Opinione scritta da SunshineAle

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Storia e biografie
 
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    08 Ottobre, 2014
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La verità di Natascha

Natascha è ancora una bambina il 2 marzo del 1998. Una bambina che si prepara per andare a lezione, fa colazione, prende il suo zainetto e parte da sola tra le strade di Vienna, per recarsi alla scuola elementare. Un battibecco con la madre la spinge ad allontanarsi da casa senza rivolgerle nemmeno un saluto, del resto “cosa può mai succedere?” pensa la bimba. Eppure qualcosa sta per succedere, nello stesso momento in cui lei prepara le sue cose per uscire di casa, un folle senza scrupoli sta architettando il suo rapimento, sta mettendo a punto gli ultimi ritocchi per rendere il più possibile isolata e silenziosa la cella in cui verrà segregata Natascha. Mentre la bimba percorre a piedi i pochi chilometri che la separano dalla scuola si sente inspiegabilmente triste e malinconica, sarà colpa del litigio che ha avuto con la madre la sera precedente? Con gli occhi lucidi e la testa bassa continua a camminare, finché si trova di fronte al mostro, l’uomo nero che tutti i bambini temono. Natascha ce l’ha davanti, ma qualcosa la spinge a continuare dritta, senza attraversare, la spinge direttamente a pochi centimetri dal suo rapitore.. e poi, è un attimo. La bambina viene caricata a forza su quel furgone bianco e condotta a casa di Wolfgang Priklopil, colui che la terrà poi isolata dal mondo e rinchiusa per otto lunghissimi anni.

Questo libro, più che una biografia, sembra un racconto dell’orrore alla Stephen King. Fa accapponare la pelle immaginare il rapimento di Natascha, mi fa rabbrividire pensare che anch’io, in quelle mattine ero solita andare a scuola da sola e avrei potuto essere vittima di un folle come Priklopil. Fa paura immaginare cosa si celi nella mente di alcune persone. Dopo aver letto questo libro ho cercato di documentarmi un po’ sul caso di Natascha leggendo anche il libro “Natascha - otto anni con l’orco” di Hall Allan e Leidig Michael. I libri presentano delle sostanziali differenze, il primo è scritto da Natascha, di suo pugno, mentre il secondo è stato scritto da due giornalisti britannici che hanno cercato di ricostruire il caso, nel modo più imparziale possibile. Non è tutto qui però, il libro dei giornalisti mette in luce dei misteri sul caso della ragazza, delle domande a cui nemmeno lei ha mai dato risposte, mentre in questo libro “3026 giorni”, scritto successivamente, la ragazza ha voluto raccontare la storia per com’è stata realmente vissuta da lei. Si è parlato di “Sindrome di Stoccolma”, sindrome che ti porta ad avere una visione positiva del tuo aguzzino, di affetto vero e proprio e si tende a giustificarne i suoi comportamenti. Natascha è stata anche attaccata dalla gente e dai media per come ha reagito alla prigionia, per come si è immedesimata in Priklopil, arrivando quasi a provare pena per lui e non provare dei sentimenti di odio nei suoi confronti. Il caso di Natascha presenta ancora dei punti oscuri, dei segreti, ma quella mattina, a soli dieci anni c’era lei tra quelle mura, c’era lei chiusa in un furgone che procedeva tranquillamente per le strade di Vienna, è stata Natascha a dover fare i conti per otto lunghi anni con l’umore instabile del suo aguzzino. Non c’era chi ora la accusa, non c’era nessun giornalista a documentare la sua prigionia. A fare i conti con se stessa e con quell’adulto folle, che invece di proteggerla l’ha rinchiusa, c’era soltanto lei. Immaginare una bambina spaventata chiusa in una stanza buia, in una cantina insonorizzata, dietro a delle pesanti porte di ferro, non mi fa pensare a quanto folle dev’essere una ragazza che piange sulla morte del suo rapitore. Mi fa pensare a cos’è capace la mente umana pur di sopravvivere, a quanto era forte la voglia di Natascha di VIVERE e abbandonare un giorno quell’orrore. Lei è fuggita, ce l’ha fatta, ha saputo esattamente quand’era ora di mettere fine alla sua prigionia, senza commettere errori che le sarebbero stati fatali.

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Natascha - otto anni con l'orco
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    21 Giugno, 2014
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La gente non ha voglia di impegnarsi

Will Traynor , giovane uomo innamorato della vita e degli sport estremi ed ex dirigente aziendale si trova a dover affrontare la più dura e triste delle avventure.. trovarsi inchiodato ad una sedia a rotelle. Will ha trentacinque anni quando viene coinvolto in un tragico incidente stradale e si trova, suo malgrado, ad essere vittima della tetraplegia. L’uomo non accetta la vita che gli è stata imposta, e sa bene come fare per porne fine.. Louisa Clark, invece, giovane donna chiacchierona e vivace ha poche certezze e poche ambizioni, lavora in un locale senza troppe pretese e quando si trova senza impiego non riesce a trovare qualcosa di altrettanto adatto a lei. Fidanzata con Patrick da sette anni sa, nel profondo del suo cuore, di volere qualcosa di più entusiasmante della vita di provincia insieme ad un maratoneta incredibilmente egoista. I due impareranno a conoscersi, a far incontrare i loro due universi ad una tappa comune, in cui Will, che ha conosciuto fama e successo non riesce ad adattarsi ed invece Lou, che potrebbe avere molto di più, si adatta senza troppi problemi a questa vita che non riesce a darle più di quanto è necessario per vivere senza pretese.

Arrivata in biblioteca mi sono buttata subito alla ricerca di un libro di Moyes. Dopo aver letto, ed essermi innamorata del libro “La ragazza che hai lasciato” volevo leggere assolutamente qualcos’altro di questa scrittrice, per valutare se il mio era stato solo un colpo di fortuna, o se effettivamente poteva entrare nella classifica dei miei autori preferiti. Bene, questo libro non ha del tutto soddisfatto le mie aspettative. Mi ha presa dalle prime pagine, questo è innegabile.. la copertina mi era piaciuta subito, perché era molto simile a quella del libro che avevo già letto, e credevo in cuor mio che questo potesse essere di buon auspicio. Il libro è scritto bene. Errori inesistenti e discorsi fluidi, scorrevole e mai noioso. Però è triste..molto, troppo triste! Non è triste da far scendere le lacrime per il racconto di qualche avvenimento particolarmente devastante. È triste la trama in se.. il carattere del personaggio.. non c’è una scena che mi abbia fatta per lo meno sorridere. Mi ha lasciato l’amaro in bocca e mi ha fatta riflettere. È un libro che io, personalmente, se avessi saputo a cos’andavo incontro non avrei preso in considerazione.. è il genere di storia alla Nicholas Sparks, che da quando sono diventata mamma trovo troppo “smielata” e tragica per miei gusti personali. A sedici anni, quando mi trovai per la prima volta di fronte a “I passi dell’amore” di Sparks, me ne innamorai follemente. Trovavo questo genere di storie d’amore una prospettiva allettante per il futuro..mi trovavo a pensare: “Magari potessi vivere io una storia d’amore del genere!”, non rendendomi conto che la storia d’amore in questione era il finale indotto da una serie di pesanti tragedie, che farebbero rabbrividire chiunque. Ora, da donna adulta e particolarmente scettica, posso dire che a me, le storie così non fanno più sognare. Una cosa che mi ha lasciata interdetta è stata anche la faccenda “economica” della storia.. mi ha un po’ rattristata l’idea che solo un tetraplegico ricco come lui, abbia potuto permettersi un viaggio, delle avventure “su misura” ed è stata anche questa parte a non farmelo andare giù.. il rendermi conto che effettivamente queste possibilità non sia aperta a tutti, e ci sia una sostanziale differenza economica che condiziona una persona, anche se disabile. Ho sentito numerosi pareri positivi riguardanti questo romanzo, mi sono sentita anche un po’ insensibile davanti alle facce stupite delle mie amiche quando ho detto che non mi è piaciuto.. ma il mondo è bello perché è vario. O no? Consiglio di leggerlo a chi si lamenta delle piccole cose, a chi non capisce che solo volendolo, solo impegnandosi, potrebbe avere il mondo in pugno.. e invece se ne sta rinchiuso nel suo guscio invisibile, lamentandosi di ciò che potrebbe fare, non capendo che in realtà potrebbe avere qualsiasi cosa, con un po’ più di impegno. Forse è stato anche questo a non farmelo andare giù.. forse mi ha sbattuto un po’ troppo in faccia la verità. Ci lamentiamo di cose che potremmo avere a portata di mano ogni giorno se solo lo volessimo davvero.. "la gente non ha voglia di impegnarsi" parola di William Traynor

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    13 Giugno, 2014
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la DONNA che Edouard ha lasciato

Ci troviamo nella Francia del 1910 quando Sophie, innamorata del pittore Edouard Lefèvre, posa per lui facendosi ritrarre spensierata e sicura, in un tempo che non ha ancora conosciuto paura e devastazione. È rilassata, in dipinto lascia trasparire un’ audacia che Sophie, anche negli anni più bui non ha mai perso. Quel quadrò è l’unica cosa che tiene aggrappata la donna agli anni in cui era ancora felice, prima che suo marito si arruolasse e dovesse partire per il fronte, durante la prima guerra mondiale. Lo guarda ora, e si ricorda la donna che era e la determinazione che emanava. Tra il bancone del locale “Coq Rouge” e le feroci chiacchiere dei compaesani, incattiviti dalla guerra, la donna cerca di farsi forza, di andare avanti con la speranza di poter incontrare il suo amato Edouard e poter ricongiungere la sua famiglia. Il suo ristorante diventa la meta più ambita dai soldati Tedeschi, cosicché sia Sophie che sua sorella Helene si troveranno a dover cucinare per loro. Il quadro di Edouard suscita subito approvazione da parte del comandante delle truppe nemiche, finchè Sophie, disperata, si troverà a dover chiedere aiuto proprio al più pericoloso degli uomini, dopo aver saputo che suo marito è in pericolo di vita.
Nella Londra del 2010, Liv è una donna provata dalla prematura morte del marito, mentre Paul lavora per una società che si occupa del ritrovamento di opere d’arte trafugate durante la guerra. I due, all’inizio della loro relazione si accorgono di essere uniti da molto più di un passeggero sentimento, sono infatti uniti da qualcosa di più grande… e prezioso. Un inestimabile quadro di valore, in cui appare una donna caparbia e determinata. Ancora in grado, cent’anni dopo, di cambiare le vite altrui con estrema facilità.

