Opinione scritta da Adenina
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Mha!
Sono convinta di aver letto un altro librio di questa autrice, ma non ne ricordo il titolo. Quello mi era piaciuto, questo... un po' meno. Non lo getterei nella carta (non si può più dire, genericamente, spazzatura, perché ora c'è la differenziata. Per fortuna), ma nemmeno lo proteggerei a costo della vita.
Il libro è sostanzialmente ripetitivo. Se non nei contenuti, quantomeno nei concetti. È tutto un "ti vorrei, ma non posso. Ora posso, ma non ti voglio." Peccato perché ci sono anche elementi accattivanti. La bimba fa supersimpatia: estroversa, inopportuna, vivace. È la vera protagonista del romanzo. Gli adulti mi sono piaciuti meno e non si riesce proprio a comprendere come abbiano fatto ad innamorarsi. Passi Gerogeanne, che ammette di essere innamorata fin da subito, ma lui non ha scuse. Continua a dire che non la ama e che vuole solo zompare, poi sbatte le ciglia e si accorge che vuole sposarla. Mha. Peccato, l'inizio era promettente, divertente e a tratti commovente, ma poi il libro si lascia andare alla noia e si concede solo una corsetta veloce in dirittura d'arrivo, giusto per smaltire l'inchiostro di troppo.
Consigliato? Mha!
Nota: avrei dato un 2.5 alla piacevolezza, ma non era possibile.
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Blue
Ultimamente, a causa della popolarita` di "Cinquanta sfumature di grigio", si tende a diffidare dei libri (diffusissimi) che hanno, nel proprio titolo, un accenno alle sfumature di colore. Pur sbagliando a generalizzare, suppongo che persino le estimatrici del volume sopracitato, storcano un po' il naso di fronte ad un libro che ha tutta l'aria di seguire la scia commerciale del piu` famoso progenitore. In realta` il libro, pur essendo probabilmente indirizzato ad un pubblico femminile, e` di tutt'altra pasta.
Nemmeno lo si puo` etichettare, almeno non interamente, nel genere Young Adult o rosa. Pur avendo per protagonista una giovane e pur avendo un risvolto romantico si parla di quel genere di libro a cui le classifcazioni stanno strette. E` una storia, insomma, a trecentosessanta gradi.
"I cento colori del blu" racconta la vita di Blue, questa ragazza priva di radici e di nome, nata e abbanondata da una giovane tossicodipendente, trovata da uno scultore silenzioso, che le fa da padre e da maestro, ed infine approdata ad una vita piu` "tradizionale" come figlia adottiva della sorella di quest'ultimo. Una vita del genere, com'e` normale che sia, le fa collezionare una serie di traumi che vanno poi modellare in positivo e in negativo la sua personalita` di sedicenne. Raccontare questo libro, cosi come raccontare di tutti quei libri che ci lasciano un segno, ha sempre qualcosa di riduttivo. Si cerca di concentrare in poche rihe una storia articolata, ricca di sensazioni. "I cento colori del Blu" e` una storia tonda, un cerchio che si chiude, ma anche un viaggio alla scoperta delle proprie radici, attraverso la scultura, la forza di volonta` e, in qualche modo, anche l'amore. Ultimamente si ritrova con una certa frequenza, nei libri di genere Young Adult, il filone della ragrazza traumatizzata che ritrova se stessa, la serenita` o la sicurezza attraverso il partner. In questo libro non vi e`, per fortuna, questo esclusivo rapporto causa-effetto, questa dipendenza. Blue e` una ragazza molto forte, determinata. L'amore aiuta, ma non e` l'unico perno sul quale fare forza per ritrovare la propria dimensione. L'aspetto romantico arricchisce, se vuoi, la narrazione, ma non e` elemento determinante.
"I cento colori del Blu" ricorda, racconta e prende spunto da quelle storie tipiche degli indiani nativi d'America ricche di metafore e di figure tratte dal mondo naturale. Questo rapporto intimo con la natura si evince anche dall'importanza che ha la scultura (lignea) nel romanzo. Vi sono inoltre riferimenti alla letteratura e alla storia.
