Opinione scritta da FrancescoMirone

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Fantascienza
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    28 Ottobre, 2018
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Canone Fantascientifico

Avevo sentito parlare di questo autore, ma non mi sono mai deciso a leggere qualcosa. Sono rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che è uno dei migliori scrittori di fantascienza che io abbia mai letto! Dopo aver letto il ciclo della fondazione, ho deciso di iniziare quello dei ''robot''. Abissi d'acciaio è il primo libro di questa tetralogia e credo si possa tranquillamente affermare che è unico nel suo genere. Volendo classificarlo, si potrebbe parlare di un ''giallo fantascientifico'' etichetta che esemplifica proprio ciò che questo libro in realtà è.

Il protagonista è Elijah Bailey, un essere umano onesto e leale, con i suoi limiti e i suoi difetti. Co-protagonista è R. Daneel Olivaw, il primo robot Umanoide mai costruito nell'Universo. L'abilità di Asimov sta nel dare sembianze umane a Daneel, pur sottolineando il fatto che esso sia sempre un robot. Infatti, i due protagonisti, che collaborano per risolvere un caso di omicidio, diventano amici. Questa amicizia sarà salda e ci accompagnerà per tutta la tetralogia, fino alla fine. Sconvolgente è anche il fatto che Elijah cominci a provare dei veri e propri sentimenti per Daneel, comincia a volergli bene! E la cosa sembra essere reciproca andando avanti con le pagine...

Il libro potrebbe essere definito datato, ma non lo è. Sicuramente il robot umanoide Daneel è un riferimento alle nostre estreme pratiche scientifiche, come ad esempio la clonazione. In passato si è infatti molto discusso sul ruolo che la scienza dovrebbe avere nelle nostre vite, sul fatto che l'essere umano non può giocare a essere Dio e soprattutto, nessuno è autorizzato a dare la vita o la morte. Si potrebbe anche parlare di una revisione di Frankenstein in chiave moderna. Se l'essere umano fosse in grado di creare robot con sembianze umanoidi, in grado di provare sentimenti e in tutto e per tutto uguali all'uomo, cosa ne sarebbe di noi? Come cambierebbero le nostre vite? Quale sarebbe l'impatto sulla nostra quotidianità?

Nei successivi volumi del ciclo tale tema verrà approfondito. Ci si chiederà infatti come si farà a distinguere tra umani e robot in uno scenario del genere.

Per quanto riguarda l'ambientazione, Aasimov dà sfogo alla propria fantasia: Il libro è intitolato Caves of steel(Abissi d'acciaio) non a caso, infatti gli esseri umani del futuro trascorrono la loro intera giornata nel sottosuolo, all'interno di edifici e cunicoli, il mondo esterno è diventato un luogo ameno, nessuno lo può sopportare, nessuno ci si avventura.

Per concludere, credo che Aasimov sia un autore imperdibile. Andrebbe letto tutto, dal ciclo della fondazione al ciclo dei robot, io ho cominciato e non sono più riuscito a fermarmi. Credo che il suo punto di forza risieda nel fatto che pur trattando di fantascienza le sue opere riflettono sempre su quelli che sono temi attuali.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    28 Ottobre, 2018
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Fine dell'avventura

Ultimo libro dell'esalogia di Landover. La protagonista è la figlia dell'eroe dei cinque libri precedenti: Mistaya Holiday. Ancora una volta la vicenda si sviluppa coinvolgendo due mondi, la Terra e Landover, Mistaya è stata mandata in un college a Seattle per portare avanti la propria istruzione e formazione, ma le cose non vanno come previsto dall'Alto Signore di Landover e la principessa farà presto ritorno a casa.

Vorrei soffermarmi un attimo sulla qualità del ciclo di Landover in toto: Questo ciclo non ha nulla a che fare con ciò per cui Terry Brooks è costantemente celebrato, ovvero il ciclo di Shannara. Con Landover l'autore si è concentrato più sull'elemento fiabesco; in effetti ritroviamo tutti i tipici elementi delle fiabe: Il re, la regina, gli animali parlanti, draghi... e così via. Nonostante ciò, si vede che lo stile è sempre il suo. La lettura è piacevole, mai pesante e la scrittura è molto scorrevole.

Ho particolarmente apprezzato il personaggio di Ben Holiday, tenace e coraggioso anche quando tutto gli rema contro. Ma non sopporto la figlia. L'autore l'ha dipinta come la tipica quindicenne in crisi adolescenziale. Ecco, questa cosa non mi ha fatto impazzire, ma ho comunque apprezzato il libro.

Ad ogni modo, quest'ultimo episodio della saga sembra essere un compendio contenente tutti i personaggi degli episodi precedenti: ritorna Edgewood Dirk, ci sono entrambi i coboldi, c'è di nuovo Haltwhistle, la strega del Crepuscolo e anche gli Gnomi va'Via! Anche se non si sa che fine abbiano fatto i simpaticissimi Fillip e Sot.

Questo connubio di antipatia/simpatia nei confronti della protagonista spinge ad andare avanti nella lettura, come sempre Brooks è maestro nel tenere il lettore incollato ai propri lavori. Quando si inizia a leggere, non la si finisce più. Ciò è reso possibile anche grazie al fatto che i personaggi sono ben caratterizzati e approfonditi. L'elemento che tiene insieme la saga sono proprio i personaggi. Il mago di corte Questor Thews, lo scrivano Abernathy, Ben Holiday. Ritrovare tutti in ogni libro è sempre piacevole e dà un senso di familiarità, come se Landover appartenesse a tutti noi.

Se avete apprezzato il ciclo di Shannara, non potete perdervi l'esalogia di Landover!

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A chi ha già letto qualcosa del ciclo di Landover
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    03 Giugno, 2018
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Un compendio di elementi passati

Ecco l'ennesimo capitolo della saga di Shannara. Nonostante questo sia il primo libro della trilogia, ciò che scrivo riguarda quest'ultima nella sua totalità. Terry Brooks è uno dei miei scrittori preferiti, è stato in grado di dare vita a un mondo immaginario, quello delle Quattro Terre. Dopo il ciclo di Shannara, il ciclo degli eredi di Shannara, il viaggio della Jerle Shannara e il cilclo del druido supremo, eccoci alla quinta trilogia ideata da questo fantastico ed estremamente versatile autore.

Ad una prima lettura la saga si presenta come un mix di tutti gli elementi delle trilogie passate. C'è di tutto: l'Ellcrys, Grianne Ohmsford e il Divieto, oltre alle onnipresenti pietre magiche degli Elfi. I protagonisti sono due gemelli, Redden e Railing Ohmsford, sempre affiancati,come da tradizione, ad un Leah, che in questo caso è, per la prima volta, una donna: Mirai Leah. I personaggi sono delinati e descritti in maniera approfondita, con i loro pregi e i propri difetti, e non mancano pagine di monologhi interiori e di autoanalisi che ogni personaggio fa di sé, come è tipico di Terry Brooks.

Tutta la saga è ricca di colpi di scena ed i personaggi si evolvono e sviluppano durante la narrazione, sia in maniera negativa che positiva. Credo che il punto forte di questo autore sia il suo stile, grazie al quale riesce a dare consistenza a tutto ciò che scrive. Inoltre, Brooks è stato in grado di creare un mondo immaginario in cui i suoi lettori si sentono a proprio agio ed è proprio questo che gli ha permesso di ottenere un successo su scala mondiale sfornando trilogie su trilogie abilmente intrecciate. Ogni trilogia (o tetralogia) è una storia a sé. In effetti, solitamente vi sono pochi riferimenti ai libri passati, e alcuni possono essere colti e capiti solo da chi ha letto tutte le saghe precedenti.

