Opinione scritta da Stefanocarrera

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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    31 Luglio, 2015
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Il fuoco che non purifica: una lettura estremament

Fino al suo ultimo capitolo, "La voce del fuoco" di Alan Moore offre il fianco ad una recensione prettamente "tecnica", sul modello delle centinaia fiorite per la "Trilogia di New York" di Paul Auster.

Le istanze post-moderne di "fusione" tra storia e storiografia, tra realtà e sua rappresentazione, che caratterizzano l'intera opera balzano all'occhio, così come i riferimenti a luoghi, immagini e tematiche ricorrenti, elementi che accompagnano il "canto" vacuo e doloroso del Fuoco, forza ammaliante e spaventosa che non offre redenzione e dà il titolo a questa breve antologia.

Seguendo queste due semplici linee-guida sarebbe quindi verosimile, se non elementare, descrivere il susseguirsi di racconti come un ideale "cerchio" narrativo dedicato a Northampton lungo 6.000 anni, capace di prescindere dall'ordine cronologico, così come sottolineato (ahimè, molto malamente) da Neil Gaiman nell'introduzione che accompagna la versione italiana.

Ma Alan Moore ha altri progetti per il proprio lettore.

Anzitutto, l'autore vuole frustrare ogni sentimento di "interpretazione" critica sorto nel lettore: presenta un ultimo capitolo spiazzante, scritto in prima persona, nel quale espone in modo quasi giornalistico tutte le possibili implicazioni "tecniche" legate al suo libro.

In poche righe, Moore identifica elementi ricorrenti quali gli Shagfoal, il piede varo, Novembre, la testa mozzata, etc. e ne "smonta" sistematicamente il valore agli occhi del piccolo "critico" sapientone che alberga in tutti noi.

Al contempo però, l'autore offre al suo lettore una perla rara; lo prende per mano, e lo conduce per le vie di Northampton, in una visita guidata strettamente contemporanea, ma capace di ricollegarsi magistralmente ai fatti descritti nelle storie descritte.

Moore si interroga su quale finale destinare alla sua opera, sottolineando come l'obbiettivo del suo scrivere sia quello di creare una commistione tra realtà e fantasia, tra "ciò che è" e una realtà "inquinata" da precisi e incontrollabili elementi di fantasia; elementi che non vogliono cambiare il corso della storia, ma solo descrivere i "fili" che muovono i pensieri dei protagonisti che la popolano.

Proprio i protagonisti, invariabilmente vittime di un "fuoco" di varia natura, compongono un meraviglioso e variegato gruppo di piccoli e grandi protagonisti del proprio tempo, e prendono corpo attraverso un uso della lingua semplicemente unico.

I 12 capitoli, tutti rigorosamente narrati in prima persona, alternano una prosa scorrevole a momenti di stream of consciousness incontrollato, marcando in modo estremamente intelligente l'evoluzione del linguaggio umano: dall'iniziale drammatica incapacità comunicativa (ma non espressiva) de “Il maiale di Mag”, fino alla complessa e disperata multireferenzialità del capitolo finale.

Un'opera magistrale, difficile ma estremamente appagante.

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Cavie - C. Palahniuck
Il vagabondo delle stelle - J. London
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    06 Giugno, 2014
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Premessa: io del film non ne voglio sapere.

Rivedere testi destinati all'infanzia con l'attenzione di un lettore adulto conduce spesso a esperienze di lettura profonde ed inaspettate.
E' questo il caso dello splendido romanzo "The Hobbit" dello scrittore culto J.R.R. Tolkien, nel quale la potenza comunicativa della fiaba è permeata dalla profondità del pensiero; pensiero che riaffiora, lieve e spietato, nelle parole dei protagonisti, componendo una narrazione "multistrato" che si colora di significati differenti sotto gli occhi di lettori differenti.
Le avventure dello Hobbit Bilbo Baggins, coinvolto in una rocambolesca caccia al tesoro, si svolgono in un mondo lontano dalle sofferenze del vivere, dove la morte è presenza costante, ma viene demonizzata alla luce di un codice di giustizia quasi trascendentale, basato sulla saggezza ancestrale di leggende, canzoni e detti popolari.
Nata come via di fuga dalle atrocità della Prima Guerra Mondiale, la Terra di Mezzo ammalia anche il lettore più smaliziato e diffidente, che non può non riscoprire nella fantasiosa semplicità di questa piccola perla un'ombra della preziosa emozione che anima il bambino nelle sue prime esperienze di lettura.
La magia, costante razionale nella narrazione, si compie solo alla fine, nel momento in cui chiudendo il volumetto ci si riscopre a desiderare ancora foreste incantate, cunicoli misteriosi perduti tra le montagne rocciose, verdi pianure assolate, piccole astuzie, grandi battaglie, sconfinate avventure.

