Opinione scritta da LaClo

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LaClo Opinione inserita da LaClo    04 Agosto, 2016
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Una città affascinante

Il romanzo pur essendo molto scorrevole e piacevole riesce a portare alla luce differenti aspetti che ho apprezzato molto.

Il primo è senza dubbio la rappresentazione della Barcellona del XIV secolo, in particolare tutto ruota intorno alla costruzione della Cattedrale di Santa Maria del Mar che rimarrà un punto di riferimento per tutta la vita del protagonista Arnau e che rappresenta la vera essenza della religione cattolica, l'aspetto positivo. Barcellona è tratteggiata in modo molto preciso ma vivido, il tipo di società che viene presentata è sicuramente aderente al periodo storico, nonostante il protagonista appaia sicuramente meno convenzionale e non abbia una mentalità tipica del periodo in cui vive. Tale caratteristica è l'elemento propulsivo della storia. Infatti è proprio il comportamento insolito di Arnau a muovere l'intera azione narrativa. L'aspetto maggiormente positivo è il fatto che sebbene Arnau abbia delle idee insolite per il periodo, per esempio la sua visione positiva del popolo ebraico, rimane sempre ben inserito nel suo contesto e non per questo meno reale ma rappresenta una minoranza che sicuramente era presente in quel periodo ed è pertanto plausibile.

La seconda tematica interessante che si riflette nelle quattro parti in cui è suddiviso il romanzo è quello della servitù che nelle prime due parti è soltanto socio-politica, nelle altre due diventa una servitù simbolica che trasmette un messaggio diverso. Il tema della servitù è senza dubbio l'altro motore dell'azione: infatti, nella prima parte intitolata servi della gleba, è proprio la ribellione di Bernat verso il conte che ha violentato la moglie a provocare la fuga verso Barcellona. La servitù durante il romanzo cerca di essere elusa in qualche modo, all'inizio Bernat ricorda le regole del padre, improntate sulla sottomissione e sulla sopravvivenza cercando di non entrare in contrasto con il padrone delle terre.
Il figlio Arnau è un'offesa al conte in quanto è chiaramente figlio di Bernat e non deriva dalla violenza perpetrata verso la moglie di Bernat, Francisca. Il conte obbliga quindi Francisca e Arnau a recarsi al suo castello e Bernat riesce a rapire il figlio e a scappare alla volta di Barcellona dove incorrerà in un secondo tipo di schiavitù.

Infatti dopo un breve periodo di serenità la sorella muore e il marito si risposa con una nobile, Bernat e Arnau diventano quindi di nuovo servi della nobiltà. Bernat si ribella nuovamente partecipando a una sommossa popolare e muore impiccato.
La seconda parte è fondamentale per quel che riguarda l'aspetto religioso, Arnau crede infatti, che sua madre sia la Madonna e riesce ad instaurare una sorta di rapporto con questa figura, incoraggiato dal padre. Inoltre Arnau scopre er la prima volta la Cattedrale in costruzione e la consacra come luogo nel quale incontrare sua madre. Incontra anche l'amico Joan, fondamentale in seguito.
Arnau compie il suo atto di ribellione appiccando fuoco al cadavere del padre per impedire che fosse esposto al pubblico ludibrio, e si avvicina ai bataixos che trasportano i massi per costruire la cattedrale. Il suo ruolo diventa attivo è lui stesso a costruire l'abitazione di sua madre e da qui inzia la sua ascesa sociale.

La terza parte riguarda l'aspetto amoroso e sentimentale, la servitù di Arnau non è più sociale bensì è legata ad un amore adultero proibito dalla sua comunità che diventa quasi una forma di ricatto. Durante le sue avventure Arnau ha modo di diventare ricco e importante, in particolare riesce salvando alcuni ebrei nelle cattedrale provvidenziale a diventare un ricco banchiere e a sposare una nobile che però lui non desidera. Si trova quindi di nuovo schiavo dei suoi sentimenti che lo inducono ad amare la figlia adottiva di un suo amico bataixos.

L'ultima parte presenta il tema della servitù del destino che esattamente come aveva favorito l'ascesa sociale di Arnau allo stesso tempo ne decreta anche la rapida discesa portandolo addirittura al cospetto dell'inquisizione. Il destino interviene nuovamente e il Console del Mare, Arnau viene liberato e i suoi nemici subiscono una dura punizione dal destino mentre Arnau diventa finalmente libero di vivere il suo amore dopo la morte di Elinor.

La scena conclusiva all'interno della cattedrale ormai ultimata rappresenta la coppia con il figlio Bernat e Arnau che tramanda gli insegnamenti del padre proponendo un modello religioso positivo che si contrappone nel romanzo all'aspetto negativo costituito dall'inquisizione e da Joan che un po' l'alter ego di Arnau, infatti egli non è in grado di avvicinarsi alla religione in modo semplice e genuino, ma vi perviene solo attraverso uno studio accademico e sterile. Arnau invece pur non avendo studiato, o forse proprio per questo riesce a mettere in pratica in maniera ottimale il vero senso del cristianesimo, l'amore per il prossimo e il rispetto di ogni persona, ha inoltre la capacità di instaurare un rapporto intimo e personale con la Madonna e non basato su dogmi e studi speciali.

In conclusione l'ho trovato un ottimo romanzo storico, unisce bene realtà storica e finzione, è avvincente ma non irrealistico e riesce a comunicare un bel messaggio di fondo che anche se non si tratta della caratteristica principale di un romanzo storico, è comunque un valore aggiunto .

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LaClo Opinione inserita da LaClo    02 Agosto, 2016
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Un altro punto di vista

L'aspetto che ho maggiormente apprezzato del romanzo è senza dubbio l'importanza della situazione storica e politica e la profondità di alcuni personaggi nonostante l'apparenza ingenuità e frivolezza presentate all'inizio.

Nonostante il forte elemento romantico che potrebbe far pensare al solito dramma sentimentale,l'autrice ci pone in un contesto difficile da affrontare e coglie perfettamente la differenza tra la generazione precedente costituita dai genitori di Rossella e Rossella stessa che vede sempre maggiormente allontanarsi il modello signorile della madre.

La guerra di Secessione non è solo uno sfondo lontano ma colpisce profondamente i personaggi che hanno l'opportunità di crescere interiormente e di capire la situazione storica in cui vivono. La storia è inoltre percepita attraverso l'ottica degli sconfitti, dei sudisti. Ho trovato il loro punto di vista interessante specialmente perché molto spesso ci viene proposta la versione ufficiale che non sempre coincide con la verità effettiva. Infatti, nonostante l'antischiavismo proposto dalla fazione nordista, le signore dell'alta società sono le prime a presentare i segni del razzismo attribuito soltanto ai sudisti. Queste infatti sostengono una parità solo apparente e non vogliono che sia una donna di colore ad occuparsi a pagamento dei propri figli. Chiaramente anche la versione dei sudisti mostra diversi elementi estremisti, ma unita alla versione ufficiale rappresenta sicuramente un completamento e permette di avere uno sguardo più chiaro in merito alla difficile condizione storica e politica di quegli anni.

Il personaggio di Rossella è la voce fuori dal coro ed è spesso criticata per la sua visione schietta e sincera della società ed è l'unica a non provare sentimenti patriottici e a non volere il sacrificio di quegli uomini idealizzati e trattati alla stregua di eroi dalle altre donne. All'inizio del romanzo appare subito a livello embrionale il carattere di Rossella che coniuga la fermezza e la testardaggine irlandesi con l'educazione materna seguita da Mamy che cerca di farla diventare una signora raffinata e dedita al prossimo. Rossella può sembrare antipatica a tratti ,ma alla fine è la sua sincerità e anche il suo disprezzo verso alcune persone a sancire la concretezza e la tangibilità del personaggio.

L'altro personaggio che mi ha colpito è Melania che sembrerebbe quella più convenzionale, la più ammirata dalle altre donne ed è spesso sottovalutata da Rossella che la giudica ingenua e inferiore rispetto alla sua bellezza e alla sua vivacità. Il lettore riesce a capire i sentimenti di Rossella e ad immedesimarsi con alcuni suoi pensieri anche se spesso non sono positivi, mentre Melania appare irritante, bigotta, quasi eccessiva nella sua positività e nella sua correttezza.
Al termine del romanzo però si scopre che Melania non così ingenua e che grazie alla sua rispettabilità riesce ad opporsi a suo modo alla società e a essere anticonvenzionale. Anche il suo affetto per Rossella non significa necessariamente che non sia a conoscenza dei suoi sentimenti per Ashley ma denota una grande maturità del personaggio e una sorta di intelligenza che fa difetto in Rossella decisamente più pragmatica e meno raffinata anche nei pensieri che escogita durante i romanzi.
Rhett è sicuramente l'emblema dell'emarginato e presenta differenti punti di contatto con Rossella poiché entrambi nonostante l'apparenza spregiudicata rimangono invischiati in un amore destinato a concludersi e il triangolo che si forma non è così convenzionale e non è banale, infatti entrano in gioco sentimenti complessi e lo spessore psicologico dei personaggi è esaltato e non stereotipato.

Lo stile della Mitchell è molto gradevole e rende gli eventi in maniera precisa e delinea i personaggi in modo interessante lasciando che il carattere si sveli a poco a poco mediante le loro azioni e il loro sviluppo. Il libro è pertanto scorrevole ma non banale e presenta tematiche ben sviluppate e molto interessanti.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    01 Agosto, 2016
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Ricordo dell'amore

(Spoiler)
Le tematiche principali del romanzo sono senza dubbio il ricordo, l'arte e l'amore nelle sue differenti forme. Tali filoni sono strettamente correlati e intracciati. Infatti la memoria e il ricordo si concretizzano nell'opera d'arte, la quale diventa il riflesso dell'interiorità e della psiche dei personaggi. Il tema dell'amore è anch'esso legato al ricordo, sia Oki che Otoko hanno la mente rivolta al passato e le loro opere sono il riflesso di questa inclinazione al passato: il romanzo di Oki più famoso sarà sempre "La sedicenne" che ricorda il suo amore passato per Otoko; mentre l'opera di Otoko più significativa è quella relativa all'ascensione del bambino che rimane incompleta e simboleggia pertanto il mancato superamento del passato che coincide con la morte della sua bambina.

L'amore si carica di tanti significati e sfumature com'è tipico di molti romanzi di Kawabata. Il romanzo ci presenta una gamma ristretta di personaggi che riescono tuttavia a fornire un quadro completo dei vari tipi di amore.

La prima coppia è formata da Otoko e Oki il cui amore è intenso e per Otoko sedicenne rappresenta qualcosa di sacro e profondo che la caratterizza in modo sensibile durante tutto il romanzo. Anche per Oki la relazione assume un significato così importante da dedicarle addirittura un romanzo.
Oki e Otoko sono destinati a separasi e a vivere il loro amore nel ricordo spesso doloroso e nel caso di Otoko traumatico.

Oki mantiene la relazione con la moglie dalla quale ha due figli. La moglie Fumiko è la rappresentazione della gelosia, ma si tratta di una gelosia più delicata rispetto a quella fredda e calcolatrice di Keiko. Fumiko avverte il pericolo che la passata relazione può portare all'interno del suo nucleo famigliare e tutti i personaggi si accaniscono su di lei e la sottopongono a continue umiliazioni, la prima delle quali è costituita dalla richiesta del marito di battere a macchina il manoscritto del romanzo che narra del suo amore per Otoko.

Anche Otoko dopo la delusione d'amore ricostruisce un rapporto simile a quello di Oki, il rapporto di Otoko è però più complesso e particolare, infatti si lega all'allieva Keiko con la quale si crea il rapporto più interessante del romanzo. Infatti, attraverso le due figure femminili si esplica il complesso rapporto tra arte e amore e in particolare si approfondisce il divario tra l'arte tradizionale giapponese, praticata da Otoko e l'arte contemporanea praticata da Keiko. Otoko utilizza l'arte in modo quasi catartico confermato dal desiderio di dipingere l'amante Keiko come una figura religiosa e purificare in un certo senso la loro relazione. Keiko invece utilizza l'arte per veicolare i suoi messaggi di vendetta,infatti si presenta presso l'abitazione di Oki portando i suoi quadri.

La relazione ha per le due donne significati differenti: Otoko vede nel rapporto saffico una sorta di purificazione, una purezza che non può raggiungere mediante la relazione con un uomo. Keiko vive la relazione in modo più passionale e ama Otoko come quest'ultima ama ancora Oki, ma al contrario dell'insegnante non riesce a superare la gelosia e diventa simile a Fumiko nella sua sofferenza e gelosia.

Keiko però è tanto bella quanto fredda, la sua bellezza esteriore la rendono poetica e essenziale come lo stile di Kawabata. La vendetta che Keiko avviene in modo metodico e rappresenta una sorta di contrappasso: seduce il figlio di Oki e lo uccide, pareggiando la perdita subito dall'amata Otoko. La forma di amore tra Keiko e Taichiro è quello forse più legato ai sensi e dimostra l'imperfezione delle relazioni umane e la morte di Taichiro diverrà in un futuro imprecisato il passato irrimediabile.

Un altro aspetto interessante e senza dubbio lo stile di Kawabata che si concretizza soprattutto nei dialoghi e nelle descrizioni del paesaggio, rappresentato in modo molto evocativo e a tratti sembra quasi che lo stile assuma la caratteristiche di un haiku. In conclusione lo stile poetico ed essenziale di Kawabata appare il vero simbolo della vena estetica che percorre tutti i suoi romanzi e rispecchia perfettamente i suoi personaggi.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    29 Luglio, 2016
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Cecità e lucidità

(Spoiler)

"Saggio sulla lucidità" e genericamente catalogato come il prosieguo di "Cecità" ma i personaggi principali compaiono ben dopo la metà del libro, mentre all'inizio Saramago analizza i personaggi legati alla sfera politica.

L'aspetto che ho particolarmente apprezzato è la tematica del bianco che ogni lettore collega immediatamente al romanzo precedente e alla misteriosa epidemia di "Cecità". Tuttavia la riflessione non rimane implicita ma è esplicitata dai politici che cercano di trovare un capro espiatorio su cui riversare tutta la responsabilità delle numerose schede bianche. Lo stesso Saramago ritiene il collegamento grossolano e giudica il collegamento banale. Di fatto la cecità esiste ancora ma non appartiene a coloro che hanno votato scheda bianca ma proprio a tutti coloro che attraverso l'uso quasi maniacale di un lessico preciso e cavilloso cercano di opporsi alla popolazione.