Credo che questa ennesima saga sia una commistione di tutte quelle passate. Io l'ho apprezzata perché sono un fan sfegatato di Terry Brooks, ma credo di essere poco obbiettivo. Si potrebbe affermare che l'autore è un po' ripetitivo delle volte dato che in tutti i libri sono presenti gli stessi elementi e gli stessi ''personaggi stereotipati'' ma con nomi diversi. Eppure, se Brooks ha raggiunto la fama mondiale, un motivo deve pure esserci. I suoi libri sono sempre intrisi di magia e immergersi nel mondo da lui creato è sempre un piacere, soprattutto per chi ha bisogno di staccare un po' dalla routine quotidiana.

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A tutti i fan di Terry Brooks
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Gialli, Thriller, Horror
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    22 Febbraio, 2018
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Chi truffa chi?


++++SPOILER++++

Un gruppo di amici che frequenta la stessa scuola di legge, indebitati fino al collo per pagare rette salatissime. Il suicidio di uno darà il via all'azione. Gordy, il suicida, scoprirà un complotto elaborato ai danni di tutti gli studenti delle numerose scuole di legge possedute da Hindley Rackley, che è anche azionista di maggioranza di una delle più importanti banche di America tramite alcuni prestanome. Todd, Mark e Zola subiranno il contraccolpo psicologico del suicidio del loro amico e decideranno di abbandonare la scuola di legge e cominciare a lottare contro questo sistema che fa si che gli studenti si indebitino fino al collo per un diploma che nell'attuale mondo del lavoro non vale nulla.

Avviene dunque qualcosa di inverosimile, i tre fondano uno studio legale e decidono di cominciare ad esercitare senza l'abilitazione. In pratica, cominciano a commettere reati su reati. Nel mondo reale non sarebbe possibile attuare una truffa del genere, qui Grisham va un po' troppo in là con la fantasia. Ad ogni modo, il libro risulta scorrevole e la vicenda è interessante, tutto ciò rende la lettura molto piacevole.

Quando i tre comprendono che stanno per essere scoperti, a causa di una serie di errori commessi, decidono di architettare quella che sarà la loro ultima truffa. Intraprendono una class action contro la banca di Hindley Rackley con finti clienti , al fine di ottenere un risarcimento milionario, e la faranno franca. I magnifici tre riescono a truffare a loro volta Hindley Rackley, colui che ha fatto si che migliaia di studenti si indebitassero fino al collo per studiare nelle sue scuole di legge.

Il libro sembra narrare una vittoria sul sistema. In effetti, i ragazzi la fanno franca, ma a un caro prezzo: non potranno mai più rimettere piede in America poiché ricercati dall'FBI. Ma Hindley Rackley continuerà a truffare migliaia di ragazzi coi suoi diplomifici... il sistema non cambia mai!

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    12 Febbraio, 2018
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L'eroina fantasy

Ho letto tutta la trilogia. Mi permetto di dissentire con i detrattori di quest'opera. La Troisi utilizza un italiano discreto che rende la lettura scorrevole, oltre che estremamente piacevole. Ovviamente, come già detto, sono presenti un po' di stereotipi tipici del fantasy, e non ho potuto fare a meno di notare una forte somiglianza con Eragon, il primo libro del ciclo dell'eredità scritto dall'italo-americano Christopher Paolini.

Ad ogni modo, la saga risulta originale grazie ad alcuni elementi; uno su tutti è l'eroina. In effetti, non capita spesso che l'eroe di un fantasy sia una donna. Nihal, la protagonista, è un personaggio che si evolve nel corso della trilogia e conosce i propri limiti, oltre a combattere le proprie paure. Tuttavia, certe volte l'ho trovata un po' ''frignona'' (piange troppo spesso e si arrabbia facilmente!); delle volte sembra una vera e propria ragazzina capricciosa.

Ho potuto riscontrare nella trilogia una promozione di alcuni valori come l'amicizia, ma anche l'amore. Nihal conduce una continua lotta con sé stessa per non lasciarsi guidare dalla rabbia e dall'odio che prova. So che può sembrare un libro per bambini, so che molti di voi pensano che sia scritto male. Ma, secondo me, tutto sommato, questo libro è un buon prodotto e credo che sia piacevole leggere(per una volta) un bel fantasy italiano.

L'eroina comprenderà che non vi è vita oltre l'odio e la rabbia e, se si vive per la vendetta, una volta ottenuta quest'ultima, non si ha ragione di esistere come individui. La ricerca di Nihal si conclude con la scoperta del suo amore per Sennar; la nostra eroina comprende allora che vale la pena lottare per questo mondo, vale la pena lottare per chi si ama.

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è un buon fantasy grazie al quale è possibile passare piacevoli ore di lettura, perché non leggerlo?
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Gialli, Thriller, Horror
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    05 Febbraio, 2018
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Un classico moderno


Possiamo definire IT un classico moderno, una lettura obbligatoria per tutti. Non è solo un thriller o un romanzo horror, ma anche un romanzo che narra della crescita di un gruppo dei ragazzini, del cambiamento, del tempo stesso. C'è di tutto: amore, amicizia, odio. Oserei definire questo romanzo un psycho-thriller, poiché non solo suscita suspense nel lettore, ma King si inoltra anche nei recessi della mente umana. Da Ben Hanscom a Henry Bowers, tutti hanno qualcosa da nascondere, ognuno di noi ha un lato oscuro. Essenzialmente, il romanzo sembra concentrarsi sulla bellezza dell'età adolescenziale, dove tutto è nuovo. In effetti, vengono spese pagine e pagine per i sentimenti che Ben prova nei confronti di Beverly. Anche Beverly rimane stupita nel vedere il suo corpo di ragazzina che si appresta a diventare quello di una donna.

IT è la personificazione di tutte le paure dei protagonisti. IT può essere vinto solo se si vincono le proprie paure. Quindi, ogni ragazzino si troverà faccia a faccia con ciò che più teme. Bill vedrà di continuo suo fratello Georgie, Beverly vedrà esplodere dal suo lavandino una pozza di sangue ed Eddie dovrà vedersela con un lebbroso che lo perseguita.

Il romanzo si svolge su due distinti piani temporali. La prima parte è ambientata nell'estate del 1958. Mentre la seconda è ambientata nel 1985, ventisette anni dopo. Questi due livelli temporali si intersecano di continuo e King salta con maestria da una dimensione all'altra. Nel 1958 IT è sconfitto grazie all' innocenza all' incoscienza; infatti, nel 1958, vi è paura ma non terrore. Nel 1985 i protagonisti sono più coscienti del pericolo che corrono e la paura lascia il posto all'orrore.

Credo che questo sia un romanzo da gustare lentamente. La mole dell'opera è determinante ai fini della formulazione di un giudizio finale, poiché il numero di pagine a disposizione dell'autore permette di creare un perfetto background per ogni personaggio. Di conseguenza, durante la lettura, veniamo a conoscenza delle paure, dei sogni e degli più oscuri segreti di ognuno dei sette componenti del gruppo.

Ciò che fornisce verosimiglianza alla narrazione è la resa perfetta del contesto storico. In un flashback nella narrazione viene descritto l'incendio da parte del KKK del punto nero, un locale frequentato unicamente da persone di colore, dove ne morirono centinaia. Si parla dunque di razzismo, ma anche di discriminazione: nel 1984 la serie di omicidi viene ripresa da IT dopo l'uccisione di Adrian Mellon, un ragazzo omosessuale ucciso da alcuni ragazzini omofobi dI Derry.

Consiglio questo libro a tutti perché oltre a essere un romanzo horror è anche un'opera che ritrae l'essere umano in tutte le sue sfaccettature, a King non sfugge nulla. Non fatevi scoraggiare dal numero di pagine!

