Opinione scritta da charles

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Romanzi storici
 
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charles Opinione inserita da charles    04 Settembre, 2017
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Opera in crescendo sulla vita di un pirata

Per un lungo periodo (oltre un anno) non mi sono avvicinato a libri di narrativa, prediligendo un gran numero di biografie e saggi. Ho trovato questo titolo però in offerta su Amazon Kindle e mi sono fatto tentare, anche grazie alle numerose recensioni positive un po’ ovunque.

Inizialmente, delusione cocente. Ma valicata la metà dell’opera, mi sono fatto conquistare invece dalla progressiva maturazione ed acquisita tridimensionalità dei personaggi, in conclusione rendendo la lettura piacevole oserei dire “nonostante tutto” (piccolo dettaglio: ho letto questo libro interamente in barca sperduto in mezzo al Mediterraneo. Perfettamente a tema quindi!)

Evito il paragone con il capolavoro di R.L. Stevenson, che nasce in altre epoche, con altri fini, con altri mezzi. Credo anche ragionevolmente BJ abbia usato l’espediente non tanto perché interessato a ribaltare il punto di vista de “L’isola del tesoro” (che infatti nell’opera è trattato in modo superficiale e pur potendo non risolve quelli che erano i punti più lacunosi nel testo originale) ma piuttosto per avere un personaggio si letterario (e quindi libero da vincoli reali e vicende storiche) ma nello stesso tempo perfettamente definito e dotato di fama propria, e quindi appetibile stilisticamente. Insomma una sorta di teatro dove i personaggi sono fittizi con la pretesa di esser reali (si veda in tal senso la lunga parentesi, anche poco azzeccata stilisticamente, e poco piacevole dal punto di vista narrativo, con Daniel Defoe).

Il testo non va affatto inteso come “letteratura per ragazzi” (ricordiamoci che in Italia testi “sacri” come Moby Dick o Martin Eden vengono considerati alla stregua di favolette per scolari…impallidisco), sia per le sue sfumature psicologiche sia per la crudità di diversi passaggi (violenza, sesso) e pertanto va approcciato e analizzato con consapevolezza.

La narrazione parte brillante, coinvolgente. Si combatte, si ricorda, si soffre. Avventure in successione, non importa come o perché (immancabile il paragone proprio con il citatissimo Robinson Crusoe). Paesaggi puntuali, riporti storici esatti e verificati. Chi scrive non si improvvisa, conosce la storia e la storia della pirateria, e conosce anche il mare e la navigazione. Qui sta un grande punto di forza dell’opera, in quanto fornisce uno spaccato attendibile sulla nascita e sugli sviluppi della pirateria nel 1600, includendo gli avvenimenti politici in Europa, la tratta degli schiavi, i traffici con le colonie.

Abbiamo poi a mio parere una caduta di tono e di stile. Diverse pagine di pensieri filosofici abbozzati, che vorrebbero far riflettere su libertà e libero arbitrio, ma ahimè scalfiscono appena un tema complesso e risultano infine molto stereotipate. Sceneggiatura che a mio parere vacilla per credibilità e cade nel banale con espedienti prevedibili e triti. Soprattutto il personaggio principale, Long John Silver, invece che conquistare, delude. Se il tentativo era di disegnare un leader pericoloso ma affascinante, beh, a mio avviso qui BJ fallisce miseramente. Vedo in LJS un povero svitato, vigliacco ed egoista, che pur “avendo cara la pelle” si caccia in situazioni grottesche per via della sua scelleratezza, ed infine comunque non coltiva alcun vero legame in tutta la sua esistenza

(INIZIO SPOILER):

- Ricercato dalle guardie per ammutinamento; si spende tempo per trovare un’identità fasulla; appena la guardia chiede il suo nome, dà il nome vero! Nella successione di eventi poco dopo ucciderà il suo amico\salvatore come nulla fosse dimenticato chissà dove la donna amata per cui poche pagine prima aveva perso quasi il senno.

- Si prende una punizione pazzesca per aver superato una riga bianca senza motivo e senza scopo alcuno. I fatti che seguono sono casuali e disordinati, si salva grazie a diversi deus ex-machina evitabili.

- Gira il mondo in lungo ed in largo, ma state pur certi che ci sarà sempre il suo nemico Deval ed il suo amico Jack pronti ad aspettarlo, ad aspettare proprio lui! Poco credibile!

- Organizza un ammutinamento e cosa fa sul più bello? Si mette a dormire! Poco credibile! Scelte dell’autore per permettere che accadano determinati fatti e prosegua l’intreccio, ma non c’erano soluzioni più eleganti e verosimili?

- Uccide persone a sangue freddo come mosche, perché non uccide il suo arci-nemico Deval, visto che gliene combina di ogni e ne avrebbe più volte occasione?

- Elisa, la sua prima amante, sparisce nel nulla. Ad un certo punto avrebbe modo di risolvere l’enigma, ma uccide colui che sta per rivelarglielo. Perché? Non lo capisco.

