Opinione scritta da Davidino
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nuovo termine: "distopia"
Mi butto a capofitto nella lettura di questo romanzo incuriosito dalla trama e così scopro di essere incappato in un romanzo del genere "distopico". L'argomento mi piace, non è il primo libro che leggo, anche se, confesso, non conoscevo questo termine.
Siamo quindi in un futuro non troppo lontano dove la crisi economica, più devastante di una guerra, ha cambiato radicalmente l'assetto politico mondiale e dove la comparsa di una nuova droga, il flashback, ha quasi totalmente annichilito la società occidentale. Assumendo tale droga le persone possono rivivere in modo assolutamente realistico i momenti del proprio passato, rifugiandosi così nei ricordi felici.
Il protagonista, Nick Bottom, investigatore privato, viene assunto per indagare su un caso di omicidio. Ma Nick su questo caso ci aveva già lavorato sei anni prima, quando era ancora un poliziotto, prima che un'avvenimento sconvolgesse la sua vita e diventasse dipendente da flashback così da perdere lavoro e famiglia.
L'indagine si rivelerà più complessa del previsto: Nick scoprirà che dietro questo crimine si cela un complotto che coinvolge le alte sfere della società e che metterà in discussione anche il suo passato.
Il romanzo è indubbiamente molto coinvolgente.
Dan Simmons descrive in modo dettagliato la nuova società e i nuovi stili di vita post-crisi con tratti taglienti e drammatici. Lo scrittore sfrutta le attuali problematiche economiche mondiali, con analisi approfondite, per trarne le cause, a dir poco verosimili, del disastro economico a cui il mondo è andato incontro, rendendo così la lettura molto suggestiva. Inoltre la nuova geografia politica rispecchia in modo realistico gli equilibri precari che attualmente stiamo vivendo.
Insomma un libro per molti versi sconvolgente, che fa riflettere sullo stato attuale delle cose. Ma Simmons si dilunga troppo sulle cause economico politiche che hanno portato al crollo degli Stati Uniti tanto che, in queste fasi del romanzo, appare fin troppo evidente la sua avversione per la politica dei democratici di Barack Obama. Lo scrittore sfrutta il carattere distopico per fare del racconto un monito, perché saranno proprio le riforme dei democratici che porteranno al tracollo del paese, con conseguenze a mio parere, davvero poco plausibili.
Inoltre, i passi troppo lunghi ne rendono a volte un po' stancante la lettura.
Un romanzo tuttavia d'effetto, sicuramente da leggere per gli amanti del genere.
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amore profondo
Sentimenti.
L'amore è uno dei sentimenti più forti. Anzi, "qualcuno" afferma che sia il più forte.
Dante conclude La Divina Commedia con la frase: "l'amor che move il sole e l'altre stelle."
Ma la mente umana difficilmente concepisce sentimenti puri. Allora l'amore degenera in forme di gelosia o possessività, sentimenti che, fino ad un certo limite, sono considerati normali. Ma oltre questo limite? Oltre c'è l'ossessione. Vogliamo che l'oggetto del nostro desiderio sia tutto per noi e non accettiamo rifiuti. Anzi, arriviamo a convincerci che anche noi siamo indispensabili per lui.
Wulf Dorn ci guida nella mente di Jana, innamorata del dottor Jan Forstner, psichiatra presso la Waldklinic di Fahlemberg. Jana ha un progetto, un piano che una volta portato a termine permetterà a lei e Jan di stare insieme per sempre. Ma Jan non sa chi sia Jana, sa solo che la sua follia la porterà a compiere gesti estremi pur di realizzare il suo piano.
In questo terzo romanzo di Dorn, il secondo che ha come protagonista Jan Forstner, lo scrittore compone un thriller avvincente e dai ritmi serrati.La capacità di Dorn è quella di creare un'atmosfera cupa e inquietante che permea tutto il romanzo e dalla quale veniamo irrimediabilmente travolti. I personaggi sono pochi ma ben definiti e prendono il loro posto nel romanzo come le pedine di una dama le cui mosse vengono scandite dalla mente esasperata di Jana. L'ansia e la paranoia che avvolgono Jan, involontario oggetto del desiderio, ci vengono trasmesse con una tale forza che non possiamo più staccare gli occhi dal libro fino al suo imprevedibile epilogo.
