Opinione scritta da veronic
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Diffidate sempre dei libri postumi
La piuma, è l’ultimo libro postumo di Giorgio Faletti,scomparso poco più di un anno fa,un personaggio poliedrico: scrittore, attore, compositore, cantante e comico, insomma, difficile non riconoscere il volto di questa firma inserito nella fascetta di Baldini & Castoldi. E noi lo riconosciamo.
Ho notato con scetticismo questo testo per giorni in molte classifiche, nelle mie spedizioni in libreria più volte è passato per le mie mani, ma non era mai rientrato tra i miei acquisti prioritari. Ne ho apprezzato la maneggevolezza, il titolo delicato, la Piuma, ma dopo mesi, solo una settimana fa ho ceduto.
Diffido sempre dei libri postumi perche è la nostalgia nei confronti dell’autore che ti frega, e infatti, anche questa volta ci sono cascata. Associare questo titolo ad una nota firma famosa per tutt’altro genere letterario, come era Giorgio Faletti, mi Incuriosiva, ma con rammarico devo dire che l’ho trovato molto deludente.
In primis, parliamo di un libro, il cui prezzo di copertina è di € 13,00 per meno di 90 pagine . L’impaginazione è molto larga, la dimensione, il font, i molti disegni, riducono notevolmente l’effettivo contenuto. Non si fa economia quando si parla di cultura, ma non si specula su un prodotto incompleto infangando il nome di un autore, un uomo, e chiunque non possa più dire la propria.
Se vogliamo esser magnanimi e ingenui, possiamo considerarlo un richiamo alla grafica dei libri delle fiabe, una pubblicazione commemorativa, un ultimo gesto delle persone più vicine all’autore per far rivivere l’arte del proprio caro ancora un’ultima volta. Ma tutto ciò non giustifica,l’eccessiva spesa, e se ci concediamo il piacere di esser cinici, potremmo quasi intravedere una sgradevole scelta di marketing editoriale.
Ma vi parlo della trama, interessante ma purtroppo con poco spessore. L’autore ci chiede di seguire con lo sguardo, aiutati da particolari illustrazioni, un’innocente piuma che vola indisturbata tra una brevissima storia e l’altra, passando da contesti storico cavallereschi a visioni più intime oltre tempo, fino a quando cadrà nel foglio bianco di uno scrittore e sarà accolta con il dovuto sguardo attento di chi sa raccogliere la leggerezza, la libertà e tutto il simbolismo che essa racchiude .
E’ un vero peccato, perché il contenuto e buona parte della forma inseriti in un contesto più ampio avrebbero potuto costituire un piacevole romanzo fiabesco o comunque un bel racconto più corposo,
o l'adeguato Musical di cui si dice sarebbe voluto essere il fine.
Presentato al pubblico, con più umiltà editoriale, ad un prezzo più modico, sarebbe stato indubbiamente più apprezzato, e non avrebbe lasciato l’amaro in bocca. La mia critica pertanto è più rivolta alla scelta editoriale che al potenziale contenuto emotivo di un grande scrittore.
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Momenti di trascurabile Semplicità.
Scendo dalla cattedra e ignoro per un’intera giornata che sto leggendo un premio strega e affermo con sincerità che ho veramente apprezzato questo libro.
Un elenco di azioni, sketch e storielle ciniche della vita di ogni giorno, leggo le prime pagine, sorrido, leggo la storia del cinese è assurda ma è divertente, leggo:
“ le candeline che si riaccendono dopo che le hai spente. Chi le ha comprate, trova questo scherzo irresistibile. Tutti gli altri, no.”
Segue
“il fatto di non sapere se la luce del frigorifero, quando l’hai chiuso, si spegne veramente”
Punteggiatura chiara decisa, sorrido e penso volgarmente “ma dai, che Caxxxxxe, sei un premio Strega, datti un tono, però è vero.” e proseguo sghignazzando.
Per tutto il libro ad ogni ghigno faccio seguire il medesimo pensiero volgare sopracitato.
Vado a prendere un caffè con dei colleghi, il libro è in borsa, mi ritrovo a parlarne, estraggo uno dei tanti sketch, anticipo : “senti questa” con aria critica, poi però torno a ridere, i colleghi ridono, cacchio, fermi un attimo, questo libro mi fa ridere veramente, mi piace.
Letto in poche ore e con grande leggerezza ripenso alla mia esclamazione volgare e la proseguo, “si è un Caxxxxxe ma scrive bene e lo sa far bene.” Potrei fare un elenco infinito di autori che giocano di cinismo, ruotando intorno a caricature pseudo letterarie alla bridget jones non cavandone nulla di buono.
Per me questo libro rappresenta, Il coraggio di esser scrittori semplici. Dopo la vincita del premio Strega( con "il desiderio di essere come tutti") e le critiche pro e contro che esso comporta, quest’uomo si aggrappa al pensiero quotidiano, tenta di raccogliere i pensieri fugaci della gente comune, pensieri sciocchi raramente messi nero su bianco, che messi insieme, sono una memoria collettiva di sciocchezze, che per quanto tali, fanno sorridere e rispecchiano tutti.
Dopo il successo del penultimo libro “Momenti di trascurabile felicità”, prosegue con quest’altra parte della medaglia con “Momenti di trascurabile infelicità”. Una scelta commerciale? Probabile. Sentita? Forse. Quasi sicuramente almeno un’ affermazione del suo elenco vi appartiene, saper descrivere fatti banali, in maniera condivisibile, grammaticalmente accattivante, ha il suo merito.
