Opinione scritta da Mauro67

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Mauro67 Opinione inserita da Mauro67    22 Novembre, 2021
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Una buona idea che però si perde....peccato

Herman, o meglio Ermanno, è un ex ispettore di Polizia. Ora gestisce una libreria con l’aiuto di una bella ragazza, Francesca, in attesa di laurea. Vive accanto all’appartamento della sua vecchia professoressa Giulia, ancora una gran bella donna. Passa le notti stordendosi con il sesso, veloce e poco impegnativo. Solita routine, cenetta e poi, a seconda della stagione, fine serata a casa o sulla barca ereditata dal padre, la Mary. Herman ha ereditato la passione per il mare, la madre americana lo ha partorito a Nantucket, l’isola del Moby Dick ed è per questo che lui si chiama Herman. Il sesso serve a Ermanno per dimenticare le atrocità vissute durante il periodo in cui è stato ispettore di Polizia e grande amico di Walter Canzio anche lui ispettore. È stato proprio lui a costringerlo alle dimissioni quanto, per non perdere la “seratina”, ha permesso ad un efferato killer l’uccisione di due bambine ritrovate poi nella chiesa dell’Angelo di Dio. Per quei omicidi è stato incolpato un maestro di musica. Ma ora Walter torna a chiedere aiuto a Ermanno. Da tempo c’è un misterioso giustiziere che uccide con una fiocina persone colpevoli di violenze verso bambini e donne che l’hanno scampata grazie a bravi avvocati o hanno pagato troppo poco per i loro crimini. Dopo ogni esecuzione arriva a Walter un dvd con le immagini dell’impresa. Ai due si aggiunge il commissario Gaetano Brugliasco che non ha mai sopportato i due ispettori e i loro metodi. L’uccisione della governante di padre Radan, il sacerdote della chiesa dell’Angelo di Dio riapre le indagini anche sulla sparizione di altre giovani ragazze e così la ricerca del giustiziere si affianca a quella del killer delle bambine. Vicende personali drammatiche complicano la vita e rallentano le indagini dei tre poliziotti che hanno scoperto di essere più affini di quanto pensassero. La risoluzione del caso sconvolgerà ancora di più le loro vite e porterà alla luce delle verità impensabili, insospettabili e intollerabili.
Le vicende personali diventano, a tratti, invadenti e allontanano l’attenzione da una trama che perde il sapore del romanzo thriller. Le soluzioni che l’autore propone nelle ultime 30/40 pagine lasciano il lettore perplesso. Si ha l’impressione che lo scrittore abbia lasciato briglia sciolta alla fantasia e poi abbia faticato a riportare il tutto ad una logica conclusione.

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Mauro67 Opinione inserita da Mauro67    26 Ottobre, 2020
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Vedere la storia con la testa del matto, che poi t

Liborio è un cocciamatte, anzi, un quasi cocciamatte, che quando era in manicomio anche il direttore gli ripeteva che tanto matto non era.
Nasce nel 26 in un paesino dove si vede il mare davanti e la montagna dietro. Il padre non lo conosce, sa dalla madre che è fuggito in America e lui ha gli occhi uguali ai suoi, questa cosa lo seguirà per tutta la vita.
Il primo amore, Giordani Teresa, alla quale strappa un bacio alla fine della guerra.
Poi va a fare il soldato. Da lì nelle prime fabbriche a lavorare e nelle piazze a manifestare contro i padroni. Finisce in manicomio per aver picchiato un supervisore.
Torna al paese ma oramai è tutto cambiato e Liborio, nella sua semplicità, non capisce più nulla. Viene deriso ma anche temuto dalla gente perchè matto.
Arriverà il momento dell’addio e nella sua testa si immagina una festa dove sono tutti invitati, gli amici dell’infanzia, i suoi amori, i degenti del manicomio e i colleghi in fabbrica.
Un racconto che dura una vita, scritto come parlerebbe un cocciamatte, dialetto con parole inventate, ma con le considerazioni profonde del filosofo da strada attraverso le quali conosciamo le asprezze della vita, gli orrori della guerra, la vita in fabbrica nei primi anni dell’industrializzazione italiana, la vita in manicomio.
Conosciamo la solitudine di chi nasce sfortunato, abbandonato già prima di venire al mondo e con una testa che gli altri non capiscono.
Alla fine bisogna mettere i sassi in tasca per non farsi portare via dal vento

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Mauro67 Opinione inserita da Mauro67    09 Mag, 2018
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Una storia semplice, forse troppo normale

Una lettura piacevole, scritto in maniera semplice e scorrevole. I personaggi creano simpatia. Ma le premesse del libro sono disilluse. Acquistandolo pensavo di leggere la storia di un adolescente che intreccia le sue vicende con quelle del giornalista Siani e , attraverso questo intreccio, che ci si inoltrasse nel dramma dell’assassinio, della camorra. Insomma lo pensavo più profondo e costruito. Invece è una bella storiella raccontata da un adulto che ritorna con la memoria alla propria infanzia.

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Mauro67 Opinione inserita da Mauro67    30 Ottobre, 2015
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Eroe o antieroe?

