Opinione scritta da AsiaD

29 risultati - visualizzati 1 - 29
 
Classici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    05 Dicembre, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Il condominio a teatro

Stile impeccabile e storia avvincente, due elementi che va da sé rendono questo romanzo di Balzac un piccolo gioiello della letteratura.
Tutto accade e ruota attorno quello che ho definito un condominio, ossia la pensione Vauquer, dove dubbi personaggi allo stremo delle loro forze economiche decidono di vivere e condividere spazi con altrettante dubbie presenze. Una descrizione e racconto delle varie sfaccettature umane ammirevole. Questa scrittura farebbe invidia alle soap opera più moderne.
Sicuramente dietro all’ironia dirompente con cui Balzac ci coinvolge nelle storie dei suoi personaggi si cela il suo pessimismo verso il genere umano descritto nei suoi aspetti più opportunistici e arrivisti. Ognuno pensa per sé e ogni gesto, ogni pensiero sono pregni dell’ambizione che li guida; anche lo stesso Goriot (maliziosamente definito Papà dai coinquilini della pensione prima che si sapesse la verità, ossia che era nei fatti un padre amorevole e devoto verso le proprie figlie) che vuole rappresentare l’anima buona di tutta la storia, nonostante, nuovamente, il pregiudizio del “popolo” lo addita inizialmente come un poco di buono, si rivela TROPPO buono, quasi a rasentare l’esagerazione esasperata. Lo si vede elemosinare una carezza, uno sguardo da queste figlie ingrate che però è stato lui stesso a spingere nelle braccia di buoni partiti, apparentemente, tralasciando un sentimento che nei fatti qui riveste un’importanza secondaria, ossia l’amore.
Tutti i personaggi sono caratterizzati fortemente e brillantemente, riesce poi a far dire loro tramite la consueta ironia delle cattiverie che farebbero rabbrividire i più, ma si dice infatti che si può dire tutto nel giusto modo, no?!
L’unico vero personaggio positivo qui è il giovane Rastignac , che ha un’evoluzione tangibile all’interno del romanzo, perché anche lui stesso, alla stregua degli altri viene caratterizzato in una prima parte dall’arrivismo, tanto da cadere nei piani sedicenti del bieco Vautrin; arriva infatti dalla provincia nella bella Parigi, armato di tante speranze e di una valigia di orpelli proprio con il solo scopo di assumere un ruolo nella società parigina, entrare nelle sfere, quelle giuste, passando attraverso l’imbonimento di qualche giovane fanciulla dell’alta società , non importa se già impegnata. E questo è anche uno degli aspetti comicamente più controversi, avere un amante è un must, un amante conosciuto dal proprio compagno di vita ufficiale e riconosciuto dalla società; è davvero divertente la scena della disperazione così evidente della viscontessa di Beauséant quando scopre che il suo amante in realtà sta per convogliare a nozze e tutta la società parigina non aspetta altro che di andarla a trovare per vedere la sconfitta sul suo volto; una vera e propria processione a corte, che meraviglia! Ma tornando a Rastignac nella seconda parte fa trapelare tutta la sua bontà d’animo, si è ormai affezionato a Papà Goriot ed è nei fatti l’unico che gli starà vicino per la prima volta senza doppi fini ma solo trasportato da un amore direi filiale.
Un’opera teatrale, nel senso meno figurato del termine. Alcune scene corali, che per evitare spoiler non cito, si prestano magnificamente ad una bellissima opera teatrale.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    09 Agosto, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

GIRL POWER

Un titolo un po’ azzardato me ne rendo conto, ma quando leggo la Austen è la prima cosa che mi viene in mente. Mi limiterò a poche righe, non sono un’esperta né accanita fan austeniana e tanti fiumi di inchiostro sono stati già scritti da penne sicuramente più autorevoli della mia, però devo dire che dopo una prima parte per me particolarmente ostica (forse le prime 200 pagine circa) per lo stile , sicuramente unico e personale, ma comunque molto artificioso dei dialoghi che mi hanno reso la lettura poco scorrevole, una volta entrata nel mood il racconto ha preso il volo e mi è piaciuto molto; ero curiosissima di capire (perché confesso non lo avevo mai letto e non avevo mai visto un film e non avevo idea né della trama né tantomeno della conclusione) come andasse a finire tra questi due giovani innamorati inconsapevoli nonostante le incomprensioni e i fraintendimenti che hanno ostacolato il loro irto cammino d’amore.
Mi ha suscitato grandi risate il rapporto tra i genitori di Lizzy, con questo padre che non ha nessuna stima per la sua poco adorata e molto superficiale moglie e anche verso alcune delle sue frivole figlie che hanno come unico obiettivo quello di accaparrarsi un marito. Sì, devo dire che l’ho proprio adorato! E quanto è diversa da loro la nostra Lizzy, che non per niente è l’unica probabilmente ad essere nelle grazie del padre con la sua indipendenza di giudizio e la volontà di contrarre un matrimonio solo per amore (e lo testimoniano i suoi soddisfatti e molteplici rifiuti di convogliare a nozze). E’ da ciò che scaturisce il mio titolo chiaramente fuori tempo e luogo, ma che rappresenta un manifesto femminista come la Austen nel suo modo antesignano ha voluto rappresentare. Il nostro Mr Darcy a mio parere diventa un personaggio meno interessante rispetto alla protagonista femminile che ne esce come incontrastata vincitrice morale tra tutti i personaggi, perché è sì orgogliosa, ma nel modo giusto, è attenta e perspicace, è compassionevole ed è terribilmente simpatica.
Sicuramente incredibile l’opera di attualità della Austen contestualizzata tra la letteratura dell’epoca ed uno stile impeccabile.
PS: una curiosità..qualcuno mi sa dire perché i nomi dei luoghi alle volte non sono indicati per intero o sostituiti con delle *** (perlomeno nella mia edizione feltrinelli)?

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    20 Luglio, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Il fine giustifica i mezzi?

La Murgia affronta con uno stile molto particolare e personale un tema moderno ma evidentemente presente nei tempi addietro senza tutto il dibattito etico sulla giustezza dell’atto che invece contraddistingue le pagine di oggi. Si sa che nel passato anche recente alcune attitudini o comportamenti che erano socialmente accettate più o meno in maniera esposta, nei tempi moderni suscitano dibattito ed indignazione; è il risultato del progresso e dello sviluppo, chiamiamolo culturale, della nostra società. Oggi farebbe senz’altro specie pensare ad una donna che si raggira di notte chiamata dai familiari di un malato terminale a fare quello che non tutti avrebbero il coraggio di fare, ossia “finire” il povero essere umano ed aiutarlo a traghettare verso l’altro mondo; la nostra accabadora (dal termine spagnolo acabar “terminare”) utilizza un cuscino plausibilmente, ma se si legge la storia sarda di queste accabadore esistevano (o esistono?) strumenti anche più macabri. Ma alla fine, a parte il mezzo, qual è la differenza con il rivolgersi ad una clinica svizzera? Il confine tra il bene e il male è fine; ovviamente mi distacco totalmente dalla volontà di esprimere un giudizio, certo è che Maria, fill’e anima della nostra Bonaria fa fatica a comprendere un po’ per la sua giovane età un po’ per il senso di tradimento che prova. Una storia che parte da qui ma che poi si evolve in tutt’altro modo che non mi aspettavo, perché ero convinta man mano che proseguivo nella lettura che la Murgia volesse approfondire il tema, invece rimane in superficie, si limita al racconto dei fatti con un certo distacco, prova alla fine a ricongiungere il quadro ma a mio parere non ci riesce. Un altro tema bellissimo che affronta è proprio la fill’e anima, già il termine di per se evoca una vicinanza non materiale e fisica, quindi non figlia biologica ma figlia dell’anima, un concetto bellissimo e romantico; forse vale doppio, la scelta di avere un figlio supera anche qui il mezzo per ottenerlo che sia fisico e naturale, che sia acquisendo una figlia/o di un terzo per dare a lei/lui una seconda possibilità hanno lo stesso valore se non maggiore nel secondo caso; e nella nostra storia senza dubbio maggiore, la nostra Bonaria sceglie proprio lei , non vuole un’altra, ma quella bimba che sente il bisogno di aiutare. Un’esaltazione dell’amore filiale!
Lo stile della Murgia è davvero interessante, le tematiche impegnative ma non abbastanza approfondite; avrebbe potuto dilungarsi molto di più, una storia troppo breve per la profondità dei concetti che lei stessa ha voluto prendere in esame. Mi aspettavo qualcosa di più, ma sicuramente leggerò altro dell’autrice.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Fantascienza
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    09 Luglio, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