Uno psico-thriller eccezionale, un Dorn sempre più bravo!
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Una vita da leggere
La storia della vita di qualcuno ha su noi lettori un fascino intramontabile.
Chi non ha sul proprio comodino o infilata da qualche parte nella libreria la biografia di un politico, di uno sportivo, di un cantante, di un attore o di uno scrittore stesso. Leggendola, cerchiamo in alcuni casi di carpire i segreti del loro successo e, in altri, qualche notizia o avvenimento di cui non eravamo a conoscenza. A volte ne rimaniamo delusi o annoiati; altre volte, quando la vita è intensa o particolarmente ricca di eventi, ci sentiamo rivitalizzati.
È quello che mi è successo leggendo l’autobiografia di Billy Crystal.
Billy ha la capacità di raccontarsi con molta semplicità e grande ironia.
Dalle pagine di questo libro, molto scorrevoli, a volte emozionanti e spesso divertenti, ho scoperto il Billy Crystal che non conoscevo.
L'attore, il comico, di cui in Italia è stato possibile vedere solo qualche film e poche altre apparizioni televisive ma che negli Stati Uniti ha all’attivo diverse piece teatrali e varie partecipazioni a programmi e spettacoli.
Billy ci svela, passo dopo passo, le tappe della sua carriera, i dietro le quinte dei film più famosi, ma anche i fallimenti e le delusioni.
Ma soprattutto ho conosciuto l'uomo: il suo profondo legame con la famiglia; il difficile rapporto con la religione ebraica, che rimane comunque uno dei capisaldi della sua comicità; le numerose amicizie, quelle che durano per tutta la vita; e la passione per il baseball.
Insomma una vita ricchissima di avvenimenti raccontati con la comicità tipica di Billy Crystal.
E a fare da cornice gli Stati Uniti, un paese pieno di contraddizioni, visto da alcuni ancora come il paese delle opportunità, e da altri odiato per la sua politica estera. Un paese che forse, nonostante tutto, conosciamo poco e che assume altri connotati quando ci viene raccontato da un personaggio come Billy Crystal.
Insomma un libro che consiglio a chi vuole approfondire la vita di un grande attore, comico, regista con divertimento ed ironia.
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originale ma...
Jonah Miller è un reviver forense presso il Forensic Revival Service . Il suo compito, grazie alle sue straordinarie doti, è quello di "risvegliare" le vittime di morte violenta dopo il loro decesso.
Quando furono scoperti i reviver, il primo utilizzo per cui furono addestrati fu proprio nell'ambito forense: “nessuno può identificare un assassino meglio della sua vittima.” Successivamente le competenze dei reviver furono allargate all'ambito civile così da poter accontentare chi desiderasse dare ad un parente deceduto l'estremo saluto (o farsi dire dove ha nascosto il testamento!).
Seth Patrick ci butta subito sulla scena del crimine insieme a Jonah per scoprire che la vita di un reviver forense è una vita dura. Per provocare il risveglio e stabilire il contatto Jonah deve toccare il soggetto. E se toccare un cadavere non è una cosa a cui ci si abitua tanto facilmente, ancora più difficile è non farsi travolgere dall' "onda" delle ultime violente emozioni provate dalla vittima. Inoltre, terminato il processo, Jonah deve fare i conti con i "residuati", cioè i ricordi della vita della persona deceduta che immancabilmente si mischiano ai suoi.
Jonah conduce una vita piuttosto solitaria insieme al gatto Marmite. Pochi amici, anzi forse solo uno, il tecnico Never Geary, suo collega che assiste ai risvegli. E nessuna fidanzata. La ragione di questo isolamento risiede nel "tremore", la sensazione che la maggior parte della gente prova toccando un reviver. In genere si prova un freddo intenso, che si dissolve una volta interrotto il contatto ma nel peggiore dei casi si viene invasi da una persistente sensazione di morte e paura.
L'idea di questo romanzo mi ha attirato subito e la traccia riassuntiva dà sufficienti informazioni per stimolare la curiosità. L' argomento è accattivante e il contenuto, grazie alle qualità descrittive dello scrittore, viene trattato con cura fin nei minimi dettagli. Al protagonista, Jonah, ci si affeziona facilmente e ad affiancarlo troviamo una discreta schiera di personaggi.