Cos’è che accomuna tutti gli uomini? La più nota è la morte, io aggiungerei l’evacuazione, la prima non ne sappiamo ancora niente, e nel momento in cui vivremo l’esperienza non abbiamo più l’occasione di parlarne, la seconda la viviamo quotidianamente, (in caso contrario sopraggiunge la prima citata) ma per pudore o mancata prospettiva siamo lontani dal volerne parlare, anche se forse è l’unico certo argomento comune tra tutti gli essere viventi.
Dico tutto questo non per dire che è un libro che stimola l’evacuazione, ma per esortarci a togliere la puzza sotto il naso e apprezzare anche altri tipi di letteratura, per non divenire stitici di pensiero.
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Comprami, leggimi, seguimi.
Premessa: spesso, in libreria, mi capita di voler curiosare nel banco delle novità, da amante dei classici, lo faccio un po’ con aria di sfida, questa è stata una di quelle volte.
Questo romanzo è costituito da 9 fiabe, e tante premesse e postfazioni. La trama è piacevole e diretta. Le fiabe hanno come filo conduttore il tema della presa coscienza di se sopra ogni cosa. L’amore sottoforma di qualsivoglia personaggio fiabesco conduce il lettore a far i conti con i suoi pregi ed i suoi difetti, fatto tesoro di questa prospettiva il lettore può proseguire il suo percorso, sconfiggere le sue paure e vivere una vita coerente e consapevole.
La composizione della struttura, della grafica, copertina e quarta di copertina sono curatissime, lo scrittore sembra urlare ad ogni passante, “fidati, Comprami”.
Bisotti conduce per mano il lettore nel suo testo, anticipa le favole con citazioni famose e inserisce un’illustrazione ad ogni punto metaforico più cruciale, e urla: “dai prosegui, Leggimi, credo di aver qualcosa di interessante da dirti”.
Ogni cellulosa, rimanda ad una biografia nascosta dell’autore, seguita da tanto di slogan hashtag che incita al : “Seguimi oltre questo libro e ricerca il precedente”.
L’aspetto che più mi ha colpito, quasi più della trama, è tutto il caso editoriale.
Ho smembrato questo libro, anche per non dimenticare l’affascinante aspetto dell’ Industria Culturale.
Cominciamo con la copertina. Ottimo scelta di continuità con i suoi libri precedenti un grandissimo punto pro (“il quadro mai dipinto”e “La luna blu”). Una grafica dominante, quasi ridondante di “romantico notturno”su copertina flessibile, questa volta le stelle, nei precedenti la luna, che dire, attendiamo con ansia il prossimo astro.
Per i fotogrammi dell’anima la fotografia in copertina è di Alastair Magnaldo, mentre per il quadro mai dipinto, abbiamo un’ illustrazione di Rafa? Olbi?ski.(cercate online i loro lavori, sono stupendi)
Tale grafica, onestamente gradevole, seppur apparentemente puerile, mi ha spinto ha ricercare alla fine della bandella posteriore i nome del grafico e dell’art director, rispettivamente Manuele Scalia e Giacomo Callo (in arte anche MAS-213), grandi nomi del mondo Mondadori (se li ricercate online, troverete famosissime copertine con le loro firme).
Rimanendo sulla bandella posteriore, mi cade l’occhio sulla foto di presentazione dell’autore. Grande pecca grafica, ma perché!?!? stile selfie da fan di Samuel dei subsonica, cappellino, barba, occhiali da sole, praticamente l’uomo invisibile, effetto filtri di Instagram. La fotografia è firmata Silvia Maglione, nonostante, ribadisco, sembra proprio un Selfie dal basso, comunque la stessa firma la ritroviamo su altre foto nel web del medesimo autore (vedi blog, sito ufficiale, fb) con altre prospettive e numerosi filtri. Che Bisotti volesse mostrare la sua vicinanza ai fan online, mantenendo un immagine un po’… “infantile da web.??”
Fatto è che a mio giudizio la serietà dell’autore è decisamente compromessa, allora mi domando, ma quanti anni ha? Ed ecco che si infittisce il mistero, cerco di distrarmi da quel clamoroso selfie, alzo gli occhi e leggo la sua biografia.
Nato e vive a Roma, suona il pianoforte, ama la psicologi e la filosofia, laureato in Lettere, usa la scrittura come cicatrizzante, precedenti libri e tanto amore, ma quand’è nato?.. cerco online nel suo sito ufficiale ed ecco di nuovo, Roma, pianoforte, amore, cicatrizzante, qualche approfondimento in più sui suoi gusti filosofici Zen, ma ancora nessuna data di nascita. Probabilmente in qualche post del suo blog o in altro loco più incanalato potremmo trovare la sua età, ma di sicuro non sotto la voce biografia, ma mi contengo rispettando la sua strana privacy.
Mi riconcentro sul libro, cerco di entrarne nel vivo, leggo la trama nella bandella anteriore. Mi aggiorna che questo è stato il suo primo libro,( 1° ed 2010 Edizioni Smasher. Collana: Orme di inchiostro) ora riveduto e ripubblicato per Mondadori.Ora so che devo tenermi più cauta.
Mi segnala che è stato appositamente illustrato da Stefano Morri, lo sfoglio al volo per carpire qualche immagine, e denoto piacevolmente che aggiungere questo lato pittorico fiabesco è stata una buona scelta.