PER NON DIMENTICARE

Inquietante romanzo direi distopico che ti trasporta in una realtà distorta che ha piegato le dinamiche fisiche del tempo permettendo al vecchio Hitler di risvegliarsi all'improvviso nel 2011 nella sua totale fierezza e nei suoi panni tradizionali, tanto da suscitare in tutte le persone in cui si imbatte un forte stupore per la evidente somiglianza all'originale. Dico inquietante non tanto per gli eventi che accadono di per se che non né crudi né a tinte forti da suscitare particolari reazioni, ma per il fatto che per quanto folle può essere l’idea, la possibilità che poi davvero un Hitler qualsiasi possa in qualche modo ritagliarsi un posto nella società mi inquieta e non poco. Sarà il periodo storico che sta vivendo l’Italia oggi che mi spaventa nel suo imbruttimento sociale e culturale, ma anche laddove il racconto paradossale di quanto il nostro Hitler dice e fa suscita per forza di cose delle risate, il riso è sempre amaro. Lo sfilare dei personaggi e il ripercorrere gli eventi storici grazie allo studio approfondito dell’autore, soprattutto nella parte finale delle note che ho trovato molto interessanti, fa tornare alla mente in ogni momento (non che lo avessi dimenticato) a cosa può arrivare l’odio e la violenza dell’essere umano e quanto pericoloso sia rimuovere dalla memoria il nostro recente passato storico europeo, inneggiando a sovranismi e nazionalismi fuori tempo. Ma senza voler troppo divergere dal tema, devo dire che è sicuramente un libro riuscito, un’idea folle ma centrata, a tratti effettivamente molto divertente, soprattutto la prima parte dove abbiamo un Hitler che si risveglia in questo mondo che non riconosce e cerca di ricollegare quello che vede all’ordine da lui costituito; chiaramente le cose che dice e che fa sono cosi fuori contesto che le persone che incontra pensano che la sua al contrario sia una forte critica a quel nazionalsocialismo e al suo operato; certo è che anche se per la sola voglia di ironizzare, io mi sarei tenuta ben lontana a salutare il mio capo con Mein Fuhrer. L’approccio che ha con il mondo di internet è illuminante, perché capisce immediatamente la potenzialità dello strumento e quanto sarebbe potuto essergli stato utile nelle sue campagne mediatiche; ed ecco qui nuovamente l’inquietudine che torna perché ti trovi a riflettere effettivamente su quanto i social ed internet in generale contino oggi nello spostare le opinioni e addirittura votazioni politiche.
Provare ad incorniciare i vecchi discorsi hitleriani all’interno di una commedia contemporanea fatta di sketch comici è un tentativo ardito e forse un po’ forzato, ma l’autore a mio modo di vedere ha voluto mettere in evidenza una continuità di alcuni filoni di pensiero e di alcune dinamiche che, anche se in contesti storici diversi e con evoluzioni differenti, operano allo stesso modo; tutti quelli che noi amiamo definire oggi, probabilmente erroneamente, “populismi” hanno tutti una stessa origine e una stessa base di comportamento e concettuale: “un esercito di milioni di disoccupati incolleriti è il presupposto ideale per il successo di ogni partito radicale – e il mio, per fortuna, lo era più di ogni altro” oppure “un oratore che parlava al cuore del popolo. Allora era proprio la gente semplice, modesta, che mi dimostrava la sua simpatia..” E l’inquietudine cresce ancora perché è effettivamente così, per cui sperando che la storia non si ripeti, questo romanzo credo abbia un po’ lo scopo di accendere le coscienze e far drizzare le antenne, anche se in un modo scanzonato, per fare in modo che quello che è successo non succeda mai più.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    31 Mag, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

Contro-eroina

Romanzo anticonformista come è lo stile di Jane Austen in cui si diverte a scrivere un controromanzo classico con una contro-eroina che fa sorridere in diversissimi punti. Solletica direttamente il lettore anticipando che tratterà la storia di una ragazza che proverà ad essere una eroina ma che è lontana dalle classiche sembianze non solo fisiche di una tipica eroina dei romanzi dell’epoca: “Nessuno, che avesse conosciuto Catherine Morland al tempo della sua infanzia avrebbe veduto in lei una futura eroina”. Questo è l’incipit del romanzo che chiarisce subito che siamo di fronte ad una ironica rappresentazione. La nostra Catherine mi ricorda un po’ una primitiva Bridget Jones , consapevole di non essere sufficientemente avvenente tanto da stupirsi quando riceve particolari attenzioni soprattutto dall’altro sesso. Si addentrerà nelle tradizioni di Bath le cui giornate scorrono tra balli, serate a teatro e poco più, scandite da incontri più o meno interessanti; è divertente come le prime sere non conoscendo nessuno insieme alla signora Allen , sua accompagnatrice, le due donne si lamentano di non avere interlocutori e mi diverte pensarle avvolte nei loro tanto ricercati vestiti che hanno impiegato molto tempo a scegliere sole in un angolo sperando di essere invitate ad un ballo o anche solo coinvolte in una qualche conversazione.
La nostra non eroina affronterà una serie di eventi che dimostreranno tutta la sua ingenuità, verrà condotta in false credenze e falsi miti, conoscerà la falsa amicizia e verrà ingannata ma troverà anche affetto e, seppur lieve, amore; diciamo che per una ragazza che non aveva conosciuto altro che la propria campagna si può parlare di un’avventura emozionante.
Romanzo nel romanzo, la Austen non ci fa mai dimenticare di stare leggendo una storia frutto della fantasia della sua stessa autrice intervenendo in prima persona durante il racconto sottolinenando alle volte cosa dovremmo aspettarci da una “giusta” eroina in quello specifico frangente, per poi venire ironicamente contraddetti dai fatti. Un artificio sicuramente vincente , un trattato contro le ipocrisie di cui era impregnata la società del tempo che ha reso la nostra Austen poi cosi unica nella storia della letteratura e così avanguardista.
Romanzo sano, positivo, correttamente superficiale nei temi trattati e non particolarmente avvincente, il che è chiaramente legato alla natura della storia in sè che non è centrale come invece è l’ironica e critica rappresentazione delle dinamiche della società.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    06 Mag, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

CONFESSIONI

Cinque uomini semi sconosciuti che decidono consapevolmente di incontrarsi senza uno scopo preciso ma con la sola volontà di scambiarsi esperienze. Io sono una donna e chiaramente ero particolarmente curiosa di vedere se leggendo questo romanzo avrei scoperto qualche nuovo lato del genere maschile o magari sarei rimasta sorpresa dal modo in cui gli uomini affrontano i loro pensieri e le loro esperienze e soprattutto nella modalità con cui la condividono con i loro simili. Obiettivamente non è accaduto nel senso che i personaggi che ruotano intorno a questa notte “da leoni” (o mici più che altro) rappresentano un pò lo stereotipo dell’uomo con tutte le fantasie e le sue rappresentazioni nella vita reale, le contraddizioni che per l’universo femminile contraddistinguono il sesso cosiddetto forte. L’uomo a mio modo di vedere ne esce un pò sconfitto, un pò vittima dello stereotipo di se stesso, fatto di una continua gara di virilità, vittima dei propri istinti e del fascino del gentil sesso; un uomo nella cui vita rimane centrale il sesso e l’attrazione fisica, spesso in alcuni fasi nascosta dietro un falso amore. L’altro sconfitto è sicuramente il matrimonio, dipinto nelle storie di ognuno dei presenti (forse tranne nella voce narrante e partecipante al club, di cui se non ho perso qualcosa non si sa neanche il nome) come la fine di ogni libertà espressa , delle emozioni, delle proprie volontà. C’è proprio un passo in cui si racconta di quando uno dei protagonisti si imbatte in un vecchio amico e alla affermazione di essere sposato scatena in lui una immediata sensazione di costrizione, il che appunto dimostra il cliché del pensiero maschile che il matrimonio sia la tomba dell’amore. Credo sinceramente da donna che gli uomini siano un pò meglio di cosi, amano profondamente e riescono ad essere fedeli alla propria donna senza particolari sacrifici. E’ chiaro che in tutta questa confessione a più voci troviamo anche storie di amore perso e sentimenti autentici di cui ogni lettore darà la propria interpretazione ma l’impronta generale che lascia è quella appena descritta. Nel loro continuo gioco, nel prendersi poco sul serio, nell’azzuffarsi e poi abbracciarsi c’è poi tutta quella semplicità, nel senso buono del termine, di cui noi donne avremmo alle volte bisogno e che ho ritrovato molto nel modo di confrontarsi e colloquiare tra questi uomini; non oso immaginare un club femminile alla stessa stregua che cosa avrebbe potuto creare, probabilmente una lunga e noiosa seduta psicologica volta ad analizzare ogni gesto e sussurro, diciamo che molto probabilmente non avrebbe restituito lo stesso tono leggero qui presente, anche se magari le storie trattate in alcuni casi nascondevano un elemento tragico abbastanza preponderante.
Sarei curiosa di leggere una recensione di questo stesso romanzo scritta da un uomo per vedere se effettivamente le impressioni siano le medesime.
Non conoscevo l’autore e devo dire che ha uno stile diretto e mai noioso, nonostante il contenuto non mi abbia entusiasmato, è riuscito a rendere comunque il romanzo piacevole alla lettura. Mi piacerebbe leggere altro di Michaels.

Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    20 Aprile, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

A TU PER TU CON IL LETTORE

Ironico, cinico ed esilarante negli intrighi. Uno spasso di romanzo che si legge con semplicità, ti fa affiorare un sorriso sulle labbra nonostante lo spessore culturale dell’autore è notevole, lo si nota nelle citazioni diffuse nel testo più o meno evidenti ai grandi scrittori della storia. Una scrittura contemporanea e fresca che nasconde appunto una ricerca profonda, il che rende il suo stile vincente; alla fine la vera capacità di uno scrittore o anche intellettuale in genere è quello di rendere fruibile ai più il proprio messaggio senza obbligatoriamente nasconderlo tra artifici ridondanti.
Un romanzo sempre sul filo del malinteso, tra un Roderick originale ed un falso Roderick, entrambi bambini preda degli arrivismi di personaggi di dubbia eticità che tramite la sovrapposizione di uno con l’altro tentano in tutti i modi di raggiungere una cospicua eredità. I due Roderick entrambi soli al mondo ignari delle trame che li circondano e di cui sono vittime inconsapevoli in questo vortice circense hanno però la fortuna di incontrarsi e di essere un po’ meno soli, fratelli non di sangue ma che nei fatti lo diventano.
Uno stile direi unico nel suo genere, non mi è mai capitato di leggere un romanzo simile con un’attenzione verso il lettore smaniosa, di continua sfida, è come se Mari volesse giocare con il lettore bluffando, prendendosi gioco di lui e della sua moralità, come quando presenta il personaggio della Suora malfrodita (traduzione “mariana” di ermafrodita che tante risate mi ha scatenato) e stuzzica il lettore rivolgendosi direttamente a lui chiedendogli di tenere a freno la curiosità, oppure quando conferma di aver ormai rapito il lettore a tutti gli effetti e di averlo fatto proprio per cui potrà fare ciò che vuole di lui. E’ stato davvero divertente alla volte fare alcune considerazioni durante la lettura e dopo poche righe vederle scritte sotto forma di domanda diretta (tu lettore starai sicuramente pensando che..).
Una badessa, una suora ermafrodita, un gestore di bordello, due bimbi orfani di cui uno muto, un Probo assassino nella notte, un pescatore, diverse libere donzelle, assassini vari, arrivisti della prima ora ed una eredità polposa…un mix esplosivo di storie che si intrecciano di cui però il lettore è nei fatti l’unico consapevole, perché Mari al lettore rende tutto chiaro quindi è uno spettatore a cui si regala la prima fila e che si può quindi divertire a seguire gli intrecci ottimamente architettati.
Un romanzo senza morale, non si vuole nei fatti insegnare nulla e trasmettere alcun particolare messaggio, non c’è paura di far vincere un personaggio negativo, anche perché nei fatti, a parte i due Roderick e qualche rarissimo personaggio non ci sono i “buoni” ma è solo una lotta tra cattivi, una guerra di furbizia e sotterfugi conditi alla volte da tanta ignoranza , come nel caso di Jones che è esilarante nelle lettere sgrammaticate piene di pseudo-amore (direi più curiosità sessuale) indirizzate alla malfrodita suor Allison.
Non c’è drammaticità né tensione nervosa mai, ogni azione anche la più violenta (e devo dire che la violenza non manca), è sempre raccontata con sarcasmo ed ironia che accompagnano tutto il romanzo, è tutto funzionale allo stile linguistico e di scrittura che padroneggia e surclassa il contenuto che di per sé rimane secondario.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    18 Aprile, 2018
Top 500 Opinionisti  -  