La lucidità si oppone quindi alla cecità, la popolazione della capitale infatti, non ha alcuna organizzazione segreta e la loro scelta è frutto di una raggiunta lucidità che presuppone una visione ottimistica della società. Il primo romanzo descrive infatti una situazione totalmente fuori controllo, a-razionale quasi apocalittica nelle pagine che precedono il recupero della vista, il ritorno ad uno stadio primitivo e brutale. In "Saggio sulla lucidità" emerge invece una situazione critica a livello politico e sociale, la popolazione è abbandonata dai politici ma non succede nulla tra i cittadini, nessun aumento esponenziale della violenza. Tale ultimo aspetto è la dimostrazione di uno stadio superiore da parte delle persone che sembrano confermare la visione ottimistica con la quale si concludeva il romanzo precedente.

Il finale tuttavia introduce quella vena pessimistica che permette una riflessione legata all'attualità della situazione narrata. La morte della moglie del medico è un simbolo dell'ingratitudine umana che si concretizza nel personaggio del primo cieco che nonostante l'esperienza vissuta sembra ritornare ad uno stadio di cecità denunciando la donna a cui deve la vita. La moglie del medico si conferma come un personaggio fuori dal comune per la sua capacità di vedere la realtà ed è quasi eccezionale, senza per questo essere irrealistica.

La parte finale è senza dubbio la più significativa per via della nota pessimistica: se nel primo romanzo l'acqua della pioggia era un simbolo di purificazione e di recupero della vista, in "Saggio sulla lucidità" l'acqua è stagnante e si trova ai piedi di una statua recante un secchio vuoto in mano. La statua diventa il punto centrale dell'incontro tra il commissario incaricato di arrestare la moglie del medico e la donna stessa. Il commissario riesce a recuperare la sua capacità di vedere la società mediante la ribellione all'autorità e proprio per questo viene ucciso proprio davanti alla fontana, mentre la moglie del medico viene uccisa sul balcone di casa, quello stesso balcone sul quale alla fine di "Cecità" la moglie osservava la città che riprendeva vita.

In conclusione Saramago ci propone una visione molto attuale della società che ci mostra i meccanismi politici che governano il mondo e il complottismo acuito dal ruolo dei giornali e della stampa che aprono la riflessione in merito alla censura e alla libertà di stampa anche nei cosiddetti paesi sviluppati.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    20 Settembre, 2015
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Voci dopo la guerra

Il libro di Tahmima Anam si svolge su due piani temporali diversi che però s’intersecano, si passa dagli eventi post bellici alla situazione del Paese tredici anni dopo. I due protagonisti sono Maya e il fratello Sohail il cui legame un tempo molto forte è stato indebolito dalle ferite e dalle incomprensioni che la guerra ha inciso culla loro pelle.

Tematica chiave del romanzo è il tentativo di ogni persona di andare avanti e cercare di ricostruirsi un futuro dopo gli orrori della guerra, tentativo che si rispecchia nel fanatismo religioso di Sohail che lo porta a bruciare tutti i suoi libri ad eccezione del Corano. Manon è solo Sohail ad essere cambiato, anche Maya ha dovuto assistere al triste spettacolo di ragazze stuprate dai soldati nemici e in quanto medico ha avuto l’obbligo di indurle ad accettare l’aborto dei “figli del nemico”, i germi maligni che avrebbero contaminato il neonato Bangladesh.

Attraverso il personaggio di Maya veniamo posti di fronte al dilemma religioso, il suo atteggiamento verso l’islamismo è ambiguo: da un lato lo odia perché gli ha rubato il fratello che conosceva ma dall’altro non sono rari i suoi temporanei avvicinamenti al gruppo di preghiera, il fascino che le parole del Corano possono sprigionare, la sensazione di essere quasi cullati dalle voci cantilenanti delle donne in preghiera.

Dall’altro capo abbiamo Sohail che ha combattuto durante la guerra e ha trovato rifugio nella religione trasformando la casa in una moschea, annunciando il Corano dalla sommità della sua dimora ma trascurando il figlio nato dal matrimonio. Il piccolo Zaid cresce abbandonato a se stesso privo di istruzione, secondo me rappresenta in quanto bambino il futuro del paese che però viene trascurato, mantenuto nell’ignoranza. Infatti, Zaid ruba denaro, imbroglia nei giochi, veste di stracci e nessuno si cura troppo di lui ad eccezione di Maya che farà di tutto per salvarlo, per cercare anche di espiare i suoi sensi di colpa verso tutti i bambini ai quali ha privato la possibilità di vivere. Secondo me l’autrice ha cercato di lanciare un messaggio importante sul futuro del paese attraverso Zaid e il finale del libro lo conferma. l finale è dolce amaro perché lascia spazio alla speranza ma con un’amarezza che rivela la necessità di cambiamento, di puntare tutte le forze sui giovani, sui piccoli, sul futuro del Paese.

L’aspetto che penso sia più importante nel romanzo è la voce, la voce come parole, come canto,come preghiera. La voce di Maya che canta tutte le canzoni che conosce per dissuadere il fratello a bruciare i libri, il canto che si fa ipnotico, che continua in mezzo alle fiamme. La voce di Ammoo, la madre di Maya e Sohail che lenisce le pene del figlio leggendo il Corano fuori dalla porta della sua camera, non immaginando le conseguenze del suo gesto. La voce della preghiera, dei canti sacri ad Allah che maya odia e ama. La voce delle parole che sono sempre fonte di incomprensione tra Maya e Sohail ed infine, la voce di Piah, ragazza salvata da Sohail che trova il coraggio di raccontare davanti ad un pubblico di uditori gli orrori della guerra che l’hanno colpita, senza vergogna senza presentarsi come l’eroina che lo Stato ipocrito considera.

La tensione si mantiene alta durante tutto il libro e i fatti sono svelati con sapienza nello svolgimento della storia, la quale rimane sempre interessante con picchi ricchi di pathos, soprattutto nella parte finale e non decade mai. Lo stile mi è sembrato chiaro, a tratti poetico e in generale coinvolgente, ricco di sfumature differenti, duttile e capace di cambiare velocemente dalla dimensione onirica a quella razionale della quotidianità.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    30 Luglio, 2015
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Naturalismo e specchio della realtà

Trovo che l’Assomoir sia un romanzo molto complesso dal punto di vista stilistico in quanto viene considerato naturalista ma presenta anche scorci espressionisti e romantici.

La trama prende spunto dalla vita quotidiana dei ceti operai e pertanto è piuttosto semplice ma la narrazione di Zola la rende originale. Il naturalismo di Zola non appiattisce il romanzo ma al contrario ci mostra una grande analisi precisa, dettagliata e fedele al reale.

Zola utilizza di sovente nomi propri che si riferiscono a fabbriche, locali e zone tipiche di Parigi che permettono al lettore di inquadrare il luogo e di comprendere gli spostamenti dei vari personaggi. Il personaggio principale è Gervaise che è associata alla tematica del sonno, dell'indolenza anche morale che sarà uno dei motivi del suo fallimento e della sua decadenza. Il personaggio ribadisce spesso il suo ideale: crescere i figli, non essere picchiata e morire nel proprio letto. Ovviamente nessuno di questi progetti si avvererà e il lettore assiste ad un climax discendente che cambia completamente il personaggio evolvendolo in maniera quasi mostruosa ma tristemente reale.

Personaggi legati a Gervaise sono Lantier, l'uomo che l'ha abbandonata e che sarà in seguito la causa della sua rovina e il nuovo marito Coupeau, il quale avrà una parabola simile a quella della moglie degradandosi con l'alcol. A questi personaggi se ne aggiungono altri che sono secondari ma ai quali Zola dedica molto spazio, per esempio l'operaio Goujet che ama Gervaise platonicamente. Il romanzo si può idealmente suddividere in due parti quasi speculari perché nella seconda vengono ripresi i luoghi, i personaggi e gli eventi della prima ma completamente ribaltati. Questo equilibrio interno presente nel romanzo crea una chiarezza a livello contenutistico perché evidenzia tutti i piccoli aspetti della realtà che spesso sono paradossali e che solo uno scrittore attento come Zola può evidenziare.

Lo stile di Zola è forse l'aspetto che ho amato di più, specialmente nelle descrizioni che sono un vero e proprio scorcio sulla realtà. La scena del banchetto di compleanno di Gervaise, per esempio è una delle più riuscite di tutto il romanzo e non è la più lirica o la più commovente ma è quella che focalizza l'abbuffarsi dei personaggi e la loro progressiva ubriachezza.

Un altro aspetto stilistico è il lessico dei personaggi, tipico di un ceto popolare costellato da espressioni tipiche dell'argot, una sorta di dialetto parigino. L'equilibrio del romanzo crea un nesso tra l'inizio, e la fine del romanzo che presenta una struttura ad anello. Gervaise compare all'inizio e alla fine e le ultime parole evocano un'immagine suggestiva della morte paragonata ad una culla dove poter riposare. Ciò si ricollega alla tematica iniziale del sonno e dell'abbandono.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    13 Luglio, 2015
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Il manifesto dello Sturm und Drang

Sicuramente un grande classico della letteratura tedesca, in particolare del cosiddetto Sturm und Drang, il preromanticismo tedesco. Infatti, il libro secondo me è una sorta di manifesto del nuovo movimento culturale in quanto compaiono tutte le classiche tematiche che si possono individuare nel Romanticismo.

In particolare è fondamentale il rapporto dell'uomo con la natura che dapprima assume contorni idillici, sembra rifarsi ad una quiete, ad un luogo ameno di matrice neoclassica. Poi proseguendo narrazione la Natura diventa una specchio dei sentimenti di Werther, l'opera del Creatore e l'uomo fa parte di essa e si rapporta in modo tipicamente romantico con essa. Infatti, in principio la Natura è percepita come una parentesi quasi bucolica, le colline, la fontana, il tiglio creano l'ambiente ideale, classico. Quando si reca quasi in pellegrinaggio verso la sua città natale, poi, Werther comincia a trovare nei luoghi della sua infanzia, il ricordo. Infine, i sentimenti trionfano e anche dal punto di vista letterario, Ossian prevale su Omero, Werther preferirà una natura selvaggia, imperfetta, ma sublime.

Alla tematica della Natura si lega il titanismo, in quanto spesso il sublime che essa scatena in Werther lo porta a slanci di titanismo in cui l'animo del giovane si eleva, quasi fosse egli stesso il Creatore pur sapendo di essere un uomo finito e può solo aspirare ad essere infinito.

Oltre alla tematica della natura, emergono anche i sentimenti e l'Io del giovane. Non a caso si tratta di una romanzo epistolare nel quale le lettere, quasi come un diario ci consentono di avere una visione dell'interiorità di Werther, i suoi sogni e pensieri. Per quanto riguarda i sentimenti, Werther si pone chiaramente in modo romantico nei confronti dell'amore. Il confronto con il rivale Albert ci dimostra quanto Werther si avvicini all'idea del genio romantico, mentre Albert mantiene posizioni conservatrici, razionali, tipicamente borghese. Quindi Werther si trova in una situazione di conflitto perché è di fatto al di fuori da ogni ceto sociale, i nobili lo rifiutano mentre i borghesi sempre in attività non possono accettare la vita apparentemente oziosa che Werther conduce.

Werther, secondo me è il giovane nel quale ci rispecchiamo, nel quale si rispecchiavano i giovani dell'epoca,un'anima tormentata, impulsiva, dotata d' ingegno e rappresenta l'archetipo dell'artista romantico, il rifiuto delle regole accademiche, del lavoro fisso e monotono, senza creatività che mantiene per poco tempo.

Una riflessione a parte merita il personaggio di Lotte attraverso la quale emerge la tematica dell'Amore intesa come forza trascendente, infatti Lotte è spesso circondata da un'aura religiosa, sacra. L'Amore viene analizzato da Goethe e diviene il sentimento principe del movimento romantico, se non si prova questo tipo di Amore sublime non si può vivere al completo. Infatti la vita di Werther seppur breve è intensa ed è comunque vissuta fino in fondo e il suicidio non è un'azione folle ma un rimedio naturale ad una "malattia spirituale", per Werther è come soccombere in seguito ad una febbre per la quale l'uomo non ha nessuna colpa.

Lo stile del romanzo è senza dubbio elevato, ricco di parole ricercate che però arrivano direttamente al cuore del lettore perché sono incredibilmente corrette, giuste, ci fanno comprendere il personaggio e secondo me è quasi impossibile non identificarsi in una sua riflessione. Il romanzo è caratterizzato dalla presenza di punti esclamativi, domande senza risposta e punti di sospensione che, come dice lo stesso Werther non può evitare di inserire.
In conclusione, un libro assolutamente consigliato per la ricchezza e l'importanza delle tematiche, per l'analisi accurata del protagonista e del sentimento.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    04 Luglio, 2015
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Due donne

( Spoiler)

Il libro racconta la vicenda di due donne molto diverse che inizialmente conducono la loro vita su binari paralleli destinati tuttavia, ad incrociarsi.

Mariam è sempre stata considerata tra gli ultimi, una harami, figlia illegittima e la madre la educa da subito ad essere considerata una nullità, in primis in quanto donna e in secondo luogo poiché nata all'infuori del matrimonio. Non ha amici, neanche una famiglia si ciba di storie, immagini, di ritagli di tempo in cui il padre le fa visita. Non ha il diritto all'istruzione e dopo che la madre muore e il padre con le sue tre mogli la rifiutano è costretta a sposarsi e a trasferirsi a Kabul. Qui quando si scoprirà che non potrà avere figli verrà vessata dal marito e considerata ancora più priva di valore.

Laila invece, è più giovane appartiene ad un'altra generazione è una figlia amata, istruita con una famiglia unita, con un migliore amico che la protegge dai bulli del quale si innamora e un futuro che si prospetta positivo. Tuttavia, anche lei come Mariam ha un rapporto problematico con la madre per la quale non esiste. La madre di Laila vive nel ricordo dei due figli maggiori, morti nella jihad.
La guerra colpisce Laila che si ritrova sola, orfana e incinta del suo amico Tariq, ospite in una casa di sconosciuti e alla fine con un inganno diventa la seconda moglie di Rashid.