Per concludere: " I cento colori del blu" e` un libro che parla di scelte, delle loro conseguenze e dell'ineluttabilita` della vita.
Buona lettura.
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Perché leggere un rosacrime?
La risposta ci viene data, tra le righe (in senso assolutamente non figurato), dalla stessa autrice. Non cito letteralmente perché ho la versione elettronica del libro ed è tediosissimo e complicatissimo sfogliare un’epub alla ricerca di una frase, ma il concetto, che la Roberts butta lì tra un omicidio e un brasato, pressappoco recita: la vita è difficile, concediamoci il lieto fino perlomeno nella lettura. Purtroppo o per fortuna, solo i romanzi rosa hanno il lieto fine certificato. Ci sono tanti motivi in realtà per non sottovalutare un rosacrime, soprattutto se a scriverlo è Nora Roberts. La sua penna scorrevole e il suo equilibrio narrativo ci lasciano liberi di gustare la storia. Il rosa e il giallo sono colori che in generalmente non si amalgamano bene, ma l’autrice opera la magia e si avvale delle due tinte per dipingere un bel romanzo. La parte thriller, a dire il vero, ricalca copioni già visti al cinema o in libreria. In un clima di costante tensione psicologica l’assassino si avvale delle debolezze, delle paranoie della protagonista per far vacillare le sue certezze e screditare la sua testimonianza. Un tema già visto, ma pur sempre apprezzabile.
La parte rosa si prende una buona percentuale del romanzo. Anch’essa ben sviluppata, trova il suo punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi. Fragile, ma determinata lei, burbero, ma acuto lui. Il clima di suspense viene stemperato dagli arguti e simpatici dialoghi tra i protagonisti e poi tra questi e i -meravigliosamente tratteggiati- personaggi secondari. Mi sono affezionata a tutti loro durante la lettura. Vien quasi voglia di comprarsi un biglietto aereo per il Wyoming e chiedere indicazioni stradali per raggiungere questo paesino arrampicato su un paesaggio spettacolare, di una natura lussureggiante e incontaminata.
Per concludere: pur non essendo particolarmente originale, la storia è ben narrata e ne consiglio la lettura a chi non disdegna la componente romantica.
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No titolo!
Tocca a Sam, il secondo dei fratelli Nolan, trovare l’amore. Il primo libro della serie, “Come finiscono le favole”, vedeva protagonista Mark, il primogenito. I Nolan sono tre fratelli (ad Alex, il più piccolo, sarà dedicato il prosimo libro) emotivamente vittime di due genitori alcolizzati e difficili. In seguito alla loro morte trovano strade diverse, per poi riavvicinarsi al decesso della sorella Victoria che lascia in affidamento a Mark la sua bambina. Riscoprono pian piano una fraternità dimenticata o mai esistita. Portano però con sé le cicatrici lasciate da quell’infanzia disastrosa. Diventa perciò complesso legarsi a qualcuno, poiché quella particolare gioventù ha insegnato loro che riporre fiducia in chi ti sta attorno è quantomeno pericoloso.
Pur essendo la storia di Sam, il libro si apre sul rapporto tormentato tra una bimba di nome Lucy e i suoi genitori: un padre emotivamente lontano ed una madre che vizia Alice, la sua sorellina. Lucy poi cresce e da qui prende il via la storia che la vedrà protagonista, assieme a Sam, del libro.
Come sempre, il punto di forza dei libri della Kleypas è il tratteggio caratteriale. I suoi personaggi sono ricchi e ben caratterizzati. L’autrice rifugge la dicotomia e riempie il suo mondo di sfumature. C’è anche spazio per una piccola componente magica. In realtà questa particolare nota è da considerare il fil rouge della serie. In questo libro però, la magia non è quella sostanza incorporea che permea momenti di inspiegabili sensazioni, ma un atto reale e consistente. Frammenti di vetro possono diventare lucciole. I nostri protagonisti non hanno cappelli a cilindro, né lunghi mantelli neri, perciò in qualche modo l’autrice vuole spronarci ad accantonare per un istante l’aspetto razionale della vita a favore di in un atto esclusivo di pura fiducia: dobbiamo tornare a credere, come quando eravamo bambini, che il lato inspiegabile dell’esistenza è magico. E già lo facciamo perché, in fondo, quando ci innamoriamo e abbandoniamo al sentimento, altro non facciamo che riporre fiducia proprio in una piccola magia.
