Opinione scritta da Carl84
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I Bastardi sottotono
Amo i "bastardi", amo la Napoli che circonda il commissariato di Pizzofalcone, ma questa volta non ho trovato lo slancio dei romanzi precedenti nè il passo in avanti che mi aspettavo con il progredire della serie.
I poliziotti a cui mi sono da subito affezionata sono rimasti questa volta un po' troppo "al palo". Emarginati e come sempre a rischio chiusura (e questo va bene!) ma fin troppo avvitati nei loro problemi personali e nei loro limiti caratteriali a cui non sembra esserci rimedio. Pur non aspettando scelte rivoluzionarie o svolte improbabili, questa staticità rende i personaggi distanti, l'insieme cupo e quel che è peggio monotono.
Discorso simile mi sento di farlo per la trama dell'indagine. Ottima l'ambientazione universitaria, tra appartamenti di studenti fuori sede e laboratori di ricerca, ma stereotipati i personaggi di contorno.
Aspetto il prossimo!
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Hotel Bosforo
È il primo romanzo che leggo di questa autrice turca e non so se ne seguiranno altri.
Che noia! Purtroppo la tensione e la curiosità che a mio parere sono la spina dorsale di ogni giallo qui mancano del tutto. Di solito durante la lettura mi arrovello cercando una possibile soluzione al caso ma qui me ne sono ad un certo punto disinteressata come d'altra parte fa la protagonista persa tra una chiacchiera con un amica e un tête-a-tête con un criminale.
In mancanza di una struttura narrativa solida potevano almeno venire in soccorso le atmosfere intriganti di una città come Istanbul. Invece è tutto troppo frettoloso e un po' stereotipato, la protagonista e la maggior parte dei comprimari sono antipatici e bidimensionali.
Insomma non mi ha convinta questo romanzo anche se le premesse positive per essere un libro interessante c'erano tutte: una città caotica e bellissima, una protagonista forte e indipendente. Poteva essere ma non è stato.
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Finale stridente
Acquanera è la storia di tre donne (la nonna Elsa, sua figlia Onda e sua nipote Fortuna) che vivono in un piccolo paese sperduto e condividono un dono che è anche una maledizione. Riescono ad avere un rapporto molto stretto con la morte, con la natura e con lo spirito dei defunti. "Medium" vengono chiamate dai più educati ma di solito i concittadini riservano loro l'appellativo di streghe e le tengono a distanza, salvo raggiungere la loro casa di notte e di nascosto quando hanno bisogno di qualche sostanza proibita per rimanere incinta o sbarazzarsi di una gravidanza indesiderata.
Le tre donne sono molto diverse tra loro. Elsa è rassegnata ma non amareggiata e nutre un amore molto forte per sua figlia e sua nipote. Onda è sicuramente il personaggio più duro, ribelle, cattivo. Si isola dal mondo che l'ha rifiutata e allontana l'amore di chiunque, persino della figlia. Fortuna vivrà un'amicizia molto forte con un'altra bambina, Luce, ma sarà proprio l'esito di questo rapporto, con cui tra l'altro si apre il romanzo, a spingerla ad andare via dal paese.
Il tema del pregiudizio e dell'odio per il diverso è centrale e ben sviluppato attraverso le figure delle tre donne che pur essendo diverse lo vivono sulla propria pelle allo stesso modo: soffrendo, chiudendosi in se stesse e costruendosi il proprio mondo di infelicità in cui sopravvivere. Più di una volta avrebbero la possibilità di provare a costruirsi una vita più normale altrove ma non lo fanno. Forse perchè la prigione dell'emarginazione è più che altro mentale e "altrove" non cambierebbe nulla, o forse perchè alle Donne il partire per il mondo proprio non riesce. Devono restare e consumarsi.
Gli uomini nel romanzo non hanno doti da medium, fanno vite normali e sono forti, seri. Quando non muoiono per varie circostanze cercano di interagire con le donne ma sempre a distanza, marginalmente, un po' spaventati dai misteri che esse custodiscono.
Ho trovato un'occasione sprecata visto il tema molto originale del romanzo il concentrarsi esclusivamente sul come le protagoniste vivono la solitudine e il rifiuto della società e non approfondire il tema delle anime dei defunti: cosa chiedono? cosa rimpiangono? Sappiamo poco di loro visto che per Onda (l'unica che riesca a parlarci) non sono altro che un peso e una maledizione.
L'ambientazione è resa perfettamente. Il lago vicino al paese con le sue acque immobili e pericolose evoca solitudine, immobilismo, angoscia. Sentimenti che pervadono il romanzo.
