Opinione scritta da StefanoTecchi
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |
Naturalmente assurdo
“Il Processo”
Il Processo (1925), così come Il Castello (1926) e America (1927), sono romanzi usciti dopo la morte dello scrittore (1924), anche se nel testamento letterario dello scrittore, affidato all’amico Max Brod, veniva chiesto di bruciarli. Tutti e tre questi romanzi sono rimasti incompiuti
Il Processo di Franz Kafka uscito postumo (1925), narra la storia di Josef K. impiegato bancario che sarà accusato di un reato non specificato. L’interna vicenda ruota attorno a questa accusa e vedrà il protagonista cercare in tutti i modi di essere assolto. Le ambientazioni in cui vedremo muoversi il protagonista sono luoghi chiusi, oscuri e con un’aria irrespirabile, (come l’aula del tribunale, i solai sparsi per la città dove si trovano le cancellerie del tribunale, la stanza dell’avvocato e lo studio del pittore) in più di un’occasione il protagonista si sentirà schiacciato da questi ambienti lugubri.
Inizialmente Josef K. non si occuperà troppo del processo ritenendolo futile, infatti continuerà a svolgere le sue attività sia lavorative che sociali. Con lo svilupparsi della trama vedremo il protagonista sempre più preso dal Processo, dopo l’incontro con suo zio, che è venuto a sapere di questo processo a carico del nipote, K. incontrerà l’avvocato (Huld) che lo aiuterà nella causa. Dall’avvocato come da altri personaggi tra cui il pittore Titorelli, il protagonista si recherà per ricevere aiuto e consigli sulla sua causa, ma le lunghe digressioni, con questi personaggi, che dovrebbero fare chiarezza sulle procedure del tribunale, lasciano sempre, sia al lettore che al protagonista, un senso di frustrazione; infatti nonostante nel dialogo con l’avvocato e il pittore venga dimostrato che ogni stranezza della causa ha una spiegazione, nulla viene realmente chiarito, così la logica è costretta a girare a vuoto.
Il protagonista, assieme al lettore, si perderà all’interno di questo processo, che diventerà la sua unica preoccupazione.
Si resta così bloccati e perduti nell’insieme di questi avvenimenti naturali per il protagonista, ma assurdi per il lettore. Questo è il punto di forza di questa storia, tutto ciò che succede dall’accusa mai specificata contro Josef K., ai dialoghi con i personaggi, fino al finale risulta essere tratto con una naturale assurdità.
Per catturare così il lettore Kafka sperimenta l’assenza di un narratore, difatti non ci sarà all’interno del romanzo nessun intervento chiarificatore da parte dello scrittore. Infatti il narratore è il protagonista stesso, tutto quello che succede viene descritto dal punto di vista di Josef K., di conseguenza il lettore non sa e non vede più di quello che sa e vede il protagonista. Ed è grazie a questa tecnica che i testi di Kafka hanno una costante capacità di turbamento sul lettore, che si sente accerchiato e schiacciato, come K.
In definitiva è un romanzo che consiglio, ha un stile piacevole e scorrevole e tutto è continuamente avvolto nell’incertezza, che fa sembrare tutto naturalmente assurdo. Non cercherò di dare una spiegazione delle intenzioni dell’autore, ci sono molte interpretazioni, che vanno dal senso di colpa dell’uomo ad una denuncia sociale, ma Kafka ha un utilizzato un simbolo ed i simboli molto spesso vanno oltre quello che uno scrittore si è prefissato.
Indicazioni utili
Il sognatore
“Mai ho pensato tanto, esistito tanto, vissuto tanto
mai sono stato tanto me stesso […]
come nei viaggi che ho fatto solo e a piedi.
La marcia è qualche cosa che anima e ravviva le mie idee:
non posso quasi pensare quando sono fermo,
il mio corpo deve essere in moto
perché vi metta il mio spirito”.
Questa citazione di J.J. Rosseau racchiude tutto lo spirito dell’opera “Le passeggiate del sognatore solitario”.
Le Passeggiate, iniziano nell’autunno del 1776, subito dopo la stesura dei Dialoghi e si concludono nel 1778 anno della morte dell’autore.
