Opinione scritta da Mariiik

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    01 Aprile, 2014
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Dentro la Landa

La storia parla di Prue, una ragazzina, a cui i corvi rubano il fratellino e che portano nella Landa Impenetrabile, un bosco gigantesco che confina con la sua città, Portland. Disperata decide di avventurarsi in questo luogo da cui nessuno fa ritorno, se non dopo molti anni e visibilmente confuso. Ma qualcuno mosso dalla curiosità la insegue Curtis, un suo compagno di classe. In questo mondo fantastico appena fuori dalla porta di casa incontreranno coyote soldato, animali parlanti, principi gufi e ogni sorta di stramberia, ma non tutto ciò che oro luccica, infatti nel bosco li clima non è pacifico, una forza malefica vuole vendicarsi di un torto subito e i due protagonisti, seppur divisi dovranno fare del loro meglio per non permetterglielo.
Wildwood è prima di tutto un libro per ragazzi, da tenere a mente quando ci approcciamo a leggerlo.
Io l'ho acquistato a colpo sicuro ma non avevo fatto i conti con il target di pubblico a cui è rivolto. Ciò che non ho amato di questo romanzo è infatti che sia più indicato ai ragazzini che agli adolescenti e post adolescenti, infatti alcune volte nella lettura l'ho trovato banale e semplice e in alcuni tratti non sono stati approfonditi gli argomenti.
E' una storia piacevole, scritta dignitosamente, a tratti dolce e malinconica. Un libro che aiuta la fantasia, stacca il cervello di noi adulti abitudinari che qualche volta avremmo proprio bisogno di immergerci in mondi fantastici anziché pensare.
Mi sento di consigliarlo ai ragazzi o a chi vuole introdursi in un altro mondo senza pretese. Non comprerò il secondo capitolo, "Wildwood nelle profondità del bosco", anche se leggendo la trama un po' vorrei andare avanti con la storia.
Ciò che vi voglio segnalare è l'ambientazione e soprattutto sulla città su cui si basa: Portland. Se guardate su internet troverete infatti la stessa cartina geografica presente nel romanzo (Colin Meloy si è infatti ispirato alla sua città d'origine), troverete il ponte e soprattutto il bosco e, devo dirlo, fa un certo effetto leggere un romanzo su un'intera civiltà nascosta fra gli alberi.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    14 Marzo, 2014
Top 500 Opinionisti  -  

Pesante e leggero

Mi sento importante ed allo stesso tempo insignificante ad aggiungere la mia opinione alle trentuno precedenti. Indubbiamente questo romanzo ha fatto scalpore, ha colpito menti e cuori in bene ed in male.
Ho impiegato un tempo lunghissimo per terminarlo perché la moltitudine di avvenimenti anziché invogliare alla lunga disturba quasi. Si sa, il troppo stroppia.
Brevemente, questa è la storia di una famiglia composta da personaggi particolari, ognuno con caratteristiche differenti ma sempre uguali, cicliche che si ripresentano nel tempo. La stirpe parte con Josè Arcadio Buendia e sua moglie Ursula che, alla ricerca di un luogo nuovo dove stabilirsi, fondano Macondo. Avranno figli, i quali avranno altri figli sempre sotto l'occhio vigile di Ursula che ricorda che le fornicazioni fra parenti portano irrimediabilmente alla nascita di bambini con la coda da maiale. Fra guerre, zingari che portano oggetti interessanti e sconosciuti, un paese che cerca di vivere nella tranquillità fuori dal mondo, amori poco ortodossi, pesciolini d'oro e le scritture indecifrabili di Melquiades, zingaro molto vicino alla famiglia, si dipana tutta la storia.
Solo ora mi accorgo che se dovessi descrivere ogni singolo avvenimento forse ci riuscirei e questo è sicuramente merito della penna e dell'arguzia dell'autore.
E' stato un libro pesante (come possono esserlo cent'anni) ma al contempo leggero nella sua drammaticità e particolarità. Il personaggio che mi ha ispirato più empatia è stata certamente Ursula: una donna che con l'età sembra trovare più energia di quanto ne avesse all'inizio. La vediamo crescere e diventare vecchia ma sempre nello stesso modo, con le convinzioni che ha sempre avuto, con un'arguzia stupefacente e, soprattutto, con una solitudine che non è pari a nessuno degli altri personaggi. Perché di questo si parla: i Buendia sono destinati alla solitudine dall'inizio alla fine e nel libro la avverti sempre.
Se fino alle trecento pagine ho arrancato, le ultime quaranta, in cui il cerchio si chiude, mi sono piaciute davvero molto.
Mi ha insegnato una cosa questo libro e forse per questo diventerà caro anche a me, sebbene tutte le emozioni contrastanti che mi abbia provocato: mentre leggevo continuavo a giudicare questo o quel personaggio, non vedendoli come persone ma come mero inchiostro scritto. Sono i personaggi più simili alla realtà che io abbia mai incontrato nella lettura sebbene siano così stravaganti.
Penso di aver detto tutto. E' pesante perché non si può non riconoscerlo, ma è doveroso leggerlo perché credo che abbia le potenzialità per lasciare dentro di ognuno un piccolo segreto.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    26 Febbraio, 2014
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L'uomo e la lepre

