Opinione scritta da Emilio Berra

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Emilio Berra Opinione inserita da Emilio Berra    21 Febbraio, 2014
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Il rischio 'ideologico'

Il racconto, scritto al nascere del Naturalismo, è ben congegnato e, oltrepassate le prime pagine, si fa leggere agevolmente. A me, però, sembra contenere un difetto, proprio dove si colloca l'intenzione di trarre un punto di forza: la denuncia dell'ipocrisia della società, nel perseguire i propri interessi, nella carenza di solidarietà. Tale obiettivo, che ha una nobiltà d'intenti, qui pare non giovare alla qualità letteraria, perché rischia di fare della giovane prostituta un monumento, un'eroina proprio per la sua condizione emarginata: l'ideologia, che sta alla base dell'opera, rende un po' fragile il racconto, con la suddivisione in 'buoni' e 'cattivi', per raggiungere il fine dello smascheramento sociale. La povera giovane commuove il lettore che diventa solidale con lei, anche perché è l'unico personaggio a cui l'autore ha dato approfondimento psicologico, che ha reso cioè 'umano'.

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Emilio Berra Opinione inserita da Emilio Berra    10 Febbraio, 2014
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Dalle braci grande fiamma

Siamo nel 1940, quando già divampa la Seconda Guerra mondiale. Due uomini di 75 anni si fronteggiano nella sala del castello di uno di essi (il Generale). Sono 41 anni che i due non si vedono (erano intimi amici fin dall'adolescenza benché, o forse perché, molto diversi: uno ricco, razionale, 'militaresco'; l'altro di famiglia non abbiente, di temperamento artistico, amante della musica).
Perché un così lungo periodo di voluto allontanamento? Che cosa è successo?
Fra di loro c'è l'impalpabile presenza di una donna, ormai defunta da decenni: Questo bel fantasma ha sicuramente segnato la vita dei due.
Ora il Generale ha delle questioni da porre, le quali da strettamente private diventano esistenziali. Ed è proprio questo "afflato cosmico", presente nel romanzo', che colloca Marai fra i Grandi della letteratura.
In quel freddo salone del castello, le braci non ardono solo nel caminetto, ove sono presenze non solo metaforiche, pronte a divampare in fiamme che annientano.
Il ritmo incalzante della scrittura inchioda il lettore, in un clima di crescente tensione, fino all'ultima pagina. L'atmosfera, benché inquisitoria, potrebbe essere definita di sontuosa seduta analitica, in cui il Generale, dopo decenni di solitarie e dolorose elaborazioni mentali, esplicita le proprie 'scoperte' su questioni per troppo tempo tenute sotto la cenere. La narrazione avanza in modo inesorabile: dettagli trovano la loro collocazione nel contesto di una vita, e sono tali da sorprendere, scioccare, devastare. Le domande esistenziali, che vengono poste, inquietano: riguardano l'esile confine fra amore e odio, il ruolo delle passioni e l'oggetto di esse. La ragione qui non è sufficiente: le sue ragioni schiudono piuttosto nuovi interrogativi.
C'è, però, un altro personaggio femminile, nel contempo reale e simbolico, ad essere punto fermo e rifugio affettivo nelle vita del Generale: personaggio vivo ('ancora vivo'), in carne ed ossa (ossa, soprattutto): è la vecchissima balia (che l'ha visto nascere e l'ha allattato), di età si direbbe indefinibile e leggendaria (in realtà ha 91 anni), ancora capace di accogliere, comprendere, consolare: lei gli fa il Segno della Croce; lui le dà un bacio: "come tutti i baci umani, anche questo (...) è la risposta a una domanda che non è possibile affidare alle parole".

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Emilio Berra Opinione inserita da Emilio Berra    31 Gennaio, 2014
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Le "Mille gru" di Kawabata

Questo libro del grande scrittore giapponese (Premio Nobel) è quanto di più bello sia stato scritto da quando esiste la letteratura. E' un'opera rivolta a chi ama l'arte, il sublime, la Bellezza.
Siamo qui immersi nella cultura dell'Estremo Oriente. Protagonisti sono cinque personaggi: attorno ad un giovane uomo ruotano quattro figure femminili: due ragazze nel fiore degli anni e due 'mature' signore (che sono state amanti de padre, defunto, del giovanotto): vita e morte, senso di colpa e purezza lambiscono fragili confini, ed un sottile erotismo aleggia fra le pagine del romanzo ed ammanta anche elementi del paesaggio, oggetti: pure le coppe per la cerimonia del té (anch'esse, a loro modo, protagoniste) ne recano i segni: morbidezza di colore, una macchia indelebile di rossetto sul bordo...
Lo stile presenta una lievità e una bellezza che incantano.

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"Dopo il banchetto" (Mishima)
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