Da questo punto è interessante notare lo sviluppo del rapporto tra le due donne, dapprima Mariam è capace di provare solo odio nei confronti di Laila, del resto la dura vita senza amore l'ha resa gelosa e diffidente. Nonostante ciò Laila riuscirà a dare a Mariam una nuova ragione di vivere dopo il parto di una bambina che non incontrerà il favore di Rashid ma farà rinascere Mariam che potrà colmare il vuoto emotivo e la mancanza di figli. Le due donne aumenteranno sempre più la loro complicità fino al sacrificio finale di Mariam che per amore deciderà di costituirsi per aver ucciso il marito e difeso Laila. Mariam è consapevole del fatto che la morte sarà inevitabile ma vuole garantire a quella che ormai è la sua amica una possibilità di amare ed essere amata da Tariq che era riuscito a trovare Laila.

Il romanzo non presenta solo personaggi realistici ma anche un Afghanistan devastato da guerre e dall'avvento dei talebani le cui leggi si ripercuotono sulle donne impedendo loro di compiere qualsiasi lavoro e addirittura di essere operate negli stessi ospedali degli uomini, si blocca qualsivoglia forma di sviluppo che possa ricondurre all'Occidente considerato maledetto dai talebani.
L'Afghanistan ci pare quindi una terra contrastata, la patria di poeti che ne hanno decantato le bellezze è anche il triste luogo di guerre e repressione.

Il finale chiaramente dimostra come il totale lieto fine che auspicava Laila cercando di sottrarre Mariam dalla decisione di costituirsi sia un'illusione e la felicità in un paese del genere si possa ottenere solo a prezzo di sangue e sacrifici. Nonostante ciò l'autore attraverso Laila vuole dare una speranza che si concretizza nell'immagine finale di Laila nuovamente incinta che decide di chiamare Mariam la nascitura.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    30 Giugno, 2015
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Un messaggio per l'umanità

Cecità è un romanzo che mi ha colpito in maniera profonda sia per lo stile che per le tematiche ed il significato.

Un tema importante che traspare sin dall'inizio è quello dell'identità. Infatti, l'ambientazione non viene precisata e il lettore viene spinto a pensare che si tratti in senso lato di tutta l'umanità che si ritrova a vivere in perenne cecità. Cecità che viene chiamata dai malati "il mal bianco" perché invece di essere immersi nell'oscurità, si è circondati dal bianco, dalla luce. Se è un'esperienza terrificante vedere il nero totale dev'essere ancora peggio avere una luce accecante dinnanzi agli occhi che simboleggia, secondo me il fatto che questa cecità sia voluta dall'uomo, tutti si rifiutano di vedere, pur avendo la realtà dinnanzi agli occhi si preferisce chiuderli, fingere di essere cechi.

Con la cecità che si trasmette per contagio, i malati vengono man mano internati in un ex manicomio le cui vaghe regole sono registrate da un altoparlante. Quindi Saramago concede all'umanità la possibilità di trarre conoscenza dalla cecità, di sfruttarla per creare una società migliore, fondata su altri principi. Infatti, le piccole camere dell'ex manicomio diventano un'immagine del mondo allo stato primordiale.
Tuttavia, la natura dell'uomo incline al male non riuscirà a creare un'altra società ma ritornerà ai vizi e al degrado più totale. In questa grande allegoria del mondo si assiste alle solite abitudini: i soprusi verso i più deboli, le donne, i ciechi malvagi che come i paesi ricchi tengono il cibo per loro e lasciano i poveri senza cibo.

Significativo è il personaggio della moglie del dottore che è l'unico in grado di vedere in mezzo ai ciechi e sarebbe colei che potrebbe guidare il rinnovamento della società, una sorta di persona illuminata, solidale, disposta a rinunciare alla propria libertà e fingersi cieca per seguire il marito nella sua prigionia.

Suggestiva e cruda è l'immagine della città, senza politica, supermercati, scuole, istituzioni; possiamo ammirare una distruzione, forse il ritorno alle origini e quindi acquisisce significato il bagno sotto la pioggia dei vari personaggi che quindi è una sorta di purificazione fino al recupero della vista, quasi fosse un sogno o forse una piccolo barlume di speranza e di ottimismo verso le persone.

A livello stilistico il libro è sicuramente innovativo, la mancanza di dialoghi e la carenza di segni di interpunzione ci trasportano in un'atmosfera di incertezza, nella quale gli uomini non hanno più la necessità di un nome che li identifichino, non hanno più bisogno di conoscere le vie, i negozi di riconoscere la propria casa.

In conclusione è un libro che si presta ad innumerevoli collegamenti, riferimenti, può essere ricondotto ad ogni periodo storico, ad ogni paese, ad ogni evento e ogni lettore può cogliere il proprio significato, i propri riferimenti. Il manicomio può essere un lager nazista, una grotta preistorica, il mondo contemporaneo e comunica pertanto messaggi universali, rivolti all'intera umanità

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LaClo Opinione inserita da LaClo    29 Giugno, 2015
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L'amore tra due anime uguali

(Spoiler)
L'aspetto più interessante di questo romanzo è la protagonista femminile che mi sembra piuttosto insolita per l'epoca. Infatti, Jane fin dai primi capitoli che parlano della sua infanzia si dimostra una bambina assolutamente fuori dal comune, ben diversa dalle cugine che ottengono sempre ciò che vogliono mediante le tipiche armi femminili: il capriccio e la civetteria. Jane da subito è in una situazione assolutamente sfavorevole poiché si trova orfana ed è affidata alle cure della zia che la rifiuta.

La prima domanda che ci si pone e che la stessa Jane si pone sin da piccola è a cosa è dovuto l'atteggiamento ostile della signora Reed. Jane si risponde da sola ma la risposta viene svelata anche dalla servitù: a Jane mancano le caratteristiche per essere amata. Lei stessa dice che se fosse stata meno sincera, più ottimista e graziosa la sua presenza sarebbe stata forse più gradita. Infatti, Jane è sempre tacciata di ipocrisia quando paradossalmente dice sempre ciò che pensa.
Jane è colei che non accetta passivamente la sua condizione ma si ribella, quando i cugini la aggrediscono reagisce con quella che lei definisce la ribellione degli oppressi, della schiava.

Quando Jane osa sfidare la zia viene finalmente mandata in una scuola, un piccolo istituto per fanciulle povere, diretto da Mr. Brocklehurst che adotta una severa e rigida morale protestante. Prprio in questo periodo Jane scopre l'amicizia e grazie ai saggi consigli di Helen Burns impara a perdonare e a giudicare i fatti in maniera meno impetuosa bensì con razionalità.
Helen è un personaggio che entra in conflitto con Jane perché accetta ogni punizione senza lamentarsi incarnando in un certo senso la perfetta cristiana o il tipico ideale di persona, sognatrice, più vicina ad un'estetica romantica, forse per questo muore precocemente di tubercolosi.
Nel periodo che Jane passa a Lowood si possono notare riferimenti alla vicenda personale delle sorelle Bronte che spesso si ammalavano nei convitti dove erano istruite a causa dell'incuria e dell'aria insalubre.

L'infanzia di Jane si conclude quando diviene a sua volta insegnante presso la scuola ma dentro di se anela a qualcosa di più, il suo spirito irrequieto non accetta la situazione di equilibrio che ha finalmente trovato e perciò segue la strada di tutte le fanciulle mediamente istruite ma povere, cerca lavoro come istitutrice privata.

Trova lavoro a Thornfield, luogo nel quale oltre ad occuparsi di Adele Varens, incontrerà il brusco padrone della dimora, il signor Ronchester. Lo sviluppo di questo personaggio è un altro aspetto interessante del romanzo, Ronchester ci viene presentato come una persona burbera, dal cuore d'acciaio, anche lui come Jane è irrequieto pertanto viaggia sempre in tutto il mondo anche se comincia ad intrattenere lunghe conversazioni con Jane.

Jane quindi affronta, la tappa più importante della sua vita, scopre l'amore e si rende anche conto della semplicità del suo aspetto. Uno dei punti più significativi del romanzo e il momento in cui Jane confronta l'avvenente e ricca signora Blanche che vorrebbe sposare Ronchester e se stessa. Quindi ci mostra i canoni di bellezza dell'Inghilterra vittoriana, la società meschina ed ipocrita che contrasta con la rettitudine e semplicità di Jane.

Significativo è il personaggio di Bertha Mason, la moglie segreta di Ronchester che rappresenta la pazzia, connotata in maniera fortemente negativa. Bertha si contrappone a Jane e si crea un conflitto che troverà la sua risoluzione solo con la morte quasi volontaria, lucida di Bertha.

Personaggi ugualmente interessanti sono quelli legati al mondo religioso, a partire dal rettore di Lowood che è convinto di dover applicare ad ogni aspetto il rigore e il sacrificio, chiaramente è connotato in maniera negativa perché rigido e bigotto ma anche fortemente ipocrita poiché mentre impone uno stile severo alle ragazze consente alle sue figlie di seguire le mode del momento e di trasgredire tutti i suoi precetti.
St. John Rivers è un altro esempio di religiosità, uomo appassionato che pensa ad ogni sua azione in funzione di Dio e rifiuta l'amore pur di recarsi in missione in India, chiede a Jane di sposarlo ma non per amore ma per ottenere un valido aiuto missionario. Da un lato il personaggio sembra talmente accecato dalla sua missione da non rendersi conto di esporre gli altri ad una vita di stenti e probabilmente di spingere se stesso e Jane ad una morte precoce come prevede la stessa Jane. Si contrappone a Ronchester più umano e fallibile. Rivers sembra sempre infallibile, come illuminato da luce divina che gli suggerisce i passi da compiere e infatti, Jane non lo condanna ma lo definisce puro e quasi non vede una persona che potrebbe degnamente accostarsi a lui.

La tematica dell'amore ostacolato è forse la principale di questo romanzo ed è emblematico che Jane possa sposarsi con Edward solo quando in un certo senso diventano pari, lei acquisisce ricchezza materiale e lui perde la vista e ha bisogno di sostegno. La parità dal punto di vista materiale tuttavia a livello teorico non dovrebbe avere significato perché la stessa Jane afferma che lei e Ronchester sono uguali, le loro anime non possono essere vincolate a leggi convenzionali o terrene. Quindi l'amore che ci propone Jane è una forma d'amore profonda che sfida però le convenzioni sociali e che nasce come se i due protagonisti fossero già nell'eternità che rende uguali tutti gli uomini. Non è un amore platonico, anzi dal mio punto di vista c'è una forma di seduzione tra i due, Jane scopre di conoscere quasi in maniera innata tutte le tecniche femminili per mantenere la fiamma dell'amore accesa e anche il signor Ronchester è un personaggio fortemente fisico.
Significativi e romantici anche i dialoghi d'amore nei quali anche i difetti fisici dei due innamorati non diventano per forza pregi ma si trasformano in aspetti caratteriali secondo la fisiognomica, scienza molto considerata all'epoca.

L'autrice delinea in maniera vivida i personaggi, rendendoli complessi con innumerevoli sfaccettature e risvolti psicologici, lo stile è fortemente biografico e il fatto che la storia sia raccontata in prima persona da Jane, narratore onnisciente rende ancora più reale i personaggi e l'intreccio.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    25 Giugno, 2015
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Essere geisha

L'aspetto interessante di questo libro è che pur essendo stato scritto da un autore statunitense riesce a riprodurre quella sensazione tipica di un'atmosfera orientale. Infatti, fin dall'inizio il lettore viene trascinato in un piccolo villaggio di pescatori giapponesi e attraverso la protagonista si scoprono le superstizioni che regolano la vita nel villaggio. La piccola Chiyo a causa del destino seguirà un percorso differente da quello che le era destinato e nella grande città di Kyoto dovrà imparare tutte le astuzie per difendersi dai pettegolezzi e dai nemici.
La storia pur essendo un romanzo è basata su testimonianze autentiche di geishe e pertanto si può ritenere attendibile.
L'aspetto interessante è che le usanze giapponesi ci vengono spiegate dalla protagonista che rispecchia un po' il lettore, anche lei infatti, scopre pagina dopo pagina, giorno dopo giorno l'arte che si cela dietro la professione di geisha. Questa scoperta è mitigata dal fatto che Chiyo-Sayuri narri la sua storia dall'alto della sua maturità quindi la sua vita è ripercorsa comunque attraverso una prospettiva diversa, interpretata in maniera più saggia ed equilibrata.

Molto interessante infatti è la visione della geisha che non è considerata una mera prostituta ma è un'opera d'arte in movimento, un'artista. Ho trovato ogni pagina ricca di tradizioni giapponesi interessanti che scandiscono la vita della giovane Chiyo che subirà nel romanzo una sorta di trasformazione. Infatti, da una ingenua paesana riuscirà ad ottenere la protezione della più grande geisha di Kyoto, la quale le insegnerà non solo le arti per diventare una vera professionista ma anche ad usare le parole, a ponderare le decisioni per non farsi sopraffare dalla nemica.

L'aspetto migliore del libro è proprio il fatto di poter entrare nella vita quotidiana delle geishe, dalla scuola, la danza, la cerimonia del te, fino ad arrivare alle complesse descrizioni dei kimono, alle elaborate acconciature e ai ricevimenti nelle case da te.

Questi ultimi sono proprio i momenti in cui una geisha impara ad utilizzare l'arte per compiacere un uomo, non solo attraverso la danza e la musica ma anche mediante lo sguardo, i gesti la conversazione. Quindi l'autore ci mostra che essere geisha non vuol dire essere una prostituta ma vuol dire dimostrare arguzia, fascino e intelligenza.

Lo scopo che spinge Chiyo a diventare una geisha è l'amore che nutre verso il Presidente, quindi al libro si aggiunge anche la tematica amorosa che emerge al pieno soprattutto alla fine del libro ma che si riflette in ogni azione che compie Chiyo-Sayuri per raggiungere i suoi obiettivi.

Ovviamente, la professione di geisha non è un esempio di emancipazione femminile ma il libro vuole presentarci uno scorcio della concezione giapponese del femminile che passa attraverso lo sguardo e ciò che la donna può comunicare con esso, quindi una forma di seduzione non verbale ma corporea.

