Opinione scritta da diogneto
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un cerchio
Se devo pensare ad una figura che mi richiama questo libro la prima che mi viene in mente è un cerchio...
In principio ho preso il libro perché parlava di libri, di un rapporto speciale tra una bimba e un uomo solo... poi mi sono ritrovato tra le mani una storia fantastica che ha al centro la sorpresa che, piano piano, si rivela portando con se ora lacrime ora sorrisi in un vortice che, difficilmente, non ti prende!
Semplice come devono essere le cose belle, tondo come deve essere un libro da leggere camminando, leggero come le cose che le sorprese che, alcune volte, ti giungono nella vita e ti lasciano a bocca aperta!
Con AJ anche noi rimaniamo a bocca aperta in molti passi del libro e, camminando nei giorni dopo aver chiuso il libro, avrai la sensazione di rimanere stupito ad ogni angolo che incontri!
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non si smentisce
Prima di leggere questo ultimo, per ora, capitolo della vicenda legata al commissario Ricciardi magistralmente nata dall'inchiostro della sapiente penna di De Giovanni, avevo dato un occhio alle recensioni e, devo essere sincero, ero partito con un occhio "malevolo" pronto a cogliere le lacune evidenziata da molti recensori.
I primi capitoli li ho trovati pesanti... devo essere sincero: i capitoli ripetitivi, seppur poetici, di De Giovanni, non mi esaltano... Ma devo anche essere onesto dicendo che, dopo il quarto capitolo, si apre un libro veramente bello dove la storia, semplice ma coinvolgente, si lega alle vicende del commissario e del suo amico Maione e che lasciano con il fiato sospeso fino all'ultima parola!
Alla fine, l'unica pecca che posso trovare, e quella di lasciare sempre con il fiato sospeso in attesa di un nuovo libro per capire come, il nostro amico Ricciardi, decida di affrontare le sue vicende sentimentale che, dopo così tanti libri, non possono più essere procrastinate con il rischio di diventare pesanti!
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e la storia si conclude!
Un libro di mille e più pagine non può tenerti sulla corda in maniera continua senno, alla fine, avresti bisogno di un cardiologo... partendo da questo presupposto il libro di Follett regala sprazzi di alta tensione e momenti di calma apparente!
Punti a favore: le storie delle 3 famiglie si uniscono alla Storia in una maniera quasi simbiotica e ti lascia una traccia indelebile dei momenti che anche tu, grazia alla TV, hai vissuto in prima persona...
Punti a sfavore: limitati gli eventi storici narrati! Del tutto assente l'Italia, la religione, sia il cattolicesimo che l'Islam, vengono presentati in maniera negativa quando, invece, la Chiesa nell'ultimo secolo ha avuto un peso fondamentale nella caduta del muro e nel tentativo di portare avanti un dialogo tra le due superpotenze (Giovanni XXII durante la crisi missilistica di Cuba non dice niente?)
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non c'è due senza tre... ma forse questa volta era
La scrittura fredda di Agota Kristof ti congela piano piano le vene fino ad arrivare a farti respirare nuvole di brina!
La vicenda dei gemelli durante l'occupazione, la liberazione e la nuova "occupazione" della città di K. ti porta a toccare con mano gli orrori della quotidianità della guerra. Lontana dal fronte la vita procede solo con scaltrezza e dolore, la morte diventa compagna di vita e il dolore si mescola al cibo di fortuna raccolto nelle giornate di lavoro.
La lontananza dai genitori, i gemelli sono affidati alla nonna, lascia vuoto lo spazio emozionale emotivo dei gemelli che si amplia, ancora di più, durante il secondo libro dove, la "prova" che i gemelli devono superare, sembra insormontabile.
Il terzo libro sembra una rilettura dei primi due in chiave psicologica mostrandone le paure, le follie e le scelte come frutto della mente dei gemelli o del gemello.... alla fine, per me, rimane un inutile appendice a due libri che, già di per se, regalano dolore e gelo a sufficienza!
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pollice verso!
Pensavo di trovarmi di fronte ad un bel romanzo storico su una vicenda che è ancora avvolta nella nebbia della ideologia!
La storia si confonde tra la tenuta agricola di un fantomatico Magni e tra le gambe delle donne che Magni frequenta mentre, sullo sfondo, scorrono le vicende del primo fascismo! Ma la confusione regna sovrana... non si riesce ad inquadrare la storia rischiando di mischiare i piani narrativi... quello che viene fuori è un quadro confuso e contorto pieno di nomi e faccende legate con un filo sottile senza verve e con una narrazione quasi scolastico!
Pesantemente Bocciato!
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le storie di tutti
Un affresco leggero e genuino di 150 anni della nostra storia di paese attraverso e vicende di una famiglia calabrese che, in fondo, riassume tratti che sono essenza di ogni famiglia italiana. Al centro del racconto ho trovato interessante l'emergere della figura della donna sempre attrice principale anche se, da sempre, costretta a vivere dietro le quinte. Da madre a figlia si mescolano sogni e speranze, amori ed odi, voglie e repressioni fino ad arrivare a non capire più cosa significhi il termine emancipazione! il frigo pieno e la testa vuota? o il frigo vuoto e la testa piena?
Lo consiglio vivamente anche perché lo si legge in due giorni con una piacevolezza unica!
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Strike!
Lo stile coinvolgente ti porta a leggere di volata questo bel giallo scritto da
Robert Galbraith, pseudonimo della famosa autrice che ha incantato tutto il mondo con il maghetto dalla cicatrice sulla fronte J.K.Rowling, anche se, alla fine, ti ritrovi ad aver attraversato una storia un po' scontata e non molto originale con intrighi famigliari che ti portano, in alcuni momenti, a perdere il filo della vicenda.
Interessante la vicenda personale del nostro investigatore privato e della sua assistente interinale! Un passato misterioso fa capolino durante il romanzo ma lascia aperto, al lettore curioso, numerosi sviluppi nel seguito che vedrà la luce a breve.
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chissà quante volte...
Chissà quante volte avete visto un film con i 3 moschettieri... o un cartone... chissà quante volte, con gli amici, vi siete scambiati il motto uno per tutti e tutti per uno, chissà quante volte vi siete dati i loro nomi... chissà quante volte avete pensato ad un amico che somiglia a Porthos perché grosso, Aramis perchè bello, Athos perchè maledetto e tu, si tu, sempre e solo D'artagnan!
Il libro rimane nel solco dei pilastri dei classici, da leggere a qualsiasi età per sognare ancora e ancora e ancora una volta!
Io lo leggevo sotto il banco alle superiori... così tanto per dire...
Buona lettura!
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FUOCO!
Sono pronto ad offrire il petto al plotone di esecuzione! Pronti, mirate, FUOCOOOOO! E' l'unico libro che, nell'ultimo anno, non sono riuscito a finire!
Faletti mi affascina, scrive bene non c'è che dire, ma la storia, anche se lineare, mi sembra tirata per le lunghe in una maniera quasi asfissiante! E non è il problema del tomo enorme ma proprio di una noia che, ad un certo punto, mi attanaglia il dito e non mi fa piu' scorrere le pagine.... forse se avesse tagliato un paio i personaggi e reso il tutto più fresco e semplice sarebbe stato meglio, per me dico, essendo il romanzo uno dei più venduti in Italia!
Ora, se volete, sparate...
Questa de
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provaci ancora Mars!
essere il primo a recensire un libro mi mette un po' di ansia... essere il primo, poi, a recensire il libro d un giovane autore la raddoppia! Sopratutto quando il libro non è al livello delle aspettative che, la critica e la trama, mi presentava...
Mi sono fatto convincere dalla copertina, dal titolo e dalla trama.... una storia simpatica, mi sono detto, e, tra un thriller ed un giallo, due rise è meglio farsele! Francamente le risate non mancano ma, la trama un po' strampalata e surreale, non riescono a miscelarsi bene dando vita ad un romanzo si simpatico ma, a tratti, noioso.
I 4 anziani, che tentano di occupare rete maria per sostituire il sacerdote con la zeppola, si trovano a dover affrontare diverse avventura nel corso della loro fuga dalla casa di riposo! Spesso però dimentichi quasi che siano anziani pensando a 4 adolescenti in fuga dai genitori....
Alla fine sembra che, dal clima cazzaro, si debba per forza passare al clima moraleggiante.... queste cose non le sopporto! Non c'è sempre e qualcosa da insegnare.... Vero è che ogni libro ti lascia una piccola "legge morale" ma qui, il cambio di clima, è talmente forte che pensi di ritrovarti in un altro libro!
Buona lettura!
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L'uomo Gesù!
Partiamo dal presupposto che o ti piace il tema e ne sei attratto o non prendere in mano questo libro! Mauro Pesce e Augias cercando di aprire un dialogo profondo sulla figura che, in questi duemila anni, a riempito pagine e pagine di libri, saggi, romanzi...
Nel tentativo di approfondire il mistero ci si ritrova di fronte un laico e un teologo che si confrontano in maniera libera da ogni dogma e schema e ti portano nelle profonde strade del mistero Gesù fino a toccarne l'umanità più profonda.
Se però volete leggere veramente un libro su Gesù uomo vi consiglio, con enfasi e quasi obbligo, L'uomo Gesù di Mauro Pesce e Adriana Destro! allora l'approfondimento antropologico si Gesù sarà completo ed ensusiasmante!
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scoprire Dio da adulti!
Alla base della teologia cristiana, tra le innumerevoli opere del vescovo di Ippona e dei padri della Chiesa, si trova senza ombra di dubbio il libro delle Confessioni! Un tomo importante da leggere con attenzione e nel silenzio della ricerca di Dio.
