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Opinione scritta da Don Luca
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Discreto
Primo romanzo, nonché primo atto di una saga di cinque libri fantasy per ragazzi.
La lettura scorre veloce, senza intoppi, e raffigura personaggi ben caratterizzati, in un sottomondo suddiviso tra esseri umani e bestie come insetti, roditori, pipistrelli e ragni in formato gigante. Qui, le bestie hanno una propria personalità, ed è curioso il modo in cui la scrittrice sia riuscita a dare così tanta tenerezza a quelli che generalmente, nel sopramondo, sono considerati come schifosi scarafaggi. Qui, le blatte sono alleate con l'uomo e sono trattate con rispetto. I pipistrelli, invece, hanno un legame giuridico ed emotivo con gli umani e vengono cavalcati e usati come combattenti. Sembra quasi che l'intento della scrittrice sia stato quello di offrire un riscatto a quelle bestie che, generalmente, vengono schifate dalle persone.
Di solito nei fantasy le creature sono mitologiche, ma qui, o almeno nel primo libro, sono completamente assenti, per dare spazio a bestie di natura terrena, quelle che conosciamo ma che non ci siamo mai presi la briga di instaurare un legame.
Ed è probabilmente questa la forza del romanzo. Perché nonostante scorra piuttosto velocemente e piacevolmente, purtroppo, l'evoluzione della storia è facilmente prevedibile, e non lascia spazio a grandi colpi di scena.
Ma può darsi che con gli altri capitoli della saga la trama migliori e che valga l'investimento, visto che il protagonista (qui ha undici anni) crescerà, e di conseguenza potrebbe maturare anche la narrazione. Perché per ora è un buon romanzo per ragazzi e un discreto libro per adulti.
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Il miglior Palahniuk
Secondo romanzo di Chuck Palahniuk.
La ricetta narrativa è la medesima del predecessore, rinnovata e riproposta per una storia nuova, inedita; lo stile è infatti inconfondibile, un marchio di fabbrica dell'autore: i ritornelli e i richiami riconducibili a un evocazione dei pensieri di Tender (il protagonista).
Ma, mentre Fight Club è diventato oggetto di culto con gli anni avvenire (grazie soprattutto al film uscito a qualche anno di distanza dal libro), questo Survivor, personalmente, l'ho trovato come un sequel ideologico del primo lavoro; con lo scorrere della lettura, è infatti possibile riscontrare diverse analogie tra i protagonisti di questo romanzo e di quello precedente. Il tutto è stato inserito in maniera intelligente e diversificata, inneggiandone una rivendicazione più che un omaggio.
Ordunque, tendo a ritenerlo, affettuosamente, come il next level, una specie di Fight Club 2.0. Perché, se nel primo romanzo osserviamo una critica al consumismo di massa, alla manipolazione e alla mercificazione intellettuale in uno sfondo prettamente nichilistico, qua otteniamo altresì una commedia nera, satirica, in cui il bersaglio non è più quella dell'uomo nato e cresciuto all'interno della società capitalista e gerarchica, ma quella di un uomo che è nato e cresciuto in una comunità che lo ha allevato per servire gli uomini del "mondo esterno".
Ne consegue che entrambi i protagonisti, dei rispettivi romanzi, compiano lo stesso percorso con lo stesso finale, con la diversificazione negli atti. Perché, nel primo, il protagonista è succube di una società profondamente materialista e quando questo raggiunge il suo apice, cerca nell'autodistruzione la fine concettuale della perfezione, staccandosi definitivamente da uno stile di vita narcisista e consumista che per tutta la sua esistenza lo ha ossessionato. Mentre, nel secondo, il protagonista è succube di una comunità religiosa che lo condiziona e controlla i suoi pensieri anche quando questa sembra essersi disgregata, e, divenuto celebre come l'unico sopravvissuto della setta, commette il processo inverso del precedente protagonista per diventare il leader di quella aberrante società che non si occupa di vendere merci, ma di comprare clienti fedeli di un esemplare modello di vita.Tanto che questo leader diventerà completamente dipendente dagli esempi canonici; non potrà fare a meno di impersonare il successo, e stare lontano dai riflettori gli creerà un intollerabile astinenza.