L'idea di fondo del libro mi intrigava parecchio, complice anche il fatto che si rifà ad una storia vera.
Il protagonista Vatanen, giornalista in crisi con la moglie e, a quanto sembra, con la vita, dopo aver investito assieme ad un fotografo una lepre, scende dall'auto per soccorrerla nel bosco. Ma inoltratosi sempre di più si convince a non voler tornare in quella strada ed in quella macchina che lo attendono indietro, inizia così a prendersi cura della lepre fino alla sua completa guarigione e a vagabondare per la Finlandia. Si concretizzano moltissime avventure a contatto diretto con la natura e con i piccoli paesini di campagna.
Molto reale per chi conosce davvero la natura, ma fin troppo giornalistico. Il romanzo è scritto bene ma con uno stile che definirei privo di sentimenti, appunto come può fare solo un occhio di tipo giornalistico, e questo in un romanzo non riesco molto a sopportarlo perché credo che i sentimenti facciano il 50% di un romanzo, siamo pur fatti di questo.
La cosa che ho apprezzato però è la sincera veridicità con cui ha raccontato questa storia, veridicità che esiste limitatamente perché è un libro e non so quanto ci sia di reale; attraverso questa sincerità però si scopre un popolo che io prima d'ora non avevo conosciuto, paesaggi, situazioni e luoghi sconosciuti si intrecciano nella vita del protagonista per darci, se non i sentimenti, almeno la bellezza della natura.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    21 Febbraio, 2014
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Esordio di Green