- Dolores: chi è? Cosa fa? Cosa fanno insieme? Il personaggio, pur in teoria la spalla femminile del protagonista, è appena abbozzato ed in modo del tutto elementare.

(FINE SPOILER)

Potrei forse procedere con altri esempi, a mio avviso piccoli passi falsi dell’autore.

Ma nella seconda parte e nel finale il libro prende un ritmo più snello, meno pretenzioso, più giocoso ed avventuroso. Ecco che dismessi i panni dello “storico dei pirati”, BJ si mette quelli del romanziere e dà il meglio di sé. Long John smette di fare il filosofo e torna a fare quello che sa, ossia arringare folle di pirati ed andare a caccia di tesori.
Il finale è malinconico, dolce, direi quasi poetico, l’ho addirittura riletto più volte.
In appendice interessante richiamo ai fatti storici trattati nel libro, alcuni devo dire al limite dell’incredibile ed interessanti letture di approfondimento.

Alla fine, mi sento di consigliarlo! All’arrembaggio! ?

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l'isola del tesoro, robinson crusoe, avventure marinare e storia della pirateria in genere
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charles Opinione inserita da charles    24 Marzo, 2017
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Tutto bene..peccato per il titolo

Un ottimo libro, se si sa a cosa si va incontro. Pensavo infatti di trovarmi davanti ad un libro distopico, che descrivesse la rovina delle nostre città e la rinascita del nostro pianeta una volta che la razza umana fosse scomparsa dal pianeta terra.
In realtà questo è solo oggetto di due capitoli del libro. Il resto è un'analisi, anche ben fatta, con piglio giornalistico, di quello che è l'impatto dell'uomo sul pianeta.
Impatto, ovviamente, devastante e deleterio per tutte le forme di vita (la nostra inclusa).
Si presenta però quindi come un saggio, assai poco piacevole, non per la forma ma per i contenuti. Lo si legge con attenzione e sgomento.

Un libro che fa bene, che consiglio, ma che, attenzione, richiede un certo impegno nella lettura.

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charles Opinione inserita da charles    26 Ottobre, 2016
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"Weniger, aber besser"

"Weniger, aber besser" (ossia meno, ma meglio) è una citazione attribuita a Dieter Rams, il celebre designer di Braun, tra i grandi mentori di Steve Jobs.

Mi ispiro a tale motto scrivendo tale recensione: questo libro è davvero oro puro.

Vale quanto pesa (e pesa molto)

imprescindibile se avete un qualsiasi prodotto apple in casa

imprescindibile per capire la genesi dietro uno dei brand più consistenti del nostro millennio

imprescindibile per comprendere cosa vuol dire "customer care" e "customer centricity".

Vale più di molti manuali di marketing.

scrittura scorrevole e piacevolissima.

ps. io sono un "detrattore" del business model apple, per intenderci.

Da avere

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fan di apple, fan di bill gates e windows, fan di informatica,
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Storia e biografie
 
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charles Opinione inserita da charles    03 Ottobre, 2016
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Un grande documento, una narrativa non memorabile.

Il romanzo-documento di Harden racconta la storia di Shin Dong-Hyuk, attualmente l'unico Nord-Coreano ad essere nato in un campo di concentramento sotto il regime di Jim II Sung ad essere riuscito nel tentativo di fuggire.

Dal punto di vista umano l'opera è un vero pugno nello stomaco: pur senza essere mai truce, senza indugiare nelle sofferenze e torture inflitte al protagonista oltre la mera necessità di documentazione, i soprusi ed abusi a cui sono sottoposti i prigionieri sono inumani. L'analogia con i campi di sterminio della Germania nazista è istantaneo, ma in Corea tali campi sopravvivono da 50 anni in un regime mondiale che possiamo definire di pace. Gli stessi campi li potete vedere anche voi su Google Maps.

Ciò fa riflettere.

Dal punto di vista letterario Harden invece pecca a mio avviso di precisione, vuoi per l'ovvia mancanza di fonti, vuoi per una certa leggerezza nell'allineare gli episodi conseguenti alla fuga di Shin. Paradossalmente, proprio quando il protagonista arriva negli Stati Uniti, e quindi sarebbe possibile un resoconto più accorto, il racconto perde unità ed inanella una serie di fatti in modo apparentemente disordinato: prima si racconta di come Shin tenga conferenze presso Google e poi si ritrovi emarginato perchè non riesce a comunicare. E' solo al mondo ma poco dopo persone lo assumono a lavorare a Los Angeles. Ha paura di qualsiasi cosa ma si narra di come compia incursioni solitarie in Corea del Nord tornando sui suoi passi al tempo della grande fuga. Infine compra addirittura una casa in Corea del Sud mentre fino a poco prima viveva di stenti. Mi è parso un finale assai frettoloso, non scatta l'immedesimazione con il fuggitivo a parte rari casi.
Per correttezza va detto comunque che lo scenario atroce offerto dai campi nord coreani è realmente scevro da qualsiasi sentimento di pietà o redenzione.