Tuttavia, complice forse una forma non particolarmente scorrevole, ho dovuto attendere fino a quasi metà del libro prima di veder decollare veramente la trama che comunque è coinvolgente e ben congeniata.
Purtroppo sono rimasto un po’ deluso dal finale. Vi confesso che, senza rivelarvi nulla, mi aspettavo qualcosa di più originale, viste le premesse. Un finale che comunque da adito a pensare che ci sarà
un sequel. Tra l’altro già preannunciato.
Rimaniamo in trepidante attesa.
p.s. sono un po’ stufo di tutte ‘ste trilogie, ma un bel libro anche di mille pagine non è meglio?!
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Tutto quello che sta là vuole ucciderti!
Secondo capitolo della saga di Benny Imura.
Come si addice ai migliori poemi epici cavallereschi, i nostri eroi sono tornati a Mountainsaid sani e salvi, dopo aver salvato Nix dalle grinfie dei cattivii. Al gruppo si è unita anche Lilah, la mitica Lost Girl delle zombie card. Charlie-occhio di vetro e Motor City Hammer sono oramai un lontano ricordo anche se aleggia ancora lo spettro di Gameland. Guarite le ultime ferite, Benny e Nix decidono di apprendere le tecniche di lotta giapponese di cui Tom è maestro e iniziano un intenso allenamento con un unico scopo: lasciare Mountainsaid e andare ad est, direzione verso cui hanno visto volare un aereo.
Trascorsi sette mesi il gruppo è pronto per partire. Nix non vede l’ora di lasciare Mountainsaid: da quando sua mamma è mancata non si sente più parte della città; Benny e Tom vogliono scoprire cosa è rimasto al di fuori del territorio di Ruin; mentre Lilah, che non è abituata alla città, vuole tornare alla vita selvaggia e non disdegna l’idea di un viaggio avventuroso.
Alla partenza si unisce Chong, il miglior amico di Benny, con l’intenzione di accompagnarli per un paio di giorni di cammino per poi tornare in città.
Ruin è un territorio ricco di insidie ma qualcosa negli ultimi mesi è cambiato e già dal primo giorno la compagnia si ritroverà ad affrontare molte avversità inaspettate.
Lungo la strada, poco dopo aver affrontato un enorme rinoceronte ed esserne usciti quasi illesi, troveranno un cadavere letteralmente “dato in pasto” agli zombie: la firma di Charlie-occhio di vetro per chi non rispetta i confini del suo territorio. Possibile che sia ancora vivo? E perché nonostante non gli sia stata praticata la "chiusura" il cadavere non si è rianimato? L’incontro casuale con "Jack il Predicatore", ambiguo cacciatore che vive nella terra di Ruin, insinuerà nel gruppo più dubbi che certezze.
Tom, che legge questi avvenimenti come simboli infausti, impone al gruppo di dirigersi a marce forzate verso il luogo dell’appuntamento con l’amica “Sally due coltelli”: la stazione di servizio di fratello David. Ma ad attenderli un amara sorpresa.
A chi, come a me, è piaciuto il primo volume di questa saga, Dust & Decay si presenta come degno seguito. Il ritmo è buono e a Maberry non mancano certo le idee per rendere il racconto avvincente. Ma se di Rot & Ruin ne avevo decantato l’originalità, in Dust & Decay, Maberry scivola su qualche stereotipo: lo scrittore attribuisce ai cacciatori, sia buoni che cattivi, che popolano il territorio di Ruin, delle caratteriste da eroe “Marveliano”. Combatteremo allora a fianco di “Sally due coltelli”, così chiamata per la sua abilità nell' usare due enormi lame legate alle cosce; J-Dog e Dr. Skillz, due ex surfers californiani che parlano in slang; Basher Bashman, Magic Mike ed altri.
Ne consiglio in ogni caso la lettura, soprattutto agli amanti del genere, in attesa del terzo capitolo.
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La "Prima Notte"
Cari Qamici non so proprio cosa mi sia successo! Sarà colpa di un rigurgito di adolescenza, fatto sta che qualche giorno fa, girovagando nel web, mi sono imbattuto in questo pluripremiato scrittore e la sua tetralogia e ne sono rimasto colpito. Ma se seriamente vi state chiedendo (spero!) cosa mi abbia incuriosito di questo romanzo nonostante il ritrito argomento, la risposta è che la storia si svolge non appena prima, non durante ma bensì quattordici anni dopo la “caduta”.