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    24 Novembre, 2017
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Yin e Yang

Narciso e Boccadoro sono due amici che vivono in un convento; il contesto è quello medievale. Narciso è dotto e riflessivo, occupa un posto di rilievo nel convento ed è un ''predestinato'' egli diventerà infatti abate. Boccadoro è un buono studente, ma non è adatto alla vita monastica. Egli si abbandona ai piaceri che la vita offre e abbandonerà il convento nel tentativo di dare un senso alla sua vita, poiché non si può vivere la vita standosene semplicemente rinchiusi in quattro mura.

Il cammino e l'evoluzione di Boccadoro potrebbero farci pensare ad un Bildungsroman, il suo cammino è forse lo stesso di Siddhartha, il viandante dell' Oriente. Ma questo romanzo va oltre, abbiamo già oltrepassato la doppia crisi spirituale del Siddhartha e dello Steppenwolf; qui l'autore sembra riflettere sul ruolo dell'arte nella vita dell'artista. Boccadoro trova nell'arte il modo di esprimere ciò che ha dentro di sé, e sembra che per lui sia l'unica cosa sensata in questo mondo. Eppure, l'uomo è soggetto alla caducità del tempo, l'unico modo per eternizzare ciò che sente e ciò che pensa è l'arte. Ma solo pochi eletti sono in grado di dare forma fisica ai propri pensieri, alle proprie idee, e quei pochi eletti sono gli artisti.Il monastero sembra essere il luogo ideale per lo sviluppo della coscienza e dell'arte, eppure Boccadoro fugge, poiché desidera vagare per il mondo. Ogni opera d'arte deriva da un'esperienza, Boccadoro ha bisogno di vivere a pieno per esprimere la sua arte.

Narciso e Boccadoro appaiono come yin e yang, opposti che si completano. Infatti, Narciso sostiene che essi sono come il sole e la luna, non possono giungere ad un accordo, ma possono imparare l'uno dall'altro pur rappresentando due stili di viita diversii. Ma il romanzo sembra più la storia di Boccadoro, Narciso gioca un ruolo minore, egli altro non è che la guida di Boccadoro. Sarà proprio lui a leggere il suo cuore e a dirgli che egli non è adatto alla vita monastica, che egli desidera altro.

Chi ha letto altre opere di Hesse, potrà facilmente dedurre che Boccadoro altro non è che la fusione di Klingsor e Knulp, sia artista che amante della vita e dei suoi piaceri, nemico della morte. Boccadoro ama la vita e la vuole vivere ad ogni costo. Ovviamente, il motivo autobiografico è onnipresente nella vita di Hesse, Boccadoro rappresenta l'esperienza nel convento di Maulbron. Come sempre, non si può scrivere di cose che non si sono vissute...

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    19 Giugno, 2017
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WIT AND MARRIAGE

+++SPOILER++++
Il romanzo si apre con il matrimonio, e dunque la partenza, della governante che ha praticamente cresciuto la protagonista, Emma. Dunque, è immediatamente evidente come l'autrice tenti di accattivarsi la simpatia del lettore per la protagonista, muovendolo a compassione, Emma, infatti, è orfana di madre. Nonostante ciò, non le è mai mancato nulla, anzi, nel corso del romanzo scopriremo che la nostra eroina sembra essere viziata.

Come al solito, tema fondamentale è quello del matrimonio. La Austen utilizza Emma per esprimere le sue idee(negative) riguardo il matrimonio nell'Ottocento; oggetto di critica è il fatto che la donna non abbia mai possibilità di scegliere chi sposare, è sempre lei ad essere scelta, sono sempre gli altri a scegliere per lei. Emma vede il matrimonio come un atto di sottomissione, ella desidera infatti conservare il suo status di ''unmarried woman'', che è il simbolo della sua indipendenza intellettuale.

Emma appare a volte egoista e presuntuosa, non si rende conto di essere in errore quando dà ad Harriet Smith false speranze di sposare Mr. Elton, situato più in alto di lei nella scala sociale. Emma manipolerà Harriet, convincendola a rifiutare la proposta di matrimonio di Mr. Martin. Tuttavia, l'eroina non riconosce i propri errori, solo Mr. Knightley, suo futuro marito, tenta di mostrarle i suoi errori, che Emma continua imperterrita a non riconoscere, Knightley può dunque essere visto come la voce della razionalità.

Alla fine del romanzo, Emma deciderà di sposare Mr. Knightley, ma a delle condizioni del tutto innovative. Infatti, Knightley dovrà trasferirsi a casa di Emma, e non viceversa. Questo è l'unico romanzo della Austen in cui si verifica ciò. In termini di significati è possibile affermare che così facendo Emma conserva la sua indipendenza. Inoltre, la protagonista, tramite il matrimonio, mantiene il passo delle le altre giovani donne di Highbury, come Mrs. Elton. In effetti, non è possibile capire se Emma sposi Knightley per non perdere la sua posizione sociale o perché lo ama, è il lettore che deve stabilirlo.

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Pride and Prejudice
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Romanzi
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    12 Giugno, 2017
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Epopea di un secolo

''Hundejahre'' è un romanzo fittissimo di eventi, colmo di personaggi e memorie che attraversano mezzo secolo. Tutti gli eventi ruotano intorno alle due figure centrali, legate a doppio filo: Walter Matern e Eduard Amsel. Il primo è figlio di un mugnaio, diventerà poi un milite nelle SA e nell’ultima parte del romanzo andrà a caccia di vendetta col suo cane. Il secondo, figlio di un ricco imprenditore, sarà spesso il più debole dei due, sempre protetto dall’amico, col quale sembra aver siglato un indissolubile patto di sangue. Patto di sangue che, tuttavia, subisce delle modificazioni nel tempo, fino al verificarsi del pestaggio di Amsel da parte delle SA, alle quali Matern si unisce nella seconda parte del romanzo. Ma Matern decide di unirsi alle SA solo perché è il suo amico a chiederglielo . Amsel è infatti un creatore di spaventapasseri ed ha bisogno di uniformi dei nazisti per crearne, questo sembra essere il suo passatempo preferito e sicuramente una fonte di guadagno sin dalla giovane età. Sostanzialmente, Matern non sembra avere un vero motivo per entrare nelle SA. In effetti, Matern agisce senza pensare, vive d’istinti, pur essendo il più forte della coppia di amici, cambia idea a seconda della direzione del vento; è su individui come lui che il nazismo ha costruito le proprie fondamenta e ha così potuto infilarsi nella quotidianità dei cittadini tedeschi; il nazismo ha saputo sfruttare ampiamente coloro che non credevano in nulla.

Il romanzo è diviso in tre libri, ciò che lo distingue dai primi due componenti della Trilogia è la moltitudine di narratori introdotti dall’autore. Alcune vicende ci vengono raccontate da più punti di vista, soventemente il lettore fa fatica a capire chi è che narra. La scelta di introdurre più di un narratore può derivare dal desiderio di Grass di non fornire un’unica descrizione degli eventi, ma di offrirne molteplici. In effetti, l’autore ha sempre rinnegato quella che era la concezione di una storia idealizzata, che si diffuse nell’immediato dopoguerra. Questa concezione è caratterizzata da una demonizzazione del nazismo che si è trascinata fino ai giorni nostri. L’intento di Grass sembra essere quello di far sì che il lettore elabori un pensiero critico riguardo ciò che è accaduto, senza dare per scontato che la versione ufficiale dei fatti sia veritiera.

Ad ogni modo, la struttura di Anni di cani è caratterizzata da numerose metafore, le quali sono legate strettamente al contesto storico dell’opera, spesso e volentieri di difficile interpretazione. Una su tutte è il continuo richiamo al colore marrone, ovvero il colore delle divise delle SA, dunque un preciso riferimento al nazionalsocialismo. Un'altra metafora potrebbe essere quella dell'incisione del nome delle persone che Matern desidera uccidere sugli organi, in particolare, il cuore. Tale metafora può avere due livelli di lettura: la prima è quella da rapportare alla realtà del romanzo, ed è anche la più complessa, poiché implica la costituzione di un sistema a sé, il significato della metafora è da ricercare solo ed esclusivamente nell’opera grassiana. La seconda lettura è, al contrario, molto superficiale, nell’immaginario comune il cuore è infatti la sede delle emozioni più profonde dell’essere umano. Walter Matern è portatore dell’ennesima metafora, lui è il ‘’digrignatore di denti’’. Il digrignare i denti è cifra di un’impossibilità di esprimere emozioni; impossibilità probabilmente causata da un secolo caratterizzato da eventi catastrofici.