E' il primo romanzo di John Green che leggo e devo dire che come prima impressione ed esordio (suo) abbia passata la prova egregiamente.
Il protagonista, Miles, con la passione per le ultime parole dei personaggi famosi e alla ricerca del suo Grande Forse, sta subito simpatico. Privo di amici e cosciente di ciò decide di spostarsi dalla Florida in Alabama per frequentare il college. Qui entrerà a far parte di un gruppo di amici: il Colonnello, Takumi ed Alaska, ragazzi amanti degli scherzi, delle sigarette e dell'alcol, tutte cose proibite all'interno del campus.
Trovo entusiasmante il modo in cui fanno amicizia, semplice e reale, come se anche tu, lettore, facessi parte del loro gruppo tra le ore di scuola che sembrano interminabili.
Solo che non è tutto rose e fiori: c'è un prima ed un dopo che divide il libro in due, nel mezzo di questo accade un fatto che cambierà completamente le sorti del libro e dei personaggi.
Non faccio spoiler sull'avvenimento ma credo sia stato un po' ingiusto, o almeno questa è la sensazione che mi ha dato. Soprattutto mi ha fatto riflettere su quanto si possa essere crudeli con i personaggi inventati; è vero che questi avvenimenti accadono anche in realtà ma è una realtà che seppur vera spiazza sempre e ti fa domandare se è uno scherzo oppure no.
Ho trovato molto interessante tutte quelle aggiunte che riguardano la letteratura (passione di Alaska) o la religione, grazie al professor Hyde.
Una cosa però non l'ho ancora capita e spero che qualcuno mi possa dare una mano.
Il libro verte intorno ad un grande interrogativo: come poter uscire dal labirinto che è la durezza della vita e le crudeltà che ogni giorno ci accadono. Io non ho ancora capito se l'autore volesse far riflettere ognuno di noi su qual'è per noi l'uscita, sicuramente si, ma ho trovato che con l'andare avanti del romanzo nessuno dei protagonista abbia chiarito questa domanda.
Forse sono stata distratta io, ho pure riletto, se qualcuno lo sa, mi illumini!

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    16 Gennaio, 2014
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Senza corsa non c'è scrittura

Avviso ai gentili utenti che leggeranno questa recensione: amo correre e lo faccio da tempo immemore, seppur spesso con periodi altalenanti, ora sono infortunata e, non potendo farlo, mi sono depressa, giustamente ho ovviato leggendo questo libro.
Trovo che sia un'autobiografia con il carattere di un saggio, non che Murakami sia un personal trainer, ma, con umiltà, ha messo in campo tutta la sua esperienza nel settore della corsa e, con essa, della scrittura. Si perché secondo l'autore le due cose vanno di pari passo, o perlomeno l'una fatica ad esistere senza l'altra nella sua vita. Perché la corsa ti porta ad un livello psicologico tale da permetterti anche di ragionare meglio, dà spunti per riflessioni e idee. E' così che nella sua vita decide di dedicarsi nello stesso momento a una e all'altra verso i trent'anni: diventando un vero scrittore e partecipando ad una maratona all'anno.
Murakami mi ha sempre affascinato come uomo: così pacato, umile, generoso nelle parole, amante della musica e della letteratura. Una persona con cui farei sicuramente un lungo chiacchierando.
Se lo consiglio? Certo, sicuramente vi farà venir voglia di correre. Stimolante.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    03 Dicembre, 2013
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E Misery c'è

Ho impiegato un po' di tempo a terminare questo romanzo, ma alla fine ce l'ho fatta.
Misery narra la storia di uno scrittore che dopo un incidente stradale si risveglia a casa di un urcosa donna, terribilmente pazza e sua fan numero uno, che gli impone di continuare a scrivere la serie di romanzi (appunto di Misery) a cui ha appena messo il punto.
Tra sottili ricatti e velate rivoluzioni si scatena un rapporto di amore ed odio tra i due, in uno scambio fra medicinali e pagine di un romanzo che non avrebbe mai dovuto trovare compimento, miscelato da una buona dose di terrorismo psicologico.
Personalmente l'ho trovato un po' lento nella prima parte, fino ad un fatidico avvenimento che mi ha proprio sconvolto: King è riuscito ad inserire un colpo di scena da maestro senza che nemmeno me ne accorgessi all'inizio. Poi di nuovo ha ripreso a rallentare ma credo che sia stato anche per la condizione in cui si trovava il protagonista che l'ho percepito in questo modo. Le ultime centro pagine sono veloci, strabuzzavo sempre gli occhi in un continuo meravigliarsi di colpi di scena della personalità di Annie Wilkes, l'aguzzina.
Non ho capito molto il finale lì per lì, ho dovuto cercarlo via internet, e sinceramente mi ha lasciata un po' a desiderare ma un buon romanzo, soprattutto per me che è stata la prima volta con King.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    14 Novembre, 2013
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Una lettera anche a noi stesse

