Opinione scritta da Raffa73
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Piccoli maghi crescono
Il terzo libro della saga di Harry Potter ci ha rapiti letteralmente. Parlo al plurale perchè il principale destinatario della lettura di questi romanzi è mio figlio, quindi la mia opinione è influenzata da quella di un bambino che si affaccia per la prima volta a una lettura così complessa e, nello stesso tempo, meravigliosa per la sua giovane età.
Ciò che ha colpito me è l'evoluzione dei personaggi, Harry era un bambino, ora un adolescente. Il suo carattere comincia a delinearsi, le sue insicurezze a svanire. Affiora in lui un certo orgoglio, dà voce alla sua rabbia. Gonfiare una zia arrogante, tener testa al professor Piton, cercare vendetta e voler primeggiare nello sport sono tutti chiari segnali di crescita.
Che dire poi di Hermione? Ligia alle regole, riflessiva e pacata. La guancia di Draco Malfoy non sarebbe d'accordo con questa descrizione della piccola nata babbana. Lei infatti lo aggredisce e, sempre lei, vìola le regole pur di salvare un innocente.
Ron apparentemente rimane lo stesso, ma iniziano le sue prime scaramuccie con Hermione, inizia ad ammirarla e a tenerle il broncio, a perdonarla e a stuzzicarla.
Devo proprio ammetterlo, la srittrice ha studiato bene il mondo adolescenziale, visto che lo ha rappresentato egregiamente.
Ciò che ha colpito mio figlio è l'ingresso di due figure maschili: Lupin e Sirius Black. I motivi posso solo accennarli, cadrei nella trappola dello spoiler. La prima figura rappresenta una guida, l'ideale di insegnante che ogni bambino vorrebbe avere. Questo dovrebbe farci riflettere. Non serve avere un mantello da super eroe per impressionare un ragazzo, a volte il saper ascoltare, il saper interagire può renderti "super" con vestiti consunti, affascinante con qualche capello grigio, forte senza muscoli in bella vista.
Il secondo personaggio invece è tutto da scoprire. Mi limito a dire che il suo passato, il mistero che lo circonda, l'evolversi degli eventi intorno a lui, lo rendono il personaggio ideale per far si che un romanzo per ragazzi risulti intrigante, ricco di avventura e suspance.
Consiglio "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" per tutte le ragioni di cui sopra e per tante altre ancora.
Come al solito la Rowling parla ai giovani e come al solito lascia loro un insegnamento: a volte le apparenze possano fuorviarci e spesso è necessario fare un passo indietro e far si che la rabbia non ci domini, solo così potremmo vedere la realtà delle cose, leggere l'animo umano e non commettere errori irreparabili che potrebbero condannare "più di un innocente".
buona lettura
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Era il 1791
E’ stato difficile non pensare al film con il bel vampiro Brad Pitt mentre leggevo il romanzo da cui è tratto. Difficile per i primi capitoli, quando la storia ancora non aveva preso piede, ma a un certo punto per me esisteva solo il Luis del romanzo, senza un volto preciso, con i suoi pensieri tormentati, con le sue domande, la sua sete di conoscenza.
Questo romanzo è ambientato in una New Orleans cupa e affascinante, misteriosa e crudele. Qui si narra la vicenda di Luis, il protagonista, creato dal vampiro Lestat, un uomo capriccioso, un uomo del suo tempo, che vuole lasciarsi andare alla sua natura, fare ciò che gli detta l'istinto e gli crea piacere: uccidere, perché così è. I vampiri mietono morti, senza pietà, come la febbre, il colera, i duelli.
Luis però è diverso, si chiede quanto vale una vita spezzata, quanto senso ha vivere attraverso quel sangue che rigenera, fortifica e dà calore a chi vivo non è.
Altra domanda che Luis si pone e che lo condurrà in Europa è cosa sono i vampiri: angeli della morte? Anime dannate? O una specie a sé? La sola risposta che avrà è che è proprio il suo tormento la sua linfa vitale, perché i vampiri, a dispetto della loro eternità, non riescono a sopportare un mondo che si evolve e che causa loro una sorta di invecchiamento dello spirito. Sarà noia, solitudine, assuefazione al dolore causato, ma alla fine sono i sentimenti tipicamente “umani” il loro vero nutrimento, più del sangue. Il vampiro Armand ne è consapevole e farà di tutto per nutrire la sua anima attraverso quella del triste e affascinante protagonista, attirandolo a sé con la promessa di una visione differente del mondo, allontanandolo dal suo unico amore: Claudia, la donna vampiro intrappolata nel corpo di una bambina.
Lo stile di Anne Rice è tortuoso e per nulla facile, ma affascinante e piacevole. La sua versione di vampiro è differente dalla classica versione del grande Bram Stoker, con lei il vampiro si evolve, parlando in prima persona di sé e del suo mondo, non dimenticando però le classiche atmosfere suggestive e inquietanti a cui siamo abituati quando pensiamo al tenebroso conte Dracula.
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La magia continua
Ieri abbiamo terminato la lettura del secondo volume della saga. Parlo al plurale perchè siamo in due ad essere stati rapiti da questo adorabile maghetto: io e mio figlio.
Con "Harry Potter e la camera dei segreti" lo stile narrativo della scrittrice si evolve volutamente, cresce di un anno insieme al suo figlioccio letterario. L'ambientazione è leggermente più cupa, gli eventi assumono un contorno meno magico e più misterioso, gli argomenti trattati sono un po' più impegnativi.