Cosa è rimasto della specie umana, della sua tecnologia, della sua grandiosità dopo le devastazioni della “Prima Notte”? Lo scopriamo attraverso gli occhi di Benny Imura, messo in salvo quando aveva poco più di un anno dal fratello Tom. Entrambi vivono a Mountainsaid, agglomerato sorto grazie alla volontà di un pugno di superstiti. La vita di Benny si svolge all' interno di questo microcosmo, dove i sopravvissuti hanno cercato di ridare una parvenza di normalità alla loro vita. Benny è solo un ragazzo preso dagli amici, dalla scuola, dalle “zombie card”, ma alla soglia dei quindici anni deve trovarsi un lavoro per guadagnarsi le razioni. Con la sfrontatezza che contraddistingue gli adolescenti, Benny cerca tra i lavori meno faticosi. Ma a Mountainsaid di lavori così non ce ne sono e dopo aver sperimentato il lavoro di “lanciatore di ossa”, di “umidificatore di ceneri”, di addetto all’estrazione della cadaverina, Benny decide di rivolgersi al fratello Tom.
Benny odia Tom, lo reputa un codardo, tuttavia gli sembra il modo più facile per imparare un lavoro: Tom è un cacciatore di zombie.
I cacciatori girano per il territorio di Rot & Ruin con lo scopo di liberare le strade dagli “zom” e renderle più praticabili ai commercianti che con cavalli bardati e carri rinforzati girano per il territorio alla ricerca di merci da vendere nelle cittadine come Mountainsaid. Ma Benny non ha un’idea reale di cosa ci sia a Ruin, perché lui, come i suoi amici, dalla città non è mai uscito e la gente di quello che c’è “là fuori” non ne vuole parlare, quasi a voler far finta che quei trecento milioni di zom che scorrazzano allegramente (!) non esistano.
Andando con Tom, Benny scoprirà che sopravvivere a Ruin è più difficile di quanto immaginasse: c’è tanta cattiveria, violenza e crudeltà ma anche tanta compassione; se alcuni vedono gli zom unicamente come una piaga, altri ne ricordano una vita passata come genitori, figli, fratelli, mariti e mogli.
Benny imparerà a conoscere più a fondo suo fratello Tom. Scoprirà i motivi per cui molti lo rispettano e lo stimano e quale sia esattamente il suo lavoro perché Tom non ama essere messo alla stregua di un cacciatore. Ma soprattutto imparerà che a Ruin non ci sono solo gli zom da cui guardarsi.
Jonathan Maberry scrive un romanzo originale e coinvolgente mettendo in secondo piano le caratteristiche horror tipiche di questo genere e sfruttando piuttosto tutti gli elementi distintivi del romanzo d’avventura, creando così una miscela che tiene incollati al libro fino alla fine.
Non vedo l’ora di leggere il secondo !
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ma che ansia il dittafono!
Jan Forstner è uno psichiatra specializzato in criminologia. Ma la sua carriera, come il suo matrimonio, ha avuto una battuta d’arresto. Jan è una persona inquieta, tormentata dal rimorso e vive con un costante senso di colpa. Ma adesso ha l’occasione per ricominciare. Il direttore della Waldklinik, la clinica dove aveva lavorato anche suo padre, gli offre un posto di prestigio strappandogli però la promessa di farsi aiutare dal suo collega, il dott. Rauh. Jan accetta anche se con una certa riluttanza e torna a Fahlemberg, la città che ventitré anni prima era stata teatro di avvenimenti drammatici rimasti ancora irrisolti: la perdita dell’amica Alexandra, morta all’alba nel laghetto del parco sotto i suoi occhi; la scomparsa del fratellino Sven e la perdita del padre. Tutti avvenimenti, tra l’altro, accaduti nell’arco di due giorni.
Dorn ci descrive in modo appassionante e drammatico il percorso introspettivo che Jan compie con l’aiuto del dott. Rauh, che lo porterà a rivivere, e noi insieme a lui, i drammi della sua infanzia.
