Opinione scritta da Alberto30
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UMANITÀ IN GUERRA
La guerra civile spagnola raccontata da Perez - Reverte. La penna del fine narratore si mescola a quella del reporter di guerra che è stato.
Un concatenarsi di eventi per raccontare i giorni dannati della battaglia sull’ Ebro. Un susseguirsi di battaglie senza soluzione di continuità viste alternativamente da una compagine e dall’ altra in un’ escalation di cruenta tragicità resa consuetudine e quotidianità mortifera strabordante di sofferenze fisiche e mentali.
Ciò che emerge sempre, tra bene e male sempre labili ed assoggettati alla contingenza e brutalità degli eventi, è l’ umanità dei personaggi, spesso ovviamente celata dalla violenza, di egual portata, tra nazionalisti e repubblicani.
Si fondono così le vicende dei protagonisti che innanzitutto sono uomini e donne prima che soldati. Ognuno animato dai sentimenti più disparati ed infine accumunato da tutto ciò che la guerra non fa che sottrarre ad ognuno.
L’assurdità della guerra che maschera solo in parte, con ideali e slogan, l’inumanità e brutalità del solo concepirla. Inumanità che apre la strada proprio a quell’ umanità intrinseca ed inscritta in ogni uomo, ignorante o dotto che sia, che tra le privazioni e lo schifo dilagante impressiona per sincerità ed umana misericordia e che ha per contrappunto la violenza cieca e la rabbia che solo una guerra fratricida può svelare.
Amalgama resa meravigliosamente coesa da una scrittura pulita e coinvolgente che fa del realismo il ponte di congiunzione tra i protagonisti ed il lettore che può così sentirsi lurido e sporco come un soldato piuttosto che attanagliato dalla paura o dalla responsabilità degli ufficiali o dal senso di orgoglio di coloro che combattono per un ideale.
La morale è tanto semplice quanto vera, non esistono vincitori, non ci sono mai. E la rassegnazione finale sembra l’unico compromesso possibile.
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SIAMO QUEL CHE SIAMO O CIO' CHE CELIAMO ?
Accade sempre così con i libri di Costantini. Nemmeno il tempo di iniziarli che con crudele inesorabilità ci si ritrova a leggere le ultime righe.
Una scrittura pulita e senza troppi fronzoli formali. Liquida, così come la trama che narra.
Una donna divisa in due. La moglie e madre da un lato, l’ agente segreto dall’ altro, distinte e sempre divise “perché così è sempre stato e così deve restare”. Ma bianco e nero non possono rimanere scissi per sempre, la contaminazioni tra le antropiche antitesi prende corpo e diventa reale nei gesti quotidiani di Ice come in quelli di Aba ed il peso di questa scissione diventa un fardello eccessivo quando i bivi e le decisioni da prendere sono fondamentali.
Nemmeno la determinata protagonista può restare divisa per sempre ed è proprio quando il mondo delle sue certezze comincia a sgretolarsi e la moralità non è che un’ opportunità di debolezza che il bianco ed il nero si fondono nel grigio ed i compromessi sono tanto liberatori quanto definitivi.
Bravissimo l’ autore nel mantenere alto l’ interesse e la fame del lettore sia nella trama che nel personaggio femminile inevitabilmente condizionato dall’ intreccio e dalla spirale di buio nella quale viene trascinata. Con le cui spire, celate dalle membra umane di un istrionico professore antieroe, si ritroverà a fare i conti sia come agente segreto e soprattutto come donna.
Perché in ognuno di noi risiede la nostra nemesi che non può essere celata ed alla quale non si può mentire.
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Espiazione senza redenzione
La prima parte del libro, che si dipana su archi temporali differenti, narra le vicende di una famiglia inglese benestante negli anni trenta. Capitoli narrati vicendevolmente in prima persona da più personaggi delineano caratteri e problemi personali che faranno da anticamera al susseguirsi delle azioni e reazioni da essi stessi provocate che daranno linfa e potenza al romanzo.
Prima metà che sembra presagire ed armarsi lentamente così come la guerra che in questi capitoli appare da lontano, avvicinandosi ed insinuandosi lentamente, assomigliante quasi più ad un’opportunità che al dramma devastante in cui si tramuterà. Un semplice alito. Una bava che sfiora appena la storia di cui si impregnerà in seguito.
Le vicende si delineano in attesa della perfetta empatia tra lettore e protagonisti così da poter perpetrare la grande ingiustizia, base del libro, su cui si fondano ed intrecciano ( anche se dovremmo dire dividono ) i destini di quelli che se dapprima sono comprimari, diventano i fulcri del romanzo.
La guerra che si insinua prepotentemente nella parte centrale dell’ opera di McEwan è appunto l’ingeneroso ed impietoso spartiacque che stravolge tecnicamente animi già sconquassati e devastati dalle conseguenze, attive e passive, delle proprie azioni.
V’è amore. L’amore che muta ma resta sempre sincero a pervadere parte del libro, fatalmente ed indissolubilmente legato all’ingiustizia che esso cela e dal quale attinge paradossalmente forza ma che resta comunque sempre avvolto da un senso di sconfitta comune.
L’espiazione dei peccati, per pochi, come egoistica rivalsa umana e personale. Flagello autoimposto ed abito umano egoisticamente giustificante delle proprie azioni sono il contraltare alla mancanza di coscienza di chi sulle medesime basi innalza un’ intera vita.
L’ingiustizia resta tale e l’ espiazione è priva di redenzione.