Poi, panico, tremo leggendo che al suo interno troverò delle fiabe contemporanee.. “sospese tra le favole di Esopo e il piccolo principe”. Affermazione decisamente ambiziosa e terribilmente pericolosa. Le mie aspettative sono alte ed il mio cinismo è alle stelle.
La bandella termina con la frase: la cosa più importante “mai controcuore”, frase che scoprirò poi essere motto, e hashtag dell’autore, decisamente una sgradevole scelta.
Sbuffo un po’ e ruoto il libro eccomi faccia a faccia con la quarta di copertina, cito:
“desidero che questo libro sia un dono da regalare alla persona che amate, un messaggio per dire: Sai ti stavo pensando e ho preso questo libro per te. Così magari lo leggerete insieme e conterrà al suo interno un desiderio che non si può comprare: regalami un domani. Conoscersi è la regola, riconoscersi è raro, non perdersi è la splendida eccezione.”
Un invito a regalare amore, attraverso questo libro, in poche parole, un invito a comprare e divulgare questo libro, il tutto incoraggiato dal fatto che questa 1° edizione Mondadori è uscita il 10 Febbraio 2015 e si è guadagnata le vetrine Mondadori di S.Valentino.
Detto ciò, mi cade magicamente il segnalibro, a forma di stella, con la stessa citazione e la stessa esortazione sopra citate, non meno sul retro hashtag maicontrocuore con tanto di foto in miniatura dell’autore.
Cerco di togliermi ogni pregiudizio e comincio a leggere, titoli, indice,ringraziamenti di cuore, due pagine in corsivo dove l’autore si auto incita e incoraggia a perseguire i propri sogni oltre ogni giudizio infamatore, un’apparente romantica tutela preventiva sopra ogni giudizio all’operato suo e di tutti i sognatori che vuole avvicinare. La dichiarazione prede un corsivo poetico sofferto che fa quasi tenerezze e poi si arriva alla Prefazione. Ci presenta com’è arrivato a questo lavoro, l’aspetto autobiografico, e la prima scrittura a 20 anni, poche modifiche per non comprometterne la purezza e poi la prima pubblicazione.
Di tanto in tanto il filo narrativo si spezza con delle frasi ad effetto, slogan romantici e poi prosegue. Lo stadio di tenerezza per questo piccolo autore senza età continua. Sfoglio arriviamo “all'introduzione alla prima edizione”, ed eccoci catapultati nelle motivazioni spirituali che hanno ispirato questo testo e un anticipazione spirituale del percorso in cui l’autore ,attraverso queste fiabe ,vuole condurci.
Come vi ho anticipato prima, mi trovo davanti nove fiabe, carine, non eccessivamente pesanti come la cornice di questo testo cominciava a farci sospettare, scorrono bene, le illustrazioni sono veramente interessanti, talvolta emergono vocaboli da scolaretto di lettere un po’ troppo forzati, ma per il resto è una piacevole lettura, degna della sua dignità ma ben lontana da Esopo e dal piccolo principe, direi più vicino a Sergio Bambaren e Romano Battaglia, a voler esagerare Richard Bach, purtroppo con piccole smorfie adolescenziale alla Fabio Volo, ma con la tensione verso qualcosa di più.
In conclusione ho apprezzato questo libro per quello che si trae dall'autore, oltre a tutte le banali critiche che son riuscita a trovargli, per avermi trasmesso la tensione e la forte insicurezza, verso la ricerca stilistica spirituale e non meno pubblicitaria del qualcosa di più.
E’ figlio del suo tempo, quindi commercializza la sua arte con i nuovi media e questo fredda l’aspetto romantico tradizionale letterario, ma ciò che più mi è premuto sottolineare con questa recensione, è stato il percorso attraverso il quale un nuovo autore con grandi strumenti, possa far emergere, oltre alla sua voce, un curatissimo prodotto editoriale .
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Romano Battaglia
Richard Bach
Il tentativo del sassolino nell’Ingranaggio
Abbiamo un incipit di 3 capitoli ed un chiarissimo finale ad effetto:
“il libro terminerà con un sonoro Vai a cagare proferito da lei”.
E nel mezzo ci siamo tutti noi che ipotizziamo la nostra storia.
“ Mi sono reso conto, in questi ultimi anni, che sto cercando una formulazione etica: voglio esprimere, per mezzo dei miei libri, un senso etico dell’esistenza, voglio esprimerlo letterariamente”.
Credo che lo scopo sia stato raggiunto, non c’è espressione etica più letteraria, di lasciar sospeso il protagonista in balia delle sue scelte e stimolare la coscienza del lettore a tramare il seguito della narrazione di quest’uomo di fronte al suo bivio..
Il protagonista di questa storia è Artur paz semedo, un grande lavoratore nei servizi di fatturazione di armamento leggero. Artur è un uomo che ha preso la vita che gli è capitata e ha proceduto di conseguenza, nessun ambizione differente, nessun progetto, ha trovato lavoro nell'armeria allora si è innamorato di armi senza mai aver sparato un colpo ne fatto la leva militare.
Ha dedicato vent'anni della sua vita al mestiere che gli è capitato, l’ha fatto con estrema diligenza, con ignizioni di adrenalina filmica, ha accettato la conseguente separazione della moglie pacifista, senza mai batter ciglio, perché questa era la sua strada.
La sua diligenza è stata messa a servizio della dea Bellona, senza infama e senza lode, ma soprattutto senza un minimo dubbio etico.
L’uomo è il suo lavoro, nulla di più, o forse no?