Certo il mio bambino ha riso a crepapelle quando ha conosciuto 2 personaggi straordinari: l'efo domestico e il professore Lockhart, mentre era più in difficoltà nel seguire alcuni passaggi relativi agli eventi misteriosi che accadono ad Hogwarts. Questo libro è in effetti un vero e proprio giallo, dove Harry e i suoi amici raccolgono indizi, cercano prove,nutrono sospetti, superano ostacoli.
Da mamma e da lettrice credo che il secondo volume di Harry Potter abbia qualcosa di unico, che non lo rende affatto inferiore al primo. Secondo il mio parere è l'aver introdotto con molta abilità un tema attualissimo e antico nello stesso tempo: il razzismo. "Sangue marcio", il rifiuto causato da uno status che ti appartiene per nascita, anche se sei la più brava dell'istituto. L'odio che scatiurisce dal questa semplice parola è devastante. Sì una semplice parola, scritta in un libro per bambini, una parola che ne rievoca tante altre che i nostri figli ascoltano nella realtà di tutti i giorni. A cosa porterà questa parola? Come un serpente che si insinua nelle nostre anime, che striscia silenzioso e attacca quando meno te lo aspetti, questa semplice parola porterà alla morte di una ragazzina cinquant'anni prima, alla divisione, al sospetto e all'inizio di una guerra. Tutto per una parola: dispregiativa nel suono, devastante nei suoi contenuti, sussurrata da principio, osannata come verità alla fine.
Credo che noi adulti abbiamo un compito importante che spesso trascuriamo inconsapevolmente: parlare ai nostri figli del vero significato delle parole e al dolore che possono causare, ma soprattutto far sapere loro che il male nasce proprio dalle parole. Harry combatterà con il potere della sua bacchetta, i nostri figli con il potere della parola.
Credo che la Rowling sia una sostenitrice della tolleranza, visto che anche in questo libro aleggia tra le sue pagine. Così anche questa volta la ringrazio di cuore e se, come è stato già scritto da altri, questo è un libro per bambini, ben vengano libri di tale calibro per i nostri figli, se un adulto poi riesce a tornare un po' bambino, ne può trarre solo giovamento.
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Grazie Harry
"Leggere i libri di Harry Potter ai propri figli è una delle esperienze più belle che un genitore possa fare - punto e basta."
Sandro Veronesi
Con questa frase voglio iniziare la recensione di un libro a cui sarò eternamente grata perchè leggere H.P. al proprio bambino è un qualcosa che non si scorda.
Ci sono nella vita episodi, periodi, emozioni che rimangono e la lettura di questo splendido romanzo è una di queste, soprattutto se la condividi con due occhioni innocenti, sgranati ora per l'emozione, ora per la paura, ora per l'attesa di ciò che accadrà.
La trama la conosciamo un po' tutti. Harry Potter è un bimbo che vive all'ombra di suo cugino, Harry non è amato, Harry non ha braccia amorevoli in cui rifugiarsi, i suoi zii non lo vogliono, lo detestano, vedono in lui il pericolo che il loro amato, viziato Duddly possa essere relegato a sua volta all'ombra di Harry, vivono nel terrore che i suoi poteri di maghetto esplodano e lo ricoprano di gloria, la storia non deve ripetersi. Anche l'odiosa zia Petunia dovette, da bambina, cedere l'attenzione dei suoi familiari alla sorella, mamma di Harry e strega.
Le avventure del maghetto sono strepitose, avvincenti, ma è stato il "non amore" che ha impressionato mio figlio. Come è possibile che un adulto non ami un bambino? Gli zii, il professor Piton, Voldemort. Un bambino è da amare, non ci sono dubbi.
Come non ci sono dubbi che sarà proprio l'amore a salvare la vita di Harry, il sacrificio della sua splendida mamma lascerà un segno più potente della cicatrice lasciata da Voldemort, un segno invisibile, ma che renderà speciale questo ragazzino pelle e ossa, un ragazzino che pensando a se stesso dice: "sono solo Harry";
Sarà sempre l'amore che unirà tre ragazzi privi apparentemente di attrattive: Ron, un ragazzo povero senza doti evidenti e Hermione, secchiona e per giunta figlia di babbani. Io includerei anche Neville, timido e goffo, il bersaglio preferito dei bulli. L'unione di questi ragazzi, farà emergere in loro doti sconosciute, doti che terranno testa a "Tu-Sai-Chi", il mago oscuro.
Questa storia è stata scritta per i bambini o per gli adulti che vogliono tornare bambini. C'è tutto: fantasmini, troll, unicorni, bacchette magiche e calderoni. C'e l'avventura, c'è un signore saggio e anziano, il nonno che tutti noi abbiamo avuto o che vorremmo avere, ci sono i bambini prepotenti con cui i nostri figli devono confrontarsi giornalmente, c'è l'insegnante severa, ma giusta e, più importante di tutto, c'è l'amicizia, che diciamolo, a qualunque età ci darà il coraggio necessario per affrontare i maghi cattivi o semplicemente la vita.