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La madre single, l'uomo tormentato ed il prete
(pare l'incipit di una barzelletta)
“Un piccolo sogno” centra poco con i libri della serie Chicago Stars che l’hanno preceduto (l’han già detto tutti vero?) . Mancano il tema sportivo, le situazioni comiche, il tono frivolo. Questo nuovo capitolo è in realtà più drammatico che divertente. Una disperata madre single finisce la benzina davanti ad un pub in ristrutturazione. Il cibo ed i soldi sono purtroppo finiti molto prima. La donna (Rachel) chiede lavoro al pub che, incidentalmente, cerca personale. Il proprietario (Gabe Bonner) si rifiuta però di assumerla (i motivi sono leciti). Inizia così l’incontro-scontro tra queste due anime danneggiate dalla vita, solitarie, sofferenti e diffidenti. Tutti i personaggi, persino quelli di contorno, sono descritti meravigliosamente. Non si può fare a meno di apprezzare la forza, la tenacia di Rachel, disposta a tutto per amore del figlio. Acuto e perspicace è anche il tratteggio della realtà di paese (realtà che pare essere uguale in ogni parte del mondo) i suoi elementi nocivi, la sue rivalità, i suoi chiacchiericci. Sboccia l’amore, ma ha le sue spine. Le sofferenze passate generano limiti che paiono insormontabili e, come in ogni paese che si rispetti, nessuno si fa gli affari propri: tutti contribuiscono a complicare le cose (qualcuno, a dire il vero, solo con intenti positivi).
Non è facile descrivere, analizzare e trattare in un libro la sofferenza: si rischia di scadere nel banale, nel pietismo. Probabilmente è ancora più complesso però il passaggio che mostra la svolta.. Ho apprezzato il modo in cui la Phillips pone i suoi personaggi di fronte al proprio dolore (schietto, realistico). Il cambiamento, la presa di coscienza sono invece trattati in maniera leggermente più superficiale. Un po’ come quando corri i 100 metri e dopo i primi 80, in cui hai dato il massimo, ti spompi ed inizi a rallentare. Non troppo, a dire il vero, ma quel tanto che fa intuire che stai perdendo colpi.
Non mancano, per finire, elementi di suspense, quelli mistici, sexy e divertenti (le figure del reverendo Ethan e della sua segretaria, per esempio, con la loro parallela storia d’amore fanno sorridere).Insomma, una storia piena di sfumature. Una storia che non parla solo d'amore.
In assoluto il mio libro preferito, nella serie.
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Chick lit di casa nostra
In genere non leggo autrici italiane perche` l’ambientazione nostrana toglie un po’ di magia alla narrazione. Quando i protagonisti si chiamano, per esempio, Paola e Marco e si incontrano per la prima volta nella metro milanese, sento svanire la poesia. Mi sembra tutto piu` credibile quando e` ambientato all’estero e posso liberamente fantasticare senza soffermarmi troppo sul realismo e la coerenza narrativa. Con Anna Premoli avevo fatto un’eccezione con il suo “Ti prego, lasciati odiare”. Non mi era piaciuto e lo avevo tranquillamente odiato. Ho voluto ritentare con “Come inciampare nel principe azzurro” (che e` ambientato un po’ a Londra e un po’ a Seul, passando per New York) e ne sono rimasta relativamente compiaciuta. I due libri hanno qualche punto in comune: i protagonisti si punzecchiano, si odicchiano, ma in fondo, si capisce, si attraggono. Le donne, poi, in entrambi i romanzi, hanno un lavoro di tutto rispetto (beate loro!): non sono solo men & fashion (giusto un pochino). La storia non ha nulla di veramente originale, ma si distingue in qualcosa: lui e` si bono, si intelligente, si alto, si ottimo a letto, ma e` anche uno stakanovista e ha qualche tratto orientale ( fiuuu! La Premoli ha corso un bel rischio: non a tutte piacciono i lavoratori instancabili con intensi occhi a mandorla!) La narrazione scorre comunque veloce, i dialoghi sono simpatici, i personaggi ben tratteggiati. Ho passato, insomma, un paio di orette piacevoli in compagnia di Anna e non mi posso lamentare.