RESISTERE ALLA VITA

Non nascondo che mentre scrivo di questo lungo e incredibile romanzo ho un nodo alla gola che non va via perché la storia di Jude e dei suoi fedelissimi amici è un pugno allo stomaco, non lascia scappatoie e prima di iniziare a leggere bisogna essere consapevoli che si sarà travolti. Il titolo “Una vita come tante” o ancora meglio forse il titolo originario “A little life” è quanto di più lontano, volutamente lontano, dalla vita di Jude che arriva all’età adulta fragile e insicuro , in perenne lotta con se stesso non credendo che ci possa essere al mondo qualcuno che lo possa amare ESATTAMENTE per quello che è; dissimula, nasconde, si nasconde dietro la sua incredibile competenza di avvocato perché è lì, nelle aule di tribunale l’unico luogo dove invece emerge, è trionfo e senza scrupoli. Chi lo approccia sul mondo del lavoro non immaginerebbe minimamente della fragilità che nasconde.
Ripercorrendo tramite flashback, e tramite le voci che si alternano, l’intensa vita di Jude, conosciamo tutti i personaggi che lo accompagnano e lo sostengono nei momenti più bui; l’amore filiale, l’amore amico, l’amore profondo di un compagno, non c’è che dire è un romanzo d’Amore, ma non inteso come racconto smielato di una storia d’amore ma come celebrazione del puro sentimento dell’Amore che salva, o tenta di salvare, senza seconde e torbide motivazioni, ma al contrario sfidando tutte le più logiche motivazioni che porterebbero lontano. Jude purtroppo non si rende forse conto di quanto Amore lo circonda, perché il dolore e i segni di un passato mai passato che porta fuori a ricordarglielo, ma soprattutto dentro di se, sono troppo profondi, radicalizzati, un tumore aggressivo che resiste ad ogni terapia, alle volte sembra essere sconfitto, ma è lì latente che nel momento magari più sereno torna a bussare alla porta. E’ un romanzo di lotta, di voglia di farcela.
Lo hanno definito un romanzo bandiera del mondo gay, probabilmente perché nel romanzo è centrale la storia di un amore omosessuale, ma risulta molto riduttivo perché il fatto che Jude sia innamorato di un uomo diventa totalmente secondario, qui si racconta l’Amore senza distinzioni di sesso, Yanagihara ti trascina così prepotentemente nel racconto che il dettaglio sulle scelte sessuali dei protagonisti perde di ogni significato; quello che probabilmente può essere interessante è far avvicinare il lettore proprio al valore dell’Amore in sé senza identificazione di regole precostituite, che siano legami di sangue o scelte sessuali più o meno controverse. L’Amore vince sempre? Senza fare spoiler non reputo questo un romanzo di speranza, probabilmente questo aspetto è uno di quelli che lo rende maggiormente interessante, più reale da un certo punto di vista (anche se spero vivamente che la realtà sia un po’ meno dura) perché non c’è il tentativo forzato di voler ricomporre un puzzle, ma si lascia andare la storia semplicemente come deve andare.
E’ difficile scrivere un romanzo così lungo e mantenere l’attenzione e la passione del lettore costante per tutto il viaggio, ma Yanagihara qui ci riesce benissimo. L’ho amato e tanto e lo consiglio fortemente quando si ha l’animo giusto per affrontarlo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    23 Novembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

PRENDIMI PER MANO

Tengo e Aomane (o piselli verdi) si cercano e si rincorrono nello scorrere dei 3 libri che hanno al centro questa storia d'amore raccontata nella maniera visionaria e sussurrata di Murakami. Si cercano senza saperlo, ma il destino li mette uno sulle tracce dell'altro dal ricordo della prima stretta di mano quando erano dei semplici compagni di classe, ma già allora condividevano una sofferenza e vivevano un rapporto genitoriale complesso e intricato che li portava a distanziarsi dalla vita normale dei loro coetanei, l'uno obbligato a passare i week-end insieme al padre a bussare alle porte per esigere il canone della TV, l'altra obbligata a far proselitismo per la setta di appartenenza della famiglia.
Aomame a tutto ciò ha però la reazione più dura, è lei sicuramente la parte forte della coppia, dal momento in cui è lei a decidere stringergli la mano, a quando abbandona senza guardarsi più indietro quella vita chiusa e santificata voluta dai genitori, fino a quando lotta a costo della vita per riavere Tengo, per proteggere questo amore in un mondo parallelo che non è più il 1984 ma che lei chiama 1Q84 e provare a portarlo indietro nel tempo. E Tengo si abbandona a lei, la segue senza fare troppe domande perché sa che il vero cuore pulsante della coppia appena ricreatasi è Aomame.
Quindi in definitiva un romanzo d'amore, ma con tutti i caratteri particolari e surreali che Murakami dà alla storia rendendolo quindi un romanzo immaginario, fatto di due lune splendenti nel cielo, di piccole creature che vociferano alle vestali della setta Sagikake ispirando azioni e pensieri, della crisalide d'aria che sembra rappresentare un utero materno dentro al quale prende corpo la Vita.
Pieno di simboli e di metafore raccontate nella maniera sommessa e al limite della tristezza tipici di Murakami, che però mi permetto di dire forse troppi, lascia troppe domande aperte probabilmente, si dilunga per 3 lunghi libri nella descrizione di questa storia d'amore, degli intrighi e del mondo immaginario che li circonda e poi dà un'accelerata improvvisa alla fine del terzo lasciando in sospeso troppe questioni aperte provocando uno sbilanciamento nel racconto che toglie un po’ di forza ad esso stesso.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    12 Novembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

La Resistenza è Donna

Storia intensa, personaggi caratterizzati perfettamente, contesto storico centrale e intrecciato amabilmente con la storia dei protagonisti.
L’Usignolo racconta di un passato a noi Europei ancora vicino e vivo sia in termini di memoria storica sia in termini di sentimenti e testimonianze presenti e annualmente ricordate e celebrate; forse è questa la ragione per cui la lettura è scorsa veloce e fluida oltre al fatto che Hannah ha uno stile preciso e asciutto che rende tutto più semplice.
Siamo in Francia nella seconda guerra mondiale durante l’invasione nazista; è vero, è un tema affrontato tantissime volte dalla letteratura e dalla filmografia, sciolinato in tante salse, ma questi rende solo più difficile appassionare, per questo a mio avviso qui ad Hannah va riconosciuto un plauso in più; riesce benissimo infatti a gettare la luce su una parte della resistenza a cui si dedica meno attenzione solitamente , ossia quella femminile.
La guerra è maschia, è simbolo di forza e virulenza, ma è anche forza d’animo, coraggio, passione e intraprendenza che meno hanno a che fare con la forza prettamente fisica e ben si sposano con l’animo femminile che in maniera che può sembrare meno sbraitante e più sussurrata nasconde una potenza incredibile.
Le due sorelle Vianne ed Isabelle sono la dimostrazione di ciò e la scrittrice riesce perfettamente a caratterizzare le loro differenze, le loro lotte interne, gli stati d’animo e l’amore filiale incondizionato. L’una lottando in prima persona nella resistenza antifascista, l’altra cercando di proteggere la sua famiglia e quelle di tanti altri nello scorrere della vita quotidiana, entrambe sono il simbolo di quella parte viva della popolazione europea che ha cercato di difendere a costo della propria vita la PROPRIA LIBERTA’ da una follia che, ca vans ca dire, ha macchiato la storia mondiale.
La bellezza di questo romanzo però è che, oltre agli eventi storici che sono più di un contesto ma diventano centrali nella descrizione dei personaggi, ci porta all’interno delle storia della famiglia Russignol che durante la guerra riscopre se stessa, facendo venire a galla sofferenze profonde e cicatrici difficili da rimarginare. La guerra, come ogni altra situazione estrema, ti porta a fare azioni che non faresti mai, ti porta ai confini del tuo immaginabile e ti costringe a guardare te stesso, i tuoi comportamenti e quelli degli altri in maniera lucida e profonda senza orpelli per arrivare a rivedere il quadro della tua vita passata obbligandoti a verità forse scomode ma che a volte aprono la strada ad una seconda possibilità.
Romanzo consigliatissimo, e come tutti i romanzi sul tema antifascista e antinazista sarebbe da far leggere a tutti i nostalgici o pseudo tali.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Fantascienza
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    27 Ottobre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

