Opinione scritta da T.D. Lemon
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REDENZIONE NEL 2013
Due persone, un uomo e una donna legati da episodi tragici in una età dove tutto si ricorda e nulla si scorda.
Mattia e Alice appunto hanno avuto ognuno il suo trauma infantile e li, ahimè, per loro sono rimasti in gabbia per tutta la vita, senza il minimo segno di reazione.
Interessante come Giordano struttura il romanzo, un capitolo per uno, dando equo spazio sia alla storia di Mattia che a quella di Alice: storie che in alcuni pezzi si uniscono dando vita ad una scrittura superiore, rendendo giustizia al vero intento di quella scrittura, infatti, durante la lettura del libro si percepisce sempre quest’attrazione, esigenza, che il libro ha di fare stare insieme quei due: Mattia e Alice.
Lo scrittore è abile a descrivere i problemi psichici dei personaggi che purtroppo sono sempre più frequenti nei nostri “tempi moderni” e parliamo di: anoressia, autolesionismo, misantropia, insomma vere e proprie patologie che per chi in minima parte conosce ( per esperienza diretta o indiretta) sa che alcuni traumi infantili o rapporti conflittuali con i genitori possono sfociare in vere e proprie malattie.
Ammetto che non è un libro per tutti e che ci vuole una certa sensibilità per “reggere la botta” che l’autore ci da, un colpo fatto di angoscia,ansia, malessere, un pugno nello stomaco in grado di farti mancare l’aria.
Ammetto di essere entrato talmente tanto in empatia con Mattia e Alice che ad un certo punto del romanzo ero arrabbiato e urlavo in silenzio :” andate in terapia, fatevi aiutare” come se qualcuno, lì, potesse sentire il mio consiglio. Mi sono sentito uno sciocco.
Poi ho pensato a Troisi in ricomincio da tre e alla celebre frase che disse a Robertino :
“ … tu devi uscire, ti devi salvare, t'hanno chiuso dint' 'a stù museo, tu devi uscire, và mmiezo 'a strada,
tocc 'e femmene, va a arrubbà, fa chello che vuo' tu!"
ed è stata come acqua nel deserto per me. Ah!! la superficialità. Alcune situazioni andrebbero affrontate con quest’arma ma non a tutti è concesso il lusso di saperla usare.
E cosi alla fine del libro, scrivendo il commento ti ritrovi a contare le lettere del nome Mattia poi quelle di Alice e scopri che il risultato è undici,un numero primo.
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Allora penso a Dean Moriarty...
Difficile commentare un libro che ti ha affiancato per un tratto della tua vita, ma io ci sto provando, fregandomene del risultato.
Come premesso “on the road” è un classico che amo,un’intoccabile della mia lista,
oltre per il suo contenuto proprio perché mi ricorda quei percorsi: in treno, sull’aereo, in metro, vagabondavo nel mio piccolo in cerca di qualcosa proprio come Dean e Sal.
Questo libro è una storia autentica un viaggio tra realtà e l’allucinazione,
il tutto vero come i km di cemento che i nostri protagonisti hanno e ci hanno fatto percorrere.
Del resto cosa ci si può aspettare da Kerouac uno dei più grandi della beat generation, un visionario,
lui era per il: “vero come la finzione”.
La lettura scorre liscia non come l’olio perché ogni tanto Kerouac mette nel romanzo dei sassi proprio per fermarci, a riflettere su quello che sta succedendo, è un trucco dello scrittore, ma cavolo che mano che ha nel mettere quei massi, sempre nel posto giusto al momento giusto.
un’opera che fa del “cercare” andando la sua ragione d’esistere … per poi terminare con la vecchiaia,
pensando ai fantasmi del passato.
Può essere una scelta condivisibile o meno ma in fondo che importa, a noi questo servono, storie da capire e di cui parlare: “dopotutto domani è un altro giorno” direbbe Rossella O’hara oppure:
“ ma perché pensare a questo con tutta la terra dorata davanti a me ed eventi imprevedibili di ogni tipo in attesa di sorprendermi e farmi sentire contento di essere vivi?” direbbe Sal Paradise ed : “evviva adesso si mangia” dico io.
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Hotel esistenza
"Desidero ricordare tutto. Se tutto è chiedere troppo, almeno una parte."
E di che di che cosa... rispondetevi da soli !