Pregevoli pagine sono quelle in cui, Agostino, sente il richiamo di Dio e le splendide "poesie" che ne scaturiscono! Una risposta dell'anima a Dio e il tentativo, del cristiano, di liberarlo dalle catene della carne!
Leggerlo oggi potrebbe farvi sentire fuori tempo ma, spunti e suggerimenti, si possono trovare anche per chi, oggi, si mette a disposizione della chiamata di Dio!
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buona la seconda!
Dopo aver letto il principe della nebbia l'idea di rimettersi in mano un libro di Zafon ti scompare dalla mente! Ma se leggi le strabilianti recensioni su qlibri, capisci la trama e ne rimani colpito, non puoi che dare una seconda possibilità all'iberico scrittore.
L'ombra del Vento è un bel libro dove si entra per uscirne cambiati... specie nel rapporto con i libri!
Il giovane Daniel rimane colpito dal romanzo di un certo Julien Carax e, in una spirale di incontri e parallele che si sfiorano, cerca di ricostruire la storia di questo autore "semi-sconosciuto"....
Il tutto condito da amori, figure veramente stupende che si affacciano a accompagnano Daniel nella ricerca, poliziotti pronti ad uccidere e un misterioso personaggio che cerca di distruggere il libro per cancellare il ricordo di Carax dalla faccia della terra. Il tutto è, sapientemente, mescolato con la situazione storica della Spagna delle dittatura Franchista.
Cosa mi ha dato il libro? la sensazione che, ogni libro che mi appresto a leggere, mi possa aiutare a comprendere meglio una parte di me stesso....
Almeno penso, almeno spero!
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nebbia... forse troppa!
in adolescenza andavano di moda veri e proprio horror di serie C dove, o zombie di turno, rischiava di perdere i pezzi durante il film e reggersi i pantaloni scuciti con la mano buona!!!
Diciamo che, il primo libro di Zafon, ha lo stesso problema manca di collante e anche di trama che, a mio avviso, fa un po' acqua da tutte le parti...
Prima di tutto questa guerra dalla quale scappa la famiglia di Max non è neanche in sottofondo... viene citata nella prima e nell'ultima riga per il resto potrebbe essere inserito in qualsiasi epoca e in qualsiasi luogo provvisto di mare e farebbe lo stesso....
poi una storia d'amore struggente fino al sacrificio della vita stessa nata dopo un giorno di frequentazione....
uno spettro, mago, incubo, pagliaccio che arriva da chissà dove e non si sa dove va a finire....
un cimitero di statue che ora c'è e ora non c'è più...
il tempo che va avanti e indietro a piacimento senza poi capire il perché e il percome...
Insomma lettura veloce e semplice ma anche povera nei contenuti!
Spero si rifaccia con gli altri libri... senno la vedo grama!
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che fame leggendo il Ricciardi!
Caro amico Ricciardi questa volta mi hai fatto venire fame! Le lunghe digressione sulle appetitose ricette salentine e partenopee hanno reso la tua indagine molto saporita... In questo capitolo rimangono sullo sfondo le tue "storie d'amore" per lasciare spazio all'indagine sulla morte di una "puttana" e al fascismo che, pian piano, entra anche nella tua storia!
Le ampie descrizioni e le digressioni culinarie riescono a rendere gustoso tutto il libro creando quella suspense propria di un giallo d'autore, dove le pagine si divorano l'una dopo l'altra e le giornate sono una pausa tra un capitolo e l'altro fino a sentire lo stomaco brontolare all'ultima riga quando, le tue scelte, rimangono un pochino sullo stomaco dei più romantici!
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fuori dal tempo!
Un giornalista, Lorenzo Pellegrini, viene spedito nell'Africa Italiana a seguire il campionato di calcio della Repubblica Associata dell'Africa Orientale, la cosiddetta Serie Africa.
Il libro cerca di leggere le vicende delle squadre della colonia africana attraverso gli occhi del giornalista che, pur essendo solo per seguire il torneo delle sette repubbliche, rimane coinvolto nelle storie ordinarie tra i calciatori e i dirigenti con un sottofondo, razzista e colonialista, che permea tutto il libro.
Il libro è incalzante e cerca di leggere un futuro che non c'è stato, per fortuna, ma tiene bene gli occhi aperti su di un presente che non è molto differente dalla fantasia dal libro raccontata.
Diciamo che Brizzi qui lascia la sua classica forma da "viaggiatore" e si ferma a riflettere su terre che ancora nessuno, almeno in Italia, aveva toccato.... onore a te!
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ci si metta in cammino!
Il fu' giovane Brizzi non dimentica le sue origini e ci lascia un bel libro che parla di una cammino fatto di piedi e di ali...
4 amici, formula classica, ed un pellegrino tatuato che gli fa da compagno! Fino alla fine non si sa chi questo sia... sospetti, scatti d'ira, misticismo medioevale, ironia... il tutto condensato in un viaggio che sembra, e dico sembra, aver poco di spirituale ma che poi, in fondo, riesce a toccare le corde sensibili del nostro spirito.
Da leggere, con calma, anche se la voglia di scoprire tutto su questo pellegrino misterioso vi assalirà dal momento dell'incontro.
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C A P O L A V O R O!
Non è semplice recensire un libro della portata della Famiglia Karnowsky.... ci si prova a è un po' come cercare di mettere il mare in un secchiello!
La prima parola che mi è venuta in mente, al termine della lettura con ancora il fazzoletto denso di lacrime in mano è CAPOLAVORO! Spiegarne il motivo sarebbe ridurne la portata alle sensazioni personali... ma forse è quello che devo trasmettere e ci provo:
sono sempre stato interessato dalle storie di famiglie che si mescolano alla storia recente... la prima opera che mi viene in mente è quella che sta portando avanti Ken Follet con la sua Millennium! Ma qui la Storia è un personaggio quasi secondario.... le vicende della famiglia Karnoswky hanno una potenza a sé stante e, in alcuni passaggi, sembra coprire la Storia facendola quasi scomparire dallo sfondo.
La razza, la voglia di emergere, il patriarcato, il ruolo della donna, la medicina, il nuovo mondo.... ma tra tutti questi temi si erge ad attore principale il rapporto padre- figlio dolorosa lotta che lascia ferite che si tramandano di generazione in generazione... Questo evolversi delle generazioni, questo voler quasi slegarsi dal passato, rimane incatenato ad una religione, come quella ebraica che, nelle radici profonde ha uno dei valori fondanti!
Come fondere le radici con questa voglia di volare? Come essere fedeli al Padre ma volerlo superare?
Alla fine del libro tutto torna... come un cerchio che si chiude sembra tornare tutto a posto! ma nel chiudersi ti lascia in testa una domanda... una domanda che non ha né tempo né storia, o meglio è fondo a tutti i tempi e tutti le storie...la vorreste sapere vero? No no... leggetevi il libro e vedrete che troverete molte risposte ma, se vi sforzate, troverete anche quelle domande che magari da tanto tempo portate dentro....
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Lui è tornato? faceva bene a stare dov'era!
Controverso il libro in questione! A me non è piaciuto.... se togliesse il titolo potrei benissimo pensare ad uno scritto sull'attività politica di Beppe Grillo contro la politica sprecona, la casta e la democrazia in generale!
L'obbiettivo di leggere la storia di oggi attraverso gli occhi del grande dittatore è fallita alla luce della complessità dell'avventura e, anche quando si cerca di salire il crinale della commedia forzando i temi del contrapposto, si finisce per non riuscire neanche a fare una smorfia!
Ho comprato il libro perché il tema mi interessava, lo ripongo deluso!
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narciso e boccadoro
Una intensa ricerca di se stesso tra le mille spirali dell'anima. Una divisione che lacera, una unione che non sovrappone e lascia la libertà come unico spiraglio d'aria...
Le storie di Narciso e Boccadoro si rincorrono in uno dei libro più belli che abbia mai letto... la ricerca della madre, la spiritualità e la carne, il padre... sono tutti ingredienti di un romanzo che narra la crescita umana e spirituale di ognuno di noi!
Quante volte ti sei sentito Narcisoe quante Boccadoro? Con questa domanda vi lascio alla prima pagina del libro che, in un batter d'occhio, divorerete!
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tribunale delle anime
Un lungo fiume in piena che, nella della sua piena, travolge gli affluenti e tutto ciò che trova sul suo percorso per sfociare, con forza e determinazione, nel mare.
Questo è, in sintesi estrema quello che penso di questo libro... o meglio: quello che, anche durante la lettura, mi ha dato.
Il fiume in piena sarebbe la ricerca spirituale-psicologica-antropologica del senso del bene e del male! Nasciamo cattivi? Ci fanno diventare cattivi? Esiste la bontà? il bene cos'è? In questo contesto si incastonano la storia di Sandra, di Marcus, dei penitenzieri e della loro continua ricerca tra le nebbie del male.
L'unica pecca che trovo è la confusione che fa una persona che, leggendo nei ritagli di tempo, si ritrova con una trama così densa di personaggi secondari e scene del crimine che ora, a mente serena, forse potevano essere tralasciate a favore di una scrittura più introspettiva sullo stile della "Donna dal fiore di carta".
Nel complesso bel libro, avvolgente e coinvolgente.
PS: non possiamo però sempre e solo attaccarci alla Chiesa Cattolica come grande distributrice di misteri legati, quasi sempre, a crimini nel bene e nel male... alla fine la gente ci crede ;-D
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solitudo sola beatitudo?