“La ragazza che hai lasciato”, come descrivere questo romanzo?Una storia d’amore?
Si, e molto di più.. una storia di passione, un amore sofferto, e profondamente vero, un amore che ha conosciuto il distacco forzato e costante di due cuori profondamente uniti. Mi è piaciuto molto, inizialmente ero un po’ scettica. Io, come ho scritto nella recensione del libro “Finchè le stelle saranno in cielo” mi trovo sempre in difficoltà a leggere dei libri che trattino l’olocausto, la guerra e che parlino di fame e paura. Non riesco a leggere di questi argomenti senza farmi venire le lacrime agli occhi e un nodo alla gola. Questo libro però, è riuscito a prendermi, a farmi affezionare ai personaggi (senza nessuna esclusione) e a non lasciarmi l’amaro in bocca. Questo libro riesce ad emozionare in pochissime parole, basta un accenno alla storia d’amore tra Sophie ed Edouard e alla loro distanza per portare il lettore ad immedesimarsi nella protagonista, lasciando scendere liberamente le lacrime. Chi non vorrebbe vivere una storia d’amore così? Con un pittore che vive alla giornata e ti fa sentire la più preziosa tra le opere d’arte? La più pregiata, la più inestimabile.. trovarsi a bere del vino tra le vie Parigine, circondati dai più grandi pittori, vivendo semplicemente così, senza obblighi? Questa vita era perfetta per Sophie, finchè la guerra non si è portata lontano il suo unico amore. Come reagiremmo noi? Cosa sappiamo in realtà della vera tristezza, quando viviamo con i nostri cari, protetti e al sicuro? Fa riflettere, però mantenendo la leggerezza tipica di un libro da sfogliare sotto all’ombrellone. Se l’ho apprezzato? Questo è certo. Ho letto questo libro in quattro giorni, dopo settimane in cui, causa lavoro, ho potuto ritagliare ben poco tempo per me stessa. Cercavo un libro leggero, e mi sono buttata su questo accantonando lo scetticismo iniziale. E ha funzionato! Sono rimasta esterrefatta dalla Francia dei primi anni del 1.900, mi si è aperto un mondo che non avevo mai preso particolarmente in considerazione. Tendiamo a collocare i campi di sterminio e le deportazioni di massa solo dal 1941 in poi, non sapendo che però, accadeva anche in Francia, durante l’occupazione tedesca della prima guerra mondiale. Giusto un paio di cose non mi hanno lasciata del tutto soddisfatta; Ho sperato fino all’ultimo capitolo di sapere come e quando è stata ritratta Sophie, a cosa era dovuto il suo sguardo risoluto mentre veniva ritratta.. ma questo, rimarrà un mistero. Ho anche trovato un po’ noiosa la parte legata alla contesa legale dell’opera alla fine del romanzo. Avrei apprezzato di più se fosse stato effettuato qualche “taglio”, la storia in sé filava bene, anche l’idea dalla sfida tra le parti mi sembra azzeccata, ma troppo lunga e ripetitiva. Per concludere posso dire di sentirmi arricchita da questo romanzo, “La ragazza che hai lasciato” ha lasciato in me una giusta dose d’amore e di speranza, immaginando Sophie ed Edouard a bere vino tra le vie francesi, abbracciati e felici.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    21 Mag, 2014
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Personaggi dai caratteri deboli

Giulia, donna profondamente toccata dal duro passato, si dedica anima e cuore alla sua famiglia. Sposata con un uomo che non ama e madre di due figli che adora, cerca di prendere in mano la sua vita, liberandola dalle amicizie sbagliate e ripulendola dal rancore che porta nel cuore. Prima il tradimento di Valeria, la sua migliore amica, e poi le continue prese in giro del marito la spingeranno a cercare altrove la forza di proseguire la sua vita. Mauro, datore di lavoro di Giulia e Casanova incallito, le farà riscoprire la sua femminilità, spingendola a valorizzarsi e apprezzarsi come donna. Passare dalle braccia del marito traditore, alle braccia possenti e sensuali del suo nuovo capo sarà una cosa che tormenterà la protagonista, tanto da rischiare più volte di essere sopraffatta da avvenimenti più grandi, e pericolosi di lei.

Inizio dicendo che questo libro sembra, inizialmente, un po’ intricato. Ci sono delle parti non chiare, per quanto riguarda l’amicizia con Valeria e i motivi della loro lite, non capivo infatti se si trattasse di un amicizia o di un amore, e nemmeno di quale grave torto fosse macchiata l’amica. Ci troviamo,in realtà, di fronte ad una storia guarnita di tradimenti da parte del marito di Giulia, che lei, donna particolarmente segnata dal duro passato non riesce a perdonare definitivamente. Cosa che invece riesce a fare con l’amica, che la aiuta a trovare un importante impiego, cercando quasi di spingerla tra le braccia del suo nuovo datore di lavoro.
Il personaggio di Giulia mi ha stupita, a tratti perché mi da modo di rispecchiarmi in lei, sembra quasi che mi somigli in certi versi, ma in altri invece mi infastidisce. Non mi da l’idea di essere una donna forte come viene sottolineato nel titolo del romanzo. Io reputo “forte” una donna quando è in grado di prendere davvero in mano la sua vita, quando non perdona un tradimento (anche se in amicizia) con così tanta facilità, lasciandosi condizionare da qualche parola messa al punto giusto. A me non sembra forte, mi sembra infelice e bisognosa di affetto. La sua forza l’ho notata alla fine del libro, ma avrei apprezzato di più se fosse stata accentuata anche nelle prime pagine. Dice di non voler tradire il marito, di essere una donna pura e di non voler scendere al livello in cui è sceso lui, quando in realtà le bastano due moine e qualche complimento da parte del suo capo per innamorarsi perdutamente. Non mi è piaciuto il personaggio di Mauro (il capo di Giulia), uomo profondamente insicuro e bisognoso di costanti conferme da parte delle donne e che gioca con i sentimenti altrui solo per ingrassare il suo ego. Ma il fatto che non mi siano piaciuti i personaggi non gioca un ruolo fondamentale con la mia valutazione generale . Ovviamente un libro non avrebbe una storia chiamata tale se non fossero presenti personaggi positivi e negativi. I caratteri dei personaggi hanno appunto giocato sulle loro debolezze per far si che la storia potesse avvenire, e quindi li critico, ma ovviamente li accetto, e accetto l’idea della scrittrice nel proporli in tal maniera. L’ho trovata una storia guarnita di tradimenti, criticati ma costantemente ripetuti da chiunque. Si parla troppe e troppe volte di “scelte”, ho letto innumerevoli volte la frase “Io ho scelto te”, come se si trattasse di un diritto a senso unico. Come se una persona possa sentirsi padrona di scegliere per la vita di un’altra, uccidendola nel profondo e poi rappezzandone le ferite a suo piacimento. Se mi trovassi davanti al mio uomo che dopo un tradimento mi dice “ma ora ho capito, e ho scelto te”, penso che prenderei in seria considerazione l’idea di fargli vedere (e sentire) la vera FORZA DI UNA DONNA.
Avrei voluto che il libro mi avesse incuriosita di più, avrei apprezzato dei capitoli in cui si narra la storia vista con gli occhi del marito e dell’amica, magari avrebbe aiutato ad entrate di più nell’ottica della vicenda e a tenere il lettore più incollato alle pagine. Non mi è piaciuta l’impostazione grafica del libro, scritto troppo in piccolo e difficile da seguire. Non so se sia un mio limite, ma un libro impostato diversamente risulta di più facile scorrimento, ed effettivamente con questo ho fatto un po’ di fatica. Ho trovato anche un errore grammaticale, presente a pagina 66, ma essendo un errore grammaticalmente piuttosto grave credo si tratti di un errore di svista, e non un errore voluto, anche perché il resto del libro risulta incolume da errori sia grammaticali che lessicali.
Mi è piaciuta la citazione sull’amore di Sofocle, presente nella pagina prima del Prologo, l’ho trovata particolarmente concordante con la storia letta e mi è piaciuta anche la dedica dello scrittore Luca Gubellini. Ho apprezzato particolarmente la firma dell’autrice alla prima pagina della mia copia del romanzo. Mi è sembrato un gesto molto gentile e carino ed è stata la prima copia autografata che ho ricevuto. In Sintesi, avrei apprezzato di più quest’opera se mi avesse spinta ad interessarmi alla vicenda dandomi qualche indizio sul dopo, su quello che doveva succedere..ed invece non appena chiudevo il libro rimanevo in stand-by, in sospeso, senza essere incuriosita dalle pagine avvenire.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    21 Aprile, 2014
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Un libro dalla trama occultata

La vita per Celeste sembra procedere tranquillamente, Hacker solitaria, tra un click e l’altro si trova davanti ad un’opportunità che le darà modo di fare soldi a palate. Serve solo qualcuno da incastrare; qualcuno con pochi scrupoli, che si prenda l’impegno di sconvolgere la vita di Bianca del Prado, attrice capitolata, che cerca un modo per cavalcare nuovamente la cresta dell’onda. La risposta alle sue domande sembra essere proprio Vitaliano, aspirante modello e deejay, con un quoziente intellettivo molto discutibile. Ma può andare tutto liscio come hanno programmato? Cos’hanno in comune, in realtà, Celeste e Tano Cannuccia, mafioso coinvolto in loschi traffici di droga e prostituzione? Quale sfortunata serie di eventi darà modo ai due di incrociare le loro vite? Una storia ai limiti del paradosso, alimentata da sfortunate circostanze che daranno il via ad una staffetta di imprevisti. Molte vite verranno sconvolte, per la fame di successo di Celeste e Vitaliano, e sono in molti a giurar loro vendetta.