Quest’opera scritta in punto di morte (l’ultima passeggiata viene interrotta) è un vero e proprio manifesto alla spensieratezza ed è dove per la prima volta si fa uso del termine “romantico”, in riferimento ad un paesaggio, o per essere più precisi, a un modo di vedere il mondo esterno ed essere consapevoli che tutto è unito con tutto. Le Passeggiate vengo spesso considerate come il manifesto del pre-romaticismo; nel senso che si tratta della precoce scoperta di una dimensione della sensibilità e dell’intelletto che non può essere separata da una conoscenza critica delle strutture sociali della nostra civiltà. Le Passeggiate possono essere considerate anche come il primo testo “ecologico”, considerando il fatto che la natura è onnipresente; ma il centro dell’opera è quello che l’autore chiama “sentimento dell’esistenza”. Il tema di quest’opera è J.J. Rosseau stesso ed è anche l’unico destinatario. Rosseau all’interno dell’opera cerca e trova sollievo alla propria sofferenza grazie all’attività del sognare ad occhi aperti, ed il primo testo in cui l’autore, auto-esiliatosi dal mondo, ormai fuori dal sistema di valorizzazione degli oggetti letterari, è convinto di rivolgersi solo a se stesso, escludendo Dio ed il fantasma dei posteri.
L’eccezionale capacità di Rosseau in quest’opera consiste nello scrivere senza un vero e proprio programma, l’autore passeggiando sogna ad occhi aperti e scrive tutto ciò che gli viene in mente, mettendo così l’accento più sul corso del suo pensiero che nell’ordine del pensiero.
In definitiva consiglio quest’opera a tutti, il pensiero e le parole di J.J. Rosseau colpiscono il lettore lasciandolo riflettere sull’uomo e su stesso, rendendo questo testo più che mai attuale.
Indicazioni utili
L'eroe glottologo
“Il liberatore di popoli oppressi” , libro di Arto Paasilinna, narra la storia del glottologo (Viljo Surnen) che durante una riunione di Amnesty International incontra la maestra di musica Anneli Immonen;tra i due scatta subito la scintilla dell’amore; resa ancor più forte dalla reciproca promessa di salvare i prigionieri politici di tutto il mondo. Nonostante i due inondino di messaggi di protesta i leader di tre continenti, non ottengo alcun risultato positivo. Da qui la decisione del glottologo di andare lui stesso a salvare un prigioniero politico, il professore Ramon Lopez, detenuto ingiustamente da anni nel Centro America, più precisamente nel Morterey, dove un tiranno senza scrupoli asservito agli americani, impone uno dei peggiori regimi militari del Centro America. Il glottologo Surnen durante il suo viaggio verrà aiutato dai più improbabili personaggi ( un pinguinista russo, un montanaro campanaro, un vescovo ribelle, un reporter alcolizzato) che grazie alla capacità dello scrittore di renderli vivi e pieni d’ingegno ,riescono a far sorridere e riflettere il lettore, catturandolo all’interno della storia. Dopo l’avventura nel Morterey, Surnen si troverà alle prese con un regime comunista in Delatoslavia, nell’ Europa dell’Est, dove cercherà di salvare dei prigionieri politici dalla prigionia di un ospedale psichiatrico.
“Il liberatore di popoli oppressi” è un libro che si legge con grande facilità, grazie allo stile semplice e pulito dello scrittore, arricchito dalla presenza di strani personaggi che creano situazioni ironiche; inoltre il messaggio di fondo, è un “ironica” denuncia verso qualunque tipo di regime totalitario.
Arto Paasilinna ci mostra come, nonostante l’ironia dei personaggi, la sofferenza e la corruzione del potere siano reali e presenti nel mondo d’oggi.
In definitiva è un libro che consiglio, che si lascia leggere con gusto e fa riflettere il lettore con un sorriso.
Indicazioni utili
La Lezione di Calvino
Lezioni Americane/Sei proposte per il prossimo millennio è un ciclo di sei conferenze, di queste solo cinque sono state completate, ideato da Calvino per una serie di lezioni da tenere all’università di Harvard (primo autore italiano a partecipare alle “Poetry Lectures”). Il ciclo era previsto per l’autunno di quell’anno (1985), che a causa della morte dell’autore( settembre 1985) non si è mai tenuto. Il giorno della sua morte Calvino aveva completato cinque delle sei lezione, la sesta doveva completarla all’arrivo in America.