Tutti lo leggono e ti senti fin stupido a non farlo pure tu! Allora ti avvicini al libro, lo compri, corri a casa e lo divori per rimanere con un pallone vuoto nello stomaco... poi ti viene in mente di vedere il film, cosa da non fare mai perché il film, come dicono tutti, è una delusione se prima hai letto il libro. E' un luogo comune come dire che i sequel fanno tutti pena se confrontati con il primo ma torniamo a noi...
La solitudine è un senso profondo che avvolge il libro e ti attanaglia la gola donandoti quella tristezza antropologica che, solo in pochi momenti della vita, può servire.
Il libro è scritto bene, pensate che è un opera prima, si fa leggere, come ho scritto prima, velocemente e volentieri... tratta di sentimenti pesanti che ti si piazzano sullo stomaco e non vanno nè su nè giù rimangono li dandoti fastidio la notte portandoti a pensare anche su argomenti che non senti vicino.
Ho detto tutto ed ho detto niente? Io di trama non ne parlo preferisco lasciar intendere il sottile filo che lega le vite dei personaggi! Poi, a voi l giudizio!
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il piccolo principe incontra Carrisi
Sono tanti i libri a cui ho pensato durante la lettura di La donna dei fiori di carta.... il primo è "Il piccolo principe"... la ricerca, l'essenza dell'amore, lo stupore, la morte attesa e tragica ma nello stesso tempo piena di struggente poesia...
Forse per questo, aldilà della piacevole lettura, non trovo questo libro interessante perchè, come si può ben capire, è già letto.
Forse poteva, e mi permetto di suggerirlo all'ottimo Donato, approfondire alcuni personaggi lasciando da parte, anche solo per poche righe, il fumoso mistero fine a se stesso...
Comunque rimane un ottimo libro da regalare alla ragazza che si cerca di conquistare come, a suo tempo, si è fatto con capolavori del calibro di Siddharta o del, già citato, Piccolo Principe ma, avendo oramai 37 anni, 2 figli ed 1 moglie, penso che lascerò il libro nel cassetto in attesa che mio figlio compia 14 anni!
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caro amico di scrivo
Caro Luigi, in attesa del Natale i nodi giungono al pettine della tua solitudine e si schiudono in sorprese che mi lasciano curioso di seguirti ancora per qualche stagione.
Il tuo amico brigadiere sembra sempre di più uscire dalla tua ombra. La sua vicenda famigliare sembra giunta al felice epilogo ma sempre un pizzico di curiosità fa capolino nelle pagine finali.
In tutto questo marasma, che è Napoli e il presepe napoletano durante l'Avvento, hai il tempo di investigare su di un'omicidio cruento che prende il piede da vicende di corruzione e tangenti... o forse no.... amore e fame... quale delle due amiche-nemiche dell'uomo avrà avuto il sopravvento questa volta?
E' sempre un piacere leggerti....
a presto!
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il troppo stroppia... ma anche no!
Diciamoci la verità! Chi no ha mai affermato, con tono saccente, che il secondo episodio è sempre peggio del primo? Vogliamo fare degli esempi? no.... vi risparmio la carrellata di luoghi comuni e arrivo diritto al cuore del problema come sembra fare il nostro Maurizio in questo libro!
Ma partiamo dal luogo comune che aleggia nelle nostre teste! In questo caso, e non solo per fortuna, il secondo episodio lo abbiamo passato egregiamente, essendo al quarto, e. a mio modesto parere, siamo arrivati a superare le più rosee aspettative fornendo, al lettore, un vero e proprio capolavoro che ti fa entrare nel mondo Ricciardi con una piacevolezza che prima non conoscevi.
La delicatezza del racconto si mescola alla pesantezza della cornice! Bimbi che muoiono in contesti di povertà assoluta, una dittatura che si fa sempre più pesante e pressante fanno da sfondo alla vita del nostro commissario che, sembra, arrivata ad un bivio.
Il cuore, come si era detto in principio, rimane l'organo che più ti servirà in questo libro per farlo battere all'unisono con i protagonisti sentendoti quasi partecipe dell'intreccio amoroso di cui, il nostro commissario, è partecipe!
La lettura è consigliata! straconsigliata e consigliatissima...
Forse uno dei migliori giallisti italiani? provare per credere!
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Il parente Ricciardi!
Caro Ricciardi a me piaci!
Non tanto le tue indagine, già te lo scrissi nell'altra recensione, ma in quell'intreccio di vite che ti circondano... in questo libro si continua a scendere nel tuo "animo" in maniera ancora più profonda! L'arrivo inaspettato di una "ospite" lontana ed antica, il continuo seguirsi con Elena fanno da sfondo ad una Napoli dove oramai il fascismo ha preso il largo e l'arroganza del potere, se prima si subodorava, ora diventa un fetido odore che fa da contorno a storie semplici che, infondo, parlano anche di noi!
Forse è questo il tuo segreto caro commissario... quello di sembrare un famigliare che aspetti la sera a casa e del quale, magari, ti preoccupi dopo un po' che "non lo vedi".
Per questo, finito questo libro, non vedo l'ora di divorare il seguito!
Allora a presto Commissario!
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qualcuno chiuda l'ellisse!
Prendi in mano il libro con reverenza perché te ne hanno parlato in maniera sublime. Lo sfogli e piano piano entri in una storia ellittica che ti porta nella spirale del male fino a toccarne il fondo più oscuro: la morte e la sevizia di innocenti creature.
Però... però c'è un però che ti lascia con un "solletico dietro il collo"... sarà il "già letto"? saranno i personaggi che sono echi di altri personaggi incontrati in qualche saga nordica? sarà l'ellisse che si stringe troppo vorticosamente e alla fine non lascia un senso di compiutezza? sarà che l'attesa forse non vale la frenesia con la quale sfogli le pagine?
Boh... forse sarà meglio prendere in mano il secondo libro per completare la figura di MIla e, magari, trovare la chiusura per far diventare, l'ellisse, un cerchio perfetto!
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"la tristezza poi ci avvolse come miele"
C’è una canzone di Guccini che, ieri sera mentre pensavo a questa recensione, mi sbarluccicava nella testa. Si tratta di “Incontro” dove, due ex amanti, si incontrano dopo 10 anni e, come se il tempo e il mondo intorno a loro si fermasse, rimangono soli nella scena ripercorrendo le strade della memoria. Ma non è tanto il senso della canzone che mi ha portato a legarla al libro di Khaled Hosseini “Il cacciatore di aquiloni” [ PIEMME 2004] quanto l’atmosfera che si crea intorno a chi legge il libro, la sensazione che il mondo si fermi intorno, e alla strofa “la tristezza poi ci avvolse come il miele…”
Tristezza e miele… sembrano quasi un ossimoro, sopratutto se si pongono sullo sfondo di una storia ambientata negli anni più crudi dell’Afganistan, invece racchiudono le verità di ogni vita dove la tristezza e il miele si uniscono in un unico gusto da assaporare fino al giorno in cui, con una visione d’insieme che solo l’età ti può dare, puoi trovare miele nella tristezza e tristezza nel miele.
Così è la storia del piccolo Amir che si fa compagna di vita la paura di non essere all’altezza delle prospettive del padre, la non capacità di contraccambiare l’amicizia del “servo” Hassam, la vita da estraneo tra i suoi fino a che, l’aspirale che lo porta lontano da se stesso, non gli ripropone la sua stessa storia a ritroso in modo da chiudere ogni porta lasciata aperta e concedere, alla sua stessa vita, quella chiusura che rende tutto perfetto come un cerchio.
In un romanzo crudo come questo, dove le figure dei talebani vengono dipinte nella loro assurda osservanza a qualcosa che neanche conoscono, anche l’Islam può essere letto nella sua forma più profonda e veritiera. Gli estremi, anche in questo caso, si contorcono ma lasciano intravedere quell’umanità profonda propria di questa confessione che, ponendo al centro l’uomo, lascia i terreni dell’ortodossia cieca e muta per camminare, con Amir adulto, sui campi dell’amore e della misericordia.
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sangue, pizza e sfogliatelle!
Nonostante la primavera bussi alle porte del commissario Ricciardi una sorte di "inverno" sentimentale lo attanaglia in un vortice di parole non dette, incontri mal riusciti e spiragli di un passato che emergono con la stessa calma con la quale la neve si scioglie al primo sole. Dall'altra parte abbiamo la vera primavera, quella del suo sottoposto Maione che rincontra la stagione dello sbocciare in un nuovo-antico amore.
In questa cornice, che mi attira molto più delle indagini, si sviluppa il secondo libro di Maurizio de Giovanni "La condanna del sangue. La primavera dell'ispettore Ricciardi" [Fandango 2008 ].
Le vicende sono legate a tratti caratteristici della "napoletanità": la "magia", "l'arte dell'arrangiarsi" e "la passione". Una cartomante usuraia viene trovata morta in casa sua, una bellissima donna è sfregiata in volto, una coppia di aristocratici vive la morte del loro rapporto in una burrasca sentimentale che sembra non avere un epilogo, un ragazzo di bell'aspetto cerca di salire i gradini sociali, un uomo tenta di dare una scossa alla sua vita aprendo una pizzeria....
Già da questo primo flash si può capire che, a differenza del primo libro, ci si trova in una struttura più complessa dove, la linearità e la semplicità dell'esordio, vengono messi alla prova da un fiume di personaggi che, specie nei primi capitoli, rende la lettura un po' complessa riuscendo a divenire più semplice solo verso la fine quando i riflettori vengono puntati sui pochi sospetti che rimangono in scena.