Infatti, la storia prende inevitabilmente una piega satirica, dedita a distruggere e a prendersi gioco di quelli che oggi chiamiamo comunemente "influencer", e indicandoli come burattini comprati e lanciati sul mercato per dirottare l'opinione pubblica da dietro il sipario di un teatro stracolmo. E, raggiunto questo apice, il protagonista, come quello precedente, prenderà anche lui la via per allontanarsi da questo mondo.
In conclusione, ci sono molte analogie tra Survivor e Fight Club, quasi legate tra loro da un filo conduttore invisibile ma percettibile. E la maestria di Palahniuk risiede nel rinnovarle e rivendicarle, con una nuova storia inedita e senza ripetersi, senza banalizzare o scadere nel populismo.
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Orwell
Welsh
Bukowski
Capolavoro moderno
Pur essendo io un profano del giallo, conoscevo già a grandi linee la storia di questo romanzo, in quanto negli anni è stato omaggiato, scimmiottato e anche parodiato. Avevo anche visto uno dei primi adattamenti cinematografici a scuola, in cui rimasi semplicemente affascinato e folgorato dalla trama e la sua originalità di giallo deduttivo.
Recentemente ho avuto occasione di recuperare il romanzo, ed è stato proprio come lo ricordavo; pur non rammentando i personaggi e l'assassino ma solamente l'ambientazione e la trama, ho potuto riscoprire "l'enigma della camera chiusa", e, se permettete, è una ficata pazzesca.
Non sono mai stato un fan dei polizieschi o dei noir, ma il giallo classico ha sempre attirato la mia curiosità, e, con questo mio primo approccio al genere, ora ho intenzione di proseguire verso questo indirizzo letterario. Perché la maestria con cui Agatha Christie ha messo in scena i personaggi e la trama, è semplicemente fantastica; tutti sono sospettabili e allo stesso tempo non si ha un'idea precisa dell'assassino, e tuttavia, cadono tutti uno dopo l'altro come tessere del domino.
Ora, se a livello tecnico è magistrale visto e considerato come tutto è stato messo in scena, il contenuto inserito non è da meno; l'autrice pone al lettore una riflessione sul concetto di giustizia, che, per malafede o per fortuita coincidenza, non è stata amministrata da un tribunale o un ente giuridico. Difatti, i personaggi sono tutti accusati di omicidio o di complicità nel delitto, ma sono stati prosciolti dalle accuse; il concetto di giustizia viene quindi a meno, ma solo per essere sottoposto a una attenta analisi di un contesto di iniziativa personale e illegittima.
Penso inoltre, senza tante cerimonie, che il finale sia uno dei più poetici che abbia mai letto.
Consigliato caldamente.
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Psicanalisi
Intenso, spietato, folle, ma anche inquietante a un certo punto; sono questi gli ingredienti di questo dramma psicologico.
Ed è tutto scientificamente confezionato per il lettore voglioso di conoscere gli angoli più reconditi della psiche umana, specialmente se questa è deviata.
La follia viene mostrata gradualmente, nella stessa maniera in cui essa viene scoperta; è infatti un processo introspettivo quello che vede una mente sana che lentamente e insospettabilmente, si ammala.
E' un vero abisso nella depravazione, che, capitolo dopo capitolo, è sempre più inquietante e folle, ma non per questo meno analizzata e approfondita.
Difatti, il narratore è uno psichiatra che inevitabilmente si lascia coinvolgere, e redige un minuzioso racconto, in cui psicanalizza alcune vicende che sono recentemente capitate nel suo istituto di igiene mentale.
La narrazione è precisa e profonda, anche se talvolta l'autore sembra dimenticarsi della punteggiatura mangiandosi le virgole, lasciando che alcune frasi diventino troppo lunghe. Ma è comunque ben compensato da una caratterizzazione dei personaggi estremamente realistica; non è infatti un lavoro semplice quello di umanizzare dei personaggi che all'apparenza sembrano essere completamente estranei al lettore.