LIBERTA DI E LIBERTA DA

Ho dato questo titolo perché è una frase, che oltre ad essere nella quarta di copertina dell’edizione che ho letto io, mi ha fortemente colpita, è il nucleo intorno al quale gira il concetto del totalitarismo antico e moderno e probabilmente futuro; è il capro espiatorio su cui si regge il messaggio che un qualsiasi governo autoritario o estremismo religioso veicola al proprio popolo bue, ossia l’idea che la repressione sia necessaria per liberare il singolo da pulsioni definite devianti e comportamenti tacciati per non consoni e fuorvianti rispetto alla retta via da seguire, l’unica, quella tracciata dal Capo.
Questo romanzo riesce perfettamente a sintetizzare questo concetto e a raccontare la parabola del totalitarismo che può essere adattata a qualsiasi realtà storica in qualsiasi parte del mondo. Atwood lo fa in maniera esemplare inventando nel suo racconto distopico, che niente ha da invidiare a 1984 di Orwell, una realtà geograficamente localizzata in America che vede chiudere le porte alla democrazia e al “libertismo” per lasciare il passo a ferree regole di comportamento e a rigide distinzioni sociali in cui le donne vengono relegate a ruoli di servizio verso gli uomini, che siano Mogli, Marte, Zie, Nondonne, soprattutto Ancelle, non importa, tutte chi più chi meno in un modo o nell’altro rendono servizio alle necessità fisiche e non dell’uomo, racchiuso nel simbolico Comandante. Il fine ultimo è la riproduzione in un mondo in cui, per motivi poco chiari, sembra esserci poca speranza di avere figli e soprattutto sani. Già qui quanta modernità; quanto è attuale il concetto per cui il fine ultimo della società è quello di fare figli, assicurare che il proprio nome si protragga nel tempo e lo si fa anche oggi con i mezzi più disparati. In fondo mi pare di capire che le radiazioni chimiche nell’aria fossero circoscritte al quel luogo fantomatico, quindi perché non scappare tutti e rifugiarsi in un’altra parte del mondo? Si accenna nel libro all’Europa come zona franca, per cui è chiaro che la ragione che sembra prettamente fisica di cercare di riprodursi in maniera sana in un mondo attaccato durante una guerra che quanto sia davvero reale non si capisce, è solo una chiara scusante per la volontà di fondo che è quella di avocare a sè il potere e fare del corpo delle donne una proprietà di cui disporre. E’ lo stesso Comandante che in un dialogo con l’Ancella accenna al concetto “Che cosa potevamo fare di diverso?” quasi fossero stati costretti a mettere in scena questa patetica recita drammatica. E di dramma ce n’è molto in questo romanzo, manca l’aria alle volte leggendo, ti trascina nell’angoscia della protagonista, mi ritrovavo spesso a chiedermi “ e se domani la mia carta di credito o il mio bancomat davvero non dovessero più funzionare all’improvviso in quanto persona di sesso femminile? Cosa farei?” Quale personaggio della recita vorrei o preferirei recitare? Una Marta? Un’Ancella? Una Nondonna? O una prostituta? Perché chiaramente anche in un mondo nuovo con regole puritane nuove, non manca uno spazio per la trasgressione dove i Comandanti contravvenendo alle regole da loro stessi imposte si dedicano a sollazzi appartenenti al Mondo di ieri.
Ho trovato geniale l’idea dei nomi affibbiati alle Ancelle, che, cancellato con una passata di spugna il passato ed insieme la loro stessa esistenza e personalità, vengono vestite di rosso e concesse in proprietà ai Comandanti e le loro Mogli diventando di volta in volta Difred, Diglen e così via. Il rapporto con le Mogli è chiaramente assurdo, in quanto le Ancelle prendono fisicamente il loro posto nell’unico scopo di procreare, e diventano quindi oggetto di odio e gelosia da una parte ma mezzo di speranza per diventare madri dall’altra. Ci sarebbe tanto di cui scrivere su questo dualismo di rapporti e di sentimenti che alle volte, estremizzando, appartiene all’universo femminile che si immola per i propri uomini, che è crocerossina e amante a seconda delle necessità, che chiude gli occhi pur di mantenere il proprio ruolo di moglie in società.
Non voglio fare chiaramente spoiler, dico solo che due tra le scene più di tutte raccontate hanno dentro di sé tutta l’epicità che caratterizza questo meraviglioso romanzo e su cui consiglio di soffermarsi, quella del rapporto a tre tra Ancella, Comandante e Moglie e la Nascita, come viene intitolato il capitolo, che tratta del Parto.
Un vero capolavoro.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    28 Settembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

FUORI FUOCO

Sarò una voce fuori dal coro, anzi senza dubbio, in quanto leggo solo recensioni di lettori sopresi e appassionati e innamorati di questo romanzo definito dai più un capolavoro.
Le mie aspettative erano altissime però purtroppo devo dire un po’ deluse; ho trovato un romanzo fuori fuoco, non centrato, una trama piuttosto piatta un po’ come la vita del nostro Stoner. Non posso dire che non mi sia piaciuto piuttosto che mi abbia lasciato un po’ indifferente.
Stile scorrevole sicuramente, senza guizzi però che rispecchia in questo perfettamente la vita di un professore in ombra, come se fosse l’unico in bianco e nero in un mondo pieno di colori. Capisco la voglia di raccontare la normalità e capisco chi dice che la normalità va apprezzata e santificata, ma credo che qui siamo di fronte ad una vita al di sotto della normalità. Per me la normalità è bella, è vita, è gioia, nella vita di Stoner non vedo niente di tutto ciò. Un uomo-vittima fondamentalmente, che si accontenta di un amore a metà, che forse è anche meno della metà, cercato e voluto senza una ragione di fondo perché mai ricambiato, di essere padre a metà subendo scelte della moglie, perdendo il diritto di ruolo di guida per la vita della figlia che chiaramente subisce tutte le conseguenze crescendo con una profonda ferita dentro che si riflette nelle scelte superficiali e subite che si trova a fare. E’ per questo che non sono entrata in empatia con questo personaggio perché nel suo non fare e non decidere è responsabile di tutti fallimenti suoi e delle persone che in teoria ama e lo amano. Per non parlare della povera Katherine che forse è l’unica che dà un pizzico di vitalità alla vita ordinaria del professore e che ne rimane comunque scottata.
In fondo anche il suo essere diventato un professore è capitato quasi per caso, l’ennesima scelta non fatta.
Forse l’unico aspetto di resistenza lo si ritrova nel suo annoso e faticoso braccio di ferro con Lomax e la difesa della purezza dell’indipendenza del giudizio di un professore verso un suo alunno senza piegarsi a direttive che provengono da ranghi accademici superiori. Ma quanto poi si possa parlare davvero di resistenza in difesa di un principio solido non riesco a dirlo con certezza, potrebbe essere più la volontà di non transigere ad una regola stabilita, muoversi nel solo terreno conosciuto; la stessa cosa vale per la decisione di non andare in guerra probabilmente non per un principio pacifista, che chiaramente sarebbe solo che da apprezzare, quindi in un senso di rivolta, ma per paura di lasciare la strada vecchia per la nuova.
Ecco sono questi in sintesi i motivi per cui non provo particolare simpatia per Stoner, non sono entrata in empatia, nonostante è chiaro che durante la lettura varie volte ho pensato “ma povero!”, però non ho sofferto per lui e con lui, ma anzi spesso mi sono ritrovata indispettita, volevo dirgli “ma forza dai, rispondile, fa qualcosa, non puoi permetterlo!”.
Detto ciò, è una lettura che comunque consiglio in quanto scorrevole e tutto sommato piacevole e poi un romanzo considerato da così tante persone un capolavoro va letto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    06 Settembre, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

ROSSELLA CHE PASSIONE!

E pensare che ero restia a leggere questo che da oggi considero UN CAPOLAVORO assoluto. Ora ho una voglia matta di rivedere il film che vidi moltissimi anni fa (ero una bambina) e di cui ricordavo alcune scene a tratti, tra cui Reth e ovviamente la scena finale.
Non mi sarei mai aspettata di appassionarmi in questo modo alla storia intrecciata di Rossella ed i personaggi che le ruotano attorno, perché ovviamente lei è il perno su cui si regge la storia e nella storia tutti i personaggi. Lei è quella da amare, da odiare, a cui chiedere aiuto e sostentamento, di cui parlare e sparlare. Una donna che divide, sia il lettore sia tutti i personaggi che la incontrano sulla loro strada. Non è una storia d'amore ma la storia di una donna frivola, capricciosa e testarda che affronta i danni e i malanni della vita in maniera pragmatica, dai più semplici come quale vestito indossare nell'occasione giusta per avere più sguardi possibile addosso o a cosa mangiare in un tempo, freddo, di guerra dove gli sfarzi e le feste sono solo un ricordo lontano. Domani è un altro giorno perché oggi non ha tempo di fermarmi a pensare e filosofeggiare, ha cose più importanti da fare: pensare a come sopravvivere dopo aver perso tutto, a come dare da mangiare alle bocche affamate che si affacciano al suo capezzale, a come fare più soldi possibile per non soffrire mai più di fame e di stenti.
Rossella non è un'eroina, ha dei tratti inconsistenti e irritanti, non segue le regole del bon ton dell'epoca e non rispetta gli altri nella maggior parte delle proprie azioni e per cui può risultare antipatica soprattutto messa a confronto con la dolce Melania, dolce fino al suo ultimo respiro. Di certo però senza Rossella, non ci sarebbe stata più l'amata Tara, non ci sarebbe stato più cibo né futuro quindi non posso che sentirmi solidale. L'amore in tutto il romanzo fa da contorno, lungi dall' essere un romanzo d'amore è una storia appassionata che si dipana in un contesto storico preponderante, quello della guerra di secessione raccontata perfettamente che diventa co-protagonista e da cui derivano le azioni e le reazioni di tutti i personaggi.
Divisa tra un amore più immaginato che reale verso un filosofeggiante e debole Ashley, difeso sempre a spada tratta da Rossella per tutto il romanzo per la sua incapacità a qualunque lavoro che non sia intellettuale e l'amore pieno d'odio e risentimento verso l'affascinante Reth, versione più bruta ma in realtà più romantica di Rossella stessa, due metà divise dalla nascita che per la loro troppa somiglianza non riescono a instaurare e mantenere un rapporto ed un dialogo nel tempo. La scelta sarebbe così facile, ma non per Rossella legata ad un concetto di amore e di relazione frutto delle consuetudini, nonostante lei sia cosi anti-convenzionale.
Un capitolo a parte sarebbe da dedicare alla tematica della schiavitù che mi fa pensare voglia essere in qualche modo riabilitata dall’autrice anche lei nata ad Atlanta, terra sudista in cui la divisione sociale sulla base del colore ha visto i suo albori. Mammy, Pork e tutti gli schiavi fedeli ai loro padroni anch’essi critici nei confronti della classe dei nuovi neri che occupano posizioni indipendenti nella nuova società alla fine della guerra, rendono un quadro di rapporti d’amore tra bianchi e neri all’epoca schiavista, dando quasi per assodato che ognuno di loro avesse correttamente un ruolo da ricoprire, ordine scardinato da una guerra folle che non aveva comunque come obiettivo vero quello di liberare gli schiavi dalle catene ma semplicemente di conquistare nuovi territori, come ogni guerra che si rispetti in qualunque epoca storica. Posizione a mio modo di vedere alquanto ambigua.
1000 pagine che corrono tutte d'un fiato, che mi hanno fatto arrabbiare, innamorare, dispiacere e soffrire. Una storia immensa.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    11 Agosto, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