Queste sei lezioni:
- Leggerezza
- Rapidità
- Esattezza
- Molteplicità
- Coerenza (mai conclusa)
Sono alcuni valori letterari che dovranno essere conservati per il prossimo millennio (mancano quindici anni all’arrivo del duemila). Ognuna di queste sei lezioni sarà collegata a svariati romanzi ed autori(Ovidio, Lucrezio, Shakespeare, Emily Dickinson, Petrarca, Gadda , De Quincey, Proust ecc..) che faranno da esempi e spiegazioni a quello di cui la lezione tratta. Anche alcuni tra i più famosi scritti di Calvino sono direttamente collegati alle sue lezioni; per esempio il tema della prima lezione (Leggerezza) è affrontato nel ciclo “Dei nostri antenati” e nell’opera “I sentieri dei nidi di ragno” viene affrontato il secondo tema (Rapidità). Nonostante Calvino spazi da autori del Medioevo ad autori contemporanei, scrittori francesi, inglesi, americani, italiani, riesce con grande maestria e capacità, ad unirli in una trattazione coerente ed ordinata, il tutto guidato dal tema che viene trattato nella lezione.
In questa edizione del saggio alla fine della quinta lezione (Molteplicità) è stato aggiunto un Appendice con il titolo “Cominciare e finire” un inedito ricavato dai manoscritti delle Norton Lectures. Questo inedito è la provvisoria ma completa stesura della conferenza iniziale, che verrà scartata, ma la maggior parte di questo materiale era destinato a confluire nella sesta ed ultima lezione.
Questo saggio di Italo Calvino è una lezione sulla letteratura, che si legge piacevolmente e con interesse; la maestria dell’autore riesce a rendere chiaro ogni concetto affrontato. In definitiva è un saggio che consiglio a tutti, anche a chi non è avvezzo a leggere saggistica.
Indicazioni utili
Indagine sull'alterazione della mente
“Le porte della percezione” fu scritto nel 1954 da Aldous Huxley in collaborazione con Humprey Osmond; a questo breve saggio segue “Paradiso ed Inferno” scritto nel 1956, che completa l’opera.
Nella prima parte (Le porte della percezione) lo stesso Huxley fa uso delle mescalina, sostanza derivata dal peyote usato dagli indiani d’america per riti spirituali. L’autore in questa prima parte indaga e prova su stesso l’esperienza psichedelica di questa sostanza, noterà quindi una vivificazione dei colori ed un’inibizione ad agire; come lui stesso afferma in questa frase:
“Sebbene l’intelletto rimanga inalterato e sebbene la percezione sia enormemente migliorata, la volontà subisce un profondo cambiamento in peggio. Il consumatore di mescalina non vede ragione di fare niente in particolare e trova la maggior parte delle cause per le quali, in tempi normali, egli era pronto ad agire e a soffrire, profondamente prive d’interesse. Egli non può preoccuparsene, per buona ragione che ha di meglio da pensare.”
Il testo dell’opera mira a dimostrare che la funzione del cervello è di valvola riduttrice delle esperienze, la mescalina inibendo l’assimilazione del glucosio da parte del cervello ne ridurrebbe le facoltà di filtro. Huxley ritiene che in questo modo si possa formare una sorta di esperienza mistica, un grado diverso e maggiormente elevato di consapevolezze e percezioni.
L’autore sostiene che la comunicazione verbale è uno strumento necessario per la nostra cultura ma non il più alto; infatti secondo Huxley la comunicazione visiva ha una maggiore capacità evocativa e di risveglio delle capacità spirituali. Nel corso del testo l’autore riprenderà l’espressione “breccia nel muro” (H.G. Wells) per tutte le forme d’evasione dai vincoli culturali e mentali del quotidiano; quali l’assunzione di alcol, tabacco, ed oppio. L’autore auspica, quindi, la diffusione di droghe a minimo impatto ambientale e sociale, in questo modo Huxley si mostra a favore di una liberalizzazione delle droghe psichedeliche come strumento utile alla crescita spirituale della collettività.
Nella seconda parte del saggio, “Paradiso ed inferno” l’autore esordisce con un paragone tra gli studi zoologici e l’indagine delle forme di pensiero.