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Lo consiglio a chi apprezza lo stile di questo autore, approcciare a questo romanzo è difficile, è una lettura ostica ma densa di significati
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Romanzi
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    02 Febbraio, 2017
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La dimensione borgatara

''Ragazzi di vita'', è un titolo che parla da sé. I protagonisti di questo romanzo( a struttura episodica) sono abituati alla vita, precisamente a quella di strada; quella fase puerile concessa a tutti noi non hanno mai potuto viverla poiché essi devono essere in grado di procacciarsi ciò che è necessario al proprio sostentamento quotidiano autonomamente. Il set è una borgata della provincia romana, territorio molto caro a Pasolini, che ne fece oggetto di un attento e scrupoloso studio antropologico, poiché quest'opera è anche uno studio. Dunque, cosa ha spinto l'autore, esponente della borghesia, ad interessarsi alla vita di questi ragazzi senza speranza? Lo scrittore, pur appartenendo al ceto borghese, lo considera ripugnante e rifugge da esso in ogni modo; lo ritiene spregevole poiché legato alla materialità, i borghesi non amano la vita, essi la possiedono, Contrariamente, egli considera i ragazzi della borgata depositari di una concezione di vita piuttosto virile, intrisa di vitalismo, lontana anni luce dalla mefitica aria dei quartieri borghesi.

''Ragazzi di vita'' è dunque un'opera che si presenta come un magistrale affresco di quella classe sociale(ormai scomparsa) che era il sottoproletariato romano del secondo dopoguerra. Le scorribande notturne e le disavventure di questi ragazzi ci riportano ad una concezione di vita genuina che sta per essere disintegrata dall'avvento del capitalismo, avvento che Pasolini aveva previsto, forse proprio per questo l'autore ha voluto scrivere questo romanzo, per rendere i propri personaggi atemporali e salvarli dall'incombente omologazione di massa.

I ragazzi vivono di un edonismo immediato, compiono furti a tutte le ore del giorno e tentano di svuotare le tasche a chiunque incontrino sulla propria strada. Essi vivono anche di ipersessualità, Il sesso è visto come un vero e proprio rito di iniziazione, la conditio sine qua non per entrare a far parte del branco.

Potremmo definire questi ragazzi sfortunati, nascere in un quartiere degradato o meno è questione di mera fortuna. Ma non possiamo nasconderci dietro la fortuna, essa non può determinare tutta la nostra vita. Certo, a volte la condizione di partenza è determinante, perciò, chi ha la possibilità di vivere un'esistenza agiata e serena ha una responsabilità storica, bisogna vivere e amare la vita anche per chi non ha avuto la possibilità di farlo, forse è questo uno dei molteplici significati che l'opera di Pasolini racchiude.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    06 Novembre, 2016
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Ricerca dell'io

La letteratura americana del XIX secolo è una letteratura che cerca ancora la propria identità, la struttura del romanzo europeo non è infatti ancora sbarcata nel nuovo mondo. La struttura episodica di ''Huckleberry Finn'' può farci pensare ad un romanzo, anche se alcuni critici ritengono che non lo sia. Chi è Huck? Huck Finn è un adolescente ribelle e refrattario a qualsiasi regola gli venga imposta. A causa del suo spirito ribelle egli vive molteplici avventure ( o disavventure), se possiamo chiamarle così.

Tuttavia, la disobbedienza può avere sia risvolti negativi che positivi; Huck è un adolescente che si affaccia al mondo e vede tutto attraverso i suoi occhi intrisi di semplicità , in alcuni punti del romanzo sembra infatti che la realtà venga semplificata o semplicemente analizzata con superficialità.

Huck, in quanto ribelle, sembra inaugurare una lunga tradizione di ribelli nordamericani, egli è il prototipo ideale di ribelle, refrattario a qualsiasi imposizione. Quindi, qual è il fine della sua ribellione? La rivolta, per dirla con Fromm, può essere la risultante di una spasmodica ricerca di affermazione del proprio io o può derivare dalla semplice soddisfazione che si prova nel disobbedire (soddisfazione tipicamente puerile).

Huck, un bambino, sembra essere la bocca della verità, egli vede le cose per come sono realmente e ciò lo porterà a smascherare la tipica ipocrisia americana. L'ideale di , del diritto alla ricerca della propria felicità, sembra essere rivolto solo ed esclusivamente agli uomini bianchi, i negri sono considerati stupidi a prescindere; lo si evince a più riprese leggendo il romanzo-mondo di Twain.
Qui sta tutta l'ipocrisia americana, ovvero, durante il tentativo di costruire un'identità americana, non ci si è minimamente preoccupati di salvaguardare le micro(o macro) realtà preesistenti.Dunque, dov'è questa libertà? Qual è stato il prezzo della creazione di questa identità?

Nel romanzo sono evidenti i riferimenti al razzismo imperante negli Stati Uniti dell'epoca, Huck fa infatti fatica a chiedere scusa al suo amico Jim , pur sapendo di aver sbagliato, solo perché è ''negro''. Il viaggio sul Mississipi è fondamentale per Huck e per la sua formazione, poiché ciò gli fa comprendere come egli desidera vivere e cosa( o chi) vuole veramente essere. Il viaggio è dunque il tramite per un'esplorazione dell'animo ed è fondamentale per una nascente identità.

Il castello di sabbia americano sembra dunque crollare miseramente di fronte alla spietatissima satira di Twain, le idee che caratterizzavano il mito jeffersoniano sono implose, la società americana è in tumulto; il degrado delle grandi città avvicina gli Stati Uniti alla corrotta fortezza europea, il futuro è oscuro.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    02 Novembre, 2016
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Icaro moderno

+++SPOILER+++
Trovo consono definire Martin Eden, il nostro protagonista, un Icaro moderno. Perché? Semplicemente perché Martin anela a volare al di là delle proprie possibilità; il prezzo da pagare è dunque una rovinosa caduta. Martin, il marinaio tutto muscoli e poco cervello, cela dentro di sé un potenziale inespresso, che esplode grazie ad una serie di catalizzatori, su tutti la dolce Ruth, è principalmente per lei, per avvicinarsi almeno un po' a quel mondo costituito da teorie,idee,dibattiti letterari e false cortesie o smancerie (è qui che emerge il sottile ma discreto rigurgito antiborghese).

Il nostro Icaro è saturo di aspettative nei confronti del mondo borghese della bella Ruth, quando scoprirà che quel mondo altro non è che mera finzione, sarà una grandissima delusione per lui , ciò lo porterà a mettere in discussione il suo desiderio di diventare egli stesso borghese , il disgusto si impadronirà del nostro eroe ribaltando le sorti del gioco. Martin si illuderà di trovare in Ruth la realizzazione dei suoi ideali, l'errore del protagonista sembra essere situato proprio nell'idealizzazione di Ruth, idealizzare persone o cose si rivela spesso un errore.

Tuttavia, tema tipicamente americano è quello della scalata sociale. La povertà è qui rappresentata come un trampolino di lancio, Martin sembra essere addirittura orgoglioso del proprio stato indigente.
Il nostro Martin, come ogni scrittore alle prime armi, cela dentro di sé un mondo di idee da esprimere, senza però avere i mezzi necessari per farlo. Solo dopo molteplici tentativi un suo saggio sarà pubblicato, trascinando con sé tutti gli altri, ma sarà troppo tardi, il disgusto nei confronti del mondo moderno si sarà già impadronito dell'animo del nostro eroe. A questo punto, tutto perde valore, il mondo pieno di idee di Martin sprofonda nel nulla, non vi è più gioia nello scrivere, il protagonista viene pervaso da quella malattia mortale che potremmo chiamare banalmente insoddisfazione ( o presa di coscienza della vanità di certi aspetti della vita ?).