Libro ottimo per contenuto e stile. Il primo che leggo di McEwen.
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L’ inevitabilità della vita
Quello di Zeltsermann è un thriller dai contorni foschi che incorniciano perfettamente tutto il nero che vi risiede.
I giorni di Joe dopo la sua uscita di prigione descrivono la malavita della provincia americana, le connivenze dei tutori dell’ordine ordine e la frustrazione dei giusti. Ma soprattutto è la parabola di chi, ad un senso di giustizia e redenzione puramente teorici assoggetta e giustifica qualsiasi comportamento. La disperazione di un uomo ed il suo tentativo vano di ricominciare una nuova vita sono sempre funzionali solo a se stesso ed al proprio ego non disposto a subire le conseguenze delle proprie azioni. Joe, che ingannando se stesso inganna gli altri, che pentendosi sempre in ritardo riesce addirittura a rendersi simpatico agli occhi del lettore (d’altronde è il nostro protagonista ed inevitabilmente la simbiosi prende forma). Sino alla fine quando in un ultimo barlume e sussulto capisce con lucidità di non essere esattamente una vittima bensì un ingranaggio di un mondo marcio che fa dei buoni propositi i suoi dardi più pericolosi. Storia che si legge d’un fiato. Scrittura semplice ed efficacissima nel raccontare eventi spesso cruenti.
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L'OMBRA DELLE STELLE
Stelle minori è un romanzo di formazione e distruzione. Una tragedia incidentale è il pretesto per l’ intreccio di un racconto che si sviluppa su due archi temporali relativamente vicini ma realmente molto distanti.
La crescita e l’ ingresso nel mondo adulto di una persona che potrà e dovrà subirne le inevitabili conseguenze. L’ incontro con la società e lo scontro inevitabile con la stessa.
Se per lunghi tratti il romanzo, sospinto da una buona scrittura ( non eccelsa ma sicuramente piacevole e veloce ) sembra procedere su binari quasi scontati è verso il finale, quando la tragedia che inevitabilmente dovrebbe essere fondamentale per i protagonisti del libro ritorna prepotentemente mostrandoci la propria latenza, che i tasselli vanno al proprio posto e l’ ineluttabilità degli eventi razionalizza idealismi e sentimentalismi che sembrano non potere convivere con un’ età adulta a meno di non essere compresi e digeriti sino in fondo.
Un finale amaro che lascia sicuramente spazio alla consapevolezza ma poco alla speranza. Amori ed amicizie che minati da menzogne e segreti non hanno la potenza solenne che l’ ingenuità adolescenziale richiederebbe. Un finale che riporta tutti sullo stesso piano di umanità e quello astronomico di Stelle Minori perchè tutti viviamo all' ombra di un' ombra.
Autore giovane che io non conoscevo, bella scoperta.
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IL DRAMMA NELLA VITA
Il libro di Balzano spicca per freschezza e rapidità di scrittura. Una storia narrata da una protagonista donna, prima bambina e ben presto adulta, nel Sudtirolo che non vuole essere italiano. Dagli albori del fascismo fino al dopoguerra passando ovviamente per il conflitto bellico, molto più che semplice sfondo, ad una storia personale impregnata di emozioni e sentimenti forti e spesso taciuti. La parola come strumento inutile contro prepotenza ed ingiustizia. La parola come viatico e strumento per la protesta e contro i soprusi. La parola che perde di valore col passare delle pagine.
Ambientato prevalentemente a Curon, il libro narra anche delle drammatiche vicende che hanno portato alla costruzione della diga sul lago di Resia. Dramma dunque nel dramma. Eventi giganti, “guerra e diga”, affrontati marginalmente dall’ autore, che anche se a essi e da essi ha voluto trarne solo un “mero” sfondo avrebbe dovuto a mio avviso affrontarli diversamente e più approfonditamente perché in realtà, non li utilizza solamente come palcoscenico ed affresco per le vicende. Sono bensì veri e propri catalizzatori delle azioni dei protagonisti. Nulla sarebbe accaduto in mancanza di essi.
Nonostante questo punto, a mio avviso lacunoso, unitamente ad una narrazione e descrizione di rapporti interpersonali a volte poco credibili tra i personaggi, credo sia un ottimo libro. A fronte di tali critiche sembrerebbe incredibile ma le emozioni che é riuscito a trasmettere sono forti e significative, a tratti dolorose. Rapporti spezzati, a volte rinsaldati, altre indissolubilmente evaporati. Perdite e privazioni affrontati con nervosa e rapida tenacia dallo scrittore che ha saputo trarre dai suoi personaggi ( seppur lacunosi, ripeto, ed a tratti scarni) un’ umanità forte. Una storia di vinti che possono rinfrancarsi dalla vita solo immaginando, ricordando ed accettando quel poco di buono che possono cogliere. La rassegnazione come morale ultima dei sopravvissuti.
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LABIRINTO DI AMORE E MENZOGNA
“La verità sul caso Harry Quebert”, settecento pagine tutte d’ un fiato. Così si legge il ”thriller” di Dicker. Impossibile abbandonarlo, una scrittura rapida ed agile che si districa nella matassa di eventi che si intrecciano ad Aurora, cittadina in cui è ambientato gran parte del libro. Descrizioni brevi e sporadiche cedono completamente il passo al turbinio di eventi di cui sono impregnate le pagine.