Trovo che il romanzo sia molto riuscito e riesce a trasportare il lettore in Giappone grazie alla capacità dello scrittore di rappresentare luoghi e personaggi in modo molto coerente con l'ambientazione. Chiyo è il personaggio che cresce maggiormente, colei che da una situazione imposta dall'alto è riuscita a coronare il suo sogno. Gli altri personaggi sono tipici dalla Kyoto del primo Novecento, la padrona della casa da te, interessata unicamente al denaro, la geisha Mameha che porterà Chiyo al successo grazie ai suoi preziosi insegnamenti.

In conclusione ho apprezzato molto sia il contenuto che lo stile capace di diventare poetico, quasi fosse un haiku, ma anche descrittivo e particolareggiato.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    25 Giugno, 2015
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Didatta e scrittrice

Torey Hayden oltre a confermarsi come validissima didatta riesce anche, a differenza di altre colleghe, a trasportare sulla carta in modo efficace le sue esperienze con i bambini.

In particolare in questo libro si parla di un fatto sconvolgente: una bambina di sei anni con precedenti penali di una certa entità che viene temporaneamente iscritta alla classe speciale di Torey Hayden nell'attesa che si liberi un posto all'ospedale psichiatrico. Una bambina di sei anni ormai giudicata irrecuperabile, a cui nessuno dedica più tempo attenzioni o affetto. Solo Torey riesce a percepire l'intelligenza geniale che permette a Sheila di conoscere il significato di parole difficili e di risolvere quesiti complessi ma che le da anche il potere incredibile di cogliere perfettamente il punto debole dell'altro e di colpire con precisione.

Torey riesce a capire il trauma dell'abbandono profondo che ha già marchiato la vita di una bambina e che la induce ad assumere atteggiamenti ostili per evitare di provare di nuovo amore verso un'altra persona. Torey riuscirà a spiegare l'amicizia e l'amore alla piccola Sheila grazie all'eterna storia del piccolo principe ed è commovente notare la reazione quando Torey le affida una piantina da "addomesticare" e mostra tutto il bisogno di Sheila di dare e ricevere amore, di creare legami più forti della distanza che inevitabilmente dividerà il percorso di Torey e della bambina.

Come in tutti i libri di Torey è interessante notare l'istituzione ormai decaduta delle cosiddette classi chiuse all'interno delle quali i bambini con i disturbi più evidenti ricevevano assistenza specializzata e riuscivano a compiere piccoli progressi che dopo la chiusura di tali classi purtroppo si sono annullati a favore di un'integrazione che di fatto non è mai avvenuta.

In questo romanzo in particolare si nota il rapporto speciale che Torey crea con i suoi bambini e attraverso la sua testimonianza Torey ci svela che più che seguire un metodo sterile preconcetto, preferisce sperimentare seguendo l'istinto derivato dagli anni di pratica. Torey non affibbia un nome clinico ai suoi bambini ma va decisamente oltre il termine vuoto e impersonale della malattia tenendo in considerazione l'essere umano e l'unicità di ogni persona che la porta ad adottare molti metodi differenti.

Lo stile è tipicamente autobiografico, Torey è capace di restituirci le giornate trascorse con i bambini in maniera vivace senza essere prolissa ma cogliendo i momenti più importanti del suo anno scolastico e mostrandoci alcuni suoi metodi educativi che hanno chiaramente portato alla grande considerazione a livello didattico dei suoi libri.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    24 Giugno, 2015
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Ciò che si cela dietro la porta

La porta è un romanzo complesso, ricco, pieno di riferimenti colti, citazioni iperboliche che mostrano fin da subito le peculiarità dello stile della Szabò.

Infatti, la scrittrice si riferisce ad un pubblico che possa capire le citazioni e di certo non è una lettura facilmente comprensibile per tutti. Trovo che la trama sia buona e l'inizio è una delle parti che ho apprezzato di più. Mi è piaciuto soprattutto il rovesciamento dei ruoli: è Emerenc che chiede le referenze a Magda. Il libro si basa quasi interamente su questi due personaggi e sul loro rapporto. Magda è una sorta di alter ego della scrittrice e mostra chiaramente la sua debolezza: sebbene sia colta non capisce le cose più banali e nonostante svolga un mestiere che dovrebbe metterla automaticamente in empatia con la gente non riesce a provare una bontà vera, autentica.

Il personaggio di Emerenc è chiaramente il più oscuro, legato al concetto della porta intesa in senso lato come accesso privato ai propri sentimenti. In Emerenc si notano i classici turbamenti di chi ha vissuto gravi traumi, quindi preferisce che la sua porta rimanga chiusa e non permette a nessuno di accedere nel suo universo. L'unica che ha la chiave per capirla è Magda, che deve sottomettersi in un certo senso alle bizzarrie di Emerenc, tuttavia la due donne sebbene legate da quella che l'autrice definisce amicizia, non riescono a comunicare e ad aprire le proprie porte.

Emerenc è un personaggi che all'inizio colpisce molto il lettore ma che rivela presto un carattere crudo , tutt'altro che buono. l'autrice la paragona a personaggi quali Mefistofele, oppure a una sovrana quindi tende ad amplificare parecchio il carattere. Comunque da un lato mette in luce la semplicità della donna, dall'altro accenna al meccanismo psicologico complesso che si cela dietro l'apparente tranquillità di Emerenc. Secondo me non è buona ma compie anche gli atti di bontà come se fossero dei rituali che la sua mente ha sviluppato per gestire il dolore. Anche il gesto di spalare la neve, è un'azione meccanica ma nient'altro.

Emerenc secondo me funziona al meglio se la si vede come una parte di Magda, la sua controfigura che ne incarna gli aspetti opposti. Tali aspetti sono il rifiuto verso il lavoro intellettuale e l'odio verso la religione e le istituzioni. La porta di Emerenc, con cui Magda si confronta, ha secondo me dei legami con l'intimo della stessa, nasconde l'ombra, la parte di sè che Magda non conosce. La casa di Emerenc è ricca di simbologie di questo tipo, l'apertura dela porta è grave perchè mette a nudo ciò che si cerca sempre di nascondere, in questo caso mette a nudo la vita di Emerenc.

Ho trovato suggestiva l'immagine della stanza dove i mobili si sfaldavano, tornando nel regno dell'inconscio, della rimozione. Nonostante questo ragionamento, posso dire di aver trovato soddisfazioni nello scavare nel libro e trovare significati ma purtroppo non mi sono trovata bene con lo stile che all'inizio adoravo e poi ad un certo punto ha cominciato a diventare un po' ampolloso e irrealistico, soprattutto nei colloqui tra Magda e il marito. Infatti, essi parlano tra di loro in maniera artificiosa, il linguaggio non è realistico ma appare surreale, ricco di retorica e artifici tecnici che rendono quasi insignificante il loro rapporto. Sono arrivata a pensare che lo stile sia volutamente così ricercato al fine di mostrare quanto la cultura aulica e artificiale sia totalmente inutile se non si hanno altri valori.
Interessante anche la storia che trapela da ogni pagina del romanzo, la storia di una terra così ricca di conflitti come l'Ungheria.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    24 Giugno, 2015
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Percorso nell'inconscio

Ho provato sentimenti contrastanti verso questo romanzo perché da un lato mi ha aperto le porte di uno stile che non avevo mai riscontrato in nessun altro autore, quindi a livello di crescita personale è stato sicuramente un libro importante; da un altro punto di vista tuttavia, ho trovato alcuni aspetti un po' eccessivi.

Per esempio ho apprezzato molto il simbolismo e il massiccio utilizzo delle metafore di Murakami e tutti i possibili livelli a cui il libro può essere letto e interpretato. Per esempio interessante l'idea della foresta come simbolo materno, il legame con il femminile con il quale il protagonista ha chiaramente una questione irrisolta.

L'idea di lasciare il finale aperto è una caratteristica che lungi dall'infastidirmi mi è sempre piaciuta in ogni autore. Ci sono punti in cui ho apprezzato moltissimo lo stile come per esempio gli eventi onirici o gli interventi musicali o culturali e l'interazione dei personaggi.Siccome rimango affascinata dall'interpretazione di matrice psicologica mi vengono in mente gli archetipi junghiani e il fatto che forse i vari personaggi sono degli aspetti della psiche di Tamura che si manifesta in tutte le sue complessità e contraddizioni.

I due personaggi principali mi hanno colpita in modo abbastanza positivo e mi è piaciuto più di tutti Nakata. Tuttavia secondo me nel libro rimangono troppe questioni irrisolte e personaggi appena abbozzati che non compaiono per tutto il romanzo come Johnnie Walker, l'assassino di gatti che per esempio ritorna solo nella parte finale durante quella sorta di viaggio nell'inconscio. Ci sono secondo me troppi elementi, forse troppo materiale differente che può essere giustificato se si prosegue nel paragone con la psiche e con il quantitativo di pensieri e di immagini che essa produce. Se non si pensa in chiave metaforica il libro sembra non avere senso perché in tante pagine si gira attorno ad un quesito che poi viene abbandonato e lasciato irrisolto. Tuttavia, per me il fatto che sia irrisolto è una caratteristica positiva ma trovo che il lettore sia quasi sopraffatto dalla ricchezza di citazioni, simboli elementi che sono sempre al confine tra l'onirico e il reale.
Stile ricco, pieno suggestivo ed evocativo che compensa e sostiene l'abbondanza del contenuto creando un buon connubio.

In conclusione molti aspetti positivi ma anche elementi che non sono riuscita a comprende appieno forse perché più che tendere ad analizzare ogni cosa bisognerebbe assorbirla e lasciare che parli direttamente alla nostra psiche.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    23 Giugno, 2015
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La stanza e la donna

Un libro che ha come ambientazione una sola camera di una casa e come unico personaggio una donna. Nessun dialogo solo un continuo soliloquio che a tratti assume la connotazione di una sorta di flusso di coscienza. La donna che non ha nome, che potrebbe essere qualunque donna afghana, o meglio qualunque donna oppressa.

La donna assiste il marito incosciente a causa di una pallottola che per assurdo non l'ha colpito durante la guerra santa ma durante una banale rissa. La donna, dapprima si limita a recitare il rosario e a leggere il Corano compiendo gesti rituali che compie tutti i giorni per accudire il marito. In seguito comincia a parlargli, piccoli sfoghi che diventano sempre più consistenti fino a diventare un unico monologo che contiene tutti i segreti che la donna non ha mai avuto il coraggio o l'opportunità di svelargli.

Il marito diviene la sua pietra di pazienza la sua sang e sabur che nella tradizione mussulmana è la pietra situata nella Mecca destinata a contenere i peccati delle persone fino al momento in cui esploderà. Molto interessante è la voce femminile che si esprime su questioni religiose: per esempio afferma che Khadija, la moglie di Maometto è il vero profeta di Allah e si proclama essa stessa profetessa.

La donna si esprime spesso con un linguaggio che appare irrealistico per una donna araba, con molte imprecazioni ma ciò trova la sua spiegazione nello sfogo della donna ma soprattutto nel fatto che in questo modo ogni donna si può identificare con essa.

Il tempo tende a scandire il ripetersi delle azioni e è scandito dai respiri del marito ed è caratterizzato dal ripetersi continuo delle azioni della moglie. Solo in seguito il tempo non sarà più così ripetitivo ma diventerà molto più libero, ricco di flashback perché dominato dalle parole e dai segreti della donna.
L'ambiente è molto circoscritto e non sono mai descritti i momenti in cui la donna esce e solo le voci delle figlie dall'esterno allentano un poco l'angustia dello spazio in cui la narrazione è confinata
Il finale è molto particolare, il ritmo diventa concitato e confuso sembra di essere all'interno di un sogno, in una dimensione onirica e non reale, quasi nella psiche della donna.

Lo stile è formato da brevi incisi, a volte frasi che continuano a ripetersi nell'arco della giornata e l'ho trovato molto interessante ed è sicuramente molto espressivo, cattura le sensazioni della donna, le sue azioni e i suoi pensieri.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    23 Giugno, 2015
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Viaggio

Leggendo il libro mi sono lasciata trascinare dalle descrizioni molto ampie e dal viaggio della famiglia Joad per raggiungere l'ambita California.

L'autore alterna momenti in cui la vicenda emblematica della famiglia è protagonista e capitoli nei quali crea attraverso il discorso indiretto una forte invettiva politica. Le vicende che sono narrate in questi ultimi capitoli si riflettono nella vicenda dei Joad. Ogni provvedimento, legge che appare apparentemente benefica viene applicata alla famiglia e si rivela in tutta la sua devastazione.

I personaggi sono i componenti della famiglia ai quali si aggiunge un ex predicatore che ha smarrito la sua fede religiosa. Ogni personaggio è rappresentato in maniera coerente con la società americana del tempo: il padre è il capofamiglia come il nonno e i figli maschi maggiori mentre la madre si occupa delle fatiche domestiche ed proprio l'immagine della donna lavoratrice che preferisce non farsi domande e affrontare il futuro.

Interessante è il conflitto tra nuove e vecchie generazioni, è significativo che durante il viaggio muoiano i due nonni che sono un po' il simbolo del legame con il proprio luogo, dell'orgoglio verso gli antenati conquistatori. Essi non sono in grado di poter affrontare una società così diversa da quella in cui hanno sempre vissuto.

Molto suggestiva la descrizione del vento polveroso iniziale che devasta i campi e crea una situazione di crisi e si ricollega all'ultima pagina in cui si assiste ad un diluvio che ha invece un significato quasi biblico di speranza. Infatti non ha caso il libro si chiude con un gesto di dolcezza e di umanità che crea un presagio positivo nel lettore.
Ho trovato altrettanto interessante la personificazione della trattatrice che devasta non solo i campi ma anche la stabilità economica e le vite di molte persone distruggendo le loro case.

L'autore attraverso il viaggio svela la grande generosità della famiglia che non esita ad accogliere coloro che versano in condizioni peggiori. Tale aspetto forse non è propriamente realistico in quanto persone in condizioni disperate e in cerca di un lavoro conteso tra molte famiglie difficilmente presterebbero soccorso ad altre persone. Tuttavia penso che l'autore voglia invece dare un'idea di solidarietà che si può creare tra persone che condividono il medesimo disagio. La famiglia durante il viaggio subisce mutamenti, si disintegra trasgredendo quei principi alla base della famiglia tradizionale americana.