Questo libro inizialmente non ha attirato molto la mia attenzione. La trama descritta nella quarta di copertina non mi ha invogliata particolarmente ad intraprendere questa lettura, ma avevo come l’impressione che questo libro celasse qualcosa di più. La cosa che mi ha lasciata un po’ interdetta è stata che il libro, in realtà, sia meglio di come viene descritto nella trama. Ci sono dei particolari che personalmente avrei sviluppato di più, non correndo comunque il rischio di fare spoiler. Il libro contiene una parte dedicata all’autolesionismo e una parte dedicata alla prostituzione, argomenti che avrei voluto vedere più “spiegati” anche nella quarta di copertina, proprio perché invogliano il lettore a saperne di più.. secondo me il problema è stato principalmente questo, mancano le parole chiave! La stessa cosa avviene nella copertina, in cui spiccano parole quasi futili con il contesto del libro, e che non spingono il lettore ad incuriosirsi. Secondo me inserire alcune parole più “sfacciate” non avrebbero dato un idea forviante della storia in se, ma anzi, avrebbero incuriosito il lettore, trovandosi poi di fronte ad argomenti che giocano,in realtà, una parte importante all’interno della storia. La lettura è scorrevole, semplice ed impeccabile allo stesso tempo. Le descrizioni sono ben articolate e danno al lettore l’impressione di trovarsi all’interno della storia, prima nella camera di Celeste e poi al ristorante in compagnia di Tano Cannuccia, mafioso senza scrupoli. Il personaggio di Celeste inizialmente mi è piaciuto molto, ma poi la mia simpatia per lei ha lasciato spazio al fastidio, per come prende in giro Vitaliano, ragazzo ignorante che viene in qualche modo “manipolato”. Ho provato pena per lui, e ad essere sincera il finale mi ha lasciato l’amaro in bocca. Mi è piaciuto com’è stata “strutturata” l’ultima parte (tranquilli, nessuno spoiler!) , ma personalmente, avrei preferito un finale diverso. Per concludere, ci sono molti ma e molti se.. mi è piaciuto, ma non mi ha soddisfatta pienamente! La storia c’era, l’idea pure, ma andava forse articolata meglio, dando più spazio ad argomenti che svolgono purtroppo una parte troppo marginale all’interno della storia. Il libro “nasconde” anche una parte leggermente thriller, ma appunto, la nasconde! Non viene accentuata, e questo è un peccato.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    03 Aprile, 2014
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la doppia vita, una "mezza" delusione

Peter e Laura sembrerebbero una coppia felice, genitori di una magnifica bambina e prossimi ad un futuro sereno e roseo, e Laura, fino a quel maledetto giorno di Ottobre ne era convinta. Ogni anno Peter parte con il suo migliore amico Christopher per una rilassante gita in barca, lasciando a Francoforte moglie e figlia. Questa tranquilla escursione però non convince molto Laura, che presa dalla disperazione per le mancate telefonate del marito, inizia ad indagare sulla sua vita e preoccupata decide di partire per la Francia svolgendo da vicino le sue ricerche. I presentimenti della giovane, infatti, sono più che giustificati. Peter viene subito trovato in un bosco della Provenza, senza vita. Il suo affascinante compagno portava sulle spalle numerosi segreti; un notevole fallimento economico e un’amante francese sono le prime scoperte a cui Laura si troverà a far fronte, con coraggio e determinazione. Vuole scoprire la verità, per se stessa e per sua figlia Sophie, e questo finirà per intrappolarla in un pericoloso ed intricato enigma, condito di inspiegabili omicidi e rapimenti.

Ci tengo ad iniziare la mia recensione decantando, ancora una volta, le fantastiche doti letterarie di Charlotte Link. Il libro parte già divinamente dal prologo, fatto che dimostra la straordinaria bravura della scrittrice. È capace di tenerti letteralmente incollato alle pagine e le descrizioni sono talmente dettagliate da riuscire a crearti nella mente una sorta di film. Questo è proprio uno dei pregi che le attribuisco di più, riesce a descrivere paesaggi e personaggi chiaramente, senza risultare noiosa o prolissa, ed il libro (grammaticalmente parlando) è scritto divinamente. Ciò che mi ha convinta poco è stata la storia in sé, all’inizio ottima e in grado di suscitare curiosità, ma alla lunga noiosa e prevedibile. Quello che mi ha lasciata perplessa è stata la scelta delle varie personalità attribuite alle figure femminili della vicenda. Le ho trovate succubi dei loro mariti, e non ne ha risparmiata una. Partendo dalla protagonista, vittima delle decisioni del marito e costretta a passare a casa le sue giornate abbandonando il lavoro, fino ad arrivare a Pauline, giovane sposa vittima di violenza verbali e psicologiche. Da questo punto di vista l’ho trovato un libro abbastanza impegnativo, soprattutto per chi, come me, si trova ad immedesimarsi molto nei personaggi. Quello che mi ha lasciata più perplessa e che in realtà non ci sia una sorta di “crescita” in queste donne, ma anzi, risultano vittime dalla prima all’ultima pagina e sembrano incapaci di prendere in mano la loro vita da sole, senza fare per forza affidamento sul “capo famiglia”. Come ho detto prima il libro scorre bene per tutta la prima metà, poi risulta purtroppo monotono. Mi piace l’intreccio che si va a creare tra i personaggi, alcuni del tutto improbabili e impensabili per il lettore, ma la scoperta dell’assassino (almeno per me) non è stata una sorpresa. In definitiva il libro è scritto bene, la Link scrive indubbiamente in maniera divina, però non è uno dei suoi migliori romanzi. Ho visto di meglio da lei, e ci sono alcune delle sue storie (cito ovviamente “la casa delle sorelle”) che mi sono rimaste nel cuore. Mi piacerebbe ritrovare “quella” Charlotte Link. Non mi fermerò certo a questo libro, voglio riuscire a trovare un suo romanzo che possa competere con quello che ho tanto amato, e sono sicura di non sprecare ne energie ne tempo leggendo altri dei suoi libri. Per me "la doppia vita" è stato una "mezza delusione" (scusate il gioco di parole), ma non me la sento comunque di sconsigliarlo, dato che è stato per me una buona lettura, scorrevole e piacevole. Lo ritengo un degno compagno di qualche tranquilla serata, in relax, ma non all'altezza della scrittrice.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    02 Aprile, 2014
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Un libro "essenziale"

Aveva dieci giorni Novecento, quando fu trovato da Danny Boodmann rannicchiato all’interno di una cassetta di limoni. Erano nel Virginian, un piroscafo, che solcava i mari e si portava addosso speranza e malinconia. Tra l’Europa e l’America aiutava miliardari ed emigranti ad iniziare una nuova vita. Dall’oceano alla terra le voci vagarono, come le note del pianoforte di Novecento. Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, ecco qual’era il nome che si udiva per le strade e per i mari. Lui, un pianista che non aveva mai abbandonato la sua nave ed il suo strumento. Un pianista che faceva scorrere le sue dita solo tra i tasti della scala musicale, e non ha mai sceso la scala che l’avrebbe portato alla vita reale. Novecento, il miglior musicista mai esistito.

“Novecento è un poeta, Novecento è la spuma dell’oceano che si infrange sul Virginian, Novecento è un mondo, un universo di note che si perdono nel mare, tra le onde. Il Virginian è la culla di un bambino, che dondola ritmicamente e racchiude il tesoro più sacro, il vagito di un neonato, che come Novecento sa creare altre note, al di fuori della scala musicale, semplici, ma allo stesso tempo le più complesse ed enigmatiche del mondo. Un oceano di emozioni” Credo di essere riuscita ad esprimere, in poche parole, il mio punto di vista relativo a questo libro. Novecento nasce come un monologo teatrale, ed infatti sono presenti molti punti che descrivono la scenografia, l’abbigliamento e la postura degli attori. Questo non lo ritengo assolutamente uno svantaggio, anzi, mi ha portata a viaggiare con la fantasia, trovandomi sia spettatrice di una rappresentazione teatrale che passeggera di prima e di terza classe nel Virginian. A mio parere, la frase che descrive meglio il libro è questa: “Il mondo, magari, non l’aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima. Il questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente” . Mi ha emozionata immaginare come lui guarda le persone, come sia riuscito a creare un suo mondo immaginario solo tramite la gente, come per lui sia una scelta vivere su quella nave, come se tutto il suo universo fosse lì, come si sentisse sicuro solo tra le anime presenti nel piroscafo, e non in un mondo popolato da milioni di persone indifferenti. Mi ha stupita la personalità del protagonista. Se immagini una persona nata e cresciuta in una nave, senza mai aver vissuto la vita reale, lo immagini diverso, quasi come un bambino, e invece Novecento non è questo, è maturo, in tutto e per tutto, lo si capisce da come parla, da ciò che dice, e questo ti spinge ad amarlo ancora di più, a ritenerlo una persona adulta che saputo mantenere la purezza dell’infanzia. Questo monologo è la prova tangibile che un BUON LIBRO di settantatre pagine non è “sintetico” ma “essenziale” e quando è scritto bene come questo non serve una parola di più per entrare e farsi spazio tra la memoria e i sentimenti del lettore.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    23 Marzo, 2014
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Elisabetta cercava l'amore, quello vero.

“I soldi non fanno la felicità” ed Elisabetta ne sa qualcosa. Figlia di un grande imprenditore di Taormina e di una donna capace di sentirsi sicura solo indossando abiti firmati, la protagonista si trova ad affrontare da sola gioie e dolori della vita aristocratica. Lei, giovane ed anticonformista, studentessa di psicologia infantile si divide tra una serata con gli amici e due ragazzi troppo diversi tra loro, ma ancor più da lei. Messaggini a tarda notte, canzoni e problemi troppo seri per una ragazza della sua età, portano Elisabetta in una dimensione parallela. Gli altarini si scoprono, la sua amica del cuore è in realtà malata di anoressia, e Gioia, che di malato non ha nulla viene considerata però tale data la sua omosessualità. Storie di giovani, che però di puro e candido non hanno ormai nulla. Un mistero si cela tra le mura di casa Primo e casa Cundari, la mafia c’entra qualcosa con la malattia di Michelle? Ci vuole un passo indietro, un passo per poter guardare da lontano la sua famiglia, per poter esternarsi da quel nido accogliente che in realtà, cela qualcosa di profondamente inquietante.