LA MORTE CHE NON TI ASPETTI

Ironico, satirico e riflessivo. L'opera di Saramago ti porta attraverso le sue immaginarie visioni che rende incredibilmente reali a riflettere su un binomio naturale che l'essere umano vive con sofferenza, vita-morte. Immaginando un mondo dove per un periodo di tempo la morte decide di scomparire (con la m minuscola perché la morte non si arroga il diritto di superiorità sulle altre morti con cui si è divisa equamente il mondo così come lo conosciamo ed i regni animali), strappandoti spesso un sorriso ti porta a riflettere su quanto questo "nemico" del genere umano sia in realtà necessario per tante ragioni. Rende la vita ancora più preziosa da un lato ma si dimostra indispensabile per alcune , chiamiamole sovrastrutture, come la religione che entra in crisi in quanto le sue stesse fondamenta si basano sull'esistenza della morte. È divertente vedere come anche in un caso estremo come questo un’organizzazione criminale, che qui ironicamente ha il nome di Maphia, riesce ad avere la meglio, a trarre profitto dal disagio grazie ad un accordo segreto con lo Stato. Geniale a mio avviso il modo di raccontare questo accordo paradossale ma che cela motivazioni molto più realistiche, come l'impossibilità per lo Stato di occuparsi di "cose sporche" agli occhi del popolo ma che si rendono necessarie per cui decide di delegarle alla Maphia, albori di un rapporto che nasce su un definito contorno di ruoli e responsabilità ma che chissà dove potrà mai portare. In realtà Saramago non ce lo dice perché ci traghetta in una seconda parte della storia che è come se fosse un secondo libro perché ha tutt'altro obiettivo, tutt'altra tematica che io ho trovato un po' distaccata dalla prima parte della storia. Una morte umanizzata, che prende sembianze umane ma non solo in termini fisici, ma anche sensoriali perché acquisisce emozioni, sensazioni che la portano a lottare contro il suo stesso destino e compito, una Joe Black al femminile. Molto interessante anche questo lato del racconto più romantico, il tutto condito dallo splendido stile di Saramago con un utilizzo sublime della punteggiatura e della esposizione dei dialoghi che solo un vero genio letterario come lui può utilizzare senza appesantire la lettura.
Forse in quest’opera ho amato più il suo stile che la storia in sè a tratti molto interessante ma che forse non ho apprezzato fino in fondo proprio per questa distanza tra le due parti del libro che mi ha lasciato la sensazione di non avere né un fine né un finale.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    01 Giugno, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Profumo di libertà

Essere donna ed essere libera oggi in Italia e nel mondo occidentale è cosa facile, esserlo agli inizi del '900 in epoca fascista e divisionista molto meno. Modesta è una donna affascinante nel senso più ampio del termine, sia a livello fisico in quanto ho percepito che fosse una bella donna, ma soprattutto per carattere ed intelletto. Destinata ad essere suora, si ribella ad un destino segnato ed investe sulla sua mente, studia, legge, si interessa, combatte per gli ideali, vive l'amore libero ed anche omosessuale a momenti, alleva figli suoi e non in un clima aperto ed educativo che spinge ognuno ad investire sul proprio IO. C'è da trarre molti insegnamenti da questa Donna che è anima centrale per tutti, fonte ispiratrice ed antifascista, riesce a passare da semplice "dama di compagnia" della bimba Beatrice all'epoca sua coetanea a regina e padrona della casa. Cuore duro che però in alcuni tratti ed in alcuni momenti amorosi sia con il suo uomo Carmine che con la sua donna Joyce ama sentirsi bambina e sprofondare tra le braccia dell'amato/a.
La vita politica e la storia italiana del periodo si intrecciano pesantemente con la vita privata, la guerra e il fascismo fanno capolinea nella conduzione già di per sé atipica della vita familiare in casa Brandiforti, lasciando segni profondi in quasi tutti i personaggi compresa Modesta che nonostante tutto continua la sua vita a testa alta nonostante la prigionia nonostante l'agonia della madre che attende il figlio tornare dalla guerra.
Un libro complesso nella costruzione della storia, che può portare in alcuni momenti ad un calo di attenzione, che si accavalla tra flashback e dialoghi immaginari, alle volte lungaggini forse evitabili, ma che comunque trasmette potenza nei messaggi più o meno sottesi che Goliarda trasmette ai propri lettori attraverso la figura di Modesta.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    25 Aprile, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

LA GIUSTA RAGIONE

In più di mille pagine di racconto pregno di storie, passioni, dolori e orrori le pagine che mi sono rimaste più impresse sono la prima e l’ultima, perché nelle prime pagine racconta del suo arrivo nella frenetica e sovrappopolata Bombay dove si scontra, immediatamente sceso dall'aereo, con un’ondata di calore e umidità che toglie il fiato e che ti attacca i vestiti addosso e che imparerà ad amare; l’ultima , senza fare spoiler, è la summa di questo viaggio incredibile che, anche se l’autore ha ribadito essere inventato, ripercorre esattamente le tappe della sua incredibile vita che gli ha per forza di cose ispirato questo racconto immenso e a me piace pensare che il sorriso di Prabaker fosse reale e che la vita avvolgente dello slum ricca di emozioni e di affetti e di senso di comunità così come viene descritta da Roberts sia esattamente quello che si può incontrare in un viaggio in India. Un libro pieno di amore, leggere un uomo che esprime il proprio amore in maniera cosi diretta verso un amico affermando di amarlo con tutto se stesso non è una cosa da poco.
Tra le tante vite vissute dal nostro Lin (ho sinceramente dimenticato il suo nome reale) fuggitivo ricercato australiano, quella vissuta nello Slum nel suo ambulatorio in veste di dottore è senza dubbio quella più piena. E’ emblematico il momento in cui torna nello slum in una delle sue tante visite e si rende conto della sensazione di casa che quelle strade gli trasmettono così lontana dalla prima sensazione di paura e ribrezzo con cui si era avvicinato la prima volta. Ecco, questa ritrovata sensazione è la stessa che provavo io leggendo; quanti pregiudizi abbiamo nel pensare che coloro che vivono in condizioni di povertà lontane dalle nostre vite borghesi non possano condurre una vita “normale” fatta delle nostre quotidiane abitudini solo con maggiore inventiva e meno comodità. E’ questa la più grande conquista a mio parere di questo meraviglioso romanzo, avvicinare alla normalità condizioni umane di vita al limite dell’accettabile, fatta di baracche senza intimità , spazi adibiti a bagni condivisi, lotte contro inondazioni , tutto normale , tutto facente parte del normale ordine delle cose.
E dopo mille avventure alcune particolarmente dolorose anche e non solo fisicamente, dopo aver conquistato i cuori della mafia indiana, dopo essersi follemente innamorato di Karla, donna dalla dubbia verità sempre al limite della menzogna, dopo aver lottato in Afghanistan al fianco di Kadherbai , uomo adorato e guida spirituale prima che guerriera, alla ricerca costante della propria identità ormai confusa tra i nomi e passaporti falsi, tra le mezze verità raccontate sulla vita pregressa, è solo nello Slum che Lin riesce a trovare un po’ di pace, dove riesce ad ottenere uno scambio sincero di affetto. La gente dello Slum lontano dai crimini efferati della Mafia indiana non scende a patti con essa nonostante possa rendere la loro vita solo un più semplice.
Leggere dell’India è stato davvero illuminante, paese pieno di odori e colori che l’autore, tramite Didier , uno dei tanti personaggi fuggito dalla sua passata vita per ritrovarsi in India, in una pagina molto divertente paragona alla nostra Italia: “Sia in India che in Italia ogni uomo diventa cantante quando è felice e ogni donna ballerina quando va a fare la spesa dietro casa. Per questi due popoli il cibo è musica nel corpo, e la musica cibo nel cuore”.
Rincorrendo tra le pagine l’avventura di Lin, ho dimenticato fosse un criminale, ho imparato a comprendere il suo animo umano sofferente che a causa di rocamboleschi giri che alla volta la vita fa, si ritrova ad essere un ricercato in patria, un fuggitivo nella sua nuova patria ma, nonostante tutto, con una eticità distinta che impressiona dapprima gli ignari amici indiani dello slum e poi i criminali che incontrerà nella sua strada. Non ho trovato dei grandi personaggi negativi al 100%, a parte qualche apparizione di poco conto, ma ogni personaggio è presentato con tutto il suo bagaglio di storia personale che in qualche modo è portato a giustificazione delle azioni compiute.
“Si può combattere una guerra in modo onorevole e mantenere la pace in modo riprovevole”.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    13 Aprile, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