Jan si butta a capofitto nel lavoro con l’intenzione di rifarsi una vita ma appena arrivato a Fahlemberg, assiste al suicidio di una ragazza, Nathalie. La sua somiglianza fisica con Alexandra è inquietante. E anche Nathalie come Alexandra era una paziente della Waldklinik. Coinvolto nella vicenda del suicidio, Jan si ritroverà, suo malgrado, ad indagare per scoprire possibili legami con la morte di Alexandra. Ma la sua indagine lo condurrà molto più lontano.
Wulf Dorn si conferma un ottimo scrittore. La vicenda è ben orchestrata e non mancano i colpi di scena. I personaggi sono interessanti, ben descritti e lo scrittore ne approfondisce con una discreta abilità i lati più intimi. Come nel romanzo precedente, Dorn usa come sfondo la psichiatria e i suoi lati inquietanti e questo lo rende originale.
Da leggere tutto d’un fiato!
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la sala dei passi perduti
Situato al piano seminterrato della sede del dipartimento di polizia federale, si trova il Limbo. Questo è il nome che viene attribuito all’ufficio persone scomparse, un nome che indica lo stato di uomini, donne e bambini che non sono ne vive ne morte. Persone che ti fissano attraverso centinaia di foto appese alle pareti dell’ingresso,la sala dei passi perduti. E’ qui che lavora Mila Vasquez, un luogo dimenticato dai suoi stessi colleghi e da dove lei può fare quello che le riesce meglio: affacciarsi nel buio, quel buio che ha inghiottito le persone che sta cercando. Quello stesso buio che stava per inghiottire anche lei sette anni prima mentre indagava sul caso del suggeritore.
Carrisi si conferma un grandissimo scrittore e grazie a queste doti scendiamo anche noi nel Limbo per scoprire che alcuni di quelli che sono scomparsi l’hanno fatto di propria iniziativa, con la volontà di dar vita a una nuova esistenza. E sono proprio queste persone che un giorno decidono di tornare, con uno scopo preciso: uccidere. Questo è quello su cui Mila deve indagare, affiancata dal collega Simon Berish, un poliziotto reietto.
Ho letto questo romanzo sull’onda dell’entusiasmo subito dopo “Il Suggeritore”. Carrisi ha un’eccezionale capacità narrativa : scorrevole, incalzante, imprevedibile. Con Carrisi niente è come sembra. Con abile visione introspettiva, ci fa conoscere i personaggi scavando nel loro intimo, fino a scoprire il loro lato più nascosto. E’ su questo presupposto che Carrisi basa la natura dei suoi protagonisti. Infatti non troveremo nei suoi libri “l’eroe della storia” ma persone vere che per quanto positive sono umane, con le loro debolezze e meschinità. Mila ne è l’emblema: diffidente, senza un briciolo di empatia, non ama essere toccata, attratta dal pericolo e dal buio che la circonda, Mila è in continua lotta con se stessa per riuscire ad accettarsi e amarsi per quello che è. E proprio per questo è ricca di quell’umanità che ci fa assomigliare a lei più di quanto non immaginiamo o non vorremmo.
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E' dal buio che vengo...
Prevenuto sugli scrittori italiani che scrivono di criminologia, in particolare di assassini seriali, mi ci è voluto un po’ prima di decidermi a leggere questo libro. Non tanto perché sia particolarmente testardo quanto per non rimanere deluso. E invece Carrisi non delude di certo. Anzi a mio parere si merita un posto nell’olimpo degli autori di questo genere.
Una squadra di investigatori, capeggiata dal criminologo Goran Gavila, indaga sulla scomparsa di cinque bambine. Ad aiutare il gruppo viene chiamata Mila Vasquez, specializzata nella ricerca di bambini scomparsi.