Ps. Il libro ha anche una piccola morale: donne insoddisfatte di tutta Italia, non vivete nel limbo, ma date un calcio mentale al vostro modo di essere! Gettatevi a capofitto nelle situazioni, non si sa mai che, per caso, pur partendo da pessimi presupposti, non finiate per inciampare nel principe azzurro (dopo averlo calpestato pero` e` sempre bene chiedere scusa).
Perdonate gli accenti, ho la testiera americana :)
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Thriller romantico
Il “Testimone” è un rosacrime contemporaneo dal sapore cinematografico, che mescola azione, sentimento e piccoli sorrisi. Un po’ come i bei film anni ’80. Proprio in virtù di tali caratteristiche, il libro si presenta come un romanzo completo, ad ampio respiro e quindi, probabilmente, non adatto a chi ricerca solo un particolare aspetto -tra quelli sopracitati- nella propria lettura.
Quando il sipario si apre ci troviamo di fronte ad una scena di normale ribellione adolescenziale.
Ma la lettura procede e qualcosa non quadra. Madre e figlia sono atipiche. Di natura dominante e fredda l’una, manipolata e straordinariamente intelligente l’altra. La naturale, seppur tardiva, discordia getta le basi del traumatico effetto farfalla successivo. Elizabeth si taglia e si tinge i capelli. Si imbatte in una conoscenza, si compra il primo vestitino, va alla sua prima serata in discoteca, dà il suo primo bacio ed assiste al suo primo (e fortunatamente ultimo) omicidio. Un omicidio che, come se non fosse abbastanza, coinvolge la mafia russa. Ovviamente la sua vita ne è sconvolta.
I libro può essere diviso in due parti. La prima ci mostra una protagonista adolescente decisa a prendere in mano il proprio futuro. Una scelta che comporta delle terribili seppur fortuite conseguenze. La scena poi si sposta e ci fa vedere la donna che è diventata: sola, forte e fragile al contempo.
L’incontro con il commissario Gleason le cambierà finalmente la vita.
L’intreccio non è particolarmente originale, ma sopperisce a tale mancanza una spiccata caratterizzazione dei personaggi. La loro psicologia è tratteggiata così nitidamente da riuscire a conferire una venatura realistica e intensa alla narrazione. Elizabeth è certamente, tra tutti, il personaggio più interessante poichè mescola intelligenza e inabilità sociale, forza e debolezza. La paura, la solitudine la rendono necessariamente distante dal modo comune di vivere eppure non soccombe e riesce a ritagliarsi una sua atipica fetta di vita. Ho trovato il suo personaggio particolarmente commovente.
Il buon ritmo narrativo, lo stile impeccabile, calzante e appropriato fanno di questo libro un romanzo sfaccettato assolutamente intrattenitivo e meritevole di lettura.
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Se questo e` un libro
Premetto che ne ho letto (faticosamente) solo una trentina di pagine. Non si puo` giudicare un libro dalla copertina, quindi mi sono sforzata di procedere. Avrei, ad ogni modo, preferito terminare la lettura subito e gettare il libro fuori dalla finestra. Mi ha frenata solo la consapevolezza di essere al primo piano. Insomma non so come la storia prosegua, percio` mi limito a denigrare quello che ho letto.
Forse non mi e` mai capitato di leggere un libro cosi brutto (e ne sono felice). Non ho controllato, ma credo che l'autrice sia un'adolescente. Non c'e` altra spiegazione. Gia` che si faccia riferimento ai Tokio Hotel fa pensare. Non che abbia nulla contro i Tokio Hotel (non li conosco) o i loro fan, ma so che piace ai giovanissimi. Comunque, il vero pugno nello stomaco sono i protagonisti. Dovrebbero avere diciotto o diciannove anni, ma ne dimostrano tanti di meno. Parlano come tredicenni, sono nevorotici, antipatici, maleducati. Si insultano in modo spiacevole, sbattono porte, sono egocentirci ed egoisti, si lamentano continuamente e di tutto.