“Come la terra di cento anni fa, la nostra mente ha ancora le sue più oscure Afriche, il suo Borneo e i suoi Bacini delle Amazzoni non registrati dalla carte geografiche”
Con questa metafora Huxley ci fa capire come l’individuo della nostra società si trova ad un livello intermedio tra il rendersi conto di una buona parte dei proprio pensieri e la comprensione di tutti gli aspetti più reconditi della proprio mente. Di conseguenza l’autore mette in relazione gli aspetti conosciuti della nostra mente, i vecchi mondi, paragonabili zoologicamente alle mucche ed agli animali boreali e i “nuovi mondi” paradisi tropicali ed australi pieni di forme zoologiche a noi estranee. Questo paragone serve a sostenere l’esigenza da parte dell’uomo di conoscere anche gli aspetti più bizzarri ed inusuali della propria mente, tramite l’utilizzo della mescalina.
L’opera prosegue le considerazione sul cervello (argomentate nella prima parte) come “valvola” riduttrice delle esperienze che l’organo ritiene superflue per la sopravvivenza dell’individuo. In tal senso, le pratiche di mortificazione e le denutrizioni medievali avrebbero favorito, riducendo le funzioni del cervello, visioni terribili ed estasi paradisiache.
In questa secondo parte Huxley ci parla sia delle visioni paradisiache che la mescalina può provocare, si delle visoni infernali che essa può dare, a seconda dello stato in cui si trova l’individuo.
L’effetto di questa sostanza, secondo Huxley, è una forma minima e temporanea di schizofrenia indotta, intesa nei suoi aspetti d’astrazione dai normali vincoli e consuetudini culturali.
Sicuramente quest’opera risulta molto interessante e ben articolata, la maestria di Huxley nell’indagare gli effetti di questa sostanza nell’uomo sono più che evidenti; in definitiva è una lettura che consiglio.
Indicazioni utili
"Le vie della libertà"
L’età della ragione fa parte di un ciclo romanzesco « Le vie della Libertà » di cui fanno parte, oltre al suddetto romanzo, “Il Rinvio” (1945) e “La morte dell’anima” (1948), ma questo ciclo che doveva comprendere un quarto libro è rimasto incompleto.
Sartre comincerà a scrivere l’Età della Ragione nel 1939, l’anno seguente doveva essere pubblicato tramite Gallimard, ma Sartre sarà costretto ad interrompere il suo lavoro per via della prigionia in Germania. Al suo ritorno nel 1941, il romanzo è ormai completo, ma non sarà pubblicato perché giudicato troppo scandaloso dal regime del Maresciallo Pétain. Verrà pubblicato nel 1945 da Gallimard.
L’età della ragione è costruito sui problemi personali di un gruppo di amici (Matteo, Marcella, Ivic, Boris, Lola, Daniele) per ognuno di loro Sartre ha creato, magistralmente, delle “sfide” riguardanti la loro sfera privata, che li rivelano ingenui, precipitosi ed essenzialmente giovani, incapaci di prendersi le loro responsabilità.
Matteo, il protagonista del romanzo, nonostante sia il più adulto del gruppo, si trova allo stesso modo a disagio e titubante ogni qual volta deve assumersi le sue responsabilità. La vicenda del protagonista ruota intorno alla storia d’amore con Marcella, rimasta incinta. Inizialmente Matteo penserà ad un aborto, visto che tra i due c’è sempre stato questo accordo. Da questo momento in poi per Matteo inizia un percorso lungo e difficile dove prima penserà alla sicurezza di Marcella, cercando in tutti i modi di rimediare una somma più che cospicua per farla operare in tutta sicurezza; ma nel corso della storia durante le sue riflessioni ed i dialoghi con il fratello, Giacomo, e con Daniele arriverà alla conclusione di volerla sposare.
“Sposala, falso artista, sposala, sei giunto all’età della ragione, ormai, bisogna che tu la sposi”
Così dirà Matteo durante una della sua riflessioni, al locale Sumatra, mentre pensa a Marcella ed alla sua situazione.
In conclusone si può intendere per “età della ragione” il superamento del rifiuto giovanile. Matteo arriverà all’età della ragione dopo essersi reso conto della gratuità di ogni vita, ma sarà difficile per lui essere realmente libero, perché troppo pieno di se stesso e troppo autocontrollato.