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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    05 Giugno, 2014
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Un divertente affresco dell'inutilità della guerra

Il libro "Catch 22" di Joseph Heller propone al lettore una visione estremamente divertente e apertamente dissacrante del tentativo di sopravvivenza dell'uomo comune attraverso l'inferno della seconda guerra mondiale. L'inettitudine, il servilismo, la codardia dei gerarchi del plotone si scontrano a più riprese con la personalità semplice del protagonista Yossarian, foco narrativo, il cui occhio cinico e disperatamente terreno stende sulla narrazione un sentimento sincero di accusa contro l'insensatezza della guerra.

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Updike, Bellow
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    05 Giugno, 2014
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Un esempio di "Ballata dell'amore cieco"

Con il romanzo "Beloved" lo stile unico della scrittrice premio Nobel Toni Morrison raggiunge un livello difficile da replicare. A tutti gli effetti, possiamo dire che in questo romanzo la liricità profonda e toccante, caratteristica delle pagine più felici della produzione dell'autrice afroamericana, viene mantenuta lungo tutto il tragitto narrativo, in un equilibrio leggero e costante che strega il lettore immergendolo nello scenario drammatico della comunità nera degli Stati Uniti post-liberazione. La trama semplice, la storia di una madre che si macchia dell'omicidio di una figlioletta la quale ritorna dall'aldilà prima come presenza immateriale e poi come presenza fisica, svela passo-passo il passato dei vari protagonisti della vicenda, tracciandone ritratti precisi e sinceramente autentici, dove la magia è elemento naturale e plausibile, al pari della violenza, al pari della morte. Nella prosa di Toni Morrison risiede la stessa magia che anima gli scenari tragicamente corretti che si impongono come veri protagonisti dei suoi libri.

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Solomon Song, Native son
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    05 Giugno, 2014
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Un'affettuosa ode all'italica femminilità

Un onesto ed affettuoso inno alla donna, ecco come si può definire il libro di Carlo Fruttero "Donne informate sui fatti". Un giallo semplice ma non banale, molto ben scritto, che racconta la vicenda di un delitto "tutto al femminile", narrato in prima persona dalle interessate nella vicenda. La bidella, la barista, la giornalista, la carabiniera, ognuna con le proprie fissazioni, i propri tic, le proprie passioni e le proprie convinzioni, sono ritratti affettuosi che si muovono nella versione contemporanea della Torino che fece da scenario ai classici del duo F&L, e nei quali è impossibile non intravedere caratteristiche che rimandano ai mirabili personaggi ideati dal duo di giallisti più irriverente del 900 italiano. Certo, l'eccellenza assoluta dei classici è lontana, ma certamente "Donne informate sui fatti" non manca in sagacia e efficacia narrativa, proponendosi infine come un'onesta e divertente ode, che col suo sincero sorriso racconta e saluta le piccole nevrosi dell'amato pubblico femminile

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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    04 Giugno, 2014
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Il piacere di un buon libro

"Barney's Version" di M. Richter è un libro divertente, triste ed estremamente commovente; una lettura non semplice, che sfida il lettore conducendolo attraverso un intricato labirinto di citazioni dirette ed indirette che si fondono, a loro volta, con i diversi strati, incollati, sovrapposti e giustapposti l'uno all'altro, della sbiadita memoria del protagonista. Perla centrale del romanzo è la sofferenza del protagonista, ebreo canadese ed anglofono che vive a Montreal, uomo amaro e pieno di difetti che è impossibile non amare, il quale si perde nei ricordi per sfuggire, forse, all'inevitabile oblio che lo attende. E allo stesso tempo coltivando la propria fine, sofferta redenzione di un peccatore innocente.

