Opinione scritta da Amelia29
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ACCADE A VOLTE
Accade a volte di rimandare la lettura di un libro più e più volte perchè nel profondo si sa che non è ancora il momento. E quando il momento viene, è tutto esattamente come si era immaginato: il libro ha quel sapore antico ormai fuori moda, con lunghe descrizioni di case, ambienti, situazioni non attuali, pieno di modi di fare degli inizi del '900..eppure...eppure il libro, così come immaginato, è esattamente...meraviglioso.
Non si riesce a smettere di leggere i momenti tra Newland, giovane avvocato di New York, in procinto di sposarsi con la bella e consona al ruolo di moglie May, e la contessa Olenska, cugina di May, donna ribelle alle convezioni, quasi divorziata, europeizzata.
Ecco il libro ti prende e non ti lascia. I loro personaggi non ti lasciano. La continua dicotomia tra un amore conforme alle leggi, alle aspettative e l'amore appassionato e travolgente, trasgressivo.
Le loro figure hanno una forma, sono sfaccettature di un' immagine di uomo, di donna, li rendono verosimili.
da qui SPOILER
Edith Wharton dipinge un'intera società in maniera magistrale, regalando intesi momenti di emozione nei ritmi incalzanti dei dialoghi tra Newland e la contessa, nei loro baci rubati davanti al caminetto, nelle parole sottintese di May (che brava la ragazza a fingere e dire nello stesso tempo!), nelle decisioni affrettate e risolutive di Newland (quando dopo il biglietto della contessa di andare da lei, per tutta risposta decide di "scappare" a trovare la futura moglie, o quando nei momenti finali scende dalla carrozza in corsa perchè Ellen, la contessa, lo sta rifiutando). O nel momento "pre" finale, la rivelazione di May a Newland: in una scena di alta tensione la ragazza gli fa intendere di aver già detto ad Ellen di essere incinta,ben prima che questo fosse vero, e Newland capisce che Ellen è tornata in Europa per questo.
E noi possiamo solo piangere con lui.
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IL SAPORE DELL'ACCIAIO
Acciaio. Perchè il libro ha effettivamente il sapore dell'acciaio così come ce lo immaginiamo.
Amaro. Proibito. Il sapore dei sogni infranti. e di quelli mai sognati.
Anna e Francesca, ragazzine alla soglia dell'adolescenza, sono delle "intoccabili" tra i loro compagni di scuola, gruppo di amici, ragazzi più grandi. Sono piene di quell'incoscienza selvaggia di chi non vuole appartenere a niente, senza troppe domande, senza risposte.
Sognano l'Elba si, le spiagge bagnate di ricchi turisti, guardandola dalla Piombino degradata che ci descrive la Avallone. Nel libro c'è tutto: il paesino della provincia "distrutto" (fisicamente e moralmente) dalla fabbrica, le acciaierie Lucchini, ci sono padri molestatori, violenti, nullafacenti, madri che non si ribellano o spingono i figli verso un futuro diverso,storie d'amore, il potere del corpo femminile, la confusione sessuale, la droga, l'abbrutimento di adolescenti e giovani. C'è tutto si. Tutti gli ingredienti sapientemente orchestrati che fanno si che il libro possa arrivare al Campiello, allo Strega, e possa diventare un film.
C'è troppo forse? stereotipi che abbiamo già visto in altri libri, al cinema, raccontanti con uno stile "efficace". Il libro ti prende, vuoi vedere come andrà a finire, la storia di quelle due lì, forse vuoi sentire ancora le bruttezze esagerate di una Piombino simbolica. Ma, a fine romanzo, qualcosa non ti torna. Un finale affrettato? Una conclusione superficiale? Personaggi che sono buoni o cattivi, con poche sfumature, con poca anima? Qual'è il vero tema del romanzo? Che non c'è salvezza per chi è destinato alla condanna? per chi vive e cresce in posti come Piombino? Per essere l'opera prima di un esordiente va bene, ma un "caso letterario" così come lo vende l'editoria, questo no. E' buttare fumo negli occhi di chi cerca la lettaratura.
Una grande operazione di marketing, che e tutto sommato il libro si lascia leggere meglio di tanti altri "best seller" italiani.
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SONO TUTTO E SONO NIENTE
Un protagonista che non ha nome. Un estraneo nei luoghi in cui è vissuto e in quelli in cui avrebbe dovuto vivere. Un viaggio di chi è cresciuto nella "Roma delle Rovine" senza mai poterne essere veramente parte, fino all'universo vasto e sconosciuto della "Roma di Quaresima", estrema periferia. Giagni tratteggia con pennellate sintetiche ma sicure una città che sembra l'opposto dell'altra. Dagli adolescenti figli di papà ai coatti assidui frequentatori delle palestre regala scorci di mondi che potrebbero sembrarci lontani, per quanto agli antipodi. E l'estraneo lì, in mezzo a loro.
La tematica è quanto mai attuale - sentirsi "estranei" nei propri luoghi, nella ricerca continua per colmare il vuoto interiore dentro di noi - ed è raccontata con uno stile nuovo, ruvido, graffiante, dove però la salvezza non fa parte di nessuno dei due mondi. E mentre Pasolini, raccontando le periferie di Roma, lasciava spazio all'immaginare una speranza lontana, Giagni confina il suo estraneo in poche parole: "sono estraneo. sono tutto e sono niente". E a chi è tutto e non è niente non è data possibilità di riscatto.
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CHI CONOSCE GLI ALTRI?
Un libro che si apre con una scena rivoluzionaria degna dei seguaci dell'Attimo Fuggente: un intero gregge di pecore entra nell'ambita università di Oxford durante una lezione. Da un libro che inizia così ti aspetti un po' di tutto: che il protagonista (lo stesso che porta le pecore) stia organizzando la rivoluzione contro l'intero sistema scolastico mondiale, che, studiando Economia, abbia trovato la soluzione alla crisi attuale. Invece dopo la memorabile scena il libro torna a raccontare un tema generazionale forte e forse leggermente anacronistico, in un tempo in un cui ribellarsi ai genitori e scegliere di condurre un'altra vita non è più così difficile. Ci ritroviamo così a seguire le vicende di una tipica famiglia medio-borghese che, con pressioni e aspettative, ha soffocato ogni aspirazione del giovane protagonista, costretto a mentire per anni sulla sua vera occupazione. Interessanti alcuni passaggi,primo su tutti la scena delle pecore, dopo un inizio del genere il libro Il libro scorre veloce, la Mastrocola rimane asciutta e ironica nella descrizione di alcuni personaggi.
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