Il testo resta consigliatissimo, se non altro come documento contemporaneo. Siamo lontani però dai grandi saggi americani o anche dai diari di prigionia celebri (uno su tutti, il diario della cara Anna Frank), sia per lo stile che per la capacità di suscitare empatia ed emozioni.

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storia moderna & contemporanea
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charles Opinione inserita da charles    22 Settembre, 2016
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Vangelo secondo Arturo.

Era da un po' che avevo questo libro nella mia lista dei desideri, sebbene erroneamente, in quanto la sinossi me lo faceva immaginare una sorta di avventure à la Robinson Crusoe mediterraneo, o forse un giovane Holden con costume e ciabatte.
L'occasione propizia si è presentata reperendo il volume usato su una bancarella. Sgualcito, pieno di appunti a matita e macchie, sembrava proprio un libro trovato in cabina a fine stagione.

A dispetto però delle ottime attese, la lettura si è fatta da subito greve, via via che i personaggi, pochi in realtà, venivano presentati.

Abbiamo una sorta di trinità: il padre, il figlio e lo spirito santo (ruolo occupato dall'isola di Procida); Nunziata (nome verginale, mistica adoratrice della Madonna e in cinta un po' per caso, ovviamente nel ruolo di Maria! e pure Maria Maddalena la peccatrice nel ruolo di Assunta)

L'isola è descritta egregiamente, sempre sullo sfondo,ma sempre presente: assolata, brulla, salmastra e ventosa. Ricci di mare, il porto, il sale, le colline desolate ed i procidani schivi e fieri.

Arturo, abbreviato in Artù come il famoso re, pur non essendo mai andato a scuola parla come fosse protagonista di un libro di Salgari e vive la sua avventura personale, studiando i grandi condottieri. Purtroppo il personaggio però risulta fin dalle prime note odioso e ignorante. Misogino fino al parossismo, chiuso nelle proprie certezze, materiale, egocentrico, ed anche un po' miope nelle sue fosche analisi, passa il suo tempo a vagare sull'isola, ad idolatrare il padre, ed ad odiare le donne. In quest'ordine. Purtroppo siamo resi partecipi solo dei suoi pensieri e le sue presunte avventure trapelano solo di quando in quando. Peccato.

Wilhelm Gerace è in fondo una macchietta, anch'esso comunque si fa odiare fin dalle prime righe. Ignorante, misogino, misantropo, violento, in tutto il libro pronuncia dieci battute, e tutte (moralmente) sbagliate. Mai una redenzione o un raggio di luce lo coglie per illuminarlo. Visto come un dio da Arturo e non si capisce perchè, Elsa gli riserva un finale a sorpresa, mi piace leggerci anche una sorta di contrappasso.

La prima metà del libro scorre però molto a rilento, sia perchè la storia in sè non prevede grandi sviluppi, sia perchè i personaggi sono veramente odiosi e si fatica a trovare una qualche empatia ergo voglia di scoprire le loro storie.

Arriva poi Nunziatella, alla quale viene riservato un trattamento più o meno tremendo per quasi tutto il libro. Il personaggio però è godibile e sincero, appassiona. Funge anche da chiave per scatenare poi l'evoluzione del romanzo, per una seconda parte più movimentata e convincente anche nel ritmo.

La trama dei personaggi possiamo dire si sviluppa al contrario ossia si allontanano sempre più fino all'epilogo, devo dire ben orchestrato e riuscito, ed infine il libro lascia un buon sapore.

Non ho condiviso però la volontà di dipingere personaggi tanto terribili e tristi, faticosi, detestabili, e perchè svilire tanto ogni donna appaia nel romanzo.

La Morante ha un'ottima prosa anche se devo dire sente un po' il peso degli anni, e, senza voler peccare, ho trovato debole nei dialoghi. Decisamente troppo aulici per il tenore villico e forastico dei personaggi ed anche infarciti di punti esclamativi, come si usava un tempo per dare enfasi. Non ho trovato quel lampo di genio che raccontano altre recensioni, l'aulico, il sublime - off topic: insomma, se eleviamo a tanto la Morante allora dovrei tatuarmi Anna Karenina o I fratelli Karamazov sulla schiena come tributo agli dei!

Un libro godibile, ben scritto, italiano. Non lo rimpiangerete, ma non lo annovero comunque tra i memorabili.

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Moravia, Eco, Pirandello, Ginzberg, romanzi di formazione, cultura popolare.
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Romanzi
 
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charles Opinione inserita da charles    07 Aprile, 2016
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Forse non tutti sanno che....

Ho ricevuto questo libro per regalo a Natale e come prevedibile l'ho letto in pochi giorni (o meglio, secondo l'abitudine ahimè, poche notti).