Seppure fosse stato nelle intenzioni dell' autrice far evincere l'immaturita` dei suoi personaggi, lo ha fatto nel modo, secondo me, sbagliato. Lo stile e` scarno, povero, infantile, brutto. Credo che tutta questa acrimonia, questa ostilita` voglia sottintendere il sentimento. Insomma, ti urlo contro perche` in fondo mi piaci e non voglio ammetterlo. Ma e` realistico un comportamento simile a diciotto anni?
Ho letto qualche recensione su internet e mi sembrano quasi tutte entusiastiche.
Sono basita.
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Un romanzo rosa atipico
Una delle scelte che piu` mi ha colpita dell'autrice e` stata quella di dare un nome cosi` indicativo alla protagonista del libro. Cora e` la figlia avvenente dei signori Cash, un' ereditiera priva di nobili natali che finira`, spinta dalle necessita` materne, per attraversare l’Oceano. Qui incontrera` ed accidentalmente si innamorera` di un giovane duca privo di mezzi, un uomo misterioso e tormentato che decidera` di prenderla in moglie.
Il cognome di Cora, Cash, che di fatto si puo` tradurre con "contante", e` l'esplicita, quanto cruda identificazione del soggetto con il denaro. In questo libro tutto gira intorno al soldo, alla ricchezza e anche, in senso diametralmente opposto, alla sua mancanza. Cora non e` in realta` la vera o, meglio, la sola protagonista della storia. Anche la sua cameriera potebbe assurgere al medesimo ruolo, poiche` le loro vicende hanno uguale spazio e identica intensita` narrativa. Le loro storie sono come parallele che si uniscono all'infinito e, nella fattispecie, e` un sentimento specifico (che non vi svelero`) a permetterne, sul finale, la congiunzione. In realta`, ci sono diversi e inevitabili punti di contatto tra le due figure. Le loro vite si intrecciano di continuo: alle volte si tratta solo di un' unione concettuale (ricchezza e poverta` o forza e debolezza), altre di una vera e naturale interazione fisica. Il vero protagonista, per me, rimane sempre e comunque il denaro. In questo libro e` la forza motrice. La madre di Cora e`, per esempio, la massima espressione della donna che guarda egoisticamente solo al proprio prestigio economico e sociale. Le sue scelte sono il frutto della ricerca spasmodica dell'obiettivo prefissato, incurante del benessere di chiunque (persino della propria figlia). La signora Cash e` cosi parossisticamente concentrata sul proprio obiettivo che, spesso, la cieca ricerca diventera` causa del suo stesso male. Ma a lei, in realta`, poco importa: come un generale si rialzera` e marcera` imperterrita verso la meta. E` certamente una delle figure meglio caratterizzate. Il denaro pare dettare anche le scelte dei due uomini che fanno parte della vita di Cora. L'amico di gioventu`, quello che rinuncia a lei perche`, per sua stessa ammissione, spaventato dal suo ingente patrimonio e il duca inglese che la sposa, forse, solo per interesse economico. Fa da cornice al mondo privilegiato dei ricchi un substrato di poveri lavoratori (la cameriera sopracitata ne e` un esempio) non meno vittima -anche se in senso diverso- del soldo.
Tutte le figure del libro sono ben caratterizzate. Si muovono in un valzer di intrighi, misteri e segreti sottaciuti creando l’intreccio che e` caratteristico di questo romanzo. Tutto e` diverso da come appare.
