Opinione scritta da Sil91

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Sil91 Opinione inserita da Sil91    15 Ottobre, 2015
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Fragile come una margherita

Quando questo romanzo breve viene pubblicato la prima volta, nel 1879, indubbiamente il comportamento di Daisy Miller è considerato scandaloso. oggi si ha l'impressione che Daisy sia una precorritrice di tempi più moderni. la piccola società americana residente in Europa alla quale appartiene è chiusa e conservatrice e come tale, come ci si aspetta dall'Ottocento, è ancora ancorata a leggi scritte e non scritte di buon comportamento. I protagonisti si scontrano proprio su questo piano: da una parte abbiamo Daisy, che è una giovanissima ragazza amante della vita e delle sue emozioni, con poca cultura e dalla mentalità naif, ingenua; dall'altra abbiamo Winterbourne, anche lui giovane, ma colto studente e strettamente legato all'opinione pubblica e al decoro personale.
James affianca queste due figure cercando di unirle in un connubio che non può assolutamente avvenire, data la totale distanza di pensiero e indole. anche i loro nomi sembrano separarli: Daisy è il nome che gli inglesi danno alla margherita e come questo fiore la protagonista è di una bellezza semplice, elegante, pura ma anche fragile; Winterbourne richiama alla freddezza e all'inafferrabilità dell'acqua ( "winter" inverno, "bourne" ruscello).

nel corso del romanzo Daisy si trova a dover combattere con i suoi stessi compatrioti che deprecano il suo comportamento fino ad isolarla dalla loro compagnia. eppure fin dall'inizio si capisce quando Daisy sia incompresa, forse proprio perchè nata in un momento sbagliato, perchè la sua personalità e il suo desiderio di conoscere il mondo e la vita la pongono troppo al di fuori del mondo chiuso e sicuro che gli americani avevano costruito per lei (spesso troviamo riferimenti al clima italiano che gli americani ritengono "malarico", neanche ci si trovasse in piena savana).

il finale è chiaramente un monito a tutte le signorine che come Daisy si staccano dall'insegnamento della famiglia e dall'ambiente in cui si è cresciuti, una sorta di "ideale dell'ostrica" verghiano e come per i Malavoglia anche qui la povera Daisy viene mandata incontro ad una catastrofe personale immeritata.

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Sil91 Opinione inserita da Sil91    07 Dicembre, 2014
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Un gioco di avventure.

Per capire questo romanzo bisogna soffermarsi sul titolo. "Le Avventure di Huckleberry Finn" parla di un ragazzo chiamato Huckleberry Finn, nome poetico ed evocativo, non c'è che dire, che ha delle avventure. abbastanza chiaro. eppure è tutto racchiuso in queste poche parole, anzi in una sola, "Avventure". Perchè questo termine rimanda al mondo dei bambini, dove qualunque esperienza diventa un'avventura. l'immaginazione e il coraggio portano i bambini a compiere grandiose avventure, che li formano e li fanno crescere. Huck comincia proprio così. comincia con l'immaginazione, comincia con un gioco insieme alla sua banda di amici capitanata dall'irriverente Tom Sawyer, che di immaginazione e voglia di avventure ha fatto il fondamento della sua esistenza.
Tuttavia, il mondo immaginario non può nascondere la difficile realtà in cui Huck sta vivendo, dove l'orco delle storie che legge nei libri è il suo papà e dove la società non fa nulla per rendere le cose migliori, anzi lo soffoca e lo costringe a restare nella sua misera condizione. Huck è un ragazzino ma ha già capito che la sua vita non può essere relegata a quelle case e a quelle regole, lui vuole essere libero. Da qui partirà il gioco più grande, più entusiasmante e più bello della sua vita, quello che lo porterà a fuggire lungo il Mississippi.

Huck è fondamentalmente un ragazzo ingenuo, tenero e amichevole, tutto il contrario di Tom Sawyer, protagonista del libro precedente di Twain. Si dice che Tom rapprensenti il giovane Mark Twain mentre Huck sia ciò che Mark Twain voleva essere. Se questo è vero, capisco perchè per Mark fosse tanto importante far vivere a Huck la sua avventura. Grazia a lui ci viene mostrata un'America giovane e contraddittoria, una terra di libertà e opportunità che imprigiona gli indigenti e incarcera i neri, e ce lo mostra con gli occhi di un ingenuo tredicenne. Per tutto il viaggio, noi assistiamo al tormento interiore di Huck: è giusto liberare Jim?, un uomo nero può essere intelligente come uno bianco ed essere altrettanto umano?, posso ritenere Jim il mio migliore amico? ... è questo che Huck si chiede ed è grazie a questi pensieri che noi lo apprezziamo sempre di più, perchè pur essendo giovane ha già capito come andrà il mondo, come andrà l'America, vent'anni prima della guerra di secessione e cento anni prima di Martin Luther King. Non fraintendetemi, Huck non è antischiavista, è solo confuso, paragona la sua ricerca di libertà a quella di Jim.

Nel finale, un deus ex machina risolverà il gran casino in cui Huck e Jim si sono cacciati, come nel teatro greco. Huck torna ad essere un cittadino, non più un fuggiasco, eppure un'ultima frase ci fa intendere che lui sarà sempre un bambino che gioca alle "avventure".

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Tom Sawyer, Mark Twain.
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Sil91 Opinione inserita da Sil91    02 Dicembre, 2014
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Un moderno, esaltante Faust.

"Il caso di Charles Dexter Ward" è stato scritto nel 1927 ma pubblicato postumo nel 1941, in due puntate, sulla rivista Weird Tales.
Lovecraft, autore cupo come l'animo dei suoi eroi, crea un'atmosfera desolata intorno alle esperienze del giovane Charles. in questo romanzo il tempo è solo una finestra che si spalanca per lasciare tornare il passato.
Charles è un brillante studente la cui fame di conoscenza è tale da renderlo un moderno Faust e proprio come lui, che ha venduto la sua anima per il sapere, anche Charles capirà che la sua smania non lo porterà alla pace.
Nelle sue ricerche Charles troverà gli studi di un uomo, Joseph Curven, assassino e necromante. saranno questi studi a spalancare le porte del tempo e della morte. Gli scritti di Curven ci portano nei meandri della mente e dell'animo, dove non si è al sicuro, dove lui ci farà vivere nell'incubo.
Lentamente Lovecraft fa addentrare il lettore nei meandri dell'inferno, in sotterranei dove il male striscia e ringhia.

In questo romanzo troviamo tutti gli elementi tipici di Lovecraft, dal tempo all'oblio, dai demoni alla corruzione dell'anima. L'universo lovecraftiano si basa sull'idea di male trascendente, emanato da creature immonde e atre pronte a ghermire e corrompere gli uomini, uomini che non potranno sfuggire ad esse.

Lo stile, anche se quasi privo di dialoghi, affascina e non annoia. Le descrizioni al limite del grottesco trasportano nel New England di inizio secolo e nei suoi oscuri recessi.

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Tutti i racconti di Poe, "Racconti del Necronomicon" di Lovecraft
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