Il contenuto è godibile e boccaccesco, narra le vicende socio-sessuo-politiche di due adolescenti romani, alle prese con le prime manifestazioni, il '68, i primi dubbi, le prime scopate (sic), alternando in modo astuto il punto di vista di lui e di lei. Sebbene in modo diverso, entrambi i protagonisti si metteranno a nudo (non esclusivamente in senso letterale), scoprendosi a loro modo sensibili, attenti, e capaci di amare. Anche e nonostante gli eventi che li circondano implichino talvolta il chiudersi dentro il proprio carapace.

Un testo comunque lampante, allibisco pensandolo scritto nel 1976 da due giovanissimi autori, che pur ventenni dimostrarono una lungimiranza e maturità degna di esser ricordata.
Mi ha stupito il fatto che siano presenti nel testo pure delle bestemmie, senza alcuna censura. Davvero in anticipo sui tempi?

Sarei stato curioso di capitare su queste pagine una decina di anni fa, all'età dei protagonisti, probabilmente la sorpresa sarebbe stata autentica.

Una nota di curiosità, Marco Lombardo Radice ("Rocco") divenne un affermato medico psichiatra (proveniva da una nota famiglia romana), lavorò all'esterò e morì prematuramente d'infarto nel 1989. Proseguì anche la sua attività di scrittore, prevalentemente nell'ambito del saggio storico, continuando l'attività del padre.

Lidia Ravera ("Antonia"), vivente, si è dedicata alla stesura di diversi sceneggiati per la RAI, oltre che aver ottenuto la carica di Assessore alla cultura ed allo sport Regione Lazio.

La copertina celeberrima fu opera del futu-surrealista romano Pablo Echaurren, che ottenne un traino deciso grazie all'inaspettato successo del libro.

Consigliato? perchè no, un libro simpatico e comunque ben scritto in vista dell'estate, da commentare insieme alla fidanzata\o, o da regalare furbescamente a qualche cuginetto più giovane.


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Tolstoy, Baudelaire, Rimbaud, il primo Montale.
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charles Opinione inserita da charles    04 Aprile, 2016
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Pillole di Murakami

Ho letto molto di HM, uno scrittore che apprezzo, più che per le storie che racconta, per il suo stile di scrittura: ricercato ma asciutto, evocativo senza risultare dispersivo. Incarna bene l'idea che ho dello scrittore contemporaneo, colto, conoscitore trasversale dell'arte e della cultura (musica, design, architettura), concreto ed assiduo lavoratore (la genesi dal "basso", la notorietà a suon di concorsi letterari). Leggendolo si ha la sensazione molto gradevole di arricchire il proprio vocabolario e la propria dialettica; quando mi immergo nei suoi libri, parlo e scrivo in modo diverso.

Devo riconoscere però che alcune sue opere (es. 1Q84), così oniriche e surreali, risultano a tratti impegnative vista la lunghezza. La piacevolezza dei suoi racconti posso dire, in modo grossolano, è decrescente in funzione del numero di pagine.

Ho pertanto amato particolarmente questa raccolta, dove, pur restando assolutamente fedele al suo stile, l'autore elargisce una serie di brevi pillole (una ventina di pagine per il racconto più lungo) che si leggono agevolmente e con piacere senza risultare mai indigeste.
I temi cari all'autore ci sono un po' tutti: gatti che spariscono, telefonate misteriose, sonni, sogni, insonnie, musica, donne sconosciute, donne tristi, donne sole, sensualità esplicita e appena suggerita, sigarette, alcolici, cibo giapponese, pieghe della realtà, anomalie, creature. Insomma, Murakami.

In alcuni casi il meccanismo narrativo funziona egregiamente consegnando un prodotto gradevole alla lettura. In altri la brevità unita alla grande carica surreale non permette uno sviluppo della trama , soggettivamente alcuni racconti mancano di profondità, come fossero visioni di qualcosa di più complesso in essi celato (o comunque da sviluppare). Ma anche questo fa parte della struttura del libro.

Raccolta che consiglio vivamente a chi voglia avvicinarsi all'autore.

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charles Opinione inserita da charles    14 Marzo, 2016
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ma quale dolore, James?

L'intento di Peter Cameron mi pare sia stato confezionare un prodotto ben definito da dare in pasto ad un pubblico ben preciso, leggasi teen agers (young adult, per meglio dire) alternativi, ribelli, in crisi con il mondo (in generale e piuttosto qualunquista), strizzando l'occhio ai vari clichè trendy\adolescenziali: new york, l'arte e la mamma artistoide, il disagio verso l'università e comunque l'educazione predefinita dalla famiglia, il padre manager, ma lontano,, la sorella tiranna, i dubbi riguardo la propria sessualità. Mancano, sorprendentemente, citazioni musicali per soddisfare pienamente le aspettative.