Francamente non riesco ancora a capire perché, De Giovanni, pone le vicende di Ricciardi in un tempo così lontano come il 1931. Avendo già letto le vicende dei bastardi di Pizzofalcone non riesco quasi a percepirne la differenza temporale se non nelle descrizioni dei vestiti o di qualche lontano accenno. Ma questo non è certo un "problema" perché il libro si fa leggere e riesce a rapirti portandoti a respirare il buon profumo di una pizza bollita nell'olio o a sentire la delicatezza della sfogliatella appena sfornata.
Per concludere, come scrivevo all'inizio di questa mia recensione, rimane molto interessante, spingendoti tra le mani il terzo episodio, il contorno della storia: la sfuggevole Enrica che, da dietro la finestra osserva e viene osservata dal nostro commissario, il passato dello stesso che fa capolino in alcune frasi, la vita privata di Maione e le sue problematiche famigliari, le dinamiche di potere di una Napoli alla ricerca di quella "perfezione fascista" che non è nelle sue corde, il "Fatto" vissuto ora come dono ora come maledizione.... questi sono tutti ingredienti che rendono il libro appetibile. Forse l'unico vero problema è la digestione dell'abbuffata dei personaggi iniziali... ma questa è una opinione personale di chi legge, purtroppo, un pezzo e un boccone! Buona lettura.
il battito del giallo
Esterno giorno, inverno… anno 1931. Siamo in piena era fascista quando, nella Napoli della lirica, si compie un efferato omicidio. Il teatro San Carlo è testimone della morte del più grande tenore che il mondo abbia conosciuto. Amico del Duce, donnaiolo impenitente odiato dalla maggior parte degli astanti grazia ad un carattere di una arroganza pari alla sua grandezza, Vezzi, viene ritrovato con la gola tagliata nel suo camerino.
Questo è il cuore del libro Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi [2007 Fandango] di Maurizio De Giovanni. Ma un cuore senza il sangue non potrebbe funzionare, così serve un fluido personaggio che dia il giusto impulso alla storia: questo è il caso del commissario Ricciardi che, con il suo carico di mistero e professionalità, riesce a far correre la storia sul filo del rasoio e, anche se il finale rimane un po’ scontato, lascia sempre il lettore in trepidante attesa del colpo di scena che, anche se non è un “botto” finale, diciamo viene racchiuso in tanti battiti riuscendo, in questo caso, a far pulsare il cuore della storia.
Il personaggio Ricciardi è costruito appositamente come un eroe al quale è impossibile non affezionarsi: solo, contro i leccapiedi, professionale, accattivante, romantico, antifascista e con quel suo dono di poter ri-leggere, negli occhi delle persone morte, il dolore che pervade i luoghi dove morirono e ascoltare, quasi in loop, le loro ultime parole appena dopo morte che aiutano, in molti casi, il commissario a prendere la strada giusta per risolvere i complicati casi.
Alla fine, De Giovanni, riesce a fare quello che, per me e a me, Faletti non ha fatto! Farmi appassionare senza arrivare al punto di dover leggere millemila pagine prima di rompermi i cocobongi rimanendo nell’ambito del “piccolo” facendoti entrare in una storia dove i personaggi hanno un’anima semplice ma capace di rapirti portandoti, con un impulso caldo, all’interno del cuore del racconto rendendolo vivo.
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Come Dio Comanda
Beh... cosa dire! Il vero problema di Ammaniti, almeno quando scrive questi romanzi corali [Come Dio comanda edito da Mondadori nel 2006], è riuscire a trovare il bandolo della matassa perché, tra un pianto e una risa, esci fuori con la consapevolezza di aver letto un gran bel libro, in pochissimo tempo e senti, nell'aria, ancora il profumo della pioggia anche se fuori splende il sole da diverse settimane!
La famiglia Zeni, composta da padre e figlio, fa da sfondo ad un racconto nel quale si intrecciano le vite di un paesino di un Nord-Est che, sembra, aver perso il contatto con la realtà e, immerso dalla pioggia, stenta a comprendere il male dei suoi "figli".
Il disagio socio economico si arrampica su un problema più profondo come quello dell'ipocrisia lampante, chiaramente esplicitata nell'ultima parte del racconto, dove la pietà, cedendo al rancore, non fa però scaturire l'amore, come direbbe il grande Faber, ma solo la rabbia di chi, di questa ipocrisia, è vittima!
Se volessimo analizzare a fondo questo romanzo di vittime se ne troverebbero a iosa... ma il vero problema, come in tutti i lavori di Ammaniti, non è tanto il trovare la vittima, ma quanto il capire ciò che la circonda e la porta ad esserla. E' un po' come se si continuasse a osservare il dito tralasciando, in modo sciocco, la luna.
Su tutti i personaggi si erge la figura di Dio come "guida" ad ogni tipo di azione quasi a volerle giustificare, una auto-assoluzione preventiva... una specie di alienazione di feurbachiana memoria. Ma sappiamo che questa presentazione di Dio è "romanzata" e molto popolare rimandando, comunque, degli input importanti per riuscire a "ragionare" anche su questo.
Quindi se avete tempo e voglia, se vi volete far trascinare in una storia tragica dal sorriso semplice ed immediato, prendete questo libro mettetelo nella borsa dell'estate e vedrete che, sotto l'ombrellone al mare, anche voi riuscirete a sentire quel sapore di pioggia che permea tutto il romanzo del nostro caro Niccolò Ammaniti!
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un batter d'occhio
Due storie lontane anni luce si ritrovano a vivere una della feste più “folli” della storia di Roma.
Da una parte un satanista fallito che vuole portare a compimento un sacrificio umano per assurgere al ruolo di leader del movimento satanico nazionale; dall’altra uno scrittore sull’orlo del fallimento che non trova più stimoli e vive sull’onda, lunga, del suo grande successo in attesa di essere rimpiazzato dalla sua stessa casa editrice…. intorno confusione, ricerca di visibilità, esasperazione e fuga dalla normalità, piatto, ahimè, sempre più indigesto per “l’uomo” contemporaneo.
Questo è il tema centrale di “Che la festa cominci” romanzo dello scrittore italiano Niccolò Ammaniti, pubblicato da Einaudi nel 2009.
Il libro tocca talmente tanti temi e in una maniera così “spassosa” e divertente che ti ritrovi a sorridere anche di aspetti per i quali, versare due lacrime di commiserazione, non sarebbe poi una cosa difficile! Il dramma è che, nella fantasia, si trovano tracce di una realtà dilagante in Italia che affonda le sue radici nella perdita di senso e di consapevolezza dell’essere adulto nella continua ricerca del “piacere” in tutte le sue forme e sostanze e nell’allontanarsi da ogni forma di responsabilità come se il “memento mori” non fosse un monito per costruire ma per “divertirsi e godersela”.
Naturale che queste siano opinioni che io, e la mia storia, estrapoliamo dal libro che rimane, comunque, un capolavoro da leggere in un batter d’occhio! Il problema è nel chiudere l’occhio di fronte al dramma che ci viene sub-presentato, diventando colpevoli di omissione. Ma questa è la giostra sulla quale siamo saliti e, alla velocità alla quale viaggia, non c’è quasi permesso di riflettere sulle domande profonde lasciandoci il gusto della superficie delle cose in modo da non cogliere il problema nella sua essenza ma solo nella forma.
Se non capite l’ultimo pensiero fatevene una ragione, ho provato a scrivere di getto, non ho voglia di rileggerlo e il bimbo piange!
Buona lettura!
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mille splendide donne
Quando incontri un libro come “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini, edito Piemme 2007, non puoi che uscirne in punta di piedi consapevole che, la storia narratavi, non sia così lontana dalla realtà che, anche oggi, molte donne vivono nell’Afghanistan, e non solo, dei (fù?) talebani.
Il vortice intenso di cambiamenti che ha vissuto l’Afghanistan in questi ultimi 30 anni, con gli innumerevoli gruppi in lotta tra di loro e i tentativi di conquista da parte di forze esterne, fanno da sfondo ad una storia di donne forti e fragili come i Buddha di Bamiyan alti e maestosi custodi per 800 anni spazzati via, in un attimo, dalla furia talebana. Rimangono echi di felicità perduta, inganni malcelati, menti ottenebrate dal potere e dal dominio, supremazie violente e leggi che oscurano ogni tipo di sorriso. In questa ombra lunga si intravede però, a chi ha ancora gli occhi per riuscire a scorgerla, l’alba di un nuovo mondo che non arriva mai se non attraverso il sacrificio e la voglia di forzare la notte stessa per lasciare spazio a “mille splendidi soli”.
E’ un romanzo che lascia spazio a moltissime considerazioni che non possono essere certo riassunte in una piccola recensione… il rapporto tra la religione e la vita, non la fede attenzione bene, i rapporti tra le diverse etnie che vivono negli stessi paesi, la cultura orientale e quella islamica e la diversità profonda dalla nostra, il rapporto padre figlia, l’amore, l’Amore e l’AMORE in tutte e tre le sue forze!
Quello che ha detto a me e incontrovertibilmente differente da quello che potrà dire a te… qualcuno ne avrà fatto un romanzo di condanna politica-religiosa, qualcuno un romanzo d’amore, altri ancora un romanzo storico… l’importante è non fermarsi a ciò che dice al nostro stomaco ma lasciarlo decantare, come il buon te afghano, per assaporarne il sapore fino in fondo e lasciarci dissetare da una storia dai molti risvolti dalla quale, sicuramente, ne potremmo uscire uomini e donne migliori.