Non credo sia eccessivamente audace vedere un po' Martin di ognuno di noi, chi di non si è mai sentito insoddisfatto o inadeguato? Chi non ha mai idealizzato qualcuno o qualcosa? La decisione di porre fine alla sua esistenza deriva dal fatto che la realtà inizia a stargli stretta, è questa la malattia che affligge gli insoddisfatti cronici . Tali condizioni causano un'implosione dell'io in stile goethiano (nonostante le condizioni siano diverse, il disagio sembra essere simile), tanto che la realtà diventa una terribile gabbia.

L'elemento autobiografico sembra essere dominante, London , personalità complessa e poliedrica, proprio come il complicato scorcio temporale che gli Stati uniti vivono a cavallo tra Ottocento e Novecento, si incarna in Martin, il quale è ossessionato dall'evoluzionismo Spenceriano ; Martin sembra essere un po' la rappresentazione del suo senso di inadeguatezza o meglio di impotenza, di fronte a un mondo che può inghiottirti come un pesce vorace. In tipico stile naturalista, Martin affronta la vita e perde, poiché quest'ultima è spietata.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    19 Settembre, 2016
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Umiltà è vanità celata

Ognuno di noi cerca una frase chiave, una frase da ricordare, durante la lettura di un romanzo. Ho trovato infatti particolarmente interessante l'analisi della ''finta modestia'' di alcuni personaggi effettuata dall'autrice. Proprio Darcy, figura centrale dell'opera, afferma : ''appearance of humility is sometimes an indirect boast''. Ciò induce a riflettere; dunque la finta umiltà può celare una vanità nascosta , è interessante poiché questo ragionamento è attualizzabile. Ciò di cui la Austen scrive, è un punto cardine della falsità dei rapporti che caratterizza anche la nostra epoca.

Tuttavia, questo grande classico si presenta come un magistrale affresco della società(inglese per l'esattezza) dell' Ottocento. Il matrimonio è ancora visto come un contratto da stipulare, deve essere vantaggioso, l'amore è in secondo piano. Ma è proprio l'amore ad essere il protagonista indiretto, il quale combatte tra l'orgoglio e il pregiudizio dei personaggi. Mr. Bingley dubiterà dei sentimenti di Jane a causa della sua indifferenza, ed Elizabeth , ingannata dall'apparenza e dal pregiudizio, crederà che Darcy abbia un atteggiamento superbo.

Dunque, l'orgoglio e il pregiudizio danno luogo ad una serie di incidenti e fraintendimenti, che costituiscono il nucleo dell'opera, sono infatti l'orgoglio e il pregiudizio a dare vita all'intreccio, entrambi i sentimenti sono caratteristici dell'animo umano. L'orgoglio può farci perdere ciò che amiamo, mentre il pregiudizio può precluderci nuove esperienze, può impedirci di cambiare la nostra vita, dandoci una visione del mondo statica.

Anche io avevo un forte pregiudizio contro questo classico, in genere ripudio i romanzi che parlano di storie d'amore, ma ho voluto provare a distruggere questo pregiudizio, con successo. Come al solito, solo gli ingenui non cambiano idea.

Per chi può, consiglio la lettura in lingua originale.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    23 Luglio, 2016
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Stravagante, travolgente, surreale

Un romanzo travolgente e appassionante quello di Bulgakov, che ci trascina in una Mosca surreale.Nella mosca staliniana fa la sua comparsa Woland, ovvero Satana, che è un mago di magia nera. Woland è a sua volta seguito da personaggi estremamente bizzarri e stravaganti, a tratti inquietanti, come il gatto nero che parla, Korov'ev e Azzazello (a mio avviso, una delle migliori caratterizzazioni di questo romanzo).

Grazie al suo stile impeccabile, non eccessivamente descrittivo, Bulgakov riesce a tenere viva l'attenzione del lettore, impressionandolo con avvenimenti imprevedibili.

Straordinario è il parallelo effettuato tra l'intreccio del romanzo stesso e quello del romanzo su Ponzio Pilato scritto dal Maestro, le sequenze del romanzo sono incastrare perfettamente nell'intreccio che si snoda a Mosca. Vedere come Woland sia in grado di far impazzire anche le menti più lucide, fredde e razionali, ci fa capire quanto alla fine sia precaria l'esistenza dell'uomo stesso, e come ogni mente abbia i suoi punti deboli e le sue paure più nascoste, che possono materializzarsi in questo momento.

Sempre vivo è il motivo faustiano. Volendo, infatti, si potrebbe operare una sorta di parallelo tra il Maestro e Faust, ma ho notato sostanziali differenze, l'unico elemento in comune sembra essere l'acquisto dell'anima da parte di Satana-Woland.

Contro tutte le aspettative, è proprio Satana a offrire al Maestro e a Margherita la possibilità di un'esistenza serena e tranquilla, Margherita è infatti un personaggio profondamente insoddisfatto e infelice, mentre il Maestro vive nell'autocommiserazione, a tratti è patetico.

Romanzo travolgente e appassionante, la lettura è consigliata a tutti, poiché scorrevole.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    07 Luglio, 2016
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Una riflessione sull'arte e sulla vita

L'opera di Mann, scritta durante gli ultimi e tragici anni della Seconda guerra mondiale, sembra essere il prodotto più maturo della sua attività letteraria, è infatti evidente la differenza con i ''Buddenbrook'', opera che Mann scrisse a 26 anni. Il tutto è incentrato sulla biografia di Adrian Leverkuhn, musicista che vende l'anima a Mefistofele in cambio di un numero determinato di anni di mostruosa e disumana attività intellettuale, il che fa sì che il successo gli arrida. La storia di Adrian è raccontata interamente dal suo amico Serenus Zeitblom, professore di lettere, che accompagna Adrian nelle varie fasi della sua vita.

Evidente è l'intento di mettere in luce da parte dell'autore le sue conoscenze musicali. In alcune pagine si assiste ad uno sfoggio di conoscenza musicale che può turbare il comune lettore che non si intende di musica. Nonostante alcune parti un po' sopra le righe, la prosa di Mann, come al solito, appare ricchissima, sia in termini di lessico che di organizzazione dei pensieri.

L'opera è costellata di riflessioni sulla vita e sull'arte, e sul nesso tra queste due, ma il punto forte di Mann sembra essere la caratterizzazione dei personaggi, la maggior parte sono descritti in maniera eccellente, tanto da riuscire a creare dei veri e propri ''tipi'' nella mente del lettore.

Le riflessioni sono di tutti i tipi,dal modello borghese della Germania di inizio novecento(infatti l'intreccio è situato in un arco temporale che va dal 1885 circa al 1940),all'emancipazione teologica della teologia liberale. Particolarmente interessante ho trovato la riflessione sulla ''produzione di arte''. Per fare ''arte'' c'è bisogno di primitività, deve scattare qualcosa dentro di noi, arte non è artificio, ma slancio. Si ricade dunque in un argomento trattato a lungo sia da Schiller che da Goethe, ovvero il fatto che la ''sensibilità'' nei confronti di una forma d'arte viene spesso scambiata per forza produttiva. Chi è in grado di comprendere l'arte non è di conseguenza un artista, sono due cose differenti.