Buona lettura
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La profezia è sempre lì
Recensire un romanzo che ho amato e odiato nello stesso tempo sarà difficile. Parto dal presupposto che lo stile dello scrittore è sublime. Mentre leggi i suoi pensieri più profondi, arzigogolati, esoterici, metafisici e chi più ne ha più ne metta, ti accorgi che il suo linguaggio è semplice e chiaro. E' come se lo scrittore ha di fronte a sè un bambino a cui spiegare, con parole adeguate, il senso della vita o semplicemente per descrivere un paesaggio, un'emozione o anche azioni che potrebbe tralasciare, del tipo: si alza, si lava la faccia col la saponetta, si guarda nello specchio, ascolta un po' di musica.... insomma prima di trovare il personaggio in questione pronto ad uscire di casa, devi soffrire per almeno altre due pagine dedicate alle abluzioni mattutine. Credo che questa lentezza sia un punto di forza di Murakami, ti permette di entrare non solo nella storia, ma anche nella sua testa.
Non posso parlare della trama, rischierei di svelare troppo, mi limito a dire che in questo romanzo regna padrona la filosofia giapponese. E' Il senso della vita e della morte, la conoscenza della natura umana, la ricerca dell'io, che muovono i fili del racconto e, a differenza della cultura occidentale, questi concetti si muovono autonomamente, trascendendo la mente e anche il corpo dei protagonisti. Tutto questo rende la lettura interessante e piacevole.
Passiamo a ciò che non ho amato. I miei voti sono alti perchè riconosco la grandezza del romanzo, sono i miei gusti, i miei limiti, la mia cultura che hanno dissentito su alcuni aspetti trattati dall'autore.
Per prima cosa i miei gusti e i miei limiti mi portano a scegliere letture conclusive, Murakami lascia parecchi punti irrisolti. So che è voluto. E' come se l'autore ti dicesse:"Caro lettore, ti ho dato tanto materiale su cui riflettere, bene, rifletti e trai tu le tue conclusioni". La mia pigrizia mentale o la mia voglia di sapere mi hanno portato a non trarre conclusioni mie e a pretenderle da una mente più elevata.
Seconda nota dolente: la mia cultura non accetta determinate scelte di vita. Credo che l'autore voglia farci capire che il passaggio dalla vita alla morte (nel caso di Nakata) e dalla morte alla vita, come rinascita (nel caso di Kafka) debba fare un percorso già stabilito, anche dovendo accettare l’inaccettabile o compiere azioni orribili ma necessarie. Ecco, questi passaggi mi hanno turbata e, come ha detto un altro amico di qlibri, disgustata.
Ripeto, queste critiche nascono da mie preconcetti, altri lettori potrebbero trovare nelle scelte fatte dalla penna di Mukarami risposte che io non ho trovato e accettare come un colpo di genio alcuni passaggi che io rifiuto.
Per tutti i motivi esposti consiglio la lettura di Kafka sulla spiaggia.
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Colpa degli dei
Ho letto questo romanzo più di un mese fa, in pochissimi giorni. Volevo subito recensirlo, ma qualcosa mi tratteneva, non sapevo cosa, volevo pensarci, elaborare, capire cosa scrivere.
Ho indugiato troppo e alla fine ho capito cosa mi ha lasciato perplessa: lo stesso Ulisse.
Partiamo per gradi. Questo romanzo è da leggere. La grandezza di Manfredi è che rende accessibile a tutti un'opera che, a meno che non sei un "addetto ai lavori", sei costretto a conoscere tramite le varie trasposizioni cinematografiche.
Nel primo volume (Il mio nome è nessuno - il giuramento), Manfredi ci ha fatto conoscere il mondo omerico sotto una luce nuova: il protagonista è un Odysseo umano, con dei sentimenti profondi, che ci parla di sè, cancellando lo stereotipato eroe furbo e calcolatore.
Nel secondo volume questo personaggio un po' si perde ai miei occhi, almeno nella prima parte del libro, quella in cui si narra delle più belle avventure di tutti i tempi (Polifemo, la maga Cyrce, i mangiatori di loto, le sirene, Calypso....), perchè Manfredi le narra con un ritmo talmente serrato che si perde un po' il fascino che nei tuoi ricordi le stesse evocano. Certo ogni tanto Odysseo ricorda, piange, soffre e lotta, ma sempre all'interno dello stesso ritmo incalzante, quasi fosse una mera cronaca dei fatti narrati, che sì da un lato ti tiene incollato alle pagine, dall'altro non ti fa entrare nel vivo del racconto, oserei dire che non ti fa guardare l'anima dei personaggi (cosa ben riuscita nel giuramento).
La seconda parte del racconto è dedicata alla vendetta sui pretendenti, che insidiano la sua casa e la sua sposa. Questa parte è più ricca di dialoghi e di pensieri. Odysseo fa una strage di coloro che hanno offeso la sua casa, uccide le schiave traditrici, non risparmia nessuno. Questo è ciò che un buon re fa? Il cantore Femio gli sottopone questo quesito. Spesso la parola giustizia è usata in realtà per dar sfogo alla rabbia, alla vendetta personale. Non tutti i pretendenti erano colpevoli, c'è chi ha chiesto perdono al legittimo re proponendo un risarcimento, dichiarandosi pentito e semplicemente innamorato di Penelope. Un buon re è capace di perdonare e riportare la pace tra la gente, se lo chiede così anche lo stesso Odysseo. Tanto da esaminare le sue gesta con uno spirito talmente critico che forse neanche lui stesso riuscirà a perdonarsi
Un grande merito di Manfredi è quello di aver narrato una seconda Odissea, il continuo vagare del nostro protagonista non più per mare, ma attraverso terre straniere, ai confini del mondo. In tutto il romanzo si parla del volere insindacabile degli dei, ostili e prepotenti. Anche questo nuovo viaggio viene imputato a loro. Ma sarà vero? Forse ciò che Odysseo vuole è questo: vivere al limite, sentirsi vivo sfidando la morte, rendendo immortale il suo nome infausto per sentirsi vicino alla sua dea.