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a me (mi) piace! e molto!
In una Napoli sbattuta da una tempesta di pioggia e salmastro si compie un efferato omicidio che lancia il passo ai “nuovi” arrivati del commissariato “bastardo” di Pizzofalcone.
I “nuovi” arrivati prendono il posto dei veri “bastardi”, ex colleghi collusi con la camorra e colpevoli di aver portato il commissariato sull’orlo della chiusura. A loro il compito, arduo, di ricreare un clima di fiducia intorno al commissariato cercando di allontanare lo spettro del “fuori tutto”. Gli “eroi” chiamati a compiere questa impresa sono tutto fuorché…eroi… ognuno di loro ha alle spalle un motivo valido per essere “sbattuto” in periferia tra fango e merda. Tra questi uomini troviamo il nostro caro amico Lojacono che, se hai letto “il Metodo del Coccodrillo” capisci subito il motivo alla base di questa promozione, se non lo hai letto cosa ci stai a fare qui! Corri in libreria e compralo e, se avessi anche tu l’ebook, struca el boton e scaricalo!
“I bastardi di Pizzofalcone” Einaudi [2013] è un libro che riesce a catturarti sia perché si lascia leggere con una leggerezza che, come nel caso del “Metodo del Coccodrillo”, non cade dell’ovvio, ma anche grazia a Maurizio de Giovanni che riesce a caratterizzare i “bastardi” facendoteli sentire famigliari da subito.
Ai delitti e alle denunce si intrecciano, infatti, le storie dì 7 poliziotti che, nello scorrere del romanzo, vengono introdotti in scena svelando, con cura e delicatezza, le loro storie e le zone d’ombra che vivono dietro di loro.
Un occhio di riguardo lo ha il nostro caro amico Lojacono che, anche in questo caso, è primo attore di un gruppo che è tutto da scoprire.
Difficile finire il libro senza la voglia di prendere subito il terzo capitolo per divorarlo anche perché, l’idea di affrontare i temi lasciati aperti dalla sapiente mano di Maurizio, e non farlo sarebbe un delitto!
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il metodo del coccodrillo
Mentre Napoli sonnecchia tra pioggia e mare un vecchio è in cerca della sua vendetta. Il metodo del coccodrillo, scritto da Maurizio De Giovanni [Mondador 2012], è un giallo che riesce a catturare la tua attenzione attraverso una storia, comunque semplice e non eccessivamente "romanzata" e attraverso una serie di personaggi, principali e non, ben delineati con caratteristiche, certamente, non nuove ma che non stuccano e non hanno il profumo di qualcosa di già sentito.
La storia, come già detto, si svolge tra i vicoli di una Napoli che non assomiglia all'idea che abbiamo di lei... o meglio a quell'idea, edulcorata dai luoghi comuni, che presenta Napoli come città del sole, della spensieratezza, del buon cibo e dello splendido mare. Sembra che una cappa di tristezza e solitudine faccia da sfondo a questa storia dai caratteri noir che tocca argomenti molto sensibili e ti lascia a bocca aperta di fronte ad un finale veramente toccante.
Non ti puoi non affezionare a Lojacono, l'ispettore siculo trapiantato a Napoli, seguendo le sue vicende, lavorative e non, con il fiato sospeso.
Al termine non posso che consigliere la lettura a chi cerca un libro che lo faccia lavorare con la testa ma, nello stesso tempo, mantiene una semplicità che non a nulla a che fare con l'ovvio o il banale.
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morte dei marmi
Quando leggi Genovesi, in questo caso Morte dei Marmi [Laterza 2012], ti senti come portato in un altra dimensione e, tutto quello che stai facendo, diventa funzionale alla lettura del libro! Quindi, nonostante le mille cose che hai da fare, ed oggi ne avevo molte, riesci a trovare almeno 2 orette, divise in più tempi, dove goderti questo bellissimo libro.
Nel suo raccontarci Forte dei Marmi riesce a denunciare, con una ironia che ti porta più volte a strozzare una risata che sale spontanea, il declino del suo “paese” che, pezzo per pezzo, viene “svenduto” ai nuovi ricchi di lingua russa.
Intorno a questo dramma ruotano le storie che ci racconta Fabio… storie non lontane dalle realtà di ogni paese ma che, mescolate all’inchiostro di una penna capace, riescono a prendere vita nella testa di chi le legge in una maniera così nitida che sembra quasi di esserci in quel vialone lungo mare o a passeggiare, tra pescatori e surfisti, sul pontile simbolo di quel Forte che nasce dalla terra e si spinge, fin quanto può, verso il mare.
Non voglio concludere con la poetica esistenziale del mare d’inverno o dei luoghi di villeggiatura a stagione finita… luoghi magici, è vero, ma a volte morti come le case sfitte d’estate! Mi piace più concludere invitandovi a girare per Forte dei Marmi leggendo questo libro… sono sicuro che, anche in pieno inverno, vi terranno compagnia i suoi aneddoti e, se non siete impegnati in un “orgasmo da shopping”, potrete riscoprire la bellezza del tempo che era.
Buona lettura.
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il bordo vertiginoso del nulla
Leggendo le altre recensioni so che rischio ;-D ma è quello che penso di questo libro! Non mi menate please ;-D
A capodanno mi è successo di nuovo… ho comprato una fontana di luce e non è esplosa! Ho visto scintillare la miccia per almeno 10 secondi e poi il buio! Guardando negli occhi mia figlia e mio nipote ho percepito quella delusione di chi aspettava la gioia dei colori e la vibrazione dell’esplosione ma, alla fine, rimane deluso! Allora, da buon padre, ho tirato fuori le bombette che, senza luce, fanno il loro piccolo lavoro in maniera egregia ed ho risolto la nottata!
Ora vi chiederete cosa c’entra “Il bordo vertiginoso delle cose”, scritto da Gianrico Carofiglio [Rizzoli 2013] con la notte di capodanno… con la notte niente ma, a fine lettura, mi ha fatto lo stesso effetto che ho visto negli occhi dei bimbi quella notte alla non esplosione del fuoco d’artificio tanto atteso.
Quando ho scelto di leggere questo libro mi sono lasciato influenzare da una recensione che mi presentava un bel romanzo “di formazione” che tratta di temi spinosi come il terrorismo e l’adolescenza. In soldoni sono stati questi i motivi per cui ho infilato la testa in mezzo a quei fogli.
Ho trovato un libro che alla fine non è riuscito ad esplodere… tanto più che ho cercato di vedere se avevo saltato dei brani o dei capitoli perché non ho trovato quell’ approfondimento, sociale ma anche psicologico, sul periodo del terrorismo che poteva, e doveva a mio parere, dare maggior risalto alla figura di Salvatore ponendo, anche Enrico, sotto un ottica differente con basi solide, politicamente o umanamente motivanti, sulle quali fondare la sua “frequentazione”! Anche il racconto dell’Enrico bambino mi sembra molto, e troppo, simile al triangolo del film Ovosodo dove, il bravo ragazzo Piero Mansani, incontra il ribella, Tommaso Paladini, e si innamora della giovane prof. Giovanna Fornari…. il finale lo lascio immaginare! Quindi niente di nuovo sotto il sole di Bari.
Alla fine il viaggio del vecchio Enrico incontro alla sua adolescenza perde di verve e anche di curiosità appiattendosi sul “già visto” senza regalare colore alla storia.
Questa, naturalmente, è una mia lettura della storia… confido nella mia ignoranza per trovare chi lo ha letto con entusiasmo e possa dirmi “O ignorante ma chi ti credi di essere”… ma anche in quel momento la mia miccia, per farmi travolgere dalla narrazione di Carofiglio, non si accenderà!
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Cento giorni di ovvietà!
E' come mangiare una torta al cioccolato non cotta bene al centro! Gli ingredienti sono ancora li, allo stato liquido, e mancano di quella solidità adatta per una degustazione e digestione ottimale!
Infatti, il libro di Fausto Brizzi "Cento giorni di felicità" [Einaudi 2013] è un miscuglio di sensazioni che sono difficili da estrapolare! Da una parte il romantico racconto di un uomo che, pur sapendo di essere destinato a breve alla morte, cerca di ricostruire il rapporto tradito con la moglie e di riflettere, in maniera serena, sulla sua vita aiutato dal suocero Oscar e dai fedelissimi amici che sono, come al solito, compagni, guarda caso, di zingarate, dall'altro un coacervo di luoghi comuni che non ha confronti con la storia della letteratura toccando argomenti di una complicanza unica con una profondità di una pozzanghera di inizio luglio!
Si può risolvere il tutto con la scelta, non condivisa con la moglie e fatta in 5 righe, di ricorrere, dopo 100 giorni, al suicidio assistito in Svizzera? è possibile che il protagonista faccia l'amore 3 volte 2 giorni prima di morire con la moglie mentre è affetta da un super tumore aggressivo allo stato terminale al fegato e ai polmoni? E' possibile che affronti avventure strabilianti nonostante i dolori, cavalchi la bici per 100 km, vada a cavallo, giri l'Italia e guidi per migliaia di km? e tutto senza fare accenno ad un medicinale ad ospedali o, tanto meno, alla morfina nominata, non so per quale motivo, a 3 pagine dalla fine?
Alla fine il libro è scritto bene, si legge volentieri in 2 giorni ma, il contenuto, "risolve", in maniera semplicemente superficiale, un problema che non può essere affrontato con una leggerezza simile!
