Opinione scritta da Amante di Libri
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Thriller mozzafiato
Sarah A. Denzil con uno stile narrativo riesce a mettere un thriller mozzafiato che riesce a tenere incollato il lettore a ogni singola pagina. Alla fine di ogni capitolo, ti ritrovi ad iniziarne un altro, presa dalla curiosità di scoprire chi è il colpevole. Una storia coinvolgente che non lascia nulla al caso e non appare mai scontata. Un thriller che si appresta a scoprire il colpevole, che verrà svelato solo nelle ultime pagine, stupendo il pubblico lettore. La storia del piccolo Aiden porta il lettore di fronte ad una profonda verità: Ognuno di noi nasconde una maschera è il nemico può esserti anche molto vicino. Ci si chiede come possa annidarsi tutto questo male in una piccola cittadina, dove pian piano le maschere di ognuno cadono giù. L’unico personaggio vero è Emma, una donna che è diventata madre troppo presto che non sapeva come fare a crescere un figlio e che soffre per la sua scomparsa. Come sempre i media ne approfitteranno per dipingerne su un quadro di una donna devota all’alcool e troppo giovane per educare il proprio figlio. Emma lotterà sino alla fine di questa storia, per far comprendere di non essere pazza, dimostrando di essere forte e decisa. Emma è una donna sicura di sè, devastata dal dolore della scomparsa del figlio e speranzosa di ritrovarlo. Quando ciò accade, la sua vita viene sconvolta e il castello di carte che si era apparentemente costruito crolla. L’uomo che ha accanto non è chi crede che sia, la sua migliore amica non è la donna con cui è cresciuta e suo figlio non è quello che lei ricorda. Ella dovrà fare i conti con una nuova realtà ed aiutare il figlio a riadattarsi al mondo.
Eppure Aiden era vicino, così vicino che potevo quasi vederlo in piedi nell’ombra accanto alle cassette postali e al tavolo.
Il bambino silenzioso è uno di quei thriller che si legge tutto d’un fiato. Per tutta la durata del romanzo, il lettore non farà altro che chiedersi: Chi gli ha fatto tutto questo? Chi ha potuto portare via un bambino e tenerlo lontano per tutti quegli anni? Cosa ha dovuto subire? La Denzil ha uno stile che cattura e riesce a comunicare al lettore le emozioni di ogni personaggio, mantenendo alta la tensione. La storia di Aiden è una storia che può rispecchiare molte delle storie di cronaca nera che si sentono al telegiornale, quindi appare al pubblico lettore molto veritiera; riescono così a calarsi nel romanzo totalmente. La fitta rete di segreti intessuta dall’autrice riesce a far emergere pian piano i lati oscuri di tutti, portando a galla oscuri segreti. Inoltre, la lettura è resa convincente dai continui colpi di scena che donano pathos e suspence alla storia, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.
Consiglio la lettura di “Il bambino silenzioso” perché con il suo stile semplice riesce a presentare una storia che può essere definita un capolavoro. Vi è un filo sottile che lega tutti i personaggi con le loro mille sfaccettature ed è qui che spicca Emma simbolo della madre coraggiosa pronta a tutto per suo figlio Aiden, simbolo a sua volta del bimbo maltrattato e che ha subito ingiustizie. Il silenzio di Aiden ha un effetto angosciante e straziante, anche se sembra comunicare qualcosa in maniera sottile ma nello stesso tempo profonda. Anche se marginalmente il ruolo di Rob è da attenzionare, poiché il padre come la madre soffre per la perdita del figlio ma come dirà più volte lui, viene ricordato solo il dolore della donna. Non mi resta che augurarvi buona lettura.
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La potenza della musica
“Voi l’avete mai suonato?”
“Solo una volta. Tanto tempo fa. Da allora non l’ho più toccato. È come l’amore. Quando hai amato una volta – e mi riferisco all’amore vero, al grande amore – fai di tutto per dimenticartene.”
Come di consueto, mi sono ritrovata alla Feltrinelli e mi sono messa a girovagare tra gli scaffali pieni di libri. Sono passata verso la lettera F, ho preso d’impulso il libro di Fermine e mi sono seduta a leggerlo, sotto le note dell’album “A casa tutto bene” di Brunori Sas. Sono uscita dalla libreria con una sensazione di gioia mista a tristezza.
“Sapeva che la guerra avrebbe finito per schiantare anche lui, come aveva fatto con il suo violino”. Il violino nero è un libro di poche pagine composte da non tantissime righe e che fa parte della trilogia del colore di Fermine con Neve e l’Apicoltore. Il violino nero, come si evince dal titolo, è un libro caratterizzato improntato sulla musica e il colore nero. Ambientato verso la fine del Settecento, descrive l’evoluzione di un genio musicale precoce di nome Johannes, il quale dopo un buon inizio come musicista, è costretto ad abbandonare tutto perché viene chiamato in guerra. Lì, viene ferito durante la campagna napoleonica in Italia e viene soccorso da Erasmus, un liutaio con cui farà amicizia. Tale uomo gli racconterà la sua triste storia legata ad un misterioso violino nero che tiene appeso al muro della sua casa.
Come Neve, anche questo romanzo è composto da una scrittura veloce, semplice ed immediata. Si comprende sin da subito cosa ci vuole comunicare l’autore e soprattutto ha una grande capacità di catturare immediatamente l’attenzione del lettore. La trama è intrigante e intricata, piena di colpi di scena con tratti di profonda tristezza e drammaticità. L’ambientazione è un punto a suo favore, Venezia viene descritta con un candore e bellezza a dir poco unica che riesce ad incantare e trasportare il lettore in quel luogo. “Che fortuna vivere in un posto simile”. Ma non per viverci stava andando in Italia, bensì per morirci”. Maxence si pone come un pifferaio magico, un cantastorie che ammalia il lettore con la sua storia simile ad una fiaba che tiene con il fiato sospeso. Il violino nero è il simbolo del sogno di Erasmus, che ci insegna ad aver la forza di imparare a seguire i propri sogni. Il cammino verso il suo obiettivo gli ha permesso di conoscere persone, far esperienze e innamorarsi della giovane Carla. Io, stessa leggendo mi sono sentita molto vicina ad Erasmus come se stessi vivendo con lui la sua storia.
Grande protagonista del romanzo è la musica. Egli sapeva ascoltare il proprio strumento. E sapeva sentirlo vibrare all’interno di sé.In un atmosfera drammatica che trasuda dolore e guerra si inseriscono questi due uomini Johannes ed Erasmus, solitari ed inquieti che riescono ad esprimere sé stessi solo con la musica. La musica vista come mezzo espressivo, come libertà, è profumo di vita, intensa ed indimenticabile. La magia del violino nero si insinua pian piano con la sua voce nella mente di chi ha il piacere o sfortuna di ascoltarlo, e l’autore descrive in maniera delicata questo turbine di suoni e colori, tanto che ci sembra di sentirlo con le nostre orecchie. Una volta terminato il romanzo, dentro di me sentivo ancora la voce di Carla, il suono del violino e un pentagramma infinito di note. Tante emozioni si mescolano, dalla gioia alla tristezza, un senso di malinconia e nello stesso tempo di passione che invade i tre protagonisti e che riesce a rimanere nell’animo del lettore.
Accanto alla musica un amore addolorato, straziato che non può essere vissuto sin dall’inizio. Questo sentimento sarà trasformato in musica, mescolando la sua passione per la musica con l’amore per quell’amazzone nera, unico modo per catturare la sua anima e la sua voce. La purezza di quest’amore incontra la nostalgia e tristezza delle note del violino nero, rendendo unica la storia descritta.
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L'inquietudine di un amore tormentato
“Quando, dovunque io sia, vengo presa dall’inquietudine, nel mio spirito ritorno al giardino. Il giardino è il punto dal quale sono partite le mie sensazioni, lo spazio, eternamente immutabile, dove trovo la misura delle cose”.
La protagonista del libro si chiama Manaka, ventitreenne, cresciuta in una casa con un bel giardino a pochi passi da Hiroshi, compagno di giochi, amico intimo e poi marito. Si sposano a diciotto anni, non mutando il loro rapporto fatto di fiducia, complicità e conoscenza reciproca. Manaka trascorre il suo tempo in giardino con il cane mentre Hiroshi prova una strana angoscia che lo porta a vivere momenti di vera crisi. La loro vista apparentemente tranquilla verrà scossa dalla morte del nonno di Hiroshi che porta i due coniugi a scottanti verità. L’amore e l’innocenza dei due giovani so oppone alle turbe dell’animo umano.
Questa lettura cade al pennello con le tematiche affrontate nel mio elaborato di tesi. Difatti, tratto l’importanza del giardino e della sua influenza positiva sull’essere umano. L’ambiente esterno incide fortemente sullo sviluppo psicofisico di ogni soggetto. A maggior ragione se quest’ultimo vive un lutto, l’ambiente viene visto come luogo dove canalizzare tutte le frustrazioni e trasformare tutto in energia positiva e produttiva. Dal titolo Honeymoon si comprende da subito che si tratta di una coppia di amanti, “luna di miele” anche se molto differente dal concetto amoroso e pacifico che noi occidentali gli attribuiamo. Questo romanzo della Yoshimoto appare più maturo ed unitario rispetto ai suoi precedenti lavori. Lo stile dei suoi libri appare sempre molto delicato e piacevole nonostante le tematiche affrontate. In maniera minuziosa e leggera, l’autrice tratta il tema dell’amore e della morte, il primo basato su una profonda conoscenza della anime. Non si parla di un amore pieno di passione o carnale ma più di un’unione di anime, di comprensione e di rispetto. Il secondo tema dà vita in un certo senso al rapporto intimo tra i due protagonisti. Struggente e pieno di inquietudine, il rapporto tra Manaka e Hiroshi non è il classico rapporto adolescenziale, sembrano proiettati in una realtà diversa, utopica. Anche in questo caso la Yoshimoto è riuscita a trasmettere al lettore i sentimenti provati dai personaggi utilizzati in quest’opera. Ogni capitolo si concentra su un aspetto del rapporto differente.
Ne consiglio la lettura per l’accuratezza e semplicità con le quali l’autrice ha descritto un rapporto tanto difficile da capire agli occhi del lettore. Abbastanza angosciante ma la sua intensità ti entra dentro le ossa. Si riconferma tra gli autori della letteratura giapponese che prediligo, anche se ho apprezzato altri romanzi rispetto a questo.
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Brainstorming fantastico
“Come potevamo intenderci? Nessuna cosa del mondo come si presentava al nostro sguardo bastava a esprimere quel che sentivamo l’uno per l’altra, ma mentre io smaniavo di strappare dalle cose vibrazioni sconosciute, lei voleva ridurre ogni cosa all’al di là incolore della loro ultima sostanza”
Le Cosmicomiche è una raccolta di 12 racconti scritti da Italo Calvino tra il 1963 e il 1964. Sono storie umoristiche e paradossali relative all’universo, all’evoluzione a tempo e spazio. Attraverso tali racconti, Calvino da prova dell’applicazione di metodologie per incrementare la fantasia tramite un intreccio di letteratura e scienza. Egli parla in prima persona impersonando il vecchio Qfwfq, prendono spunto da nozioni scientifiche, principalmente astronomiche, per costruire dei racconti surreali e esilaranti: i racconti sono preceduti da un breve enunciato in corsivo che fornisce degli elementi scientifici, o parascientifici, al lettore. Il racconto vero e proprio scritto sotto forma di monologo prende spunto dall’enunciato. La galassia, lo spazio, il percorso della luce, l’espansione dell’universo sono tutti concetti che vengono trattati nei racconti in maniera originale e creativa. All’inizio può risultare di difficile comprensione come testo, essendo che gli enunciati scientifici richiedono la conoscenza di nozioni di fisica; gli stessi monologhi alle volte fanno riferimento sempre a concetti spazio-temporali. Tuttavia, la vena fantastica rende il romanzo piacevole ed innovativo, vi sono frasi e racconti che arrivano dritti al cuore. Il titolo cosmicomiche prende spunto dalla combinazione tra il cosmico per la varietà dei temi trattati legati allo spazio, l’universo e il comico, la vena irriverente e creativa. Il libro è composto da codesti racconti:
- La distanza della luna: Storia preceduta dalla teoria della recessione della Luna ipotizzata da Darwin, secondo cui la Luna si sta allontanando di circa 5,8 cm all’anno dalla terra a causa della maree e della rotazione terrestre. Il monologo racconta che si poteva salire sulla luna dagli scogli di Zinco per prendere il latte lunare e che il più bravo era il cugino di Qfwfq, Il Sordo. Il vecchio si innamorò della moglie del comandante ma l’amore non era corrisposto perchè lei era innamorata del sordo. Da qui intrecci sotto l’effetto lunare.
- Sul far del giorno: Enunciato di riferimento all’origine e all’evoluzione del sistema solare di Kuiper. Il monologo tratta la vita infantile di Qfwfq caratterizzata da un buio totale perché la materia non era solidificata. Tutto cambiò con il primo calore e raggio di luce.
- Un segno nello spazio: Il moto di rivoluzione del Sistema Solare attorno al centro galattico è di circa 200 milioni di anni , questo perché la Terra dista dal centro circa 28000 anni luce. In questo racconto Qfwfq inizia una gara di segni insieme ad un certo Kgwgk in tutta la galassia, in quanto quest’ultimo cancellò il primo segno perfetto di Qfwfq che da quel momento iniziò a seminare qua e là segnali per depistarlo.
- Tutto in un punto: Tutto parte dalla legge di Hubble sulla velocità di allontanamento delle galassie dalla quale si può stabilire il momento in cui tutta la terra dell’universo era concentrata in un punto. La sovrapposizione, la poca socializzazione sono i problemi che affliggono Qfwfq nel suo luogo. Il movimento delle braccia della signora Ph (i)Nko creerà cambiamento, spazio e luce.
- Senza colori: Un chiaro riferimento all’atmosfera terrestre, un involucro di gas che riveste il pianeta e partecipa del moto di rotazione intorno al proprio asse. Tra i racconti questo è il più romantico presenti nel libro. Il mondo viene descritto incolore, senza colori e suoni, qui Qfwfq fa l’incontro di Ayl, una bellissima ragazza ma le loro conversazioni erano povere di argomenti. Erano l’uno l’opposto dell’altro, lui amava i colori, lei le cose opache. Quando dal crepaccio uscirono i colori, Ayl si ributtò nel dirupo per scappare dai colori e Qfwfq non la rivide più.