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una donna
Eccomi arrivata al secondo volume della trilogia di Juliet Grey sulla difficile vita di Maria Antonietta. L'autrice, nelle sue note finali, afferma che per lei è stato triste proseguire con questa storia dato che ne conosciamo l'esito tragico, niente di più vero, "tristezza" è il sentimento che ho provato durante la lettura.
Notoriamente, la figura di Maria Antonietta è quella di una donna dedita al piacere, una viziosa, lesbica e soprattutto la causa del tracollo finanziario della Francia, dato che era in grado di manipolare il re e di spendere una fortuna in abiti e gioielli.
L’autrice, al contrario, sottolinea una grande verità: Maria Antonietta era sopratutto una donna. Chiedeva con tutto l’ardore che possedeva di essere amata, voleva costruire con il re un’unione fatta di complicità e condivisione e soprattutto desiderava con tutta se stessa essere una semplice mamma.
Un’acconciatura o un vestito può essere il surrogato di un bambino? Il gioco d’azzardo può sostituire il brivido della passione? Il re era consapevole delle sue mancanze, era un uomo buono, innamorato di sua moglie, ma troppo debole per darle ciò che un marito dovrebbe, così assecondava i suoi capricci costosi.
Mi chiedevo, durante la lettura, se le mancanze dei monarchi furono la rovina del popolo.
In realtà furono i finanziamenti in terre straniere, gli errori dei precedenti sovrani e i benefici dati per secoli al clero e alla nobiltà la vera causa della rivoluzione. Certo era più facile additare una giovane donna, bella e, soprattutto, straniera. Anche perché fu l’unica regina che si rifiutò di seguire l’etichetta assurda della corte francese e si costruì il suo mondo privato dove poteva essere se stessa e allontanare gli sguardi cattivi di coloro che la calunniavano e, nello stesso tempo, ne imitavano i gesti e ambivano a far parte della sua stretta schiera di amicizie.
Maria Antonietta è stata una donna infelice, ma ha saputo essere una brava moglie, la più sincera amica di Luigi. Ha affrontato a testa alta la crisi politica, lo scandalo della collana (un evento che mise in luce tutti i falli della giustizia retrograda francese), gli insulti continui alla sua persona e la morte di due dei suoi figli tanto desiderati. Nessuno le riconobbe mai il valore, né i suoi contemporanei, né le generazioni future.
La Grey mi ha fatto amare questo personaggio, così come lei stessa lo ha amato.
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La biblioteca dei nomi
Quando leggo la dicitura "Gialli, Thriller, Horror", vado avanti. So che è limitante scartare un genere di lettura, ma è più forte di me. Ho letto questo romanzo perchè era sul comodino di mio marito da circa tre anni, visto che questo è il suo genere di lettura, peccato che la lettura non sia il suo genere. Così ho voluto dare una possibilità alla Biblioteca dei morti. Già il titolo mi intimoriva, ma mi ha un po' fatto pensare a "il nome della rosa", così eccomi a recensire.
La lettura è molto piacevole e la trama è originale. I salti temporali continui mi hanno un po' confusa inizialmente, ma poi mi sono abituata e devo dire che hanno reso la lettura più vivace e piacevole.
Quando il romanzo mi catapultava nel passato ero molto interessata più che al presente e per la prima volta non mi importava nulla dei singoli personaggi, volevo arrivare alla fine e scoprire dove l'autore volesse andare a parare. Dopo tutti i colpi di scena, gli indizi, i misteri, gli ufo, la guerra, la cia, il medioevo e chi più ne ha ne metta, il finale poteva essere un totale fallimento o un colpo di abilità. Che dire, quando ho chiuso e rimesso sul comodino di mio marito il libro, mi sono sentita appagata da un genere che non è mio, quindi posso affermare che è un libro assolutamente da consigliare.
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Una storia d'amore e guerra
Il cavaliere d’inverno non è solo una storia d’amore straordinaria, è anche un romanzo storico in cui l’autrice ricostruisce con straordinaria abilità l’assedio fatto a Leningrado dai tedeschi.
Il romanzo è ambientato nel 1941 quando la radio annuncia l’attacco di Hitler alla Russia.
La protagonista è Tatiana, una ragazzina di 17 anni, figlia della madre Russia comunista, lei come tutti i russi crede nel suo leader, osservando con devozione i precetti imposti come una religione. Nella sua ingenuità, non sospetta minimamente di dover affrontare gli orrori di una guerra spietata, che colpirà non solo l’esercito, ma piegherà per sempre le vite del popolo, decimato dalle bombe, dalla fame e dal gelo.
La Simons descrive con minuzia gli effetti che la guerra ha sulla gente, dove non ci sono regole, non c’è dignità, solo desolazione. Eppure, mentre l’orrore avvolge le strade di Leningrado, ci sono due cuori che palpitano e si proteggono, che sfidano il sistema, che fronteggiano la guerra, si scontrano con un destino che non li vuole insieme, pena la distruzione.