Emerge purtroppo anche l'odio che spesso circonda le famiglie che si riversavano in massa in California e non essendoci tutto il lavoro sperato vengono completamente abbandonati alla mercé della polizia che smantella i loro accampamenti abusivi.

Lo stile di Steinbeck è molto ricco e a tratti ha un'inflessione quasi biblica, utilizza il linguaggio tipico del volgo e lo alterna con momenti molto concitati di critica verso la politica. Molto efficaci le descrizioni che secondo me sono tra le parti più riuscite del romanzo.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    22 Giugno, 2015
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Italia

Uno dei libri della mia infanzia, chiaramente ad una attenta lettura con un'esperienza maggiore assume significati più ampi e una precisa connotazione storica.

Il protagonista è un bambino di nove anni che frequenta le scuole elementari fin da questo aspetto si nota l'importanza che l'autore riserva all'educazione come l'elemento che possa formare i veri cittadini italiani. Infatti, De Amicis descrive anche la realtà delle scuole serali mediante le quali i genitori dei bambini, spesso operai analfabeti possono ricevere anch'essi un'istruzione

Trattandosi della Italia post unificazione l'autore insiste molto su tematiche come l'integrazione tra Nord e Sud: emblematico è l'arrivo a Torino di un bambino di origine calabrese. Altra tematica chiave è sicuramente il senso di appartenenza all'Italia, il patriottismo e l'esaltazione della figura del sovrano e di eroi nazionali.

Attraverso gli occhi del bambino ci viene presentato l'ambiente scolastico all'interno del quale si trovano i suoi compagni che hanno delle caratteristiche fisse anche se certi subiscono una certa evoluzione pur mantenendo comunque i loro caratteri peculiari. Credo che questo aspetto possa essere giustificato dal fatto che l'autore voglia far capire quali sono gli esempi positivi e quali quelli negativi.

Molto importante è la figura paterna che si propone come modello educativo e soventemente corregge ed educa il figlio mediante annotazioni sul diario personale del bambino. L'educazione del padre si riflette in quello del maestro che oltre ad insegnare le comuni materie di studio, ogni mese racconta ai bambini storie di ragazzi come loro che hanno compiuto gesti nobili verso la patria o la famiglia.

Ovviamente il lettore moderno può giudicare eccessive e irrealistiche tali storie ma credo che i valori essenziali che propongono possano essere tuttora valide, anche senza giungere a gesti estremi il libro può mantenere alcuni aspetti educativi che stimolano fortemente quel patriottismo che oggi manca.

In conclusione non si tratta di certo di un capolavoro stilistico ma di un libro il cui valore risiede nei contenuti e nel forte amore verso la patria, la famiglia, i compagni di scuola.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    22 Giugno, 2015
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Artemisia:eroina moderna

Questo romanzo è stato utilissimo perché mi ha permesso di conoscere meglio una pittrice italiana del Seicento che spesso giace nel dimenticatoio: Artemisia Gentileschi la cui vita è senza dubbio una fonte di riflessione per tutte le donne.

Il libro ci trasporta nella cattolicissima Roma del periodo seicentesco, assistiamo a un processo per violenza carnale ma l'accusatrice è colei che viene indagata perché si tratta pur sempre di una donna e quindi è lei il capro espiatorio che ha tentato il suo stupratore. Ed è in questo modo che facciamo conoscenza con Artemisia Gentileschi il cui dolore è vivo e viene acuito dal terribile processo a cui viene sottoposta; per contro le suore del convento che frequenta propongono un'idea positiva di religione, sostenendo la giovane e facendole capire che la sua anima magnifica il Signore.

Quindi Artemisia trova rifugio nella pittura dipingendo donne di tutta la storia, dalla tradizione biblica, alla cultura classica rendendole umane, non solo sterili eroine. come il caso di Giuditta che decapita Oloferne, la cui forza non deriva da un'entità superiore ma da se stessa. Giuditta non viene rappresentata come un'esile e graziosa creatura che Dio ha investito di forza ma come una donna dalle braccia robuste la cui volontà le permette di decapitare il nemico del popolo. Oppure il celebre quadro di Cleopatra, sulla quale non compaiono i segni effettivi della morte causata dal morso dell'aspide. Oppure ancora la Lucrezia in preda al dubbio, non l'eroina impassibile ma una donna che sembra quasi proclamare il suo diritto di vivere nonostante lo stupro.

Artemisia rifiuta tutte quelle eroine classiche che si suicidarono per l'onta causata dalla violenza ma diventa un vero esempio di donna moderna che vive, ricomincia a dipingere e lotta per il suo riconoscimento come pittrice.

Artemisia è sempre in viaggio: da Firenze alle prese con una nuova vita per allontanarsi dall'ambiente romano, con un marito e una figlia,ottiene di essere ammessa all'Accademia, divenendo la prima donna membro dell'istituzione; fino ad arriva in Inghilterra dove si ricongiunge con il padre.
Il suo percorso è costellato da incontri con personaggi importanti del tempo come Galileo che creano un panorama filosofico e scientifico ben costruito.
La trama quindi è ricca di spostamenti che permettono di inquadrare varie città Italiane, di coglierne le peculiarità, lo stile di vita.

Interessanti le tematiche del talento e della passione che Artemisia cercherà di trasmettere a sua figlia senza risultati dimostrando come ogni persona debba seguire la propria inclinazione fosse pure quella al matrimonio come ci dimostra l'esempio di Palmira.

In conclusione un testo storico ma facilmente accessibile per tutti anche perché l'autrice insiste molto di più sui pensieri, sulle rivoluzioni scientifiche e artistiche piuttosto che sulle vicende politiche. Il personaggio di Artemisia è assolutamente accurato e i suoi pensieri vengono riportati con freschezza e vivacità.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    21 Giugno, 2015
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Ogni cosa vuole essere amata

Il colore viola fin dalla prime pagine mostra la realtà sconvolgente dei personaggi, caratterizzata dall'abbrutimento delle persone che perdono ogni traccia di umanità. Fin dall'inizio l'impressione è quella di sbirciare in un diario segreto, di leggere lettere private. Non a caso la struttura del romanzo è basata su lettere che la protagonista indirizza in principio a Dio e in seguito a sua sorella, la quale come Celie stessa ammette è l'unica persona che la ama davvero.

Celie ci mostra tutta la durezza della vita di una donna nera negli Stati Uniti, senza amore e risorse economiche per poter essere indipendente e costretta a subire le violenze del presunto padre e del marito. La violenza più grave che il marito compie è quello di lasciarla senza l'amore: infatti, Allontana Celie dalla sorella Nettie, levandole ogni residua forza di reagire.

I personaggi positivi che Celie incontra sono donne, a partire da Sophie che grazie alla sua forza le permette di capire che non è obbligata a soffrire in silenzio ma può permettersi di reagire. Sophie ha il coraggio di lasciare il marito ma la sua forza verrà spezzata nel carcere dove la donna finisce per aver colpito il sindaco. L'episodio mette in luce anche la mancanza di giustizia nei confronti degli afroamericani che si trovano in prigione senza alcun processo.

Il personaggio che però sconvolge la vita di Celie è Shugar, la cantante che in passato era l'amante del marito di Celie e che viene accolta in casa da quest'ultimo. Shug stringe un forte rapporto con Celie e le permette di capire che lei ha il diritto di essere amato perché ogni cosa e ogni persona fa di tutto per ricevere amore e affetto. Grazie a Shug, Celie riesce a trovare tutte le lettere di Nettie che il marito le aveva privato e scopre che la sorella si trova in Africa.
Le lettere della sorella sono un vero e proprio metro di paragone tra la società americana e quella africana. In entrambe le donne occupano un ruolo infimo e i neri vengono sopraffatti a causa dell'assenza di istruzione.
Il finale è comunque uno spiraglio positivo che permette di riscattare la figura del marito in maniera positiva.

Lo stile è crudo e personale, il linguaggio è volutamente sgrammaticato, scorretto ma proprio per questo assume una forte valenza espressiva, mentre emerge dal linguaggio il rapporto semplice e quasi confidenziale che Celie ha con Dio e che è ben lontano dal dogmatismo. Infatti, uno dei passaggi migliori del romanzo è quello nel quale Shug e Celie immaginano Dio in ogni creatura, non per forza un uomo come barba bianca ma come spirito.

In conclusione il romanzo è molto forte ma realistico e non mancano di certo momenti toccanti, riflessioni che nella loro apparente semplicità rasentano un pensiero filosofico,

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LaClo Opinione inserita da LaClo    21 Giugno, 2015
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Il ventaglio dei ricordi

Molto interessante nel romanzo la grande ricerca della scrittrice sulla misterioso modo di comunicare femminile: il nu shu. Per tutti coloro che amano il mondo orientale il libro si presenta molto ricco di frasi, modi di dire e anche stupendi paragoni tipici della Cina del XIX secolo. L'immagine del ventaglio che diventa il tramite di messaggi tra le due laotang è poetica e suggestiva come è molto complesso il legame che si crea tra le due bambine e che assume nuovi sviluppi con il tempo.

Il romanzo è avvolto in un'atmosfera piuttosto cupa, sembra costruito sulla sofferenza che le donne cinesi erano costrette a sopportare per tutta la loro vita. Dal momento del dolore fisico durante la terribile pratica del bendaggio dei piedi, al dolore spirituale, il rimorso che per tutta la vita perseguiterà la voce narrante.

I luoghi sono riprodotti con fedeltà storica e anche le tradizioni e le consuetudini specialmente della vita femminile sono narrate nei dettagli. Volutamente l'autrice insiste pochissimo sui personaggi maschili che non sono pertanto molto caratterizzate ma appaiono di più come presenze fisse che possono concedere o negare permessi.

Il percorso che compiono l'autrice e la sua laotang, segue la tradizionale scansione dei periodi dell'esistenza. Durante i giorni come figlie inizia il loro rapporto di ragazzine, subiscono la fasciatura dei piedi, la sofferenza e cercano di imparare a diventare buone mogli. Poi contraggono marimonio, Fiore di neve è destinata ad occupare una posizione più modesta mentre Giglio Bianco ha davanti a se un avvenire radioso e prospero. Infatti dal matrimonio i ruoli s'invertono: dapprima era Fiore di Neve a non comprendere lo stile di vita contadino di Giglio Bianco, la praticità delle mansioni che doveva imparare a svolgere; poi sarà Giglio Bianco a non poter comprendere il dolore dell'amica che attraversa una dura esistenza segnata dai maltrattamenti del marito e della suocera e dai continui aborti. Sarà proprio tale incomprensione a generare un conflitto tra le due amiche perché Giglio Bianco continuerà a rimproverare l'amica esortandola a seguire la tradizione e non riuscirà a capire il logoramento fisico e mentale di Fiore di Neve

Quindi caratterialmente le due protagonista ci appaiono in maniera diversa anche se secondo lo zodiaco cinese dovrebbero essere simili: Giglio Bianco è più pratica, legata maggiormente ai dettami della tradizione e con una mentalità più terrena, invece Fiore di Neve pur nella sua povertà continuerà a mantenere la raffinatezza che suggerisce la sua nobile discendenza ed è più legata al mondo celeste, alle creature dell'aria alle quali anela di somigliare.

Stilisticamente l'autrice utilizza un linguaggio ricco di frasi e metafore tipiche della Cina e crea un libro poetico con una sensibilità tipica della scrittura nu shu, non parla del mondo esterno, prerogativa degli uomini, ma della vita interiore, dell'amicizia tra laotang che supera addirittura il legame filiale e matrimoniale.
Un libro forte, a tratti anche amaro, soprattutto alla fine quando la protagonista ormai anziana continua a vivere nel passato, nel rimorso e nei ricordi contenuti nel ventaglio, il vero specchio della sua vita e del suo essere.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    20 Giugno, 2015
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Full immersion in India

Un romanzo accurato, ricco e molto preciso che trasporta il lettore direttamente nell'India di fine Ottocento. Le usanze, i costumi e le tradizioni sono approfonditi in maniera precisa e mettono in luce un aspetto dell'India legato alla tradizione, alla superstizione e all'intricato sistema degli oroscopi.

La protagonista Sivakami è il punto di partenza ed è anche il riferimento di una serie di generazioni che a partire dai suoi stessi figli popolano la casa. Fin da giovane è costretta a crescere, rimane vedova e deve confrontarsi con gli usi del paese che le impongono infinite regole da affrontare.
I due figli di Sivakami sono il punto dal quale si snodano due percorsi. Infatti Vairum si accosta a un modello moderno che rompe la tradizione mentre Thangam deve andare incontro a una tradizionale vita come moglie e madre e sarà proprio lei a portare avanti la discendenza con i suoi figli che verranno accolti nella dimora di Sivakami

Lo stile dell'autrice è adatto ad un romanzo di questa entità, infatti riesce sempre a mantenere l'interesse del lettore alto e sebbene i personaggi siano moltissimi riesce a dare un tratto caratteristico anche a quelli minori.

Interessanti gli sbocchi del romanzo che portano ad approfondire anche l'aspetto musicale della tradizione indiana attraverso la figura di Vani, talentuosa musicista mentre spicca la figura di Muchami che è il simbolo di colui che anela ad occupare una posizione migliore ma è consapevole delle regole e delle consuetudini presenti all'interno del sistema delle caste.

In conclusione l'opera si può definire in molti modi, è un romanzo storico, una saga familiare, contiene tutta la ricchezza della cultura indiana in un periodo di contrasti tra tradizione e modernità, contrasto che si rispecchia nelle vicende di tutti i personaggi.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    20 Giugno, 2015
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Niveo candore

Lo stile è l'aspetto che forse mi ha più colpita di questo romanzo che è pieno di sfaccettature profonde su una superficie semplice e poetica. Mi è piaciuto moltissimo lo stile nelle descrizioni dei paesaggi dove predominano il bianco, il candore, l'immobilità.

Ho apprezzato anche l'unione che l'autore ha creato tra la natura e il femminile che si inserisce nell'ambiente e che spesso tende a confondersi con esso, con la neve e con le aspre montagne.Il potere seducente della natura che colpisce l'esteta si riflette nella figura di Komako spesso paragonata ad elementi naturali fino ad identificarsi con la Natura stessa.