Il romanzo si sviluppa in due parti. La prima si snoda sullo scenario del Nuovo Mondo, copia tutt’altro che fedele di quello vecchio, l’Inghilterra. Qui osserviamo una nobilta` economicamente e moralmente decadente. Ancorata in tutto e per tutto alle tradizioni stantie del passato. La nobilta` americana si agita invece alla ricerca di una nuova identita` basata sulla meritocrazia, ma non del tutto capace di staccarsi dalla madre Inghilterra. Vi getta pero` di frequente l’occhio alla ricerca di autentica approvazione. La nuova ricchezza, basata sul commercio, si scontra cosi con la poverta` di nobili natali. Il nuovo e il vecchio sono accomunati da una certa dose di cinismo e d’egoismo. Il viaggio che portera` Cora alla ricerca di un marito nel Vecchio Mondo e` emblema di quella rottura interiore che la condurra` alla perdita` dell’egocentrismo e delle vanitose sicurezze e alla conquista di una piu` moderata e razionale coscienza della proprio posto nel mondo. Nonostante tutto Cora e` un personaggio forte, indipendente e sapra` in qualche modo reggere all’impatto. Piu` sfuggente ed etereo, anche se tutt’altro che irrilevante, e` invece il personaggio del duca, i cui misteri verranno svelati, solo in parte, sul finale.
“L’ereditiera americana” non e` il classico romanzo rosa. L’amore ha un piccolo spazio nella narrazione, ma non e` attore principale.
Ci sarebbero tante altre piccole cose da dire, ma mi fermo qui perche` non so come ficcarle nel discorso. Mi scuso per gli accenti, ma ho una tastiera.. americana :)
Nota:
Esiste il blocco del recensore? In fondo il recensore e` quasi uno scrittore...
Beh, non e` propriamente vero. Supposto che quella del sapere scrivere bene sia una qualita` che appartiene ad entrambe le categorie, immagino che cio` che principalmente ne sancisce la differenza e` il rapporto di dipendenza. Il recensore non esiste senza lo scrittore. Le altre qualita` possono appartenere, indifferentemente, all'una o all'altra categoria (anche se, per amor del vero, bisogna sottolineare che il recensore tende generalmente ad una scrittura piu analitica che creativa). Quindi, tornando al principio e ammettendo che puo` esistere, per estensione, un blocco del recensore, devo ammettere che, pur non entrando realmente nella categoria del recensore, sono stata in pieno blocco. Avevo un sacco di cose da dire, ma non sapevo come gettarle su carta o, meglio, su Word. Mi pare di ricordare, pero`, che il blocco dello scrittore sia leggermente diverso e che denunci una momentanea assenza di idee. Ad ogni modo non importa: questa noiosa nota voleva solo scusarmi con voi per non essere stata del tutto lineare nella mia dissertazione.
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L'obiettivo delle favole
Il tema e` delicato. Non puo` essere altrimenti quando si parla di bambini e della morte prematura di un genitore. Il tema si fa ancora piu` difficile se la perdita va a colpire un nucleo familiare monogenitoriale. La piccola Holly, alla morte della madre, viene affidata per volonta` testamentarie alla cura di uno zio. Lo shock per la perdita e` grande e la bimba si chiude nel mutismo. Lo zio Mark, fratello della madre defunta, decide fortunatamente di assumersi la responsabilita` affidatagli e di prendersi cura della bambina. Il complito non e` semplice per uno scapolo disilluso, ma vengono in suo soccorso i fratelli (Alex e Sam saranno protagonisti dei due successivi libri che compongono la trilogia) e una giovane venditrice di giocattoli.
L'autrice decide di non scavare a fondo. Che sia una scelta di comodo oppure un punto di vista particolare sul tema non e` dato saperlo. "Come finiscono le favole" e` in realta` , di per se`, una favola, poiche` racconta di esperienze difficili, ma lo fa dal lato delle soluzioni semplici, magiche. Non si affronta il dramma, non si scava nella sofferenza, ma la si lascia solo intuire. Si vuole offrire un messaggio di speranza: l'affetto e un pizzico di magia sono l'antidoto al dolore. Che sia una morale troppo semplicistica? Non e` un libro di grosse pretese, ma solo una piccola dolce parentesi (cio` ne spiega in parte la brevita`).
L'autrice ha il grande pregio di saper usare toni delicati, consoni: si evince una certa appropriata misura nella narrazione. Una grande fetta della storia tratta d'amore. L'amore nelle sue disparate forme: quello filiale e quello tra uomo e donna. La Kleypas sa amalgamare i suoi ingredienti con saggezza e acume. Conoscevo gia` quest'autrice (e questo in parte influenza la mia recensione) e nel libro ho potuto riscontrare il suo stile scorrevole, piacevole.