Credo che questa sia la più grande prova di Mann come scrittore, un manoscritto ricchissimo di riflessioni elaborate sicuramente nel corso di anni, riflessioni molto mature, a volte anche difficili da capire, ma affascinanti.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    17 Giugno, 2016
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LO STURMER PER ECCELLENZA

Manifesto della cultura letteraria dello Sturm und Drang, quest'opera sembra essere una vera e propria pietra miliare dell'epoca. Pubblicato nel 1774, il romanzo epistolare di Goethe ha un successo mondiale, tanto da dare vita al ''wertherismo''. Chi è Werther? Partiamo subito col precisare che Goethe non si identifica assolutamente in Werther, anzi, chi avrà letto il romanzo con attenzione, noterà il distacco dell'autore dal modo di fare a tratti ''patetico'' del protagonista.

Werther è focalizzato unicamente su sé stesso e sulla sua sofferenza. Proietta il suo io in tutto ciò che lo circonda, vivendo tutto con un'intensità quasi eccessiva. L'amore per Charlotte nasce proprio perché egli sa di non poterla avere. A Werther sta stretto il mondo che lo circonda, una volta presa coscienza dei limiti dell'io umano, ha inizio la sua crisi, egli tenta di eludere i limiti umani attraverso la fantasia, le emozioni, i sentimenti, ma ciò non gli basta; è proprio la conoscenza di questi limiti e la presa di coscienza di non poterli superare a far implodere il suo io , perciò egli si suiciderà.

Tuttavia, Goethe sembra essere molto abile in vari aspetti. In primo luogo, egli rielabora una serie di vicende biografiche che non hanno alcunché di particolare, ma che grazie alla sua strabiliante tecnica diventano pietra miliare della letteratura mondiale. In secondo luogo, come è possibile notare, il romanzo, pur essendo epistolare, contiene solo lettere di Werther indirizzate all'amico Wilhelm, ma non vi è alcuna risposta da parte di quest'ultimo, Questa è la tecnica del monoprospettivismo, volta a focalizzare l'attenzione sui sentimenti di Werther, con l'obbiettivo di suscitare compassione nel lettore.

Essenzialmente manifesto dello Sturm und Drang, il personaggio di Werther può essere visto in vari modi: può essere definito ''patetico'' per la sua intrinseca debolezza, può essere definito, come direbbe Schiller ''ingenuo e sentimentale'' perché sembra percepire la totalità della natura; può essere definito ''saggio'' perché ha compreso i limiti dell' io umano, se non ''folle''.

Ritengo giusto affermare che l'opera è anche un'affermazione della nuova idea di natura, ovvero una natura ''viva'' e intrisa di ''spirito'', entrando in contatto con quest'ultima è possibile percepire direttamente la forza divina del creatore, e Werther ha la capacità di sentire ciò.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    16 Giugno, 2016
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Dramma Illimitato

L'Amleto è, sostanzialmente, un dramma illimitato. Perché? Perché è stato analizzato e interpretato attraverso le varie epoche, fino ai giorni nostri, in questo consiste la sua grandezza. Shakespeare con l'Amleto ci dona quello che è un meraviglioso affresco della natura umana, Amleto come personaggio racchiude in sé numerose sfaccettature della natura umana, chi non si riconosce in almeno un aspetto di questo personaggio? Amleto non è l'eroe del dramma, ma è il villain ( il cattivo shakespeariano), egli tratta male la donna che lo ama, ne uccide il padre e anche il fratello. Ma il dramma sembra reggersi sull'indecisione di Amleto a compiere la sua vendetta nei confronti dello zio, non a caso il dramma è stato definito anche dramma ''dell'inazione''. Tutto ruota attorno ad Amleto e ai suoi problemi, è lui il motore della tragedia. Amleto è anche visto come il motore del romanticismo, perché essenzialmente Amleto sembra essere afflitto da un ''male di vivere'' che lo rende un pessimista(a tratti cosmico).

Tuttavia, Amleto è anche un personaggio dall'intelletto sconfinato, le sue riflessioni ci fanno riflettere sul valore della vita e su ciò che ci circonda.Infatti è famosissimo il terzo monologo di Amleto nel quale egli è scisso tra'' to be or not to be'' , è questo essenzialmente il suo dramma, essere o non essere, agire o non agire, vivere o non vivere, ne vale la pena?

Altro tema fondamentale è quello della follia(madness), Amleto utilizza quest'ultima come mezzo per la sua vendetta, nonostante egli non riesca a decidersi ad attuarla. La pazzia entra in scena dopo la comparsa del fantasma di suo padre, e accompagnerà Amleto per tutto il dramma, fino alla svolta provvidenziale in cui il protagonista affermerà: '' essere pronti è tutto'' , questa affermazione spiazza un po' il lettore, non ci sono tracce della provvidenza prima di questo verso. Tuttavia, è necessario ricordare che è inutile cercare la coerenza nei personaggi di Shakespeare,l'autore scrive prima dell'avvento del romanzo borghese e dunque il realismo non è sicuramente un elemento fondamentale.

Con questo dramma Shakespeare sembra aver segnato l'inizio del dramma moderno in cui l'uomo è messo al centro di questo meraviglioso sistema, che è il teatro, considerato da Amleto strumento di indagine della realtà per eccellenza.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    15 Giugno, 2016
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Dicotomia umana

Il ''Lupo della steppa''(1927) è cronologicamente quasi parallelo al ''Siddhartha'' (1922). In entrambi i romanzi sembra esserci una forte componente autobiografica. Hesse scrive questo romanzo in un momento di forte crisi spirituale vissuta negli anni venti, dopo la rottura con la sua sposa in seconde nozze. L'autore narra le vicende di Harry Haller, un individuo che, arrivato alla soglia della mezza età, vive un profondo conflitto interiore che lo spingerà verso l'idea di suicidarsi. Ciò non avverrà grazie al catalizzatore della sua rinascita, ovvero la bella Hermine. Essenzialmente, l'uomo viene visto secondo una dicotomia che vede il suo animo composto da una parte lupina e una borghese. Harry è vissuto come un borghese, è sceso a compromessi, ha accumulato ricchezze e si è sposato, una vita quasi perfetta. Il suo lato lupino emerge nella critica alla società borghese. Harry è molto scettico nei confronti di quest'ultima, ma contemporaneamente ne fa parte, ciò lo manda, ovviamente, in crisi. Ma il romanzo non è riducibile ad un'univoca opposizione lupo versus borghese. L'autore enuncia infatti quella che è la molteplicità dell'animo umano , che è composto da migliaia di , è dunque inutile tentare di definire l'essere umano poiché gli aspetti da valutare sono semplicemente troppi e non sempre evidenti. Harry troverà un'altra strada, una via diversa sia da quella lupina che da quella borghese. In questa nuova visione del mondo è fondamentale il valore dell'ironia, vi è un nuovo approccio alla vita attraverso l'arte.

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Consigliato a chi vuole conoscere l'autore, ma anche a chi ha già letto Siddhartha.
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    15 Giugno, 2016
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Il ciclo della vita