La storia è talmente analizzata bene che nonostante sia difficile rispecchiarsi nei personaggi, è facile invece comprendere (ma senza giustificare) le loro azioni.
E, secondo me, la morale è proprio questa: a chiunque può capitare di ammalarsi. Il fatto che oggi hai una mente sana, non è una garanzia per domani, perché esistono circostanze, eventi, calamità che potrebbero, senza che neanche tu te ne accorga, danneggiare la tua psiche.
Del resto, i folli non sanno di esserlo, giusto?
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Ossessione
La psicanalisi
L'arte di amare
Reminiscenza Orwelliana
A livello tecnico e narrativo, più che un romanzo, si tratta di una testimonianza commemorativa divisa in capitoli; l'opera in questione è scritta e ambientata nel 1938, e si fa forza di tre principali caratteristiche:
- La vena nostalgica: il protagonista, grazie a un fortuito evento, si concede la possibilità di far visita al suo paesino natale, ed è il perfetto pretesto narrativo per raccontarci del suo passato di infante e adolescente. Difatti non mancano l'evocazioni di ricordi legati a un'epoca (primi anni del 1900) così distante dal suo presente contemporaneo, che non potrà che perdersi nei suoi racconti di spensierata gioventù, in netto contrasto con la guerra imminente.
- La vena sprezzante: Essendo un testo di Orwell,e più precisamente proprio quello che anticipa i rinomati 1984 e La Fattoria Degli Animali, non potevano mancare allusioni e critiche al mondo moderno e al suo processo evolutivo e tecnologico. Tra le righe, è infatti possibile leggere e comprendere, che le sue opere future sarebbero state proprio quelle che avrebbero profetizzato regimi totalitari, e li avrebbero, con una certa maestria, ridicolizzati in segno di disprezzo.
- La vena amara: La conclusione della lettura lascia un'asprezza di fondo, tristemente comprensibile dai cambiamenti ambientali richiesti dalla civiltà moderna e delle tensioni sociali dell'eminente guerra che sarebbe avvenuta da lì a breve.
In conclusione, sì, è una lettura decisamente consigliata.
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Il Fu Mattia Pascal
Affascinante.
L'ultimo libro che mi ha colpito particolarmente è stato senza dubbio "Una Stanza Piena Di Gente". Nonostante sia scritto in stile giornalistico nel tentativo di rimanere fedele alla storia vera di Billy Milligan, è un romanzo biografico che di certo non annoia; l'introduzione e l'interazione delle ventriquattro personalità del protagonista sono state rese così realistiche e affascinanti che pare davvero di aver a che fare con ventiquattro persone distinte. Tuttavia, ritengo che ciò sia un'arma a doppio taglio, perchè rende affascinante un disturbo mentale. Presumo non sia per nulla piacevole dover sopportare il fardello di una personalità multipla, mentre la stampa ti etichetta come stupratore e la società ti punta il dito contro. Ma tale disturbo, dal momento che è stato romanzato molto bene, potrebbe rivelare una metafora della psiche dell'essere umano; tutti abbiamo diverse personalità, ci comportiamo in maniera diversa a seconda dell'ambiente e da ciò che esso incide sulla nostra mente. Ciò che realmente ci distingue da noi e dai malati di mente, è la coscienza. La coscienza di voler evadere dalle nostre prigioni mentali e non riuscirci.
Consiglio la lettura.
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Consigliato a tutti.
Un'allegoria satirica e antropomorfica, scritto in maniera semplice e diretta, in modo che possa essere alla portata di tutti, perché un libro di questo calibro dovrebbe sostituire le fiabe che leggono i bambini, così possono crescere con la consapevolezza della disinformazione e della schiavitù occulta esercitata da coloro che detengono il potere.
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NON CI SIAMO.
Immaginate l'intera saga di Harry Potter letta nel giro di sei mesi. Immaginate l'affiatamento, l'approccio con cui si è arrivati all'ultima pagina dei sette volumi. E infine, immaginate una pugnalata allo stomaco una volta iniziato a leggere il nuovo romanzo della stessa autrice che porta il nome de "Il Seggio Vacante".