Una buona scrittura ma non eccelsa, se pensate di trovare quì l’ erede di Ellroy sbagliate di grosso. Non brilla certamente per forma letteraria, prosa aulica o discorsi diretti memorabili. E’ un thriller moderno, originale e molto ben congegnato che si dipana su due archi temporali distanti trent’ anni ma indissolubilmente legati sia dalla trama che dalla scrittura stessa che li accosta sempre.
I colpi di scena costanti ma sempre credibili sembrano un marchio di fabbrica di Dicker, sempre sull’ orlo dell’ esagerazione e della coincidenza. Baratri nei quali però non cade mai (qui la sua bravura).
Abile ingannatore, non con le parole ma con i fatti sa giocare a suo piacimento per farli coincidere senza scadere mai nell’ incredibile. Ogni evento, una volta descritto ed analizzato, sembra diventare naturale conseguenza del precedente ed in ovvia attesa del seguente che verrà però immancabilmente smentito dall’ ennesimo capitombolo della trama. Ed il lettore, immerso totalmente nelle vicende si troverà a divorare pagine su pagine senza accorgersene, immerso in questa storia torbida, di amore e di odio, di amore che scatena tutto l’ odio possibile. Di un amore impossibile e di una storia che fa dei protagonisti tutti colpevoli. Marionette in balia del proprio autore ed in balia delle proprie menzogne.
Grande merito del giovane autore è quello di sapere confondere finzione e realtà. Marcus il protagonista, alter ego di Harry Quebert, alter ego dell’ autore stesso si confondono nei meandri delle pagine a creare un’ aura di mistero ancor più fitta. Come se scoprire la verità nella finzione portasse a galla le finte verità della realtà.
Dicker, scrittore dal futuro certamente roseo, è il burattinaio e contemporaneamente il personaggio mai citato in questo libro.
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VIA DAL PROPRIO DESTINO
Ischiano Scalo, piccolo paese di una provincia che potrebbe essere qualsiasi, è il centro di questo bel romanzo. Vero e crudele come la realtà dei protagonisti, il lavoro di Ammaniti sa cogliere e riportare in pieno i sentimenti di Pietro e Graziano, attori principali delle vicende che con maestria l’ autore interseca a suo piacimento, fondendo ed intrecciando quello che sarebbe altrimenti solo parallelo. Mescola e scontra vari personaggi con ottima abilità lasciandone altri di sottofondo funzionali al risalto dei principali.
Un’ antologia dei vinti. Ciascuno in fine rassegnato al proprio destino. Dove dietro la cattiveria si cela il dolore o dove dietro di essa c’ è la semplice e, frustrante per chi la subisce, ignoranza.
Ognuno occupato dai propri pensieri ed avvinghiato ad essi alla perenne ricerca di qualcosa, qualcosa di fuggevole e contro natura. Troppo arduo combattere il proprio destino; ammirevole ed utopico ma spropositatamente difficile così da ridurre e condurre a rassegnazione l’ unico mezzo per continuare.
Nessuno scappa e nessuno fugge. Ti prendo e ti porto via, un titolo che sembra prendersi gioco dei protagonisti schiavi dei propri pesi. Perché la forza ed il coraggio sono cardine del libro che fa dei propri protagonisti, magnificamente giostrati, vittime e carnefici a seconda dei punti di vista ma che alla fine non possono appunto che soccombere al proprio destino.
Rabbia ed amore poi, sentimenti potenti, presenti sempre e comunque in questo libro, spesso repressi o celati ma sempre incombenti sui personaggi, fine e mezzo delle azioni dei protagonisti, legano indissolubilmente tutta la trama.
Ti prendo e ti porto via. Magari!
Veramente un' ottima lettura. Assolutamente consigliato.
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CARRISI CONFUSIONARIO
Con grande attesa aspetto l’ ultimo lavoro di Carrisi ma questa volta il libro non soddisfa come le altre. Certamente le aspettative erano alte per “Il maestro delle ombre” ma un grande scrittore non può sfuggire ad esse.
In una Roma contemporanea e quasi apocalittica, minacciata dal maltempo, dalla piena del Tevere e nella morsa di un blackout di ventiquattro ore si dipana ed intreccia la trama del libro.
Marcus, prete penitenziere chiamato ad insabbiare prima, ed indagare poi su misteriosi ed esoterici crimini affiancato dall’ agente Vega, sua vecchia compagna. Un poliziotto sotto copertura con particolari licenze ed innumerevoli libertà che interseca le vicende dei due. Una setta misteriosa, “La chiesa dell’ eclissi”, ed un bambino rapito nove anni prima sono i protagonisti del testo.
Tanti elementi e tante vicende intriganti sempre collegate troppo rapidamente, vicissitudini che si susseguono con ritmo incalzante a beneficio della trama ma poco elaborate, come se l’ idea originaria del testo non si fosse sviluppata per intero o comunque l’ avesse fatto troppo celermente. Più calma avrebbe reso più facile l’ immersione nella trama per il lettore che si trova in balia di questa velocità e di questi eventi che si accavallano continuamente, sparendo e ricomparendo nottetempo a piacimento dell’ autore che ne fa un utilizzo di comodo a beneficio del testo. Se aggiungo qualche passaggio troppo forzato e come incastonato a forza nel testo non può che uscirne un giudizio non troppo positivo. Certamente negativo per gli standard di Carrisi, che seppur brillante come sempre nelle idee e nei contenuti, questa volta non ha saputo esserlo nella realizzazione. Sempre alla ricerca di un filo conduttore mai del tutto trovato ed egli stesso in balia delle diverse trame presenti nel libro.