E' il primo libro di Paul Auster che leggo e comincerò a leggerne altri per quanto mi è piaciuto il suo stile ricco di contrapposizioni: cinico e sentimentale, spocchioso e umile, filosofo ed essenziale.
Follie di Brooklyn è un libro costruito veramente bene e il risultato è un cerchio che si chiude alla perfezione ( adoro questi cerchi ).
Il mitico Nathan è un personaggio creato in maniera esemplare in grado di reggere il confronto con tutti gli altri e per tutto il libro ha dato l'idea di un Bukowski ripulito, e non chiedetemi perché .
Poi c'è Tom il nipote di Nat che è il classico tipo impacciato con le donne che sa molto, ma ha paura di dimostrarlo , ma fino a che punto della storia?
dico solo che al momento giusto lui...tira l'asso dalla manica.
Poi c'è Harry il brigante e Rufus che credetemi nonostante sia un personaggio secondario in un pezzo della storia, vi farà venir la pelle d'oca, e tanti altri peronaggi che ora non starò lì a spiegare uno ad uno perchè non vorrei svelarveli tutti e non interessa farne uno studio ma il materiale ci sarebbe tutto.
Questo è un libro in grado di farti sentire tutt’uno, non con il mondo ( sarebbe chiedere troppo ) ma con la storia.
sei tu che la segui ?
è lei che segue te?
risposta sbagliata in entrambi i casi, tu, in quella storia ci sei dentro dalla prima all'ultima parola del romanzo e questo è solo merito dello scrittore del suo stile ed ovviamente della sua fantasia.
Lui aveva una storia da raccontare, Nathan una da vivere e noi una da leggere.
Amen.
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... Per me, la vita è un giorno...
Questo libro è stato un regalo, un dono, una sorpresa fatta.
Un racconto di 66 pagine ma degno di essere chiamato Libro più di tanti altri.
E’ il classico esempio di quanto sia importante il “contenuto” di una storia, aldilà, del numero di pagine, del tempo e della ragione su cui si struttura un libro.
Narra di un delirio di una persona che potrebbe essere un me, un te, un voi qualunque che si appresta a fare i conti con la propria esistenza e ne esce “sconfitto”, ma anche no,
la magia di queste 66 pagine infatti sta proprio in questo, nel farci capire che a volte la linea che separa la vittoria da una sconfitta è molto, tanto, sottile.
E’ allegria, mai rassegnazione è sempre voglia di giocare anche di fronte l’ineluttabile- Zorro ride, e si fa gioco degli accessori a noi tanto cari e disintegra quello che per noi sono diventati, ahimè - “indispensabili”.
La Mazzantini ci fa capire che c’è molto da imparare da loro e dal loro modo di vivere la vita, dunque oltre a guardarli con aria misericordiosa e magari lasciargli quegli spicci che a noi pesano sulla coscienza, ogni tanto, sarebbe bello scambiare due parole, per aiutarli e non ci crederete, farci aiutare. In questo delirio, anche questo succede.
“ Dico solo che normale è una parola storta. Parliamo di frequenze e infrequenze, così mi sta meglio. Diciamo che è infrequente che la gente attraversi a cazzo come me. Io sono un infrequente.
Infrequente è bello, è una rarità. E' come un fico a dicembre. Io sono un fico a dicembre, una ciliegia a gennaio, una pesca a febbraio …”
Questa è la gettata di cemento su cui si basa il tutto: il contrasto tra il frequente e l’infrequente e alla fine del libro il dubbio è lecito, siamo noi o loro le persone normali?
Zorro sicuramente davanti questo dilemma una risata se la sarebbe fatta, ma io? Ma voi?!
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Bah ...
Premesso che finito di leggere non volevo credere al fatto che questo libro l'abbia scritto lo stesso autore di un capolavoro come norwejan wood, andando oltre, quello che alla fine mi è venuto in mente è stato un BAH... e niente più.
Agonia e malinconia gratuita, uno strazio ingiustificato... o meglio non spiegata all'interno del romanzo e il risultato è per me un'opera: semplice, banale, deludente e con personaggi rimasti incompleti e trascurati.
Onestamente mi aspettavo di più della solita storia di un uomo che ha tutto ma è insoddisfatto, che tradisce sua moglie e vuole mollare le sue figlie per una donna "pazza"- tra l’altro , beh,
si potrebbero riempire librerie e videoteche con materiale che raccontano storie simili.