Non so, francamente, se sarebbe stato pubblicato nel caso in cui l'avesse scritto un autore alla prima esperienza... A Fausto Brizzi riconosco la genialità nel leggere, sul grande schermo, le piccole avventure italiane ma, nello scriverle, si barcamena in una avventura più grande di lui cercando di toccare temi così distanti tra di loro che sembrano non avere punti di contatto.
Forse Brizzi voleva toccare un argomento enorme sorretto dalla forza delle piccole cose ma, per alcuni argomenti, ci vogliono i contro-coglioni e, in questo libro mancano!
Non so se questo libro sarò da apripista per un film... io spero serenamente di no! o almeno spero possa essere riletto in chiave più serena ma molto più confacente alla realtà reale delle cose!
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l'unica macchia di fango è la patonza della belluc
Mumble mumble… scrivere due parole su una raccolta di racconti del buon vecchio giovane Niccolò Ammaniti, Fango [Mondandori 1998], è difficile per una serie di motivi che solo leggendoli potete capire…
Infatti si parte con il botto, in tutti i sensi, del primo splendido episodio, L’ultimo capodanno dell’umanità, con la straripante umanità narrata nella notte di capodanno nel comprensorio delle isole. Sembra di sfogliare l’album dei ricordi perché, in ogni personaggio, sembra apparire un tuo amico, conoscente o semplicemente una di quelle persone che, con te, hanno sfiorato qualche capodanno. Il ritmo incalzante e la narrazione pulpeggiante ti portano ad un finale surreal-comico che ti lascia con un sorriso secco in volto.
Gli altri racconti corrono sempre su filo del surreale stringendo l’occhio al thriller e, anche se portano il lettore a capire che i racconti sono la porta per capire qualcosa di altro,rimangono, in taluni casi, opere zoppe che, a mio avviso, avrebbero meritato uno spazio più adeguato.
Non voglio qui soffermarmi sulla “rivisitazione” cinematografica dell’ultimo capodanno dell’umanità [L'ultimo capodanno 1998 Marco Risi] perché veramente mi perderei in offese e ingiurie verso chi vorrebbe rendere reale ciò che Ammaniti cerca di surrealizzare in modo da farci partecipi, vivi, di qualcosa che è altro ma che, di tanto in tanto, ci sfiora. Degna di nota, e non scherzo, è la patonza della Bellucci segno del cambiamento dei tempi!
Alla fine vi suggerisco di comprare il libro e di non vedere il film… e non cercate di fregarmi facendo l’inverso, vedendo il libro e leggendo il film…
Alla prossima!
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molto, forse troppo alla fine semplice!
Compra un puzzle da 10000 pezzi, di quelli pieni di colori e strade magari con un tramonto sfumato. Fatto? Ecco ora torna a casa, non toglierti le scarpe perché, appena varcata la porta, devi aprire la scatola del puzzle e lanciare, tutti i piccolissimi pezzi, per terra e, velocemente uscire, come se niente fosse.
Torna dopo 24 ore e mettiti a lavoro.
Questa è la sensazione che mi ha dato la lettura di "Molto forte incredibilmente vicino", scritto da Jonathan Safran Foer [GUANDA2005]. Nei punti in cui la mia pazienza di lettore veniva meno riuscivo a trovare quei pezzetti che componevano parte del puzzle e davano senso ad una storia che mescola stupore, amore, devozione, tragedia e voglia di vivere.
Oskar è orfano di un mondo costruitogli intorno dal padre morto nell'attacco alle Torri dell'11 settembre. Dopo un anno esatto si mette alla ricerca della serratura che dovrebbe essere aperta da una chiave trovata nel ripostiglio del padre messa li, forse, per un gioco che, solitamente, legava padre e figlio. La Chiave si trova in un vaso dentro una busta con sopra scritto Black... Black sarà il cognome del proprietario di questa chiave???? Da questa domanda, dalla volontà di sentire ancora il padre vivo e dalle vicende della famiglia Schell partono diversi filoni narrativi che ti portano indietro nel tempo, fino a toccare il bombardamento di Dresda in uno splendido parallelo temporale, regalandoti scorci lontani e prossimi capaci di comporre, al termine di una attenta e serena lettura, un puzzle sensazionale di emozioni vere.
La figura di Oskar, in questo girovagare alla ricerca del Black giusto, insieme alla caratterizzazione proprio dei Black, ricorda un po' il Piccolo Principe mentre vaga tra i pianeti del sistema solare. Anche Oskar incontrerà la sua volpe.... ma non vorrei raccontarvi il finale di un libro che parla al cuore e che va letto, come scrivevo sopra, con pazienza e devozione senza perdere la speranza di riuscire, con il tempo giusto, a finire questo splendido puzzle di vita.
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reduce
Ci sono libri che hanno un luogo, un tempo e una stagione di lettura! Reduce, edito da mondadori, di Giovanni Lindo Ferretti, è uno di quelli!
Prendete il libro, 72 pagine in due orette lo finite, ponetevi seduti su una sedia comoda, spegnete ogni apparato elettronico [se usate l'e-reader saltate questo punto], mettete un bel tronchetto di legno nel camino [se non avete un camino fatevelo prestare], e lasciate la pioggia e il vento fuori dalla porta [meglio la neve, ma non si può avere tutto dalla vita]. Rilassatevi e fissate le travi di legno del vostro soffitto, accarezzare il gatto [obbligatorio per rendere il testo vivo], e lasciatevi coinvolgere in un libro-ambiente denso di poesia e suggestione, riflessioni a pioggia e risposte multiple in pieno stile Ferretti.
Sembra di finire dentro una canzone dei CCCP e, tra una rima e un flusso di parole variegato che tendono ad un unico significato, si trova il pensiero, la vita e le riflessioni di un uomo cambiato mille volte ma mille volte sempre uguale a se stesso.
Ricordo le prime volte che sentii parlare di lui, al tempo i CCCP si erano appena sciolti ed erano nati i CSI! La sua figura esile, le sue canzoni “strane”, ma che ti lasciavano sempre un senso di ricercatezza estetica estrema e ti rimandavano a qualcosa di altro che non riuscivi a trovare nell’immediato, sono state di sottofondo a molte giornate grigie.
Io questo libro ve lo consiglio proprio! Per due semplici motivi:
- è veramente scritto bene;
- più che un resoconto dei fatti presenta un viaggio dell’anima;
- offre spunti di riflessioni molto interessanti;
- parla anche di Carrara…
lo so, i punti sono quattro, ma fa lo stesso ora sono in vena di “promozioni”!
Vi regalo anche il piccolo brano che parla proprio della nostra città, Carrara:
“Scendo canticchiando per Grazzano, traverso la Carriona e il Carrione e s’apre piazza Alberica bianca e nera austera in secentesca maniera. Salgo via Ghibellina e sono in faccia al Duomo, di sbieco, in diagonale in uno slargo che dir piazza affatica. Entro dalla porta di San Giovanni e la Chiesa m’accoglie e mi consola, a colpo d’occhio, l’anima. Le Cassanelle gotiche, il sarcofago di San Ceccardo vescovo di Luni, Santo a furor di popolo e Patrono. Matilde incoronata da Gregorio VII Papa.
Il crocefisso della Divina Provvidenza sospeso nel presbiterio.
Bella per sedimentazione nel tempo, gli stili, le usanze e ferma giusto prima della decadenza gonfia di stucchi volute prospettive iperboliche mirabolanti, prima paganeggiante poi, col moderno, sciatta e insulsa.
Bella che si è permessa di smontare sei altari e ornamenti vari per ritornare a sé, pensiero originario, presenza del divino e dell’uomo benedicente a rendere onore gloria, esserne parte.
Il duomo di Carrara, S. Andrea protócletos in liturgia bizantina costruito nel corso di tre secoli dal mille, è perfetto. Romanico-gotico in marmo apuano a blocchi. Intorno la Carrara che amo, da Grazzano e Caffaggio alla porta del Bozzo e fuori in via Vezzala fino alla Cappella. Dall’Accademia al Teatro degli Animosi, sia lode al merito per la scelta del nome che fa pari con gli Impavidi a Sarzana.
Da questo quadrilatero non esco, già mi spiace scendere a Piazza Farini per il “cavallino” a cui non posso non rendere omaggio.
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rin-corsa alla vita
Mentre affondi con i piedi e pensi di toccare il fondo una spinta ti innalza verso il cielo come per dare uno sguardo alla tua vita da una posizione privilegiata... e poi di nuovo giù, quasi a toccare terra, per prendere una spinta maggiore e salire ancora più in alto!
Così è il libro, e la vita, di Giusy Versace, Con la testa e con il cuore si va ovunque [MONDADORI 2013].
Sembra che tutto, per Giusy, possa finire su quel guardrail il 22 agosto del 2005 ma la sua forza, la sua lucidità e la volontà di spiccare il volo le permette di usare quello schianto per rinascere a vita nuova. Sorretta dalla famiglia, dai conoscenti e dai numerosi amici, che non le fanno mai mancare l'affetto e l'amore necessario per reagire, riesce a rimettersi in piedi, non solo fisicamente, per affrontare la vita con uno spirito guerriero.
Due sono però gli elementi che emergono dal libro come cruciali per la "nuova" Giusy e sono due "movimenti" che la spingono prima dentro di lei e poi fuori: la fede e lo sport.