LA LIBERTA' DI ESSERE PRIGIONIERI

Che intensità, un libro davvero intenso.
Difficile provare a raccontare Roth, perché ogni suo libro ha più di un livello di lettura e si rischia sempre di minimizzare il messaggio. Sul filone della denuncia della società americana anche ne La Macchia Umana ritroviamo la critica al pensiero americano, alle sue dinamiche contorte che ti portano ad essere vittima e carnefice, perché Coleman che soffre del razzismo, nascosto con molta difficoltà e poco successo, di cui è bersaglio, verso la classe afroamericana si ritrova ad esserne lui stesso rappresentanza, fingendo di essere bianco e dissimulando perché per sua "fortuna" non è abbastanza nero. E' incredibile pensare come un uomo viva tutta la sua vita sul filo della menzogna, la menzogna più profonda, quella che ti porta a rifiutare te stesso. E quindi se soffre nel profondo quando viene tacciato per "negro" , è lui stesso che cancella il suo passato con una spugna fingendo di essere orfano, ripudiando la sua famiglia, uccidendola virtualmente per tentare una rinascita che in fondo non raggiunge mai; perché un uomo non può rinascere dal rifiuto delle proprie radici, può solo fingere di mischiarsi come un camaleonte tra le pieghe della vita e delle relazioni sociali, ma quando sei solo quella macchia è lì indelebile, quel segreto riaffiora in ogni momento..sei un attore della tua stessa vita. Lui dice che lo fa per essere libero, ma quale libertà è quella che ti costringe a imprigionarti in un personaggio, in una recita! Non chiamiamola libertà..Questo è l'aspetto a mio parere più forte di tutto il romanzo di Roth, forse maggiore della questione del giudizio impresso senza alcuna ragione fondata o meglio su un, chiamiamolo, malinteso, io oserei dire più cecità e ignoranza della gente là fuori che decide per te, definisce i tuoi pensieri anche se sono anni luce lontani dai tuoi pensieri reali; Coleman, uomo nero che passa la vita a fingere di essere bianco, viene accusato di razzismo verso altri neri; che incredibile giostra!
I personaggi che incontra si susseguono tra dolori e storie tormentate, figli che ripudiano genitori, genitori che perdono i figli, incomprensioni, giudizi e pre-giudizi.
C’è tanto dell’America di oggi, o forse di tutta la società occidentale che viviamo e subiamo. Ipocrisia e tormento. Ho trovato Roth ancora più diretto nell’espressione del messaggio e della sua critica rispetto a Pastorale Americana ad esempio, qui è come se avesse voluto urlare senza mezzi termini, non rischiando di affidarsi all’interpretazione del lettore, mi ha dato questa sensazione.
E’ un libro incredibile, profondo, che tocca l’anima.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    08 Marzo, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Amore e Interesse

Faccio subito outing: non ho mai letto Madame Bovary e non sono appassionata di classici.
Ma di due cose sono sicura: 1. Che leggerò prestissimo Madame Bovary; 2. Che questo libro è diventato il mio classico preferito.
Una lettura piacevole e nonostante ritrovi chiaramente anche qui quello che mi fa amare meno i classici, ossia la descrizione accurata di una vita di salotti così lontana dalla nostra vita contemporanea, che per altri è sicuramente l’aspetto più affascinante di un classico, mi sono appassionata così tanto alla storia di questo Federico e delle sue donne che non riuscivo a staccarmi dalla lettura.
Siamo nell’800 in Francia in pieno subbuglio politico nello scontro tra Monarchia e Repubblica ed in questo contesto si dipana la vita di Federico, piccolo borghese aspirante all’alta classe sociale parigina che lascia la provincia per vivere la sua avventura nella bella e ricca Parigi. Si avvicina a personaggi anche di dubbia moralità, come Arnoux o Dambreuse, per aspirare in maniera osmotica l’aria della classe benestante e aristocratica. E’ pur vero che in questa sua agognata rincorsa c’è qualcosa di più forte che lo attrae e lo distrae, ossia l’amore appassionato e folle per Madame Arnoux, che poi cercherà di imitare o rappresentare negli altri suoi rapporti amorosi ma invano. A differenza infatti di Deslauries, che a mio parere è uno dei personaggi peggiori, che immola tutta la sua vita all’arrivismo di una scalata economica e sociale passando sopra tutto e cercando di approfittare a tratti dell’ingenuità dell’amico Federico, sfruttando le sue debolezze a suo piacimento, Federico in realtà nel momento in cui è messo di fronte alla scelta opta per l’amore a suo discapito. Questo gesto in qualche modo lo risolleva dal personaggio che trapelava dalle pagine di questo romanzo, ossia prima ragazzo senza una briciola di carattere, poi in un giro vorticoso a 360°, uomo freddo e cinico indifferente a tutto anche all’amore filiale. Il suo rapporto con le donne è effettivamente bislacco, si innamora solo delle donne che in qualche modo circondano gli uomini di potere che affianca forse in una strana trasposizione del suo sogno di uomo aristocratico.
E’ divertente leggere degli incontri sociali dell’epoca con scarso senso della privacy, si entra e si esce dalle stanze private senza preavviso, ci si abbandona per mesi e ci si ritrova con lo stesso ardore del passato senza alcuna difficoltà, ritrovo in questo stranamente una libertà amoreggiante da far invidia ai nostri figli dei fiori.
A tinte forti la descrizione politica e sociale dell’epoca, pagine intere dedicate ai dibattiti e discussioni sulla situazione politica e artistica che però, a mio modo di vedere, sembrano più pettegolezzi e meno dissertazioni pregnanti; la mia impressione è che facciano da cornice, cornice splendida chiaramente, alla storia personale dei protagonisti.
Unico appunto, mi è sembrato che negli ultimi capitoli la storia prendesse un’accelerazione immotivata, le ultime pagine mi trasmettono meno attenzione rispetto a tutta la dovizia di particolari con cui è stato affrontato tutto il romanzo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
151
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    05 Febbraio, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

Ritratto delicato

Una velata tristezza percorre tutto il libro, appena ho iniziato a leggere mi è apparso in mente immediatamente un colore non colore di pareti sbiadite di motel di periferiche cittadine americane che siamo abituati a vedere nei film. Questa malinconia non ci abbandona mai nello scorrere delle pagine che volano fluide perché lo stile di scrittura della Strout è incredibile, la capacita di utilizzare le metafore coinvolgente. Si riesce perfettamente a vedere i personaggi che descrive, a vedere anche le emozioni che esprimono, prendono forma e vita.
Olive, che è la protagonista del libro ma viene affiancata da tanti altri protagonisti nelle varie storie raccontate in capitoli separati che creano racconti nel racconto, ne esce un po sconfitta a mio parere, viene sopraffatta dal suo cinismo a volte anche simpatico da cui però non riesce a riemergere schiacciata da rapporti familiari controversi con il marito prima ed il figlio dopo. La capacità di scrittura della Strout ti fa entrare così profondamente nel personaggio di Olive che riesci ad immaginare le risposte che darà o i comportamenti che avrà prima di leggerle il che dà estrema soddisfazione perché ti conferma di aver compreso le dinamiche emozionali del personaggio.
Un libro incredibile, delicato che ti offre un reale spaccato sulle debolezze umane e sulle dinamiche della vita , c'è tutto in questo romanzo, l'insoddisfazione di coppia, le crisi familiari, i tabù sociali e la difficoltà di vivere in realtà piccole in cui l'opinione del vicino diviene parte integrante del tuo vivere quotidiano. Magnifico, da leggere assolutamente; non vedo l'ora di leggere altre opere della Strout che non conoscevo prima di Olive.
Unica nota: il mio 4 e non 5 al contenuto è dovuto al fatto che spesso ho trovato i racconti fuorvianti in quanto immaginavo si ricomponessero alla fine in un quadro finale invece in gran parte rimangono fini a se stessi.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    19 Gennaio, 2017
Top 500 Opinionisti  -  

LA LETTURA, STRUMENTO DI LIBERTA’.

“La mia fantasia ricorrente è che alla Carta dei Diritti dell’ Uomo venga aggiunta la voce: diritto all’immaginazione”.
Questa citazione del libro è un perfetto sunto a mio modo di vedere delle 400 pagine magnifiche scritte da Nafisi che ci raccontano un mondo fatto di privazione delle proprie volontà, delle più piccole inezie che una volta proibite diventano enormi. La lettura è una di queste anche se inezia non è in quanto come mai meglio spiegato, diventa fondamentale nella crescita culturale e personale di ogni essere umano; leggere ti fa crescere domande, sognare altri mondi, interrogare sulla bontà o meno della realtà in cui si vive..e cosa c’è di più pericoloso? Una rivoluzione culturale può essere più pericolosa di una rivoluzione armata, può fare più feriti e lasciare indietro vittime più grandi ed importanti ossia una identità. Ed è per questo che nella Controrivoluzione iraniana di Khomeini (come nel più Occidentale dei governi fascisti anche se con metodologie diverse) la censura la fa da padrona e leggere libri “proibiti” diventa un’arte pericolosa. E’ in questo Iran del post 1979 che si ambienta “Leggere Lolita a Teheran” che fa montare un sentimento di rabbia verso coloro che hanno violentato uno Stato che fino a quel momento viveva dei suoi spazi di libertà concessi a tutti e soprattutto alle donne. L’imposizione del velo, degli spazi separati tra uomini e donne, dell’obbligo di non andare in giro con uomini che non siano mariti o fratelli è da donna inaccettabile qualunque religione tu professi e le nostre amiche di questo club del libro segreto provano in maniera contraddittoria e contrastante tra loro a volte lo stesso sentimento. Ognuna rappresenta una tipologia di donna che in Iran cerca di contrastare il sistema chi in maniera più attiva politicamente, chi con una semplice ciocca di capelli che si fa sfuggire dal velo e nel frattempo si incontrano tra loro tuffandosi nella lettura di Nabokov, Austen etc guidati da una professoressa che diventa quasi una guida spirituale.
“Riuscivano ad aprirsi ed emozionarsi solo parlando dei libri. Quei romanzi ci permettevano di sfuggire dalla realtà..”
Nafisi riesce a raccontarci la sua traversia nello stato della Repubblica Islamica dell’Iran attraverso le sue letture, le sue lezioni all’Università, la sua vita privata e ci riesce benissimo, sembra di vivere con lei la frustrazione e la delusione ma contemporaneamente l’amore profondo verso la propria terra.
“La Repubblica Islamica ha involgarito i miei gusti in fatto di colori. Ho solo voglia di colori sfacciati, come il fucsia o il rosso pomodoro.” Quanto può essere controproducente il proibizionismo e la censura? I modelli che cerchi di proibire diventano mete agognate e il risultato è esattamente l’opposto di quello che ti sei prefisso, ed in questo racconto viene fuori con estrema naturalezza.
Un libro pieno di sentimenti, passioni, dolore, storia e cultura. Da leggere soprattutto per capire quanto sia davvero importante parlare di libertà in maniera seria, termine oggi sovrautilizzato.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    12 Novembre, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