Il Tevere ed il blackout per Roma, così le vicende de “Il maestro delle ombre” per Carrisi. Fuori controllo.
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LETTERATURA PER MENTE ED ANIMA
Sicuramente uno dei migliori libri che abbia letto ultimamente. Uno di quelli che ha saputo disorientarmi ed affascinarmi.
Le vicende di un gruppo di terapia, intersecate alla vita ed alla filosofia di Shopenhauer ed altrettanto alla morte, inevitabilmente e fatalmente presente in tutto il romanzo, sono gli ingranaggi del libro.
L’ autore scandaglia l’ animo umano attraverso i racconti, i sentimenti e le interazioni dei partecipanti al gruppo nonché del terapeuta stesso. Vicende di profonda umanità, profondamente misere proprio perché umane, cadenzano e ritmano un percorso psicologico e filosofico che porterà i protagonisti ed il lettore stesso ad interrogarsi sui propri sentimenti nonché sui significati più profondi della vita e sui temi esistenziali ad essa correlati. I capitoli sono intervallati da pagine sulla vita di Shopenhauer, la cui dottrina e vita diventano sempre più importanti per il romanzo ed il suo proseguio.
Libro ben scritto, finemente congegnato che coglie nel segno soprattutto gli aspetti umani dei protagonisti, avvicina ad i pensieri filosofici e soprattutto fa riflettere su cause ed effetti dei comportamenti umani.
Un fiume in piena di sentimenti ed emozioni trasportate dall’ analisi di se stessi. Un processo di accrescimento attraverso i problemi e le osservazioni dei propri compagni di viaggio. Riflessi e nemesi altrui, somiglianze e poli antitetici che unendosi danno forma al problema, quindi all’ accettazione ed alla consapevolezza, necessarie per intraprendere un percorso verso una meta comune.
Se dovessi trovare un aggettivo, uno solo, per definire il libro di Yalom, lo definirei umano. Lo reputo un libro profondamenete umano. E sono proprio le grandi materie in questione, filosofia e psicologia, a renderlo tale. Come se unendo questi colossi, innalzati a difesa ed a compimento dell’ Umanità, si potesse paventare una speranza di redenzione o ragione d’ essere per tutti.
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NON ALLA SOSTANZA, NON AL CUORE.
Il romanzo di Alessandro Bertante risulta troppo scarno ed elementare. Una duplice storia poco approfondita su di un’ infanzia ed una formazione negli anni settanta, ottanta e novanta intervallata e cadenzata dal racconto di un viaggio dello stesso protagonista nei Balcani compiuto a metà anni novanta a guerra appena conclusasi.
Testo debole ed a tratti banale che avrebbe dovuto sviscerare molto meglio temi importanti quali : gli anni delle lotte studentesche e la loro lenta fine, il boom commerciale e la deriva capitalista dell’ Italia, la politica, le tendenze sociali, l’ eroina e la piaga dell’ AIDS ed appunto la guerra nell’ ex Jugoslavia.
Tutti argomenti sfiorati solamente da Bertante ma per un libro che pone le sue fondamenta proprio sulla storia e sugli eventi quali veicolo di una crescita anche personale è impensabile non affrontare e scandagliare tali avvenimenti, vieppiù quando parte integrante di un romanzo autobiografico, in maniera molto più approfondita.
Pare che l’ autore pensi di compensare le omissioni storiche con le proprie elucubrazioni mentali e con nobili pensieri di profonda sensibilità tardo adolescenziale che non sanno comunque affondare nel cuore. Un velo di stucchevole retorica aleggia sempre nel romanzo ad inghiottire i sentimenti e le tribolazioni del giovane protagonista. Una penna, quella di Bertante, che non emana calore ne colori.
Ne risulta un libro di facile lettura che non lascia nulla al lettore se non qualche nozione di storia e geografia comunque facilmente reperibili su wikipedia. Anche le vicende personali del protagonista vengono trascinate nella superficialità. Personaggi mai caratterizzati e problemi vaghi anch’ essi poco ( e male ) approfonditi, che dovrebbero accomunare un’ intera generazione.
Peccato, argomenti validi con argomentazioni deboli. Una trama, ed inesorabilmente anche una scrittura, che non sanno emozionare.
AMORE INCOMPLETO
Dopo avere letto Accabadora è con curiosità e speranza che mi approccio a “Chirù”.
In questo romanzo Michela Murgia lascia sullo sfondo la sua terra natale, la Sardegna, per concentrarsi sul particolare rapporto tra Eleonora e Chirù. Lei, donna matura ed attrice teatrale di professione. Lui, diciottenne talentuoso violinista. La relazione imbastita sui canoni “maestra - allievo” muta, a tratti quasi morbosamente, in un legame affettivo tanto ambiguo quanto intenso, difettoso solo fisicamente per non essere canonizzato come rapporto amoroso. Ma l’ attrazione emotiva, mentale ed empatica nata e cresciuta tra i due non potrà compensare le differenze di età, sociali e di esperienze. Un amore impossibile che resta tale dinnanzi al mondo. Nato da premesse sbagliate e da un passato doloroso, il sentimento di Eleonora è probabilmente minato ed allo stesso tempo fomentato dalla carenza di affetto della sua vita passata. Traspare un padre brutale, una madre anaffettiva ed un fratello inesistente. Il lavoro, la sua arte, possono compensare solo in parte queste mancanze umane. Per quelle c’è Chirù. Chirù da amare, proteggere, crescere. Chirù che rappresenta tutto, o meglio, tutti coloro che per Eleonora non ci sono stati. Lo pseudo protagonista maschile ha contorni molto definiti solo in parte, bramoso di esperienze e di amore. La Murgia propone semplicemente lo stereotipo tipico del diciottene moderno in chiave artistico-letterario e non riesce a renderlo reale per il lettore. Chirù si perde perciò sia nella trama che tra i pensieri di Eleonora salvo tornare nottetempo per evidenti logiche e necessità di testo.