L'opera scorre in modo tutto sommato godibile sebbene altamente prevedibile, sia perchè i personaggi sono abbozzati in modo primitivo e ragionano piuttosto a senso unico calcando la mano sui loro difetti grossolani, sia perchè le interazioni realmente significative per il romanzo sono assai poche, fatto salvo la nonna ed a tratti la psicologa (la quale piuttosto funge da aggancio per flashback sulle vicende dell'autore). I colpi di scena sono direi assenti, fatto salvo il finale che però viene liquidato malamente in un epilogo di una paginetta, ed il protagonista, sebbene potrebbe offrirne gli spunti, manca davvero di un'introspezione degno di nota. Pare un disagio sui generis che sconfina in atteggiamenti estremamente infantili (comprare la casa, il finto profilo sul social network) ma che rimangono poi abbozzati. Non mi è chiaro se fosse proprio questa la volontà dell'autore oppure si tratti di un'occasione mancata.
Non vedo realmente una crisi nella testa di James ma piuttosto un'enorme indolenza, una mancanza di presa di posizione verso il mondo che lo circonda. Tanto che poi alla fine si conforma a quel che gli altri si aspettano da lui. Insomma manca un po' di sale e l'opera che potrebbe essere un testo anche importante a livello generazionale rimane poco più che un filler che si legge in poche ore.
Paragonato al Giovane Holden più o meno a ragione, fatto salvo che quest'ultimo arrivava 60 anni fa e per lo meno godeva del beneficio dell'originalità.

non ne consiglierei la lettura e men che mai l'acquisto, ritengo ci siano testi generazionali davvero con altro spessore e tridimensionalità di contenuti.

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I love shopping a NY, Nick Hornby.
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charles Opinione inserita da charles    18 Febbraio, 2016
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burnout creativo

inizio la recensione con una domanda: abbiamo un'opera di calvino con due recensioni ed un voto sostanzialmente pessimo. almeno 1 voto sotto la peggior votazione assegnata a Fabio Volo.
questo mi fa riflettere. addirittura due recensioni "consigliato: no".

wow. che amarezza.

avrei difficoltà ad assegnare comunque un voto "1" per lo stile ad un personaggio come italo calvino che riesce ad essere spiazzante come uno schiaffo dato nel sonno persino quando risponde, in poche righe, alle piatte domande di un giornalista improvvisato.

voglio dire, stiamo parlando di uno dei massimi autori italiani di sempre, si merita un po' di rispetto? e noi, ci meritiamo forse un bagno di umiltà prima di etichettare, bandire, cestinare?

parlando dell'opera - di cui forse biasimo solo la furbesca scelta editoriale di inserire biografia ed intervista dell'autore in apertura - mera operazione di pompaggio cartaceo per fare il prezzo su un'opera altrimenti troppo breve? si tratta di una sorta di rivisitazione della genesi darwiniana, ovviamente inteso questo in senso evolutivo e non certo scientifico, un brodo primordiale di situazioni paradossali con un filo comune, ancorchè intricato e contorto.

Piuttosto, come lo stesso Calvino evidenzia, si tratta di un patchwork legato all'esperienza creativa\cognitiva dell'autore, il quale ha messo insieme una serie di brevi scritti nati probabilmente durante un periodo di particolare immersione in letture astrologico\astrofisiche.
Calvino non blandisce però il suo pubblico: le immagini che regala sono opere d'arte visive (la bambina che fluttua sul mare tra meduse e gamberetti attirata dalla luna...parliamone), mi piacerebbe anzi avere tempo per illustrare ogni suo capitolo tanto vivide sono le immagini che regala.

a tratti sconfina in una scrittura più criptica, quasi definirei post-moderna ma comunque mai pesante o sgradevole.

un libro da assaporare con lentezza, magari da leggere a fasi alternate, ma comunque molto piacevole (sarà che ne vengo da un macigno quale infinite jest? ma di questo parlerò successivamente).

un'opera consigliata sicuramente, da leggere a mente aperta..

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charles Opinione inserita da charles    13 Gennaio, 2016
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il circo dei freaks

tutto è già stato detto fatto e scritto su questo volume, cosa mi è rimasto:

- mi sarebbe piaciuto averlo letto prima. nei lunghi ingenui pomeriggi dopo scuola o nelle sere oziose quando il tempo tra la cena e l'ora di andare a dormire non scorreva mai e perdersi nelle pagine era un piacere così a portata di mano da risultare quasi noioso. Letto invece adesso, di corsa, rubando tempo al sonno, in piedi su un regionale stipato, aspettando su un binario gelato alle 7 di mattina, interrompendo capitoli pensieri ed azioni, mi ha talvolta snervato e fatto perdere il sapore della pietanza. Mi sarebbe piaciuto averlo potuto leggere con un pezzo di carta vicino e con la possibilità di segnarmi i personaggi, il corollario di persone che ruota attorno a rodja è la cornice che rende il quadro ancora più memorabile.

- pietroburgo doveva essere davvero un posto orrendo. ed accidenti se erano già belli pervertiti nell'ottocento.

- la lunghezza di queste opere è ancora adatta ai nostri tempi? non sento un intero album penso da dieci anni. i film, i video, tagliati tra skip e buffering. diventa un grande privilegio astrarsi da tutto e dedicarsi "ad una sola cosa".

- la questione della "febbre celebrale" come un'allucinazione reale, per catalizzare un fiume in piena troppo difficile da gestire?

