Opinione scritta da Martina S.
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Greta, Lili ed Einar: tre persone in due corpi
"Nel cuore aveva una comprensione e una tolleranza infinite per l'uomo che amava. Neanche per un attimo aveva pensato di impedire che Lili entrasse nella loro vita. Qualsiasi cosa purchè Einar sia felice, si diceva. Qualsiasi cosa."
Einar Wegener e Greta Waud, lei americana e lui danese, sono marito e moglie. Entrambi trascorrono la loro vita tranquilla nella loro casa di Copenhagen, dipingendo. Finchè un giorno, Anna, una donna a cui
Greta doveva fare un ritratto, rimanda la sua seduta di posa, quindi chiede ad Einar di posare in abiti femminili. Inizialmente riluttante, il marito accetta, e una volta che il vestito entra in contatto con la sua pelle, ne rimane totalmente affascinato. Da quel momento Einar si interroga sulla propria identità sessuale, facendosi chiamare Lili, vestendosi da donna e frequentando uomini. Greta è preoccupata e decide di incontrare dei medici. Dopo varie diagnosi, finalmente la soluzione, assolutamente rivoluzionaria per gli anni '20/'30: la trasformazione fisica in donna. Einar si reca quindi a Dresda per essere sottoposto alle operazioni e poter riiniziare a vivere.
Sebbene a tratti la narrazione sia lenta e prolissa, il romanzo è assolutamente ben scritto. Spesso l'autore riesce a creare atmosfere piacevoli e ci si riesce ad immergere totalmente nei fatti. Il finale lascia spazio a diverse interpretazioni, se non si conosce la vera storia di Lili Elbe, perchè vengono lasciate in sospeso diverse cose. Una storia in grado di far riflettere.
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"Il sentimento non si frantuma, ma si concentra."
“Il sognatore, se serve una definizione precisa, non è un uomo ma, sapete, una specie di essere neutro. Si stabilisce prevalentemente in un angolino inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno, e ogni volta che si addentra nel suo angolino, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa.”
Il protagonista di questo libro è un sognatore. Tutto ciò che fa è immaginarsi come sarebbe la sua vita uscendo dal guscio che si è creato da sé. Il sognatore, infatti, non ha rapporti di amicizia con nessuno, la sua esistenza è dettata da sogni e nulla di più. Più che vivere si potrebbe dire che sopravvive. Finchè una notte, si imbatte in una giovane ragazza, Nasten’ka, con la quale sembra innescarsi un magico rapporto fraterno e confidenziale. Dopo un’iniziale titubanza, la ragazza accetta di rivedere il sognatore la notte seguente, nello stesso luogo e alla stessa ora, e così accade per quattro notti: le notti bianche. Il finale è decisamente struggente ma d’effetto.
Un romanzo breve, ma assai graffiante. Le conversazioni tra il protagonista e Nasten’ka, durante le quali si conoscono entrambi i personaggi nel profondo, sono molto interessanti e toccanti. Si toccano argomenti come l’amore, la solitudine e il disagio interiore. Entusiasmanti sono anche le caratterizzazioni psicologiche del sognatore e della ragazza.
Lo stile è piuttosto poetico, e a mio avviso eccezionale, ed il registro linguistico è medio-alto ma come romanzo è piuttosto scorrevole ed accattivante. Assolutamente ben scritto e la trama è intrigante.
E’ il primo romanzo che leggo di questo autore e sicuramente non sarà l’ultimo!
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Soltanto lettere di "adorazione"
Forse è stato un mio problema, ma ad un certo punto durante la lettura di questo libro, non riuscivo più a distinguere ciò che era reale e ciò che era frutto dell'invenzione dei protagonisti. Inoltre, spesso, non riuscivo a trovare un filo logico nei discorsi. Ho proseguito la lettura circa fino alla centesima pagina, poi mi è stato impossibile continuare. Fino al punto dove sono arrivata, è soltanto una serie di lettere scritte da un uomo, Yair, ad una donna, Myriam. L'uomo scrive lettere di "adorazione" a questa donna semplicemente perché un giorno la scorge da lontano e nota che ha la tendenza ad isolarsi dagli altri. Questa storia è del tutto inverosimile, come se si trattasse di un amore platonico, a tratti davvero incomprensibile e ripetitiva.
Le uniche sfumature positive di questo romanzo, se così può essere definito (dato che in realtà è una raccolta di lettere), sono il registro linguistico e lo stile di scrittura che ho apprezzato.