Tatiana incontra in quel famoso giugno del 1941 un ufficiale dell’armata rossa, Alexander Belov. Lei è una ragazzina ingenua e piena di sogni, indossa un vestito bianco con delle rose disegnate. E’ lì, seduta su una panchina e mangia un gelato.
Alexander è un ragazzo forte, con un passato tragico alle spalle, a cui la vita non lascia molto in cui credere. Ma l’incontro con Tatiana risveglierà in lui l’amore che la disillusione aveva spento e combatterà come una furia, solo per lei, per proteggerla, farla vivere.
Questo romanzo è travolgente, ho provato emozioni così forti che facevo fatica a staccarmi dalle sue pagine. Ho amato i due protagonisti, ho vissuto con loro un grande amore, ma ha particolarmente apprezzato il lavoro della scrittrice che ha descritto la vita della russia comunista senza troppi giri di parole. La realtà tragica del tempo ha l'effetto di un pugno nello stomaco, ma è giusto che sia così
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Una protagonista "diversa"
Una scrittrice unica e grande. La Austen con questo romanzo giovanile, scritto in forma epistolare, ha dato prova di quanto fosse una donna dalla mente arguta e anticonformista.
Lady Susan, una donna dispotica ed astuta, seppur molto avvenente e dai modi ammalianti, è una delle donne più meschine e calcolatrici che si affacciano nell’universo narrativo di Jane Austen. Mi ricorda Fanny, la moglie egoista di John Dashwood, in “ragione e sentimento”, anche lei un personaggio negativo, regina dei salotti e perfida manipolatrice.
Questa volta però il personaggio “negativo” è il personaggio principale, così mi sono ritrovata spesso a sorridere nonostante le sue azioni poco lusinghiere siano state capaci di distruggere un matrimonio, separare una giovane coppia, combinare un fidanzamento contro il volere di sua figlia e far cadere ai suoi piedi un uomo deciso a disprezzarla. Tutto questo a soli quattro mesi dalla dipartita di suo marito.
La cattiva reputazione di Lady Susan la precedeva, mettendo sul chi vive tutti coloro che si ritrovavano ad essere i burattini del suo teatrino. Personaggi secondari che la odiavano, che diffidavano, che la compativano o la amavano, perché lei sapeva mostrarsi, a seconda delle necessità, una povera vedova inconsolabile, una mamma ansiosa e premurosa, una donna dai modi gentili e dall’animo puro.
Ecco chi è Lady Susan in una delle sue lettere scritte alla sua altrettanto perfida amica Mrs Johnson:
C’è qualcosa di piacevole nei sentimenti che si lasciano manovrare tanto facilmente.[…]
Si dimostrano utili quando si desidera influenzare le passioni di un altro. Eppure lo stesso Reginal, che poche mie parole hanno ridotto alla completa sottomissione rendendolo più trattabile, più affezionato e devoto che mai, mi avrebbe lasciato[…]
Non posso perdonare una tale prova d’orgoglio neanche di fronte alla sua attuale umiliazione, e non so decidermi se punirlo lasciandolo immediatamente dopo la nostra riconciliazione, oppure sposandolo e torturandolo per sempre.
Ho dato 4 come voto alla piacevolezza solo per il fatto che il romanzo è incompiuto, purtroppo l'autrice non ha terminato la stesura e ne ha affrettato la fine, ma io personalmente alla Austen darei solo dei 5
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pregiudizio
Ci sono stati molti pregiudizi da parte mia nei confronti di questo romanzo, ne prendo atto.
Desideravo tanto una bella biografia su Maria Antonietta, una mia amica mi parlò del “diario segreto di Maria Antonietta” di Carolly Erickson, mi assicurò che l’autrice è seria e attendibile, che il romanzo è scorrevole senza essere banale, insomma che potevo fidarmi.
Chiedo a mio marito di comprarlo, visto che lui lavora vicino una libreria ben fornita, aspetto con trepidazione il suo ritorno e… non potete immaginare la mia delusione quando torna a casa con “il diario proibito di Maria Antonietta”!!!
Già il titolo mi ha fatto pensare a un romanzetto semi-porno. Quel “proibito”, inserito nel titolo, per me significava: ti inganno lettrice, questa è una copia di bassissimo livello del romanzo “serio” che volevi comprare.
Non parliamo della copertina poi: quel rosa shocking o il sorriso malizioso della donna raffigurata.
Leggo qualcosa dell’autrice: attrice! Nulla contro le attrici, ma mi aspettavo, non so, una professoressa universitaria, ricercatrice, scrittrice pluri-premiata o almeno con un minimo di esperienza.
Pregiudizi. Faccio il mea culpa e chiedo scusa a Juliet Grey perché mi sono sbagliata su tutto.
Questo è un romanzo che, secondo i miei parametri di giudizio, rispecchia le mie aspettative circa la piacevolezza che deve possedere un buon romanzo storico: ricco di dettagli sulle mode e i costumi e sulla veridicità degli eventi storici principali.
L'autrice ha descritto con una cura a dir poco maniacale gli ambienti sia della corte austriaca che parigina, per non parlare dell'aspetto politico che è sempre presente in ogni dialogo.
Insomma, mi aspettavo un romanzetto rosa, pieno di descrizioni scabrose, inventate di sana pianta, invece mi ritrovo un ritratto di Maria Antonietta molto dolce e adeguato alla sua giovanissima età.