Questo romanzo riflette perfettamente l’esistenzialismo Sartriano, cioè una filosofia della libertà, della scelta e della responsabilità; l’uomo deve quindi costruire la propria vita ed il proprio destino, deve costruire da solo i proprio valori.
I personaggi presenti in questo romanzo sono magistralmente costruiti, l’autore penetra nei loro pensieri e nel loro carattere senza lasciare nessuna zona d’ombra, senza lasciare spazio all’immaginazione del lettore; ma nonostante questo, grazie ad un magistrale impianto del racconto e alla potenza delle immagini dello stile Sartriano anche il lettore più mal disposto ne resterà colpito. Di seguito porto un esempio di un’immagine che l’autore ci mostra:
“Una lunga veste nera che turbinava tra rosse pareti e il nero splendore della veste nello specchio e lo zampillare di due braccia bianche che si torcevano con un pathos fuori moda”
In conclusione è un romanzo che consiglio, che non ha nulla da invidiare alla “Nausea” ed a “Il muro”.
Indicazioni utili
L'ultimo libro di Tolstoj
Resurrezione è l’ultimo romanzo scritto da Lev Nikolaevic Tolstoj durante il suo periodo di crisi spirituale. Il tema del romanzo si basa su un fatto realmente accaduto e suggerito a Tolstoj da un amico giurista. L’opera narra la vicenda del Principe Nechljudov e della prostituta Maslova, da lui sedotta ed abbandonata in giovane età. Il Principe, giovane ufficiale rispettato, durante il suo ritorno alla vita civile verrà chiamato a partecipare ad un giuria popolare, dove si troverà a giudicare il caso di omicidio in cui è coinvolta la ragazza.
Durante il processo Nechljudov riconoscerà la Maslova e stupito dal cambiamento, non solo di vita della ragazza – la Maslova prima di diventare una prostituta lavorava in casa delle zie del Principe- ma anche dal suo aspetto fisico, si sentirà responsabile di quello che fino ad ora le è accaduto. Infatti Nechljudov abbandonò la ragazza dopo averla sedotta, la Maslova rimasta incinta verrà licenziata dalla zie del principe e per riuscire a mantenersi diventerà in seguito una prostituta. Da questo punto in poi nel Principe comincerà un percorso di redenzione, che lo vedrà impegnato nell’assistere la Maslova durante il suo periodo di carcerazione, dove verrà a contatto con il mondo delle carceri e dove vedrà le condizioni dei reclusi che verranno aspramente criticate all’interno dell’opera.
La Maslova sarà reticente e diffidente nei confronti del Principe. Durante uno dei loro incontri in carcere si sfogherà con Nechljudov, di seguito riporto la frase:
“Vattene da me. Io sono una forzata e tu un principe, e questo non è posto per te”, gridò trasfigurata dall’ira, strappando via la mano. “Vuoi salvarti per mezzo mio”, proseguì, affrettandosi a dire tutto quello che le si era levato nell’anima. “A mie spese te la sei spassata in questa vita, e adesso a mie spese vuoi salvarti all’altro mondo!”.
La Maslova intuisce ciò che il Principe vuole ottenere, e come la prima volta si sente usata da Nechljudov, che nonostante tutto le chiederà di sposarla e la seguirà anche durante lo spostamento dal carcere fino in Siberia dove verrà condotta per il suo periodo di detenzione ai lavori forzati.
Il percorso di redenzione non sarà solo del Principe ma anche della Maslova stessa.
La ragazza infatti si trasformerà nell’arco dell’opera abbandonando i suoi vizi e ritornando la ragazza che il Principe aveva conosciuto in giovane età.
Nechljudov d’altro canto nonostante il suo impegno sia con la Maslova sia con il ritorno alle sue idee giovanile di uguaglianza- il Principe nel corso del romanzo infatti cercherà di cambiare la condizione di vita dei contadini donando a loro le sue terre- alla fine del romanzo il suo futuro resterà incerto.
Resurrezione può essere definito sia come un romanzo d’amore sia come un pamphlet di denuncia verso la società dell’epoca, a partire dalle condizioni di vita della classe contadina, dal sistema giuridico, alle condizioni dei carcerati e della reale utilità del sistema carcerario. All’interno dell’opera si possono trovare connotati autobiografici, come il Principe l’autore in giovane età si era impegnato a migliorare le condizioni di vita dei contadini e prima di sposarsi Tolstoj aveva sedotto una cameriera che lavorava in casa di sua zia. Dunque il “riscatto” interiore che affronta il Principe Nechljudov è lo stesso che Tolstoj ha ricercato durante la sua vita con la sua conversione morale.