Valentina D'Urbano scrive molto bene secondo me, ma più di una volta mi sono chiesta se il dramma non fosse "troppo" e fine a se stesso. E il finale (ATTENZIONE SPOILER) l'ho trovato stridente rispetto al resto della storia che poteva restare dura fino alla fine invece che inutilmente consolatoria.
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Un potere che muove il mondo
In Zero zero zero Roberto Saviano ci fa immergere nel mondo della cocaina; realtà che, come impariamo già nelle prime pagine, può essere tanto quella lontana dell'America centrale quanto quella dell'uomo che ci precede in fila alle Poste.
Saviano per questo romanzo ha svolto un grandissimo lavoro di studio e ricerca. Come lui stesso racconta in varie interviste in questi anni ha incontrato molti pentiti o infiltrati nel narcotraffico, ha ascoltato centinaia di registrazioni, studiato centinaia di pagine di atti giudiziari.
L'idea è quella di raccontare un fenomeno criminale di proporzioni mondiali in un romanzo che unisce elementi giornalistici e elementi letterari.
Quello che ne viene fuori è un libro estremamente coinvolgente in alcune pagine (soprattutto quelle dedicate alle indagini italiane) e a mio parere un po' caotico in altre. La mia impressione è che per Roberto Saviano non ci sia più (o non ci sia mai stato) tempo per l'analisi equilibrata della realtà. Tutto è impetuoso, tutto sta succedendo ora davanti ai nostri occhi senza che riusciamo a rendercene conto. Ciò sarà senz'altro vero ma non ritengo che questo stile vada a favore di un libro che si propone anche di informare oltre che di denunciare. Temo piuttosto che non faccia che appesantirlo.
Troppo spesso ho avuto la sensazione leggendo di essere "istruita" come chi ha bisogno di una scossa per guardare finalmente il mondo dalla giusta prospettiva.
Non viene mai citato un saggio, una fonte giudiziaria, una statistica, una mappa dove poter eventualmente trovare conferma. Ci viene chiesto di fidarci e reagire più emotivamente che razionalmente.
L'aspetto del romanzo che mi ha più colpito è sicuramente la capacità di Saviano di approfondire la complessità delle vicende umane. Lungo il racconto incontriamo uomini e donne che la cocaina l'hanno consumata, venduta, trasportata, prodotta. Entriamo nelle loro vite e per un po' ci sembra di cogliere con precisione di cosa si parla quando si parla di narcotraffico.
Chiuso il libro mi sono sentita forse un po' stordita, non sono riuscita ad assimilare purtroppo tutti i dati. La sensazione però di un mondo criminale che si muove parallelamente alle nostre vite quotidiane e in modo invisibile cambia le economie e le vicende di interi Stati è molto forte e mi ha dato un nuovo punto di vista per poter leggere le notizie con una visione più ampia.
L'America vista da un americano
"Sono nato a Des Moines. Capita."
Bill Bryson comincia così il racconto del viaggio attraverso trentotto stati americani che compie partendo proprio dalla sua città natale nel centro degli Stati Uniti. Siamo negli anni '80 e da allora probabilmente molto è cambiato, ma le stranezze e le piccole manie degli abitanti della provincia americana ci fanno ancora divertire. Accompagnati dall'ironia dell'autore ci spostiamo da uno Stato all'altro, dalle metropoli alle sconfinate coltivazioni di grano. Bill Bryson è un giornalista sarcastico e curioso, interessato più alle persone che al paesaggio. Il suo racconto intreccia i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza alle nuove scoperte che inevitabilmente sperimenta chi è stato lontano da casa per molti anni. Un lungo viaggio che inizia con le titubanze di chi si sente ormai un po' straniero e prosegue riscoprendo l'affetto per il proprio Paese. Un racconto sicuramente onesto che non risparmia emozioni, leggerezza e qualche delusione lungo il cammino.
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Primo caso per Grazia Negro
Con uno stile anche più asciutto e teso rispetto a quello dei successivi romanzi, Carlo Lucarelli costruisce un thriller coinvolgente dal ritmo velocissimo. Come il commissario Romeo anche noi lettori sentiamo gli occhi bruciare di sonno ma non riusciamo a dormire, vediamo l'assassino proprio lì davanti ma non riusciamo a prenderlo, ci sembra di sapere già tutto ma restiamo sospesi fino all'ultimo. È anche il primo romanzo in cui compare l'ispettore Grazia Negro che ritroveremo poi in Almost blue, Un giorno dopo l'altro e Il sogno di volare.
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