Lo consiglio vivamente
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scoprendo Sarajevo
E' stata una vera sorpresa. Questo libro è entrato nella mia vita per caso, visto che non ho particolarmente apprezzato il film "non ti muovere". Mi rendo conto di essere stata superficiale, spesso i film si discostano dal libro da cui sono tratti, ma erano proprio gli argomenti trattati che non mi attiravano.
Mi sono immersa nella lettura con foga, volevo sapere la sorte di ogni personaggio, volevo approfondire e fuggire questa guerra che non fa semplicemente da sfondo, ma è la vera protagonista a mio parere.
Ci sono dei momenti in cui ho pianto, lo ammetto. Credo che le vicende politiche tra serbi e bosniaci siano state trattate dall'autrice con una sensibilità e un tale rispetto che il dolore, le brutture e la brutalità penetrano nel lettore senza bisogno alcuno di enfasi. Non sono le parole a commuovere, ma la realtà. I due vicini di casa, il bambino che gioca, la ragazzina che risponde all'appello dei serbi come fosse a scuola, il dover sopravvivere alla fame, alle bombe al tuo ex compagno di banco ora acerrimo nemico. Questa è la guerra. E' lei, nuda e cruda. La Mazzantini ce la presenta e riesce ad evocarla con tutto il dolore che comporta.
Per quanto riguarda i personaggi, sono unici. Gemma e Diego, un amore grande, seppur imperfetto, come lo siamo tutti noi, i loro limiti sono la loro forza. I loro errori, le loro debolezze hanno reso ogni singolo personaggio reale. Affrontare la sterilità per una coppia può essere devastante, mi chiedevo spesso se anche io avrei fatto le stesse cose che ha fatto Gemma o se mi sarei lasciata abbattere o se avrei accettato tutto con rassegnazione. Certo è che la capivo come se fossi io a parlare, ad agire e a combattere. Così come capivo Diego, ho seguito il suo percorso di vita con la tenerezza che la stessa Gemma provava, assolvendolo e amandolo fino alla fine.
C'è una frase che mi ha fatto sorridere e riflettere: "anche la Madonna, se ci pensi, ha affittato l'utero a Dio... "
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Sayuri
Ho letto il libro tempo fa, ma desidero comunque parlarne.
Devo dire la verità, ho sofferto molto durante la lettura. Ero Sayuri, la bambina orfana, la bambina strappata alle braccia materne, ignara del suo futuro, separata senza una spiegazione dalla sorella, venduta, umiliata, costretta a essere un buon prodotto, una brava allieva, una serva. Una bambina, solo una bambina! La sua fortuna era la sua bellezza, i suoi occhi che ti entravano dentro e non li scordavi, perchè erano limpidi come l'acqua e puri come la sua anima.
Intorno alla bellezza dei suoi occhi si traccia il suo destino: viene venduta ad una casa di gheishe e non di prostitute, destino assegnato alla sorella, anche lei una bambina. Perchè era questo che capitava alle donne se non avevano nessuna protezione.
Il mondo di Sayuri è un mondo difficile, dove ci sono lotte di potere tra case, invidie tra gheishe, sogni infranti, rinunce e infine la guerra, che cambia le carte in tavola. Solo in poche rimarranno in piedi e il nostro piccolo fiore resisterà, lotterà, perchè ha un segreto che le dà coraggio: l'amore.
Grazie a questo gioiello della narrativa, ho conosciuto un mondo lontano da me, merito della descrizione dettagliata di usi e costumi fatta dall'autore. Un libro bello dall'inizio alla fine.
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mi ha deluso
Ho comprato questo libro consigliatomi da un amico. Non sapevo di cosa trattasse, mi sono fidata. Ho letto la trama e ho immaginato un romanzo basato sull'amicizia, sul dolore, sul male.
I primi capitoli mi hanno soddisfatta, pensavo che l'autrice avrebbe approfondito il carattere dei personaggi, volevo entrare nella mente sia delle vittime che dei carnefici. Volevo essere gli occhi di Sandra, una ragazza spensierata che si trova ad osservare il male travestito con gli abiti di due vecchietti amabili e premurosi.
Dopo queste pagine introduttive il libro assume sempre più l'aspetto del "quasi" thriller e meno del romanzo/documento. Si affacciano nuovi personaggi che speravo dessero credito e profondità a una tematica così importante. Mi riferisco all'angelo nero, il nazista più evoluto degli altri, che appare, dice la sua in un breve colloquio con il protagonista e poi? Niente.
Poi c’è Alberto, con lui il romanzo sembra prendere la piega del romanzo d'amore, ma anche lui è un personaggio senza spessore, con un bacio e senza dire più di una decina di parole fa palpitare il cuore di Sandra.
Che dire dei protagonisti? I due vecchietti nazisti non ti dicono nulla di loro, se non delle loro abitudini casalinghe; Sandra sembra voglia invischiarsi in una storia così pericolosa più per noia che per senso di giustizia; il protagonista, forse quello che mi piaceva di più, visto che è l’unico che parla del suo dolore, cerca la vendetta, quella con la V maiuscola. Certo non mi aspettavo un secondo Edmond Dantes, ma anche in questo caso, sono rimasta delusa.