Sarà che come tutte le storie che cominciano male e finiscono peggio anche il mio rapporto con questo libro è cominciato male, malissimo, appena il cassiere mi ha detto il prezzo: “ venti euro” e diciamocelo che per un libro di duecento pagine è veramente un esagerazione ma comunque gli ho voluto dare fiducia,
e così:
E' stata la prima volta che mi sono pentito di aver speso soldi per un libro il che per me e per altri che amano leggere, è tutto.
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NON CONSIGLIO NEMMENO AL MIO PEGGIOR NEMICO.
Siddharta deve stare all'uomo come il peluche sta
Questo libro nella mia vita ha una storia, e già di per se dunque risulta importante.
Aperto e tirato fuori la libreria all'età di 17 anni, subito richiuso e rimesso nella libreria.
Dopo circa 5 anni ingloriosi per lui trascorsi con due vicini ingombranti come lo spocchioso e misantropo " lupo della steppa" e il raffinato "Narciso e Boccadoro"- l'ho ripreso ed entrambi abbiamo cominciato a toglierci la polvere di dosso.
Un libro che illumina, ti guida come una bussola e allo stesso tempo getta l'ancora nel mare della vita quando è in tempesta, punto fermo che ogni tanto ci vuole, per analizzare, riflettere e ripartire …
quando c'è il sereno.
Inutile star qui a raccontare trama e contenuto di questo libro, credetemi, passano in secondo piano, perché l’emozione che lascia, leggendolo, illumina talmente tanto da oscurare il resto.
Mentre sfogliavo quelle pagine pensavo che sarebbe l’apice dell’istruzione, cultura e disciplina che un genitore può dare ad un figlio perché questo libro è la bandiera di una parola ormai non più comprensibile per molte, forse troppe persone – il rispetto.
E così ora il libro è lì, in libreria, sempre con quei due compagni e chissà se ora a distanza di anni lui cosa ne pensa di me, dei pensieri che avevo mentre leggevo e di quelli che ho ora, ma una cosa è certa, lui … il libro,
è sempre lo stesso.
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Amaro in bocca
Iniziato a leggere perche prima o poi, avrei dovuto leggerlo e così ho cominciato.
Devo dire che la storia si è srotolata così all’improvviso, forse troppo velocemente, che neanche il tempo di capire e metabolizzare che tutto era già finito.
Dovrebbe essere buon segno, significa che la scrittura è scorrevole, certo, in questo caso lo è molto scorrevole, ma qui forse è esagerato, oltre a darmi l’impressione di un libro del battello a vapore è stato come se l’autore avesse avuto fretta di terminare la storia, lasciando a mio parere qualcosa d’incompleto.
Forse saranno state le troppe aspettative che mi ero fatto o forse sarò stato io a non essere stato in grado di entrare in empatia con la storia ma comunque il risultato è scadente, un libro banale, prevedibile e l’unica cosa che non ho previsto è stato il finale, avevo riversato le mie ultime speranze nell’atto conclusivo ad effetto e invece anche questo, vana illusione.
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...Un hamburger oppure una scatola di proiettili?
Incominciato a leggere perché cosi consigliava nel suo libro “una certa idea di mondo” il Dr. Baricco ed una volta eseguito l’ordine sono stato soddisfatto e felice come una persona che termina la sua giornata lavorativa va in banca e trova lo stipendio accreditato, una pasqua.
E pensare che il libro è di una tristezza infinita, un’angoscia leggera, che piace e spara il lettore dritto nella storia ma solo come osservatore, come se Brautigan ci voglia dire: “ ok,entraci, ma stanne fuori!!
Un consiglio di chi in quei tempi ha vissuto e non è finita tanto bene dato che nell’ottobre ’84 ha scritto la parola fine alla sua vita lasciandoci questo ultimo romanzo e sparandosi con un fucile calibro 44.
Ma questa è un’altra storia.
American dust è un romanzo , che ha come protagonista un bambino, un fucile e un hamburger che
detta così può sembrare una barzelletta,
ma una volta cominciato a leggere nulla ti sembrerà più vero e triste, qui,
l’innocenza di un bambino sparisce di botto e tra l’altro nel modo più assurdo, giocando.
Un libro ricco d’immagini,simboli e scene, degno di una rappresentazione teatrale e infatti sembra quasi che la vedi si, la storia, la vedi.
poi ad un tratto sparisce tutto, il vento chiude il sipario e porta via:
l’alcolizzato e le sue bottiglie, il bambino con il fucile in mano , il campo di meli e
i due sul divano in riva al lago e ci lascia un paese alla fine di una guerra e all’inizio di una depressione e polvere … che seppellisce una volta per tutte il sogno americano.