La bellezza di quest’opera sta, oltre che nel messaggio di redenzione etica che Tolstoj vuole far pervenire al lettore, nelle descrizioni vive e dettagliate che permettono al lettore di avere una visione a 360 gradi sia dei luoghi che dei personaggi. Inoltre i caratteri psicologici dei personaggi sono affrontati e sviluppati con maestria e completezza.
Nonostante “Resurrezione” sia un opera forse meno conosciuta rispetto a “Guerra e Pace” e ad “Anna Karenina” non ha nulla da invidiare a questi due capolavori dell’epoca sia per completezza che per il messaggio che vuole mandare.
Indicazioni utili
Un autore troppo spesso dimenticato
“Certi uomini forti non sono soli nella solitudine, ma io, che sono debole, sono solo quando non ho nessun amico”
Così dice il personaggio principale esprimendo, in una breve ma intensa frase, tutto il suo essere.
Victor Baton, protagonista de “I miei amici” è un ex soldato ferito durante la prima “Grande Guerra”, che vaga per i quartieri di una Parigi poetica, immerso in una spaventosa solitudine.
Lo sviluppo del libro consiste negli incontri - visti e raccontati da Baton - che il protagonista farà con diversi personaggi, cercando in ognuno di loro un’amicizia o un amore; provando a suscitare in essi moti di compassione e tenerezza per la sua figura e la sua vita solitaria. Sognerà grandi amicizie o rapporti d’amore idilliaci, restandone sempre deluso. Victor sembra aspirare ardentemente ad una dimensione sociale, ma i suoi continui tentativi di fuggire alla solitudine in realtà si trasformano in un continuo processo di emarginazione; per questo “I miei amici” può essere considerato un capolavoro dell’inazione.
Non è difficile definire Baton un eroe dostoevskijano per la sua inettitudine e la sua mediocrità, alla continua e disperata ricerca dell’amore e dell’amicizia, senza mai riuscire a soddisfare il suo bisogno d’essere capito amato ed accettato.
Ciò che fa di quest’opera un capolavoro è la capacità dell’autore di unire uno stile di scrittura “povero” ad un’ ossessiva descrizione dei dettagli e dei piccoli gesti, apparentemente insignificanti, che riescono a descrivere – più della storia stessa- la povertà e la solitudine del protagonista. Un esempio di questa capacità descrittiva la possiamo trovare fin dalle prime pagine del libro, di seguito riporto una citazione:
“Appena uscito dalle lenzuola mi siedo sul bordo del letto. Le gambe mi penzolano a partire dal ginocchio. I pori delle cosce sono neri. Le unghie dei piedi sono dure e taglienti: un estraneo le troverebbe brutte.”
Tutti i dettagli che ci vengo forniti, a partire dalle ginocchia penzolanti fino alle unghie dei piedi,
ci danno una chiara immagine del protagonista di abbandono, trasandatezza e solitudine, ed è proprio per questa sua capacità che Emmanuel Bove era stimato da Samuel Beckett che di lui diceva: “ Nessuno come lui ha il dono del dettaglio che colpisce”. Nonostante fosse apprezzato dalla critica dell’epoca e nonostante annoverasse fra i suoi estimatori personaggi del calibro di Rilke, Gide, Saint-Exupéry, nell’arco del tempo è stato dimenticato. Infatti nel 1945, anno dell’uscita del suo nuovo romanzo “Le piège” (La trappola), dove denuncia il collaborazionismo della Repubblica di Vichy con il regime nazista, molti editori come Gallimard decidono di rifiutarlo, proprio per i temi trattati che avrebbero rovinato la gioia della liberazione e la voglia di dimenticare. Solo nella metà degli anni ’70, grazie all’intuito di alcuni intellettuali alcune opere di Bove vengono rieditate.
In conclusione l’opera di Bove “I miei amici” è un romanzo che lascia nel lettore un senso di tristezza e solitudine, tuttavia necessarie per comprendere la psiche di Baton.
Indicazioni utili
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |