una soluzione, non vi è LA soluzione.

Questo dubbio, per usare un ossimoro, è chiarissimo nel libro di Khadra. Non sono date risposte definitive, il lettore si trova sempre in balia di opinioni differenti a causa dei differenti personaggi, e tutte queste opinioni possono essere considerate valide, perché fondate su valori e ragionamenti. Ci si arriva a chiedere quasi addirittura se sulla base di determinati ideali, o determinate “Cause” (termine chiave di tutto il romanzo), possa essere considerato giusto morire da kamikaze.

Si è cercato in questi termini di dare una risposta alla prima domanda sopracitata. Riporto le questioni e non le soluzioni emerse durante il colloquio in biblioteca, perché vorrei che chi consultasse questa recensione trovasse da sé le risposte, dopo ovviamente aver letto il libro.

Alla questione sollevata dal primo interrogativo si ricollega direttamente la questione del secondo. Cioè, una volta trovata una soluzione PERSONALE su come comportarsi nei confronti del proprio paese, del proprio popolo e della propria storia, quanto contano le decisioni prese da noi singoli sulle nostre vite e sulle nostre convinzioni? Siamo sempre certi di essere dalla parte giusta e di conoscere veramente chi ci sta intorno?

Per il chirurgo Amin, protagonista del libro, salvare una vita vuol dire, molto semplicemente, impedire a tutti i costi che una persona muoia, e avere la speranza fino all’ultimo in sala operatoria di poterlo fare. La storia e le origini del singolo non contano, conta solo il singolo stesso. Per altri, salvare una vita, o meglio la propria vita, è possibile soltanto aiutando il proprio paese, non stando impassibili a guardare le mille ingiustizie politiche e sociali cause di guerra e sofferenza. Questo è, per esempio, il punto di vista di Sihem, che si fa esplodere in nome della causa legata alla Palestina.

L’autore non esprime un giudizio personale riguardo le due differenti posizioni. Si limita a sviscerarle, facendole quasi toccare con mano al lettore, e in lui sorge spontanea la seconda domanda sopracitata. Questa, alla fin fine, può essere riassunta in un quesito più semplice: “L’uomo è in balia del corso della Storia o può opporvisi?”

Come prima, non fornisco il mio personale punto di vista. Starà al lettore schierarsi più dalla parte delle proprie radici, oppure più dalla parte delle proprie origini. Il libro OBBLIGA a fare ciò, e proprio qui sta la sua forza. D’altronde, i libri che fanno rimanere indifferenti, forse non sono neanche da considerare tali.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Fantasy
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
IlGiganteSegreto Opinione inserita da IlGiganteSegreto    26 Febbraio, 2020
Top 1000 Opinionisti  -  

Giochi prospettici

Premettendo che il libro in questione è stato scritto per la prima volta in giapponese, mi appresto a valutarne lo stile: quest'ultimo, infatti, immagino sia stato rielaborato pesantemente dalla traduttrice per rendere il testo originale (basato su una lingua sillabica con migliaia di ideogrammi) più fruibile ai lettori italiani.
Del risultato, tuttavia, non ci si può assolutamente lamentare.
Lo stile di "Appartamento 401" è semplice ed immediato, privo di inutili giri di parole che avrebbero altrimenti distolto l'attenzione dai messaggi del romanzo, veri suoi punti forti.

Seguiamo infatti le ordinarie "avventure" di cinque giovani ragazzi giapponesi, coinquilini (abusivi) nella capitale nipponica Tokyo. I capitoli sono suddivisi in base ai ragazzi stessi e di questi prendono anche il nome (tranquilli, non si tratta di veri e propri spoiler, queste informazioni si apprendono praticamente subito una volta iniziato il romanzo).
Questo particolare modo di strutturare la sua opera fornirà all'autore la possibilità di cambiare ripetutamente il punto di vista della narrazione, analizzando gli stessi eventi ma focalizzandoli in modi via via differenti.
E qui sta quello che io reputo il primo grande messaggio del romanzo: non sempre, anzi quasi mai, il "come ci vediamo noi" coincide con il "come ci vedono gli altri". Capiterà spesso (giusto per fare un esempio) che nel corso della narrazione le scelte opportunistiche di qualcuno vengano scambiate come solidali da qualcun altro e viceversa. Lo strumento che l'autore usa per rendere appieno questo effetto di "estraniamento" (o, se preferite, di "inaffidabilità" della voce narrante) è proprio il cambio di focalizzazione, espediente che in caso di "Appartamento 401" risulta perfettamente riuscito.

L'altro grande messaggio del romanzo, il più importante forse, è costituito dall'analisi che Yoshida fa de "La Condizione Umana". Non a caso ho scelto di scrivere queste ultime parole con lettere maiuscole e fra virgolette. "La Condizione Umana" è infatti un quadro del pittore belga R. Magritte, che rappresenta senza soluzione di continuità un paesaggio ed un dipinto davanti ad esso che, appunto, lo "continua". In sostanza, non si può sapere con assoluta certezza se quello che si vede rappresentato sulla tela è effettivamente il paesaggio che si vede dal quadro a meno di andare noi stessi dietro quest'ultimo. Semplificando al massimo, la riflessione che Magritte voleva suscitare nello spettatore è il rapporto realtà/apparenza.
Leggendo "Appartamento 401", questa riflessione si presenta a noi di continuo, dalle primissime fino alle ultimissime pagine. E la cosa ancora più spiazzante è che l'autore non dà mai risposte certe, siamo noi lettori a dover cercare di capire dove sia nascosta la verità e chi all'interno del gruppo dei ragazzi stia (inconsapevolmente) mentendo.

Tirando le somme, leggendo "Appartamento 401" si ha l'impressione di assistere agli eventi attraverso uno spesso e fumoso "velo di Maya", dove i cambi di focalizzazione e l'inaffidabilità dei narratori sembrano voler fare a gara per far capire il meno possibile cosa stia succedendo. L'effetto finale è al contempo meraviglioso ed inquietante, e se si aggiunge che molto è lasciato all'interpretazione personale, la piacevolezza del romanzo non può che essere (a mio modestissimo parere, ovviamente) elevata.

Concludo questa recensione con una nota a margine: il libro è stato stampato per la prima volta in Italia nel 2019, anche se in Giappone era già uscito nel 2002 (è infatti la prima opera pubblicata da Yoshida). Ciò implica che, essendo ormai passati quasi vent'anni, alcune delle situazioni e degli oggetti descritti (walkman, TV con tubo a raggi catodici, videocassette e videoregistratori, etc...) risultano inevitabilmente anacronistici rispetto ad oggi. A non invecchiare è tuttavia la saggia descrizione che l'autore fa della società giapponese, per noi occidentali così distante ma al contempo così affascinante.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
...(o a chi sia semplicemente interessato a) esempi di narrativa orientale, non soltanto giapponese
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Scienza e tecnica
 
Voto medio 
 
4.2
Stile 
 
3.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
IlGiganteSegreto Opinione inserita da IlGiganteSegreto    22 Dicembre, 2017
Top 1000 Opinionisti  -  

Inception

(Ri)cominciamo analizzando per primo lo stile. Rovelli, prima ancora di essere uno scrittore, è innanzitutto un fisico teorico. Ha sviluppato, nel corso degli anni e delle varie pubblicazioni, un modo di esprimersi, giustamente, più divulgativo e saggistico piuttosto che narrativo. Non devono spaventare quindi alcune sue scelte di punteggiatura ed organizzazione del periodo (virgole contro-intuitive, enumerazioni fin troppo lunghe, eccessivi ripetizione e soffermarsi su alcuni concetti chiave) le quali sono diretta conseguenza del pubblico a cui lui più spesso si rivolge in qualità di fisico (MOLTO in generale, scienziati e filosofi) o del contesto nel quale si ritrova a pubblicare alcuni suoi scritti, ovvero quello universitario (Oxford e Cambridge sono solo un esempio). Egli deve sostenere e dimostrare la tesi del suo libro, ed è legittimo che lo faccia attraverso uno stile più oratorio che non "da scrittura". Le mie 3 stelle non vogliono quindi essere qualcosa di negativo, bensì solo ed esclusivamente un tentativo di separare lo stile di scrittori e letterati di professione da quello di uno scienziato il cui obiettivo, in fondo, non è quello di scrivere "bene", ma di divulgare le proprie conoscenze. Passiamo allora ad analizzare il contenuto di questo romanzo.