- Giochi senza fine: La teoria dello stato stazionario apre la sesta cosmicomica, proposta negli anni 50 dagli astrofisici Hoyle, Bondi e Gold che cercarono di unire le teorie di espansione dell’universo con una visione statica ed immutabile del cosmo. Qfwfq e i suoi giochi da bambino con l’amico Pfwfp, il quale barava prendendosi gli atomi migliori. Quando Qfwfq lo scoprì iniziò a costruire finti atomi, cercando di accumulare vantaggio.
- Lo zio acquatico: Il carbonifero comprende il periodo che va da circa 360 a 330 milioni di anni fa, che comprende la presenza di vertebrati dei pesci ossei e cartilaginei. Racconta la storia della famiglia di Qfwfq e dello strambo zio pesce N’ba N’ga che vive una vita alquanto strana e diversa rispetto agli altri. Infatti egli vive in profondità e si rifiuta di vivere in superficie; la conoscenza della ragazza del nipote porterà nuovo scompiglio in famiglia.
- Quanto scommettiamo e Gli anni-luce: La logica della cibernetica si riferisce ad una serie di retroazioni positive e negative che hanno portato alla formazione degli esseri viventi. Il feedback positivo porta ad incrementare il funzionamento del sistema stesso. Le scommesse del Decano e di Qfwfq basate sulla fortuna e il caso.
- I Dinosauri: Ovviamente alla base vi sono le teorie dell’estinzione dei dinosauri, tra cui la più plausibile è data dalla caduta di un meteorite. La vera essenza dei dinosauri è alla base di questo racconto in quanto Qfwfq fu anche un dinosauro e il periodo dell’estinzione fu assai brutto.
La forma dello spazio: La curvatura spazio-temporale da il via alla decima cosmicomica. Le cadute di Qfwfq, il viaggiare parallelamente tutto per raggiungere Ursula H’x, evitando il tenente Fenimore.
- La spirale: Calvino ci illustra la crescita di un mollusco e soprattutto di una conchiglia, elemento che attira l’attenzione grazie ai variegati colori. Qfwfq fu anche un mollusco attaccato ad uno scoglio per succhiare le particelle. La sua vita era senza cervello ma assai felice e diversa dalle altre.
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la semplicità di un'amicizia
Mari, appena laureata, torna per l’estate nel suo paese natale, dove realizzerá il suo sogno: Aprire un chiosco di granite artigianali.
Tuttavia, non passerá l’estate da sola a farle compagnia ci sarà Hajime, figlia di un amica della madre che sta attraversando un periodo difficile per la perdita della nonna. Sogni, desideri e spirito di vita, avvolgono le vite di queste due giovani fanciulle.
Un romanzo struggente su un amicizia che nasce per caso piano piano, confermando la Yoshimoto, la scrittrice della sensibilitá e del mondo interiore. Il mare, è il terzo protagonista, luogo di relax, riflessione e di alimentazione delle aspettative e delusioni delle due fanciulle. Un libro che si legge in un attimo e che nasconde ad ogni riga una luce che illumina l’animo del lettore.
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Il coraggio di Michele
Struggente, appassionante e commovente questi sono i tre aggettivi per descrivere il famoso libro di Ammaniti, dal quale nel 2003 Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo. La storia è ambientata in una calda estate del sud nel 1978 tra le case sperdute nel grano e le campagne abbandonate. Il contrasto tra la luce abbagliante del giorno che accompagna le varie escursioni dei ragazzi e il buio della notte, è presente in tutto il romanzo. Protagonisti della storia sono sei bambini: Teschio, il capobranco forte ed intimidatorio cerca sempre di sfidare i compagni, Salvatore il figlio dell’avvocato, Remo e Barbara, una bambina molto in carne (motivo per cui perde sempre le sfide). Michele e Maria Amitrano, tra i sei, sono quelli che avranno un ruolo chiave nel romanzo, in particolare il primo. Difatti, un giorno salvando Barbara dalla penitenza egli si arrampica sui muri di una casa e fa una scoperta che non si aspettava. Nella casa abbandonata scopre per caso una lastra di lamiera ed incuriosito la solleva e trova una fossa. All’interno di essa vede scorgere un piede che esce da una coperta. All’inizio, Michele si spaventa e non realizza bene ciò che ha appena visto ma successivamente andrà regolarmente in quella casa e farà la conoscenza di un bambino della sua età di nome Filippo Carducci. Tra di loro nascerà un’amicizia un pò a senso unico, in quanto Michele cercherà di sfamare Filippo e capire da dove proviene ma quest’ultimo appare confuso e disorientato. Il ritorno del padre di Michele, l’arrivo del suo amico Sergio e l’annuncio al telegiornale di una madre disperata faranno luce sulla scoperta effettuata da Michele. Un segreto che cambierà la vita di tutti per sempre.
Attraverso un linguaggio chiaro e un’attenta cura delle parole, Ammaniti racconta un fatto di cronaca nera che ha come ambientazione il Sud Italia. Tramite le fantasie di un bambino si descrive il suo stesso coraggio nell’affrontare qualcosa che è più grande di lui, insinuandosi nella tragedia di cui gli uomini di Acqua Traverse sono protagonisti. L’autore alterna il mondo dei bambini con i loro giochi, con i loro dubbi e il mondo degli adulti, fatto di incomprensioni, di mancanza di denaro e disparità. Un romanzo rivolto alla scoperta di sé stessi attraverso il rischio più estremo per fare la cosa giusta. La figura di Michele rappresenta il bambino-eroe che si ribella alle ingiustizie pur di fare il bene, scava fino in fondo per comprendere la verità. Da una parte è come tutti i bambini desidera avere le stesse possibilità degli altri ma dall’altra parte la sua tenacia, il suo coraggio lo portano a distinguersi. Io non ho paura è un’espressione struggente che prende significato nel momento in cui Michele abbandona il suo mondo fatto di giochi, di avventure, di magia per lottare contro i mostri del tempo.
Il finale appare alquanto struggente padre e figlio, faccia a faccia: lo sparo, lo stupore, la disperazione e la risoluzione. Questa è una storia che una volta letta non può essere più scordata, ti si insinua sotto la pelle e porta il lettore ad un’analisi della situazione non solo di ieri ma di oggi.
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I lati positivi di essere una Ghostwriter
"E' tutta qui la storia. Due facce in ogni cosa. La neve lascia il posto al fiordaliso. I sogni alla memoria. La vedova alla sposa. E' il gioco dell'Inferno e Paradiso."
Brillante, frizzante ed intrigante, questi sono gli aggettivi giusti per descrivere l'ultimo romanzo di Alice Basso, intitolato "Scrivere è un mestiere pericoloso".
La protagonista del romanzo è Vani Sarca, una ghostwriter di una famosa casa editrice. Scrive libri al posto degli altri, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio, gesto, parola che le potrà servire per far capire il punto di vista di chi racconta la storia. Tuttavia, è un mestiere che se da una parte la gratifica perché apprende tantissime nozioni (dalle neuroscienze alla cucina); dall'altra parte è costretta a rimanere sempre nell'ombra. Ella ama vivere in maniera semplice senza troppi fronzoli concentrandosi solo su quello che le piace: un abbigliamento da ragazzina punk/rock nero, le sue birre e patatine al formaggio e i suoi libri. Questa volta il suo editore le assegna di scrivere un libro di cucina seguendo le storie e ricette di una vecchia ormai ottantenne di nome Irma, la quale è stata per molti anni la domestica di una prestigiosa famiglia dell'alta borghesia. Tutto ciò porterà a galla vecchi scheletri nell'armadio, vecchi ricordi e a riaprire forse un caso ormai sepolto da anni. Tra una ricetta e l'altra, la donna inizierà a raccontare gli aneddoti di famiglia e le sfuggirà una confessione sul famoso delitto che si è consumato in quella casa.
Vani Sarca è la tipica donna che si butta a capofitto in un lavoro che le dona indipendenza ma che in fondo non è il sogno della sua vita. Accettato si suppone per distaccarsi da una famiglia un pò troppo oppressiva e presente e anche perché le permette di stare a contatto con i libri. Una donna dura ma che si sa sciogliere se a chiedere aiuto è una ragazzina della porta accanto, alla quale è affezionata. Una donna ferita dall'uomo che ha amato e che cerca di nascondere il suo rancore per non dargliela vinta quando lo incontra. Una donna disposta a tutto per scovare la verità e sempre pronta a nuove sfide.
La scrittura di Alice Basso è chiara e molto semplice. Riesce a delineare la storia in maniera scorrevole e piacevole, non vi sono buchi temporali o incongruenze che rendono la storia di difficile comprensione. Il personaggio di Vani è frizzante, ironico e dura al punto giusto in contrapposizione ad una donna dolce, umile e ormai invecchiata come Irma. Sarà quest'ultima a far ricredere Vani sulle persone dell'alta borghesia (per quanto si possa dire che ella ne facesse parte). L'esilarante protagonista è accompagnata dall'arguto e unico Berganza, commissario delle indagini che la iscrive a corsi di autodifesa e che l'aiuterà a prendere dimestichezza con la cucina. Proprio così la nostra Vani Sarca non sa cucinare e non le importa, le sue patatine al formaggio e le sue birre scure possono bastare. Dopo questo ricettario, però, la sua vita potrebbe prendere una piega diversa. Cosa sarà successo in quella casa? Chi è il famoso ex della Sarca? Com'è la vita di una ghostwriter?
Edito Garzanti Editori, questo libro si presenta come unico nel suo genere per il miscuglio giusto di suspence, ironia e creatività. Seduce, cattura e si legge tutto d'un fiato. Sarete colti di sorpresa, pagina dopo pagina, non lasciatevi sfuggire la possibilità di essere travolti dal mistero che avvolge la famiglia torinese.
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La psicologia come un castello per la mente
Il libro, il tuo castello tra le nuvole, si presenta come una sorta di guida per riorganizzare la nostra mente, arredarla a proprio gusto e renderla un posto migliore in cui vivere. Sin dalle prime pagine si comprenderà che esso può essere paragonato ad un libro di psicologia per le tematiche affrontate e lo scopo che si prefigge. A differenza, dei testi psicologici di cui io sono avvezza alla lettura, esso utilizza uno stile semplice e chiaro, comprensibile da parte del lettore, senza riferimenti a teorie pregresse. Lo scopo dell’autrice è fare in modo che il lettore possa rilassarsi e aprire la mente, lasciandosi trasportare dalla propria fantasia. Bisogna prendersi un pò di tempo per riorganizzare il proprio stato mentale perché se non si sta bene a livello mentale ne risente l’intero organismo.
Tramite suggerimenti ed immagini, la Tammes, ci dona un approccio originale per vivere in maniera positiva e in uno stato di benessere, entrando in interazione con tutte le nostre emozioni positive e negative. Le immagini utilizzate nel testo sono esemplificative dell’intento del libro e soprattutto donano all’opera un tocco innovativo ed allegro. La stessa copertina del libro ha attirato la mia attenzione scaturendo in me diverse interpretazioni:
A livello infantile mi ha ricordato molto la casetta che portava come copricapo la madre adottiva di Rossana (il cartone animato, si lo so sono abbastanza grandicella, ma che volete certe cose rimangono nel cuore).
A livello psicologico mi ha suscitato la tecnica del brainstorming, una tempesta di cervelli che tendono a sviluppare una serie di idee, connesse ad altre idee e così via.
A livello filosofico, ci sta la definizione di Heideggher che decideva che: “La verità sta nel pensiero”, tale affermazione non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
A livello pedagogico, la rappresentazione della casa come metafora della mente è quella che si avvicina di più credo al contenuto del libro. La costruzione di una casa mentale dove poter risiedere in maniera pacifica.
Entrando in questo castello, l’autrice ci mostra innanzitutto come approcciarci a tale libro, poi i tre castelli possibili dove risiedere fino a quando il nostro personale castello non sarà pronto. Essi sono: La casa sulla spiaggia, Il padiglione del tè e La capanna sull’albero.
Successivamente, si passa alla parte importante ovvero alla costruzione delle stanze che costituiranno il castello personale. Attraverso una serie di domande, veniamo guidati dall’autrice a fare i conti con tutto ciò che c’è nella nostra mente, a partire da: i nostri desideri, le nostre paure, i profumi, i ricordi e i sogni che vogliamo realizzare.
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Il viaggio come metafora della guarigione
“A me piaceva collezionare. Prima di allora avevo cominciato a collezionare piume d’uccello, e poi biglie colorate, e poi sassi strani, e poi plettri, e poi monete, e poi anche cose immateriali, voglio dire che collezionavo le nuvole, in base alla forma, al colore, alla posizione; e poi collezionavo parole, e ricordi, e conchiglie, e corde di violino. Io lo sapevo che era strano, ma era più forte di me. E quando sentivo che ero prossimo alla follia mi fermavo e cambiavo oggetto da collezionare.”
Chi di noi non ha mai collezionato qualcosa da piccolo: Conchiglie trovate in riva al mare, oggetti trovati negli ovetti kinder, bambole, peluchè, insomma qualsiasi cosa suscitasse il nostro interesse. Ed è quello che fa il protagonista di questo romanzo, sostenuto dai genitori, i quali lo riempivano di oggetti strani provenienti da ogni parte del mondo. Tuttavia, questa non è una semplice storia di un ragazzo appassionato di collezionismo. Si parla di sindrome di Stendhal. Come tutte le sindromi, essa provoca turbamenti, disturbi psicologici, in questo preciso caso è stata la passione del ragazzo (ormai venticinquenne), a far scattare la sua insorgenza. E’ la sovraesposizione a così tanta bellezza artistica a provocare nel viaggiatore, svenimenti, accentuati dalla sua irrefrenabile voglia di collezionare luoghi. Inaspettatamente, il dottore dirà che l’unica cura da questa malattia sta nel viaggio stesso.
Da qui si sussegue la descrizione da una parte di fatti accaduti nella sua infanzia e dall’altra parte il suo approdo in luoghi fantastici di tutto il mondo e oltre, presentandoci miti, leggende e altre storie che conosciamo. Personalmente, sono rimasta entusiasta di ogni parola scritta in questo libro, non soltanto per la minuziosità dei dettagli ma soprattutto per la scelta accurata dei racconti da trattare. Si passa dai riferimenti ad Ulisse a Circe, a Saffo, a Pavese, a Penelope, tutto descritto con una grazia ed eleganza disarmante.
“C’è una poesia ineguagliabile, nelle comete. Bruciano nel momento estremo della loro bellezza, e in quel preciso istante, quel fuoco eterno, diviene ricordo.”