Diciamolo subito, l’argomento è ostico, soprattutto per chi fa fatica ad affrontare un tema come la scomparsa di bambini. Tuttavia la trama è molto coinvolgente e la scrittura di Carrisi è scorrevole. I numerosi colpi di scena, forse un po’ troppi, non mi hanno fatto tirare il fiato fino alla fine. Una delle curiosità è che Carrisi non dà indicazioni geografiche su dove si svolga la storia quindi, al di là dei nomi, la prima (brutta!) sensazione è che potremmo trovarci ovunque. I luoghi e le vicende sono descritti con attenzione e non mancano scene crude con connotazioni macabre sapientemente dosate che non stonano visto l’argomento. Carrisi ha la capacità di scavare molto a fondo nell’animo dei personaggi, tanto da svelarne i segreti più intimi." E' dal buio che provengo. Ed è al buio che ogni tanto devo ritornare" dice Mila per descrivere quella capacità di immedesimarsi nel rapitore. E nonostante Mila sia un’eroina, forse non vorremmo essere al posto suo. Ma qualcuno che ci guarda le spalle fa comodo, soprattutto dal “suggeritore”. Una figura che Carrisi ci fa conoscere in tutti i suoi aspetti anche con l’inserimento di casi documentati. Sono individui, questi, che come dice lo stesso Carrisi, riescono a far emergere un lato oscuro già presente in noi. E allora devi guardarti da tutti, anche da chi ti sta vicino:" Stiamo accanto a persone di cui pensiamo di conoscere tutto, invece non sappiamo niente di loro…" ci avverte il dottor Gavila. Insomma siamo così coinvolti che, di questo romanzo, potremmo essere gli eroi oppure le vittime. Ma attenti, perché potremmo anche essere i cattivi!
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non lo consiglio
Mi è capitato raramente di non finire un libro ed anche in questo caso non mi smentisco anche se, vi garantisco, è stata dura. I romanzi storici mi piacciono e ne ho letti, non tantissimi, ma credo abbastanza da poter dare un giudizio.
Non mi soffermo sulla trama che su questa pagina trovate scritta in modo esaustivo e comunque non vale la pena dire altro. Ma è da qui che comincerò a parlarvi male di questo libro.
Solo leggendo i presupposti con cui Xiao Bai ha scritto il suo romanzo, mi era venuta l’acquolina. Peccato che di avventura e avventurieri in stile Shanghai anni ‘30, nel libro non ce ne sia traccia e tanto meno di affresco storico; il noir rimane uno sconosciuto e lo spionaggio l’ha visto da lontano.
La trama si dipana male, forse complice una cattiva traduzione o un modo di scrivere poco scorrevole e quando pensi che stia per decollare tutto si sgonfia e viene voglia di far decollare il libro fuori dalla finestra. I salti di tempo e di spazio sono mal gestiti e rendono difficile la comprensione della storia.
Il finale non allevia il tedio che accompagna tutta la lettura, quindi inutile svelarlo.
Girateci al largo.
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tuffatevi ma con gli occhi aperti!
Ho atteso un po’ prima di scrivere una recensione su questo romanzo in modo da esprimere un’ opinione “a freddo” che fosse la più distaccata possibile. Questo perché quando ho lette le diverse recensioni, nonostante l’entusiasmo che predomina, ho notato diverse perplessità.
La trama è decisamente accattivante a cominciare dal titolo: il quinto è il giorno nel quale Dio creò gli animali che popolano la terra. E sono proprio questi, in particolare quelli marini, che si ribellano all’uomo, “il predatore più pericoloso mai esistito”.
Bè, vi confesso che io l’ho letteralmente divorato! E ora vi spiego perché.
Primo perché è un vero thriller: ma vi immaginate cosa succederebbe se tutti gli animali marini, dai vermi nascosti ai più remissivi granchi fino agli aggressivi squali ed orche, per non parlare di megattere e cetacei vari, un giorno, spinti da un’entità misteriosa, decidessero di formare un esercito e di farcela pagare per tutte le angherie che gli abbiamo fatto subire? Schatzing ce lo rende reale. Con una scrittura scorrevole, vieni catapultato in questo incubo insieme ai personaggi che lungo il romanzo impariamo ad amare e odiare.
Secondo perché Schatzing ha studiato: ci descrive in modo appassionante quello che sappiamo degli abitanti del mare (anche se ogni tanto si dilunga un po’ troppo), tanto che alla fine ci sentiamo un po’ tutti biologi marini; e come e quanto male abbiamo fatto e stiamo facendo a loro e al loro (nostro!) ambiente. E qui, purtroppo, è tutto reale. Schatzing si è documentato e ci spiega, in modo convincente e sconvolgente, quanto sia necessario un “cambio di rotta” nel rapporto con la natura.
Quindi, se ve lo state chiedendo, la risposta è: sì, è un romanzo a sfondo ecologista. Ma l’argomento viene trattato in modo che ti entri sottopelle, senza essere pesante; se di questo romanzo l’azione è la “trama”, l’ecologia ne è l’”ordito”. Alla fine il risultato è un tessuto compatto e ben intrecciato.