Ci tengo a precisare che questa è una mia opinione, basata solo sulle mie aspettative e sul mio gusto in fatto di romanzi. Rimane il fatto che l’autrice ha il dono della scrittura, è un romanzo che scorre velocemente e lo stile è impeccabile. Per questo non lo sconsiglio, anche se a me non è piaciuto
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- sì
- no
Vincenzo Malinconico
Ho voluto recensire questo libro perchè è un libro veramente bello, come tutti i libri di De Silva.
Il suo modo di scrivere è unico, mi trovavo a ridere mentre leggevo e poi mi dicevo: "... ma perchè rido? qui la questione è seria!".
Vincenzo Malinconico è il protagonista, "il nuovo povero", in giacca e cravatta, che nessun sindacato difende, insomma parliamo di un avvocato (e credetemi è così!!!). Lo vedi girovagare per il tribunale pur non avendo nulla da fare, salutare con un largo sorriso un collega che nemmeno conosce o che gli sta sulle scatole, camminare per le strade di Napoli e lasciarsi andare ai pensieri.
Vincenzo pensa molto visto che la sua vita è tutt'altro che rosea: un matrimonio finito, una carriera che non decolla, due figli. I suoi pensieri spaziano, lasciandoti di sasso e facendoti pensare a tua volta Alla fine ti chiedi: non sarà che Vincenzo in realtà ha capito tutto della vita e me la sta spiegando?
La trama è relativamente importante, è Vincenzo il fulcro del romanzo, ci parla di quattrosalti in padella e di camorra quasi con la stessa disinvoltura, quando in realtà le sue riflessioni mettono a nudo un uomo con un grande spirito d'osservazione e tanta sensibilità. Lui ci racconta la vita con un humor disarmante, sottolineandone proprio gli aspetti roccamboleschi, seppur tragici, senza mai svilirli.
E' un libro da leggere perchè alla fine ti innamori di Vincenzo, o forse di De Silva? non credo ci sia differenza.
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riscatto
Questo è un romanzo che lascia il segno.
Non so se è perchè sono madre di un maschietto, ma in Pietro non vedo solo un ragazzino sfortunato, ma un figlio da proteggere, da coccolare, da aiutare a venir fuori dallo squallore della sua famiglia.
Per quanto Pietro cerchi di scrollare dalle sue spalle l'eredità delle sue origini, per quanto cerchi il suo riscatto, per quanto cerchi di trarre il meglio dalle piccole opportunità che gli si presentano (lo studio, la famiglia di Gloria), il marciume è sempre lì pronto a prenderlo, a trascinarlo e a imbrattare i suoi sogni. Il marciume ora ha il volto dei bulli, ora della preside, ora di suo padre. Cosa fare? Come può combattere un bambino tali mostri? Ma la soluzione il piccolo Pietro la troverà e sarà una soluzione estrema, assurda.
Per quanto riguarda gli altri personaggi c'è Graziano, l'eterno ragazzino che non sa cogliere ciò che la vita gli offre, non ci arriva proprio a capire che il suo voler di più spesso lo priva di ciò che conta, eppure basterebbe fermarsi per capire cosa è realmente la felicità. Graziano dovrà abbattere i suoi limiti e fare questo: essere felice.
Poi c'è Flora, una donna fragile, che dedica la sua vita a curare sua madre, anche lei avrà la sua possibilità di uscire dal suo guscio fatto di quattro mura e rassegnazione, di essere oggetto di cure e attenzioni, di essere amata e sentirsi dire "sei bellissima".
Per me questo è il romanzo del riscatto, dove come spesso accade, questo è a portata di mano, ma eventi a noi sconosciuti, la cattiveria e l'egoismo degli altri o la nostra stessa stupidità gli fanno da ostacolo.
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Passione e dovere
Ho letto questo libro in pochissimi giorni, mi ha rapita, bello dall'inizio alla fine, anzi proprio la fine mi ha soddisfatta di più.
L'autrice si ispira al capolavoro della Wharton, l'età dell'innocenza, dove in questo caso è New York la città dalle ampie vedue e Londra, più precisamente Hampstead Garden, il quartiere ebraico, legata alle tradizioni.
Ho apprezzato di questo libro la descrizione di una cultura che non conoscevo, pur notando che la comunità ebraica, borghese e perbenista, dai bei valori, non si discosta molto dalla cultura mediterranea. Le mamme onnipresenti nella vita dei figli, i pranzi interminabili, il conoscersi tutti e condividere tutto della propria vita, mi ricorda tanto la famiglia italiana, solo che in questo caso, la ricerca della normalità, di punti fermi e di abitudini è dettata dalla voglia di dimenticare un passato che ha segnato orribilmente gli ebrei.
I personaggi principali, Adam, Rachel e Ellie, sono il punto forte di questo romanzo.
Non c'è il personaggio perfetto, tutti e tre hanno le loro lacune, come tutti noi, tanto che a tratti provavo simpatia, compassione o antipatia prima per uno e poi per l'altro: Rachel ingenua, infantile e a volte pedante; Ellie, apparentemente svampita, fragile ed egoista, Adam succube degli eventi, combattuto tra passione e senso del dovere, tanto da non riconoscere la linea che separa l'amore per Rachel e il desiderio di compiacere il suocero, la comunità.
Poi mi accorgevo, penetrando nei loro pensieri, quanto fossero complesse le loro emozioni: amore, passione, traumi infantili, insicurezze mi hanno fatto assolvere ognuno di loro, accettando di buon grado, a metà del libro, la prospettiva che qualunque finale mi avrebbe lasciato l'amaro in bocca.