Tutti noi abbiamo collezionato ricordi. Molto spesso ne siamo ossessionati, ci domandiamo se abbiamo agito bene o male, ci basiamo su di essi per non compiere gli stessi errori in futuro o ci rifugiamo in essi perché non riusciamo ad andare avanti. Ricordi effimeri, come effimero è il passaggio di una cometa. Un momento sei lì ad ammirare il suo passaggio ed un istante dopo ne vedi solo la scia e cerchi in tutti i modi di rivivere quell’esperienza tramite il ricordo. I personaggi descritti in queste storie non sono altro che esseri umani o esseri fantastici che rappresentano sentimenti, stati d’animo provati da ognuno di noi. La gelosia di Circe nei confronti di Scilla, l’amore di Glauco, il lamento di Scilla, amore e invidia due sentimenti che vi sono dall’alba dei tempi. E’ sempre il cuore a mettere in moto il viaggio dell’individuo.
“Cosa vogliono le donne? Il pensiero che fece ammattire Freud. E’ meglio la gloria o la felicità? Il dilemma che uccise Achille. Le bellezza proviene dal cielo profondo, o forse dall’oblio? Ciò che mai si spiegò Baudelaire. L’errore degli uomini, pensava, è quello di rincorrere una serie di risposte. Dedicare la vita all’attesa, alla strenua attesa di quelle risposte.”
Un altro aspetto importante che viene attenzionato qui, sono le mille domande che si pone l’essere umano sin da quando inizia a sviluppare l’intelletto e la capacità di riflettere. Domande, domande, e ancora domande che non possono ricevere sempre una risposta ma nonostante ciò l’uomo non smette di cercare in ogni luogo una soluzione. E’ insito nell’essere umano, chiedere sempre: Perché gli uomini sono cattivi? Perché nasciamo? Perché esiste la guerra? Perché quella determinata persona prova astio nei miei confronti? Una serie di perché, che rimangono insoddisfatti, in quanto l’uomo non può dare spiegazioni di ciò che è più grande di lui o di ciò che non gli compete.
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Vite insoddisfatte e incomplete
Chiara Gamberale, in questo romanzo, utilizza uno stile asciutto, fresco e vivace mescolando dialoghi rigidi a riflessioni piacevoli, piene di dettagli ma senza utilizzare troppi fronzoli. Una storia , che ha come protagoniste due donne Erica e Tea, le quali s’incrociano tra gli scaffali di un supermercato. Molto diverse l’una dall’altra, Erica ha un posto in banca, un marito devoto, la sera è impegnata con i compagni della mitica B a commentare la serie tv cult “Testa o Cuore”, di cui è protagonista Tea. Quest’ultima diviene l’oggetto d’attenzione e d’invidia di Erica che coglie nella sua vita una sorta di pace assoluta e sogna di vivere in libertà come una bambina, senza responsabilità, di essere travolta da una grande passione e sentirsi più leggera. In un assurdo gioco di equivoci, le due donne si spiano la spesa e si contemplano a vicenda; entriamo a contatto con quelle che sono le loro insoddisfazioni personali, insomma uno squarcio sulle loro esistenze, sulle loro scelte e il loro destino. Tuttavia, la vita di Tea non è come pensa Erica. Anche se è una donna affascinante, sfuggente e che ha sempre ottenuto ciò che desiderava, Tea è molto fragile, basti pensare al suo disastroso rapporto coniugale, il quale riporta alla luce tutte le sue insicurezze. Per lei la felicità è senza dubbio la stabilità, quella normalità che scorge in Erica soprannominata “la signora Cunningham”, perché rappresenta la mamma dolce e amorevole che abbiamo conosciuto in Happy Days.
“L’incontro fatale della nostra vita, forse, fa proprio così: prima ci riscatta d tutto quello che da bambini non avevamo, non eravamo. Poi, giorno dopo giorno, ci fa venire una nostalgia tremenda di tutto quello che avevamo, che eravamo. E quel riscatto ci appare improvvisamente un attentato.”
Un romanzo, molto leggero ma pieno di contenuti e spunti per ottime riflessioni sul mondo attuale dominato dal predominio dell’esteriorità, della ricerca dell’ideale perfetto e del crollo dei rapporti interpersonali. Un’analisi sul vivere moderno, sull’incomunicabilità all’ interno delle mura domestiche tra moglie e marito, genitori e figli e di conseguenza la ricerca di conforto altrove. Un libro che mira dritto al cuore, portando a scavare attraverso la lettura di queste due protagoniste, dentro noi se stessi e portare alla luce quelle che sono le nostre ansie e delusioni.
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Elementi essenziali nella vita di oggi
Quando sono di fronte ad uno scritto di Calvino lo stupore e la meraviglia mi colpiscono in pieno. Da sempre, sono stata affascinata dal suo modo di scrivere e vedere la realtà, con occhi diversi. Lezioni americane, è un libro che raccoglie le sei conferenze che l’autore ha scritto come proposte per il nuovo millennio. Alla morte di Calvino, il libro era senza titolo ma grazie ad Esther Calvino viene alla luce che Pietro Citati durante le sue visite aveva l’abitudine di esordire: Come vanno le lezioni americane? E di lezioni proprio si parlava.
Dunque, partiamo dalla prima:
- Leggerezza: “…nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna.” Parlando di leggerezza, egli la considera un valore e non un difetto facendo riferimento ad opere del passato andando alla ricerca di ideali e come questo valore si sia situato nel presente e nel futuro. Di conseguenza, ci presenta il mito di Perseo colui che uccise Medusa, un riferimento a Kundera e alla sua opera “L’insostenibile leggerezza dell’essere” e a Lucrezio e il suo “De rerum natura”, nel quale viene delineata la dissoluzione della compattezza del mondo. Successivamente, troviamo un riferimento anche ad Ovidio, Cavalcanti e alla sua narrazione intessuta di un linguaggio alleggerito senza peso e a Cyrano De Bergerac. Quest’ultimo celebra l’unità di tutte le cose, la varietà delle forme viventi e il senso di precarietà dei processi.
- Rapidità: Si parte dalla leggenda di Carlo Magno dello scrittore Barbey d’Aurevilly alla versione di Petrarca per delineare il concetto di rapidità come ritmo che scandisce il racconto. Si fa inoltre riferimenti alle novelle di Boccaccio e Calvino prende per buona la definizione del termine elaborata da Leopardi nello Zibaldone: “la rapidità e la concisione dello stile piace perchè presenta all’anima una follia d’idee simultanee, così rapidamente succedentisi, che paiono simultanee, e fanno ondeggiar l’anima in una tale abbondanza di pensieri e d’immagini….”. La conferenza continua facendo riferimento al Dialogo dei massimi sistemi e il tempo di Mercurio e Vulcano.
- Esattezza: Tale termine vuol dire tre cose, un disegno ben definito; l’evocazione d’immagini nitide e un linguaggio preciso. Viene nuovamente citato il Leopardi, autore straquotato nell’esplicitazione ben definita dei termini presentati nelle sue conferenze. Calvino, sente il bisogno di difendere i valori importanti che hanno dato vita a queste proposte per il nuovo millennio, per non usare il linguaggio in maniera approssimativa e casuale. E in questo caso, sembra giusto citare la poesia l’infinito del Leopardi…” e il naufragar m’è dolce in questo mare” non è vista solo come chiusura del componimento ma anche come un senso di dolcezza misto ad angoscia. La conferenza si conclude con un autocitazione delle città invisibili e un accenno a Paul Valery.
- Visibilità: Facciamo qui riferimento al Purgatorio di Dante e alla moltitudine di immagini che creano diversi livelli dell’immaginario sottolineando l’importanza della fantasia. Questo valore è tra quelli più a rischio, gli uomini con il tempo lo stanno perdendo, non riesco a mettere a fuoco visioni ad occhi chiusi. Ecco qui, che prende piede l’importanza della pedagogia dell’immaginazione, un attenzione alle visioni interiori senza soffocare la propria immaginazione. Segue la citazione di Balzac con Le chef-d’ceuvre, parabola dello sviluppo dell’arte moderna e si accentua che “tutte le realtà e le fantasie possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo ed io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale.”
- Molteplicità: Calvino, parte da una citazione di Gadda dal romanzo “Quel pasticciaccio brutto de via Merulana”, scelta perchè la sua filosofia si presta bene al suo discorso del sistema dei sistemi. Qui vengono citati anche i poeti maledetti come Mallarmè, Flaubert e Mann. Si afferma che ciascuno di noi è una combinazione d’esperienze, informazioni e letture. Ogni singola vita è fatta di oggetti, stili, dove tutto si mescola e ricompone.
Attraverso queste conferenze, l’autore ha avuto la possibilità di dire tutto in tutti i modi possibili. Un attenzione alla capacità di scrittura e di lettura, dell’inizio e della fine. Non è facile leggere un libro come questo al giorno d’oggi né tanto meno comprenderlo a fondo, ognuno ne estrapola il suo di significato. Si pone come l’ingresso in un mondo di valori che si cerca di salvare in una società dove sono poco attenzionati.
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Il cammino verso il proprio sè (?)
“Prima vedevo sempre le
cose nel modo più complicato,
ma dopo aver percorso il
Cammino ho capito che le
cose sono molto più semplici.”
Paulo Coelho, racconta la sua esperienza iniziata per ritrovare la sua “Spada”, situata alla fine del Cammino di Santiago di Compostela. Accompagnato dalla guida Petrus, entrerà in contatto con una serie di riti di tradizione e molte prove per divenire mago dell’ordine. Importante, l’incontro con il Cane Nero, il quale raffigurava la figura del Demonio, con cui si sconterà durante il percorso
E’ il primo romanzo di Coelho e tra i più sentiti, nel quale racconta questo viaggio, contribuendo ad incrementare il numero di pellegrini che si apprestano a compiere questo cammino. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dallo splendore di questo libro, oltre ad ammirare questo scrittore per il suo modo di scrivere, ammiro la sua incrollabile fede e il modo in cui riesce a trasmetterti le sue emozioni. I vari rituali descritti nel libro sono molto particolari, tra cui “Il risveglio dell’intuizione” (L’esercizio dell’acqua),quindi, consiglio vivamente non solo a chi è fedele ma anche a chi non lo è di accostarsi alla lettura di tale racconto. Un giorno, spero non molto lontano, anch’io percorrerò questo Cammino, magari andando alla ricerca del mio Io Interiore. Un viaggio per il corpo e per l’anima.
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La lotta contro il bene e il male
“L’uomo ha bisogno di quello che ha in sé di peggiore per raggiungere ciò che di migliore esiste in lui.”
Coelho, in questo romanzo, tratta la sfida tra il bene e il male, raccontando le vicende di un piccolo paese e dei suoi abitanti. L’arrivo di uno straniero, turberà la vita tranquilla della gente e della signorina Prym, la quale sarà portata da egli a prendere una scelta: commettere un delitto in cambio di ricchezza. La storica lotta tra il male e il bene, condanna l’umanità dagli albori dei tempi, a compiere una scelta verso uno dei due estremi. Non rimane che chiederci chi è lo straniero? Perché l’anziana Berta vede il diavolo camminare con lo straniero? Perché la giovane Prym non riesce a dormire e appare spaventata? Ancora una volta, l’autore si conferma come lo scrittore della “religione”, dedicando il suo tempo a far comprendere al lettore che la nostra dipende dalle scelte che ognuno di noi effettua. Condizionano la nostra esistenza e quella degli altri, in ogni individuo può prevalere sia il bene che il male, basta seguire la via giusta. Stupirà la reazione del popolo di fronte alle dicerie dello straniero anche se a dire il vero rispecchia quella della società industriale di oggi, sempre pronti a cercare un capo espiatorio.
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La ricerca di un riscatto
Il libro intitolato “La sposa scomparsa” ruota intorno alla vicenda di Carmen Minardi, una donna in procinto di sposarsi di cui viene dichiarata la scomparsa. Esso era un caso ormai chiuso di cui si era occupata Vittoria, giovane agente di polizia, che per mancanze di prove aveva ritenuto irrisolvibile. Tuttavia, la madre della ragazza non si rassegna e si presenta alla porta della casa dell’agente, avendo l’opportunità di fare la conoscenza della madre Libera e della nonna Iole. Le due donne impietosite dalla storia della signora cercheranno di aiutarla, riapprendo un caso ormai sepolto da anni.
“Rosalia chiuse gli occhi e si concentrò, come se non volesse dimenticare nemmeno una sillaba: Vado a vincere la mia guerra”
Indagini, intrighi e misteri sono alla base di questo romanzo scritto da Rosa Teruzzi. Attraverso uno stile semplice e melanconico, l’autrice ha tracciato una storia di cronaca nera intrecciata alle vicende di tre donne: Vittoria, impavida e severa agente di polizia che non si arrende alla morte del padre Saverio, caso rimasto irrisolto; Libera, madre apprensiva e preoccupata per la vita della sua giovane figlia ma anche una donna intimidita e impaurita di rifarsi una vita dopo la morte del marito ed infine abbiamo Iole. Iole, madre di Libera e nonna di Vittoria, è il personaggio più particolare del libro. Briosa, attiva e curiosa spingerà Libera tra le braccia dei pretendenti e ad aiutarla nel caso di cronaca. La storia non appare mai banale nè scontata, anzi è piena di colpi di scena. Lo stesso finale appare sconvolgente ed improvviso, io stessa non sarei mai arrivata a tale conclusione. Tuttavia, avrei trattato di più il caso della morte di Saverio, visto che è una vicenda che sta molto a cuore alle protagoniste, anche perché rimane un punto interrogativo su tutta la vicenda. Appassionante, coinvolgente ed intrigante questo romanzo terrà incollato il lettore alle pagine sino alla fine di esso. Inoltre una cosa che mi ha colpito molto è l’importanza che Libera da ad ogni singolo fiore. Infatti i suoi bouquet vengono considerati dei portafortuna, proprio per la cura che lei riserva nella cura e realizzazione.
Consiglio vivamente la lettura piacevole di questo romanzo giallo. Si presenta come un misto tra un libro di cronaca contornato da battute ironiche che smorzano la drammaticità dell’accaduto.
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L'importanza delle piccole cose
“Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.”
Il libro intitolato Marcovaldo ovvero le stagioni in città è composto da venti novelle, dedicata ognuna ad una stagione. Il ciclo delle stagioni si ripete in circolo per cinque volte. Alla base di ogni novella vi è il rapporto tra il protagonista, Marcovaldo e il contesto esterno, creando nel contesto immaginativo una storiella a vignette per l’infanzia. Difatti, il linguaggio utilizzato è molto semplice adatto ad un pubblico infantile, tuttavia la lettura di tale romanzo si può rivelare utile anche agli adulti per riscoprire vecchie qualità. Infatti, ogni individuo si può rispecchiare nella figura di Marcovaldo, un uomo gentile, d’animo nobile che cerca sempre di pensare a cosa è bene per la sua famiglia. Incarna lo stereotipo di padre che si spacca la schiena in fabbrica per sfamare la sua famiglia, un eroe alla Charlie Chaplin, che cerca di evitare guai alla sua famiglia. Una famiglia assai povera e sfortunata (non quanto I malavoglia) ma che tuttavia, vivono la vita in maniera diversa rispetto agli altri e non solo per il loro stato di deprivazione economica.
Marcovaldo si propone come un esempio per i suoi figli, un uomo di Natura, un buon Selvaggio, che si sente un estraneo all’interno della città, prestando attenzione alle piccole cose, ai cambiamenti da una stagione all’altra, ai suoi frutti e alle sue peculiarità. In un certo senso si comportano come degli immigrati in un mondo al quale non possono sfuggire. Egli sogna il ritorno allo stato di natura ma ogni giorno va incontro ad un immancabile delusione, perchè il mondo di oggi si basa tutto sull’economia. E’ l’azienda che regna sulle persone e sulle cose del tempo, è la società monetaria quella che vige ai tempi di Marcovaldo. Un chiaro esempio della società di oggi, troppo attenta al denaro per prestare attenzione al cambio di colore delle foglie da una stagione all’altra. Per carità il denaro è importante ed è questo che ci fa vivere ogni giorno. Quello che io mi chiedo, però, è: Vogliamo insegnare ai nostri figli questo o fargli leggere opere come questa del Calvino, dove si rieduca al bambino a “perdere tempo” per stabilire un contatto positivo con la natura?
La città non viene mai menzionata, può riferirsi a Torino come a Firenze, l’indeterminatezza è un effetto ricercato e voluto dall’autore per significare che non parla di una sola città corrotta ma che lo sono tutte. Tutte sono metropoli astratte e atipiche. Un altra cosa che si nota è l’accostare la semplicità infantile del racconto con lo stile poetico e rarefatto delle piccole miserie della vita. Un fondo di malinconia veleggia in ogni novella ma Marcovaldo non è mai pessimista nei confronti della vita: è ostinato, ostile contro chi lo è con lui e non si arrende mai. La nostalgia, il rimpianto per un mondo perduto sono i concetti chiave per progettare il cambiamento.
In conclusione non è un libro solo per bambini o ragazzi, Calvino ha scritto un opera dove il piano infantile e quello dell’adulto si incontrano in un mondo perplesso e contraddittorio. Vi è la presentazione di temi contemporanei per sensibilizzare il lettore ad uno spirito critico in costante riflessione sul mondo in cui vive.
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La ricerca di sè e della felicità
“Ciò che uno prova per gli altri non ha niente a che vedere con ciò che gli altri provano per lui. Se le due cose coincidessero sempre, vivere sarebbe un gioco da ragazzi.”
La meraviglia degli anni imperfetti è il nuovo libro della Sanchez, edito Garzanti editori. Il protagonista della storia è un ragazzino di sedicenni anni di nome Fran che vive in un complesso residenziale e apparentemente svolge una vita normale come tutte le altre. Tuttavia, la sua condizione a casa, il rapporto con il gruppo dei pari e la dura realtà della società nella quale vive, lo rende un ragazzino insoddisfatto e alla ricerca della felicità.
Da un attenta lettura del romanzo si possono evincere tre parti fondamentali al suo interno: la prima parte che riguarda l’adolescenza di Fran; la seconda il rapporto con il mondo esterno e infine la terza, Fran e il futuro. Nella prima parte, Fran appare un ragazzino come tutti gli altri va a scuola e passa il suo tempo con l’amico Eduardo un tipo ostile al mondo esterno e un indiscusso genio. Tuttavia, i pensieri di Fran sono completamente rivolti verso Tania, la sorella di Eduardo di cui è segretamente innamorato dalla prima volta che l’ha vista. I continui incontri con Tania trascineranno Fran in un vortice di sogno e felicità che tuttavia saranno spezzati da un annuncio importante di Tania, che la porterà lontano da lui. Aspetto fondamentale è la condizione di deprivazione affettiva in cui vive il protagonista: il padre è sempre fuori per lavoro e non presta attenzione al figlio; la madre, invece, è troppo attenta ai suoi bisogni e alle scappatelle amorose tra cui quella con Mister Gambe, per occuparsi del figlio. Egli cresce nella solitudine degli anni imperfetti trovando come unico conforto le conferenze e discussioni con un uomo più grande di nome Alien.
“Sarebbe morto di fame e solitudine. Ci sono affetti che funzionano soltanto da lontano.”
Nella seconda parte, troviamo un Fran cresciuto che lavora in videoteca ed inizia a comprendere come la vita sia difficile e come tutto non sia come sembra. La vita perfetta di Eduardo lo è solo apparentemente, difatti, sia il suo amico che la sorella per ottenere il benessere economico hanno rinunciato alla gratificazione anzi vedono in esso la somma felicità. Fran vive una vita ordinaria, senza entusiasmi, senza sbocchi, si trova allo sbaraglio senza un vero obiettivo. Il padre scompare dalla sua vita e da quella della madre, troppo interessato a sè. Mentre la madre cercherà un modo per risollevarsi e aiutare il figlio, prendendo coscienza di non potersi più dedicare a sé stessa. La consegna di una chiave da parte di Eduardo cambia la vita di Fran. La terza parte riguarda il futuro di Fran e i due incontri che farà, successivamente, quello con Yu e quello con il signor Delgado.
La scrittura della Sanchez si rivela a tratti confusa e permeata da una profonda malinconia percepibile in ogni singola pagina. Ci presenta la figura di un anti-eroe che non riesce per varie vicissitudini a migliorare la sua vita. Disilluso e disincantato dalla vita, Fran inizialmente si fa trasportare dalle sue emozioni vivendo ogni singolo istante che può con la sua amata (prima Tania, poi Yu). Tuttavia, rimangono troppi interrogativi in aria: Che fine ha fatto Eduardo? Perchè ha consegnato la chiave a Fran? Perchè il padre ha lasciato la madre? Cosa c’entra il signor Delgado con la storia? Interrogativi che non avranno risposta ma lasciano al lettore la possibilità di ricercare la risposta ovunque. La morale, quindi, risulta incomprensibile e sfuggente. L’aspetto che ho apprezzato molto è il piano filosofico riservato alle conferenze di Alien che hanno influenzato in maniera positiva la vita di Fran, alimentando la sua predisposizione romantica. Fran è un ragazzino come tutti che si lascia trasportare dai dubbi e dalla ricerca dell’amore. Il suo incontro con Yu sarà spontaneo e delicato, un incontro del destino.
“La mente non si ferma. Anche se non vuole pensare, pena. Ma cosa pensa? Tutto dipende da ciò che le dai, se la rifornisci abbastanza, perché in caso contrario dovrà adattarsi a ciò che ha di volta in volta. Di volta in volta l’irresistibile sensazione che annega la coscienza con i suoi piccoli specchi che la moltiplicano. Forse da qui provengono le ossessioni patologiche, dal tentativo di saziarsi nella stessa sensazione, rigirandola, mangiandola a poco a poco o trangugiandola e in tutti i modi possibili. I pezzi dello specchio che si compone nelle forme della memoria. Abbiamo bisogno di riserve per il pensiero futuro.”
Devo dire la verità dal titolo e dalla copertina mi aspettavo un altro tipo di storia. Una storia basata su un amore tra un uomo e una donna che rimpiangevano i loro anni adolescenziali anche seppur imperfetti. La copertina del libro è molto bella fa riflettere, trasporta il lettore in un luogo da sogno. La luna d’argento che illumina la stanza di Fran e gli incontri con le “sue donne”. Tutto sommato sono contenta di essermi sbagliata perché vuol dire che il libro non è scontato, tuttavia mi ha lasciato l’amaro in bocca perché non sono riuscita a darmi le risposte su molte domande. In fondo, va bene così la vita è fatta di domande a cui non sempre riusciamo a dare una risposta, nonostante ci impelaghiamo in inutili tunnel senza uscita.
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La magia dei ricordi
L'abito di piume, titolo italiano dell’opera giapponese Hagoromo, narra le vicende di Hotaru, che torna al paese natale per dimenticare le sue pene d’amore (ha vissuto a Tokyo, una relazione con uomo sposato, che decide di rimanere con la moglie). Ritornare al paese per Hotaru, significa entra in contatto con la sua infanzia, i suoi ricordi e sentimenti positivi come la pace e la serenità che aveva dimenticato, trascorrendo le giornate aiutando la nonna nel suo cafè. Irromperà nel suo vita, Mitsuru, giovane ragazzo che le lascia dentro un insolita sensazione di deja vu, che la porterà a ripensare al suo passato, ai suoi familiari per la costruzione del suo futuro.
"Era da molti anni che non scrivevo più un vero romanzo adolescenziale.
Ho cominciato a lavorarci in un periodo di smarrimento totale, tanto da non riuscire a portare a compimento la parte della delusione d’amore della protagonista. Sono stata costretta addirittura ad accantonarlo, proponendomi di riprenderlo in mano una volta che mi fossi riavuta… poi invece la storia mi è piovuta giù dal cielo."
Come abbiamo già detto, il titolo originario era Hagoromo, esso è un particolare tipo di kimono leggerissimo che donne-angelo, indossano per volare tra il mondo terreno e l’aldilà. Guarita dal dolore, Hotaru può indossare il suo ?abito di piume” per librarsi in volo verso la vita, riappropriandosi della sua gioventù e dei suoi sentimenti. Lo stile del romanzo è abbastanza struggente accompagnato dalla tema della “salvezza” dell’animo uomo per la speranza di un futuro migliore. Intenso ed emozionante, simile ad una favola, può essere un libro da leggere sotto l’ombrellone o alla sera al calar del sole. La sensazione che ti lascia dentro, quest’opera, è che non è mai troppo tardi per recuperare la propria spensieratezza, un entrare in contatto con il proprio io-bambino e seguirlo nel fare scelte migliori.
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Pura poesia
Questo romanzo narra l’emozionante storia del pianista Novecento, mai sceso dalla nave “Virginian” dov’era nato. Viene trovato per caso da Danny Boodman, un marinaio di colore alla nascita che gli farà da padre fino all’età di otto anni, fino a che non morirà in una burrasca. Il bambino scompare misteriosamente nei giorni successivi alla morte di Danny e quando ricompare incomincia a suonare il pianoforte Così iniziò ad esibirsi tutte le sere sul piroscafo che portava gli emigranti in America; la gente saliva da qualsiasi parte del mondo per sentirlo suonare. Molto importante, la figura del narratore, il trombetista amico di Novecento e colui che ci racconta la storia.
Fu questa pagina ad avvicinarmi alla lettura di questo romanzo:
“A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran. Cos’è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto fra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buona notte, ‘notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto: fran. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all’Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: “A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave”. Ci rimasi secco. Fran.”
.....rimasi di sasso, per quant'era stupenda questa pagina. Non so era applicabile alla vita umana, a quello che stavo provando in quel periodo.
Uno dei migliori libri di Baricco, è inspiegabile come con passione egli riesca a descrivere questo personaggio e le emozioni che la sua musica suscita in milioni di persone. Nel romanzo viene sottolineata anche l’immensità del mare, scenario comune ai tanti migranti che salgono e scendono dalla nave. Altra protagonista è la musica, dalla quale Novecento non riesce a svezzarsi, non riesce a pensare ad una vita all’infuori di quella che conosce. Pagina dopo pagina riesce a conquistarti e catturarti e inizi anche a provare strane emozioni di commozione nei confronti di Novecento.
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Donne non più vittime ma combattenti
“A volte le avventure che ti cambiano per sempre assomigliano a quelle che affronti quasi per caso.”
Durante la visione del catalogo della casa editrice “ChiareLettere”, il primo libro che ha colpito la mia attenzione è stato “Ms Kalashnikov”, sia per il titolo particolare sia per questa copertina a sfondo nero, raffigurante questa donna pronta alla guerriglia. Inizio a documentarmi e scopro, con mio grande piacere, che si tratta di un libro sulle donne, ma non una semplice descrizione della vita delle donne bensì delle guerriere, combattenti. Donne piene di sogni, desideri che tuttavia, vivono una quotidianità diversa dalla nostra: sono donne che lottano sul campo da Capo Verde al confine tra Libano e Siria alla Repubblica del Congo. Ms Kalashnikov non è solo il racconto in presa diretta di Francesca Tosarelli, la quale con grande coraggio ha deciso di uscire dalla sua zona di “pace” e di tuffarsi in guerra per vivere, sentire e percepire con tutta se stessa quest’esperienza. E’ un romanzo che può dare tanto a chi si accinge alla sua lettura perché da voce ai pensieri di donne che provengono da diversi angoli del pianeta. Ci mostra le zone devastate dalla violenza della guerra, le loro usanze e persino, nonostante il clima di terrore, anche un loro modo di far festa, vestirsi e comunicare.
Attraverso gli occhi di Wu Ming 5 e F. Tosarelli riusciamo a far luce su questo nuovo mondo basti pensare alla storia di Ja, donna forte, muscolosa ma allo stesso tempo timida e riservata che estrae la sabbia in condizioni molto precarie. Nonostante ciò, presenta una grande forza interiore , che spinge la stessa scrittrice ad avvicinarsi a lei, provando non solo curiosità ma stima ed amicizia. Emerge il desiderio di Ja di ottenere il visto turistico e nello stesso tempo la rinuncia per le varie porte che le sono state sbattute contro, la sua voglia di completare gli studi, d’insegnare alla materna. Casa, lavoro e serenità, cose per noi normalissime ma che per loro valgono tanto, in un mondo dove la mancanza di soldi e di buone condizioni di pace non permettono di condurre una vita serena e agevole.
Si susseguono all’interno del libro, le varie pagine di diario di R.P. e F., che contengono riflessioni, momenti particolari di questa loro esperienza. Questo romanzo si presenta come una possibilità di nuova scrittura, intima e molto autobiografica, che ci catapulta dentro il loro vissuto interiore. Un passo, che trovo esemplificativo di tutto il libro, mi risuona ancora in testa:
“Di giorno in giorno, in questo autunno, mi analizzo, provo a ricaricare le batterie, mi interrogo. Me la vivo meglio che posso. Mi alleno, studio, danzo. No. Non me la vivo bene. Il cuore è altrove, dove le donne hanno scelto di non essere più vittime e provano a prendere in mano la propria vita, o ciò che ne rimane. E combattere.”
