Opinione scritta da Mario Colandrea

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Mario Colandrea Opinione inserita da Mario Colandrea    20 Ottobre, 2014
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Dresda,febbraio1945-New York,settembre 2001

Un libro che nella sua prima parte tende a scoraggiare a proseguirne la lettura. Qui la trama appare estremamente complicata ed il suo filo conduttore difficile da afferrare.
Ma poi il puzzle comincia a comporsi e dopo aver sistemato faticosamente i primi 500 tasselli dei 1000 necessari, gli altri si sistemano da se con impeto,senza più alcuno sforzo da parte nostra, ma certamente con tanta sofferenza, emozione, rabbia e tenerezza.
Un aspetto sicuramente suggestivo del romanzo è la sua dimensione storica non priva di denuncia sociale e politica.Impossibile non mettere in relazione il bombardamento di Dresda operato dagli angloamericani nel Febbraio del 1945 con l'attentato terroristico alle Torri Gemelle del Settembre 2001. D'altra parte questi due avvenimenti seminano abissi di dolore nelle quattro generazioni di una stessa famiglia protagonista del romanzo.
Non appaia troppo forzato il parallelismo fra questi due episodi storici di inaudita violenza, perchè anche a proposito del massacro di Dresda, stimato dagli studiosi in 25000 vittime, si è parlato di "terrorismo aereo".
Questo giudizio è stato formulato da Liddell Hart,esperto di storia militare e capitano inglese che così ha riassunto quella vicenda: "Verso la metà di febbraio la lontana città di Dresda fu sottoposta, col deliberato intento di seminare strage fra la popolazione civile, ad un micidiale attacco contro i quartieri del centro, non contro gli stabilimenti o le linee ferroviarie."
Nell'attacco alle Twin Towers operato dai terroristi di Al-Qaeda perirono circa 3000 persone di 70 nazionalità diverse. Fin qui alcuni stralci di analisi e di statistica. E le vicende private?
Facile capire che da tutto quell'orrore furono colpite mamme, bambini, mogli, mariti, nonni, fratelli... come quelli del romanzo di Jonathan Safran Foer.
Dirà il bambino protagonista della narrazione a proposito di una foto che ritrae un corpo che cade dai grattacieli schiantati: "C'era tutto un mondo li dentro.Era papà(quello che cadeva)? Forse. Chiunque fosse era qualcuno".
E che chiunque tu sia,tu sei qualcuno,il piccolo Oskar l'aveva scoperto pellegrinando per New York, alla ricerca di persone che potessero fargli sentire più vicino il suo papà morto "nel giorno più brutto".
Stile immaginifico. Pensiero bambino: devastante, accusatorio, drammaticamente vero.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Mario Colandrea Opinione inserita da Mario Colandrea    09 Ottobre, 2014
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Forse

Scritto nel 1993,"Il morbo di Haggard",precede di tre anni la pubblicazione di "Follia" e,tutti e due i romanzi raccontano "storie d'amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale"(1).
Nel primo di questi due scritti,la dimestichezza dell'autore con la scienza medica,gli permette di indagare su una ipotetica disfunzione neuroghiandolare della quale FORSE è affetto James Waughan.
Costui è figlio dell'amante ormai deceduta del dottor Haggard,voce narrante del romanzo.
A causa di questo raro disordine endocrino (sindrome di Frohlich),il giovane James mostrerebbe agli occhi del medico,vari caratteri di femminilismo.
Abbiamo detto FORSE,perchè l'autore è molto abile a confondere le carte,facendo intravvedere nel corso della narrazione le più disparate ipotesi.
Prima di tutto c'è il diniego dell'interessato che "con un lampo di rabbia negli occhi" dice "Senta ,dottore, non parliamone più,d'accordo? Io sto benissimo,ha capito?" (2).Poi c'è l'ambiguità del dottore stesso che,per esempio,viene accusato di comportarsi "come una scolaretta" da una sua paziente e,viene deriso dagli amici del giovane che "shignazzano" quando uno di questi "tutto una mossetta" gli chiede con "un ammicco":"Le andrebbe di visitarmi dottore" (3).
Infine le ultime pagine di questa morbosa storia ,vedono Haggard circolare ovunque con una pelliccia nera di foggia femminile,simile ad una appartenuta alla sua amante morta.
Altra ipotesi suggerita è quella della trasfigurazione della madre nel figlio,anzi "nel passaggio del suo spirito nel suo corpo"(4),medita il medico in una notte insonne.Ma già al mattino quella eventualità è scartata da un'altra convinzione:"...più facile che si trattasse di immaginazione morbosa,ossessioni erotiche aggravate dalla morfina(di cui egli fa uso)".(5).
Un'altra caratteristica di questa storia maledetta che mi ha colpito,è la capacità dell'autore di fare corrispondere il mondo esterno con il mondo interiore, descrivendo diverse situazioni in cui il mare, la pioggia,il vento,gli scorci urbani,i sentimenti,le passioni e le allucinazioni si fondono in altrettanti paesaggi interiori ed esteriori ad un tempo.
Mi ha convinto meno il metodo narrativo,caratterizzato da una forma di colloquio alquanto improbabile, fra uno (il dottore) che parla sempre e un'altro (il giovane) che ascolta solo, dando oltretutto al lettore la spiacevole sensazione di chi vi assiste senza essere stato espressamente invitato a farlo.