Artur è l’ennesimo ingranaggio sociale, vittima dell’ignavia culturale del suo tempo, e per moto perpetuo conduce la sua vita senza porsi domande. L’unico modo di inceppare il meccanismo e dargli l’occasione di riflettere, è bloccare l’ingranaggio dall'interno, nelle sue vie più intime, attraverso l’affetto e la stima che ripone per la sua ex compagna e/o un colpo di scena in uno dei suoi film preferiti, e boom, il meccanismo si ferma.
E’ mai possibile un sabotaggio? Era questa L’etica di cui parlava la sua ex compagna? E’ possibile Sabotare, nonostante sia un’azione disdicevole per l’impresa in cui si lavora? Artur comincia a cercare, e non perché è il suo lavoro, perché lo desidera, perché è libero, allora è lui che farà della ricerca un suo lavoro.
“ad artur paz semedo piacque soprattutto l’avverbio di modo liberamente. Per la prima volta in vita sua, qualcuno, non uno qualunque, ma l’amministratore delegato in persona, gli aveva riconosciuto non soltanto il diritto, ma l’obbligo rigoroso di essere libero nel suo lavoro e, per estensione logica, in qualsiasi situazione della vita.”
In questa società tutto è un estensione logica al lavoro, mentre Saramago ci sottolinea l’importanza di scomporre gli addendi in gioco, mettendo l’etica alla base e facendo ruotare il resto della vita come estensione logica.
Il resto è Saviano, si, Saviano con un suo scritto che procede a modo suo, ipotetiche trame di cronaca contemporanea, ipotizza gli intenti etici dello scrittore traslandoli nel suo mondo e nel suo modo di narrare. Ammetto che mi sarei risparmiata il Saviano finale, se proprio doveva fare un approfondimento etico sull’autore, avrei preferito che ne avesse approfittato per parlare della loro amicizia, invece di riproporre una sua scrittura autoreferenziale, per quanto plausibile.
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chi sente l'esigenza di salutare questa grande firma,
con l'ultimo dono che ha potuto lasciarci.
Perchè la sua imminenza di scrittura in malattia non sia stata vana,
perchè la sua narrazione seppure sospesa abbia un continuo nella coscienza di ognuno di noi.
la letteratura dell'impegno
Ripenso alle prime classificazione letterarie che si imparavano nei primi anni di scuola.
Esistevano gli scrittori della letteratura d’evasione, che nei momenti di dolore e di guerra, sfruttavano i propri talenti letterari per alleggerire la realtà e i cuori dei loro lettori, e poi, esistevano gli autori della letteratura dell’ impegno, che non potevano tacere, e sfruttavano i più dolci vocaboli per affrontare il loro dolore e denunciarlo a nome loro e di chi non aveva voce.
Esistevano ed esistono fino ad ora, solo che alcune firme lasciano più il segno di altre.
Un libro da 4€ perché la verità sia fruibile a tutti e non un esclusiva dei più benestanti.
Poche righe di cuore, accompagnano questa battaglia letteraria e politica.
Erri de Luca ci spiega la sua accusa per Istigazione al sabotaggio dei cantieri Tav.
Ci parla della famosa intervista incriminante lasciata all’huffington Post, in cui difendeva la libertà di espressione dei no-tav, e marciava con loro per la liberazione da un imposizione governativa che non dava udienza alla piccola comunità, e sì, incitava a protestare e combattere per tutto ciò in cui si crede.
Nessun arma, solo la parola di un uomo di grande sensibilità e cultura, nessuna criminalità organizzata, solo una presa di posizione chiara e decisa.
Erri si difende con i suoi strumenti più cari, ci mostra l’etimologia delle parole con cui viene accusato, istigazioni, incitazioni, che in realtà, non hanno condotto a nessuna azione vandalica concreta, ma hanno offeso l’opinione di ben pensanti che impongono la loro opinione.
Uno scontro tra opinioni contrarie, non è un romanzo ma è la vita vera.
Un autore che fa del proprio mestiere una scelta consapevole e impegnata, un atto concreto, oltre le parole, per denunciare la libertà del proprio punto di vista, come scrittore e come uomo.
Con questo testo e questo gesto, si è formata una più solida comunità di lettori,scrittori e politici che dichiarano nella vita e nel web iostoconerri, come sinonimo, io sono per la libertà di espressione.
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Natale:il protagonista esce di scena
Un racconto frizzante, cinico, con delle uscite decisamente geniali.
La sua premessa ci mette in guardia: “sarà una specie di fiaba che metterà a nudo l’ipocrisia del Natale e di tutti i buonisti a tempo determinato”.
Non temete, non siamo di fronte all'ennesimo abuso dei 3 fantasmi di Dickens, al massimo si potrebbe dire che il mondo si è rassegnato ad esser composto unicamente da tutti Scrooge ma che non c’è nessuna apparizione, o in questo caso scomparsa, che possa farli/ci redimere.
Ci troviamo in un paesino di montagna, prossimi al Natale 2014, i convenevoli, gli auguri, messe e pellicce sono pronte, le lettere sovraccariche di richieste sono state fintamente spedite in Lapponia, ed eccoci quindi pronti ad accogliere la sacra mattina del Natale attorno all’albero.
Da tradizione, si comincia con l’apertura dei regali, tutti i bimbi gongolano entusiasti per l’ottimo investimento, anche questo Natale sembra aver dato i frutti tanto richiesti, i genitori si fanno “spalluce”, i sacrifici e gli straordinari sono serviti al loro scopo, conquistare/comprare l’affatto dei loro figli. Il quadretto famigliare che si ripete da anni, è quasi completo, i regali sono stati consegnati i vestiti buoni sono pronti, si sta per andare a messa.. ma!....è accaduta una cosa strana, udite! udite!..manca il Gesù Bambino dal presepe!..Chi lo ha preso? Si scompone l’atmosfera, la capo famiglia delle feste con l’energia del suo buonismo fa cadere minacce verso i primi sospettabili rapitori, i suoi figli.