Saltano all’occhio, anche le parole di Fanette Umuraza, quando descrive la situazione delle donne in Congo, l’aspettativa dei genitori sul matrimonio all’età di diciotto anni e all’opposto la sua strategia di far lavorare le donne insieme in campi maschili. L’obiettivo era mostrare alle donne, le capacità che possiedono e che sono in grado di essere uguali agli uomini. Possono desiderare le stesse cose, pianificare gli stessi progetti ed effettuare un training formativo, per proteggersi, dagli stupri, violenze ed uscire dallo status di vittima di guerra. I lutti, saccheggi, la fame sono tutti elementi che fanno parte del loro quotidiano, di queste donne che al posto dei libri tengono il mitra in mano.
“Le donne servono eccome in guerra, pure al fronte. Allo stesso modo, se c’è una resistenza, c’è bisogno di braccia. E se le donne saranno lì, al fianco degli uomini, armate, dotate di più o meno potere, con capacità differenti, quello della guerra sarà uno snodo centrale per il cambiamento.”
Dall’altra parte, come già ho accennato, accanto a situazioni di guerre, attentati, di deprivazione e soprattutto sogni infranti, vi è il comprendere le loro usanze, tradizioni e rapporto con il corpo. La musica incalzante di Olomide che ti entra nelle vene, i balli, i loro vestiti dai colori sgarcianti (come rosso, azzurro, giallo) ci portano all’interno della dimensione popolare, dove la comunicazione attraverso il corpo è alquanto eccezionale e travolgente.
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All'interno della vita di una top model
Voglio essere una top model è un romanzo senza grosse pretese, si presenta con un linguaggio semplice, diretto e coinvolgente. E’ un libro frizzante, dallo stile essenziale e piacevole, con qualche tinta romanzata ma soprattutto realistica. Divertente e dinamico, dolce e delicato, pieno di sogni, rabbie e delusioni. Un misto di emozioni, sorrisi e lacrime da divorare pagina dopo pagina.
“Il cervello si ferma, le gambe hanno un cedimento; faccio un passo avanti e fisso incredula la foto che appare sugli schermi. Un sorriso mi sfugge dalle labbra e la verità si fa strada tra la densa nebbia del mio cervello. Non ci credo…Dieci, sono in finale!”
Difatti, la storia del libro è autobiografica. Esso tratta la storia di Daniela Azzone e della sua carriera da top model, iniziata alla età di 16 anni. Ciò, comporta molti cambiamenti nella sua vita. Dopo aver sostenuto il suo primo provino ed un inizio un pò imbarazzante ed impacciato, le porte dell’alta moda si spalancano davanti ai suoi occhi. Farà la conoscenza di famosi stilisti, fotografi e parteciperà alle sfilate e feste più illustri.
Ahimè, non è tutto oro ciò che luccica. Se da una parte Daniela sta realizzando il suo sogno supportata da sua madre, dall’altra l’autrice ci apre il suo cuore accennando ai drammi che vive sotto il tetto domestico. Un padre assente, una madre che soffre di depressione e il distacco della sorella Teresa portano Daniela a non vivere in un clima sereno e pieno d’affetto, anche se non è sempre stato così. Per fortuna, può contare sull’amicizia e vicinanza di Giulia, sua compagna di classe e amica del cuore, che l’ha sempre sostenuta.
“Nonostante tutto, il mio sogno è ancora costruire una famiglia, forse quella che non sono riuscita ad avere. La verità è che mi sento sola. Mi manca il supporto, il conforto e il sostegno che mia madre aveva promesso. Mi sento un pesce fuor d’acqua ovunque vada.Sia che parta sia che resti c’è sempre qualcosa che mi manca. Soffro la lontananza.”
Daniela Azzone con questo libro ci dimostra che se abbiamo un sogno non dobbiamo mai mollare, bisogna inseguire sempre i propri desideri. Ciò non toglie che bisogna impegnarsi sin da subito, rimboccarsi le maniche e fare tutto il possibile, dare il meglio di sé. La vita non regala niente a nessuno e anche la vita della top model che agli occhi degli scettici può sembrare solo tutta feste e sfilate, si sbaglia di grosso: si deve stare attente all’alimentazione, prendersi cura del proprio corpo, quindi non soltanto mangiando cibi sani ma facendo anche molto sport. Richiede dedizione, impegno per non deludere chi ha riposto in te la sua fiducia e ciò si evince bene dal racconto dell’autrice. Nonostante la vita possa giocare qualche brutto tiro o qualcuno che sia un rivale, un amore o un familiare a sbarrarci la strada, non bisogna demordere.Un altra lezione da prendere in considerazione da queste pagine è che avere vicino qualcuno che ti sostiene fa tanto nella vita, quindi tenete sempre stretti a voi gli amici più cari, i vostri genitori saranno loro a supportarvi quando tutto andrà male, a festeggiare con voi quando conseguirete un successo. Il nostro destino ce lo scriviamo noi, bisogna solo crederci fino in fondo.
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La (ri)nascita
“Quando si è fragili emotivamente, basta guardare un panorama, ascoltare il suono del mare e ricordarsi il volto delle persone con cui siamo stati fino a qualche istante prima. ”
Banana Yoshimoto, in questo romanzo parla di Kimiko, una giovane scrittrice di romanzi rosa che esce con Goro e che convive con Yukiko, una lontana parente molto più grande di Goro. Una sera dopo una stupenda visita all acquario di Tokyo, Goro e Kimiko visitano i delfini e si avvicinano molto l’uno all’altro. Da quella sera, cambierà l’intera vita di Kimiko che deciderà di trasferirsi in un tempio vicino al mare per stare lontana da Goro, con il quale non vede un futuro. La conoscenza di Mami, le rivelerà una notizia scioccante.
Un romanzo molto toccante e scorrevole, ancora una volta l’autrice affronta un tema molto importante come il rapporto tra sorelle, la malattia che fa avvicinare le persone e la sofferenza che crea cambiamenti eterni. La passione che unisce Goro e Kimiko è qualcosa di percepibile sin dalle prime pagine e l’amore che unirà Kimiko e Akane sarà qualcosa di unico e tipico della cultura giapponese. Le riflessioni sulla persona umana, sul suo carattere, su cosa la renda diversa dagli animali, il senso di vuoto di quando ci si trova soli di fronte alla vita sono i punti cardini del romanzo. E soprattutto il tema del sogno, che avvicinerà inconsciamente Kimiko alla verità e alla sua condizione
Un romanzo dolce, delicato e piacevole soprattutto nella descrizione della nascita e della conseguente rinascita di una donna che diventa madre.
Indicazioni utili
L'alba di un nuovo giorno
"Aveva qualcosa di speciale?
Tutto. C'è solo lui, al mondo.
Cioè?
Non c'è nessuno come lui
Dov'è adesso?
Non con me
Perchè?
Lasci perdere."
Tre incontri. Tre storie. Nella prima, una donna di 42 anni e un uomo, venditore di bilance inizieranno a conversare nella hall di un hotel. Nella seconda, una ragazza molto giovane arriva in un albergo in compagnia del suo fidanzato, un tipo violento e alquanto volgare, dal quale si distaccherà, intrattenendo una conversazione con il portiere. Egli le consiglierà di lasciare il ragazzo e pensare al suo futuro. Nella terza e ultima storia, protagonista è una donna che ha assistito tutta la notte un bambino, sconvolto dalla visione delle fiamme che distruggevano la sua casa.
Questo romanzo, viene citato all’interno del libro Mr Gwyn, si propone come una continuità di quest’ultimo, anche se può essere compreso anche senza aver letto il precedente. Lettura scorrevole, piacevole, Baricco rappresenta attraverso questo lavoro la visione della vita da tre punti di vista differenti legati a diverse fasi dell’esistenza. Un libro che dona piccoli input per profonde riflessioni.
Ad un attenta lettura si noterà che sono tre coppie con età differenti tra loro: Una coppia di età media; un portiere maturo e una donna adolescente; una donna matura e un bambino, generando conflitti e confronti generazionali.
L'unico elemento comune, che poi è anche la chiave del romanzo, è la luce dell'alba. L'alba di un nuovo giorno, il momento in cui tutto è possibile: dove l'uomo può decidere di cambiare il suo lavoro se non lo soddisfa, decidere di lasciare una persona che non fa per noi, decidere di aiutare qualcuno in difficoltà. Cambiare, amare, decidere tutto sulla scia di una nuova luce che ci condurrà altrove.
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Poiché io sono la scandalosa e la magnifica
Forse ci innamoriamo sempre quando ci ritroviamo a guardare l’uomo dei nostri sogni la prima volta. Anche se in quell’attimo la ragione ci dice che stiamo sbagliando, e noi cominciamo a lottare, senza voler realmente vincere, contro questo istinto. Fino a quando arriva il momento in cui ci lasciamo sopraffare dall’emozione.
Undici minuti è un libro che parla di sessualità, maturato nella mente di Paulo sin dalla sua lettura di Sette lunghi Minuti di I. Wallace, opera che parla della censura sessuale in America. L’opera si discosta dai suoi libri precedenti, animati da uno spirito fiabesco sostituito da un linguaggio esplicito e tematiche realiste. Il sesso e l’attività delle prostitute sono descritti realisticamente, senza “peli sulla lingua”. Le donne, si identificano in Maria, donna piena di dubbi, incertezze, sogni, desideri, la quale tiene un diario dove il sesso non è fine a se stesso ma visto come un esperienza mistica, unione totale e armonica con l’universo tramite i sensi.
La mia esistenza è come le montagne russe – sì, la vita è un gioco forte e allucinante, la vita è lanciarsi con il paracadute, è rischiare, è cadere e rialzarsi, è alpinismo, è voler raggiungere la vetta di se stessi, e ritrovarsi insoddisfatti e angosciati quando non ci si riesce
Il libro parte dalla descrizione di Maria da bambina che vive nella piccola regione del Brasile, sembra soffrire per le delusioni amorose. Quando diventa una giovane ragazza le delusioni continuano a farle male, nonché a procurarle derisioni e sguardi compassionevoli da parte delle amiche. Crescendo, impara nuove cose a scuola ma soprattutto impara a conoscere gli uomini, cosicché in breve tempo è in grado di averne totalmente il controllo, sfruttando l’intelligenza e il suo fascino sempre maggiore. La curiosità e il suo desiderio economico la spingono a partire e vivere in maniera intraprendente, troverà lavoro e cambierà radicalmente la sua vita. Maria compirà numerose scelte di sua spontanea volontà, senza rendersi conto se siano giuste o sbagliate, ma solo mossa da un desiderio istintivo quanto cerebrale di bisogno d’affetto. Insito in lei, vi è la ricerca dell’amore, dello spirito motore che smuova la sua vita.
"Prima di morire, però, voglio lottare per la vita. Se sono in grado di camminare da sola, posso andare dove voglio"
Uno dei migliori libri di Paulo Coelho, diverso dagli altri ma in questo caso non vuol dire peggiore bensì dona una nuova prospettiva sulla tematica del sesso, della vita. Mi ha colpito moltissimo, soprattutto varie parti del diario di Maria. Ne consiglio la lettura a tutti.
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Se solo fosse....Realistico
Se vuoi capire che cosa è un anno di vita, chiedilo ad uno studente che è appena stato bocciato all’esame di fine anno. Un mese di vita: parlane con una madre che ha partorito un bimbo prematuro e aspetta che esca dall’incubatrice per stringerlo tra le braccia, sano e salvo. Una settimana: chiedilo a un uomo che lavora in una fabbrica,o in miniera per nutrire la sua famiglia. Un giorno: domandalo a due innnamorati persi che aspettano di vedersi. Un ora: chiedilo ad una persona che soffre di claustrofobia chiusa in un ascensore. Un secondo osserva l’espressione di un uomo che è appena scampato ad un incidente d’auto. Un millesimo di secondo: chiedilo all’atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d’argento e non quella d’oro per la quale si era allenato per tutta la vita.
Una sera d’inverno a San Francisco, Arthur e Laureen faranno la loro conoscenza, solo che c’è un piccolo dettaglio da non trascurare la donna è un fantasma. Laureen è una tirocinante di medicina, trentenne che a causa di un incidente, si trova in bilico tra la vita e la morte e una sera compare ad Arthur, giovane architetto, inizialmente molto scettico. L’uomo, per uno strano scherzo del destino, vede bene la donna, la quale inizia a raccontargli la sua vita, a scherzare e quindi egli sarà spinto a compiere un impresa assurda
La storia di Arthur e Laureen è una di quelle appassionanti storie d’amore che ha commosso i lettori di tutto il mondo. Levy riesce a descrivere in maniera così delicata, dolce e incantevole questo rapporto straordinario, la realtà che si mescola con il surreale, il sogno che si unisce ai sentimenti. Se solo fosse vero è uno di quei romanzi che ti conquista dalla prima pagina, non solo per l’amore che Arthur prova per Laureen o per la tenacia di quest’ultima ma per l’atmosfera da sogno,per la serenità che riesce a donare a chi si appresta alla lettura. Viene sottolineata l’importanza della vita, di godere di ogni istante, facendo tutto ciò che amiamo, dimostrando a chi vogliamo bene che ci siamo. Lottare senza mollare mai. Vi è stata la trasposizione cinematografica di questo libro a cura del regista Mark Waters con gli attori Mark Ruffalo e Reese Witherspoon, diverso dal libro per certi versi, soprattutto per come Arthur scopre che Laureen è un fantasma ma tutto sommato è fatto molto bene e vale la pena visionarlo.
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Per chi è avvezzo al romanticismo.
Per chi si vuol lasciare cullare da una storia d'amore...irreale!
L'importanza di ogni istante della vita
“E a che serve questo gioco dei 10 minuti?”
“Boh, la dottoressa non me l’ha spiegato. Credo serva fondamentalmente a impegnarmi la testa, a riempire il vuoto e a fare ordine nella confusione che mi ritrovo al posto della vita”
Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Fare una cosa nuova, fuori dagli schemi senza aver timore di sbagliare, senza aver paura dell’oblio. Gettarsi in avanti e vivere quello che capita. Chiara delusa dalla vita, ci prova, per un mese intero, non ha niente da perdere anzi tutto da conquistare. Inizia dalle cose semplici come scegliere un colore di smalto per le unghia ad ascoltare i problemi della madre, a cucinare i pancake. Dieci minuti al giorno e tutto può cambiare.