Questo è il primo libro di Nicole Pizzato che leggo, è un romanzo a “tema sociale” che, a mio parere, riesce ad avvicinare anche i più giovani ad un argomento impegnativo come può essere la mafia. È riportato tutto in modo semplice, niente giri di parole, solo la chiarezza e schiettezza necessarie a spiegare al meglio un argomento delicato come questo. La storia tra la protagonista e Raul, giovane Brasiliano dal bell’aspetto, mi ha tenuta incollata alle pagine, suscitandomi curiosità e una gran voglia di scoprire l’evolversi della loro relazione. Mi ha infastidita il personaggio della madre di Elisabetta, e leggendo mi sono trovata più e più volte a pensare a quanto in realtà non siano scontati certi valori che ci insegnano i nostri genitori. Valori fondamentali, come l’umiltà, hanno tristemente risparmiato alcuni soggetti, ed è davvero avvilente leggere come una donna si possa sentire completa solo indossando un abito “Gucci” e sentendosi così qualcuno solo indossando il nome di un altro. Quanta insicurezza può esistere in una persona che non è capace di guarnire la sua vita con i nomi dei suoi cari, ma solo con quelli di stilisti famosi? Ad alcuni la lunga lista di grandi marche potrebbe infastidire, specialmente all’inizio quando non si conosce bene la personalità della madre, e quindi può dare l’idea di essere un libro un po’ frivolo. La storia racconta di alcuni “incontri clandestini” con Raul, e non mancano gli accenni sessuali, ma intendiamoci, nulla di volgare o esageratamente sfrontato. Chi avrà letto alcune delle mie recensioni precedenti saprà che io sono un po’ “bacchettona” da quel punto di vista e quanto un libro sfocia nel volgare mi infastidisce, ma in questo le parti “d’amore” sono descritte in maniera così dolce da far volare l’immaginazione e lasciare il lettore ad affezionarsi ancora di più ai due protagonisti. I dialoghi sono scritti in maniera semplice, a volte con qualche accenno dialettale e con qualche parola colorita, ma non ci ho trovato nulla di male, solamente ragazzi di vent’anni che usano qualche “minchia” di troppo per dare enfasi alle loro conversazioni … e quale ventenne non lo fa? Anche in questo ho trovato veritiero il racconto di Nicole, descrive i giovani alla perfezione, e leggendo mi sono ritrovata ad immaginare i loro gesti e la sfrontatezza che solo un ventenne può mostrare. Mi sono piaciuti gli accenni alle canzoni dei “Negramaro”, una delle quali porta proprio il nome del libro, e alcuni scambi di sms tra Elisabetta e Raul mi hanno fatta sorridere, insieme a lei. Una cosa negativa che ho trovato (anzi, l’unica) sono alcuni errori di grammatica, non parlo dei discorsi diretti, espressi in un linguaggio dialettale, ma proprio qualche errore qua e la, forse solamente errori di battitura, ne ho notati un paio, ma nulla che comprometta la lettura del libro, che sentirei di consigliare ad un pubblico giovane, che cerca una lettura semplice e rilassante ma allo stesso tempo di spessore. Termino la mia recensione scrivendo una frase che ho trovato all’interno del libro e che mi ha colpita:

“Elisabetta cercava l’amore quello vero, puro. Quel sentimento che ti fa sentire la febbre e i brividi alla pancia. L’amore quello citato nelle poesie dei poeti romantici. L’amore che non guarda in faccia niente e nessuno, nel quale non conta l’automobile che ha l’altra persona perché la seguiresti in ogni parte del mondo, anche a piedi nudi”

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    05 Marzo, 2014
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Se solo fosse.. meno noioso!

Arthur, giovane architetto, si è da poco trasferito a San Francisco in un nuovo appartamento. Carico di problemi ed estenuanti pensieri si concede un po’ di relax quando si accorge di non essere solo. Una donna, una bella donna, lo guarda e gli racconta una storia ai limiti del paradosso. Lei è Lauren, il fantasma di una dottoressa di trent’anni che giace in coma in un letto d’ospedale. Questo non impedisce che nasca tra di loro una bellissima storia d’amore e passione. D’altro canto i medici, convinti che non ci sia più nulla da fare convincono la madre di Lauren a staccare il respiratore e a lasciar andare la figlia. Inizia così una corsa contro il tempo mirata a salvare il grande amore di Arthur, ormai condannato a morte.

È con mio grande dispiacere che mi trovo a dover scrivere una recensione particolarmente negativa su questo libro. La prima parola che mi viene in mente per descriverlo è: NOIOSO. Terribilmente noioso. Dico già da ora che non l’ho finito, lo ammetto. Solitamente mi sforzo di finire i libri, anche se non sono di mio gradimento, ma con questa storia non ce l’ho proprio fatta. Il pensiero di mettermi a leggerlo mi faceva,inevitabilmente, trasformare le labbra in una smorfia. Avete presente quando, al liceo, vi obbligavano a leggere i libri per casa? Libri che nella vita di tutti i giorni non avreste mai considerato si trovavano ad essere di colpo vostri compagni per le vacanze..bene, per me è stato così, il pensiero che mi è affiorato alla mente è questo, e siccome il liceo e i suoi compiti per casa me li sono lasciati alle spalle da un pezzo, ho deciso di abbandonarlo. Marc Levy mi è piaciuto in moltissimi dei suoi libri, a cominciare da “se potessi tornare indietro” , libro carico di sentimenti, tristezza e speranza allo stesso tempo e rimango allibita pensando che questi due romanzi siano stati scritti, in realtà, dalla stessa persona. Molte parti, che sarebbero state particolarmente salienti, il succo del libro insomma, come il primo incontro tra Arthur e Lauren sono stati sorvolati e poco ampliati, dialoghi quasi inesistenti e descritti in una facciata. Troppo sbrigativo e conciso per le parti importati e invece prolisso in parti apparentemente inutili. Mi da l’impressione che in realtà Levy abbia scritto questo libro quasi per “fare numero”, anche se non aveva in realtà nulla da raccontare. In conclusione, per soddisfare la mia curiosità e per vedere come andava a finire mi sono guardata il film, che ho trovato in tutto e per tutto migliore del libro. Non mi era mai successo, credo sia il primo libro che sostituisco volentieri con la pellicola cinematografica e, per me che odio stare davanti alla televisione è una cosa stranissima. Il film è completamente diverso, cambiano persino i nomi dei personaggi, un’altra storia praticamente.. che però mi ha presa molto più del libro.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    19 Febbraio, 2014
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c'è un po' di Bridget in tutte noi.

E’ proprio vero amici, Bridget Jones è tornata. Siamo nel 2013 e la nostra single preferita è cresciuta, anzi, è inevitabilmente invecchiata. si trova ad affrontare da sola la vita di madre e tra una precaria carriera da tirare avanti, animaletti di peluche e il suo Toy Boy Roxster non è cambiato poi molto, tranne il numero di candeline sulla torta. Le insicurezze che la attanagliano sono sempre all’agguato. Dopo due mesi senza ritocco alla ricrescita e cinque settimane senza ceretta alle gambe Bridget in una relazione seria non ci spera più. Dopo la morte di Mark riuscirà a ricostruire una vita fatta di emozioni vere? Troverà un uomo di cui fidarsi e a cui poter presentare i suoi figli senza la paura che la abbandoni su due piedi? Ecco il grande ritorno della donna più comune e autentica in un libro divertente e allo stesso tempo toccante.

*NON PER DEBOLI DI STOMACO*
Prima di acquistare questo libro sono andata a cercare qualche recensione in giro per il web e, sorpresa delle sorprese, mi sono trovata di fronte a moltissime recensioni negative. Credevo che questo libro dall’esilarante protagonista sarebbe stato apprezzato, dato il successo dei precedenti romanzi e film. Le recensioni lette (parlo di IBS per intenderci) lo etichettano come un libro “volgare”, “stupido” e addirittura “illeggibile”. A me, ad essere sincera, è sembrato tutt’altro. Forse la delusione collettiva è data dal fatto che Bridget non è più una donna accessibile a tutte. E’ una donna sola, vedova e con due bambini che le occupano le giornate. Le parti definite “volgari” sono, presumo, quelle in cui si parla di vomito, dissenteria, peti e vari effetti corporei. Qualcuno si sarà scandalizzato leggendo il capitolo in cui si parla dell’influenza dei figli di Bridget ed è presente un grande mix di “Vomito e diarrea”. Io leggendolo non mi sono disgustata, ho invece cercato di capire cosa volesse lasciar intendere la scrittrice tra le righe, e credo che in questo capitolo più che descrivere una lunga e disgustosa lista lei volesse mostrare come se la cava senza Mark, cosa vuol dire essere una madre sola, disperata e anche un po’ depressa. Io di così stomachevole non ci ho trovato nulla, racconta semplicemente la normalità che noi donne cerchiamo spesso di minimizzare e nascondere come la peste. Credo che nei capitoli precedenti immedesimarsi in lei fosse più facile e divertente, ora immedesimarsi in lei diventa quasi esasperante, come uno schiaffo che ti catapulta alla realtà. Chi si è scandalizzato per i peti (vedi capitolo in cui Bridget non riesce a trattenersi a lezione di Yoga) forse sarebbe più indirizzato a leggere “Sex and the city” o “I love shopping” , libri altrettanto scorrevoli e rilassanti rispetto ad un libro sempliciotto come questo. Mi ha fatto ridere immaginare i suoi figli e i loro dialoghi, mi sono ritrovata a immaginare la parlata particolare della figlia Mabel e gli scambi di frecciatine tra lei e il fratello. Purtroppo (o meglio, per fortuna) la nostra beniamina è diventata grande, e si trova a fare i conti con la vita vera. E la vita comune ragazze, che noi lo vogliamo ammettere o no, è fatta anche di queste “volgarità”, vomito compreso. Io sono riuscita a rispecchiarmi in Bridget anche questa volta ma volendo trovare un difetto a questo libro posso dire che a tratti è un po’ ripetitivo e a volte gli scambi di sms diventano noiosi. Credo di aver espresso abbastanza chiaramente il mio punto di vista e credo anche che in ognuna di noi ci sia un po’ di Bridget e che vada semplicemente accettata.

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I precedenti romanzi di Bridget Jones
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    11 Febbraio, 2014
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Lucy sugli oceani...

Tom e Isabel sono due anime gemelle, le due metà perfette e combacianti di uno stesso cielo. Lui, eroe di guerra, ha deciso di isolarsi dal mondo e di sfuggire così alla sua cattiveria. Si è rifugiato in un’isola lontana, Janus Rock, guadagnandosi da vivere come guardiano del faro. Lei desidera solo una cosa dalla vita, diventare madre, venera ardentemente la completezza che può darle un figlio.. una completezza che lei non potrà mai avere. Isabel sta ancora cercando di superare un momento difficile, quando il ventisette aprile, Dio decide di concedere una tregua a questa donna, donandole una bambina, che arriva all’isola cullata tra le braccia del mare. Ma il miracolo porta con sé delle difficoltà.. La piccola non è sola, la barca su cui è arrivata è naufragata e nasconde tra i suoi resti un cadavere. Isabel non ci pensa su, la piccola è giunta a lei per essere accudita e per essere amata, e nessuno lo deve sapere. Quel mondo di amore devoto però, che trasforma in luce e calore la vita dei coniugi Sherbourne, crea sofferenza e strazio nel cuore di un’altra donna, pronta a tutto per avere indietro i suoi sogni e la sua famiglia.