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"Ogni cosa è illuminata"
"Qualcuno volò sul nido del cuculo"
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    04 Giugno, 2014
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McCarthy prosegue nella sua indagine dell'animo um

Nel libro "Sunset Limited" Cormac McCarthy pone faccia a faccia due tra le principali vertenze della sua esperienza narrativa; due uomini senza nome, identificati come "bianco" e "nero", si affrontano in un dialogo che si prolunga per 60 pagine, in quella che è una vera e propria battaglia tra posizioni filosofiche tra loro (forse) inconciliabibili.
L'atteggiamento agnostico, salvazionistico, filo-biblico dell'esperienza della vita e delle sue eterne speranze si confronta con il nichilismo freddo e razionale della conoscenza, in un dialogo che spazia nell'oceano delle cose materiali e immateriali che compongono l'esistere, pur mantenendo come fulcro il tema della morte, svolto in ogni sua declinazione.
La prosa Mccarthiana, secca, brutale, concreta, modula il tutto, infondendo alla narrazione una leggerezza non comune per un libro di pensieri, e lasciando spazio ad aperture di alta lirica e drammatica forza espressiva.
Un libro inaspettatamente complesso, alla cui luce rileggere l'intera opera dell'autore texano al fine di "sentire" le trame filosofiche che ne muovono gli scenari mozzafiato e i ruvidi protagonisti; un libro, a mio avviso, da leggere con calma, da godere come monologo, interpretato a voce piena, lasciando al suono la facoltà di rispettare l'emozione.

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Qualsiasi altro titolo dell'autore, "Il vecchio e il mare" di Hemingway
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    03 Giugno, 2014
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Una storia che emoziona in ogni sua forma

Celebre principalmente nella versione cinematografica di Milos Forman, il primo libro di Ken Kesey si propone come una delle pagine più toccanti ed intense della narrativa americana del Novecento.Vero classico contemporaneo, la storia narrata in prima persona dal paziente psichiatrico Chief Bromden dipinge in dense pennellate di emozione l'arrivo nel grigio mondo di un manicomio del chiassoso e corpulento McMurphy, e lo scontro frontale tra questo paziente atipico e il sistema che regna nella Ward. Le paure e le gioie che caratterizzano le vicende descritte si snodano in un complesso coacervo di relazioni e dialoghi dove la condizione umana viene spinta al limite per essere riscoperta e celebrata. La prosa è estremamente emotiva, a tratti rabbiosa, commovente, sincera al punto da lasciare che un lieve velo di follia avvolga la narrazione come una nebbia, che via via si dirada fino alla lucida drammaticità del finale.

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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    03 Giugno, 2014
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Uno splendido viaggio tra le nostre radici.

Scritto nei primi anni della carriera artistica dell'intellettuale italiano Pier Paolo Pasolini, e pubblicato solo in un secondo momento, sul finire della sua vita narrativa, "Il Sogno di una Cosa" propone alcuni dei temi fondamentali della poetica dell'autore nato a Bologna.
Storia di terre friulane all'indomani del secondo conflitto mondiale, il romanzo narra dell'amicizia fra tre giovani provenienti da paesi vicini, tra sagre di paese, sbornie, povertà e fame, dove la campagna nord-italica copre un ruolo principe, con i suoi colori, i suoi ritmi, i suoi valori.
I personaggi, concreti al punto da spingere a vere lacrime e veri sorrisi, si muovono nell'eterna ciclicità delle stagioni, tra ingenuità, dolcezza e genuina voglia di stare insieme, dipingendo il quadro di un vivere ormai perduto, basato su un sentimento di comunità oggi dimenticato.
Ed è così che nella sincera crudezza della vita contadina, la splendida prosa pasoliniana da forma a vicende semplici che parlano della vita di molti, tra sogni giovanili e amicizie cementate nel vino, utopie socialiste e galera, lacrime amare e sorrisi guasconi, amore sognato e amore consumato, malattia letale e indomita speranza.
Il lettore, soprattutto il giovane, viene posto d'innanzi ad un'obbligatoria analisi di coscienza e ad un involontario e struggente confronto, dal quale questo non può non uscire arricchito di un sapere e di un sentire ormai perduti, che si applicano alle speranze immemori dell'età più dolce, oggi come ieri.

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