Buona scrittura ma libro a tratti stucchevole e frettoloso. Non ho ben capito dove volesse parare la scrittrice. Amore, abbandono, opportunismo, rapporti familiari?
Nonostante si legga facilmente, il romanzo della Murgia mi è apparso incompleto. Una storia al servizio della scrittura. Ottimi spunti ridotti però a lampi estemporanei ed una trama costruita apposta per poterli sviscerare ma che non ha saputo fondersi perfettamente per rendere l’ artificio invisibile.
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SIAMO TUTTI COMPLICI
Il thriller di Donato Carrisi è potente. Prepotente ed a tratti addirittura fastidioso quando i sedicenti deboli appaiono vittime sacrificali inermi dinnanzi all’ ipocrisia ed alla forza dell’ opinione pubblica.
Una trama imprevedibile in cui nulla è come appare, costante la fusione e lo scambio tra vittime e carnefici. Tutti attori interscambiabili sul palcoscenico della vita, nessuna prima donna, ognuno sacrificabile.
Un investigatore atipico come protagonista. Uomo opportunista senza particolari capacità professionali se non quelle di trarre il massimo beneficio da ogni situazione. Uno squalo che nuota nelle torbide acque della giustizia e del giustizialismo, dal quale cerca di trarre massimo vantaggio anche a discapito di innocenti. Anch’ esso si ritroverà però imprigionato nelle maglie del sistema e diventerà vittima a sua volta.
Thriller intelligente oltre che avvincente. Una trama fitta che ci porterà in un paesino di montagna, teatro delle vicende e sfondo della disgregazione umana cui assiste l’ inerme lettore. Un omicida diabolico in cerca di una nemesi reale che non trova però corrispondenza ed una redenzione morale che può passare solo attraverso la morte e l’ omicidio stesso.
Perché la giustizia, sembra volere dire Carrisi, non va necessariamente di moda. Anzi.
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BENTORNATO BALISTRERI
LA MOGLIE PERFETTA
Torna in libreria Costantini e con lui il Commissario Michele Balistreri.
La prima parte del libro, incalzata dagli eventi e resa scorrevole da una scrittura fluente, scorre e corre fulminea. Un intreccio nel quale si intravede solo l’ ombra del Commissario Balistreri che resta in disparte, marginale, spesso del tutto assente dalle vicende e propriamente dalle pagine del libro.
Il lettore, che si era innamorato del Commissario, dovrà attendere almeno duecento pagine prima di poter godere appieno della presenza di Balistreri. Disilluso, glaciale, sempre contro corrente e comunque contro il Commissario infischiandosene di regole e leggi cercherà di raggiungere la verità che nella sua mente sembra già chiara. Ma nulla è ciò che sembra ed a dieci anni di distanza dagli eventi del 2001 la confessione di un giornalista moribondo riapre un caso mai risolto col quale Michele Balistreri ormai alle soglie della pensione dovrà fare i conti.
Anche in questo romanzo di Costantini gli intricati rapporti tra uomo e donna sono fondamentali sia per il protagonista che per la trama. Balistreri, leggasi Costantini, sembra non poter auspicare rapporti amorosi veri e sinceri se no quelli platonici. Ogni relazione è minata dalla menzogna che seppur giustificata non può essere totalmente compresa se non dall’ autore stesso della bugia. Come a voler dire che l’ amore vero può essere tale solo finchè rinchiuso nel cuore, ancora embrione, prima di esternarsi e divenire così preda ed oggetto del male esterno, sporcandosi e tramutandosi in altro.
All’ autore chiederei inoltre se i buchi temporali di cui fa ampio utilizzo già dalla ”Trilogia del male” siano un artificio od una necessità a cui è avvezzo per non dover, per difficoltà o voglia, concatenare periodi ed eventi altrimenti non facilmente collegabili. Forse è semplicemente un suo “marchio di fabbrica”. Non saprei.
Nel complesso un libro che mi è piaciuto molto. Letteralmente divorato. Mi sarei solamente auspicato un Commissario Balistreri maggiormente protagonista.
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IL RITORNO DELL' ALLIGATORE
Torna in libreria Massimo Carlotto e con lui l'Alligatore, detective senza licenza reso celebre dalla penna dello scrittore padovano.
Carlotto ci introduce come suo solito nelle atmosfere criminali dell' Italia contemporanea. Ci svela il marcio celato dietro la facciata di industriosa operosità del nord- est italiano e soprattutto, ci porta con forza nella bassezza umana, quella ben radicata anche se confinata nei meandri più remoti delle nostre menti. Quella brutta e sporca che non vorremmo vedere, tantomeno leggere nei libri. Ci mostra gli uomini, tutti, meschini e piccoli. Ognuno dedito al proprio interesse, ognuno con le proprie leggi e giustificazioni. In questo libro non c' é redenzione e non v' é giudizio che vadano oltre la rassegnazione.