Sto cercando di scrivere una recensione alquanto distaccata ed imparziale, ma parlando di un tema delicato come la gravidanza e l'aborto mi trovo in difficoltà.
Innanzitutto la protagonista di questo romanzo è una donna in carriera come qualunque donna su questo pianeta che prima o poi si trova a che fare con la maternità. Una donna costernata dai dubbi della nuova condizione e da ben poche e spiacevoli sicurezze che affronta un percorso di cambiamento tra alti e bassi.
Cosa raccontare al proprio bambino sul mondo nel quale entrerà? Come spiegare quali sono le motivazioni delle scelte che ha fatto e dei pensieri che ha avuto? Non ci sono vie da seguire, se non quella del cuore e della verità con se stessi, strada che intraprende la protagonista raccontando passo passo al figlio che porta in grembo.

Una storia vera e cruda come è giusto che sia raccontata. La storia di un miracolo e di una scelta.
La maternità che non è rose e fiori e i dubbi che ogni madre ha avuto da sempre con le risposte che solo ognuna di noi può dare a se stessa, nessun altro.
Dare vita ad un altro essere è il miracolo più grande che ci sia, non mi stancherò mai di dirlo. Questo romanzo merita davvero di essere letto da tutti, perché trovo sia una spiegazione perfetta ai dubbi di molti, a prescindere da che parte stiano e da come la pensino: un aborto è sempre un avvenimento che ti travolge come un mare in tempesta.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    21 Ottobre, 2013
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I drammi non finiscono mai

Mi verrebbe da dire che nemmeno vorrei recensirlo un romanzo così, ma non perché l'abbia trovato brutto, anzi. Mi è difficile spiegarlo perché racchiude in sé moltissime emozioni e situazioni che lasciano inevitabilmente l'amaro in bocca.
Innanzitutto, come da titolo, è diviso in tre parti: il grande quaderno, la prova e la terza menzogna. I protagonisti sono due gemelli, Lucas e Klaus, che nel corso della storia cresceranno affrontando le difficoltà da prima della guerra, poi della rivoluzione e successivamente della stabilizzazione di un intero Paese. Le dinamiche sono crude e spietate nella prima parte, la guerra fa da padrona e ci mette dinnanzi un panorama tragico, fatto di lotte per la soppravvivenza, nessuno escluso; nella seconda parte la lettura si fa più veloce, ci sono degli spiragli di speranza, intervallati da momenti di tremenda tristezza; nella terza ed ultima parte, appunto il momento di ristabilire gli equilibri, ci si sente sempre sul filo del rasoio, dove un piccolo spiraglio di vento può cambiare la situazione a favore o no.
Un punto focale del libro è questa unione fra i due fratelli gemelli, secondo alcuni data appunto dal fatto che siano gemelli, ma che secondo me va oltre: è un essere l'uno e l'altro allo stesso tempo anche se agiscono diversamente, è un equilibrio fra le due parti che non si dissolverà mai.
Spero di aver dato una panoramica abbastanza semplice, seppure non lo sia affatto.
E' un libro difficile, non da leggere, né da capire, è difficile da provare. Lascia addosso l'amarezza delle disgrazie altrui, sembra quasi ti prenda per mano in silenzio e ti accompagni attraverso le vie della città di K e della capitale per farti vedere cos'è la guerra, cosa fa alle persone e quanto sia difficile tirarsi su.
Ammetto che nella parte finale è stato difficile capire, ho riletto più volte e a libro finito ho dovuto ricercare un passaggio, ma quando "arrivi" (tra virgolette perché non sono certa di aver compreso davvero tutto fino in fondo) a capire, ti lascia molto forse proprio perché ti ha mostrato la crudeltà della vita.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    11 Ottobre, 2013
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Il mio libro preferito in assoluto