Concludo: la vita non e` certamente una favola e un libro non puo` certo aiutarci a vederla come tale, ma possiamo scegliere (e non esiste una risposta univoca) se lasciarci coccolare brevemente dall'illusione. In fondo e` sempre stato questo l'obiettivo delle favole.
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La bibliotecaria e il silvicoltore
*Possibili lievi spoiler*
Credo che da qualche parte sia scritto, nel galateo del lettore, che tra bibliofili sia doveroso aiutarsi.
Sostengo quindi che sia mio preciso dovere informare i futuri potenziali lettori de " Il Tizio della tomba accanto" che questo libro manca di una fine. La conclusione del libro semplicemente non coincide con la conclusione della storia e ti lascia la stessa sensazione che ti danno le interviste tagliate in tv: sei consapevole, lo percepisci dal respiro dell'intervistato e dal senso incompleto del discorso, che avrebbe potuto aggiungere ancora delle cose importanti.
Bisognava forse cogliere dalle sfumature, dagli indizi disseminati lungo il percorso, il senso vero di questa racconto? Forse la mia interpretazione e` falsata da un innato bisogno di romanticismo. Probabilmente avrei dovuto attenermi al senso nudo e crudo dell'inchiosto ed accettare il fatto che il finale semplicemente... fa schifo.. L'orrore pero` non nasce solo dalla puerile pretesa di un tondo lieto fine, ma anche dal messaggio, a mio parere ardito, inserito in dirittura d'arrivo.
"Il tizio della tomba accanto" racconta di un incontro tra personalita` con gusti e stili di vita completamente diversi. Due vite inconciliabili si incrociano e, poiche` vittime di una reciproca attrazione, rimangono incastrate. L'amore cerca di gettare abbondanti quantitativi d'olio tra due meccanismi che stridono e fanno scintille perche` gli ingranaggi non combaciano.
Un cimitero fa da iniziale e insolita cornice alla storia. I nostri eroi si incontrano di frequente e per caso di fronte alle lapidi, incidentalmente vicine, dei rispettivi cari. E proprio queste lapidi sono forse, fin da principio, emblematiche delle inconciliabili diversita`. Questo insolito sfondo ci fa fin da subito presagire una storia che ha del surreale, una nota di follia stemperata da uno stile irriverente e a tratti divertente.
L'autrice ci distrare cosi da quello che e` il vero fil rouge della vicenda: la solitudine.
La vita e` un universo di piccoli pianeti solitari alla continua ricerca di un globo attorno a cui gravitare. Qualche pianeta, esausto, smette di girare, qualchedun altro non conosce pace, alcuni infine trovano il loro assetto lontano dal proprio sole.
La storia e` scritta a due voci. La versione di lui e la versione di lei. Solo alla fine si amalgano e il pensiero sembra combaciare. La narrazione originale (a tratti addirittura poetica) si adatta perfettamente alla vicenda raccontata e ne e`, per certi versi, il vero punto di forza.
E` un libro che val la pena leggere?. Forse si, forse no. Questo libro mi ha mal condizionata: non vi consiglio nulla, lascio fare al caso.
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Ragione e... Ragione
"L'abbazia di Northanger" si apre con una brevissima introduzione dell'autrice sulle vicissitudini editoriali del suo piccolo manoscritto. Il libro venne infatti terminato nel 1803, acquistato immediatamante da un editore, ma pubblicato solo tredici anni più avanti. L'autrice ci vuole quindi rendere partecipi delle sue lecite perplessità sulla vicenda e lo fa in tono neutro, compassato. Il dubbio però sulla sua vera posizione , forse un po' critica, ci rimane. In effetti l'ipotesi non è smentita nel prosieguo della lettura, poiché di una sottile vena critica il romanzo è permeato fin dalle prime pagine. Quello che l'autrice ci vuole offrire è uno spaccato delle incogruenze, della superfacialità e dell'ipocrisia dell'epoca. Si ha quasi l'impressione di assistere ad un'opera teatrale: una commedia nella quale si muovono personaggi di cui l'ingerenza narrante Austiniana ci induce a burlarci . Il lettore non può quindi fare a meno di percepire un vero distacco da una storia nella quale agiscono e parlano donne e uomini volutamente e ferocemente stereotipati.