Beh, ero consapevole del fatto che ovviamente la trama non c'entrasse assolutamente niente con Harry Potter, ma di certo non mi aspettavo un cambiamento così radicale nell'ambito della scrittura.
Se Harry Potter era scorrevole e coinvolgente nonostante la differenza di genere, Il Seggio Vacante è una continua scopiazzatura narrativa d Stephen King (che già non sopportavo) tra un via e vai di una ventina di personaggi di cui la scrittrice non da nemmeno il tempo di conoscerli e distinguerli da gli altri e una romanzata irritante che è facilmente scambiabile con un libro di storia.
Ma quale Pagford? A me sembra di essere a Castle Rock.
Non so quanto questa recensione vi possa tornare utile dal momento che il romanzo in questione non l'ho nemmeno finito di leggere.
Non me ne vogliate fan della Rowling, ma io sconsiglio la lettura.
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Buonanotte.
Ninna Nanna è un'altro capolavoro firmato da Chuck Palahniuk. A questo giro, Chuck sfiora il Fantasy narrando di streghe e incantesimi ma la formula distopica è sempre la stessa dei precedenti romanzi, il che non è per niente ripetitivo per chi è fan dell'autore come il sottoscritto. Ad ogni modo mi sento di citare la pagina n.53 tratta dal romanzo stesso per esprimere al meglio la mia opinione riguardo a questo capolavoro e lasciare a voi la valutazione se prenderlo in considerazione o no.
" Immaginate una peste che si prende attraverso le orecchie. Pietre e bastoni ti rompono le ossa, ma adesso anche una parola può uccidere. La nuova morte, questa peste, può diffondersi in mille modi. Una canzone. Un annuncio sentito di sfuggita. Un telegiornale. Un sermone. Un musicista di strada. Puoi beccarti la morte da una televendita. Da un professore. Da un file trovato su internet. Da un biglietto d'auguri. Da un biscotto della fortuna. Due milioni di persone guardano un programma televisivo e durante la notte muoiono per colpa di un jingle pubblicitario. Immaginate il panico. Immaginate un nuovo medioevo. Le prime epidemie furono importate dagli esploratori e dai mercanti europei che si erano spinti fino in Cina. Con i mass media le modalità di contagio aumentano a dismisura. Immaginate roghi di libri. E di nastri, di film, di file, di radio e di televisori. Un unico grande falò. Biblioteche e librerie che bruciano nella notte. La gente prenderebbe d'assalto i ripetitori radiotelevisivi. Taglierebbe a colpi d'ascia i cavi in fibra ottica. Immaginate la gente che recita preghiere e intona canti religiosi per seppellire qualsiasi suono che potrebbe rivelarsi mortale. Che si tappa le orecchie e rifugge ogni canzone o discorso che potrebbe contenere la morte in codice come un tubetto di aspirine avvelenate da uno squilibrato. Qualsiasi parola nuova. Qualsiasi cosa la gente non sia già in grado di capire diventerebbe sospetta, pericolosa. Da evitare. Una quarantena contro la comunicazione. "
Con questo monologo, Chuck Palahniuk si conferma nuovamente il migliore scrittore contemporaneo. E con questa Ninna Nanna, vi do la buonanotte.
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L'esordio di John Green.
L'esordio di John Green, è presentato dal suo romanzo di formazione divenuto un cult nel suo genere. Sto parlando ovviamente di "Cercando Alaska" (Looking For Alaska).
La trama narra le vicende di Miles Halter, un adolescente che ha lasciato casa sua in Florida per frequentare il terzo anno delle superiori in una scuola privata chiamata Culver Creek in Alabama.
Non voglio svelare altro sulla trama, perché è un romanzo tutto da scoprire. Posso dirvi però che nel suo genere, ovvero un romanzo di formazione, è un cult. Un capolavoro.
L'unica cosa che non mi è piaciuta, e non per colpa dell'autore ma dell'editore, è che già sulla copertina del libro dell'edizione che ho comprato ci sono indizi chiari su che piega prenderà la trama arrivati a un certo punto.