La scrittura di Chiara Gamberale, così semplice, incisiva ed emozionante mi ha sempre suscitato grandi emozioni e devo dire che nemmeno, stavolta, mi ha deluso. Un semplice consiglio di fare qualcosa di diverso ogni giorno per dieci minuti ha un non so che di straordinario. Uscire fuori dalla monotona routine, sperimentare, scoprire nuove passioni è qualcosa che può portare a migliorare il proprio sé, se non addirittura a cambiarlo pian piano. Un gioco pieno di fantasia, coraggio ma che va preso seriamente. Il percorso effettuato dalla protagonista si struttura come un diario che va dal mese di dicembre del 2012 all’anno nuovo, avvento di una nuova vita, di come un solo singolo minuto, può riportare a vivere. In conclusione, vorrei far focalizzare l’attenzione sulla fantastica copertina, rappresentativa dell’intero romanzo, una donna sospesa su una nuvola e con una nuvola bianca al posto della testa. Bianca come la purezza simbolo di buoni pensieri e la nuvola simbolo di leggerezza.
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Chi ha apprezzato Quattro etti d'amore, grazie.
Romanzo innovativo e strabiliante
"A volte è più facile confidarsi con un estraneo. Forse perchè ci vede realmente e non come vogliamo far credere di essere."
Daniel Sempere, voce narrante del romanzo, all’alba del suo undicesimo compleanno si sveglierà angosciato perchè non ricorda il volto della madre (deceduta a causa del colera) e così viene portato dal padre al “Cimitero dei Libri Dimenticati”, gigantesca biblioteca nella quale sono conservati milioni di libri. Viene invitato a scegliere quale libro adottare ed egli decide di prendersi cura del romanzo di Julian Carax: L’ombra del vento. Daniel, rimane colpito dalla lettura del romanzo ed inizia a compiere delle indagini sull’autore, scoprendo di essere in possesso dell’ultima copia. Da qui, le sue ricerche si intrecceranno con vicende, persone appartenenti alla vita di Carax che lo porteranno a cercare di far luce su un mistero accaduto anni e anni fa. La vita di Daniel verrà, quindi, sconvolta dai vari parallelismi che riconoscerà tra la sua vita e quella dell’autore.
L’ombra del vento, il primo di una trilogia (seguito da Il gioco dell’angelo e Il prigioniero del cielo), è un romanzo che cattura l’attenzione del lettore, lentamente. All’inizio si presenta in maniera statica, molto dettagliato e si concentra per lo più sulla presentazione di Daniel e dell’importanza di recuperare i libri lasciati nell’oblio. Successivamente, dalla scelta del libro, veniamo catapultati in un indagine misteriosa che porta alla luce tematiche come quella della famiglia distrutta,amori spezzati , lealtà, amicizia e turbamenti. Io, stessa, mi sono sentita partecipe di questa sua ricerca, ritrovandomi con il fiato sospeso ad ogni colpo di scena o parallelismo che si presentava pagina dopo pagina. La figura di Daniel è una delle figure più positive del romanzo, la sua incostanza ricerca della verità, lo porterà a cacciarsi in autentici guai. Tuttavia, la sua tenacia è ammirevole anche perché sarà sempre più vicino allo svelare la verità di un mistero sepolto dalla polvere del tempo.
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La vera vittoria sta nel evitare la guerra
L’arte della guerra è un trattato di strategia militare composto nel IV secolo a.C., suddiviso in tredici stringati capitoli. Ognuno di essi è dedicato ad un aspetto della guerra:
Valutazioni di base (Ji)
Conduzione del conflitto (Zuozhan)
Pianificazione dell’attacco (Mougong)
Disposizioni (Xing)
La forza (Shi)
Vuoti e pieni (Xushi)
Manovre di eserciti (Junzheng)
Le nove variabili (Jiubian)
Muovere l’esercito (Xingjun)
Conformazione del terreno (Dixing)
I nove terreni (Jiudi)
Attacco col fuoco (Huogong)
L’uso delle spie (Yongjian)
Tali suggerimenti hanno influenzato anche la strategia militare europea e molti aspetti della vita come l’economia e la conduzione degli affari. Difatti, questo libro è usato per la conduzione di molte aziende in tutto il mondo, tenendo conto degli aspetti collaterali della società e delle varie teorie. Si dice che fu anche d’ispirazione a uomini come Napoleone, Mao Zedong e Douglas MacArthur. Tuttavia, ve ne è stato un uso improprio in quanto non sempre si riesce a percepire il vero significato del trattato. Sfugge il significato latente al lettore che si approccia a tale trattato, probabilmente con somma sincera nemmeno io l’avrò compreso a pieno.
Vi sono opinioni discordanti sull’esistenza di Sun Tsu. C’è chi dice che fu chiamato ad addestrare l’esercito del re di Wu (e ritroviamo difatti nella fine del trattato un esempio); c’è chi dice che non sia mai esistito e che era un nome fittizio dello stesso re. Nonostante ciò il suo volume è risultato il più consultato nel tempo poichè nell’analisi della strategia militare tiene conto di più aspetti. Si passa dalla gestione psicologica delle truppe all’analisi dei diversi terreni per l’attacco; all’interpretazione dei punti deboli dei nemici all’utilizzo delle spie. Ogni capitolo è contornato da massime tipiche della tradizione orientale, esperti di perle di saggezza quindi si presenta in maniera ostica per noi occidentali, abituati a ragionare per schemi e approfondimenti.
Di conseguenza, i capitalisti non sono programmati per capire la vera lezione di fondo, ovvero: Sun Tsu non prepara alla guerra ma insegna ad evitarla. In un certo senso di discosta e nello stesso tempo si avvicina alla locuzione latina “Si vis pacem, para bellum”. Poiché, uno dei mezzi più efficaci per assicurarsi la pace è di essere in grado di difendersi ma dall’altra parte chi vuole pace deve essere in grado di preparare la guerra.
Da buon stratega Sun Tsu afferma che ogni scontro si può evitare ma se proprio bisogna combattere che sia un combattimento rapido non basato su saccheggi o uccisioni. L’importante è ottenere la vittoria non tramite spargimento di sangue ma è quella che si ottiene prima di combattere, con poco dispendio di energie. Bisogna adattarsi alle situazioni, alle condizioni come fa il flusso dell’acqua, in quanto il suo fluire si adatta ai vari ostacoli che incontra nel percorso dal monte alla valle. Vincere seminando poche morti e poco rancore, tutto parte dall’interno. Se si nega dall’interno la guerra non vi sarà bisogno di metterla in atto all’esterno. Un lavoro di mente e corpo, razionalità ed istinto. Evitare quindi la guerra fine a se stessa, rinnegare gli inviti al conflitto perché ridurre il nemico in rovina non è una conquista.
La lezione di Sun Tsu può essere applicata anche alle varie lotte del nuovo millennio dalla pirateria musicale a quella dei film. E’ un libro di lotta per rimanere in piedi, cercando di concentrarci su quello che diceva l’autore, ovvero: “L’ira può tramutarsi in gioia, e l’indignazione in piacere; uno stato non può tuttavia risorgere dopo essere stato distrutto, né può un uomo rivivere dopo essere morto”.
“Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore”
Indicazioni utili
Strategikon di Maurizio
Il libro dei cinque anelli di Miyamoto Musashi
Dell’arte della guerra di Niccolò Machiavelli
Epitoma rei militaris di Publius Flavius Vegetius Renatus
Strategemata di Sextus Julius Frontinus
Della guerra di Carl von Clausewitz
“Il Codice del potere” (Artha??stra) di Kautilya
La guerra di guerriglia di Ernesto “Che” Guevara
In punta di piedi all'interno del dolore altrui
Il corpo sa tutto. Un altro titolo da aggiungere alla lista dei libri della Yoshimoto che ho letto e che mi è entrato dentro in maniera indelebile. La sua capacità di descrivere sentimenti come l’amore, il dolore e il rimpianto è unica e introvabile negli altri libri di letteratura giapponese. Tende ad essere sempre molto delicata e semplice quando espone fatti ed emozioni, come se entrasse in punta di piedi nella vita dei personaggi, osservando silenziosamente.
“Il corpo sa tutto” è un titolo molto forte, esprimendo come tutto ciò che viviamo è alquanto viscerale e connesso non solo al nostro spirito, ma alla nostra corporeità. Quando ci accade qualcosa di triste o di felice, il nostro corpo lo sente, lo vive con noi totalmente. Ed è quello che succede ai protagonisti delle storie di queste pagine, i quali hanno in comune il provare un dolore lancinante che alla fine si rivelerà terapeutico. Il dolore visto come un passaggio, un tunnel da attraversare per giungere a capire cosa si vuole dalla propria vita. Una rinascita. Sbocciare come un fiore che ha resistito ad un pungente inverno.
Abbiamo:
- Il pollice verde: la perdita di una persona cara che ti riconduce sulla retta via.
- Barca: i ricordi traumatici che trovano la strada per tornare a galla. Ricordi, che porteranno la protagonista a prendere coscienza del suo passato. Si sottolinea qui, l’importanza della famiglia, della costruzione dell’identità tramite la psicologia.
- Il sole al tramonto: un amore che ti consuma, che hai difficoltà a lasciare andare ma dentro hai una nuova consapevolezza per cui lottare.
- Farfalla nera: quando si cerca di spazzare via il dolore e la tristezza nasce una libertà che è come un piccolo premio.
- Il signor Tadokoro: la bontà, il rispetto e la pazienza qualità difficili da trovare e da rispettare se insite in una persona apparentemente inutile alla società.
- Il pesciolino: la paura del cambiamento, l’abitudine e accettare anche i difetti personali, tre aspetti che se combinati posso suscitare contrasto. Non fatevi ingannare dal titolo non è una storia con protagonista un animale.
- La mummia: il macabro e il gusto per il proibito si mescolano in un turbine di desiderio e delirio tra due amanti.
- Una sera luminosa: la capacità di aiutare e di essere grata.
- La voce del cuore: la voce che ci guida nel prendere decisioni giuste anche se dolorose.
- I fiori e il temporale: il tema della morte e dello stare vicino a chi vogliamo bene.
- La cucina di papà: amore, litigi e profumo di una buona cucina alla base della quotidiana vita familiare.
- The Sound of the Silence: a ritmo di questa vecchia canzone, si delinea il rapporto madre-figlia, sorella-sorella.
- Equilibrio: l’attività di famiglia, l’apprezzare e riconoscere il talento altrui e il decidere la via da seguire.
Piccoli gesti, semplici e importanti da mettere in atto nella quotidianità. Bisogna sempre ascoltare il proprio e come potete vedere dalla foto, io devo ascoltare il mio che mi indica di mangiare. Dopo una giornata di lavoro mi sembra giusto, dedicargli attenzione. Cibare il corpo dopo aver nutrito la mente.
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La forza di volontà a volte non è tutto.
Louisa Clark ha sempre vissuto una vita ordinaria: viveva con i suoi, dormendo in una minuscola stanza; amava lavorare come cameriera e stava con Patrick da sette anni.
Tuttavia, la sua vita subì di colpo un cambiamento, con la perdita del suo lavoro si è ritrovata spaesata e costretta a vagliare nuove opportunità in base alle sue capacità.
E così che entra nella vita di Will Traynor, un trentacinquenne uomo di successo, brillante, rimasto vittima di un incidente che gli ha sconvolto la vita.
La presenza di Lou cambierà in positivo la vita, porterà una ventata d’aria fresca e di spensieratezza, inizieranno a conoscersi e pian piano lo spingerà a vivere la sua vita; viceversa Will porterà Lou a riflettere sulla vita e passioni.
"È una città così piccola. Così limitante. Dove tutto ruota intorno al castello. [...] Penso sempre che questo sia uno di quei luoghi dove la gente desidera tornare quando è stanca di tutto il resto, o quando non ha abbastanza immaginazione per andare da qualche altra parte."
Alla base del libro vi sono due concetti fondamentali: la cura e il cambiamento. La vita di entrambi i protagonisti viene stravolta; lui per uccidere perde la voglia di vivere e si sente preso da un secondo di apatia, lei sarà investita da lui. Il prendersi cura giorno per giorno di lui, porterà Lou a comprendere che oltre la sua cittadina, la sua casa c'è ben altro, sarà investita dal cambiamento. Un libro umanitario che ti fa comprendere l'importanza del prendersi cura degli altri e quanto questo possa essere difficile. A volte ci lasciamo trasportare troppo dalle emozioni ed è quello che succederà a Louise anche se in molti casi ciò può giovare alla vittima/paziente. Il loro legame sarà sempre più forte ogni giorno basato su un interscambio di notizie e passioni e sull'iniziativa messa in atto dalla stessa Lou. Mi ha colpito molto la frase: "Questo accadeva prima di me", si pensa che la solo presenza e costanza dell'amore possa far cambiare decisione a soggetti relegati in condizione di salute con prognosi segnate. Tutto ciò, ahimè non basta. Verrà trattata vista la condizione del protagonista, un tema caro come l'eutanasia, oggi giorno difficile da affrontare ma sempre attuale. Vi consiglio anche la trasposizione cinematografica, Emilia Clarke nella sua spensieratezza e forza, rappresenta la protagonista del libro, stessa cosa per il tenebroso e dolce Sam Claflin. Lasciatevi trasportare dalle emozioni e troverete che alla fine il finale non è poi così scontato.
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Jojo Moyes scrive libri che sono gradevoli alla vista :)
“Sei nei miei pensieri in ogni istante.Ti amo Cee"
Briony Tallis, ragazzina di 13 anni con una grande immaginazione e ambizione da scrittrice, per caso una sera diviene la spettatrice dell’incontro amoroso tra la sorella maggiore Cecilia e Robbie, figlio della domestica cresciuto con loro sin dall’infanzia. Agli occhi di Briony, segretamente innamorata del ragazzo, quell' atto le appare imperdonabile, come la stessa lettera scritta per Cecilia che il ragazzo gli aveva affidato. La sera stessa, accadrà un evento che cambierà radicalmente la vita di Briony, Cecilia e Robbie. Il loro destino sarà segnato da lacrime, accuse infondate e sensi di colpa.