Con quest'opera, Hesse sembra affermarsi come grande e vero conoscitore della natura umana. Che cos'è la vita? La vita non è una catena composta da vari anelli, ma è un ciclo, un ciclo che comprende gli stati di: stasi,illuminazione e rinascita, per poi cadere di nuovo in stasi. Questa è la vita di Siddhartha, un continuo morire e rinascere. Il perché di questo movimento ciclico è da ricercarsi nella natura umana stessa. Il mondo sembra reggersi sulle opposizioni: non possiamo sapere cos'è la gioia se non sappiamo cos'è la tristezza, non possiamo conoscere il buio se non conosciamo la luce. Dunque, gli opposti si attribuiscono valore reciprocamente; è questo ciò che avviene nell'animo di Siddhartha, egli è alla ricerca di quell' ''IO'' che esiste in ogni animo umano, un ''IO'' che si sottrae al tempo e allo spazio, l'essenza umana. Tuttavia,come è possibile evincere dalle vicende del protagonista, si può essere spinti a tale ricerca solo dopo aver smarrito sé stessi nella materialità e aver perduto io il proprio '' io '' nel mondo degli , è questa la fase detta ''stasi''. Il protagonista capirà anche che non vi è dottrina capace di illuminare il suo animo, perché l'illuminazione non si può spiegare né insegnare, è un qualcosa di puramente soggettivo. Viene dunque enunciato quello che è il fallimento certo della ricerca della verità, qual'ora quest'ultima fosse condotta secondo una dottrina, la risposta, dunque, non è nei libri. Siddhartha è un uomo illuminato, ma è anche un uomo come tutti noi. Siamo nati e cresciuti in una società che ha immesso nel nostro animo un concetto di ''dolore'' e ''ferita'' palesemente errato. In ''Siddhartha'' il il dolore è analizzato attraverso un duplice approccio: è possibile spargere sale sulle nostre ferite , ciò avviene qual'ora si evitasse di vivere un dolore, nascondendolo. Ma è possibile far sì che nelle nostre ferite risplenda la luce, la luce della rinascita. Ciò ci conduce ad un concetto molto semplice: la vita può essere cosparsa di dolore ma è il nostro atteggiamento nei confronti di quest'ultimo a essere determinante.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    03 Gennaio, 2016
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UN FARO NELLA NOTTE

Cronaca lucida di una guerra spesso considerata il sinistro preludio della Seconda guerra mondiale,anche se per molti versi sembra essere il sequel della prima,perché?Perché la guerra descritta da Orwell è una guerra di posizione,una guerra che non si combatte col nemico,ma con le piattole,col freddo,e con la fame,la legna da ardere sembra essere un costante desiderio dei soldati in prima linea. Orwell sembra essere uno dei pochi autori in grado di fare luce su quanto avvenuto in Catalogna nel 1936,egli è un vero e proprio faro nella notte per quanto riguarda questo argomento. L'autore si arruola nelle file del POUM,partito di estrema sinistra messo poi fuori legge dal governo (PSUC),accusato di complottare contro il governo assieme ai fascisti,è per questo che Orwell sarà costretto a tornare in patria. Come al solito emerge la sfumatura profetica tipica di questo autore,Orwell sostiene (già nel 36'),che comunque sarebbe andata a finire la guerra,il governo spagnolo post-bellico avrebbe avuto delle tendenze fascisteggianti,e non aveva per nulla torto. Nel romanzo è evidente anche tutto il filantropismo presente nell'animo di Orwell,la guerra è infatti vista come un evento che unisce persone provenienti da diversi paesi,ma che lottano per un unico ideale ,ovvero la libertà. Lo scrittore conosce il fantastico popolo spagnolo,popolo in grado di donare ciò che non ha,gli spagnoli riescono a essere gentili anche in uno scenario tragico come quello della guerra civile,trattando ogni essere umano come fosse un fratello di sangue.Molto interessante è l'analisi che Orwell fa della rivoluzione che avviene a Barcellona,un vero e proprio esperimento sociale,che ha l'obiettivo di mettere tutti gli uomini sullo stesso piano (economicamente e socialmente),che alla fine,per ovvi motivi,fallisce. Un libro da leggere per chiunque sia interessato a capire qualcosa in più sulla faida interna del Fronte Popolare,faida che viene manipolata,come sempre del resto,attraverso l'utilizzo dei mass-media,fortemente criticati dall'autore. Emerge come al solito un qualcosa che oggi non c'è più,ho riflettuto e ho concluso,ma chi andrebbe a fare una guerra in un altro paese solo per difendere delle idee? Rischiando la propria vita,la propria posizione economica(conquistata con la fatica,per noi comuni mortali),ma soprattutto lasciando i propri cari? La risposta è,con tutta probabilità,nessuno,perché all'epoca si credeva veramente in determinate idee,la maggior parte di noi oggi non credono in nulla,la politica è fondata unicamente sull'interesse,partendo dal più debole al più potente,non più sulle idee.

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Consigliato a chi vuole vederci chiaro per quanto riguarda le lotte intestine del Fronte popolare spagnolo.
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    25 Dicembre, 2015
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NOMI PARLANTI

Il romanzo tratta delle vicende di Giovanni Bovara,ispettore di polizia nato a Vigata(Sicilia) ma cresciuto a Genova,che ha prestato servizio già a Reggio Emilia,ma viene poi spedito a Vigata,nel cuore della Sicilia,per prendere il posto di un ispettore che è passato a miglior vita.
Partiamo dal titolo,che parla già da sé,la mossa del cavallo è ovviamente riferito al movimento a ''L'' che la figura del cavallo può compiere nel gioco degli scacchi,anche scavalcando altre pedine,è proprio ciò che il Bovara sarà costretto a fare per tirarsi fuori dalla congiura pianificata contro di lui.I nomi dei personaggi parlano da sé,il prete,che tutto è tranne che un prete,viene chiamato Padre Carnazza(inevitabile il riferimento ai piaceri della carne).Ma il vero protagonista del romanzo sembra essere,contro ogni previsione, il linguaggio.Il romanzo è scritto in tre lingue differenti: genovese,siciliano e italiano. All'inizio del romanzo il Bovara alterna italiano e genovese,ma la svolta dell'intreccio sembra coincidere con il recupero del dialetto siciliano da parte del protagonista,che decide di abbandonare l'italiano e il genovese per parlare solo siciliano,al fine di evitare fraintendimenti.Stupefacente è il fatto che il Bovara cambi anche la lingua che utilizza per pensare,egli passa dal genovese al siciliano,in questo caso è possibile parlare di 'ritorno alle origini'.Camilleri si è sicuramente cimentato in un'impresa più che titanica,sfido chiunque a utilizzare genovese,siciliano e italiano nello stesso romanzo.Camilleri immortala lo scenario dell' Italia postunitaria,paradossalmente,sembra non essere cambiato nulla fino ai giorni nostri,si tratta del solito gioco delle parti,grazie al quale il testimone diventa il colpevole,scenario che si ripete e si è ripetuto più volte anche nell'età contemporanea,un gioco basato sull'omertà,anche chi sa,non parla,fa finta di non sapere. Degno di nota è lo scambio epistolare tra i vari funzionari statali,simbolo di una burocratizzazione eccessiva che non porta a nulla,al contrario,danneggia solo il diretto interessato. Ci tengo inoltre a precisare che tale romanzo sembra appartenere alla classe dei romanzi '' a chiave'',i quali descrivono la realtà dietro una facciata di finzione,in questo caso la storia del Bovara sembra essere il simbolo dell'Italia postunitaria,un'Italia che ha ancora tanti passi da fare,ancora oggi.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    20 Settembre, 2015
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L'AMORE PER LA VITA

Il solito superlativo Hemingway. L'intero romanzo non è che un lodevole apprezzamento di ciò che è la vita,tre giorni intensissimi,prima della fatidica azione militare.Dunque cos'è che tormenta l'uomo? L'uomo è tormentato dall'ipotesi di poter morire all'improvviso senza aver vissuto a pieno la propria vita; tale preoccupazione non deve assolutamente ostacolare la nostra esistenza,infatti l'autore afferma che:.Il protagonista è Robert Jordan,un insegnante americano che condivide i valori della Repubblica spagnola e che dunque lotta per quest'ultima.Robert è un personaggio abbastanza contraddittorio,infatti spesso s'impelaga nelle sue stesse riflessioni,ma durante la guerra egli subisce una trasformazione,il precario equilibrio tra la vita e la morte fa sì che egli apprezzi tutto ciò che ha,anche se questo tutto è poco o niente. A tal proposito vorrei citare il protagonista: >. Ogni uomo è parte del continente che è l'umanità,che lo si voglia o no,nessuno è autosufficiente,poiché nessun uomo è un'isola. Questo romanzo,letto con attenzione,accende nel lettore l'amore per le cose semplici,che compongono la vita,dovremmo imparare ad apprezzare tutto ciò che abbiamo,poiché tutto è limitato,tutto ha una scadenza,una fine. Nella guerra descritta da Hemingway non vi è la tanto agognata quotidianità(che noi abbiamo il privilegio di vivere),ma unicamente la prossima operazione militare.L'obbiettivo di questo romanzo è farci riflettere su quanto siamo o siamo stati fortunati,e apprezzare tutta la vita che ci circonda. Chi afferma che questo romanzo è noioso,ha semplicemente effettuato una lettura superficiale.