Quindi il consiglio che vi posso dare è questo: Se vi piace il genere e volete prendere in considerazione questo romanzo di formazione, evitate di fare ulteriori ricerche su questo libro al fine di non cadere accidentalmente in spoiler indesiderati. Perché è proprio grazie a questi spoiler che non sono riuscito a godere dell'effetto sorpresa, quando sicuramente l'avrei apprezzato moltissimo se fossi stato ignaro di ciò.
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Il Grande Fratello ti sta guardando.
Il famosissimo romanzo distopico di George Orwell, ovvero 1984, narra le vicende in un mondo diviso in tre immensi stati in continua guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia.
Non voglio soffermarmi molto sulla trama, ma più che altro sul contenuto che secondo me è molto importante comprenderne la sostanza.
In Oceania, la società è governata dal Grande Fratello. Nessuno lo ha mai visto, ma lui ha installato delle telecamere che spiano dentro le case dei cittadini. Di conseguenza, c'è un controllo costante degli atti che un'individuo può compiere.
Direi che questo non sia poi tanto diverso dai giorni nostri. I sistemi di controllo sono occulti, ma non significa che non ci siano. Essi sono celati dietro ai vari social network, alle schede dei cellulari, alle ricerche effettuate su Google. Essi sanno ciò che pensi e controllano i tuoi pensieri.
Aldilà dei sistemi di controllo presenti nel romanzo, vi è un'abnorme persuasione celata tramite un nuovo linguaggio chiamato "neolingua". Lo scopo della neolingua, non consiste nel ampliare il vocabolario ma di restringerlo in modo da eliminare qualsiasi formulazione di parole o pensieri contro i principi del Partito, poiché non ci sarebbe appunto alcuna maniera per descriverli.
Direi che questo sia il punto più importante nel romanzo di Orwell.
In sintesi, nonostante questo libro abbia sessantaquattro anni, è attualissimo. Lo consiglio a chiunque abbia voglia di prendere coscienza del mondo che lo circonda.
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I giochi della fame.
"Vincere significa fama e ricchezza. Perdere significa morte certa. Ma per vincere bisogna scegliere tra sopravvivenza e amore, egoismo e amicizia. Quanto sei disposto a perdere? Che gli Hunger Games abbiano inizio."
Con questa premessa ben inciso sul retro della copertina, l'autrice Suzanne Collins presenta il primo capitolo della trilogia Hunger Games, ovvero i cosiddetti "giochi della fame".
Il romanzo è ambientato in un futuro non identificato in una nazione nota come Panem nel bel mezzo del nord America post apocalittico. Come punizione per una precedente rivoluzione dei cittadini, ogni anno in questa nazione viene organizzato dal governo il reality show mortale chiamato Hunger Games composto tramite una selezione casuale da persone di età tra i dodici e i diciotto anni. L'obiettivo di questi giochi della fame è vincere, e solo uno può riuscirci uccidendo gli avversari, nutrendosi poi dei viveri in questa gigante arena dove viene svolto lo show.
Per quanto sia folle, per quanto sia alienante, per quanto sia surreale, sono d'accordo con Licia Troisi nel constatare che questa è "un'ambientazione cruda e terribilmente plausibile". Terribilmente plausibile. Già, terribilmente plausibile. In un futuro non tanto lontano penso che questa cosa potrebbe succedere, ma per ora occupiamoci del presente. Il governo di Panem, ha creato questo evento annuale per diffondere sfiducia e disgregazione in modo che gli abitanti non siano in grado di allearsi e ribellarsi ad ogni ingiustizia che viene posta a loro. Questo secondo me la dice lunga sui giorni nostri.
Questo romanzo con l'ottimo pretesto della trama affascinante e originale, ha creato un contenuto profondo che si cela dietro le righe. Questo romanzo incita a svegliarci, a non farci fottere il cervello da queste macchine che chiamano "televisioni" solo per controllare i nostri pensieri, le nostre emozioni, la nostra vita!
Per quanto questo libro venga spacciato come "una lettura per ragazzi", non me la sento di consigliarlo magari a un bambino di dieci anni perché temo rimanga impressionato e non capisca i meccanismi di queste tematiche che bisognerebbe parlarne più spesso. Ma per il resto è consigliatissimo.