I personaggi mi sono sembrati ben inseriti in questo stile così evocativo e ho apprezzato la tematica che si nasconde in ogni personaggio:l'inutilità delle azioni che stanno compiendo. Come la geisha Komako che tiene la traccia delle sue letture e mantiene il suo diario aggiornato, oppure il protagonista stesso che non compie azioni di particolare rilievo e nutre una sterile passione verso il balletto occidentale, pur senza avere mai assistito ad uno spettacolo.

La semplicità dell'ambiente, così diverso dalla Tokyo rumorosa e caotica, lascia lo spazio alle riflessioni più pure e profonde come il passo in cui Komako esegue un brano con il suo shamisien o la magnifica descrizione sul tessuto Chjimi, strettamente legato alla neve.

La trama non è di certo la cosa fondamentale del romanzo e i dialoghi apparentemente sembrano scorrere su binari paralleli senza creare un incontro e di sovente vi è un ritorno continuo a poche parole o frasi che tendono a ripetersi.

Le immagini vengono evocate in maniera non convenzionale, per esempio i capelli di Komako che vengono definiti da Shimamura freddi e l'aspetto incredibile è che all'interno del romanzo acquista un senso l'espressione capelli freddi. A livello generale trovo che nonostante sia presente un uso massiccio del flusso di coscienza, o forse proprio per questo le parole siano scelte con cura e le frasi sono costruite in maniera praticamente perfetta.

L'incipit e il finale sono contrapposti e creano uno sviluppo interessante che permette al lettore di passare da un clima contemplativo pacato e sognante del treno ad un clima sconvolgente e drammatico nel finale dove emerge la figura di Shimamura che non prende parte attiva nel dramma finale ma mantiene il suo atteggiamento da esteta osserva quasi in modo distaccato l'incendio e la morte di Yoko che chiudono il romanzo.

La figura di Yoko è quasi l'ombra di Komako, la sua antitesi, la sua ombra e infatti la sua fine diventa un momento di perdita per Komako ma anche un momento significativo che sancisce il naturale sviluppo del dualismo creatosi tra i due personaggi femminili, il freddo e il caldo. In particolare il calore del fuoco è anche il calore che emana Komako e si contrappone al freddo della neve che pervade tutto il romanzo di cui Yoko è l'emblema, quindi a livello puramente simbolico si può pensare che in un certo senso sia Komako stessa a uccidere Yoko, a stabilire la fine di tale divisione di se stessa.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    19 Giugno, 2015
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L'atelier del pittore

Sicuramente il capolavoro di Tracy Chevalier che da un quadro riesce a ricavare un'intera storia.
La misteriosa ragazza con il turbante assume un corpo e un'identità e diventa una ragazzina di Delft, Griet costretta ad andare a servizio presso la casa dello stravagante pittore Vermeer a causa di un incidente del padre sul lavoro che lo ha reso cieco.

Griet attraverso i suoi occhi grandi ci racconta ciò che vede la città , il pittore e il suo misterioso atelier nel quale Griet scopre i dipinti, i colori e l'amore.
Il personaggio di Griet è molto ben descritto e si presenta subito come una ragazza con una duplice natura, da un lato c'è la semplice servetta che si limita a pulire l'atelier senza spostare nessun oggetto; dall'altra c'è una Griet che prende l'iniziativa, che indossa i proibiti orecchini di perla. Pur non essendo istruita è sveglia, intelligente ed è l'unica persona alla quale Vermeer può spiegare il mistero dei colori.

Sono proprio i colori gli ulteriori protagonisti del romanzo. A partire dalla prima pagina in cui vediamo Griet che prepara un minestra disponendo le verdure in modo da armonizzare i colori, fino ad arrivare a quando scopre che ogni colore si ottiene con molti altri e diventa lei stessa il soggetto di un'opera d'arte.

Sullo sfondo delle vicende vi è la città di Delft descritta attraverso gli occhi della protagonista che ne conosce ogni angolo e chiaramente gli eventi storici come l'epidemia di peste. La figura del pittore s'inserisce in questo contesto perché storicamente esistito ma diventa anche un uomo alle prese con la sua famiglia che deve mantenere. L'atelier è sicuramente il luogo più affascinante di tutto il libro perché è uno spazio quasi sacro in cui si creano i colori, si sente il profumo stesso degli oli, dei pennelli. Tuttavia è anche il luogo in cui si crea un rapporto tra Griet e il pittore, una relazione che si basa sugli sguardi e su piccoli gesti ma che non diventa mai corporea. Per Vermeer, Griet deve indossare gli orecchini, preso dalla sua estetica è disposto a scatenare l'ira della sua famiglia pur di osservare il suo quadro completo e perfetto.

Lo stile è molto diretto, la protagonista esprime con vivacità le sue riflessione, i suoi pensieri ed è molto scorrevole, pertanto si tratta di una lettura piacevole e interessante. L'autrice ci porta in un altro mondo, in un'altra epoca riuscendo a trasmettere la vita che anima la città creando un quadro reale e brioso.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    19 Giugno, 2015
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Una società fondata sull'amore

Orgoglio e pregiudizio è in sintesi una vivace descrizione della società ottocentesca che l'autrice conosceva molto bene. In particolare s'incentra sul rapporto tra clero, borghesia e aristocrazia, rapporto che diviene complesso nella sfera matrimoniale.
Infatti, come in tutti i romanzi della Austen, al centro delle vicende si trova una questione matrimoniale che molto spesso risulta di difficile soluzione.

In questo caso il titolo stesso può far comprendere al lettore le motivazioni che rendono complicato l'amore. L'orgoglio è quello che contraddistingue la classe nobiliare, Darcy e Lady Catherine che vanno fieri della propria posizione nella società, nel loro titolo; il pregiudizio è il comportamento che si nota in ambo le parti. Infatti, Elisabeth nutre preconcetti nei confronti di Darcy e basa il suo giudizio solo su voci infondate e sulla prima impressione, chiaramente non positiva. Anche Darcy però nutre pregiudizi nei confronti di Elisabeth pensando che data la pessima condotta della madre e di due sorelle anche Elisabeth avesse il medesimo carattere.

La famiglia assume un ruolo importate perché l'autrice descrive i rapporti tra la madre e le figlie e tra padre e figlie, nonché tra marito e moglie. La signora Bennet si presenta come una donna molto permissiva con le figlie che si occupa più del matrimonio che della loro effettiva felicità mentre il padre ha dei rapporti conreti solo con le due figlie maggiori e trascura le altre tre. Nei discorsi con la moglie il signor Bennet emerge per la sua spiccata ironia e ridicolizza il comportamento della moglie. Mr Bennet in conclusione è un padre di famiglia assente, che fugge il clima familiare e femminile accettando solo Jane ed Elizabeth.

Le cinque sorelle si possono considerare come emblemi di comportamenti differenti. Le due minori Lydia e Kitty dimostrano di aver ereditato il comportamento materno e quindi sono essenzialmente frivole e superficiali. In particolare Lydia dovrà ricorrere per la sua sventatezza ad un matrimonio riparatore, senza pensare che con il suo comportamento avrebbe compromesso la già fragile situazione della famiglia. Per contrasto, Mary si attira le antipatie per via della sua troppa superbia che la spinge a sfoggiare la sua cultura e la sua presunta abilità pianistica fuori luogo creando imbarazzo a Jane e a Elizabeth. Queste sono caratterizzate da un comportamento equilibrato e corretto anche se Jane appare un po' troppo buona e senza pregiudizi per essere reale.

Il personaggio che spicca è sicuramente Elizabeth che diventa un po' un'eroina del romanzo perché sfida le convenzioni dell'epoca ed è l'unico personaggio che compia delle scelte giuste, dettate dal sentimento. Elizabeth è capace di rispettare le regole della società, infatti è sempre cortese e affabile ma non esita ad esprimere la sua opinione anche quando potrebbe essere rivoluzionaria.

I personaggi maschili sono sicuramente meno importanti rispetto a quelli femminili ma importante è la figura di Darcy che come Elizabeth compie degli errori di valutazione ma mostra dietro la sua dura corazza un cuore innamorato.
Il clero è invece ampiamente rappresentato mediante Mr Collins, il cugino dei Bennet che mostra il suo lato speculatore e poco cristiano in quanto trae godimento dalle disgrazie della famiglia Bennet. L'aristocrazia, oltre a essere rappresentata da Mr Darcy è anche raffigurata da Lady Catherine che è il personaggio più tradizionalista,colei che non vuole staccarsi dalle convenzioni e accettare un matrimonio tra un nobile e una borghese.

I personaggi quindi diventano lo specchio della società, una società che non ha molte attrattive per il lettore moderno, una società in cui balli e conversazioni sono l'unico passatempo per le donne e dietro questo aspetto si può scorgere una lieve critica da parte dell'autrice.
Lo stile è molto scorrevole e l'abilità dell'autrice emerge nei dialoghi nelle allusioni e nei pensieri che caratterizzano i personaggi.

In conclusione si tratta di un romanzo che apparentemente potrebbe sembrare un racconto rosa, ma dietro questa illusoria apparenza si nasconde una critica sociale e una rande rivolta nei costumi, una grande rivoluzione dell'amore e del matrimonio.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    18 Giugno, 2015
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Verità

L'aiuto o The help, è un romanzo che si svolge in un periodo molto conosciuto della storia statunitense che è quello degli anni Sessanta. Quindi chiaramente le tematiche sono inerenti al razzismo e alla divisione purtroppo vigente tra bianchi e neri. Nonostante lo sfondo sia molto utilizzato in letteratura l'autrice sceglie una modalità molto particolare per rappresentarlo e crea un intreccio narrativo basato su tre voci, tre personaggi femminili che sono il cuore della storia: due cameriere afroamericane e una ragazza che cerca di diventare scrittrice sfidando le convenzioni del tempo che la vorrebbero maritata.
L'aspetto migliore del romanzo secondo me sono i personaggi che sono tratteggiati in maniera sapiente e che racchiudono nelle loro storie personali tematiche che vengono sviluppate dall'autrice. Per esempio Aibileen ha perso il suo giovane figlio per via del rifiuto da parte di un ospedale per bianchi di prestargli il primo soccorso, Minny subisce violenza domestica mentre Skeeter è oppressa da una madre che vorrebbe per lei un'esistenza fra le mura domestiche.
Le tre donne si trovano a collaborare a un progetto comune che ha come scopo la verità che viene costante mente negata alle cameriere di colore, dalle loro storie emerge sofferenza e diritti negati ma in alcuni casi anche un rapporto positivo con i datori di lavoro.
Un personaggio che secondo me è molto importante è l'ex cameriera di Skeeter, Costantine che non compare nel romanzo se non attraverso il ricordo della protagonista che scopre la storia e la verità sulla sua scomparsa. Costantine è colei che ha veramente educato Skeeter attraverso le sue preziose parole a non autocommiserarsi e a diventare un donna forte.
Mi pare interessante notare che il romanzo prodotto da Skeeter e dalle domestiche assume un significato differente per ogni personaggio: per Skeeter è una rivincita morale ed è un messaggio di rifiuto verso le idee razziste delle sue amiche , per Minny è una valvola di sfogo e per Aibileen è il realizzarsi del suo sogno e del sogno del suo figlio scomparso che stava progettando la stesura del romanzo.
Un altro personaggio che reputo molo riuscito è quello di miss Celia che proviene da una famiglia bianca dei bassifondi e che sposa un uomo molto ricco che la ama genuinamente. Lei rappresenta la persona ingenua che non è in grado di essere razzista perché vissuta in estremo degrado e al di fuori dell'ambiente cittadino. La funzione di questo personaggio può sembrare comica perché compie diverse azioni che rilassano e addolciscono la serietà dei temi trattati ma come la sua cameriera Minny anche Celia nasconde dentro di se un dolore grande che si rivela all'interno del romanzo.
Uno degli aspetti migliori del libro è il messaggio che lancia, le protagoniste arrivano a scoprire che i confini solo solo mentali, che non esistono davvero e che le leggi cercano solo di rendere tangibile qualcosa che viene creato unicamente dalla mente umana.
Significativo è il significato che assume il romanzo per Skeeter.Infatti esso diventa il suo modo personale di smettere di essere indifferente di fronte a tutte le ingiustizie di cui suo malgrado era muta complice.
Altrettanto bello è il fatto che Aibileen attraverso le sue storie impedisca alla bambina che sta allevando di diventare in futuro razzista come i suoi genitori, quindi anche il tentativo di cambiare la realtà attraverso l'educazione sin da piccoli assume importanza nel romanzo.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    18 Giugno, 2015
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La verità sulla Cina

Un libro che è stato vietato in Cina per le verità scomode che contiene al suo interno. Attraverso una sorta di saga familiare l'autrice mostra un percorso della cultura e soprattutto della storia cinese che assume tratti vividi e non rimane solo una pagina di storia con date ed eventi. Mediante la storia della nonna si dell'autrice il lettore viene a conoscenza della delicata condizione femminile dell'epoca e della barbara abitudine della fasciatura dei piedi, degli infiniti rituali tra le varie mogli e concubine in una grande famiglia cinese. La parte più consistente del racconto è sicuramente quella della Cina comunista sotto il governo di Mao Zedong. Tale periodo viene tratteggiato mediante la storia della madre e in seguito della stessa protagonista. Qui emerge tutta la brutalità di un regime che avrebbe dovuto migliorare la vita dei cittadini ma che ha portato a situazioni paradossali e a proibizioni ridicole.
L'autrice è molto abile nell'unire vicende personali alla storia cinese che viene svelata senza mezzi termini. Il libro diventa quindi anche un importante fonte storica perché rivela situazioni che anche i media hanno preferito evitare. Lo stile è molto chiaro, a tratti autobiografico e tratti molto scientifico nel portare alla luce eventi e date, l'autrice mantiene sempre un tono molto distaccato anche mentre parla di situazioni brutali che la riguardano da vicino, le violenze che si dipanavano di fronte ai suoi occhi di bambina, ragazza e infine donna.
In conclusione l'ho trovato un romanzo veramente sconvolgente, che unisce sapientemente tematiche storiche, personali e analizza la difficile condizione della donna dall'epoca in cui i canoni di bellezza femminile erano uniti alla sopportazione del dolore, al periodo comunista in cui la femminilità veniva negata mediante imposizioni al limite del ridicolo. Quindi, tale cambiamento diventa un nuovo spunto per l'autrice per analizzare anche la confusione psicologica delle donne, la negazione di qualsiasi forma d'affetto verso i parenti, i figli e i genitori che doveva sempre essere subordinato alla fedeltà verso lo Stato.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    17 Giugno, 2015
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Traditori?