Altro aspetto che mi ha affascinato è la caratterizzazione dei personaggi secondari, la nonna, con la sua filosofia di prendere dalla vita ciò che arriva, perchè è questo che ti aspetti dopo la persecuzione, dopo la morte del tuo grande amore; o la mamma di Adam, che litiga con suo marito defunto perchè le ha mostrato tutto della vita, ma non della morte, le ha detto quale religione seguire, ma non le ha detto se credere o no in Dio.
E poi il finale, è sorprendente.
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Un nuovo Odysseo
Questo è il primo romanzo di Manfredi che ho avuto il piacere di leggere. Temevo di trovarvi uno stile un po' troppo romanzato, oppure una pedante traduzione dell'Iliade. Niente di tutto ciò. Ho letteralmente divorato questo libro, mi ha coinvolto soprattutto grazie alla scelta dell'autore di affidare allo stesso Odysseo il racconto delle sue avventure, della sua infanzia e delle sue emozioni. Questa scelta ci fa dimenticare il furbo Ulisse, l’uomo che si pavoneggia del suo ingegno, della sua dialettica, dei suoi stratagemmi. E’ un personaggio che osserva, studia e soffre anche per i danni che la sua mente provoca, che ha pietà del nemico, che rispetta il debole e ama le persone a lui vicine.
Il mondo omerico è ricco di miti, di interventi divini, di donne manipolatrici, di eroi e battaglie, ma visti con gli occhi dell'uomo che pretende la verità rispetto alle favole dei cantori, Manfredi ci ha fatto rivisitare, sotto una luce diversa, le gesta degli Argonauti, le fatiche di Herakles, così come ci ha mostrato le debolezze umane facendoci assolvere personaggi il cui destino era segnato e ridimensionando l'immagine eroica di altri.
Anche la descrizione della guerra, che in teoria dovrebbe essere meno interessante rispetto alla prima parte del libro, mi è molto piaciuta. Leggere della follia umana, delle scelte tattiche, dell'amicizia fra alcuni soldati e dell’orgoglio troiano è stato veramente avvincente.
E poi che dire di alcuni personaggi? Non li elencherò tutti, ma da donna mi hanno affascinato le donne: proprietà degli uomini, schiave, oggetti sessuali, vittime sacrificali, ma anche madri e mogli amate, dee potenti e consigliere.
Penelope è il grande amore di Odysseo, ci parla di lei non come una donna schiva e sottomessa, ma come una consigliera, una donna risoluta, disposta ad affrontare le conseguenze di un amore mal visto da suo padre. Elena, schiava della sua bellezza, odiata e desiderata, vittima e causa della rovina di due popoli; Alcesti, che sacrifica se stessa per amore; Euriclea, amorevole nutrice di Odysseo e infine Athena, la dea ispiratrice dell’intelletto del protagonista, colei che protegge e si mostra ad un uomo che sa superare la barriera del tempo e riesce ad elevarsi ad una dimensione divina.
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Capolavoro
Ho letto Orgoglio e pregiudizio tante di quelle volte che ormai nella mia mente si aggiungono nuovi dettagli, immagini vivide e sfumature sempre diverse. Ogni volta amo qualcosa di diverso rispetto alla precedente lettura, tanto che i personaggi prendono vita nel mio immaginario.
Il mio primo approccio a J. Austen fu proprio con Orgoglio e pregiudizio, ero bambina, mi innamorai di Mr Darcy e ammirai Elisabeth, volevo essere come lei e trovare un uomo come lui. Che ambizione!
Dopo qualche anno rilessi il libro pensando di provare le stesse sensazioni di innamoramento che avevo vissuto con i due protagonisti: l'antipatia, l'orgoglio di lui, il pregiudizio di lei, il conflitto interiore, la sofferta autocritica, il cambiamento, le trepidanti attese... l'amore. Mi sbagliavo, o meglio, al mio sognare adolescenziale, si aggiunse la scoperta di nuovi personaggi che la volta precedente avevo ignorato. Cominciai a provare simpatia per l'innocenza di Jane e l'insicurezza e la generosità di Bingley, antipatia per le sorelle minori e per la madre della famiglia Bennet e assoluto odio per Miss Bingely e zia lady Catherine.
Ora ogni dettaglio, ogni frase detta da qualunque personaggio di questo libro, mi affascina, mi fa sorridere e riflettere. Ho scoperto il valore di Mr Collins, un uomo servile e presuntuoso, ignorante e borioso. Le sue lettere Mr Bennet, il suo esporsi al ridicolo, i suoi parametri di giudizio, la sua morale, mi ricordano tanto molti uomini che mi si presentano nella realtà. Nulla è cambiato. La condizione femminile, le differenze sociali hanno subito qualche cambiamento, lo scenario è mutato, ma le debolezze umane sono sempre le stesse. Basti guardare l'apatia e la pigrizia di Mr Bennet, la superficialità e l'arrivismo di Mrs Bennet. Quanti genitori sono come loro, con limiti così radicati da rischiare di compromettere il futuro dei propri figli.
Mi rendo conto che la recensione di un tale capolavoro è cosa assai ardua, infatti ho voluto semplicemente esprimere le mie sensazioni. Mi scuso con chi mi leggerà, ma sappiate che è la mia prima recensione e ho scelto un romanzo su cui ci sarebbe tanto da dire.
Consiglio la lettura a chi ama dialoghi intelligenti e personaggi ben caratterizzati.
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