Attraverso la fede, in particolare la devozione a Maria che la segue dal momento dell'incidente attraverso i numerosi viaggi a Lourdes, da pellegrina e da membra effettiva dell'UNITALSI, riesce a rileggere la sua vicenda umana dandogli una visione quasi vocazionale. Non è solo un questione di "pace interiore" o di "presa coscienza" del lutto ma un cammino di vera e propria maturazione spirituale che la aiuta a fare spazio, nella sua vita frenetica, a tutto ciò che "prima" era ristretto nel poco tempo libero da una lavoro che la sommergeva. Anche se le domande che le scorrono dentro sono molte riescono a trovare risposte nei dolci occhi di Maria che sembrano accompagnarla, come un sottofondo silenzioso ma di sostanza, nel nuovo cammino.
Lo sport, invece, è una fucina per il corpo e l'anima. Per Giusy, che non aveva mai corso prima, la vera sfida è sui "NO" che gli tagliano di nuovo la strada... ma come ogni volta quando scendi per toccare il fondo una spinta di porta in alto! E così aiutata e stimolata, Giusy, prima vince numerose medaglie abbassando diversi record italiani e, alla fine,riesce a sfiorare le Paraolimpiadi di Londra 2012 che la vedranno partecipe solo attraverso le sue telecronache su SKY! L'esclusione dalle paraolimpiadi non sono altro che un nuovo trampolino di lancio che le permettono di rialzarsi per un nuove appassionate sfide sportive e non.
Numerosi sono i volti che si affacciano in questa bellissima storia italiana, ma uno rimane di sottofondo e, come un filo rosso che si dipana per tutto il libro, trova la sua fine in un anello con 5 brillanti restituito... diciamo che questo potrebbe essere un indizio, non svelato, per incuriosirvi a leggere il libro anche se, di questi espedienti, non ce ne dovrebbero essere perché il libro ha una forza e una potenza che vanno oltre la narrazione di alcuni eventi.
Tra i numerosi impegni di Giusy trova spazio anche l'impegno all'interno della sua fondazione, Disabili No Limits, riesce a dare speranza a giovani disabili che, attraverso lo sport, riescono a superare i limiti imposti dalla loro condizione ma, come ci insegna Giusy, con la testa e con il cuore si va ovunque... allora Giusy buon viaggio!
Vi lascio con la domanda di Giusy e la risposta che sente riecheggiare dentro di se davanti alla alla statua della Madonna di Lourdes:
"Perché proprio a me? Che ho fatto io di male?"
“Perché non a te? Che hai tu più degli altri?”
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una Botta di vita!
La provincia con tutti i lati del suo fantastico poliedrico humus [urbano], un aggiunta di personaggi che nella nostra vita abbiamo sicuramente incontrato, un pizzico abbondante di ironia che giunge improvvisa (un po’ come il cetriolino nel Big Mac che sai che c’è ma, al momento dell’abbocco, rimani sempre stupito) e quel sottofondo di dramma che, comunque, circonda le vite dei personaggi di questo bel libro scritto da Fabio Genovesi dal titolo Versilia Rock City [MONDADORI 2012].
La professionista repressa, l’ex DJ, il furbo giovane transfugo a Milano e l’ex drogato si ritrovano ad essere la cornice dentro la quale Genovesi dipinge la sua Versilia invernale fatta di incroci desolati e grandi silenzio che si contrappongono ai nodi “chiassosi” di queste vite che [soprav]vivono ai margini dell’estate e dentro un inverno che, per chi vive in riviera, è il paradigma di una vita fatta di vuoti da riempire di qualcosa che sia meno fugace del via vai di turisti.
E’ un libro che si lascia leggere in un batter d’occhio nel suo scorrere piacevole scende liscio e ti fa inebriare… proprio come un aperitivo in riva al mare (e scusate la rima)!
Un consiglio che vi do, prima di lasciarvi andare a comprare questo benedetto libro, è di pensare al Botta come a Massimo Ceccherini…. lo so, ognuno pensa a chi vuole, magari ad un parente, un amico, un personaggio della sua città… ma il Botta, per me, ha la voce e le sembianze di Ceccherini… provare per credere!
Buona lettura!
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il bene ostinato
Il rituale era il solito, per sancire la pace tra due tribù si tagliava un bue in due parti e, i capi, vi passavano nel mezzo... lo stesso rituale che troviamo spiegato in Genesi per sancire l'Alleanza tra Abramo, la sua futura generazione, e Dio.
Così è questo libro: da una parte l'Africa e il suo immenso mistero, chiuso in notti buie come le sue giungle, dall'altra l'Europa, avvolta nel suo benessere che spesso la soffoca e ne diventa limite. Paolo Rumiz, giornalista di Repubblica, cerca di passare in mezzo con un buon libro, Il bene ostinato [Feltrinelli 2011], che racchiude la storia e l'impegno del CUAMM nell'anno del suo settantesimo anniversario di fondazione.
Storie di famiglie che migrano al contrario per essere una mano tesa in un continente che manca di tutto tranne che del sorriso e della serenità di chi lo abita. Questa visione, con tutte le conseguenze, porta a galla quei "luoghi comuni" sulla bellezza dell'Africa, sulla sua profonda leggerezza, sulla sua peculiare semplicità contrapposta alla nostra pesantezza, alla nostra vita molle e alla nostra sconfitta di fronte al "non stupore" di fronte alla natura e al creato soffocati, come vero è, dal consumismo e dal produttivismo.
Tutto vero... ma tra il bianco e il nero, tra le due parti di bue tagliato, c'è una via di mezzo ed è quella che, secondo me, non viene letta dal buon Paolo troppo intento a fare una riflessione dicotomica, tra due realtà, resa distante da modi differenti di concepire e vivere la vita ma che vive unita nella tensione verso qualcosa che è l'infinito.
I personaggi principali del libro sono i membri del CUAMM e, in particolare, i sacerdoti che ne sono responsabili con i dottori che, famiglie al seguito, viaggiano verso l'Africa con la stessa semplicità con la quale noi la mattina ci alziamo e andiamo a lavorare in macchina.
Tutto vero... ma conosco molte persone che "Il bene ostinato" lo portano avanti "qui ed ora" nei piccoli ruoli che ricoprono nelle piccole associazioni che vivono il territorio nella nostra piccola provincia italiana. Se l'appunto è che il libro parla dell'Africa posso rispondere che io ho sentito il "peso" del prendere questo "impegno missionario" come un paradigma unico della missionarietà e della risposta ad una vocazione missionaria.
Quindi il libro, come tutti, è da leggere ma a cervello acceso! Nel senso che il pericolo di voler correre in Africa o di iscriversi alla facoltà di medicina è grande come quello di uscire gridando quanto, questa nostra società occidentale, faccia schifo.... magari questo lo potresti fare scrivendo un post su facebook sul tuo smartphone di nuova generazione... ecco.... ci siamo capiti ;-D
Buona lettura!
PS: non mi soffermo sulla bellezza e la grandezza del cuore di chi mette in gioco la propria vita per regalare vita ad altri, tanto meno sulla gratuità dell'operato di buona parte dei missionari cristiani in terra d'Africa... non è il tema del post!
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tre metri sotto terra
Io e te [EINAUDI 2010] è un po’ come quelle pillole che usano gli astronauti nello spazio per mangiare. Portano via poco spazio e tempo, non riempiono la pancia ma sono piene di sostanza che non si sente ma che è necessaria al metabolismo.
Il libro si “apre” una volta finito di leggerlo. Non so come spiegarlo ma avete in mente quei piccoli cubi con cui si giocava da bambini che avevano un bottone su di un lato e, una volta schiacciato, si aprivano mostrando dentro un mare di colori? Non mi dite che me lo sono sognato…. comunque lo vedo così questo libro! Infatti, a mio avviso, tutte le realtà toccate da Ammaniti, alla fine, sembrano avere una “funzione” che è aldilà del loro “posto” nel romanzo:
la mimetizzazione sociale, il perbenismo, la cantina buia, l’abbandono, la droga, i guardiani, il conformismo, il pregiudizio… potrebbero essere capitoli di un trattato di neuropsichiatria infantile ma qui, nella potenza della realtà, vengono dipanati nella loro forma più chiara e disinvolta attraverso una storia che lascia il segno e anche se, in alcuni passaggi la voglia di prenderlo, chiuderlo e dimenticarlo c’è vince la convinzione di trovare un finaleche, anche se non è a sorpresa, apre, e non chiude, il libro.
Qui ci vorrebbe una digressione proprio sulla funzione sociale di questo[i] libri… ma non è il momento!
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oniricaMente
Un inno all’onirico, alla danza sufi intorno ad un tema delicato come una malattia terminale, un getto d’inchiostro che arriva alla testa con tutta la sua freschezza e ti aspetti, da un momento al’altro, di svegliarti insieme a Marco Donati che, di questo sogno è il protagonista svogliato, ma vivo.
Il primo romanzo di Niccolo Ammaniti, Branchie [Einaudi 1997 ], è un piccolo capolavoro che mi ricorda, con le dovute proporzioni, The Dark Side of the moon dei Pink Floyd dove si mescolano tradizione, innovazione, sogni, realtà, viaggi sommersi per regalarti un mondo che non c’è ma, dentro il quale, ti ci trovi bene.
Marco è un ragazzo che sa di dover morire, un cancro ai polmoni gli mina la vita, e rinuncia ad ogni sorta di cura per lasciarsi morire… la prospettiva della costruzione del più grande acquario indiano gli aprirà la strada per una avventura folle ma che lascia, in bocca e nello stomaco, il sapore di verità che vengono perlopiù taciute come l’esasperata ricerca della gioventù e della bellezza eterna e il traffico di organi.
Non pensate di incontrare un romanzo che si fa leggere con la lacrima pronta a bagnarne le pagine perché Ammaniti usa l’ironia, il surreale e l’onirico per leggere le righe curve della vita di Marco lasciandovi il sorriso sulle labbra dimentichi della malattia e pronti a volergli bene per quel gran cazzone che è.