Rimestare nel torbido sembra la specialità di Marco Buratti ( l' Alligatore ) che al fianco dei compagni di sempre, e dopo avere assistito al suicidio della moglie dell' amico Beniamino, si troverà coinvolto in un giro di sequestri ed omicidi in un mondo che non conosce pietà ne umanità.
Il nocciolo del romanzo a mio giudizio non sta tanto nella trama quanto nei personaggi, nella tremenda disumanità ed apatia in cui sono ridotti alcuni di essi e nella naturalezza e disinvoltura con cui viene perpetrato il male, senza coscienza e senza freni. Godimento e sadismo sia fine che mezzo del potere.
Terrificante il personaggio di Pellegrini, reincarnazione di tutto il nero che si annida nell' essere umano, che riuscirà comunque a farla franca. Perché la giustizia sembra volere dire Carlotto, grande assente nel libro e ovviamente sotto accusa, non è di questo tempo.
Libro che si legge velocemente grazie ad una trama snella che mette in evidenza i personaggi principali quali portatori del messaggio del testo.
Bentornato Carlotto.
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ARTURO PEREZ-REVERTE, CHE SCRITTORE!
"Due uomini buoni" è l' ultima straordinaria prova narrativa e storica di Arturo Perez-Reverte.
Il libro narra la vicenda dell' acquisizione dell' "Encyclopédie" da parte di due membri della Real Academia Espanola, "due uomini buoni" per l' appunto, che nella Spagna e soprattutto attraverso la Francia pre rivoluzionaria di fine 1700 affronteranno vicende e incontreranno personaggi sorprendenti. Il lettore che si imbatterà in personaggi storici realmente esistiti, carnefici e vittime della grande rivoluzione che di lì a poco sarebbe scoppiata, si troverà completamente assorbito dall' atmosfera, dai costumi e dai pensieri controversi di quel periodo che anticipava ed era culla di uno dei momenti più importanti della storia moderna.
La narrazione, intervallata dalle parole dell' autore della vicenda, nel quale si può scorgere senza difficoltà l' alter ego di Perez-Reverte é fresca e fluida, scorre veloce nonostante i dialoghi siano più consoni al diciottesimo secolo che ai giorni nostri.
Non solo nei contenuti o nella grammatica ma anche nella flemma prosaica dei discorsi diretti e nei dialoghi infarciti di salamelecchi dell' epoca si riconosce la straordinarietà del testo e la maestria di un narratore sopraffino qual è Perez-Reverte.
L' autore spagnolo, attraverso gli occhi dei due accademici spagnoli protagonisti del testo, cercherà di raccontare un' epoca fondamentale per l' umanità. Lumi, speranze e contraddizioni altari di una nobiltà che pretendeva di essere illuminata ma che in parte era già corrotta e quindi compromessa, e l' utopia di un popolo ancora inconsapevole. In questo mondo sguazzano Don Pedro e Don Hermes alla ricerca di un' Enciclopedia che potrebbe donare alla Spagna, rimasta schiava delle proprie "superstizioni", speranza, scienza e cultura. Ma nella cattolicissima Spagna non tutti la pensano in questo modo ed il viaggio diverrà perciò molto più complicato e pericoloso del previsto.
Narrativa ottima, libro d' avventura eccellente. Reverte si conferma un narratore senza rivali.
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BANGKOK ANNEBBIA NESBO... SOLO UN PO'.
La decima indagine pubblicata in Italia della serie di Herry Hole, che temporalmente corrisponde alla seconda, ( ed ancora mi domando il motivo di pubblicazioni tanto disparate cronologicamente ) vede Herry, non ancora commissario ma semplice agente, venire catapultato in Tailandia tra fumerie di oppio, prostituzione, traffico alienante ( di automobili ) e traffici illeciti ( di persone ) ed una polizia impotente che cerca di mantenere l' apparente equilibrio creatosi, per un' indagine che abbraccerà politica, interessi imprenditoriali, connivenze economiche e pedofilia.
Una trama intrigante che rallenta un po' nella fase centrale. Tra i primi avvenimenti e la parte conclusiva si assiste ad un Herry Hole che arranca nel caldo asfissiante e nei fumi di Bangkok, trascinando anche il lettore in uno stallo veramente inconsueto per un' opera di Nesbo.
Il finale, che riprende certamente vigore grazie anche agli avvenimenti che lo incalzano, non può però sopperire ad una lunga parte centrale non all' altezza del "Re del Noir". Un buon libro comunque, di piacevole lettura, anche se a mio giudizio il meno convincente della serie.
Che sia questa carenza del libro la causa di una pubblicazione non avvenuta anni fa nell' ordine più logico e temporale?
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DAL NUMERO UNO SI PRETENDE IL MASSIMO
"Il cecchino paziente" è una storia moderna, ambientata tra Spagna, Portogallo ed Italia ( Verona, Milano, Roma e Napoli ).
Il mondo del writing in questo libro è protagonista almeno quanto i personaggi che lo animano. Graffiti, firme, bombing : Arturo Perez Reverte ci porta per mano in questo mondo nascosto che nasce nel buio della notte per esplodere e consacrarsi alla luce del giorno. Regole che vanno al di là delle canoniche leggi societarie, arte urbana, o meglio, guerriglia urbana, come viene definita nel romanzo.