Inizio dicendo che ho aggiunto questo libro alla mia lista dopo aver letto una recensione che lo elogiava descrivendolo come il “capolavoro letterario che ogni mamma dovrebbe leggere” e io non posso che confermarlo. Credo che questo libro riesca a raggiungere le corde più sensibili dell’animo umano, e se a leggerlo è una madre queste corde vengono dolcemente accarezzate facendole comprendere il vero significato della trama. La storia si svolge in un ambiente magico e solitario, un faro, già questo serve a farti concentrare suoi protagonisti tralasciando i personaggi secondari. Il linguaggio è semplice e scorrevole, l’inizio a mio parere è un po’ piatto e, ad essere sincera, non mi invogliava a proseguire, ma dopo poche pagine ti avvolge come una calda coperta e la storia vera e propria inizia nel migliore dei modi. Isabel è una donna profondamente triste e addolorata dalla vita, ha pianto la morte di tre figli, e quando vede arrivare, come una grazia dal cielo la sua Lucy, in lei si apre un vortice di emozioni. Se la sua vita fino a quel momento non ha avuto senso, guardando quegli occhi e quelle mani tutto trova una logica per continuare ad andare avanti, trovare quella bambina per lei è stato come trovare il tassello mancante del puzzle, l’ultimo pezzetto di cielo che le mancava per vivere serenamente. Se però questo fa stare bene lei, rende straziante la vita di un’altra donna, che spera ancora di ricomporre la sua famiglia. Questo libro ti porta a riflettere, ti porta a seguire il sottilissimo filo che divide il bene e il male, chiedendoti da che parte staresti tu. I figli sono di chi li crea o di chi li accudisce? Questa è la domanda che mi sono posta più volte leggendo. Io sono mamma, ho una bambina di quasi tre anni, più o meno l’età di Lucy quando sono iniziate a venire a galla le bugie, e mi sono immaginata come reagirebbe mia figlia se venisse di punto in bianco allontanata da me. Quanto odio potrebbe provare per un’altra persona che volesse accudirla, anche avendone diritto, ma che per lei sarebbe una perfetta sconosciuta? Non sono ancora riuscita a darmi una risposta concreta, se legalmente la madre è una, sentimentalmente Isabel e la piccola sono complementari, sono unite dall’affetto e dalla conoscenza reciproca, e non c’è dolore altrui che tenga. Una frase che mi ha particolarmente colpita è stata questa: “Non c’è modo di difendersi dall’amore per un figlio”. Ho trovato queste parole profondamente vere. Non puoi dire cosa saresti capace di fare per tuo figlio, l’amore che provi per quel bambino indifeso, che proteggeresti dalla cattiveria del mondo al costo della vita. Non è un amore da cui puoi fuggire, non puoi negarne i sentimenti. Vivi in base ai suoi movimenti, sei attratta da lui come una calamita e tutto ruota intorno ai suoi bisogni. È un mistero come le tue necessità diventino superflue per accontentare le sue. . per Isabel è stato così, amore a prima vista. Un imprinting naturale. Alla fine del libro la mia bambina mi ha chiesto come si chiama la piccola ritratta in copertina. All’inizio non sapevo che dirle..ma poi la risposta è uscita spontanea. Per me la piccola del libro è “Lucy”. La luce dell’oceano che ha illuminato le giornate di Isabel, anche se si tratta di una luce rubata e di cui non avrebbe avuto diritto.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    28 Gennaio, 2014
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Finchè alziamo gli occhi al cielo,ci sarà speranza

C’è un attimo che precede la sera, un attimo in cui alzando gli occhi al cielo possiamo vedere le stelle più luminose, quelle che rappresentano i nostri cari, la nostra famiglia che ci sorveglia dall’alto. Questo è ciò che pensa Rose, malata di Alzheimer e giunta al termine della sua lunga vita. In tutti questi anni lei non ha mai smesso di alzare gli occhi e cercare.. cercare una famiglia che ormai è andata persa. Fu così che un giorno, uno dei pochi di lucidità, da a sua nipote Hope una lettera, contenente un elenco di nomi e la saluta facendosi promettere che si sarebbe recata a Parigi alla ricerca della sua famiglia. Quello che la nipote aveva imparato dai libri, l’olocausto e il genocidio Ebraico non sono più un episodio lontano, ma una parte dolorosa nella storia della sua famiglia. La pasticcera Hope, divenuta proprietaria dell’azienda dolciaria di famiglia si trova ad affrontare un viaggio, arriverà nella capitale francese e si darà da fare a rintracciare la sua famiglia, guidata solo da una lista di nomi e da molta speranza. Questa storia sembra quasi una favola, una dolce favola guarnita però di amara tristezza.

Questo romanzo si svolge in luoghi magici, partendo dalla spiaggia di Cape Cod fino ad arrivare a Parigi, capitale dell’amore per eccellenza. I posti sono raccontati in maniera quasi fiabesca, descrive un tramonto sulla spiaggia facendolo sembrare fantastico e dando modo al lettore di immaginare la scena senza scrivere ulteriori dettagli. I personaggi sono ben costruiti, dal carattere difficile di Annie, figlia adolescente di Hope, fino ad arrivare a Rose, malata di Alzheimer e con una profonda tristezza interiore. Ho scelto di leggere “Finché le stelle saranno in cielo” in questo periodo proprio perché volevo qualcosa che mi ricordasse l’olocausto, dato che abbiamo onorato proprio ieri le vittime del genocidio Ebraico. Ho letto parecchie recensioni al riguardo e molte definiscono questo libro un po’ “povero” da quel punto di vista. Tutto ruota intorno alla parte romantica e alla ricerca della famiglia senza che ci siano parti spiegate e dettagliate sull’argomento. Questo è stato uno dei motivi per cui io ho deciso di leggerlo, ho preferito una storia che mi facesse dare spazio alla “speranza” più che alla tristezza. Io riconosco di avere un grosso limite, leggere libri sull’olocausto per me (come credo per tutti) è una grande sofferenza. Sono stata male leggendo solo alcuni titoli in biblioteca, mi sono trovata davanti al libro “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti” e mi sono trovata a pensare a mia figlia, che piange addirittura quando cambio stanza o quando la porto all’asilo. Come è possibile? Cos’hanno provato le madri vedendosi strappare dalle braccia i loro figli sapendo dove sarebbero stati portati? Come si può avere una crudeltà tale da uccidere dei bambini, quando a me le lacrime scorrono leggendo solo un titolo? Sono domande a cui non riuscirò mai a darmi una risposta. E intanto mi trovo a cercare libri che parlino in maniera molto velata del problema, altrimenti il magone mi perseguita per settimane. In questo libro si parla di unione tra religioni,un’ utopia forse, date le notizie che si sentono ai telegiornali, ma con un fondo di verità. È vero infatti che i Musulmani (qui citati tramite “La grande Mosquèe di Parigi”) hanno aiutato a fuggire a hanno salvato numerosi Ebrei. Questa è una grande dimostrazione di come in realtà siamo tutti uniti di fronte al dolore, ed è forse perché ora stiamo fin troppo bene che finiamo per dare spazio ad inutili razzismi e diamo l’aiuto quasi per scontato. È vero, in questo libro l’olocausto è descritto in maniera un po’ astratta, non da notizie concrete e cruente. Non so se questo possa essere un punto a suo favore o a suo sfavore, dipende da cosa cerca il lettore e io personalmente l’ho apprezzato. C’è anche una parte leggera, tratta appunto il lavoro di Hope e parla delle ricette ebraiche tramandate dalla sua famiglia e all’inizio dei capitoli in cui parla Rose è presente il procedimento per prepararle. In ultimo posso dire che ho apprezzato molto anche i piccoli dettagli presenti all’interno della storia, ad esempio il nome della protagonista, Hope, non avrebbe potuto essere più indovinato.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    24 Gennaio, 2014
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Era Lo, semplicemente Lo.

È il 1947, quando Humbert Humbert , uomo di mezza età nonché insegnante, arriva a Ramsdale nel New England con la speranza di potersi dedicare tranquillamente ai suoi studi. Va a vivere da Charlotte, una vedova piuttosto eccentrica e con problemi economici e ne conosce la figlia, Dolores ( Lolita ). A questo punto Dolores prende, nella mente del protagonista il posto di Annabel, primo amore di Humbert, morta di tifo alla giovane età di tredici anni. Con Annabel e la sua precoce scomparsa si apre una ferita irreparabile nella mente dell’insegnante che ricerca parti del suo amore adolescenziale in ragazzine in tenera età che lui stesso definisce “ninfette”. Le “ninfette” per lui sono bambine dal 9 ai 14 anni, che riescono, inconsapevolmente ad indurre gli uomini in estasi. La storia continua tra vari personaggi e svariati luoghi, e narra di come un uomo possa provare un amore così profondo e viscerale per una bambina.

Inizio dicendo che Lolita è senza dubbio uno dei capolavori letterari migliori che io abbia mai letto. Si tratta di un libro nato dalla penna di Vladimir Nabokov agli inizi del 1940 a Parigi. Il linguaggio usato dall’autore è colto e a tratti (per un lettore non esperto) può essere di difficile comprensione. Compaiono al suo interno numerose scene esplicite, ma scritte talmente bene da essere sempre “erotiche” senza sfociare mai nel pornografico. A tratti si può considerare addirittura poetico, a partire dalla parte iniziale (vedi incipit) fino ad arrivare alla parte finale del libro, che fa rabbrividire. Vorrei analizzare attentamente il personaggio di Humbert; Il protagonista da proprio delle spiegazioni e delle descrizioni di come desideri la “ninfetta”, ossia quale tipo di bambina potrebbe essere la sua amante ideale. Spiega di quali siano i tratti che inducono il pedofilo a infatuarsi di una bambina. Racconta di quando andava al parco, facendo finta di leggere il giornale e invece osservava le bambine che giocavano, ed erano appunto i tratti infantili delle piccole ad attirarlo, dal colorito della pelle ai piedi impolverati e sporchi di terra. Segni che dovrebbero normalmente paralizzare il desiderio, o anzi, proibirne proprio la nascita, per lui diventavano invece fonti di eccitazione. Humbert si rende conto di avere un problema , sa di non dover approfittare di nessuna ragazzina, ma nello stesso tempo cerca di giustificarsi, dicendo a se stesso che in realtà loro sono (come le definisce più volte) delle “ninfette ammaliatrici” mandate dal diavolo per attirare gli uomini ed indurli in tentazione. Ad un certo punto il lettore arriva a provare un misto di pena e rabbia per Humbert, pena per la sua condizione mentale e per come vive questa triste relazione, e rabbia per come finisce per privare Dolores della sua infanzia e successivamente adolescenza. L’inizio della seconda parte, per un paio di capitoli, l’ho trovata noiosa a differenza di tutto il resto, compaiono appunto pagine e pagine di descrizioni sui luoghi che percorrono i protagonisti ( non dico altro però , non voglio rovinarvi la lettura! ) ma niente che comprometta la buona riuscita della storia. Al termine della lettura ho deciso di guardare anche il film, cosa che solitamente preferisco non fare. Devo dire però, che a differenza di moltissimi casi questo rispecchia perfettamente il libro in ogni sua parte, partendo dai personaggi , ai dialoghi (identici a quelli del romanzo) fino alle ambientazioni. Mi ha lasciata piacevolmente sorpresa, sono sempre restia dal guardare i film dopo aver letto la storia, ma in questo caso è stata una scelta azzeccata! L’unica cosa che mi ha lasciata perplessa e che, secondo me, è stata un po’ troppo enfatizzata è stata la parte ribelle di Lolita. Nel libro pare più pacata, sempre una ragazzina difficile, ma non aggressiva, mentre nel film mi faceva addirittura innervosire. Per il resto tutto eccellente, capolavoro letterario indiscusso e di argomentazione scottante. Nabokov racconta nelle note finali di come sia stato difficile per lui giungere alla pubblicazione, dato il timore degli editori di trattare argomenti così delicati, e mi sono chiesta: ma se adesso qualcuno cercasse di pubblicare un romanzo simile,verrebbe pubblicato? Lo scandalo sarebbe immediato. C’è da pensare che forse nel 2014 subiamo ancora di più la censura che nel 1954.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    17 Gennaio, 2014
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Scienza e spiritualità possono convivere?