A macchia d’olio il caso si presenta a tutte le famiglie del paese, poi della regione, poi della nazione, e poco dopo si scopre che tutto il mondo ha disperso i Bambin Gesù.
Dostoevskij ci anticipò “senza Dio tutto è possibile” e così comincia il grande caos, il conflitto con ciò che c’è di più sacro per gli uomini: esser tutti conformi alla“ tradizione”.
Il giallo è avvincente, il caso ci permette una simpatica panoramica di uomini moderni, dei quali alcuni sono dichiarati espressamente come Don Gallo, Alex Zanotelli, Don Ciotti, il Papa Argentino, poi alcuni sono vagamente accennati, come il politico che si spacciava per Gesù Bambino, e lo scrittore delle Montagne che specula su questa storia.
Il cinismo, l’ironia e un po’ di satira, alla fine ci ricondurranno sulla riva del testo, e per chi conosce l’autore non sarà difficile scovare in quel laghetto dalle “lacrime color turchese” una storia non antica dove Corona incita i suoli lettori a volger sempre lo sguardo.
Apprezzo questo libro, seppur nella sua immensa brevità, perché è diretto senza esser pesante, ben scritto, e ci propone molte riletture. Oltre ai volti noti, ai paesaggi conosciuti, uno dei temi centrali ironizzati in questa storia, è secondo me: L’appello al ritrovamento iconografico della Cristianità che prevarica sopra la Cristianità stessa. Tutto ciò, mi riconduce inevitabilmente a considerare, quanto talvolta appaiono ridicole le nostre prese di posizione, come il dibattito politico di poco tempo fa, in merito ai crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici. La maggior parte degli uomini, italiani, cristiani e non, praticanti e non, peccatori..e peccatori.. quando hanno visto la possibilità di perdere un simbolo iconografico hanno rispolverato il credo e sono arrivati quasi a bestemmiare in faccia a chi avrebbe voluto togliere il soggetto ai loro aggettivi.
Siamo uomini, sbagliamo, ma soprattutto, usciamo da questo cliché, non diventiamo migliori, neppure a Natale.
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Molto significativa, un augurio Natalizio di cuore diverso dai soliti, ma decisamente concreto e sincero.
Ve la posto qui, per renderla fruibile anche a chi non ha avuto ancora l'occasione di conoscerla.
"Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
+ Tonino Bello "
Pillole di un nuovo Benni?
La creatività di Benni qui è insolitamente più lontana dall'ironico fiabesco, più cruda, ha saltato il C’era una volta per arrivare diretto al c’era poco fa e potrebbe esserci ancora. Eroine moderne per storie oltre tempo.
Due racconti brevi, forse anche troppo, che lasciano il sapore amaro di una lettura veloce ma piacevole e intensa.
"Era un posto così, di sogni che cadevano a terra come cappelli, e uno se li rimetteva in testa, sempre più sformati e impolverati. Ma ci sono quelli che con il cappello sembrano Bogart e quelli che sembrano Bertoldo. Io e Dèlon non avevamo il cappello, ma i sogni si. Mentre pulivamo i cessi, o raccoglievamo covoni di cicche, accendevamo la radio e ascoltavamo i Beatles....."
Adoro il nostro primo narratore. E’ un ragazzo di 15 anni, è in quella fase della vita in cui ogni incontro, ogni lavoretto, segnano una lezione di vita, questo stato d’animo lo rende una finestra limpida in direzione dei nostri protagonisti. Lavora ai “3 principi”, un mondo sotterraneo nebbioso e misterioso, una terra di scontri e di incontri, un luogo esclusivo, dove ogni sera, uomini e donne dalle più svariate origini, lanciano a sorte la loro vita, una discreta, intima, sala da biliardo di altri tempi.
I personaggi, sono a dir poco mitologici, caricature sociali, annebbiate tal volta da un lontano look alla Tarantino, decisamente ben raffigurati dal disegnatore Luca Ralli.
Il nome del libro, fa riferimento alla nostra Dea dei 3 principi, Pantera. Una giovane donna, che con ipnotica bravura ha imparato a frapporre tra lei e il dolore un tappeto verde da biliardo. Pantera ha un aspetto seducente, porta con se l’inaspettata prevaricazione femminile, uno sguardo magnetico e un passato ingombrante. Questo personaggio è vicino alla figura femminile della seconda storia di questo nostro piccolo libro, mi riferisco ad Aixa.
Entrambe, si trovano immerse in due mondi aridi, Pantera,nei fondi sporchi di una società maschilista e cruenta, Aixa, in una povertà di mare, fatta di poca pesca, di malattie, e di duro lavoro. La nostra seconda protagonista, a differenza di Pantera, è poco più di una bambina, minuta, ma con determinazione e responsabilità da grande donna. La forza di queste due bambine/donne sta nel fatto che nonostante la sofferenza, delle regole terrene o marittime, mantengono sempre un elevato grado di purezza, si elevano al disopra dei loro ambienti e delle loro storie, la loro forza d’animo, le purifica e le lascia incontaminate.