"Anna Karenina" di Lev Nikolaevic Tolstoj, un nome importante quanto la sua carriera.
Da dove iniziare a spiegare un libro così importante?
Innanzitutto è stato scritto tra il 1875 ed il 1877, in un periodo in cui lentamente la nobiltà cominciava a decadere lasciando spazio alla borghesia, sempre più presente. La protagonista è lei, Anna, una donna fuori dal comune, carismatica, intrappolata in una vita che ha smesso di amare, o forse non ha amato mai. Lascia il marito, a quel tempo un atto riprovevole, per amare un altro uomo, conte giovane ed impavido, Vronskij, con il quale successivamente avrà parecchi scontri causati dalle convezioni. Da questo filone principale si dipanano molte altre storie in particolar modo quella di due famiglie: gli Scerbakij, famiglia nobile che risiede a Mosca e frequenta le occasioni più mondane della società, e Levin, un nobile che lavora la terra insieme ad i suoi contadini e con un'infinità di punti interrogativi sulla vita. Queste tre famiglie sono intrecciate, sin dall'inizio da una fitta rete di amori, amicizie ed incontri nello scenario di una Russia sfarzosa e ormai dimenticata.

In questo scenario di fine Ottocento la cosa che forse ho apprezzato di più è sicuramente l'aver messo all'interno dell'intreccio delle vicende anche una parte di personali teorie politiche ed economiche dell'autore; attraverso il personaggio di Levin si conoscono i pensieri dell'uomo medio di quel tempo, ed anche di quello povero, ma soprattutto ciò che colpisce di più è la semplicità disarmante con cui esprime i concetti sulla vita, messo volutamente in contrapposizione in alcuni passaggi alle maggiori menti dell'epoca.

Un classico che assolutamente necessita di essere letto, sebbene richieda molto tempo e pazienza e soprattutto grande disposizione ad affrontare temi astratti come l'amore e la religione, principi pressochè cardine su cui verte gran parte della storia.
Se dovessi definirlo con una parola lo definirei emozionante, soprattutto per quanto riguarda la storia d'amore tra Kity e Levin ( non si è capito che lui è stato il mio personaggio preferito ah?).

Se un grande libro dev'essere colmo di pregi però vanno sottolineati persino i difetti. Trovo che Anna ed a volte anche Levin, in particolar modo nella parte finale, siano un pò esagerati nei loro pensieri, anche se credo che nei momenti di sconforto senza accorgesene si arrivi a comportarsi nello stesso modo.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    11 Ottobre, 2013
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La Beat Generation non è per tutti

Ho acquistato questo romanzo in libreria poco prima di partire in vacanza per New York; leggendo la recensione sul retro della copertina e sapendo cosa mi aspettava ho creduto fosse un libro adatto.
La storia viene narrata in prima persona da Sal (pseudonimo di Jack Kerouac, infatti il libro è autobiografico), un giovane ragazzo, in cerca di avventura, che vive, per l'appunto, a New York. Incontra presto Dean Moriarty (Neal Cassidy), un ragazzo poco più giovane di lui, "trasudante" di vita (come lo descrive l'autore), con un passato complicato alle spalle ed un unico obbiettivo: sentire la realtà che lo circonda.
Sal incomincerà il suo viaggio verso est, San Francisco in particolare, nel viaggio incontrerà nuovamente Dean, i due insieme torneranno a New York, per poi intraprendere altri due viaggi nel cuore dell'America ed uno, l'ultimo, in direzione del Messico.
Interessante in questo libro è il rapporto fra i due protagonisti: Dean è un personaggio alquanto singolare, ha varie vicissitudini amorose e legali, ma ciò che di più colpisce è come non si possa fare a meno di essere coinvolti da lui; tutti i personaggi secondari che incontrano sulla strada, nelle città o che comunque fanno parte della loro nota cerchia di amici, non possono fare a meno di relazionarsi in maniera "estremista" con Dean. E', per essere semplicisti, una di quelle persone che o si ama o si odia. E Sal, sebbene sia il protagonista, passa quasi in secondo piano in confronto a ciò che è il suo amico, alla sua vitalità, al modo di vivere che ha. E' un rapporto destinato a non finire, e che in varie parti sembrava stesse per consumarsi per quanto fosse vivo e sentito.
Un altro elemento che mi ha molto colpito è stata la descrizione dell'America: meriterebbe di essere letto solo per questo, a prescindere dalla storia che dopo più della metà risulta lenta e ripetitiva. Le descrizioni di Kerouac sono emozionanti e perfette: complice il fatto che ho visitato, seppure solo una piccola porzione, l'America; sono azzeccate e sembra quasi che il tempo non sia passato dal 1951 ad oggi.
Ho impiegato più tempo del dovuto per leggerlo e in alcune parti non mi è piaciuto però, sarà la mia filosofia del "tutti i libri hanno qualcosa da insegnare", non mi è dispiaciuto leggerlo, ho apprezzato i suoi lati positivi e riconosciuto quelli negativi.
Non saprei esattamente se consigliarlo: se amate i paesaggi dell'America, la vita pazza e la Beat Generation si. Di certo non aspettatevi (cosa che avevo fatto io) di trovare una trama come quella di "Into the wild - nelle terre selvagge", film di Sean Penn.