La trama, in verità non molto complessa, porterà Lex, la protagonista, nei meandri più nascosti di questo mondo alla ricerca di Sniper, il miglior graffitaro in circolazione, il più grande di tutti. Per carpirne i segreti, i pensieri e per provare a "comprarlo" con una proposta economica da parte di un noto editore che vorrebbe acquisirne i diritti.
C' è però chi cerca Sniper anche per vendetta personale e Lex rischia di diventare il mezzo inconsapevole per arrivare ad esso. La verità si scoprirà essere molto diversa!
Forse non il miglior libro di Perez Reverte, comunque di piacevole lettura. Una trama che scorre veloce sullo sfondo di un mondo, quello dei graffiti, che viene svelato e raccontato dettagliatamente e con interesse dall' autore.
Difficile che uno dei migliori scrittori contemporanei qual è Reverte, possa scrivere un "noir" noioso ed infatti non si smentisce. Il problema è che dal narratore spagnolo ci si aspetta sempre l' eccellenza ed "Il cecchino paziente" è semplicemente un buon libro.
A lasciarmi più perplesso è la trama, molto scarna e ricca di personaggi non approfonditi ( Baffi Biondi e Faccia Magra su tutti ). Un Reverte quasi annoiato, come se più interessato al mondo del writing che all' intreccio ed ai suoi protagonisti.
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LA VITA ACCANTO ALLA DISUMANITÀ
LA VITA ACCANTO
"La vita accanto" è la storia di Rebecca, una bambina brutta, nessun handicap fisico ne mentale, semplicemente brutta, bruttissima.
Il racconto, che narra le vicende dalla nascita della bambina fino all' adolescenza, parla di una madre depressa che ha letteralmente abbandonato la figlia, di un padre debole ed evanescente e soprattutto di una società cinica e spietata, incapace di andare oltre l' aspetto esteriore e capace di cattiverie psicologiche brutali.
Parla di una famiglia incapace di combattere tutto ciò poiché anello della catena stessa con cui è ghermita. Parla di una bambina che imparerà a conoscere ed evitare il mondo, a non domandare ne pretendere nulla. Uniche persone che dimostrino affetto nei suoi confronti sembrano la zia Erminia e Maddalena, la bambinaia/governante, che cercheranno a loro modo di compensare tutte le mancanze della società e della famiglia.
Rebecca ha un dono, quello della musica e proprio grazie ad esso riuscirà a superare la drammaticità della vita, il glaciale distacco familiare ed il malcelato disprezzo della società. Per giungere così, a comprendere che non tutto quel che appariva agli occhi di una bambina corrispondeva alla realtà delle cose.
Il finale, con un riscatto professionale e solo in parte personale, non può derimere le colpe di una società bieca ed incapace di guardare al di là del proprio benessere personale. Un mondo piccolo, ignorante ed impaurito che non può assolutamente accettare Rebecca perché significherebbe incrinare tutti i dettami di una società medio borghese legata all' apparire e profondamente egoista, che oggi penseremmo o avremmo la presunzione di avere superato, con la quale dobbiamo fare ancora i conti.
Un libro brutale per la cattiveria che a tratti dimostra. Che lascia intravedere un futuro possibile, ma imprescindibile dal dono della musica che appare indispensabile. La sconfitta dell' umanità appare evidente in questo libro, le singolarità di amore e speranza non possono sovrastare la degenerazione umana generale descritta nel libro.
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QUALE ETICA? QUALI SCELTE?
ACCABADORA
La storia di Maria, figlia di anima, e di sua madre è un racconto potente e dai contenuti finemente celati. Ambientato nella Sardegna rurale degli anni cinquanta, sullo sfondo di un paese, Sorali, in cui usi e costumi sono parte integrante e fondamentale della vita quotidiana, il racconto narra della vita di Maria, "adottata" a sei anni da Tzia Bonnaria, quando l' adozione sembrava più un passaggio di oggetti da una famiglia all' altra o un semplice problema di comodità, della sua crescita e maturazione, fino alla sconvolgente scoperta su Tzia Bonnaria con la quale aveva intessuto un legame fortissimo che sembrava indissolubile.
Tzia Bonnaria è l' Accabadora, colei che finisce, colei che aiuta a morire chi non riesce ad abbandonare la vita terrena con le proprie forze. Un ruolo in società rispettato e temuto da tutti, Una figura accettata perfino dal prete del paese che col suo silenzio assenso, di fatto accetta l' Accabadora ed il suo compito.
Maria, di fronte a dilemmi etici e morali si scontra con la realtà non accettando il ruolo svolto dalla madre tantomeno il ruolo in se. Ma sarà la vita con la propria schiacciante realtà a farle rimettere tutto in discussione.
Michela Murgia, attraverso un interessantissimo spaccato isolano degli anni cinquanta, affronta temi attualissimi e delicatissimi, quali adozione ed eutanasia, con la destrezza ed il tatto di una scrittrice vera. La sua sensibilità non inganni però, questo è un libro forte, come solo le penne sensibili possono creare.
Il racconto può essere a tratti acerbo ma lo stile ed i contenuti sono preponderanti.
Scrittrice vera la Murgia ed in evoluzione.
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COMPLIMENTI COMMISSARIO, COMPLIMENTI MARKARIS
ULTIME DELLA NOTTE
Il primo libro che leggo di Petros Markaris è una piacevole sorpresa.
La prima indagine del Commissario Charitos Kostas è una storia ben congegnata, un intreccio che rapisce il lettore grazie anche al protagonista, persona "normale" con problemi personali normalissimi, carnefice e vittima delle classiche miserie quotidiane umane, che non si può non prendere in simpatia proprio per la sua somiglianza con l' uomo medio.