Codice criminale

Mi sono avvicinato a questo con libro con troppo entusiasmo probabilmente, avevo sentito parlare benissimo del film anche (che a questo punto non guarderò).
Siamo in una zona geografica (Transnistria ai confini con la Moldavia) lontana dalle regole civili comunemente accettaea dove si vive secondo un codice criminale preciso che regolamenta ogni relazione , ogni comportamento, un codice d'onore a tuttti gli effetti che non fa invidia a nessun codice mafioso. Capire qual è il limite tra fantasia e realtà è anche complicato, ho trovato delle esagerazioni ed esaltazioni delle storie che strizzano l'occhio al rifacimento cinematografico che poi in realtà è avvenuto.
Questo codice militare sarebbe potuto essere interessante se avesse servito una storia , un personaggio , un'evoluzione invece l'ho trovato fine a se stesso, è il codice che ama raccontarsi e diventa ripetitivo e noioso. Alle volte ho anche sorriso in alcuni momenti che immagino volessero creare della tensione ma che mi hanno suscitato ilarità, a titolo di esempio:
un gruppo criminale tenta di entrare in un luogo che ha un guardiano che impedisce il loro passaggio, il capo del gruppo a quel punto si esprime in questo modo:
".. Volete picchiare lei?Indicando la madonna con bambino tatuata sul tetto. Quelli si sono tirati indietro e lo hanno fatto entrare.."
Non mi ha convinto neanche il messaggio per cui i Siberiani si distinguano per la loro onestà di criminale ma non tanto perchè non sia vero, probabilmente in un ipotetico mondo fatto solo di criminali ci saranno quelli più violenti ,quelli più onesti nel rispetto dei codici criminali, con delle regole che si possano avvicinare a quelle del rispetto delle regole civili, ma non mi ha convinto perchè non mi ha portato attraverso una storia , un racconto a pensarlo ma me lo ha detto sin dalla prima pagina rubandomi il piacere di farmi delle domande , pormi dei dubbi durante la lettura , cosa che trovo essere la bellezza della lettura in sè.
In definitiva non ho trovato la storia che cercavo, non ho compreso l'intento dell'autore la cui storia personale mi suscita delle perplessità e non mi è piaciuto lo stile.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    03 Ottobre, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

Animi femminili

Intima ricerca nell'animo femminile o ancora meglio nei vari animi femminili, perché noi donne siamo esseri compositi e complessi che si avviluppano intorno a mille sensazioni contrapposte.
8 storie di 8 donne che vivono o alle volte subiscono le loro vite, i loro amori genitoriali o passionali che siano, le loro compagne di avventura, che raccontano appunto questa ricerca nell'animo femminile con uno stile delicato e appassionante. Ogni storia dietro la sua apparente normalità nasconde una sorpresa, il più delle volte a tinte noir, che ti lascia a bocca aperta e in un paio di casi, senza voler spoilerare ma per me sono gli ultimi due racconti, contrariata perché non era quello che ti aspettavi, non era così che volevi che finisse, non era quella la scena che volevi leggere, ma non ti riesci a staccare anche nei tratti più crudi e quando il racconto finisce rimani con l’amaro in bocca perché vuoi sapere cosa accade a quei personaggi.
Ecco ogni racconto potrebbe benissimo essere l’incipit di un bellissimo romanzo ed è forse quello che amo meno dei racconti, quel rimanere sospesi a metà, l’assaporare una storia e poi rimanere sedotti e abbandonati.
Nonostante ciò, la Munro riesce magistralmente ad intessere delle storie che, anche se in poche pagine, possono fare invidia ai migliori romanzi. Probabilmente credo di non aver colto i significati di tutte le storie ed è forse anche questa la bellezza dei racconti della Munro.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    25 Agosto, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

ALLA RICERCA DEL NEMICO

Ho scoperto Philip Roth in ritardo ma me ne sono innamorata, quindi sicuramente il mio è un giudizio imparziale, ma nella lettura è giusto così. Dopo essermi persa all’interno di quel capolavoro che è Pastorale Americana, anche in “Ho sposato un comunista” ho trovato l’impeccabile capacità di Roth di descrivere con profonda accuratezza le contraddizioni dell’animo umano e far tutto confluire alla fine in un puzzle perfetto. Un romanzo che ho trovato pieno di contraddizioni come giustamente ogni essere umano è..la coerenza è effettivamente una caratteristica sopravvalutata. Ognuno di noi è pieno di IO diversi che stranamente riescono a convivere più o meno amabilmente; rimaniamo incoerenti solo agli occhi degli altri. Il nostro Iron o Ira è un comunista convinto che però viene sedotto dal mondo borghese sposandone una perfetta esemplare. Da un lato, viene accusato di incoerenza per questo, ma dall’altro beffeggiato per il troppo idealismo che lo porta verso rapporti e relazioni estremizzate a tal punto che sfociano a volte in attacchi verbali e non, violenti e incomprensibili. Un’intransigenza che prima attira il giovane Nathan , ma che nel corso degli anni lo allontana per la stessa ragione di essere “fondamentalista” che Ira è in tutti i suoi rapporti. E poi da contorno c’è la contraddizione di un’America uscita dalla seconda guerra mondiale con un unico nemico il COMUNISMO. E’ un ritratto di un’America superficiale e gretta rappresentata da personaggi alla Trump, quanto di più attuale, che gioca sulla demagogia e sulla costruzione di un nemico attirando consensi , un’America di notizie studiate a tavolino , di una “macchina del fango” riprendendo il ns Saviano che vive di apparenza. Memorabile la frase “..fu un libro a fare il colpo. In un paese dove i libri non avevano cambiato un accidente dal giorno della pubblicazione della Capanna dello zio Tom” Esilarante!
Ma nel contempo, leggendo di Ira dalla bocca del fratello Murray si sottende ad una critica allo stesso partito Comunista e suoi affiliati clandestini nell’America degli anni ’50,accusati di imbastire politiche di reclutamento sul territorio riempendo le teste di discorsi costruiti.. “ciarpame ideologico che gli avrebbe dato ..un contenuto comunista..” Ira alla fine esce fuori come un personaggio negativo che ha provato tutta la vita a cercare una strada e la politica in realtà ha rappresentato per lui uno dei vari tentativi di trovarla.
Un libro pieno, ogni pagina ,ogni riga ha un valore, niente può essere saltato o sottovalutato; va letto con attenzione altrimenti si rischia di perdersi nelle moltissime elucubrazioni politiche e ideologiche di cui è pieno.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Pastorale Americana
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    11 Agosto, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

UNA STORIA VISIONARIA

Di chiaro filone visionario, questo libro mi ha lasciato direi interdetta. Narra della strambalata storia di questa famiglia americana in cui la figlia Rose, protagonista, ha un dono speciale che è quello di riuscire ad “assaggiare” le sensazioni ed emozioni delle persone che cucinano i cibi che lei mangia, ma non solo, perchè nel corso della storia questa sua chiamiamola “dote” ha una escalation che la porta a capire da un solo assaggio esattamente la provenienza di tutti gli ingredienti e la loro storia.
Già solo questo avrebbe fatto del libro una storia a sufficienza visionaria, se non fosse che si scoprono man mano “doni” degli altri componenti familiari, che sembrano essere personaggi secondari ma che in realtà fanno diventare il libro quasi una saga familiare surreale.
Credo che l’autrice nello scorrere della storia abbia perso un po’ il filo di quello che era il suo messaggio, perdendosi in storie nella storia senza poi andare a fondo in nessuna di esse. Infatti, finisco il libro con tantissime domande, e a parte spiegazioni introvabili credo su alcuni eventi che accadono, la domanda principale che mi sorge spontanea è “Qual è il messaggio di questa storia?”.
Se la vogliamo vedere solo come una storia visionaria appunto, ha un bell’inizio che ti accompagna all’interno del personaggio ma poi non ha il carattere giusto per portarti fino alla fine, è come se l’autrice ad un certo punto ti lasciasse la mano.
E’ stata comunque una lettura scorrevole, particolare direi, una buona scrittura, ha uno stile fresco e piacevole; forse dovrei ritentare con un altro suo scritto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Trovi utile questa opinione? 
60
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    26 Luglio, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

TERRA DI NESSUNO

Tutto gira intorno a questa terra di cui si contendono la proprietà diversi personaggi chi a più chi a meno titolo, in questo noir all'italiana diviso tra la Germania e la campagna isolata del Molise. Non so se voleva essere un romanzo di redenzione, ma io non l’ho intravista; tutti perdono, nessuno guadagna; si fa fatica a trovare dei personaggi positivi, a partire ovviamente dallo stesso Agapito, il “Sacerdote”, che di sacro non ha proprio nulla, che avrebbe il compito di curare le anime ma che lui stesso dice, in un tratto del racconto, che non è in grado neanche di curare la terra, con un tocco di ironia che pervade tutto il romanzo e dona una giusta leggerezza a temi come la violenza sulle donne e tratta di bambini che caratterizzano la storia dei nostri personaggi. Io che sono molisana leggere un dialetto anche se non propriamente mio ma di immediata percezione è stato particolare, un’esperienza nuova soprattutto perché non ci sono così poi tanti romanzi con un seguito importante ambientati in Molise. Per il resto una lettura scorrevole che non mi ha proprio illuminato, però non mi è dispiaciuta. Mi è piaciuto lo stile del racconto frammentato, storie e momenti che si ricompongono come un puzzle mentre la lettura va avanti.Tutto gira intorno a questa terra di cui si contendono la proprietà diversi personaggi chi a più chi a meno titolo, in questo noir all'italiana diviso tra la Germania e la campagna isolata del Molise. Non so se voleva essere un romanzo di redenzione, ma se fosse così non credo sia arrivato all'obiettivo; dal mio punto di vista tutti perdono, nessuno guadagna; non ho trovato personaggi positivi a partire dallo stesso Agapito, “sacerdote” ma che di sacro non ha proprio nulla , fino alla sua devota moglie Amalia che vede ma non agisce, fino ad accontentarsi di un figlio quasi fosse un regalo della provvidenza; ci sono dei tentativi durante la storia di umanizzare alcuni personaggi raccontando delle loro debolezze, ma di fronte ad alcuni atti di violenza non c’è giustificazione né perdono. Crudeltà, violenza, tratta di bambini sono elementi che percorrono tutto il romanzo sin dalle prime scene forse le più crude che fanno immaginare un climax ascendente, invece (direi per fortuna) non avviene rendendo la lettura scorrevole e piacevole. Mi è piaciuto lo stile del racconto frammentato, storie e momenti che si ricompongono come un puzzle mentre la lettura va avanti.