Indicazioni utili
Un romanzo ed un esperimento sociologico
Leggete qualche riga poi chiudete gli occhi e cominciate ad immaginare, riapriteli e proseguite, così fino alla fine, poi però, se vi riesce apriteli davvero.
Siamo noi i veri protagonisti di questo libro, siamo in una realtà inaspettata, la nostra società di tutti i giorni ma espressa attraverso una nuove percezioni sensoriali, i concetti sfuggono di tatto in tatto, di suono in suono.
E se tutti un giorno perdessimo la vista? A chi ci affideremo, quale affetto,quale ente? Potremmo contare su noi stessi? Che sapore avrebbe il lavoro? Il cibo? Le nostre passioni?il nostro tempo?il giorno? La notte? Il semaforo? Conteremo sugli affetti di tutti i giorni? Daremo lo stesso valore al mondo che ci circonda ma che non vediamo? Alla cura di noi stessi? Dei nostri valori?
Immaginati al semaforo, nella comodità della tua auto, d’un tratto, più nessun colore, cosa fai? Scendi? Dove vai? Le auto dietro di te suonano, tutto suona e non si mostra, dove andrai? che farai? ma soprattutto, chi sarai?
Saramago, ci mette tutti al buio, ansi, parla di una cecità bianca, per cui siamo tutti in piena luce, tranne un unico persona, la fantomatica Moglie del medico. Non sappiamo perché solo lei si sia salvata dal contagio, ma sappiamo che è l’unica che può osservarci ignara anch’essa del suo esclusivo destino. Ci osserva mentre cadiamo come birilli uno dietro l’altro cercando semplicemente la strada del bagno, mentre tradiamo col corpo la nostra figura, mentre ci corrompiamo carnalmente nell’oscurità conferita al nostro destino avverso.
La trama ci parla di un contagio e di una brutale quarantena in cui vengono portati tutti i primi non vedenti più la moglie del medico, la quale di sua spontanea volontà si è finta ceca per seguire il ricovero del marito.
La quarantena è lo specchio di una micro-società che nel momento della difficoltà non manca a razzie,stupri e omicidi. Nessuno spirito di solidarietà è così tanto grande da sconfiggere la paura. Paura che giorno dopo giorno incalza nello spirito di ognuno e li rende più vigliacchi o più inermi.
Nessun personaggio viene identificato con un vero nome, ognuno è rappresentato entro i limiti del nuovo linguaggio e dell’ultimo sguardo che hanno ricevuto prima di ammalarsi, come la donna da gli occhiali scuri, il ladro, il dottore, la moglie del dottore etc.
Si creano piccole società di aiuto, non meno tenaci della criminalità. La vita passata da vedenti non sempre corrisponde alla vita in cecità, talvolta riscatta gli animi puri che calpestati dal segno dell’apparenza prima non avevano riscosso il giusto ascolto, come l’uomo dalla benda nera e la donna dagli occhiali scuri.
L’istinto di sopravvivenza ostruisce il credo del buon senso, defecato per strada, nel tragitto tra la ricerca della strada e la fuga dall'imbarazzo.
E’ un libro intenso, che mostra che non c’è quarantena peggiore della società odierna che ci siamo costruiti. Siamo tutti malati della nostra cecità bianca ma Saramgo ci apre gli occhi chiudendoceli una volta per tutte.
La cecità bianca è sopra le nostre teste ogni giorno, in un celo di nubi bianche, e sotto di essa noi facciamo il nostro porco comodo credendo di non esser visti, poiché riteniamo di aver occhi abbastanza lucidi per guardarci le spalle e ci sentiamo al sicuro e tal volta migliori di quello che siamo.
Il regista Fernando Meirelles nel 2008 realizzò una trasposizione del libro sotto il nome, per l'appunto, Blindness, e posso dire con piacere che siamo in uno di quei rari casi in cui il film da perfettamente giustizia al testo, soprattutto la protagonista Julianne Moore, che non tradisce mai e interpreta con profonda bravura una stupenda moglie del medico.
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Gli sdraiati o Gli schiacciati?
Una gran penna, probabilmente grande quanto l’ego del protagonista descritto.
Un padre, che dedica un libro ad una generazione, partendo da suo figlio, senza proferirne però, neppure un solo vero volto di questa generazione.
Giovani affogati da costatazioni superficiali, volti di soli uomini.
Le figure femminili compaiono solo come esempi di ombre degli uomini, fidanzate del figlio o mogli degli amici, o vaghe discendenti a cui lasciare una patetica lettera di ricordo con suggellato uno dei più maschilisti antichi consigli: Fai figli .
Il figlio, preso per quanto descritto, è un'ameba, che nel suo silenzio sfiora la maleducazione, però, dietro la fanfara del padre non puoi che averne pena. Lentamente riconsideri le descrizioni, come un eccessiva distorsione di un comune giovane, visto dagli occhi di un comune padre, che però ha la pretesa di sentirsi pure figo.
Mi ferisce questo libro, come un mattone culturale ingombrante, sento il peso di una generazioni di questi finti padri che incolpano i loro figli, fino a castrarli, ammutolirli, fino a fargli scalare una montagna per dimostrargli il loro immeritato rispetto, e rendersi conto solo alla vetta di aver sprecato fiato, che non solo tuo padre ti aveva perso di vista, ma che non credeva neppure che ce l’avresti fatta.
Padri che non credono minimamente nei loro figli, perché non ricalcano le loro sagome, perché non sanno stare a loro fianco con entusiasmo. Padri, che denigrano con finta ironia i propri figli, rimarcando le loro mancanze, mentre fanno delle loro, un ilare conversare borghese da salotto, un virtuosismo letterario, uno spunto grottesco per un innovativo romanzo, o peggio, un motivo di vittimismo, ma mai una vera colpa.