Leggetelo e non ve ne pentirete…. se non quando sarete in barca la prossima estate!
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Un po’ deluso...
Le premesse per un buon libro c’erano tutte.
Nonostante una trama non proprio originale e oramai più che sfruttata, cospirazioni contro la Chiesa, “verità” occultate, mi sono cimentato nella lettura di questo libro attirato dalla presenza di alcuni elementi che mi hanno incuriosito. Prima di tutto mi sono chiesto quale ennesima verità su Cristo la Chiesa volesse ancora nascondere secondo Graham; poi la presenza, come protagonista, di un agente dell’ FBI che si occupa di killer seriali.
La vicenda narra della ricerca di un manoscritto antico, di cui si sono perse le tracce da più di 600 anni, redatto da Satana stesso. La Chiesa vuole nasconderlo a tutti i costi, in quanto contiene la verità su quanto successe a Cristo dopo la crocifissione (!) ma “qualcuno” vuole ritrovarlo. E in mezzo ci finisce proprio la nostra agente, Marie Park, che sta indagando su una serie di efferati omicidi, coadiuvata da Padre Carzo, un prete esorcista.
Il libro è coinvolgente già dalle prime pagine ed è ricco di colpi di scena. Tuttavia non mancano numerosi difetti.
La vicenda è ambientata ai giorni nostri ma visto che si parla di un libro molto antico, sono frequenti i flashback che ne ripercorrono le vicende nei secoli. E proprio questi fin troppo numerosi flashback rendono poco scorrevole la lettura e spesso confondono addirittura la trama. E a renderlo ancora più confusionario ci si mette pure lo stile: è un thriller con parecchio horror, un po’ paranormale, con una spruzzata di spiritismo a sfondo possessivo/demoniaco, un pizzico di cospirazione, il tutto condito con un po’ di storia. E per dessert i Templari (ancora!?). Insomma un qualcosa di già letto in 4 o 5 libri diversi e qui riuniti in un unico romanzo.
Leggetelo ma con riserva.
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piacevolmente stupito
Premetto che non ho mai letto un libro sugli zombie.
La mia generazione è cresciuta con Romero & c. e quindi gli zombie ce li siamo sorbiti anche a colazione.
Poi mi sono imbattuto nelle recensioni di Apocalisse Z e mi ha incuriosito il fatto che sia stato un libro il cui interesse è cresciuto con il tam tam su internet e mi sono chiesto che cosa potesse esserci di originale in un argomento come gli zombie, che ci accompagna ormai da più di 30 anni, da coinvolgere così tanta gente.
Ed ecco Loureiro che scrive una trilogia che ti tiene inchiodato dall’inizio alla fine.
Lo stile è ottimo, immediato e scorrevole e ti coinvolge subito, soprattutto il primo libro che, scritto con lo stile del "diario”, ti fa entrare nel vortice dell’orrore già dalle prime pagine. Descrittivo quanto basta, non manca di essere splatter come ovviamente richiede l’argomento.
E poi non puoi non affezionarti ai personaggi: l’avvocato (ormai ex), Viktor, Lucìa e il mitico gatto Lucullo.
E poi in un attimo si arriva al terzo volume che ho avuto la fortuna di leggere subito dopo i primi due.
Gli amici zombie anche qui non mancano ma quelli da cui dovranno guardarsi i nostri eroi sono gli umani.
Arrivati a Gulfport, infatti, incontreranno il “reverendo” e scopriranno quello che (purtroppo!) è rimasto degli Stati Uniti dopo la pestilenza. Ovviamente vi lascio la sorpresa.
In questo terzo volume Loureiro mi ha definitivamene conquistato: la trama tiene fino alla fine con un ritmo serrato e non pochi colpi di scena e il finale non delude le aspettative, anche se il protagonista è spesso dotato di una buona, per non dire inverosimile, dose di fortuna. Ma la cosa che più mi ha catturato è stata la capacità di dar vita a personaggi le cui caratteristiche sono molto ben descritte, fino a grattare nel fondo dell'animo umano anche nei suoi aspetti più sordidi tanto da ricordarmi il King dei primi romanzi.
Vi consiglio questo libro, nonché tutta la trilogia, anche se non siete proprio amanti degli zombie.
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