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"Avevo paura che a vivere si rompesse tutto"
“Il legno sembra fermo, ma è sottoposto a pressioni interne che lentamente lo spaccano. La ceramica si rompe, fa subito mostra dei suoi cocci rotti. Il legno no, finché può nasconde, si lascia torturare ma non confessa. Io sono di legno”.
Questa è la storia di Giulia e Mia, madre e figlia. Nonostante le incomprensioni sembra che tutto funzioni, fino a quando Giulia si ritrova a leggere il diario di Mia. La madre torna indietro nel tempo e si racconta alla figlia: le sue sorelle, la sua famiglia, la sua amicizia con una suora peruviana, le sue storie d’amore di quando era ragazza e quelle più recenti.
E’ difficile definire una trama, ma questo libro è davvero meraviglioso. E’ il primo romanzo di Giulia Carcasi che leggo ma sicuramente ne leggerò altri, ho capito fin da subito di amare il suo modo di scrivere. Alcune frasi fanno decisamente pensare, altre ti scuotono, altre ti fanno venire i brividi. Consigliatissimo.
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"Io credo nel nemico"
“Le prove dell'esistenza del nemico interiore sono evidenti e quelle del suo potere schiaccianti. Credo nel nemico perché, tutti i giorni e tutte le notti, lo incontro sul mio cammino. Il nemico è quello che dall'interno distrugge tutto ciò che vale. È quello che ti mostra il disfacimento insito in ogni realtà. È quello che ti rivela la tua bassezza e quella dei tuoi amici. È quello che, in un giorno perfetto, troverà un'ottima ragione per torturarti. È quello che ti ispirerà il disgusto per te stesso. È quello che, quando scorgi il viso celeste di una sconosciuta, ti rivelerà la morte contenuta in tanta bellezza.”
Sala di attesa di un aeroporto. Un uomo sta leggendo per ingannare l’attesa, finchè qualcuno gli si avvicina, gli parla, ed è lì che inizia il suo incubo. Una trappola da cui non c’è uscita.
Di questo libro non so cosa dire se non che è assolutamente perfetto. E’ piuttosto breve (102 pagine) e l’ho divorato in un’ora, incapace di staccarmi. Tutta la faccenda si svolge in questa sala d’attesa di un aeroporto, dando una sensazione ancora più intima e realistica. Il finale è decisamente un colpo di scena e direi che è proprio la fine a renderlo così interessante.
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“In ognuno di noi c’è qualcosa di malvagio."
“In ognuno di noi c’è qualcosa di malvagio, di cattivo, di perverso. E’ la parte di noi alla quale dobbiamo stare sempre molto attenti, ma che qualche volta è più forte di noi” … “Allora c’è solo un modo per fronteggiare la malvagità che è in noi. Assumerci la responsabilità di ciò che abbiamo fatto. Se non lo facciamo, il senso di colpa ci perseguita e ci distrugge.”
Questa è la storia di Doro, una ragazza a cui è cambiata la vita dopo la morte di suo fratello minore Kai. Psicologi, ospedali, pillole… tutto questo per le continue visioni del fratellino, che la perseguita, la paura per i telefoni, ma soprattutto un grande senso di colpa che si attribuisce per la morte di Kai.
Un romanzo interessante, che ti tiene con il fiato sospeso e desideri sapere cosa succederà e come si concluderà la faccenda. E’ un libro scorrevole che si legge volentieri, a tratti confusionario, ma per la maggior parte gradevole. Il finale è bello e inaspettato, e per chi lo leggesse consiglio di leggere il poscritto dell’autore. Penso che leggerò altri suoi romanzi!
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"Beatrice è vino rosso. Mi ubriaca: io la amo"
Il protagonista è Leo, un sedicenne, che paragona le proprie emozioni ai colori.
Bianco è silenzio, paura, vuoto.
Rosso è sangue. Rosso è amore. Rosso è beatrice.
Devo dire che questo libro mi ha emozionato molto. Nonostante la storia sia oggettivamente abbastanza banale, l’autore sa come far comprendere i sentimenti del protagonista al lettore, tanto che ci si sente in qualche modo, coinvolti nella storia. Inoltre, durante la lettura pare di legarsi emotivamente ai protagonisti. E’ una lettura semplice e scorrevole, priva di parole ricercate, ma dato che si tratta di un racconto in prima persona di un adolescente, è accettabile.
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