Avvocato Newyorkese di grido e dall’invidiabile carriera, Nathan Del Amico vede la sua vita sgretolarsi davanti ai suoi occhi nel momento in cui sua moglie Mallory parte per San Diego portando con sé la figlioletta Bonnie. Come ha potuto preferire la carriera alla sua famiglia? A parte il denaro, cos’ha guadagnato ora? Fama, popolarità e un conto in banca da capogiro, ma basta questo per essere felice? Nathan si sta ancora ponendo queste domande quando un giorno riceve una visita inaspettata. Si trova così davanti al signor Garret Goodrich, rispettabile e rinomato medico che lo porta a riflettere su argomenti paradossali, che di scientifico hanno davvero poco. Dice di essere un messaggero capace di riconoscere le persone prossime alla morte. L’avvocato non ne vuole sentir parlare, l’argomento è al limite del paradossale, ma qualche dubbio inizia ad insinuarsi nella sua mente. Vuole risolvere al più presto i suoi conti in sospeso, Per Nathan Del Amico è una corsa contro il tempo, e per lui sembra essercene davvero poco. Religione e scienza possono combaciare? Dove si trova il giusto equilibrio? Sono questi i dubbi che si insinuano nella mente del lettore, trovandosi a pensare a come corre il tempo e quanta vita viene sprecata inutilmente.

Questo è stato il primo libro di Musso ad essere tradotto in Italiano, e devo dire che come esordio è stato proprio niente male! Parto dalle cose che ho preferito fino ad arrivare a ciò che mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. La storia potrebbe sembrare la classica “vicenda alla musso”, quindi il viaggio temporale, il messaggero e tutte queste “entità” che spopolano tra i suoi libri. In realtà, non è esattamente così; qui non c’è un vero e proprio salto temporale, c’è invece un messaggero che cerca di far capire ad un “ingrato” avvocato il piacere della vita e quanto va apprezzata appieno. La trama (come tutti i romanzi di questo scrittore ) è senza dubbio avvincente, ti conquista già dalle prime pagine, quando viene raccontata una vicenda accaduta nell’Isola di Nuntucket nel 1971 fino a lasciarti senza parole nel finale. Il libro parla di un argomento difficile da affrontare, si tratta dell’NDE ( Near Death Experience – esperienza pre-morte ) ossia parla di eventi vissuti da soggetti che hanno provato sulla propria pelle l’esperienza di pace e tranquillità che si ha prima di morire ma che, essendo tornati “indietro”, hanno avuto la possibilità di raccontare l’accaduto. L’argomento mi ha affascinata e mi ha lasciato la voglia di informarmi e fare qualche ricerca a riguardo. Un punto a favore, se lo attribuisce anche per il fatto che riesce a scrivere degli argomenti più tristi senza sfociare nel melodrammatico. La morte, i delitti, gli argomenti più delicati vengono affrontati da lui in modo che incidano sulla storia ma senza distogliere l’attenzione dalla trama. Mi piace la sua abitudine di inserire all’inizio di ogni capitolo una citazione che lo descriva in breve, e questa secondo me è un po’ la sua “firma”, a me questi tratti caratteristici piacciono e mi fanno entrare ancora di più nella storia. I punti che mi hanno lasciata perplessa sono pochi e non incisivi. Non è stato dei suoi libri migliori, al contrario di “La donna che non poteva essere qui” e “ il richiamo dell’angelo” che io ho adorato, questo libro mi ha si presa, ma non meravigliata, si può quindi dire che è un po’ prevedibile.. ma sempre piacevole! Oltre a questo, Musso ha uno stereotipo fisso di personaggi da usare. Ricco medico, ricco avvocato, ricco liutaio.. e donne Hippy e anticonformiste. Tutto sommato la storia funziona e il libro si insinua nella mente come un tarlo, l’ho terminato in due giorni e la ritengo una buona lettura, degna di qualche giorno di spensieratezza.

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Lo consiglio a chi si affaccia per la prima volta all'universo di Musso, ma anche a chi lo ama già da tempo. Lo consiglierei anche a chi apprezza i libri di Marc Levy, dato che, secondo me i due hanno qualcosa in comune!
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    06 Gennaio, 2014
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Se potessi tornare indietro... non ci scommetterei

Andrew Stilman, giornalista di punta del New York Times, non sa che il 9 luglio 2012 qualcuno sta decidendo per lui che i suoi giorni sono giunti al termine. Chi gli sta dando la caccia? Chi lo sta braccando? Questi sono gli interrogativi che si pone Andrew mentre si trova abbandonato a terra in un lago di sangue. Da quel momento,però, qualcosa cambia. Non è più di 9 luglio, Andrew non si è ancora sposato, gli Yankees non hanno ancora battuto i Marines e lui ha sessanta giorni di tempo per capire chi ha voluto ucciderlo. Parte da lì una drammatica corsa contro il tempo. I tentativi per cambiare il corso delle cose sembrano essere vani, i giorni sono contati e la consapevolezza di essere vicino alla morte non rende le cose più semplici. Sta solo a lui fare chiarezza nella sua vita e capire una volta per tutte chi è il mandante della sua morte.

Inizio dicendo che questo libro, di primo impatto mi ha colpita. L’ho trovato per caso tra gli scaffali della biblioteca e l’ho preso perché, già dal titolo, mi sembrava una vicenda molto simile a quelle che si possono trovare nei libri di Musso, che personalmente adoro. E’ il primo libro che leggo di questo scrittore e l’ho preso per fare una specie di confronto e vedere se in Marc Levy potevo trovare un degno collega del mio scrittore preferito. In effetti qualcosa di Musso l’ho trovato. Il viaggio temporale del protagonista ne è la prova evidente. Qualcosa che questo libro sembra avere in più è la parte “sentimentale”, non parlo della storia d’amore in se, di quelle i libri di Musso sono ben guarnite, ma di una parte del romanzo che faccia proprio commuovere. Sarà il mio cuore di mamma che spinge fuori la mia parte sentimentale, ma devo dire che ad un certo punto, leggendolo, una lacrimuccia mi è scesa. Ci sono delle parti dedicate ad un lavoro che sta svolgendo Andrew, un articolo per lui molto importante, che danno sapore alla storia e la rendono particolarmente toccante. Sono rimasta incollata alle pagine ed in due giorni l’ho finito. Ha qualcosa di magnetico, mi sentivo attratta dai personaggi e non vedevo l’ora di saperne di più. Conoscete la citazione di Paul Sweeney “Capisci di aver letto un buon libro quando giri l'ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico”? Ecco, leggendolo ho pensato proprio questo, avrei voluto rimanere a leggere la storia di Andrew, di Valerie e di Simon per giorni.. ed invece il finale è arrivato, è vi dirò che mi ha lasciata spiazzata. Secondo me la conclusione non è stata all’altezza della storia. Non parlo degli ultimi capitoli ( ampiamente spiegati e raccontati), ma proprio delle ultime pagine, sembrava incompiuto, scritto in quattro righe e anche in maniera grossolana. Questo gli ha fatto perdere punti e secondo me Levy, così facendo, si è giocato la buona riuscita del romanzo. Per concludere, la storia in sé è particolare e costruita molto bene, la lettura risulta scorrevole ed il metodo di scrittura è semplice e diretto, ma ritornando alla mio quesito iniziale, devo dire di no. Non ho trovato quello che cercavo, e se ne sono stata convinta da pagina 1 a pagina 320, mi sono ricreduta alla fine, ed è stato un peccato. Credo però che lo consiglierei comunque, la storia è davvero commovente e merita di essere letta, io personalmente -se potessi tornare indietro- (scusate il gioco di parole, ma non ho resistito!) lo rileggerei senz’ altro, non mi sono pentita di averlo preso, ma sicuramente lo leggerei ponendoci meno speranze ed aspettative.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    03 Gennaio, 2014
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tutti gli "anelli" di una catena di eventi

Susan Chandler, psicologa ed ex viceprocuratore distrettuale dedica una puntata del suo show radiofonico ad un problema molto doloroso quanto attuale; Le donne scomparse. In particolare presta attenzione al caso di Regina Clausen, consulente finanziaria in crisi che, tre anni prima, decise di concedersi una vacanza a Hong Kong senza più fare ritorno. Il corpo di Regina non è mai stato trovato, il mistero ruota intorno alla sua scomparsa e a scoprire i motivi che l’hanno indotta ad abbandonare la nave da crociera in cui era imbarcata entrando così in possesso del suo uccisore senza lasciare tracce. Susan non sa di mettere in pericolo chiunque sia collegato con la morte di Regina e chiunque possa intralciare la strada di questo spietato serial Killer. Tra gli indizi spunta un anello, sembrerebbe insignificante, ma questa piccola fede tempestata di turchesi, e con incisa all’interno la frase “You belong to me” si rivelerà proprio la chiave per risolvere il mistero. Sembra che l’assassino sia vicino a Susan, pronto a spiare ogni sua mossa per realizzare al meglio il suo progetto criminale.