Possiamo a gran voce sostenere che il suo punto forte è proprio l'argomento di cui tratta, universale e poetico per ogni uomo, ovvero il Tempo.
Il libro è concepito come un viaggio diviso in tre parti, si comincia nella prima enunciando e spiegando le principali teorie riguardo esso dagli albori fino al 20o secolo, per poi scardinarle tutte con l'ausilio della relatività di Einstein. Dopo avere in seguito cercato di fare capire, a noi comuni lettori più o meno avvezzi a materie matematiche, le altre teorie, quelle più accreditate al giorno d'oggi riguardo il tempo, nella terza parte si "ricostruisce" ciò che si è distrutto nelle precedenti, sfociando in considerazioni più filosofiche che non prettamente fisiche.
"L'ordine del tempo" è quindi di uno di quei libri che "apre la mente" fin dalle prime pagine, che non ha paura di affermare con forza concetti apparentemente paradossali ma in fin dei conti VERI, che non ha paura di considerare l'uomo un'infinitesima parte del Tutto e farci riflettere su quanto gli esseri umani si arroghino talvolta il diritto di considerarsi padroni del loro pianeta, quando in realtà non sono padroni neanche del loro tempo: il tempo, noi, forse non sappiamo ancora cosa è veramente.

Concludiamo analizzando la piacevolezza di questo libro. Ho voluto dare 4 stelle e non il massimo a causa dell'elevate difficoltà ed astrattezza di alcune sue parti. Intendiamoci, Rovelli ce la mette tutta per farci risultare chiaro il suo messaggio, allegando a fondo romanzo circa una 115a di commenti, citazioni e riferimenti, tuttavia la scarsezza di informazioni che possediamo al giorno d'oggi riguardo l'argomento Tempo è tale che alcuni concetti, magari anche spiegati con un lessico semplice, risultino criptici al lettore. Ho dovuto rileggere un po' di volte alcuni passaggi del libro, e ancora adesso che sto scrivendo questa recensione non sono sicuro di averli capiti appieno.
Per quanto, quindi, "L'ordine del tempo" possa essere una lettura appagante, non è assolutamente immediata, scorre piuttosto lenta e deve essere ragionata.
Tuttavia, la non eccessiva lunghezza e l'importanza dei temi trattati lo rendono fino in fondo un libro per tutti, che, anche se con pazienza e dedizione, merita di essere letto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Fantascienza
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
IlGiganteSegreto Opinione inserita da IlGiganteSegreto    22 Settembre, 2016
Top 1000 Opinionisti  -  

Un ultimo "Dove sei?"

Partiamo analizzando lo stile. Questo risulta crudele, tagliente, senza pietà dal punto di vista lessicale: Orwell non teme infatti di utilizzare termini espliciti, se ciò gli consente di essere più crudo e preciso nei confronti del lettore. Così dicendo non mi riferisco soltanto all'uso di parolacce (comunque neanche tanto presenti nell'intero romanzo), ma anche di termini appartenenti alla sfera semantica della "Violenza". Il romanzo vuole infatti essere, sotto tutti i punti di vista e A SCOPO DI DENUNCIA, il manuale della perfetta sottomissione, e in questo senso gioca un ruolo chiave anche lo stile.

Proprio al discorso stilistico mi ricollego per analizzare il contenuto: l'autore vuole generare in noi una nauseante repulsione e un odio incondizionato nei confronti dei regimi totalitari. L'ambientazione del romanzo è passata alla storia come una pietra miliare del concetto di "Distopia" e quest'ultima infatti altro non sarebbe che il punto di arrivo di tutti i governi basati sul culto della persona. Questa fantomatica persona nel libro è "incarnata" dalla figura del Grande Fratello, e gli uomini in suo nome sono privati di ogni libertà, a partire da quelle elementari (privacy presso le proprie case), passando per quelle affettive (divieto di amare liberamente altre persone, siano esse i propri fidanzati o i propri parenti) per arrivare, infine, alla privazione della libertà di pensiero (intesa proprio in senso stretto).
La libertà di pensiero, e tutti i ragionamenti intorno ad essa, rappresentano la colonna portante della denuncia orwelliana, la cui mole è letteralmente enorme. Scoprirete, forse a vostre spese, quanto sia spiegato magistralmente nel libro il concetto di "bipensiero", e quanto orrore è insito in lui.