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Voleva esagerare Grossman, e ce l'ha fatta!!
“Qualcuno con cui correre” comprato perché un libro che comincia con un ragazzo che rincorre un cane per le strade di Gerusalemme non si può che comprarlo, e ho fatto bene-aggiungerei.
Premetto che un po’ soffro “d’ansia da prestazione” solo nel provare a parlare di questo libro, a me tanto caro e prezioso.
Comincio da qui, è stato il libro che mi ha fatto scoprire Grossman ,
entrato di diritto nella top 10 delle persone a cui stringerei la mano dicendogli: " tu sei un grosso".
E' un paroliere di alta scuola,
trova sempre la parola giusta al momento perfetto
e così quanto è vero che le fortune capitano sempre agli altri, lui riesce ad incastrare frasi e periodi a suon di parole in scala ed esce fuori “qualcuno con cui correre” , una sinfonia deliziosa a tal punto che Mozart, Rossini, Verdi, Beethoven , Paganini e vattelapesca stanno ancora lì, da qualche parte a fare la standing ovation.
Qui in questo luogo, in questa Gerusalemme troviamo:
coraggio, dipendenza, paura, speranza, rassegnazione, dolcezza, crudeltà, arte e amore,
insomma,
gli elementi per fare un capolavoro di romanzo ci sono tutti poi mettici uno come Grossman, a cui piace esagerare e così crea pure una storia appassionante in grado di fare da collante ed unirli tutti e
la frittata è fatta.
Come non puoi spiegare ad un cieco cos’è il verde, il viola o il porpora
io non posso spiegare la bellezza di questo romanzo ma provate a leggerlo e ci penserà il paroliere.
E intanto fuori la finestra il mio cane di nome Dinka … abbaia !!
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scurdammoce 'o passat'
E bravo il nostro pulcinella.
Tecnica e realtà a profusione, un cinismo melodico e brioso ed ecco qua che De Silva tira fuori questo buon lavoro dal cilindro.
“Non avevo capito niente” è il titolo del suo romanzo … ma alla fine del libro, a me,
non è poi mica tanto sembrato.
Alcuni lo hanno definito un romanzo semplice, ed io confermo, ma è proprio qui che ha colpito,
la semplicità con la quale affronta temi complessi e delicati come: la camorra, la separazione, una famiglia che va a rotoli e l’adolescenza di un figlio, insomma, “cosucce”.
Il protagonista VINCENZO MALINCONICO oltre ad avere delle grandi "imprecazioni" che da subito mi hanno fatto diventare suo fan è un avvocato atipico in bilico tra il volere e l’essere:
civile o penale, padre o figlio e marito o amante.
la storia continua sulla retta di questo gioco, mai noioso e molto interessante da seguire, perché in fondo un nuovo modo di affrontare le situazioni può sempre essere utile , a chiunque.
Un libro leggero e che fa sorridere analizzando tempi in cui in effetti poco rimane da sorridere e
cosi ho colto in De Silva un abilissimo osservatore ed un buon narratore .
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masterChef Murakami
Quando finisci di leggere un libro e immediatamente ti mancano:
personaggi, storia, luoghi ed emozioni, questo è l’effetto norwegian wood.
Perché qualcosa ti deve mancare pure solo per giustificare quel trasudo di malinconia che va dalla prima pagina alle ultime righe di questo sublime romanzo.
Naoko, Watanabe, Midori, Reiko, Kawasaga e Hatsumi.
Personaggi descritti con un’ autenticità imbarazzante, impossibili da dimenticare e ti restano addosso per parecchio tempo.
Un libro che mi ha stupito anche per l’ottima capacità di Murakami nel descrivere i luoghi, suoni, e sapori di questa storia.
Un viaggio che va assaporato lentamente pure se viene voglia di divorarlo tutto ad un fiato, ma non gli renderebbe giustizia… il prelibato va assaporato lentamente.
senza strafogarsi e ci si deve fermare ogni tanto per metabolizzare,capire e digerire il tutto per poi ripartire,
è cosi che si assapora quest’ottima pietanza.
E la tua patria non se la prenda se dopo aver letto il tuo libro al sushi preferisco norwegian wood.
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