Inizio subito dicendo che la mia recensione potrebbe risultare un po’ pragmatica. È un libro giallo e non colpisce direttamente alle emozioni come pensavo facesse quando l’ho acquistato, leggendo la descrizione riportata nella copertina. Mi aspettavo una storia leggermente diversa e ho creduto inizialmente che già questo potesse influire con la mia considerazione del libro, invece, anche trovandomi ad acquistare qualcosa che non cercavo sono rimasta piacevolmente colpita. Mi è parso che l’autrice abbia una grande capacità descrittiva ( sicuramente frutto di anni e anni di esperienza, parliamo appunto di una donna che ha ottenuto tredici lauree honoris causa ). Sa presentare luoghi e caratteri dei personaggi in maniera eccellente andando dritta al punto, senza essere troppo concisa privandoci di dettagli importanti. Una decisione della scrittrice che ho apprezzato è stata di non inserire elementi troppo cruenti all’interno della storia, anche se ne avrebbe avuto modo. Questo è però il primo libro di Mary Higgins Clark che leggo, quindi non so se questo suo particolare modo di approcciarsi alla scrittura si presenti in tutte le sue opere o solamente in alcune. I capitoli sono centodieci, ma non spaventatevi! I paragrafi si presentano corti e, ad ogni parte è un personaggio diverso a fare da protagonista. Inizialmente pensavo che questo potesse essere un punto a suo sfavore, un capitolo di una pagina con un personaggio diverso ad ognuno potrebbe indurre in confusione il lettore, trovandosi ad affrontare troppi cambiamenti di ambienti e personaggi in poco spazio. Inutile dire che invece tutto ciò è stato gestito dall’autrice in maniera magistrale. Le mie preoccupazioni iniziali si sono rivelate infondate e anzi, penso di essermi proprio ricreduta, questi cambiamenti repentini hanno dato ancor più sapore alla storia. L’unico “dettaglio” che mi ha lasciato leggermente l’amaro in bocca sono state un paio di “prove” un po’ inverosimili che aiutano Susan a risolvere il caso, mi sono sembrate improbabili ed estrapolate con le pinze. Non dirò quali sono le parti in questione, ho paura, essendo un libro giallo e che incuriosisce passo passo, di fare troppi spoiler e rovinarvi la lettura, ma posso assicurarvi che sono poche e non compromettono la buona riuscita della storia. I personaggi sono tutti legati tra loro e probabili assassini.. starà a voi scervellarvi per capire chi può essere l’omicida! io ci ho provato, ma il finale, contro ogni previsione mi ha lasciata stupefatta! Sicuramente consigliato e degno compagno di qualche giorno di spensieratezza, non è una lettura pesante, è tranquillamente leggibile come passatempo senza richiedere troppo impegno, anche per chi, come me, si trova in un periodo di “blocco”.

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consigliato a chi ama i gialli e cerca un libro non troppo impegnativo.
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    20 Dicembre, 2013
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Un Thriller sublime...

Nikki Nikovski è una giovane madre, artista bohèmienne dall’anima libera e capace con un solo sguardo di ammaliare tutti gli uomini. Sebastian Larabee, serio e impeccabile, è un illustre liutaio, proprietario della bottega di riparazione e fabbricazione di strumenti antichi più prestigiosa di New York. All’apparenza sembra non abbiano nulla in comune, eppure qualcosa, anzi, qualcuno li unisce. Camille e jeremy, due gemelli nati dalla loro ,ormai lontana, storia d’amore. Vengono riuniti in una circostanza tragica, la scomparsa misteriosa del figlio quindicenne li porta a doversi buttare in un’avventura a prova di destino. I minuti sono contati. Settantadue ore di paura e di tragedia. Riusciranno a lasciarsi alle spalle i rancori del passato per il bene della loro famiglia? I misteri sono dietro l’angolo. O per la precisione, in 3 angoli diversi del mondo. New York, Parigi e Rio de Janeiro. Tre culture diverse ma unite da qualcosa di spaventoso.

Non mi dilungherò molto, anche perché sarebbe già pienamente descritto con una sola parola: Splendido. Io sono di parte, lo ammetto, adoro Musso e ogni suo libro. Quando acquisto qualcosa di questo scrittore so già di poter andare sul sicuro. Per un mio gusto personale questo libro ha tutti gli ingredienti che occorrono per la riuscita di una buona storia. Giallo? C’è. Thriller? C’è. Storia d’amore? C’è. Mi basterebbe questo per farmelo piacere, ma Musso ha qualcosa in più, riesce a infilare ovunque il colpo di scena, ciò che ti lascia a bocca aperta. Ambientazioni descritte alla perfezione in appena due righe, e lo stesso per quanto riguarda le descrizioni dei personaggi, sia fisicamente che caratterialmente, riesce a farteli immaginare a suo piacimento. Seguo ogni suo libro come fosse un film nella mia mente, è scritto talmente bene da lasciarmi stupita. Penso di aver detto tutto. Mi ha lasciata molto soddisfatta e, se posso dare un consiglio, direi di non soffermarsi sulle sensazioni che ti da la prima parte del romanzo, che inizialmente mi aveva lasciata un po’ sbigottita, proseguendo però tutte le tessere del puzzle si incastreranno ed ogni cosa avrà senso, ed il finale sarà mozzafiato, è assicurato!

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Consigliato a chi ama i gialli, i thriller e le storie d'amore.
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    15 Dicembre, 2013
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La riserva delle sorprese..

Ambientato in una riserva, questo romanzo racconta di un padre e di un figlio che cercano di superare insieme un dolore che sembra essere incolmabile. Il dolore causato dallo stupro di Geraldine, moglie e madre modello e il risentimento che provano per il “windigoo”, uomo che ha abusato di lei e ha cercato di darle fuoco, non lascerà pace agli animi dei due indiani. Dovranno cercare di far luce da soli su questo mistero, perché la donna si è chiusa in un silenzio totale ed è caduta in una forte depressione. L’unico indizio che trapela è una misteriosa pratica, probabilmente legata al lavoro di Geraldine e alla voglia di vendetta del suo possessore. Aiutato dai suoi amici, Joe, proverà a farsi giustizia da solo e a cercare in prima persona il feroce aggressore della madre. Riuscirà questo ragazzino di tredici anni a farsi strada da solo tra gli intricati enigmi della riserva indiana? Gli abitanti del posto, sono davvero innocui come possono sembrare?

Due cose mi hanno spinta a prendere in considerazione questo libro: la prima è stata la trama, che sembrava essere di un giallo con i fiocchi, e in secondo luogo mi ha attirata moltissimo la copertina, con colori caldi e con impresso il tipico simbolo indiano che tutti riconosciamo, l’ acchiappa sogni (o Dream Catcher ) che da bambina adoravo! Credevo di trovarmi davanti a dei misteri da svelare piano piano, al dubbio che si crea cercando l’assassino, o in questo caso lo stupratore, invece nulla. Il libro ruota intorno alla parte “legale” della storia, non tanto per quanto riguarda la scoperta del “widingoo” ma più che altro per capire dov’è stato commesso il reato in modo da attribuirgli la giusta punizione. Per me che amo i gialli è stato un colpo basso. Amavo l’idea di dover ricercare indizi e invece mi sono trovata davanti al fatto compiuto e svelato. Mi è piaciuta la parte dedicata a Linda Lark, la sua storia mi ha affascinata e avrei voluto che le fosse dedicato un po’ più di spazio all’interno del libro. Come altre parti di “racconto nel racconto” se così vogliamo chiamarle, ci sono anche i racconti di Mooshum, interi capitoli in cui vengono narrate leggende indiane appartenenti alla riserva. Queste pagine le ho lette con molta fatica perchè si presentavano troppo lunghe e frequenti per i miei gusti personali, ed io, curiosa come sono non vedevo l’ora di tornare al giallo e al dramma. Un’altra cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa sono stati i continui accenni sessuali all’interno della storia..caspita, ogni tanto non capivo se mi trovavo nel bel mezzo di un romanzo della Erdich o di E.L. James! Nulla di esageratamente sconcio, ma più che altro un po’ inadeguato. Sembro bacchettona? Nulla da dire, può essere! Ma se volevo un romanzo erotico mi buttavo sulla nuova trilogia di Irene Cao. Detto questo, forse ciò che mi ha penalizzata è il fatto di non aver letto il romanzo precedente della scrittrice, dato che spesso si trovavano accenni al libro “The plague of doves”, magari leggendolo avrei potuto inserirmi di più nell’ambientazione anche se mi sembra non si tratti di un seguito. Una cosa che invece ho apprezzato è stata l’idea di inserire ad ogni capitolo un titolo “a tema” , e in questo caso ogni capitolo si presentava con il nome dell’episodio rispettivo di Star Trek, non sono una grande amante di quest’ultimo, ma queste “firme” dell’autore mi piacciono sempre. Nel finale,ho tenuto come ciliegina sulla torta la cosa che mi è piaciuta di meno, anzi, che non ho proprio sopportato; Il fatto di non inserire in tutto il libro dei “simboli” che facciano capire quando è in atto una conversazione. Ho fatto una fatica immane a seguirlo e a stare al passo. Leggevo mezza facciata e dovevo tornare indietro per vedere se era un pensiero, un discorso, se a parlare era la voce narrante o un personaggio. È bastato questo per non farmelo andare giù. È un mio limite? Può essere. Magari ho prestato poca attenzione e per altri sarebbe di facile lettura, ma per me è stata dura arrivare alla conclusione, tanto che ho pensato più volte di abbandonarlo. Non lo consiglierei a chi vuole leggere un buon giallo, forse lo consiglierei a chi apprezza le leggende, a chi vuole trovarsi immerso in un ambientazione particolare e sentirsi un po’ “magico”. Si, come ambiente ha qualcosa di magico, ma di misterioso ha poco.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    06 Dicembre, 2013
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Il "Guaio" di Brunonia Barry

Zee, giovane donna dal passato difficile, è riuscita a diventare una psicoterapeuta e a lasciarsi alle spalle il nomignolo “Guaio”, attribuitole ai tempi in cui il suo passatempo preferito era mettersi in situazioni difficili. Rubare barche era per lei un modo di dimenticare, quasi un gioco e una sfida con se stessa. Si troverà a dover curare una paziente difficile, Lilly Breadon, complicata non è solo la sua patologia, ma la grande somiglianza che questa donna sembra avere con sua madre, morta suicida quando Hepizibah era appena una ragazzina. Questa somiglianza manderà in confusione la terapeuta, sciogliendo tutte le certezze che si era costruita nel tempo in cui aveva cercato di superare la perdita della madre. Per Zee, la notizia del suicidio di Lilly arriva come un pugno allo stomaco, crede di non aver saputo prevedere e prevenire il peggio e si trova a dover mettere in discussione tutta la sua vita, dal lavoro all’imminente matrimonio di cui non è più sicura. Cercherà di approfondire il suo passato partendo dalla morte di Maureen, sua madre, e scoprendo sempre più attinenze preoccupanti tra la sua vita passata e la vita della fragile Lilly. Sembra che Zee non riesca a lasciarsi alle spalle definitivamente il suo soprannome, pare che i guai per lei non finiscano mai e che il suo passato riesca sempre ad apparire come un mistero indecifrabile.

