Opinione scritta da MarcelloDC

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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    07 Aprile, 2014
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14 anni

Quando penso che l'opera della Nemirovsky è rimasta nel dimenticatoio per più di 60 anni, inevitabilmente mi chiedo cos'altro ci stiamo perdendo adesso e forse scopriremo tra chissà quanto altro tempo.
Quando invece penso alla triste, inspiegabile fine che questa ragazza sensibile e promettente ha fatto, unita dal destino a milioni di altri innocenti, i pugni si stringono per la rabbia.
Sto divagando, meglio parlare di questo piccolo capolavoro.
"Il ballo" è stato scritto nel 1928 ed ambientato nell'alta società parigina, nel lussuoso appartamento di una famiglia arricchita di origine ebraica.
Il fatto che i Kampf non siano ricchi di origine, ma che lo siano diventati grazie alle speculazioni in borsa del capofamiglia, è un dettaglio non di poco conto.
Antoniette, la protagonista, è una ragazzina di 14 anni che, secondo i costumi dell'epoca, viene trattata come una vera e propria bambina. Rosine, sua madre, è tutt'altro che amorevole nei suoi confronti: mal sopporta la presenza della figlia, che preferisce affidare ad una bambinaia inglese, concentrandosi di più sull'apparire ricca e di alta classe nonostante le sue umilissime origini.
Il signor Kampf è un personaggio di contorno, che appare completamente soggiogato dai voleri della moglie.
Antoniette, come molte sue coetanee di oggi, odia i suoi genitori. Il suo odio è intenso, è un vero e proprio disprezzo nei confronti di due persone che percepisce come ridicole e spregevoli, nel loro continuo affannarsi nel cercare di sembrare ricchi e potenti.
Odia anche la sua bambinaia, personificazione delle catene imposte dalla madre che la costringono ad essere una bambina anche ora che non si sente più tale.
Il rancore di Antoniette esplode allorquando la madre decide di dare un grande ballo per debuttare nell'alta società. I preparativi sono maniacali, nessun dettaglio viene trascurato, e Antoniette viene suo malgrado coinvolta nella preparazione dei quasi 200 inviti da spedire ad altrettanti Conti, Marchesi e compagnia bella. Ma quando chiede di poter partecipare alla serata, prontamente si scontra contro il muro della madre che non vuole sentire ragioni a riguardo.
A quel punto, nonostante la tenera età, riuscirà mettere in atto una vendetta che, seppur impulsiva, si rivelerà "diabolica".
"Il ballo" , complice anche la sua brevità, è folgorante. Fortemente autobiografico, mi ha riportato ai miei 14 anni, quando il mondo intero era il mio nemico e sognavo di avere 10 anni di più, di essere indipendente.
Quei 10 anni sono passati in fretta e purtroppo di tornare indietro non se ne parla. Forse questo piccolo libro mi è piaciuto così tanto proprio per questo: Antoniette avrà per sempre 14 anni, sarà per sempre in conflitto con il mondo che la circonda. E per quanto riguarda me, non dovrò fare altro che rileggermi "Il ballo" per ricordare come ci si sente.

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Racconti
 
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    25 Marzo, 2014
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Lyndon Johnson e tutti gli gli altri

Premessa: di DFW amo soprattutto la produzione saggistica.

"La ragazza dai capelli strani" è la prima raccolta di racconti data alle stampe da Wallace, nell'oramai lontano 1990.
Difficile trovare il filo conduttore che unisce i 9 racconti presenti in questa breve raccolta, i temi infatti sono assolutamente variegati e spaziano dalla televisione di Jeopardy e David Letterman ("Piccoli animali senza espressione" e "La mia prima apparizione") ad un racconto con protagonista un collaboratore del Presidente americano Lyndon Johnson ("Lyndon"), da una storia punk ("La ragazza dai capelli strani") a storie bizzarre ("Per fortuna il funzionario commerciale sapeva fare il massaggio cardiaco") o introspettive ("E' tutto verde").
Lo stile dei racconti varia molto anche dal punto di vista della forma, Wallace era maestro infatti nell'adattare la sua scrittura alle tematiche che decideva di affrontare e in questa opera della prima ora dava già mostra della sua duttilità in questo senso.
Dei 9 racconti, in particolare ho amato quello che da il titolo all'opera, crudo e assurdo al punto giusto, e il brevissimo "E' tutto verde", due pagine e mezzo che bastano a descrivere un rapporto d'amore di lunga data e che arrivano dritte al cuore del lettore, dolcissime, tra quanto di più bello si possa sperare di leggere.

Un libro interessante ed emozionale, che consiglio anche a chi cerchi di approcciarsi per la prima volta all'opera di David Foster Wallace.