- "l'essere destinati ad opere grandiose" e nello stesso tempo una grande volontà di autodeterminazione. Anche un senso di auto-ineluttabilità: metto un'ipoteca così pesante sul mio destino, rendo il mio futuro talmente presente, che non potrò più sfuggirgli.

- eppure anche la dimostrazione che il miglior modo per perdere qualcosa è desiderarla troppo. Far uscire il carretto dai binari, impossibile arrestare il deragliamento.

- accettare con passione la mediocrità delle nostre esistenze? scambiamo per mediocrità quello che in realtà è il massimo stato a cui ambire, l'equilibrio nonostante tutto?

-+++spoilier++++ forse nel finale, nelle ultimissime pagine, c'è un bivio accennato, che fedor forse vorrebbe imboccare ma non ne ha il coraggio: rodja è seduto presso il fiume, vicino alla capanna dove si estraggono gli alabastri. Sonja arriva vicino a lui, e la guardia si allontana. Davanti a lui la steppa e laggiù in fondo i puntini neri delle tende dei nomadi, vivi e liberi come ai tempi della creazione. Corrì Rodja libero. Invece no. forse anche qui è mancato il coraggio di svoltare, di prendere il frutto che la vita aveva messo lì così a portata di mano? fatto sta che preferisce piangere ai piedi della neo-amata.
"Solo sette anni". Mica cazzi. Solo sette anni per ritrovarsi ex-detenuto in siberia senza una lira. e la chiamano redenzione?++++fine spoiler++++

- il genio, il precursore del giallo moderno nel colloquio con l'ispettore giudiziario, che aveva capito tutto fin dal principio. Abbandonando la paura di perdere, ha ottenuto proprio quel che voleva. Ha smesso di inseguire, e la preda ha smesso di correre. Una grossa chiave di volta nel romanzo a mio avviso.

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Economia e finanza
 
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charles Opinione inserita da charles    21 Agosto, 2015
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Lezioso

La mia formazione universitaria è in ambito statistico-economico pertanto l'ombra del cigno nero, inteso proprio come "l'opera madre di Nassim Taleb" ha aleggiato a lungo sopra la mia testa.
nonostante questo, sebbene nutrissi stima per il personaggio-ricercatore nell'ambito finanziario-scientifico, non ho mai avuto il desiderio di addentrarmi in tale lettura.
L'occasione si è presentata solo quando la versione kindle è stata lanciata in offerta a 0.99€.
fatto il grande balzo, ho iniziato la lettura.
Nassim è abile a catturare subito il lettore: linguaggio terra terra, esempi tra il buffo e l'elementare, aneddotti elementari (non sempre riusciti) e tra l'uno e l'altro prende forma lo sviluppo della sua visione dell'imponderabile, dell'appunto "cigno nero".
Tutto bello. Peccato che tale stream venga ripetuto per oltre 300 pagine, senza per altro un vero sviluppo, men che mai approccio scientifico. Gli aneddoti ed esemplificazioni si susseguono ripetitivi fino alla nausea, con un modus fin troppo semplicistico, quasi a rivolgersi ad un pubblico analfabeta ma compiacente, con il solo scopo di avvalorare empiricamente le teorie del suddetto.
Dopo circa 250 pagine la domanda che iniziavo a pormi sempre più sovente era: "beh quindi?".
Ho terminato il libro solo per mera forza di volontà. La sua tesi è lontana dal potersi definire scientifica, ed anche ammesso sia così, di certo l'evidenza non è fornita in tale testo.
Dulcis in fundo le conclusioni ad un'opera di tal spessore (in senso fisico) arriva in due paginette, lasciando un pesante senso di incompiutezza. Gran sensazione di aver perso del tempo.
Una via di mezzo tra il saggio e la narrativa che trovo stucchevole non risultanto ne formativo o instruttivo ne piacevole nella lettura. Evitabile.

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charles Opinione inserita da charles    14 Aprile, 2015
Top 500 Opinionisti  -  

una recensione non semplice

Difficile recensire l'opera di uno scrittore peculiare come Kerouac senza tenere conto del background dell'autore. Mi spiego meglio, nessuno si sognerebbe di stroncare l'opera di E.A.Poe in quanto "troppo malinconica e lugubre", corretto?
In questo senso i temi cari a Kerouac fungono a tratti da filo conduttore, a tratti paiono una dannazione dalla quale JK non riesca a scollarsi.
Il viaggio come scoperta di se, l'alcool, le droghe, le esperienze "extra-sensoriali", elementi comuni a molte opere di Kerouac come dicono anche gli altri recensori. Qui però il viaggio non è in auto ma prevalentemente a piedi, l'alcool e le droghe sono rituali, i viaggi mentali sono portati dalla meditazione buddhista. Tutto sommato l'altra faccia della medaglia della Beat Generation (termine coniato proprio dal buon Jack), che aveva comunque un background fortemente religioso nella sua famiglia.