Secondo me, effettivamente, questo libro per Brunonia Barry si è rivelato un po’ un “guaio”. Che abbia davvero poteri da veggente come i personaggi dei suoi libri?... Scherzi a parte, il libro non è male. Mi piace la trama, ha catturato la mia attenzione all’inizio, durante la descrizione di Lilly Breadon e durante la descrizione del suo rapporto con Adam, ma successivamente ha ripreso a catturarmi da pagina 300 in poi, quindi solo sul finale. Tutto il periodo intermedio tra il suicidio di Lilly e la fine (non vi voglio fare nessuno spoiler, tranquilli…) si è rivelato noioso e piatto. Niente colpi di scena, niente anticipazioni (nemmeno velate) che possono incuriosire il lettore e spingerlo ad andare avanti per scoprire cosa accade. Affronta molti argomenti, forse troppi, che possono mandarti in confusione. Affronta il tema dell’omosessualità, il tema della magia e del paganesimo , ed il tema medico dal bipolarismo all’Alzheimer.
Mi sono invece piaciuti i flashback temporanei di Zee, in cui racconta del suo rapporto con la madre e le vicende della loro famiglia. Mi ha incuriosita il racconto relativo alla Friendship, mi ha interessata a tal punto da spingermi ad informarmi sulla sua vera storia. Ho trovato furbo, da parte della Barry, inserire di tanto in tanto i personaggi presenti nel suo libro precedente “la lettrice bugiarda”, questi punti mi hanno fatta sorridere, è una mia (strana?) abitudine quella di pensare a che fine faranno i personaggi dopo aver letto l’ultima pagina di un libro, e questo reinserirli nel suo libro successivo ha soddisfatto la mia curiosità e ha catturato la mia attenzione. Infine che dire? I principi per scrivere un buon libro c’erano tutti, l’idea era ottima e i personaggi azzeccati.. ma, è stata dura per me arrivare alla fine. Troppo prolisso nei dettagli (a volte inutili) e purtroppo tiene poco viva l’attenzione. Ho cercato per capitoli e capitoli un piccolo colpo di scena, qualcosa che mi facesse aggrappare all’idea che “c’era di più”, ma niente fino alla fine. La conclusione al contrario è eccellente, idea ottima e (finalmente) capace di tenerti un po’ con il fiato sospeso..ma leggere un libro di 400 pagine per trovare soddisfazione solo nei due capitoli finali non ha accontentato le mie aspettative. Brunonia Barry è la regina del: “Aaaah, ecco perché! Ora ho capito!!”.. ma tutti svelati alla fine. Appena terminato un suo libro mi ritrovo a cercare indietro tra le pagine per ricontrollare parti che al momento mi erano sfuggite. Libro prolisso e purtroppo noioso, ma che non si stacca dalla memoria e ti fa venire comunque voglia di approfondire. Credo infatti che lo scopo della Barry sia questo.. imprimersi nella memoria del lettore.

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La lettrice bugiarda
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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    28 Novembre, 2013
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Un cielo pieno di Mille splendidi soli.

Mariam e Laila sono due donne diverse, ma unite forzatamente e tragicamente dallo stesso destino. Leila è una giovane ragazza, nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’Aprile del 1978. Tutto prometterebbe per lei un buon futuro, fatto di successi scolastici e la possibilità di potersi sposare per amore vero. Mariam invece è una donna nata in una “kolba” e considerata una “Harami” perché nata fuori dal matrimonio. Lei vorrebbe andare a scuola, poter studiare come i figli legittimi di suo padre, ma qualcosa di irragionevole glielo impedisce, l’idea che una “harami” non abbia la purezza necessaria per poter imparare e poter vivere un’ esistenza diversa da quella a cui è stata condannata con quell’appellativo. Si incontreranno sotto al cielo di Kabul, in un modo che nessuna delle due avrebbero immaginato, legate inizialmente dalla rabbia è dall’odio impareranno a combattere insieme per sopravvivere alle leggi insensate che la vita ha imposto loro. Credo che questi siano i libri da proporre nelle scuole, i libri che insegnano la storia e la vita, che aprono la mente su cosa accade davvero fuori dalla porta di casa nostra, riflettendo sul fatto che non accade solo lontano e soprattutto non accade solo in epoche passate. Questo libro parla di una guerra durata fino al 2001, ma che sta continuando a generare vittime, basti pensare che il governo Afghanistano sta studiando la possibilità di reintrodurre “la lapidazione fino alla morte” in casi di adulterio. Basta pensare a Sahar Gul, una ragazzina afghana di 15 anni che ha quasi rischiato di essere uccisa dal marito perché non voleva prostituirsi, e diventata ora simbolo dei diritti umani. Mi sono emozionata, ho pianto lacrime amare pensando a cosa sono constrette a subire delle donne in carne ed ossa come noi, ma con un cuore ed un fegato d’acciaio. Per caso ho terminato questo romanzo il 25 novembre, giornata nazionale contro la violenza sulle donne, e mi sono chiesta se sia mai possibile, ora come ora, dover considerare una maledizione il fatto di essere nata DONNA. Con questo mi viene in mente una citazione di William Shakespeare:
Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l'ignoranza in cui l'avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato,
... per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi, Signori, davanti ad una Donna

Un libro tragicamente vero, scritto per raccontare cosa accadde qualche anno fa, e accade ancora oggi in un cielo pieno di Mille splendidi soli.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    18 Novembre, 2013
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Waris, IL fiore del deserto.

Sono lieta di poter essere la prima ad esprimere la mia opinione su questo romanzo autobiografico. Parliamo di una storia toccante, di una vita spezzata e di una donna che ha saputo prendere tra le mani la sua esistenza e trasformarla senza piegarsi alle leggi del suo popolo. Waris Dirie è una donna che ha subito le più forti umiliazioni, nata in Somalia e vissuta lì fino all’età di tredici anni subisce, quando ara appena una bambina, la più grande delle torture, l’infibulazione. Decide di fuggire, scappa da un mondo che non le appartiene per cercare la spensieratezza che non ha mai avuto. Parte da zero, fino ad arrivare ad essere uno dei visi più noti delle passerelle di tutto il mondo. Come in una favola ora può guardare avanti a testa alta, può urlare a tutti la sua indignazione e venire ascoltata. Come potrei non consigliare questo libro? Credo che sia di interesse comune, credo che tutti debbano sapere cosa accade, non solo a novemila chilometri da noi, ma anche qui in Italia, dove sono circa quarantamila le donne ad aver subito questo, e circa duemila o tremila le bambine a rischio. Vicende di vita vera e vissuta sulla pelle di queste giovani donne, private per sempre di una parte di loro stesse. Le ammiro, ammiro il loro coraggio e la loro voglia di vivere, ammiro la forza di Waris, fiore del deserto, per il suo eroismo e per la sua tenacia. Credo che nessun nome possa essere per lei più appropriato, Waris, un fiore che nasce dalla terra per poi puntare alla luce.

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    12 Novembre, 2013
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Solo da leggere...per credere e per scoprire!

A mio parere uno dei libri più belli di Musso. Come gli amanti di questo scrittore avranno capito da tempo, oltre a catapultarti in un mondo parallelo, formato da angeli e creature fantasiose (vedi “la ragazza di carta” ) possiede l’innata capacità di estraniarti dal mondo. Mi basta prendere uno dei suoi romanzi tra le mani per trovarmi a vagare con la mente in un’altra dimensione. Dalle prime pagine sa catturare la tua attenzione proponendoti delle scene di vita quotidiana in cui puoi facilmente rispecchiarti, per poi staccarti completamente dalla realtà con situazioni paradossali! A prova di quello che voglio dirvi, proprio in questo romanzo, inizia parlando di due persone comunissime sia dal punto di vista lavorativo che personale. Lei, Juliette, giovane francese arrivata a New York con il sogno di entrare nel mondo dello spettacolo. Lui, Sam, pediatra che si dedica anima e corpo alla sua professione dopo essere stato colpito da una grave tragedia famigliare. Si troveranno a conoscersi in un momento particolare delle loro vite, e si butteranno a capofitto in una storia a prova di destino! Le parti dedicate a Jodie mi hanno lasciata letteralmente con il fiato sospeso.. E Grace costello? inizialmente l’ho odiata, un personaggio scomodo è dire poco! ma poi? È davvero quella che sembra?... Che dire, leggere per credere e per scoprire!

PS: vogliamo parlare dell'abitudine di inserire all'inizio di ogni capitolo una citazione che spieghi in due parole il seguito? pane per i miei denti!

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    11 Novembre, 2013
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Libro particolare e coinvolgente

Fino a metà circa mi è parso molto noioso e ripetitivo.. non sopportavo il fatto che venissero date delle spiegazioni a metà, mi spiego meglio...parlavano di "violenze" da parte di Cal in maniera molto generica.. senza scendere nei particolari... Nelle note della scrittrice ho letto però che lei ha cercato di non scrivere un libro sugli abusi, ma un romanzo che raccontasse il percorso difficile che cercano di superare le donne vittime di queste violenze, data la spiegazione capisco la sua reticenza nel spiegare i vari maltrattamenti.. Sta di fatto però che il libro risulti a tratti molto difficile da seguire.. il finale mi ha lasciata perplessa, ma dopo aver riletto e ricercato qualche parte iniziale che non mi era chiara mi è parsa una conclusione interessante. Mi è piaciuto, ma non è stata sicuramente una delle mie letture preferite...

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SunshineAle Opinione inserita da SunshineAle    11 Novembre, 2013
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Mi ha fatta ricredere!

Dopo aver letto "le luci di settembre" stavo già per etichettare i libri per ragazzi di Zafòn come storielle semplici e un pò fiappe... questo invece mi ha fatta ricredere e mi ha presa già dalla seconda pagina! L'unica cosa a lasciarmi un pò delusa è stato il finale. La storia c'era, carina e costruita bene, la suspance pure, negli ultimi capitoli sono rimasta letteralmente incollata al libro..... le ultime pagine però, boh, immaginavo di meglio! comunque sia sempre un buon lavoro, scrive in maniera divina! In cuor mio però spero sempre che lasci da parte i libri per ragazzi e si dedichi a capolavori al pari della trilogia dell'ombra del vento..

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