(1)- Citazione da "Follia"
(2,3,4,5)- Citazioni da "Il morbo di Haggard"

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Mario Colandrea Opinione inserita da Mario Colandrea    25 Settembre, 2014
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Aura

La recensione contiene una anticipazione sul finale del libro

Un libro che si legge d'un fiato... sbagliando, perchè se la foga con cui si è portati a "divorarlo" è spiegabile con la trama avvincente e lo stile "sontuosamente letterario"(1), l'eccessiva fretta di procedere nella lettura può condurre a trascurare le necessarie riflessioni.
Un libro dunque che andrebbe letto due volte: una per goderne l'ebrezza, l'altra per carpirne i significati. A questo proposito, la prima considerazione che viene da fare è quella sulla accezione del termine "aura" più volte usato dall'autore nelle sue molteplici varianti del termine "profumo". Esso infatti può essere tradotto secondo il contesto in cui viene usato con le diverse significazioni di "brezza, effluvio, emanazione, alito, spirito o anima".
Il fatto che il protagonista del romanzo Jean-Baptiste Grenouille sia senza "odore", indica anche che egli è privo di "anima", e nella sequenza degli avvenimenti narrati, appare chiaro che egli è così perché sua madre lo aveva rifiutato appena nato destinandolo all'immondizia materiale e a quella spirituale. Abbandonato in un coacervo di rifiuti di un mercato alimentare della Parigi del 1738, egli non poteva che diventare un mostro.
Proprio perché senza odore egli si ingegna a sintetizzarne uno, elevandosi oltre le vette dell'arte profumiera. Ma la sua sublime preparazione, perseguita a costo dei più efferati delitti, non è in grado di procurargli una sua anima, che era l'oggetto vero delle sue affannose ricerche.
Certo gli uomini e le donne si inebriavano della sua aura artificiale e attraverso essa sembravano amarlo e desiderarlo... proprio lui che prima era rifiutato da tutti. Ma la mancanza di amore di cui è stato vittima sin dal suo primo vagito, ha fatto dei danni irreparabili perché "anche se il suo profumo di fronte al mondo lo faceva apparire come un Dio, se non riusciva a sentire il proprio odore e se quindi era condannato a non sapere mai chi egli fosse,se ne infischiava, se ne infischiava del mondo, di se stesso, del suo profumo"(2).
Decide quindi di morire in maniera orribile, tornando dopo 28 anni, nel luogo dove era nato fra i miasmi del Cimitière des Innocents, non lontano del mercato "nei cui vicoli stagnava un'aria pestifera"(3).
Un'altra considerazione sorge spontanea reperendo le pochissime notizie biografiche disponibili dell'autore.
Patrick Suskind "conduce una vita estremamente riservata,concede raramente interviste: egli è solito evitare di mostrarsi in eventi pubblici ed è arrivato persino a rifiutare importanti premi letterari tedeschi quali il Guttemberg, il Tukan e il FAZ"(4).
Sembrerebbe quasi che lo scrittore abbia trasferito alcune delle sue ossessioni nella sua celebre creatura letteraria.

Grazie per l'attenzione
Mario Colandrea.

(1) : Corriere della Sera.
(2,3) : Citazioni dal testo
(4) : Wikipedia

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