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Mariiik Opinione inserita da Mariiik    03 Ottobre, 2013
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OGNI GiORNO E' SEMPRE DIVERSO

Il protagonista della storia è un'anima, un essere se così si può definire, di nome A, è un sedicenne, non è né uomo né donna e, oltre a questo, ha una caratteristica alquanto singolare: ogni giorno entra in un corpo differente; questo lo porta a vivere esperienze completamente diverse fra loro sebbene entri sempre nel corpo di coetanei. Le situazioni sono le più disparate: ragazzi drogati, ragazzi semplicissimi, ragazze che tentano di suicidarsi e via dicendo. Quello che deve fare A è adattarsi al loro corpo, alla loro vita e viverci per un giorno soltanto.
Ma qualcosa cambia nella vita di A quando entrando in un corpo incontra Rhiannon, una ragazza di cui presto si innamorerà e per cui dovrà affrontare le più strane situazioni.

Ciò che mi lasciava un po' interdetta di questo libro era il genere: young adult. E' uno dei primi generi che evito in una libreria, non perché non ritenga che ci siano scrittori bravi, ma perché mi sento sempre più matura delle cose che vengono raccontate in quei libri, mi sento quasi incompatibile. Se a sedici anni mi sentivo già grande per la mia età, figuriamoci a ventuno (pensavo).
Ma comunque l'ho acquistato fiduciosa e sono stata ripagata.
E' un romanzo stupendo. Dal punto di vista stilistico è scorrevolissimo (non ricordo di aver mai finito un romanzo in così poco tempo), semplice e pulito come piace a me.
La storia è grandiosa, una chicca assoluta. Il concetto di poter vivere in altri luoghi o essere altre persone è abbastanza ricorrente fra tutti gli esseri umani, ma quando il concetto diventa più intimo e si focalizza sulle emozioni vere e proprie che questa o quella vita si porta appresso diventa tutto più vero e profondo.
Ma la cosa che in assoluto ho apprezzato di più è stato il modo in cui vengono trattati i sentimenti. Si sa l'adolescenza è una fase incredibilmente delicata di ogni essere vivente e i sentimenti ne prendono possesso come un mare in tempesta: coinvolgono completamente questo periodo.
C'è stata una cosa in particolare che ho pensato leggendolo, ed è che voglio portarmi questa profondità d'animo e questa voglia di sentimenti puri sempre con me, per tutta la vita. Voglio a cinquant'anni pensare all'amore come quando ne avevo sedici, che non vuol dire per forza viverlo come un sedicenne, ma sentirlo nello stesso modo.

In definitiva è un libro grandioso. Leggetelo ed amatelo alla follia.

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