Stoner l'eroe o forse l'antieroe. Perchè nel nostro immaginario collettivo l'eroe è colui che combatte e muore oppure vince ma comunque combatte. Stoner non lo fa mai. Come una canna di morbido bambu si piega ai venti della vita e non si spezza. Ed è forse per questo che il personaggio ti entra nel cuore, si piega ma non si spezza e non cede. Integro fino alla fine, moralmente ineccepibile anche nella vita coniugale, pur vivendo una storia d'amore con una studentessa, perchè anche qui lui non combatte, non urla , non chiede il divorzio da una donna che lo odia. Ne avrebbe tutte le ragioni ma lui no, accetta, subisce e resiste. E per questo che diventa un eroe vero. Subisce la mole di lavoro imposta dai parenti pur di continuare gli studi universitari voluti dal padre, ma cambia facoltà e lo fa contro la volontà dei genitori. Subisce un matrimonio disastroso con una donna che lo odia da subito ma lui l'ha voluta caparbiamente e la tiene fino alla fine tentando di salvare il salvabile. Subisce l'allontanamento della figlia che nel carattere vuole essere come il padre ma non ne ha la stessa forza morale e annegherà la sconfitta nella bottiglia e Stoner accetterà anche questo con la consapevolezza che la bottiglia è quell'ancora di salvataggio che lui non si è potuto permettere. Subisce le angherie del suo superiore ma si imporrà caparbiamente alla promozione di uno studente per lui non meritevole. Si arrenderà all'amore per una studentessa e patirà il dolore per la sua partenza ma non abbandonerà il suo vero grande amore, l'insegnamento.
Insomma in una storia che sembra banale, che non abbia niente di particolare da dire, scopri un mondo che provoca tutta la vasta gamma dei sentimenti, amore per il personaggio, odio per la moglie e per il rivale collega, tristezza per la figlia, rabbia per la perdita di un amore. Ti viene voglia a volte di scagliare il libro e dire " e che cavolo... un po' di carattere" ma alla fine ti chiedi se mai anche tu sarai capace di avere il coraggio di Stoner....

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Mauro67 Opinione inserita da Mauro67    13 Luglio, 2015
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le maschere della vita...

Di questo autore ho letto solo questo suo lavoro, ispirato dal fatto che si è aggiudicato il Pulitzer nel 1997.
L'argomento di questo romanzo è la vita di un ragazzo, ebreo, che grazie alle sue eccezionali doti fisiche e ad un carattere mite ed altruista diviene una specie di icona per l'intera cittadina in cui nasce, studia e lavora.
Intorno a lui tutta una serie di personaggi, dalla moglie alla figlia, fino ai genitori ed agli amici che servono per creare la tipica famiglia americana.
E questa potrebbe essere la prima chiave di lettura di un romanzo che dovrebbe essere letto più volte per capirne la profondità.
Quindi una prima lettura è quella della descrizione e della condanna in maniera dissacrante della vita americana con il suo sogno di libertà, di benessere fondato su una forte concezione capitalista di società dove spicca chi ha e chi sa fare. Tutto espode con il Vietnam che porta la guerra nelle famiglie americane provocando lo scontro sociale tra i pro e i contro, ma anche tra padre e figlio. La perfetta famiglia dello Svedese, e quindi la perfetta famiglia americana, va in pezzi quando la figlia Merry decide di diventare una terrorista per protesta contro la guerra fino alle estremo gesto dell'omicidio.
Ma per me c'è anche un'altro piano di lettura che scende ai livelli dei singoli personaggi tutti visti con gli occhi dello Svedese, compreso lo stesso Svedese.
Cito Pirandello " imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti""
Ecco, lo Svedese, alla fine del libro, durante il giorno che meglio rappresenta lo stile di vita dell'americano medio, e cioè quello del Ringraziamento scopre la propria e l'altrui maschera. Si chiede chi sia lui e se abbia mai capito chi sono gli altri, se la figlia sia diventata una bombarola per poi finire relitta in uno scantinato per colpa sua. Si chiede chi sia sua moglie che scopre proprio adesso traditrice con un uomo che lui vede brutto e banale e si chiede perchè allora? e dell'amica Sheila che dopo essere stata il medico della figlia diviene la sua amante ( e qui profonda riflessione anche sulle doti morali dello Svedese) ma che gli nasconde di aver aiutato la figlia a fuggire e probabilmente a divenire quello che è e che non nasconde l'odio per Dawn e la sua corona di reginetta di un concorso di bellezza.E poi l'alcolizzata di turno che in una famiglia americana che si rispetti non manca mai, il fratello invidioso e geloso che proprio quel giorno, alla sua richiesta di aiuto, non si farà sfuggire l'occasione per riversargli contro tutto il rancore possibile. E il padre legato in maniera viscerale alle sue origini ebree e alle sue convinzioni patriarcali sulla famiglia e sulla società e che scrive lettere di protesta ai politici convinto che le leggano. Ed infine la figlia, Merry, balbuziente, irrequieta, rancorosa e ribelle tanto da diventare una grassa terrorista che con le sue bombe semina morte fino a convertirsi ad una religione che gli impedisce di far del male a qualsiasi essere vivente tanto da non mangiare più e a ridursi ad un relitto maleodorante che vive in uno squallido scantinato dove diviene oggetto di abusi sessuali.
Il libro termina con la frase " ma cos'ha la loro vita che non va? c'è da rispondere tutto, ma forse niente... siamo tutti delle maschere in fondo.

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