L'aspetto principale di questo romanzo è costituito dai personaggi che vengono descritti in maniera antitetica, contrapposta che li rende irrisolti. Infatti, al termine del romanzo ogni personaggio rimane con i suoi dubbi, con la sua posizione. Vi è un incrocio tra la tematica politica, la tematica della solitudine e quella del tradimento che creano un romanzo originale e razionale. Ogni personaggio è avvolto nel manto della solitudine. Shemuel la brama, come per prendere una pausa dai suoi conflitti, Wald cerca di combatterla attraverso la parola, i dialoghi quasi ossessivi che occupano tutte le sue giornate.
Atalia invece s'inserisce in maniera inizialmente sotterranea e si integra e sembra accettare la sua solitudine e prova pietà per tutti gli altri personaggi. Atalia, secondo me, è uno dei personaggi femminili più interessanti perché appare inizialmente superiore alle dipendenze degli altri personaggi: la routine di Shemuel e il bisogno di conversazione di Wald non sembrano interessarle. Tuttavia acquista fin da subito un volto umano e realistico.
Tutti i personaggi, come Giuda, sono da soli, traditori per troppa fede nei propri ideali. L'emblema di tale tematica è il padre di Atalia, Shaltiel Abrabanel, il quale sebbene sia morto e quindi non fisicamente presente nel racconto guida e coinvolge tutti i personaggi. Lui è il simbolo di colui che crede a tal punto ai propri pensieri, da essere considerato dalla gente comune un traditore della patria, esattamente come Giuda è stato considerato il peggiore uomo della storia anche se secondo Shemuel è l'unico che ha veramente creduto e amato.
Lo stile dell'autore è molto razionale, ricco, pulito e incredibilmente originale in quanto vi è un continuo ritorno di frasi chiave, espressioni importanti, caratteri e temi principali. Si creano quindi tanti motivi diversi che nel romanzo diventano simboli del personaggio, come ad esempio la fretta di Shemuel o la sua facilità a commuoversi e la ciocca di Atalia che basta da sola a nominare il personaggio. Il finale è chiaramente aperto e irrisolto e si contrappone alla ritualità di Shemuel e alla sua fretta in quanto il protagonista si ferma in mezzo ad una via deserta e domanda a se stesso.

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Classici
 
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LaClo Opinione inserita da LaClo    17 Giugno, 2015
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La realtà e la giustizia

Oliver Twist si può considerare un romanzo sociale il cui fine è quello di denuncia di un sistema assolutamente privo di pietà o di carità verso il prossimo. Il protagonista è secondo me molto caratteristico perché di fatto gli manca un'identità in quanto il suo nome e cognome sono stati decisi attingendo ad un lista prestabilita. Quindi, nel momento in cui indossa gli stracci dell'ospizio e gli viene affibbiato il nome la sua posizione diventa chiara agli occhi di tutti: egli è destinato a non avere radici, un cognome che identifichi la sua famiglia. Il personaggio viene sempre delineato lungo il racconto in maniera positiva: è sempre buono, ingenuo nonostante la miseria che lo circonda e inevitabilmente il finale per lui sarà positivo, mentre una triste sorte spetterà ai due malfattori.
Credo che questo sia probabilmente l'aspetto meno innovativo di Dickens perché tende a premiare i buoni e a punire i cattivi nel maniera peggiore. Tuttavia questo aspetto si può spiegare con il fatto che i racconti venivano pubblicati a puntate sui giornali, quindi era importante l'opinione del lettore e il cosiddetto happy ending.
Un personaggio che secondo me è molto interessante è quello di Nancy che è consapevole del mestiere e della vita degradante che conduce e quindi cerca di riscattarsi impedendo che un' altra persona venga traviata e corrotta. Infatti, è consapevole che il suo gesto eroico da un certo punto di vista avrà delle ripercussioni ma è accetta la sorte inevitabile come una sorta di espiazione.
Un altro aspetto che trovo interessante è la critica di Dickens verso le istituzioni principali dell'epoca che fingendo di essere animate da spirito religioso, applicavano principi brutali verso i poveri che accoglievano. Tale critica non diventa mai polemica perché l'autore utilizza la sua ironia per stemperare la durezza delle critiche che si celano dietro di essa. Infatti lo stile di Dickens e le sue descrizioni risultano sempre efficaci e realistiche mentre non mancano colpi di scena e immagini anche commoventi. Grazie alla sua ironia ogni personaggio rimane vittima delle sue cattive azioni e subisce una sorta di contrappasso: per esempio i coniugi Bumble che prima dirigevano gli ospizi di carità saranno destituiti dal loro incarico e divenuti poveri saranno internati nel medesimo ospizio che prima coordinavano.
In conclusione penso che il romanzo parta da spunti reali e tristemente veri e che poi raggiunga un finale umanamente corretto e non realistico. Tale aspetto secondo me può essere interpretato come un tentativo di Dickens di rendere giustizia almeno all'interno dei romanzi dal momento che nella società vittoriana tale giustizia non sussisteva.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    16 Giugno, 2015
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L'incolore colorato

Questo romanzo si presenta come un romanzo orientato sul tema dell'amicizia in tutte le sue sfaccettature e in generale dei rapporti sociali . L'autore sviluppa la trama a partire da argomenti già molto sfruttati in letteratura ma cerca di rendere innovative queste tematiche mettendoci il suo tocco personale. La trama presenta un'apparente semplicità perché la situazione di base non è difficile: un gruppo di amici, legati fin dall'adolescenza decide di estromettere il nostro protagonista che a distanza di anni cerca di capire che cosa sia successo. Da questa storia così semplice la trama si arricchisce di situazioni ed eventi. Un tema affrontato è quello dei colori, intesi come modo di essere.I quattro amici di Tsukuru hanno il cognome che contiene un colore e per questo motivo apparentemente semplice il protagonista si sente un po' diverso dagli altri. Nella cultura giapponese i colori, hanno mota importanza, in particolare il blu è universalmente riconosciuto come un colore che trasmette fiducia, invito all'ascolto e affidabilità. Il rosso è un simbolo di forza rigogliosa e di conoscenza, è considerato un colore che porta fortuna e spesso viene associato al matrimonio. Il bianco è un colore importante per i giapponesi perché è associato al lutto, alla vecchiaia e ai fantasmi. Il nero in Giappone ha un significato sia positivo che negativo e simboleggia la forza di spirito e il disinteressamento ma anche i complotti e i crimini. Tazaki, come sottolinea l'autore, non pensa che ci sia una relazione tra persone e colore ma tutto il libro sembra smentire un po' questo pensiero. Infatti, i quattro personaggi sono rappresentati un po' come degli stereotipi e hanno, almeno secondo me qualche analogia con i colori, perché altrimenti la storia non avrebbe molto senso. L'autore ci presenta questo gruppo di amici in maniera pulita e semplice, ognuno viene isolato per un momento e tratteggiato abilmente in poche abili mosse dall'autore. Tuttavia, i quattro amici di Tazaki sembrano fin troppo identificati nel colore e non hanno tratti che li rendono unici e particolari.Infatti, Aka vuole primeggiare, è il primo della classe, piccolo di statura, fermo nelle sue decisioni, facilmente irritabile. Sembra il fuoco a cui è associato il colore rosso: una forza buona simbolo di conoscenza che purtroppo può facilmente arrecare danni. Ao invece, è il classico sportivo del gruppo, non bravo a scuola ma con ottime capacità di ascolto e di memorizzazione, appare simpatico a tutti e si contrappone un po' ad Aka. I loro colori sono contrapposti da un significato differente. Shiro è associata al bianco e infatti, all'interno del romanzo muore, tenendo fede al significato del colore e torna spesso in sogno a Tazaki. La sua natura è aerea, infatti, ama la musica, un'arte legata all'invisibile perché destinata a dissolversi nell'aria, paziente, dolce, timida e molto graziosa. Si associa al colore bianco perché eterea, immacolata, come il suo colore e pertanto destinata a sfiorire e a scomparire. Per contrasto Kuro è terrena e corporea ed è associata al nero e ne rispecchia la duplice natura, intelligente ironica, brava nelle materie letterarie. Il suo colore, così complesso si manifesterà più avanti nel racconto. Invece Tazaki è l'incolore, non è il migliore a scuola, nello sport e non ha interessi particolari. Invece poche righe dopo, viene mostrato come unico e particolare: ama le stazioni ferroviarie, un interesse che lo rende subito interessante. Lui come ci viene spiegato più avanti, è sempre stato considerato il collante del gruppo mentre aveva una bassa opinione di se stesso. Non esistono gli stereotipi, questi colori così puri che si rispecchiano nei protagonisti ma ognuno ha un colore così complesso da essere incolore. Il romanzo oscilla tra presente e passato che si alternano nei vari capitoli e diventa più complesso strutturalmente. Una volta che Tazaki viene allontanato dal gruppo cresce, cambia di aspetto e si non fa più ritorno al paese di origine e riesce a specializzarsi nella costruzione di stazioni, simbolo di viaggio e di cambiamento, di pellegrinaggio. Gli altri pur di rimanere uniti rimangono nella propria città, solo Tazaki ha il coraggio di viaggiare e di uscire dalla piccola comunità creatasi cercando di realizzare il suo sogno così circoscritto. Gli altri invece, hanno obiettivi generici,non così specifici, quindi si accontentano di una vita meno appagante. Grazie a Sara, la sua fidanzata, Tazaki può portare alla luce il suo passato. Sara inoltre, è 'unico personaggio che non ha un colore ma ha delle caratteristiche proprie e riesce ad ascoltare e ad agire concretamente permettendo a Tazaki di compiere un vero e proprio viaggio: è un po' come se fosse la sua stazione che lo accoglie prima e dopo il viaggio. Un altro personaggio importante è Haida che compare nella vita di Tazaki dopo la sua esclusione dal gruppo. Haida è molto diverso da Tazaki perché si occupa di cose immateriali e riflette molto in accordo con il significato del suo colore grigio che si avvicina di più a un non colore. Infatti, Haida non è uno stereotipo ma ha qualcosa in più rispetto agli amici di Tazaki, ama riflettere e non ha interessi così specifici ma ama costruire il vuoto, pensare far perdere la forma alle cose. Non è etereo come Shiro ma non è neanche terreno come Kuro ma unisce i loro due colori. Haida fa scoprire il brano le mal du pays di Liszt a Tazaki che gli da un indizio per riuscire a scoprire il passato. Tuttavia, anche lui è destinato ad andarsene e scompare dalla vita di Tazaki. In seguito Tazaki rivede i suoi amici uno per volta e gli forniscono la spiegazione dell'esclusione che secondo me è interessante ma non è del tutto razionale ma forse è così volutamente. Probabilmente non soddisfa pienamente il lettore perché non ha una logica chiara ma forse è un pretesto per concludere un rapporto che non poteva più andare avanti. Gli amici di Tazaki sono approdati ad una vita completamente diversa dalla loro gioventù e nessuno di loro è diventato ciò che avrebbe dovuto o voluto diventare. Kuro si è addirittura trasferita in Finlandia e anche lei costruisce qualcosa: vasi di ceramica e questa attività la lega a Tazaki. Lei è l'unica che si ricorda il brano che Shiro suonava ed è l'unica che riesce a spiegare a Tazaki la rottura del rapporto in maniera precisa. A questo punto tutto si ribalta e l'incolore diventa il ragazzo che tutti hanno sempre amato, il collante del loro gruppo, colui che assorbiva e stemperava i loro colori così forti e costruiva i rapporti come ora costruisce le stazioni. Il mistero più grande presente in questo romanzo è la morte che compare nell'incipit come sensazione di vuoto ritorna nella scomparsa di Shiro che sfiorisce e si dissolve e nel misterioso racconto di Haida che ha per protagonista un pianista nel cui cognome compare il colore verde e anche lui destinato alla morte che ha il compito di tramandare il segreto a qualcun altro. Il significato del colore verde qui si trasforma perché essendo simbolo di vita trasmette anche la morte che fa parte di essa. Il finale del romanzo rimane un po' ingarbugliato e non si conclude. ho trovato che la descrizione della stazione sia di forte impatto e mi piace il fatto che il viaggio di Tazaki avvenga internamente mentre, fisicamente guarda la partenza degli altri come una stazione ha visto partire i suoi amici e i suoi conoscenti e forse tutte le persone che entrano nella sua vita. Infine vorrei fare un ultima considerazione sullo stile che ho trovato lineare e un po' onirico in alcuni punti , connubio che ho gradito molto.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    16 Giugno, 2015
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Frammenti