Lo rinominerei, gli schiacciati,
perché questa è la fine della generazione descritta, che rimane dietro l’ombra dell’esibizionismo di questi uomini. Uomini che non sanno fare i padri, e danno il peso ai loro figli perché nella loro irriconoscente vita non gli danno la forza di sentirsi tali.
Mi sfugge fin dove volesse arrivare la provocazione dell’autore, quale fosse il vero esperimento sociologico. Il marcio tra le righe è così ingombrante, e io scettica, più su la sua generazione che su la mia, credo di aver visto più marcio di quanto sia stato previsto dall'autore.
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L’incarnazione della TENEBROSITA’
Il capitano Marlow porta in volto una storia che lo rende diverso dai comuni marinai, lo percepiamo, sin da subito, da come riesce a raccogliere intorno a se il suo equipaggio in ascolto.
Ci racconta il suo grande viaggio, con la sua compagnia coloniale, nel cuore dell’Africa, in quello che potremmo identificare come il Congo.
Un occhio scrupoloso, quasi cinematografico, inquadra i personaggi e le ambientazioni che lo circondano, ne descrive l’orrore ma esita fino all'ultimo a denominarlo tale.
Un’ apparente distacco iniziale, figlio della sua divisa e del suo tempo, ci permettono d’immergerci totalmente nei labirinti della sua mente, lasciandoci stordire dalle inumane consuetudini,divenute routine, del racconto.
Il capitano ci descrive: l’arrivismo dei coloni; la schiavitù imposta agli indigeni; immagini putride; conversazioni di un immorale razzismo coloniale.
Marlow vive e assiste all’orrore ma prosegue verso la sua missione: rintracciare il leggendario agente Kurts.
Ogni mossa, ogni prova da superare vale la pena per raggiungere questa misteriosa figura, grande procacciatore d’avorio, un uomo rimasto in mezzo agli indigeni senza timore, Kurts il leggendario.
L’attaccamento alla sua missione, e alla figura di kurts, è accresciuto dall'esigenza di dare umanità ai suoi pensieri.
Rintracciato Kurts, scopriamo che la sua esuberanza, ed i sui poteri di dominazione su gli indigeni, lo hanno condotto alla pazzia, per cui non vuole partire, e gli indigeni difendono il suo volere, frapponendosi alla missione di Marlow.
Infine, con difficoltà il capitano riesce a portarlo a bordo della sua nave, ma l’operazione si rivela fallimentare, poiché, Kurts pronuncia le sue ultime parole e muore: L’ORRORE! L’ORRORE!
Il testo di Conrad, ha una forte carica narrativa/antropologica.
Sembra uscito dagli appunti dell’antropologo Richard Grinker, che similmente aveva studiato il rapporto tra due culture molto differenti,i Lese, coltivatori, e i Pigmei Efe, cacciatori. La ricerca metteva in evidenza il rapporto di dipendenza che si insinuava tra le due distinte tribù. Nel medesimo rapporto, gli uomini della foresta e quelli della città, si temevano, ma nonostante tutto avevano basato la loro società e la loro sussistenza su l’esistenza dei loro nemici. Questo rapporto costituiva quello che fu poi definito: Costruzione dell’umanità, contemporaneamente Conrad ci mostra la cooperazione per la costituzione di un’ identità non definita, se non come l’Orrore.
La forza di questo testo non risiede unicamente nei suoi personaggi, ma propriamente nell'incarnazione della TENEBROSITA’.
E’ grazie proprio alla sua potente trasfigurazione psicologica che Francis Ford Coppola, ha potuto rivisitarne il testo, e ha trasportato la tenebrosità della sua ambientazione e dei suoi personaggi, dal Congo di Conrad, alla guerra del Vietnam, in quello che è poi divenuto il celebre film: Apocalypse Now (1979).
Pochi sanno però, che il testo è stato anche cinematograficamente riprodotto, con il titolo Cuore di tenebra (Heart of Darkness), nel 1994 dal regista Nicolas Roeg, con il grande Tim Roth nei panni del capitano Marlow.
La scrittura è scorrevole, ma l’argomentazione storico-culturale può sembrare un po’ ostica per i non appassionati al genere, fatto è che è un grande pezzo della storia della letteratura, trascritto da uno scrittore con nobili intenzioni comunicative, e per di più, è fortunatamente rientrato nella collana degli economici newton a soli 0,99 centesimi. Un caffè in meno in cambio di una buona conversazione per il prossimo.
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Stai per cominciare a leggere IL NUOVO ROMANZO..
Un romanzo che non scade mai, è sempre Il nuovo romanzo per eccellenza, un libro pubblicato nel fine degli anni 70 del novecento ma che ancora oggi mantiene tutto il sapore della letteratura innovativa.
Se una notte d’inverno un viaggiatore è uno stupefacente esempio stilistico, sia per magnati della letteratura che lettori alle prime armi.
L’originalità del suo stile, accompagnato da una trama brillante ed avvincente, hanno inevitabilmente proclamato la sua immortalità.
Libro da leggere e rileggere, per imparare a sentirci in quanto lettori parte attiva, fondamentale, in connessione con la scrittura.
Ci racconta l’avventura di un lettore medio, definito dall'autore con il pronome personale “Tu”, il quale, alle prese con la lettura dell’ultimo romanzo di Calvino, si ritrova per un apparente problema di stampa, interrotto al primo sedicesimo d’impaginazione.