Il massimo dei voti merita questo libro in termini di contenuto e di stile, perché dal connubio tra i due nasce un analisi sociologica abominevole, ma al tempo stesso affascinante e, letterariamente parlando, elevatissima.

Un po' meno merita, per forza di cose, la piacevolezza del libro: per circa 300 pagine, il lettore si trova catapultato in un mondo dove l'Odio detta legge. La felicità non esiste, se non accompagnata perennemente da un senso incombente di sofferenza. Per leggere un libro così, bisogna avere coraggio. In più, nello spiegare i meccanismi dello Stato, Orwell ricorre a pagine meramente tecniche, scritte in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per narrare l'intera vicenda, e quindi più difficoltose.

Possiamo concludere definendo "1984" il baluardo per eccellenza contro le dittature. È un libro devastante, un calcio in faccia alla Speranza (termine volutamente maiuscolo), ma che DEVE essere letto da ognuno di noi, perché quando dovessimo rischiare di cadere in mano all'Hitler di turno, sapremo come combatterlo.
Ironia della sorte, il libro che per eccellenza narra lo stupro della libertà, potrebbe rivelarsi, in un futuro, il migliore per (ri)ottenerla.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
"La Fattoria degli Animali", dello stesso autore
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
2.0
IlGiganteSegreto Opinione inserita da IlGiganteSegreto    14 Settembre, 2016
Top 1000 Opinionisti  -  

Un libro complesso

Cominciamo con la parte più "facile" di questa recensione: l'analisi stilistica.
Dostoevskij ha uno stile molto sublime. Non immediato, è vero, ma che perfettamente si sposa con le esigenze del periodo storico in cui lui vive.
Sopratutto nella parte iniziale del romanzo, risulta chiara la sua intenzione di accattivarsi il lettore, in primis con l'introduzione stessa del libro, e successivamente con l'uso di una sintassi e di un lessico relativamente semplici. Il tutto va a complicarsi con il procedere del romanzo, com'è giusto che sia però dato il nobilitarsi degli argomenti trattati.

Il contenuto presenta luci e ombre (più luci a dire la verità): luci per quanto riguarda l'abilità di Dostoevskij a scavare nel profondo dell'animo umano; poi, il parricidio, le varie corruzioni sociali ed ecclesiastiche, la malattia, sono tutti argomenti che richiedono certi coraggio e abilità per essere trattati adeguatamente, e queste trattazioni sono indubbiamente dei punti a favore per il romanzo.
Le ombre si riscontrano con l'esagerato numero di riferimenti ed espressioni religiose: tranne in alcuni dialoghi, vi è un continuo tentativo da parte dell'autore di indottrinare chi legge. Ai tempi questa poteva essere considerata la norma, ma tutto ciò inevitabilmente stona con la nostra epoca.

Detto ciò, passiamo ad analizzare la piacevolezza. Questa viene a mancare, per gran parte del romanzo, a causa della prolissità di alcune sue parti. Tra esse, spicca il monologo dello "starec" Zosima, che l'autore avrebbe potuto tranquillamente ridurre, ma che invece risulta enormemente lungo e difficoltoso. Per fare cosa poi? Elencare precetti cristiani, che a fini della narrazione risultano addirittura quasi superflui.

Insomma, "I Fratelli Karamazov" è un romanzo che bisogna avere la voglia e la pazienza di leggere. Altrimenti si rischia di interrompere la lettura prima di essere arrivati alla fine. Una cosa da tenere a mente, è che fu scritto nel diciannovesimo secolo, epoca in cui erano riconosciuti determinati valori, che però col tempo sono venuti, per forza di cose, a mancare. Oserei quasi dire che i Fratelli, per alcuni aspetti, siano ormai da considerarsi storia.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
"Il Maestro e Margherita", Bulgakov
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
5 risultati - visualizzati 1 - 5

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

L'antico amore
Fatal intrusion
Il grande Bob
Orbital
La catastrofica visita allo zoo
Poveri cristi
Se parli muori
Il successore
Le verità spezzate
Noi due ci apparteniamo
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
Long Island
Corteo
L'anniversario
La fame del Cigno