Trovi utile questa opinione? 
50
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    24 Aprile, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

UN INCONSAPEVOLE RIVOLUZIONARIO

All’interno del quadro storico del periodo tra i più tristi della storia sudamericana , ossia quella dei desaparecidos nella terra argentina ferita tante volte da innumerevoli colpi di stato, si insinua la storia del misterioso Signor Kreck irreprensibile agli occhi della sua famiglia, dei suoi colleghi e della comunità tutta ma che forse nasconde un’anima ribelle e sconosciuta ai più, compresa la sua devota moglie Rosario.
Dalle prime pagine ha tutta l’aria di essere un romanzo coinvolgente da cui ti aspetti risvolti diversamente tristi che richiamano ad una pagina nera della storia argentina, ed anche se questo a tratti è vero , è anche assolutamente riconoscibile l’ironia sottesa (alle volte anche palese) con cui l’autore affronta questo ambiguo personaggio che io ho amato moltissimo. Tutto quello che si dice lo si deve sussurrare, non si deve addirittura pensare a determinate cose se non si vuole incorrere in guai con la “giustizia” che poi tutto è fuorché giustizia che si arroga il diritto di accusare senza prove, di togliere agli individui la libertà con l’unica pretesa del sospetto. Di questo sarà vittima anche il nostro irreprensibile Signor Kreck che fino alla fine del libro ci lascia con il dubbio della sua colpevolezza. È una storia che mi ha strappato moltissimi sorrisi ma che mi ha fatto anche riflettere molto sulla bellissima ricchezza che abbiamo e alle volte sottovalutiamo ossia la libertà di espressione, di parola e di pensiero che in tantissimi periodi storici ed ancora oggi in tantissimi luoghi del mondo non è scontata.
Se si può fare un parallelo, il personaggio del Signor Krech mi ha ricordato molto il Pereira di Tabucchi , altro personaggio tra i miei preferiti. In comune hanno l’essere solitari nella loro quotidianità di incontri casuali e non, ma mai approfonditi anche se l’uno è sposato e l’altro single, mi hanno fatto pensare entrambi a persone con un vita interiore molto forte ma molto privata che non vogliono condividere con nessuno anzi sentono, soprattutto il signor Krech, in domande da terzi,anche quando a fare domande è una moglie giustamente preoccupata che cerca solo di capire, una violazione del proprio IO. Entrambi in due contesti dittatoriali l’uno in Argentina l’altro in Spagna affrontano la mancanza di libertà e si trovano chi più chi meno , chi apparentemente chi volontariamente travolti dallo spirito rivoluzionario. Personaggi molto divertenti nella loro stranezza.
Consiglio fortemente questa lettura, soprattutto per l’inaspettata svolta della storia che inizia con una prospettiva e finisce con un’altra. Una storia personale e privata il cui contesto storico rimane una cornice.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    05 Aprile, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

Un bellissimo viaggio nel mondo del sonno

Personaggi particolari che si distinguono dalla massa per le loro profonde problematiche rappresentati nelle loro più intime caratteristiche senza particolare evoluzione ma con una precisione ed una profondità che te li fa sentire amici. Storie intrecciate che trovano tutte il posto perfetto alla conclusione della storia come pezzi di un puzzle, e questo rincorrere la storia ti lascia ad essa legata fino all'ultima parola dell'ultima pagina dove rimani con il sospiro a mezz'aria.
Coe è stato bravissimo nel percorrere le diverse problematiche che caratterizzano il sonno , dalla narcolessia di Sarah alla voglia folle di non dormire di Terry fino all'ossessione inquietante di Gregory amante feticista dell' occhio che in un'analisi psicologica arzigogolata e sinceramente poco condivisibile sembra rappresentare l' Io (occh'io). Una storia raccontata seguendo le 4 fasi del sonno da più punti di vista diversi, ognuno appartenente ad un personaggio diverso anche se quello di Sarah probabilmente risulta il più preponderante; durante una sua chiacchierata con uno psicologo ripercorre la sua storia che si intreccia con la "amichevole e terribile" Veronica e con il suo fedele amico innamorato perdutamente di lei , Robert che farebbe di tutto e farà di tutto per compiacere la sua Sarah. Tramite salti temporali non anticipati di circa 10 anni alle volte ci si trova persi nell'intreccio della storia, ma Coe si dimostra un abile maestro nel riportare ordine nel caos , nel dare una giusta spiegazione a tutte le stranezze che si possono incontrare man mano nel libro, e personaggi che possono sembrare particolari in realtà si dimostrano essenziali e cruciali nello sviluppo della storia.
E' un libro che ho amato molto perché riesce tramite una tematica quella del sonno, che potrebbe sembrare noiosa a primo impatto, a raccontare una storia bellissima fatta di amore e di follia tramite personaggi tutti molto problematici ma tutti molto belli nonostante il freddo cinismo e la disumanizzazione totale di Gregory.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    17 Marzo, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

LA COLPA DELLA BELLEZZA

Una linea che percorre tutto il libro è la macchia impressa quasi una lettera scarlatta su questa prima, bimba, poi donna che si permette di essere semplicemente BELLA nonostante sia una esposta e quindi all'ultimo scalino di una ipotetica gerarchia sociale. Si permette di addirittura di "rifiutare mariti", cosa avrai mai in testa questa esposta? L'invidia legata al bigottismo soprattutto femminile del paese ci dimostra come le nemiche delle donne siano state sempre in qualunque periodo storico le donne stesse.
La religione e i suoi pazzi dogmi che arrivano a costruire storie fantastiche intorno a persone comuni che altro non sono che semplicemente se stesse magari rifiutando regole sociali imposte. L'assurdità di regole che oggi affibbiamo a religioni lontane dalle nostre terre, questo approfondito romanzo ci fa capire quanto siano appartenute alla nostra religione cristiana :
"Il vescovo..aveva dichiarato illecite le sacre del raccolto e della fertilità; aveva proibito i maggi e i balli sull'aia, le feste di nozze e i banchetti funebri; ...aveva messo al bando quell'usanza pessima e perniciosa che va sotto il nome del carnevale.." e così via. Leggendo queste pagine, ho immaginato immediatamente terre aride lontane sui monti afgani. Ma il '600, secolo che viene raccontato qui non è poi così tanto lontano come si possa pensare.
Antonia, la strega di Zardino che come racconta lo stesso autore in nota postuma è stata una sua seconda scelta come soggetto del romanzo, ma nel contempo è stata la sua fortuna. Una storia profonda ed intrigante descritta storicamente nei minimi dettagli come è giusto che un romanziere storico faccia. Nonostante l'elemento storico sia molto forte e pregnante, trovo che non togli nulla alla storia di questa ragazza tacciata di essere una strega, ma invece ci conferisca un quadro perfetto dove inserire ogni personaggio che ci viene introdotto uno alla volta in capitoli dedicati.
Un libro fitto di dati storici, termini arcaici che venivano utilizzati all'epoca che fanno capire l'immenso studio che c'è dietro un libro del genere per cui Vassalli non può che essere apprezzato, anche se a volte ammetto che mi distraevano dal filo del discorso, tanto che ho impiegato un pò di tempo per leggerlo.
Infatti consiglio sicuramente questa lettura ( e dopo aver letto prima di questo Terre Selvagge ho capito subito quanto il primo non fosse rappresentativo dell'autore) ma non per una lettura veloce e mi si passi il termine "semplice".

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
AsiaD Opinione inserita da AsiaD    16 Febbraio, 2016
Top 500 Opinionisti  -  

Più saggio meno romanzo

E' la prima volta che mi avvicino a questo scrittore appassionato di storia come dimostra la scelta del tema di Terre selvagge. Una descrizione accurata di una battaglia avvenuta nel 101 a.c. tra il popolo barbaro dei Cimbri e quello dei Romani guidati da Caio Mario che però non mi lascia una traccia speciale; credo che sia uno di quei libri che potrei anche dimenticare di aver letto, purtroppo. Dico purtroppo in quanto i temi storici mi appassionano ed in realtà la facilità di scrittura di Vassalli rende il racconto molto scorrevole, ma forse troppo. A parte la descrizione della battaglia e degli usi e costumi dei popoli protagonisti, che rende giustizia ai particolari e rende perfettamente rappresentati gli eventi, per il resto non c'è obiettivo palese nè messaggio sottinteso in questo che in parte sembra più un saggio che un romanzo storico. Interessante la questione della verità storica che si perde nel corso della storia e della volontà di manipolare la realtà da parte dei protagonisti che esprime una critica al revisionismo storico condivisibile. Scontato in alcuni suoi pensieri che vengono rappresentati come finestre sull'attualità che trovo spesso fuori contesto, come può essere l'osservazione sull' Europa come "patchwork" di popoli e culture che trovo scontata e risaputa e che non aggiunge nulla alla storia. O anche quando inserendo una lunga parentesi, che anche stilisticamente denota una finestra nella storia, fa una critica alla società moderna concentrata su se stessa scrivendo "Ma chi, oggi, guarda ancora le stelle?
La connessione tra la società dell'epoca e quella moderna che il lettore può trarre , da solo questa volta senza aiuto dello scrittore quindi più interessante, è il filo comune delle dinamiche di potere e dell' ars politica che ieri come allora governa la società, quindi il compromesso, la tattica, l'interesse.
Infine a livello stitlistico trovo un esagerato uso dei due punti, che alle volte mi hanno addirittura fatto pensare ad un errore di battitura e i discorsi espressi dallo stesso personaggio spezzati con un cambio di capoverso che mi ha gettato spesso in confusione.
Riassumendo, un libro che scorre su un fatto storico interessante ma nulla di più. Vorrei quindi riprovare ad aprrezzarlo in un'altra sua opera che mi possa magari appassionare maggiormente.

Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
29 risultati - visualizzati 1 - 29

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

L'antico amore
La famiglia
Fatal intrusion
Il grande Bob
Orbital
La catastrofica visita allo zoo
Poveri cristi
Se parli muori
Il successore
Le verità spezzate
Noi due ci apparteniamo
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
Long Island
Corteo
L'anniversario