Nello “scritto” ci leggo anche la sfrontatezza di chi scrive per diletto, senza paura di dover piacere gettando quello che ha dentro come un fiume in piena che arriva alla foce. Non ci sono argini che lo delimitano solo la voglia di scrivere. Bene, bravo, sfrontato, esploratore, innovatore, colonizzatore di terre ancora inesplorate.
Quindi non so se vi piacerà Branchie ma penso che, nella vostra libreria, non possa mancare!
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coinvolGente
E’ un fiume in piena… paralleli scendono gli affluenti che convogliano l’acqua in turbinio di danze, schizzi, onde, correnti che ti portano via fino all’ultima goccia d’inchiostro che non vorresti mai che arrivasse.
Cosa fai una recensione dopo 10 anni che esce il libro? Il blog è il mio e faccio quello che voglio… comunque si, sono 10 anni che Niccolo Ammanniti ha scritto Ti prendo e ti porto via [Mondadori 2004] e io l’ho letto solo in questi giorni grazie all’amica Fra, che di lavoro fa proprio l’insegnante ma nulla a che vedere con la Palmieri!
Il libro è un capolavoro a tutto tondo e apre vero una serie di riflessioni, sempre con il sorriso sulle labbra, che, però, con il sorridere hanno poco a che fare.
La vita di Pietro Moroni è il fulcro al quale si legano le altre esistenze che abitano Ischiano Marino. Pietro lo studente, il playboy Graziano, la Professoressa Palmieri e tutti i personaggi minori formano una cornice che rende, la vicenda umana del personaggio principale, un crocevia da dove di passa, si parte e si arriva… proprio come una stazione!
Il realismo di Ammanniti ci porta a vivere le esperienze del libro come se fossero famigliari, anche perché sono esperienze di umanità che abbiamo vissuto senz’altro se non in prima almeno in terza persona!
Si aprono molte porte e se ne chiudono poche! Si può trovare, tra le righe, la crisi della famiglia, quella della scuola come “luogo” dell’educazione, quella dell’adulto… e tutte queste crisi vengono come sgranocchiate da episodi che fanno da impalcatura strutturale a questa crisi. Ma al termine non vengono date né risposte né tanto meno soluzioni… solo il chiudersi di una storia con l’invito di Pietro verso la sua amica Gloria che è sintesi di fuga, sempre e per sempre… “Preparati perché quando passo a Bologna ti prendo e ti porto via!”
PS: se sei arrivato fino a questo punto meriti una chicca: non ho letto prima questo libro, pur avendolo in casa da molto tempo, perché pensare che Vasco ne aveva fatto una canzone me lo rendeva indigesto…
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si scoprono nuovi sentieri su rotte già solcate
Fabio Genovesi - Esche vive [mondadori 2011]. La bellezza di questo libro non sta nella novità racchiusa nella storia, segue infatti trame letterarie già solcate da molti marinai dello scrivere, ma nel riuscire a solcarle con una imbarcazione leggera ma solida, sospinta dai venti della riflessione e dell'ironia, della spensieratezza e dell'impegno senza dimenticare la passione che, in fondo, muove tutte le trame del libro e si intravede nella penna dello scrittore che sembra scrivere di getto un libro che, di getto, va letto.
Infatti sono riuscito a leggerlo in pochissimo tempo ed ovunque: mentre addormentavo Francesco, mentre gli preparavo la pappa, prima di addormentarmi sotto il piumone con la frontale, nella vasca pochi attimi prima di entrare in coma, in bagno.... via non si può lasciare il libro perché è lui che ti chiama e vuole essere finito anche se, al termine, ti rimane quel vuoto in gola che ti spinge a prendere un altro libro, qualsiasi, e, iniziandolo, cercare di trovare Fiorenzo, Tiziana e il Campioncino come se ti volessero fare una bella sorpresa! Invece non li trovi... perché loro sono lì tra le pagine del libro, racchiusi nella vita di un piccolo paese con le loro tre storie che, incrociandosi, portano il lettore a vivere, con loro, le ansie e angosce umane condite, come solo Genovesi sa fare, di una ironia sottile che ti lascia sorprendere da un "sorriso rumoroso" pronto a contagiare chiunque ti sta accanto.
Spesso ero così assorto nel libro, o meglio il libro riusciva a prendermi così tanto, che mi schioccavo una risata così piena da calamitarmi gli sguardi dei presenti come se, di punto in bianco, fossi diventato matto.
Via non voglio raccontarvi di più perché questo libro deve essere letto! Punto e basta! Vi sorprenderanno tutte le storie e, sicuramente, vi troverete a fare il tifo per le gare di Mirko, per la Band di Fiorenzo e per le indecisioni di Tiziana... faticherete sulle salite, sognerete concerti e fama internazionale, e rimpiangerete ciò che eravate in attesa di ciò che sarete!
Allora capisco che il Natale è passato ma dovete trovare una scusa per farvelo regalare, un non compleanno o l'anniversario del primo capodanno passato assieme o il crollo del primo dentino.... se di queste cose non ne avete bisogno allora ancora meglio: alzate le chiappe e andate in libreria e se, come me, avete un e-reader, "schicciate" il tasto acquista, scaricatevelo e leggetelo!
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siberia piena, ma vera?
“Sta mano po esse fero e po esse piuma: stavorta è stata piuma.” Non vi preoccupate, non avete sbagliato post, non voglio provare a recensire “Bianco, rosso e Verdone” ma, questa frase, penso si adatti perfettamente a questo libro che può essere un cazzotto nello stomaco, con tutte le conseguenze dovute, o una carezza leggera, quasi un buffetto, da dare nella guancia di un “bravo” Nicolai Lilin.
Prima di spiegare la frase usata come incipit andiamo a vedere cosa ci propone il 33enne siberiano. Il buon Nicolai ci porta a spasso per la sua terra natia e ci presenta la galassia della criminalità siberiana con tutti i corollari che di essa sono parte integrante! Un sottile senso liturgico passa tra le righe del libro, ogni gesto del “criminale” è una rielaborazione di qualcosa che rimanda ad una entità superiore. Di tutto questo i tatuaggi, le icone, i coltelli e tutti i riti che circondano la vita del criminale ne sono la forma visibile!
Le guerre tra le bande criminali, sulla sfondo di una URSS che si sta dissolvendo, diventa una immagine fedele dello scontro tra ciò che era “prima” e ciò che sarà “dopo” il 1989! La corsa verso il capitalismo occidentale lascia dissolvere, a colpi di dollari, la tradizione criminale fino ad arrivare alla “morte” delle bande per lasciar spazio a chi, in quel momento, più di poteva adattare al nuovo “sol dell’avvenire”.
Ma torniamo all’incipit.
Se tutto quello che scrive Kolima, così si fa chiamare l’autore nel libro, corrisponde a verità, il libro diventa un pugno nello stomaco e lo scorrere delle pagine è simile alla discesa nell’inferno del lato oscuro dell’umanità! Se invece, come i molti suppongono, è opera di fantasia il tutto si limita a diventare un “buffetto” simpatico che ti lascia quel senso di affetto verso gli sforzi, non eccessivi, di un ragazzo che ha buona fantasia! Sarebbe un po’ come pensare che Alice nel paese delle meraviglie sia stata una storia vera, o, meglio ancora, cercare di andare a vivere a Hobbitville…
Alla fine la curiosità rimane e la voglia di catapultarsi nel secondo libro “Caduta libera”è tanta quindi, bando alle teorie, guardiamo dove ci e si spinge il giovane Kolima!
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la solitudine del cecchino
Chi di voi ha visto “Il nemico alle porte” non può che aver trovato più di una assonanza con il libro di Nicolai Linin “Caduta libera” [Einaudi 2010]… non per la trama, completamente differente, ma per il personaggio dal quale traspare la stessa cruda visione della guerra! Quella che si ha attraverso il mirino da cecchino.
Kolima, il nomignolo con il quale l’autore si lascia chiamare anche in questo libro, si ritrova catapultato nella guerra in Cecenia… sembra viverla in maniera asettica, non c’è un obiettivo preciso, non c’è eroismo per la Patria, non c’è un onore nazionale da salvare o una vittoria da portare avanti con la vita o la morte, ci si trova solo la voglia che il tutto finisca nel minor tempo possibile cercando di portare a casa la dannata pellaccia.
Arruolato a forza nei sabotatori viene scelto per diventare, grazie alla sua preparazione nelle steppe russe, un infallibile cecchino. Un cecchino vive la guerra come una partita testa a testa con gli altri pari nemici, con loro condivide la solitudine e la ricerca della perfezione totale, nell’arma, nel luogo da scegliere, nel silenzio interiore ed esteriore… alla fine il tutto diventa una partita di scacchi con la morte senza esclusione di colpi.
Il romanzo si snoda in un vortice di carne e sangue, fango e merda… ne senti il puzzo prima di addormentarti e il sapore acre non ti lascia fino alla fine del libro, che poi è la fine dell’incubo di Kolima. Vieni trascinato nella nebbia degli scontri e, dietro ogni porta che si sfonda, senti il cuore pulsare per la paura di un ombra che vi si muove dietro.
A mio avviso il libro si pone diverse spanne sopra Educazione Siberiana sia per la sua linearità che per il coinvolgimento emotivo che ti lascia attaccato ad ogni pagina.
Consigliato anche a chi non ha letto Educazione Siberiana.
Alessandro Conti
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