Un romanzo, travolgente, segnato dai sensi di colpa provati da Briony per la falsa testimonianza, dal rancore di Cecilia per la sua famiglia e dall’amore di Robbie. Si legge tutto d’un fiato, lasciando il lettore con un pò d’amaro in bocca. Sono molto affezionata alla figura di Cecilia, così forte e coraggiosa che non si scoraggia di fronte alle avversità, con una cieca convinzione che un giorno potrà vivere il suo amore. Alla base del libro vi è la concezione del castigo e della pena: il castigo che porterà la stessa Briony a vivere una vita piena di sensi di colpa per la falsa testimonianza e la pena inflitta ingiustamente a Robbie. Il tutto contornato dal rancore e dal senso di giustizia di Cecilia che non si dona pace. Vi sono errori imperdonabili che possono distruggere famiglie e interi rapporti interpersonali. La gelosia e il desiderio di vendetta possono essere distruttivi nelle mani di un infradiciottenne che presenta immaturità e che sfocia in pericolosità e falsa testimonianza. La versione cinematografica di Joe Wright rimane fedele al romanzo, con una splendida interpretazione di Keira Knightley nel ruolo di Cecilia e del giovane James McAvoy nel ruolo di Robbie. Assai commovente Cecilia avvolta nel suo vestito verde. Credo di aver sviluppato insieme al sentimento di somiglianza e di riconoscimento nella figura di Cecilia, un sentimento di disprezzo per la figura della sorella.
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La cura: tra i bisogni e desideri più cari
“E’ questa la scelta di coraggio che ogni essere umano è chiamato a compiere nel corso della vita: aprirsi all’amore, a costo di provare il dolore. Tu hai preso la decisione giusta, ma ogni tanto la rinneghi e ti assenti da te stessa per rifugiarti nel bosco delle tue insicurezze, dove non è mai facile ritrovare la strada di casa. Cercheremo di fare uscire le tue orme da quel bosco, imboccando una nuova direzione. Senza per questo rinunciare alla tua sensibilità. Alla tua antenna.”
Un libro a due voci. Da una parte abbiamo Chiara Gamberale che da voce a Gioconda detta Giò, una donna di trentacinque anni, piena di dubbi con un anima inquieta. Dall’altra parte, Massimo Gramellini, la voce maschile dell’angelo Filèmone, il quale ha la capacità di comprendere non solo la complicata storia familiare di Giò e i suoi turbamenti ma le fa una promessa: Avrò cura di te. Questa promessa dà il titolo al romanzo, ponendosi come un invocazione, un grido di aiuto di una donna smarrita che sta naufragando nel mare delle sue emozioni. Difatti, Giò dopo la separazione da Leonardo, si ritrova a vivere a casa dei suoi nonni, morti a distanza di pochi giorni e simbolo di un amore perfetto. Qualcosa, però presto cambierà la sua vita. Inizierà, dalla notte di San Valentino, uno scambio di pensieri, consigli tramite lettere tra lei e il suo angelo custode.
Intenso, appassionato e pieno di meditazione, il dialogo tra Giò e Filèmone dona al romanzo un atmosfera di spiritualità e riflessione. Attraverso i consigli dell’angelo, ella inizierà a ripercorrere le tappe della sua vita, a mettere a nudo la sua anima, spogliandosi di ogni maschera, di ogni inganno. Tutte le sue paure saranno lì visibili a tormentarla. Tuttavia, la presenza del custode di Giò (il quale può incarnare la figura di persone che noi riteniamo vicine a noi, di cui ci fidiamo o magari per i credenti e aderenti alla religione anche un angelo stesso), allevia il suo dolore. Si pone come la voce della sua coscienza, indirizzandola su cosa è giusto e cosa è sbagliato, rimproverandola quando assume un atteggiamento infantile ed incoraggiandola a seguire sempre la sua strada.
Tale romanzo si presenta come una guida ai sentimenti per affrontare le proprie emozioni senza farsi sopraffare da esse. Molto spesso, quando siamo dentro una situazione non riusciamo a vedere in maniera lucida ciò che sta succedendo. Finché ci siamo dentro non siamo in grado di giudicare in maniera obiettiva, visto che ci lasciamo trascinare da ciò che proviamo. Tentiamo, comprendiamo, lottiamo per salvare ciò che riteniamo valga la pena di essere nella nostra vita ma non sempre riusciamo nel nostro intento. Forse, bisogna distaccarsi un pò, fare in modo che l’altro prosegua un pezzo di strada senza di noi. Alla fine, quando avrà ritrovato il suo essere ci si potrà rincontrare. Perché, in fondo, prima di amare un’altra persona, bisogna amare se stessi e avere la pazienza che l’altro capisca quanto amore voi potreste dare a lui/lei se solo si lasciasse andare. Mai sopraffare l’altro come faceva Giò, bensì fare in modo che la persona che abbiamo accanto a noi possa esprimere ciò che sente senza sentirsi come un peso, come uno sbaglio.
“Ogni volta che ci diciamo addio, io muoio un pò, ogni volta che ci diciamo addio, io mi domando perché”
Molti potranno trovare questo libro banale, scontato, stucchevole ma in verità se si va oltre ciò che si vede, si comprenderà che dietro le loro parole ci sono semplici riflessioni sulla vita e l’amore. Credere, che c’è sempre una soluzione agli errori commessi. Di conseguenza, si evince che:
- Bisogna imparare dai propri errori e che finché c’è vita c’è speranza di trovare una soluzione
- L’amore perfetto non esiste, semmai esistono persone che si amano in maniera incondizionata ma che riescono a trovare punti d’incontro
- Addomesticare ansie e paure, cercando di fare un passo indietro per permettere all’altro di dar voce al suo Io emotivo.
- C’è sempre qualcuno pronto ad aiutarci ma il miglior aiuto viene da noi stessi. Siamo noi giudici e censori delle nostre scelte.
- Vivi, ama e lascia vivere. Non scappare di fronte agli ostacoli ma lotta sempre contro ogni timore. Non soffocate mai le vostre emozioni, lasciatele libere.
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Anche per coloro che ha un estremo bisogno di rivedere il vero concetto di "cura"
Le notti di un sognatore
“Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell’anima! … Parlando d’ogni sorta di signori capricciosi e collerici, non ho potuto fare a meno di rammentare anche la mia saggia condotta in tutta quella giornata”.
Le notti bianche è tra le opere più apprezzate di Dostoevskij, insieme a Delitto e castigo. Sin dalle prime pagine, si comprende il perché quest’opera è tanto amata, in quanto ogni uomo riesce a identificarsi con la figura del protagonista. Un sognatore, isolato dalla società e della realtà, durante una delle sue solite passeggiate notturne incontra una donna di nome Nasten’ka. Sarà lei a risvegliare in lui il sentimento dell’amore attraverso il suo sguardo complice, le sue parole e le lunghe chiacchierate anche se sfuggenti.
“Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni.”
Timido ed impacciato lui riesce ad aprirsi a lei nelle quattro notti che scandiscono i loro incontri, dove lei si sfoga sulla sua vita privata. Nasten’ka, simbolo del pulsare delle emozioni, gli offrirà scampoli di vita vera, raccontandogli il suo rapporto con la nonna cieca, l’amore perduto e la sua delusione.
Dal romanzo si evincono immediatamente i tre temi fondamentali:
il tema del sogno e del sognatore
il tema della solitudine
l’introspezione e l’autoanalisi
“E sogno solamente ogni giorno che infine una buona volta ne incontrerò qualcuna. Ah, se voi sapeste quante volte fui innamorato a questa maniera… (segue una battuta di Nàstenka) Ma di nessuno, di un ideale, di colei che vedo nei miei sogni. Io creo nelle mie fantasticherie interi romanzi”
A tratti mi sono rivista nella figura del sognatore, a tratti nell’insoddisfatta e speranzosa Nasten’ka anche se per certi versi l’ho odiata alla fine del romanzo. Il suo rapporto con la nonna mi ha procurato grande commozione mista a incomprensione, per un rapporto tanto ossessivo quanto controllato. Il linguaggio poetico ma alquanto fantastico rendono quest’opera un classico da leggere quando è stata raggiunta la giusta maturità per comprenderne a pieno il significato. Il sognatore, simbolo di colui che prova disagio nel vivere nella sua società, oggi che verrebbe etichettato come un deviante, disadattato che riesce a farsi illuminare dall’amore provato per questa donna misteriosa. Esemplificativo di tutto il romanzo, è la frase iniziale dell’ultima parte: “Le mie notti finirono un mattino. La giornata era brutta. Pioveva e la pioggia batteva tristemente sui miei vetri; nella mia cameretta era buio, fuori nuvoloso.” Il risveglio del nostro sognatore dalle sue fantasie e la caduta inesorabile nella soffocante realtà. Tutto ciò sta a confermare come l’amore sia il motore che fa muovere ogni cosa, come si affermava in antichità con Platone e che si scontra con l’inesorabile scorrere del tempo (o del momento opportuno).
“E intanto sento il rumore di una folla di gente che mi gira intorno presa dal turbine della vita, sento, vedo che la gente vive, vive veramente, vedo che a loro non è preclusa la vita, che la loro vita non si dissolve come un sogno, come una visione, ma si rinnova sempre, è sempre giovane…”
Consiglio questo libro a tutti i sognatori, a chi non si sente accettato, a chi si lascia cullare dalla fantasia, insomma a cosiddetti “devianti”. A tutti coloro che amano stare al confine tra sogno e realtà.
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A chi è avvezzo ad un linguaggio non diretto nè semplice
Baricco, autore indiscusso dell'originalità
“Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie, disse Rebecca. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. Siamo il bosco dove cammina, il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la gente che passa, il colore delle cose, i rumori”.
Con il suo stile ormai unico ed inconfondibile, Baricco narra la storia di Jasper Gwyn, un noto scrittore londinese che a un certo punto della sua vita decide di smettere di scrivere. Egli vuole cambiare prospettiva di vita, lasciarsi la sua carriera alle spalle e ricominciare. Col passare dei giorni, in lui si insinua una sorta di disagio e acuta malinconia, sente la mancanza dello scrivere ma sa che indietro non si può tornare. Scrivere era ciò che lo faceva sentire vivo, per lui era facile come respirare ma da un pò di tempo non gli procurava lo stesso piacere. All’inizio del romanzo troviamo un Mr Gwyn annoiato e stanco ma con la voglia di ricercare qualcosa che lo spinga di nuovo a prendere le misure della sua vita. Con la complicità (anche se prova ancora delle remore) del suo agente e amico Tom e della bella e genuina Rebecca, egli arriverà alla decisione di scrivere ritratti. Il tutto nasce in un giorno di pioggia, quando costretto a ripararsi entra in una galleria e sarà proprio qui, affascinato dalle foto che decide di intraprendere la carriera di copista.
Nella descrizione dell’allestimento della sala di copia, Baricco da il meglio di sé. Vi è una tale perfezione e minuziosità nella descrizione dei dettagli, da donare l’impressione di scorgere ad occhio nudo l’intera vicenda. La scelta delle lampadine ha destato in me meraviglia e stupore, ne sono rimasta piacevolmente colpita. E’ qualcosa a cui una persona, quotidianamente non pensa ma la luce irradiata da essa può influire sull’umore o sullo svolgimento delle attività.
Persero molto tempo a divagare sulla natura delle lampadine, e Jasper Gwyn finì per scoprire un universo di cui non aveva mai sospettato l’esistenza. Gli piacque particolarmente venire a sapere che le forme delle lampadine sono infinite, ma sedici sono quelle principali, e per ognuna c’è un nome. Per un’elegante convenzione, sono tutti nomi di regine o principesse. Jasper Gwyn scelse le Caterina de’ Medici, perché sembravano lacrime sfuggite a un lampadario.
La prosa del libro ci risucchia in un vortice di magia, conquistandoci pagina dopo pagina. Nonostante, a primo impatto la trama possa apparire ai più banale o poco comprensibile, se ci si sforza di lasciare la mente libera di vagare, ogni impedimento alla lettura tenderà a crollare. Dietro ai suoi libri, c’è sempre molto di lui stesso, ognuno è un personaggio, è la storia di un libro. Lo capirà anche lo stesso Jasper, un uomo diverso alla fine del libro rispetto a quello che abbiamo conosciuto. Il suo cambiamento sarà dettato dalle persone che conoscerà, soprattutto dal “rapporto” con la comprensiva Rebecca, un tipo di legame difficile da spiegare. Non è il solito legame da etichettare, è più una connessione di anime, di sguardi che permette l’uno all’altro di leggersi dentro.
L’originalità e la freschezza del romanzo lo rendono un libro piacevole e a suo modo rispecchiante della situazione che vive l’uomo oggi nei confronti della vita. Una sorta d’insoddisfazione che attanaglia l’uomo sempre alla ricerca della propria storia e della propria vocazione. Da inguaribile romantica forse avrei sperato in un finale diverso ma tutto sommato, credo sia da lasciare interpretare ai lettori. Questo libro mi ha accompagnato nel mio viaggio in autobus verso la casa della mia amica e devo dire che non potevo scegliere libro migliore.
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Città invisibili o città utopiche?
“Viaggi per rivivere il tuo passato?- era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata così: Viaggi per ritrovare il tuo futuro? E la risposta di Marco:- L’altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà”
Le città invisibili è un opera di Calvino pubblicata nel 1972, nella quale prevale l’utilizzo della tecnica combinatoria, essendo influenzato dalla semiotica e dallo strutturalismo. Il punto di partenza di questi intrecci sta nel dialogo tra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan che apre ogni capitolo. Marco Polo descrive città reali mescolate a città immaginarie frutto dei suoi viaggi e della sua fantasia per attirare l’attenzione dell’imperatore. Quest’ultimo, difatti, riempie costui di domande sul perché della descrizione di quella o quell’altra città, sul perché non descrive la sua città e su come fa a sapere tutto ciò. Il dialogo si snoda in nove capitoli con un ulteriore divisione interna: 55 città denominate con nomi di donne, suddivise in 11 categorie, dalle città della memoria alle città nascoste. Si presenta come un libro poliedro, in quanto ognuno può seguire il raggruppamento che vuole o vedere finali dappertutto. Difatti, non vi è una fine univoca.