Venendo al testo specifico, si legge tutto sommato in fretta, alternando fraseggi ben riusciti ad altri vagamente infarciti di retorica e frasi ad effetto, personaggi a tratti vagamente troppo abbozzati\stereotipati (il "santone eremita" il "chiaccherone" "il donnaiolo"), che però regalano momenti autentici. Ottima la visione di una vita libera dalla civiltà, dal consumismo, dal troppo cibo, mi ritrovo nella felicità trovata in un sacco a pelo sotto le stelle o in una capanna nella foresta. La parte "buddhista" difficile da digerire se a digiuno (capirete a stento le parole che usa), diversamente suscita riflessioni sensate.

Personalmente ho apprezzato la lettura e mi riconosco nel pensiero dell'autore. Mi ritengo però di parte in quanto molto vicino a questo "modus vivendi".

Una bella lettura magari da affrontare in una bella vacanza nel verde o comunque lontano dallo stress quotidiano.

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testi buddhisti, libri di avventura.
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Q
Romanzi storici
 
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charles Opinione inserita da charles    05 Marzo, 2015
Top 500 Opinionisti  -  

Le prime 100 pagine mettono alla prova poi scorre

una recensione non certo facile, d'altronde all'altezza della lettura del libro stesso.

Inizio con il dire che il valore e lo spessore di tale opera lo si percepisce e gusta appieno solo una volta chiusa l'ultima pagina. Solo allora molti tasselli rimasti in sospeso trovano la loro collocazione "spazio-temporale" (si, è proprio il termine esatto) e la storia scorre, in flashback, nella propria mente, in modo ordinato. Con piacere si riprende il libro rileggendo alcuni passaggi e finalmente sarà possibile attribuire loro il corretto significato. "Nell'affresco io sono una delle figure di sfondo".

Per questo motivo: tenete duro! non osate abbandonare tale libro a metà! va preso a due mani e portato a fondo, glielo dovete se non altro per l'incredibile lavoro storico e narrativo che vi sta dietro. Vi assicuro non ve ne pentirete. Vi ricordo che le prime 100 pagine sono "il test di iniziazione", superato quello il libro scorre via in quattro o cinque giorni, garantito.

La trama è tortuosa e parecchio lunga, sintetizzo in modo poco elegante dicendo che si tratta di un universitario di teologia che decide di passare dalla teoria alla pratica unendosi agli eserciti di ribelli che vanno formandosi nella germania del 1500 in antitesi al potere aristocratico e clericale. Questo lo porterà a scontrarsi con innumerevoli fazioni e personaggi, la narrazione qui è dinamica, brutale, violenta, a tratti volutamente volgare, contrasta con il tono pomposo ed aulico delle lettere e delle discussioni dei teologi eruditi come potrebbe essere uno schizzo di sangue e fango su una pergamena.
Ben fatto.

In antitesi al nostro, un certo Q, che in veste di "arcinemico" suo malgrado, scombina spesso i piani dei rivoltosi.
*SPOILER AHEAD*
fino allo scontro finale, che a dire il vero finisce per essere davvero banale nel suo epilogo....ma forse anche questo è voluto dagli autori. Un'epopea omerica...che termina in un bordello. La banalità della vita e del destino in fondo, non trovate?
*FINE SPOILER*

A tratti il testo si fa pesante, sembra un libro di storia. Il che può essere inteso anche come un valore aggiunto, sapendo però a cosa si fa incontro. Personalmete ho letto tali passaggi in via un po' obliqua per poi magari tornarvi meglio alla fine.

Tutti i personaggi storici citati sono realmente esistiti, anche nei fatti citati si riscontrano moltissimi elementi storici. Che lavoro immane, sarebbe da far leggere a scuola in alternativa ai promessi sposi ...eheh.

Una volta terminato resta un senso di tristezza e malinconia...si vorrebbe ce ne fosse ancora. Non capita spesso questa sensazione, che davvero certifica la bontà di un libro a mio avviso.


Se volete testarlo, si trova in free download in formato ebook nel sito del collettivo WuMing.
un testo del genere e pure gratis, che volete di più? solo per questo si meriterebbe 5 stelle.



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charles Opinione inserita da charles    27 Febbraio, 2015
Top 500 Opinionisti  -  