Trovo che la particolarità di questo libro sia la sua struttura: i racconti che sono compiuti in se stessi ma che hanno bisogno degli altri per dare un senso alla raccolta. Ciò mi ricorda molto la poetica del frammento: piccoli aforismi compiuti in se stessi ma indefiniti, incompleti. I racconti sono legati in questo caso da una tematica che è la fuga e dai protagonisti che sono soprattutto donne. Ogni racconto in un certo senso acquisisce senso se accostato agli altri. Infatti il primo racconto è ambientato in un paesaggio campestre e la capra Flora sembra avere la stessa importanza di Carla, l'ultimo invece, oltrepassa l'esperienza terrena ed entra nella sfera del paranormale. Le protagoniste sono donne comuni, apparentemente banali e prive di senso ma esse sono lo specchio della realtà quotidiana, la mancanza di conclusione nei racconti indica l'impossibilità di creare una situazione felice, un classico happy ending ma anche l'impossibilità di concludere in modo dichiaratamente tragico. Il lettore si ritrova in situazioni senza fine, una sorta di ambiguo equilibrio che non si spezza nonostante gli avvenimenti che dovrebbero dare una svolta alle vite dei protagonisti, i quali sembrano apparentemente indifferenti ai vari avvenimenti. Questa indifferenza è simboleggiata dalla fuga, che coinvolge tutte le protagoniste dei racconti e non sempre si tratta di una fuga puramente materiale ma anche di un tentativo di fuggire da una realtà troppo dura, di trovare rifugio nell'indifferenza. Ad un primo impatto, questi racconti non sembrano realistici perchè ci sembra intollerabile l'atteggiamento quasi passivo delle protagoniste che sembrano non avere volontà propria come Carla, o Juliet, Tessa. Sembrano infatti, succubi degli uomini del racconto, ma di fatto esse sono vittime delle realtà e non tanto dagli uomini a cui sono legate. Gli uomini, infatti, molto spesso nel racconto hanno un carattere molto scorbutico, egoista e di sicuro incline al comando ma non sono degli orchi stereotipati e non sono loro che tengono in pugno le donne dei racconti. Queste donne sono vittime di se stesse, della loro impossibilità di prendere una decisione, dalla loro passività di fronte alla vita. Questi racconti sono realistici perché ci parlano della quotidianità in cui non c'è un lieto fine ma solo il ripetersi di situazioni, angosce dubbi che ognuno di noi cerca di evitare. Nessuno può criticare le protagoniste perché anche ciascuno di noi in una di queste situazioni si sarebbe comportato nel medesimo modo. Un aspetto importante di questa autrice e che mi ha interessato molto è lo stile che è anch'esso ambiguo:infatti, pur non cercando di indagare le emozioni e la psiche dei personaggi riesce ugualmente a farci capire chi sono e quali sono gli aspetti salienti della loro personalità e l'indagine sembra così ancora più precisa e particolareggiata. Inoltre questo stile così essenziale contrasta piacevolmente con la bellezza delle descrizioni che sono dei piccoli capolavori artistici che rischiarano un po' la tristezza e la voluta banalità delle vicende. I paesaggi così abilmente descritti sono un o dei punti forti della scrittrice perché mostrano la parte più poetica del suo stile. Infine è importante rilevare il continuo cambio di punto di vista e di tempo da parte dell'autrice che passa con disinvoltura da un periodo temporale all'altro mostrandoci dei frammenti di vita perfetti in se stessi, piccoli momenti speciali che occupano tutto il loro spazio e non vengono legati tra loro in alcun modo ma ci appaiono inaspettatamente dinnanzi agli occhi, quasi senza preavviso. In conclusione ho trovato questo libro un incredibilmente realistico, vero, uno specchio che rimanda un immagine che ci sembra di non riconoscere ma che è talmente presente nella vita di tutti i giorni che abbiamo perso l'abitudine di notarla.

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Lo Stato in una fattoria

La fattoria degli animali è la rappresentazione di una società totalitaria che a mio avviso non va identificata solo con quella russa comunista ma anche con ogni società repressiva. Il romanzo si presta infatti a molte considerazioni tuttora valide. La metafora della società avviene attraverso l'immagine di una fattoria che costituisce una sorta di stato i cui sudditi sono gli animali e il despota è il fattore che cura unicamente i propri interessi e dimentica di nutrire i suoi "cittadini". Come ogni popolazione anche gli animali protestano e cominciano a sviluppare idee rivoluzionarie, se vogliamo anche utopiche come insegna tristemente la storia. Il rapporto tra l'Uomo e gli animali è un esempio per mostrare come gli esseri che producono i beni materiali, i lavoratori vengano sfruttati da una classe parassitaria che può essere la nobiltà, i ricchi, coloro che detengono il potere e hanno il controllo di una nazione. Tale rapporto viene meno grazie alla dura battaglia degli oppressi ma è destinato a ricostituirsi perché purtroppo le idee teoriche di uguaglianza e fratellanza si disgregano di fronte all'avarizia e alla sete di potere dei maiali che sono anche di natura i più simili all'uomo. Infatti nella fattoria essi non possono trainare un aratro o produrre altri beni come le galline o le pecore e sono destinati ad assimilarsi con gli uomini al punto da non riuscire a distinguere più gli uni dagli altri. Significative sono le analogie tra il governo umano e quello animale: per esempio lo sfruttamento dell'ignoranza degli altri animali da parte dei maiali che sono i più furbi che è esattamente uguale a quello dell'uomo verso tutta la fattoria. Dal libro emergono elementi che caratterizzano la società comunista russa e quella moderna come il tentativo di manipolare le leggi, l'utilizzo di una squadra di polizia corrotta al servizio dei potenti e i dati che mostrano una situazione diversa rispetto a quella percepita. Importante è il ruolo dell'educazione perché è proprio dell'ignoranza che si nutre il potere dittatoriale.
A livello stilistico la prosa si mostra chiara e semplice, infatti non deve essere aulica e oscura perché di primo impatto deve sembrare quasi una favola ma al contempo deve far trasparire che si tratta di qualcosa di diverso, di una storia che tutta l'umanità conosce molto bene e che si ripete anche a distanza di anni e secoli.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    15 Giugno, 2015
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Cambiamento

(Attenzione spoiler)
La figlia della fortuna è un romanzo in cui l'autrice riesce magistralmente a inserire diverse tematiche e personaggi creando un insieme ricco ma coerente. L'aspetto che ho preferito è sicuramente l'ambientazione storica, l'analisi di un periodo in cui buona parte del mondo era resa folle dalla corsa dell'oro, la ricerca di una ricchezza illusoria alla quale si contrappone una ricerca dell'amore altrettanto illusoria e chimerica. Molto interessante anche il confronto tra una cultura occidentale, in continuo sviluppo rappresentata dal giovane continente americano e la cultura millenaria orientale di cui la Cina è portavoce. Tutti gli intrecci narrativi sono gestiti molto bene dall'autrice che crea diverse storie parallele che appaiono perfettamente inserite nel romanzo. Per esempio il personaggio di Jacob Tood mostra come la ricchezza lo spinga a ricadere sempre nella menzogna e nell'inganno mentre i personaggi di Eliza e Tao Chien, scoprono nuove culture, idee e si trovano per necessità a dover mutare il proprio aspetto esteriore e si trovano a percorrere strade diverse da quelle che avevano scelto. Eliza scopre quanto il suo amore sia diventato solo un'idea, un obiettivo da raggiungere mentre Tao Chien che voleva dedicarsi ai suoi studi di medicina e tornare in Cina decide di dedicarsi alla salvezza di bambine cinesi costrette a prostituirsi in California. La California appare come una terra in cui si può partire da zero, in cui ogni persona può diventare un'altra, occupare un altro ruolo. Un semplice medicante può essere un ricco nobile e viceversa. La California offre l'opportunità di rinascere e di creare una nuova società in cui non c'è spazio per i costumi obsoleti della vecchia Europa.
In conclusione penso che questo sia un ottimo romanzo perché mostra che ogni personaggio è diverso dall'idea che possono avere gli altri. Rose, John, Eliza e Tao Chien lungo il romanzo mostrano la loro complessità e la loro vera natura.

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LaClo Opinione inserita da LaClo    13 Giugno, 2015
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Il faro della mente

(Attenzione spoiler)
Questo romanzo della Woolf mostra chiaramente come la trama abbia un'importanza secondaria rispetto all'introspezione dei personaggi. Ho notato che ciò viene esaltato anche graficamente dalla Woolf, la quale enuncia in modo del tutto casuale le azioni che fanno progredire il racconto ponendole di sovente fra parentesi, mentre pone in rilievo il significato recondito che queste azioni hanno sui personaggi.La trama proprio per questo appare delineata mentre prevalgono i flussi di coscienza. Un aspetto molto importante sono i personaggi di cui noi percepiamo solo l'interiorità in quanto non sono quasi mai descritti fisicamente e appaiono in una conformazione molto comune cioè come una famiglia in vacanza con amici e colleghi presso le isole Ebridi. Da questo impianto fortemente autobiografico si dipartono le riflessioni dei vari personaggi dal forte impatto psicologico. Due dei personaggi più importanti sono i coniugi Ramsay. La signora Ramsay è il personaggio di maggiore rilievo anche perchè lei si identifica con il Faro che è il tema principale del libro. Una delle sue caratteristiche è la bellezza dinamica: infatti, la sua bellezza a tratti emerge, a tratti s'inabissa, scompare un po' come la luce del Faro che non sempre è visibile. Lei è un personaggio che razionalizza la confusione di tutti gli altri personaggi, la sua visione del mondo non è del tutto positiva, infatti teme per i suoi figli, teme la loro infelicità quando ormai diventeranno adulti. Infatti, la signora Ramsay cerca sempre di addolcire la realtà, di confortare i figli, come ad esempio all'inizio, quando pronostica il bel tempo pur essendo impossibile che tale condizione si realizzi, oppure si nota quando supporta il marito che ha bisogno di sentirsi apprezzato come intellettuale. Inoltre mi ha molto colpito una frase che ricorre nellla prima parte del libro, cioè l'abitudine della signora Ramsay di lasciare le porte chiuse ma le finestre aperte. Le porte infatti, vanno chiuse per impedire che qualcuno a livello metaforico violi la psiche rappresentata dalla casa, mentre dalle finestre entra l'aria, le immagini e i profumi. Le finestre da cui la signora Ramsay osserva il mondo circostante come se fosse lei stessa il Faro, attraverso i suoi occhi mette in luce i vari personaggi ma lei appare quasi sempre in ombra. L'unico momento in cui è illuminata dalla luce è quando il raggio del Faro si posa su di lei, ma se il Faro è un simbolo di sè stessa, ciò vuol dire che brilla di luce propria. Il signor Ramsay rappresenta ciò che è maschile, il padre, duro, tirannico,severo, che educa i suoi figli seguendo il principio della verità, non addolcisce la realtà e per questo non è apprezzato dai figli. Tuttavia egli stesso si presenta con i suoi sogni intellettuali e con le sue illusioni che la signora Ramsay capisce immediatamente arrivando a sentirsi addirittura superiore a lui. Il loro rapporto è complesso, a tratti giudicato perfino antiquato ma sempre basaro sulla dipendenza del marito alla signora Ramsay. Un altro personaggio importante è Lily Briscoe nella quale molti studiosi vedono la figura della scrittrice e rappresenta una spinta innovativa nel modo di rapportarsi al mondo e alla vita, rispetto a quello della signora Ramsay che vorrebbe vedere tutti sposati e tende a organizzare i matrimoni. Lily, invece rimane zitella e viene descritta fisicamente attraverso gli "occhietti cinesi e faccetta avvizzita" che la caratterizzano come un personaggio poco attraente ma di sicuro molto interessante. Cerca di assimilare i gesti della signora Ramsay ma alla fine non riesce a comportarsi come faceva lei nei confronti del vedovo Ramsay e la sua pietà rimane inespressa proprio perché lei non riesce ad accettare la morte di quella che simbolicamente è la madre di Virginia e solo verso la fine riesce attraverso la tensione mentale e quando ormai il Faro non si vede più a completare il suo quadro. Ciò simboleggia la sua accettazione e solo quando il signor Ramsay giunge al faro con i suoi figli, Lily raggiunge questa consapevolezza. Gli altri personaggi sono i figli, in particolare emerge James che si presenta subito come un sognatore, un bambino che ama ritagliare le figure, un artista che si contrappone alla tirannia del padre. Il suo desiderio è quello di andare al Faro ma nell'ultima parte del romanzo ciò gli viene imposto dal padre che invece nella prima parte del romanzo si oppone con tutto se stesso alla gita. La seconda parte del romanzo è quella più breve ma è importante per la trama perchè muore la signora Ramsay e due dei suoi figli, per la precisione gli emblemi della bellezza(Prue) e del genio(Andrew). La loro morte è citata di sfuggita, messa tra parentesi, appare quasi più importante la condizione di desolazione in cui versa la casa, abbandonata e viene messa maggiormente in luce la forza distruttrice della natura, che sembra quasi inghiottire quella casa già decadente che di notte richiama i suoi abitanti e che viene strappata appena in tempo alla forza della natura. Lo stile della Woolf si basa principalmente sul flusso di coscienza che ben si adatta alle tematiche del ricordo, della memoria, del passato. Ogni elemento, oggetto, a partire dalle figurine ritagliate da James, al Faro si carica di un significato psichico, diventano immagini che s'imprimono nella mente, simboli dell'inconscio collettivo e personale. Infatti, lo stile della Woolf è sicuramente influenzato dalle scoperte psicologiche di Freud e Jung e dalla scoperta dell'inconscio. Molto spesso insiste sulle stesse frasi, sui medesimi termini o citazioni per sottolineare la ciclicità,la ripetizione, l'immutabilità di alcuni punti e di alcuni aspetti. Tra l'incipit e il finale ci sono delle strette correlazioni, perché creano una sorta di nucleo in cui il racconto si chiude come se fosse un anello: la gita al Faro si compie anche se qualcosa è cambiato nei personaggi e il quadro di Lily viene completato dopo lunghe fatiche. In conclusione, posso confermare le mie opinioni iniziali sul romanzo e sottolineare la bellezza dello stile che appare ricco e semplice contemporaneamente e pertanto, secondo i miei personalissimi canoni rasenta la perfezione

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LaClo Opinione inserita da LaClo    12 Aprile, 2015
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Arte, storia e mistero

Trovo che sia un libro molto coerente e ben strutturato. La trama è molto originale e mostra molteplici aspetti molto interessanti tra cui l'interpretazione del dipinto " La Primavera" che diventa il motore della storia e la descrizione molto accurata delle varie città italiane.
Ritengo che il romanzo sia molto coinvolgente proprio perché la vita, le abitudini delle città sono descritte in maniera fresca e vivace, attraverso lo sguardo attento della protagonista. I personaggi sono ben caratterizzati e s'inseriscono bene nel contesto storico del romanzo. Alcune situazioni possono apparire improbabili ma l'autrice riesce a dare una spiegazione esaustiva e coerente che rende tali situazioni giustificate all'interno del romanzo.
Lo stile è uno degli aspetti più interessanti perché è molto scorrevole e chiaro e la struttura di ogni capitolo emerge dai tre aspetti che la protagonista coglie in ogni città o persona.
A livello storico è interessante il quadro dell'Italia e delle diversità presente tra le varie città che mostra l'incredibile varietà e bellezza che caratterizzano la penisola. L'interpretazione del quadro offre lo spunto di parlare di argomenti politici che sono affrontati in maniera leggera e interessante, senza creare pesantezza nel lettore.
In conclusione trovo che "La ladra della primavera" sia un ottimo romanzo appartenente ad un genere che s'ispira a opere artistiche per creare un connubio tra arte, storia e mistero.

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