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Fantascienza
 
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    21 Marzo, 2014
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Er ist wieder da

Berlino, 2011.
Un uomo si risveglia frastornato in un cortile: è Adolf Hitler.
Una premessa alquanto bizzarra per uno dei romanzi più divertenti che abbia mai letto di recente.
Hitler comincia la sua nuova vita nella Germania di oggi. E' lui il narratore, seguiamo quindi passo dopo passo i suoi pensieri e le sue riflessioni.
Gran parte della comicità del libro scaturisce infatti dall'incredulità con la quale Hitler vede il nostro mondo di oggi: le tecnologie, la società tedesca multietnica, la politica. Altro elemento che personalmente ho trovato divertente sono le "maniere" del Furher, esageratamente antiquate e la sua "ingenuità": non dimentichiamo che è passato dall'essere il comandante del Terzo Reich allo status di presunto "imitatore" da un giorno all'altro. E' convinto che tutti, anche quando lo prendono chiaramente per i fondelli, in realtà si stiano comportando con grande rispetto e delicatezza nel timore della sua figura.
Hitler, nella sua nuova veste (che lui ovviamente non si è scelto) di imitatatore di se stesso diventerà ben presto una star della televisione tedesca, strumento che non disdegnerà poichè a suo modo di vedere potrà farlo tornare alla ribalta politica tedesca.
Lui infatti non è diverso. Vuole il potere, vuole continuare a dare atto ai suoi piani. E' ancora il mostro che tutti abbiamo conosciuto sui libri di storia.
Tuttavia in televisione gli è concesso dire tutto: le sue ideologie malate per il pubblico non sono altro che una caricatura.
Ma nessuno ha fatto i conti con la sua immutata capacità persuasiva sulle masse...

La cosa che ho apprezzato maggiormente di "Lui è tornato", è la sua capacità di farti ridere e di inquietarti nello stesso momento. La comicità infatti sta solo nelle situazioni equivoche nelle quali si ritrova un dittatore di 70 anni fa proiettato in un mondo non suo. Ma l'uomo in sé, non può non terrorizzare ancora oggi.
Timur Vermes ha fatto un lavoro incredibile, sia a livello di documentazione che a livello di immedesimazione nella scrittura. Sembra davvero di entrare nella testa di Hitler: leggere per credere!
Interessanti anche le ampie note in appendice con le quali, capitolo per capitolo, l'autore fa luce su alcuni riferimenti storici e/o soprattutto giustifica il perchè in un certo punto "Hitler avrebbe davvero ragionato così", documentando con citazioni delle sue opere o con dichiarazioni fatte in discorsi o incontri ufficiali.

Consigliatissimo.

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Romanzi
 
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    20 Marzo, 2014
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CHI RINCORRE E CHI E' RINCORSO

Nel profondo Texas del Sud, non lontano dalla frontiera, un cacciatore reduce del Vietnam, Llewelynn Moss, trova nel bel mezzo del deserto fuoristrada e cadaveri, residui di uno scambio di droga finito male. Non lontano, trova una valigetta stracolma di dollari. Da questo momento la sua vita si trasformerà in una grande fuga.
Fuga da uno psicopatico e spietato killer a contratto, Anton Chigurh, talmente tenace da aver fama di non lasciare mai scampo a chi è stato designato come sua vittima, sempre pronto a lasciarsi dietro una scia di sangue infinita pur di raggiungere il suo obbiettivo.
Tra loro si interpone l'anziano sceriffo Tom Bell, che a differenza di Llewelyn si è reso conto del pericolo immenso che quest'ultimo corre, e si mette sulle sue tracce nella speranza di trovarlo prima del killer.
E' proprio la splendida figura dello sceriffo, attraverso capitoli scritti sotto forma di "flusso di coscienza" in prima persona, a condurci attraverso questa storia nera di violenza e follia.
Bell si interroga continuamente sul perchè di tanta violenza assurda, giungendo alla triste conclusione che i tempi sono cambiati troppo in fretta perchè lui potesse esser pronto ad affrontarli.
E' lui l'unico appiglio di fredda lucidità che ha il lettore del romanzo di McCarthy, ricco di dialoghi serrati e repentini cambi di scena. Il lettore segue le vicende dei due personaggi dell'inseguito e dell'inseguitore, intercalate dalle riflessioni, davvero splendide e spesso toccanti, dell'anziano sceriffo che continua a interrogarsi senza trovare risposte.
Un romanzo così coinvolgente è raro da trovare sugli scaffali, lo leggerete d'un fiato.
A mio parere un piccolo capolavoro che vi porterà a interrogarvi sulla violenza gratuita diffusissima, e purtroppo penso al bambino di 3 anni assassinato insieme ai genitori settimana scorsa in Puglia e agli altri casi terribili di cronaca nera legati alla criminalità organizzata, anche nel nostro paese.