Personaggio che non riesce ad essere cinico e senza scrupoli come vorrebbe, che persegue la giustizia in un mondo che non gli piace, che adora sua figlia ed ha con sua moglie un rapporto di odio e amore, legge solo dizionari ed odia la televisione.
La scrittura di Marakaris è diretta, sintetica, a tratti telegrafica. Non si perde in fronzoli tantomeno in descrizioni superflue. Va dritto al nocciolo così come prova a fare il suo protagonista. Ne esce un racconto frizzante che cattura il lettore.
Solo i pensieri del Commissario si perdono in congetture o elucubrazioni più ariose. Persino i discorsi diretti sono quasi tutti secchi e concisi.
Secondo me, scrivere in questa maniera e trarne un ottimo libro, significa avere talento.
La trama si apre col duplice omicidio di una coppia di albanesi a cui ne segue un altro. Il caso sembra risolto rapidamente ma altri due omicidi, apparentemente non collegati a quelli degli albanesi, sconvolgono il mondo del giornalismo ateniese.
Nel frattempo la trama si infittisce: compravendita di bambini e di organi, amori non corrisposti ed arrivismo si fondono per generare una trama molto avvincente. In tutto ciò sguazza il nostro Commissario Charitos che arriverà ad una soluzione tanto imprevedibile quanto indesiderata.
Ben fatto Markaris.
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DIABOLICO NESBO
La quinta indagine del Commissario Herry Hole è l' ennesima prova di grande maestria di Nesbo. Una trama intricata che si richiude su se stessa, così come sui protagonisti.
Incapaci di abbandonare le pagine de "La ragazza senza volto" ci si immerge nella glaciale, in tutti i sensi, atmosfera di Oslo, accompagnando Herry Hole, sempre in preda a dubbi morali ed etici, ed affrontando con esso colpi di scena del tutto inaspettati.
Killer professionisti, amori, violenza e ricatti sono alcuni degli elementi di spicco del racconto che vanta una trama ingegnosa e, come da abitudine per Nesbo, quasi machiavellica, con richiami di storia contemporanea cui l' autore norvegese non è assolutamente nuovo.
Intreccio che una volta esauritosi riporta Herry a vecchi nemici che sembravano sopiti o perlomeno dimenticati. Un finale veramente inaspettato scisso però dalla conclusione dell' indagine.
Nesbo, ormai sicuro dell' accattivante fascino del suo personaggio, sembra voler distruggere le poche certezza di Herry lasciandogli in cambio solo qualche spiraglio di speranza.
Un libro che si divora ed una storia in crescendo sino all' epilogo.
Nesbo si conferma una garanzia ed il suo Herry Hole un personaggio azzeccatissimo.
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Bjorn Larsson : "Venditore ambulante di sogni"
IL PORTO DEI SOGNI INCROCIATI
Il Capitano Marcel approda con la propria nave in quattro porti e fa breccia in altrettanti cuori.
Incontra Rosa Moreno che cerca sicurezza e forza, Madame Le Grand che scheda marinai, Peter Sympson che colleziona pietre preziose e Jacob Nielsen che vuole lasciare una traccia di se in Internet ed a tutti lascia in dono speranza e leggerezza.
La trama fa incontrare questi quattro personaggi, fino ad ora sconosciuti l' uno all' altro, casualmente in un porto. Tutti vogliono incontrare ( chi per un motivo, chi per un altro ) colui che ha saputo cambiare le loro vite, regalando speranze e sogni. Proprio in questo modo si auto definisce il Capitano : " Venditore ambulante di sogni", che entrando nei cuori di persone sconosciute insinua domande ed interrogativi che sconvolgono ( positivamente ) le vite di coloro che hanno la fortuna di incontrarlo.
Il vero cambiamento del Capitano avviene proprio dopo questo incontro. Da figura quasi "favolosa" diventa persona "reale" con tutti i dubbi e fragilità che ne conseguono.
La trama si sviluppa poi sempre sulla nave o intorno ad essa. Ogni personaggio va sempre più delineandosi e specularmente ai quattro personaggi della "terraferma" si fa la conoscenza anche della ciurma del Capitano Marcel, composta anch'essa da quattro persone che però incroceranno e sfioreranno solamente i sogni ed i pensieri dei quattro personaggi saliti a bordo.
La figura del Capitano Marcel è di assoluto riferimento per tutti i personaggi per tutto il corso del libro. Anche quando fisicamente assente dalle pagine, sia i quattro personaggi della terraferma che i quattro della nave dipendono da esso : moralmente, idealmente ed anche praticamente.
Un libro che parla di sogni e speranze, realizzabili ed infranti.
Una storia che potrebbe essere ambientata ai giorni nostri in luoghi assolutamente reali ma che mantiene sempre un certo alone favoloso. Merito certamente del Capitano Marcel, del suo modo di vivere e soprattutto dello stile letterario di Bjorn Larsson, sempre in bilico tra reale e surreale.
Il finale agrodolce, lascia spazio ad interpretazioni diverse. Personalmente non lo reputo un "lieto fine", non canonico quantomeno, bensì un tuffo, un ritorno alla realtà per tutti i personaggi che arricchiti dal Capitano e dal suo modo di vivere potranno cercare di migliorarla.
Un buon libro che si legge tutto d'un fiato ma che a domande complesse non sa dare risposte o non ha l' arroganza di volerne dare.
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