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L'infinito siamo noi.
Il romanzo epistolare che è diventato un cult negli Stati Uniti vendendo oltre un milione di copie, Stephen Chobosky presenta "Ragazzo Da Parete".
Primi anni novanta, periferia di Pittsburgh. La trama è narrata da un adolescente noto sotto lo pseudonimo di "Charlie". In apparenza un ragazzo come tanti. E' terrorizzato dal fatto che a settembre frequenterà una nuova scuola per la prima superiore. Così, da un giorno di fine agosto ( precisamente il venticinque), decide di scrivere una serie di lettere dove racconta della sua vita, delle sue esperienze, dei suoi amici ed il primo amore, ad una persona anonima che non conosce personalmente senza mai rivelargli il mittente. Si confiderà con lui per tutto l'anno scolastico.
La narrazione è scorrevole ed è molto discreta nel raccontare i momenti "fragili", nel senso che ti lascia intuire quello che è successo senza metterlo per iscritto. Non ha alcun bisogno di sottintendere
i vari contesti particolari, come se non ci fossero parole (e non ci sono) per descrivere l'amarezza, la gioia, la tristezza o l'euforia. Ed è qua, che entra il bello. A volte lo stile narrativo, raccontati questi momenti con discrezione e noncuranza, chiude le lettere in modo brutale, andando poi a sottintendere quello che era effettivamente successo. Cioè, prima ti rende l'idea in modo "soft", e poi con l'ultima frase della lettera te la distrugge come una coltellata in pancia mentre non stai guardando, con quel puntino che chiude la conversazione e ti rimanda alla prossima lettera.
I personaggi sono fantastici. Li ho adorati. Rendono quel significato speciale sull'amicizia che ormai penso stia svanendo nel mondo. Sono davvero dei personaggi bellissimi, puliti e infiniti, e rendono il contenuto ancora più "infinito".
Di solito non do mai il massimo dei voti perché non credo nella perfezione. In questo ho caso ho dovuto fare uno strappo alla regola. L'ho dovuto fare perché raramente un libro mi ha coinvolto così tanto. Raramente un libro mi ha trasmesso quel senso di "infinito" che lo stesso Charlie cerca di interpretare e trasmetterlo al destinatario delle sue lettere. Questo romanzo ci ricorda di rimanere giovani e vivere la vita al meglio delle nostre possibilità, perché l'infinito siamo noi. E' l'ultimo libro che ho letto, e come direbbe Charlie, è il più bello.
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Niente di speciale.
Scritto dall'ex docente di storia europea presso l'università del Kentucky, David King presenta Il Lupo.
A me questo libro non è piaciuto granché e adesso spiego perché. Innanzitutto, l'editore non può spacciarlo per un thriller qualsiasi quando in realtà è una biografia che si basa sul dossier di Marcel Petiot. Sarà forse per un gusto personale, non saprei, ma le biografie le trovo noiose. Avrei preferito di gran lunga se il contenuto fosse stato romanzato, anziché farci una specie di biografia sul serial killer della Parigi occupata dai nazisti. Infatti, questo ha reso poi la scrittura difficile da seguire per quanto mi riguarda perché annoia, ti riempie la mente di dettagli inutili come con le date che a ogni capitolo vanno indietro nel passato e poi vanno avanti nel futuro. Cioè, io ho perso spesso il segno.
L'unica nota positiva che posso offrire a questo libro, è il mistero che c'è dietro a questo serial killer. Non si sa se lavori per la Gestapo o per la Resistenza, magari per entrambe o magari per nessuna delle due. Ma ripeto, secondo me sarebbe stato molto meglio se fosse stato un romanzo invece che una biografia di oltre cinquecento pagine.
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O lo si ama o lo si odia.
Edimburgo, fine anni ottanta. Una compagnia di tossicodipendenti.
Irvine Welsh presenta il suo fortunatissimo e primo romanzo, che da una bella ventata di aria fresca per quanto riguarda la narrazione e il contenuto. Stiamo parlando di Trainspotting. Ovvero, il passatempo nel osservare i treni alla stazione centrale di Leith.