Il lettore parte alla ricerca del continuo della sua lettura, e si imbatte sempre in altri testi, di cui però, per un motivo o per un altro riesce sempre a leggere solo gli incipit.
La sua ricerca è affiancata da un’altra coprotagonista che a differenza di lui, è dotata di un nome: Ludmilla.
Ecco che così noi lettori ci ritroviamo con dieci incipit di storie di diversi generi, intermediati da altri dodici capitoli che ci narrano le avventure dei nostri protagonisti.
E’ un intreccio razionale-fiabesco, che ci presenta dei prototipi narrativi, e dei prototipi di vita dei lettori medi, insomma, dei prototipi di vita testuale e meta testuale.
La narrazione va costruendosi, per selezione e compromessi, tra l’attrazione del lettore e l’interesse dell’autore a soddisfare i suoi virtuosismi letterari. Un vero e proprio laboratorio di scrittura a cielo aperto.
Con entusiasmo e spirito d’avventura, saltella tra vocaboli e storie, carpendone solo il meglio, cercando così di mostrarci il suo ambizioso obbiettivo poetico: raggiungere la leggerezza.
Leggerezza, raggiunta attraverso la cancellazione del superfluo per giunge esclusivamente all'essenza delle cose, alla squisitezza dei termini, donati al lettore nella maniera più colloquiale possibile.
Mi viene in mente un esempio pittorico coevo del romanzo, o meglio l’arte della cancellatura di Emilio Isgrò, come l’artista con i segni neri evidenzia ancor più ciò che rimane, così Calvino, lasciando in sospeso i romanzi, ancor più nel romanzo apocalittico finale, non fa altro che evidenziare ciò che rimane: L’incipit più saliente delle cose.
Una volta che sei riuscito a prescindere da qualcosa che credevi essenziale, t’accorgi che puoi far a meno anche di qualcos'altro, poi ancora di molte cose. Eccomi dunque a percorrere questa superficie vuota che è il mondo.
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la poesia non è in contrasto con i liquori.Cit
Un nome di donna, Isabel, ed un termine tibetano, mandala,
questi sono i primi indizi dell’ultimo libro inedito postumo di Antonio Tabucchi.
Il mandala rappresenta, secondo i buddhisti, la formazione del cosmo a partire dal suo centro ed i giri che lo circondano simboleggiano il viaggio di ricerca umano.
Per il nostro narratore il centro, l’origine del suo cosmo, corrisponde alla figura di questa misteriosa Isabel.
Siamo in Portogallo e stiamo accompagnando il nostro narratore attraverso i nove circoli del suo mandala, che corrispondono a nove incontri principali che delimitano nove fasi importanti per portare aventi la sua indagine su Isabel e su se stesso.
Di lui non sappiamo molto. Ci trascina per diversi ambienti, ad ascoltare musica jaz o Beethoven, a degustare: porto, assenzio, Vodka, cachaça, liquore al mandarino e a fumare tabacco e oppio.
Lo seguiamo fedelmente e, in parallelo alle sue avventure, si infittisce ancor più la storia del nostro oggetto di ricerca, Isabel. E’ una vita intensa, da bambina stravagante, da universitaria attivista, da rifugiata politica, da amante, da suicida, da viva ma scomparsa. Una giovane affascinante donna, la quale, ha ottenuto l’amicizia e la complicità di tutti i nostri interlocutori, lasciandogli un po’ di vita e di storia da raccontare al nostro narratore, audacemente attento a ricostruirne il puzzle.
Ma la figura di lei, il suo nome, Isabel, così ridondante, sembra voler distogliere l’attenzione dell’altro misterioso personaggio, colui che è alla sua ricerca.
Si presenta come Waclaw, Tadeus per gli amici, proveniente da Sirio nel paese di cane Maggiore, e dichiara tra i suoi più grandi peccati l’aver scritto dei libri con arroganza sulla realtà. E confessa al prete così il suo stato d’essere: Sono diventato pura luce … mi consideri un pulsare.
Queste presentazioni insolite stimolano la curiosità di noi lettori, forse ancor più dei suoi distratti interlocutori, che quasi sempre non approfondiscono oltre. Per noi lettori, al centro del mandala ai nostri occhi ci sono entrambi, Tadeus quanto Isabel. Il nostro primo cerchio è presto chiuso, scoprendo che Sirio, da dove dichiara di venire, è nella nostra realtà, una stella bianca della costellazione del Cane Maggiore, la stella più brillante del cielo notturno, ciò spiegherebbe il singolare misticismo, ne animista ne cristiano, e perché non compare nella foto che gli scatta il fotografo Tiago.
Questo nostro primo cerchio d’indagine ci indica le connessioni spirituale e confusionaria che intercorrono tra Tadeus e Isabel al centro del mandala: l’ora e l’allora si sono annullati.
Mentre, in quanto alla connessione con Isabel più carnale, sappiamo che Tadeus tradusse una poesia in polacco, la lingua d’origine del secondo uomo del triangolo amoroso della vita di Isabel. Che fosse lui il Polacco?
Tante informazioni prima di giunger al centro del mandala, dove solo lì, Tadeus e Isabel troveranno l’origine e la fine del loro viaggio.
Indubbiamente una lettura leggera, a tratti curiosa, ricca di ambienti familiari, ma reduce probabilmente delle troppe aspettative per la grande firma in copertina, l’ho trovato un po’ carente di dinamismo e di patos, tutto aleggia, forse anche troppo.
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