Antesignano

Sempre difficile recensire un classico di un autore di questo calibro senza soffrire di sudditanza.
Il testo preso a se stante altro non è che un libercolo di circa 60 pagine, che raccoglie, in modo piuttosto confuso a dire il vero, una serie di riflessioni sul camminare in campagna.
Paiono trascrizioni di flussi di pensiero liberamente fatti proprio durante una passeggiata, che includono slanci patriottici a favore delle bellezze dello stato americano, comparato all’europa,
bizzarre considerazioni sull’andare verso ovest, malinconici pensieri su una natura selvaggia che va cedendo spazio all’agricoltura e peggio alle cittadine.
Se la cosa finisse qui, sarebbe un libricino da relegare in cantina.
Certo però è davvero facile vedere in esso i semi del ben più radicale “Walden”, ed in senso lato, di tutta la filosofia naturista di Thoreau. Forse proprio per tale motivo merita almeno quattro stelle, in quanto il calibro di HDT non può passare inosservato.
Per chi ha studiato l’autore, concorderà che spesso il suo approccio radicale, il suo essere avverso alla civiltà si ferma in realtà alla carta: non lasciò mai la cittadina di Concord e con essi gli agi derivanti dal suo status borghese. Non riesco a scindere quest’aspetto dalle parole dell’erudito scrittore e pertanto molto fascino e convincimento viene perso per strada.
Visto l’impegno che richiede il testo (la versione in inglese è reperibile gratuitamente in rete in versione ebook in quanto il copyright è scaduto) e lo stile di scrittura sempre eccelso del Ns, ne consiglio sicuramente la lettura.

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Walden; Disobbedienza civile;
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charles Opinione inserita da charles    03 Dicembre, 2014
Top 500 Opinionisti  -  

Ottimo

Un libro che non lascia indifferente.
Attraverso le Alpi in bicicletta e poi giù per
gli Appennini fino all'Aspromonte in Topolino, tutto per raccontare
un'Italia dimenticata e trascurata da uomini e istituzioni: pastori
erranti, consorzi di ragazze allevatrici di pecore, boscaioli solitari,
taverne dove si raccontano le gesta di Annibale e guardiani di rifugi
rubati all'Odissea. Paolo Rumiz dà il meglio di se e tira fuori dal cilindro fraseggi e soliloqui di grande poesia, riuscendo a far sognare pur mantenendo i piedi per terra e non risparmiando anche decise stoccate al "sistema Italia" di burocrati e palazzinari.
A me ha fatto molto pensare e anche rivalutare tanti aspetti di un'Italia che non conoscevo. Dieci euro spesi
benissimo, consigliato!

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a chi ama viaggiare e soprattutto a chi ama e rispetta la natura
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charles Opinione inserita da charles    01 Dicembre, 2014
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uno scivolone per il vecchio Mauro.

sono un "fan" di Mauro Corona fin dagli inizi in cui era solo un "povero" arrampicatore nelle falesie di Erto; più volte lo ho "difeso" nei forum e blog dove a più voci lo si accusava di essere un moralista piuttosto che un modesto scrittore. Ho più volte condiviso il suo pensiero.
Fatta questa premessa, capirete con quanta delusione arrivo a recensire questo libro.
Sono schietto, come forse anche Mauro suggerirebbe: questo libro è buono forse per la stufa viste le dimensioni, e poco altro.
La sinossi è ridicola, sta in due righe: un paese dove nevica sempre e la popolazioni si batte per sopravvivere. Non esagero se dico che questo concetto è ripetuto per 235 pagine.
Corona prova a mescolare la minestra inserendo delle trovate letterarie che a me risultanto talmente naif da suonare più comiche che romantiche:
- le api bianche che fanno il miele bianco per via della neve.
- il girotondo con le mani impastricciate di miele.
- la gente che quando muore diventa calda e scioglie la neve (ahahahh)
- la grotta della memoria dove incidono i loro racconti in stile paleolitico
- le idee da mentecatti di questi popolani che si accoppiano in conche di neve (ma quando mai) e pensano che concentrandosi si possa volare. Addirittura in un capitolo vi sono due che parlano telepaticamente.
- alberi che fanno la musica e altre castronerie inventate da Corona tanto per fare "magico"...non accorgendosi che invece fanno ridere, e nulla hanno a che vedere con la vita semplice e dura dei contadini di alta montagna (che conosco bene, e anche Mauro conosce bene..solo che qui voleva vendere alla gente di città...mica fesso).

Davvero, suona come un racconto scritto da un bimbo di terza media.
Forse sarà la neve? ma tutto manca di profondità. Non esistono personaggi, quindi si fatica a trovare empatia con questo popolo che non sorride mai (anche qui...ma dai Mauro...); non suscita alcun sentimento...ne commozione ne malinconia...nulla...una lettura sterile e vacua come una parete liscia senza appigli. Ogni tanto trova una figura retorica o una similitudine azzeccata, ma in tal caso la ripete costante per almeno dieci passaggi (qualcuno ha notato "la neve che graffia come artigli"?).

Mi chiedo come diavolo abbia fatto ad arrivare in finale al premio Campiello..santa Mondadori evidentemente....e anche mi chiedo dove siano gli editor su questi lavori. Poteva stare tranquillamente in un libro di racconti, segando tutte le parti veramente e pesantemente inutili. La cosa bella è che pur essendo lungo, non lascia nulla..!

Potrei continuare a lungo...ne avrei da dire quasi su ogni pagina. Mi fermo qui per rispetto ad uno scrittore che ho amato. Certamente è finita un'era, e Una lacrima color turchese mi pare il degno prosecuo pre Natalizio.

Auguri a chi piace, spero Mauro questo sia un arrivederci e non un addio.

Carlo

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