Calvino, tramite la figura di Marco Polo tenta di dare un ordine alla realtà, in quanto vige il disordine e la complessità che generano l’inferno in cui siamo costretti a vivere ogni giorno. La “fine” del romanzo mi ha colpito molto, perché vi è tale citazione: “E’ l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme e i due modi per non soffrirne sono: Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. In sostanza tenta di spiegare come l’individuo da sempre vive una lotta dentro se stesso: adeguarsi alle regole della società, di conseguenza conformarsi rinunciando allo sviluppo di un Io personale oppure discostarsi dalla società. Se sceglie quest’ultima via, verrà etichettato come diverso, deviante, colui che presenta un comportamento difforme alle norme vigenti all’interno della società ma che in un certo senso sviluppa mete, obiettivi e valori propri. Dall’altra parte può riferirsi anche alle relazioni interpersonali che tendiamo a costruire all’interno della società. Piuttosto che legarci passivamente in maniera uguale a tutti o ai soggetti potenti, bisogna scegliere con cura chi avere accanto e sapergli dedicare tempo e spazio. In un certo senso sembra un inno alla cura, a prenderci cura di chi ci vuole nella sua vita.
Tuttavia, queste città invisibili sono anche sogni che si nascondono dietro i desideri, le paure degli individui. Nascono dall’immaginario, seguendo regole assurde, prospettive ingannevoli e fluiscono nella nostra mente con pura fantasia. Calvino gioca molto con il tema del ricordo e della memoria lo si vede nella città di nome Irene: “La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne è preso e non ne esce; una è la città in cui s’arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso; forse di Irene ho già parlato sotto altri nomi; forse non ho parlato che di Irene”.
All’interno delle città delineate, il tempo, la morte e il desiderio sono tematiche ricorrenti, si sfida il lettore a riuscire a cogliere il significato nascosto e l’ordine personale. Ogni concetto e valore si rivela duplice, quindi implica una rete entro la quale vi sono molteplici e infiniti percorsi da percorrere che portano ad altrettanti infinite e plurime ramificazioni.
“Anche a Raissa, città triste, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi tra punti in movimento disegnando nuove rapide figure cosicché a ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa d’esistere”.
E’ un gioiello di opera, un capolavoro che mi ha conquistato dalla prima pagina, come dice lo stesso autore è un vero inno d’amore alle città. Si parte dalla costruzione di una buona città per la formazione di un ottimo individuo e di conseguenza di un rispettoso cittadino. Ogni essere vivente può essere paragonato ad una città appena fondata che ha bisogno del rispetto delle norme e dell’amore dei suoi cittadini per mantenere ordine e sicurezza. Per gli scettici, può sembrare un libro utopico descritto dalla mente visionaria di un autore che cerca di immaginare un mondo che non esiste. Per chi invece legge con una mente aperta e critica potrà leggerne il vero significato: E’ un viaggio da gustare con lentezza, a piccoli sorsi attenzionando in ogni dettaglio le singole città con le loro particolarità. Una miriade di immagini che investono il lettore che cercano di trovare tramite il linguaggio il modo di comunicargli i diversi simboli presenti. Ognuno poi darà la sua personale interpretazione, visione delle cose.
“Se uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d’inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d’urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe”.
Per tutti coloro che sognano una città solo per loro, una città su misura del proprio sè. Per chi si vuole lasciare cullare dalla rete di Calvino e per tutti coloro che hanno desiderio di vedere materializzarsi le proprie fantasie. Vi lascio con le parole della prefazione dell’opera che secondo me racchiudono la vera essenza dell’opera:
“Cos’ è oggi la città, per noi?” Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili, sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili ”.
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“Amore è il fatto che tu sei per me il coltello co
“Ma io credo, con tutti il cuore, che ci sia un luogo, forse non il giardino dell’Eden, in cui potremo stare insieme. Un luogo che nella realtà non è più grande di una capocchia di spillo, per via delle inevitabili restrizioni; ma per noi sarà grande abbastanza, e lì potrai essere te stesso, chiunque tu sia. Solo di una cosa non sono ancora sicura, ed è questo che mi frena: forse non sei in grado di credere che esista al mondo un luogo in cui tu possa essere te stesso, e sentirti amato. (Perchè, se è così, non crederai mai che qualcuno possa amarti.)”
Ho portato questo libro con me ovunque in questo mese: al mare, in gelateria ma non riuscivo proprio a finirlo. Un agonia assurda, sia per le emozioni che mi scaturiva sia per la storia. Ho provato nei suoi confronti sentimenti contrastanti.
Frasi come questa che apre la mia recensione mi spinsero a decidere di acquistare e leggere questo libro. Frasi, che a mio modesto parere, lasciano il tempo che trovano ora che ho finito il romanzo. Devo partire con l’affermare che la mia non sarà una recensione positiva del romanzo. Partiamo con ordine.
Che tu sia per me il coltello è un romanzo scritto da David Grossman nel 1998. Il titolo riporta a mio parere un chiaro riferimento alla frase scritta da Kafka in una lettera indirizzata alla sua amata Milena: “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso”. Alquanto sublime e profonda. Credo, difatti, che l’autore con tale titolo e palese riferimento più volte nel romanzo, egli volesse sottolineare la stessa natura del rapporto che vi era tra Kafka e Milena con quello tra Yair e Myriam. Assistiamo da entrambe le parti ad un rapporto platonico alimentato solo da lettere confuse e molto spesso inviate da un solo destinatario. La prima parte del libro si concentra su Yair, egli descrive come in un gruppo di persone la figura di Myriam si fosse elevata e fatta notare, portando ad isolare il suo sguardo. Così le scrive una lettera proponendole un rapporto profondo, aperto ed intenso senza vincoli. Ovviamente, si parla di un rapporto epistolario che si presenta sotto forma di supplica accolta da Myriam, la quale si sente sedotta ed incuriosita. Inizialmente, sarà un rapporto unidirezionale in quanto Yair inizia a scrivere ed inviare in maniera ossessiva lettere a Myriam, raccontandogli tutto ciò che fa. Successivamente, questo rapporto per lui si trasforma inizia a sentire il bisogno di scriverle, di aprirsi a lei. Sente che solo lei lo comprende (nonostante l’appagante rapporto con la moglie Maya) aprendo in lui un varco profondo, squarciando la sua anima e frugando dentro di lui come appunto fa un coltello. Pian piano Myriam diventa indispensabile nella sua vita.
“I tuoi occhi così tristi-magari sapessi il motivo-che tuttavia, in ogni lettera, sento pronti a illuminarsi, a spalancarsi. I tuoi occhi alla Giulietta Masina. E con quello sguardo mi chiedi ancora: chi sei? Non so, vorrei essere chiunque il tuo sguardo vede in me. Sì, se solo non avrai paura di vedere- forse sarò.” La seconda parte si apre con lo sfogo di Myriam racchiuso in un quaderno dove inizia a ricopiare le lettere ricevute da lui prendendo coscienza di esserne innamorata, grazie all’intuizione del marito Amos. Tuttavia, la sua condizione di madre di un figlio affetto da una malattia che non viene specificata nel libro la porta a non vivere pienamente la sua condizione di donna confusa. Le mie impressioni sul romanzo sono queste: Innanzitutto, trovo abbastanza pedante e noioso il fatto che il libro si basi per buona parte sulle lettere di Yair. Trovo che il suo interesse nei confronti di Myriam ossessivo e soprattutto carnale (difatti, non fa che ripetere nelle prime lettere quanto desideri averla fisicamente e giacere gridando il suo nome), non rivedo nelle sue parole, parole d’amore. Il linguaggio utilizzato dall’autore tutto sommato è molto semplice ma la struttura del libro provoca confusione al lettore. Non si comprende a cosa si riferisca, in quanto non abbiamo la presenza delle lettere di Myriam. Trovo anche ingiusto il fatto che il confronto tra i due personaggi avvenga solo alla fine del personaggio e che non ci sia un chiarimento e dialogo aperto sui loro reali sentimenti.
Il personaggio di Myriam è ciò che salva il libro è una donna forte che riesce a fronteggiare le difficoltà della vita e anche se dalle lettere di lui traspare una figura altezzosa, essa in realtà non lo è. E’ affettuosa, magnanima e benevola non solo nei confronti del figlio ma anche nei confronti di Yair. Tuttavia, comprendo e non comprendo nello stesso tempo il perchè non abbandoni tutto e viva appieno i suoi sentimenti. Il senso di responsabilità nei confronti della sua famiglia la fa apparire una martire costretta a reprimere tutto.
La pioggia finale è abbastanza simbolica, un fiume di lacrime per un rapporto non vissuto. Molte persone hanno trovato questo libro un capolavoro, per carità ognuno di noi ha gusti differenti ma devo dissentire. E’ un libro logorroico, poco avvincente e per nulla accattivante, sorretto e salvato dalle geniali frasi buttate qui e lì che ti penetrano lentamente nell’animo. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che non hanno fretta e hanno la pazienza di arrivare sino alla fine. Bisogna essere di uno stato d’animo tranquillo, forse è quello che mi ha fregato o il totale disprezzo per le lettere di adorazione del protagonista. Ciò non toglie che il titolo del libro e la copertina rimangono le cose più affascinanti e che tutt’ora oggi alla sola vista mi emozionano. Il detto mai giudicare il libro dalla copertina, mi sembra quanto più possibile da applicare a tale romanzo.
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- sì
- no
Noi amiamo essenzialmente ciò che ci manca
“Darei un anno di vita per riavere un giorno insieme a te, un giorno in cui provare a spiegarti che, con la consapevolezza di oggi, cambierebbe tutto. Ti regalerei la paura più coraggiosa che ho, quella più mia”.
Prima di iniziare la mia recensione vorrei raccontarvi l’aneddoto che mi ha portato ad acquistare questo libro. Dopo aver scoperto che Massimo Bisotti sarebbe venuto alla Feltrinelli di Catania, mi sono affrettata a comprare questo romanzo con le mie amiche, per presenziare alla presentazione del libro. Descrivere l’emozione che ho provato in quel momento a parole, è impensabile. Ero elettrizzata, di poter parlare anche solo per pochi istanti con colui che con i suoi libri mi aveva lasciato svariate ed indelebili emozioni. Un uomo comune ma nello stesso tempo come pochi, il quale attraverso le sue parole riesce a trasmettere la passione che mette in ogni romanzo, quanto di se stesso ci sia in queste pagine. Passando alla trama del libro, possiamo dire che tutto ruota apparentemente intorno a due personaggi, Alex e Greta. Lui, cantante di grande fama mondiale; lei, una ragazza, genuina e ancora troppo giovane per capire a pieno il mondo di lui. Vite diverse, una discreta differenza d’età ma ciò non toglie che al primo sguardo, si accorsero di appartenere l’uno all’altro. Come ho detto, all’inizio del paragrafo essi sono “apparentemente” i protagonisti del romanzo, poiché il vero protagonista è il tempo. Esso, fa la sua comparsa con la figura di Nirvana, una donna che scende a fermate diverse e regala un contenitore con delle bolle di sapone. Un giorno, incuriosito Alex ferma la donna e la tempesta di domande fino a quando ella gli regala questo contenitore, spiegandogli il suo significato. Ogni volta che Alex soffierà le bolle potrà tornare indietro e cambierà qualche evento del suo passato ma in cambiò dovrà donare un anno della sua vita. Un anno per un giorno. Così, iniziano i viaggi nel tempo di Alex per cambiare, riscrivere la sua storia con Greta, un amore non vissuto, pieno di occasioni mancate e rimpianti.
Questo libro si presenta come una chiara riflessione sull’importanza del tempo. Ogni istante che viviamo oggi, domani non ci sarà più. Ogni evento del nostro passato condiziona il nostro futuro. Tutti noi ad un certo punto della nostra vita abbiamo pensato: Se solo potessi tornare indietro, non rifarei questo, mi comporterei diversamente. Il problema è che non possediamo un magico contenitore pieno di bolle di sapone, siamo noi ad essere i capitani del nostro destino. Ogni qualvolta, siamo chiamati a prendere una decisione nella nostra testa si creano gli scenari più assurdi con finali alternativi. Un pò come i film Sliding Doors e Mr. Nobody, dove ci vengono mostrati due tipi di scenari completamente differenti, realtà e fantasia, sogno e apparenza. Ma la nostra vita non è un film o un videogioco del quale possiamo osservare la diversa gamma di finali. Come Alex e Greta, ognuno di noi ha avuto un amore non vissuto, l’immagine di questo lui/lei che ci tormenta. Il pensare che solo quella persona è quella che vogliamo al nostro fianco, vuoi per interessi comuni, vuoi per anime affini al primo sguardo. Alex, lo sentiva con tutto sé stesso che Greta era la donna della sua vita e gli sono bastati pochi istanti, pochi momenti insieme contornati da qualche bacio rubato, per non farlo smettere di lottare. Nonostante ciò non si può combattere contro il tempo, dobbiamo lasciare che scorri normalmente e sperare che se è destino, tutto ciò che il nostro cuore vuole si avvererà. Credo, fermamente nel filo rosso del destino, ogni individuo in questo mondo ha un anima gemella da incontrare, il problema è saperla riconoscere. Ma il vero lavoro viene dopo, bisogna saper lavorare giorno per giorno insieme per costruire il rapporto. Oggi, ci facciamo condizionare troppo dagli ostacoli esterni e tendiamo a non ascoltare il nostro cuore, viviamo controcuore e tutto ciò è sbagliamo. Dobbiamo seguire la via della felicità, avere la possibilità di urlare tutto ciò che sentiamo dentro, se no ne saremo divorati a poco a poco senza accorgercene. Bisogna dare la possibilità all’altro di aprirci il suo cuore. Con estrema dolcezza ed incanto, Bisotti descrive anche l’episodio del nonno, attinto dalla sua non possibilità di poter conoscere il suo. Questa vicenda mi ha commosso, perché è vero noi non possiamo modificare la storia degli altri. In un certo senso però, c’è il desiderio di avere la possibilità di voler avere quella persona nel proprio presente. Sarebbe piaciuto anche a me, oggi avere al mio fianco il mio nonno paterno, venuto a mancare quando avevo 4 anni ma non possiamo riscrivere il tempo. Un pensiero va sempre a te, che mi guardi da lassù, sperando di portare in memoria quei pochi ricordi che ci legano. “Sfonda questi muri e vieni a prendermi” rimane la più grande dichiarazione di sempre. Vuol dire, riuscire a vincere le proprie paure, i propri ostacoli e andare a riprendersi ciò per cui siamo destinati, colei/colui che ha lottato per aiutarvi a rompere queste barriere. Alex, fece una promessa a Greta: “Ti prometto che un giorno faremo volare insieme un palloncino”. Attendo anch’io che come nel quadro di Banksy, “Girl with ballons”, di far volare il mio palloncino con chi mi ha riservato il fato. Questo romanzo sembra mi assomigli un pò o forse è la sensazione per il fatto di provare sensazioni simili. Questo libro parla di te, di me, di tutti noi, perchè in fondo tutti siamo il treno perso di qualcuno.
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