Come ho detto prima, tutto gira intorno a questa compagnia di drogati e narra le loro vicende in prima e in qualche caso pure in terza persona. La caratterizzazione dei personaggi è ben fatta, ognuno per quanto sia uguale all'altro essendo dei tossici, ha la propria personalità. C'è Rents, che avrebbe buoni propositi per smettere con l'eroina, ma spesso è molto invidioso. C'è Sickboy, il (perdonatemi il termine) "Rocco Siffredi" del gruppo. Nonostante anche lui sia dipendente dall'eroina, in qualche modo riesce sempre a fare colpo sulle ragazze, forse grazie anche alla sua grande autostima alimentata dal suo amico immaginario noto come Sean Connery. C'è Begbie, quello duro e che non ha paura di niente. Quello che trova delle motivazioni assurde per giustificare la sua violenza. Ma nonostante tutto è l'unico che non fa uso di eroina. Infine c'è Spud, il tossico animalista, buono con tutti. Questi sono i principali personaggi.
Detto questo, L'autore nel raccontare queste vicende ha uno stile tutto suo. Non si ferma davanti a niente e nessuno. Se c'è qualcosa di troppo freddo o troppo crudo che è necessario narrare, lo fa senza troppi problemi, senza censurare e indebolire l'atrocità delle scene. E questo l'ho apprezzato molto. Le cose vanno raccontate così come sono, senza mezzi termini o cazzate varie. Comunque, ci tengo a precisare che questo non è un romanzo classico, ma più che altro è una serie di racconti. Non c'è proprio una trama lineare da seguire.
Per quanto riguarda il contenuto, lo si può trovare tra le righe. Magari a prima lettura può sembrare che l'autore abbia trattato argomenti delicati come le droghe, il disagio sociale e l'astinenza in modo superficiale ma non è così. Basta solo leggere tra le righe e guardare oltre il proprio buco del culo. Anche perché dopo la metà, (non ricordo precisamente quando) Rents fa dei pensieri che porta poi all'evoluzione vero e proprio del personaggio e di conseguenza del contenuto.
Questo romanzo o lo si ama o lo si odia, e se lo amerete lo divorerete in pochi giorni.
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Una perdita di tempo.
Nonostante questo romanzo preceda "Il Codice Da Vinci", ho avuto la sfortuna di leggerlo dopo quest'ultimo. Questo perché è percepibile capire quanto sia stato ripetitivo Dan Brown. Lui non ha fatto altro che riproporre la stessa trama spostandola in luogo diverso. Succedono più o meno le stesse cose ma in situazioni differenti. Quello che mi da più fastidio di questi romanzi, è che lo scrittore si basa su delle falsità per raccontare la storia degli Illuminati e gli antagonisti di turno. Questo da fastidio perché non fa altro che confondere le idee del lettore. I libri dovrebbero istruire, non offuscare le menti. Nonostante Dan Brown sappia scrivere benissimo, la lettura la sconsiglio.
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Bello ma pesante.
Un romanzo molto inquietante che rispecchia metaforicamente la merda che abbiamo nel cervello. Una realtà alienante che ci porterebbe a vendere persino la nostra anima per ottenere quello che vogliamo, che alla fine non è nient'altro che un'illusione. Questo è il primo libro che ho letto di Stephen King e credo che sarà l'ultimo. Credo che sarà l'ultimo non perché non mi sia piaciuto, anzi, l'ho apprezzato molto, soprattutto il contenuto che c'è dietro, ma perché ci mette davvero molto ad arrivare al punto, ad entrare nel vivo del romanzo. Penso che lo scrittore si sia perso troppo a descrivere i personaggi, i particolari di Castel Rock e di tutto quello che lo circonda. Questo è il motivo per cui è troppo lungo il libro. Non dipende dalle pagine, che in questo caso sono più di settecento, ma penso che dipenda dal fatto che i troppi particolare di cui si poteva volentieri fare a meno abbiano reso il romanzo molto pesante da leggere. Comunque per il resto, soprattutto i contenuti, è ottimo. Lo consiglio a chi come me, non aveva mai letto un libro di Stephen King.
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