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Romanzi
 
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    19 Marzo, 2014
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Un salto nel vuoto

Questo libro è stato il mio primo approccio a Emmanuel Carrère: non mi ha deluso.
Il 9 gennaio del 1993 Jean Claud Romand, stimato medico, uccide la moglie e i figli. Nel tentativo di suicidarsi brucia la propria abitazione, ma viene soccorso in tempo. La sua colpevolezza salta presto a galla, e si scopre rapidamente che anche i suoi genitori hanno seguito la stessa sorte.
Il gesto, apparentemente spiegabile, da' il via al racconto di una delle vicissitudine più inquietanti e contorte di cui abbia mai letto.
Jean Claud per quasi 20 anni infatti, si è costruito una vita lavorativa fittizia ad insaputa di chiunque: non è medico, non è ricercatore all'OMS. Passa le sue giornate in un parcheggio, aspettando di tornare a casa e alla sua recita. Vive nell'opulenza, costruita sul denaro spillato ad amici e parenti convinti attraverso truffe di ogni tipo.
Ma quando i debiti cominceranno a soffocarlo, la paura della reazione dei suoi cari lo porteranno a compiere una decisione inspiegabile.
L'opera di Carrère, che per stile e forma deve molto al Truman Capote di "A sangue freddo", ripercorre la vita di Romand sino al tragico epilogo e al processo che lo vide condannare all'ergastolo.
Una vita che è stata tutta una grande menzogna, bugia dopo bugia, solo per un motivo: il terrore di deludere gli altri.
In "L'avversario" Carrère riesce a trasmetterci il senso d'ansia e di panico quotidiani vissuti da Romand, l'orrore al pensiero che il suo teatrino venisse scoperto. E per finire, l'inspiegabilità di un gesto folle a fronte di una situazione che era diventata troppo grande da gestire per un uomo così piccolo, vuoto e inutile, alla quale neanche l'autore riesce a darci risposta.
160 pagine difficili: un vero e proprio viaggio nel vuoto, dal quale sarà difficile uscire indenni.

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"A sangue freddo" T. Capote
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Storia e biografie
 
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    19 Marzo, 2014
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STASILAND

Innanzitutto, il titolo con cui Feltrinelli ha deciso di pubblicare questo libro sul mercato italiano è decisamente ingannevole.
Se cercate un libro nel quale vengano descritte storie di vita quotidiana nella DDR meglio che vi orientiate su altro, tipo "Semplici storie" di Schulze (anch'esso edito da Feltrinelli).
Il titolo originale dell'opera della Funder, "Stasiland", calza invece a pennello con quello che vuole essere il contenuto nell'impostazione dell'autrice.
Il libro raccoglie una serie di interviste raccolte dall'autrice, australiana ma residente in Germania, raccolte verso la fine degli anni '90, riguardanti le esperienze personali di ex cittadini della DDR che si sono ritrovati, perchè dipendenti o perchè perseguitati, ad avere a che fare con il famigerato Ministero per la Sicurezza di Stato di Erich Mielke. I dialoghi tra autrice e intervistati vengono riportati in maniera narrativa (quindi non temete, non vi troverete a leggere una sorta di "verbale di interrogatorio"), con vari intermezzi e capitoli nei quali l'autrice descrive la sua personale esperienza di vita berlinese e di ricerca di interviste (molto interessante il capitolo nel quale la Funder si reca in visita alla sede centrale della Stasi), pertanto la lettura delle circa 240 pagine scorre veloce e raramente annoia.
Al di là della politica, le vicende narrate sono sicuramente sconvolgenti e illuminanti sulla sofferenza inflitta ad alcune persone.
Non aspettatevi certo di leggere un saggio freddamente imparziale, il coinvolgimento dell'autrice è molto forte in alcune delle storie narrate e forse talvolta eccessivo. Nel libro ovviamente si dà per scontato che la DDR fosse il male assoluto, cosa con la quale chiunque può essere in accordo o in disaccordo, tuttavia non mi sarebbe dispiaciuto se l'autrice avesse dato un impronta diversa alle interviste agli ex funzionari della Stasi, si ha infatti l'impressione che nel libro si tenda a ridicolizzare o "caricaturare" queste persone, mentre avrei trovato personalmente molto più interessante una indagine più approfondita sul perchè si arrivò a tanto fanatismo e, indubbiamente, a tali crudeltà.

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Consigliato a chi si interessa a materiale riguardante la Repubblica Democratica Tedesca
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