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    11 Settembre, 2015
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Apogeo e decadenza

Il romanzo narra la storia dei Buddenbrook,una famiglia di commercianti,attraverso cinque generazioni.Lo scrittore si concentra principalmente sulla quarta generazione focalizzando la narrazione su Thomas,Christian e Tony Buddenbrook. Il protagonista sembra essere Thomas,nel quale s'incarna la figura del tipico borghese,ma egli è borghese solo in apparenza,poiché il suo animo è caratterizzato da un tumulto continuo,dal disgusto per la materialità che compone il mondo borghese. Thomas si sforza dunque si essere un borghese,perché sarebbe un disonore se il figlio maggiore non portasse avanti l'azienda di famiglia,egli dunque lavora senza sosta per aumentare il prestigio dei Buddenbrook.Thomas entra spesso in crisi data la sua bipolarità,ma le preoccupazioni si moltiplicano a causa del fratello Christian e della sorella Tony,la quale contrae molteplici matrimoni suscitando sdegno nei concittadini. L'abilità dello scrittore sta tutta nel rendere piacevole la lettura di questo romanzo dalla notevole mole,inoltre la sua attenzione per i particolari e la strabiliante caratterizzazione di alcuni personaggi fa sì che questi ultimi rimangano impressi nella mente del lettore,con tutti i loro pregi e difetti. Tutto ciò denota una vastissima conoscenza della società del diciannovesimo secolo.Vi è anche una forte componente autobiografica,poiché la maggior parte degli eventi si svolgono a Lubecca,città natale dell'autore. Questo capolavoro della letteratura tedesca fa sì che il lettore percepisca e si renda conto del precario equilibrio che vige tra la vita e la morte(la malattia sembra essere quasi esaltata,attraverso meticolose descrizioni),tutto ciò è dovuto allo spirito decadente che domina il romanzo dalla prima all'ultima pagina.Vi è una regola che l'autore sembra aver scoperto nel corso della vita,ovvero: dopo il raggiungimento della vetta (il massimo successo) vi può essere solo una discesa, sia essa rapida o tremendamente lenta (la decadenza); ciò che manda in crisi il protagonista(oltre alla decadenza fisica) è l'aver percepito che il prestigio della propria famiglia,nonostante tutti i suoi sforzi,dopo aver raggiunto il culmine è destinato a diminuire,fino a rasentare il nulla; è evidente l'influsso che la filosofia di Schopenhauer ha avuto su Mann,sembra che la vita dei protagonisti sia dominata da una volontà irrazionale,che li pone di fronte a eventi drammatici e tali avvenimenti sono inevitabili.Dunque cos'è l'uomo dinanzi a questi eventi? O dinanzi alla morte? Nulla .

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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    03 Settembre, 2015
Top 500 Opinionisti  -  

L'emblema della ''Lost generation''

La componente autobiografica è sicuramente la base del libro. Hemingway(dalla personalità irrequieta) s'incarna nel protagonista,Jake. Il protagonista appartiene alla generazione degli Americani espatriati in Europa,egli è un giornalista inquieto,che cerca di dare un senso alla vita attraverso i propri viaggi,ma facendo ciò egli non fa altro che permettere alla vita di sfuggirgli. Non è di certo l'Hemingway migliore quello che ritroviamo in questo romanzo,ma il suo stile semplice e discorsivo è alla portata di qualunque lettore.Nel descrivere usi e costumi della ''Generazione perduta'' ,ovvero quella reduce della Prima guerra mondiale,lo scrittore non tralascia alcun particolare.Si tratta di quella generazione che a causa della guerra sembra aver perso la luce per scovare l'essenza della vita,per tale motivo l'intreccio è caratterizzato dal viaggio di quattro irrequieti amici,i quali viaggiano per l'Europa alla ricerca di divertimento,o del ''brivido'',per dare un senso alle proprie serate. Perciò il protagonista di questo romanzo sembra essere proprio l'alcool,il quale dà vita alle serate tra amici,forse è proprio quest'ultimo l'anima della ''fiesta'' . Stimo Hemingway come scrittore,per l'eccellente utilizzo del discorso diretto,attraverso quest'ultimo l' autore dà vita ai propri personaggi trasmettendo al lettore tutto ciò che è necessario sapere di questi ultimi,senza perdersi in noiose e ripetitive descrizioni. Leggendo tale romanzo è possibile percepire l'amore per le piccole cose che caratterizzava l'autore,osservando le deliziose descrizioni che egli dedicava a queste ultime. Il libro mi ha fatto venir voglia di andare a vedere l'encierro a Pamplona!!

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Essendo molto semplice,credo sia il libro ideale per conoscere questo fantastico scrittore!
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Romanzi
 
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    31 Agosto, 2015
Top 500 Opinionisti  -  

L'inarrestabile tamburello

****SPOILER****
Ho deciso di cimentarmi nella lettura del tamburo di latta (die Blechtrommel) spinto dalla mia passione per la lingua e per la letteratura tedesca. Günter Grass o lo ami o lo odi,ha uno stile unico nel suo genere,ironico e grottesco allo stesso tempo. Lo scrittore nel romanzo narra la storia del piccolo Oskar,il quale vive durante l'epoca nazista(il romanzo infatti è anche un romanzo storico,poiché la storia inizia nel 1899 per terminare nel 1954). Chi è Oskar? Egli è un ribelle,che decide,all'età di tre anni,di non crescere più,perché egli non desidera entrare a far parte del mondo degli adulti. Oskar non è un comune ribelle, ma un individualista,egoista,talvolta meschino,che pensa solo a sé stesso. Il rifiuto di Oskar non consiste nel rigettare le idee naziste,ampiamente diffuse negli anni 30',ma nel disgusto che egli prova per la misera vita condotta dagli adulti,costituita da preconcetti e mera ipocrisia(il suo odio è rivolto soprattutto al padre,Alfred). Dunque Oskar non cresce più fisicamente,ma il suo intelletto si sviluppa,attraverso lo studio di due dei suoi personaggi preferiti (il Goethe e il Rasputin),ciò gli permette di criticare fortemente la società ,ma senza conseguenze,poiché anche all'età di venti anni viene considerato un bamboccio. Uno dei passaggi del romanzo che fa emergere quanto lo scrittore possa essere grottesco, è sicuramente la scena del pescatore che pesca anguille nel porto di Danzica utilizzando la testa di un cavallo,la descrizione è così accurata che sembra miri a crear disgusto e ripugnanza nel lettore. In Oskar s'incarna l'individualismo che in tal caso è eroico,poiché inserito nel contesto della diffusione di una folle ideologia di massa. L'autore afferma infatti che l'individualismo non esiste più,poiché cancellato dalle masse. Grass scrive per far sì che il popolo tedesco non dimentichi il secolo definito da egli stesso ''senza lacrime'', poiché le malefatte naziste hanno annullato gli animi,le persone non riescono più a provare sentimenti. Non a caso l'autore fu definito ''Nestbeschmutzer'' , letteralmente colui che osa criticare il proprio nido, il luogo dove è nato. Consiglio la lettura a chiunque sia in grado di apprezzare tale classico,data la sua difficoltà e profondità,spero che l'opinione di un giovane lettore possa accendere in voi il desiderio di leggere tale capolavoro!

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Consigliato a chi apprezza lo stile dell'autore e la letteratura tedesca in generale.
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