Non possiamo e non dobbiamo affezionarvici.
Il ritratto della piccola nobiltà dell'epoca che ne esce è terribile: individui totalmente ripiegati su stessi, ciechi a tutto tranne che ai propri sentimenti. Si salvano in pochi o forse non si salva nessuno.
Incomunicabilità, vanità e affettazione sono probabilmente i veri protagonisti di questa parodia di un mondo che si nutre di inezie e sopravvive di ipocrisia.
Il peso di un punto di vista così estremo viene però addolcito dai toni morbidi e ironici dell'autrice, che punzecchia e critica, ma lo fa con una dose generosa di inconfondibile e autentica eleganza.
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Il principe azzurro e` tatuato
"Uno splendido disastro" si inserisce in quel genere letterario che sta recentemente spopolando in America e che, seppur con discreto ritardo, prende piede anche in Italia. Lo Young Adult e` una corrente che, come ne suggerisce la definizione, trova il suo pubblico principalmente tra gli adolescenti o tra quei giovani che l'adolescenza l'hanno appena superata. I nostri protagonisti, nella fattispecie, ne sono appena usciti e si incontrano e si scontrano agli albori della loro carriera universitaria.
"Uno splendido disastro" e` la storia di un amore che conferma il popolare detto "gli opposti si attraggono". L'autrice ci fa subito intendere che e` di questo che vuole parlare: un amore che sboccia dalle antitesi e che di scontri e confronti si nutre. Ma nulla, nemmeno le differenze possono scalfire il Sentimento, quello vero e sincero, che nasce dall'interesse e che cresce nella smaniosa necessita` della propria meta`. I protagonisti di questo libro si respingono e si attraggono in un gioco di magnetismo tanto intenso da impedirci di staccare gli occhi dalle pagine.
Il libro e` scritto con un stile semplice, scorrevole, ma pregnante. Io ci ho visto anche una sorta di simmetria: i protagonisti sono due, i coprotagonisti pure. Anche l'amore e l'amicizia vanno in coppia e le altalene sentimentali hanno un ritmo altrettanto regolare.
Uno dei maggiori pregi dell'autrice sta nella capacita` di delineare e rendere vivi i suoi personaggi. Persino le figure a margine, quelle che servono da mero espediente alla storia, sono tratteggiate con maestria.
Travis, il protagonista, e` un bambinone con tanti muscoli. Tenero, intelligente, geloso, protettivo e seducente, tenta di risolvere i problemi con i pugni.
Abby, la nostra lei, e` intelligente, indipendente, diretta, onesta.
Lui ci rimane impresso, lei, almeno secondo me, un po' meno. Insieme pero` fanno scintille.
Ridurre tutto pero` al solo elemento amoroso non rende giustizia all'autrice, perche` questo libro parla di tante altre cose e lo fa altrettanto bene. Amicizia, crescita, emancipazione sono solo alcuni degli altri ingredienti.
"Uno splendio disastro" e`, per concludere, una moderna favola d'amore. Il principe azzurro non ti raggiunge piu` a cavallo, ma ha il corpo tatuato e si fa strada a suon di pungi. Del vecchio stereotipo ormai rimpiazzato mantiene pero` il fascino, il carisma e la dolcezza.
Auguro a tutte le lettrici di trovare il proprio Travis (con le giusti varianti personali, naturalmente)
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Erotismo e maltempo
Credo che (s)parlare di Cinquanta sfumature di Grigio sia un po' come lamentarsi del cattivo tempo: tutti lo fanno. Un po' perche` va di moda, un po' perche` e` diritto inalienabile di ogni abitante della terra lamentarsi di qualcosa e un po' perche`, effettivamente, il cattivo tempo dura troppo (in questi giorni pero` sembra sia arrivata finalmente la primavera). La trama ormai la conoscono tutti, percio` saro` veloce e sintetica: c'e` un lui e c'e` una lei (come in ogni romanzo rosa o erotico che si rispetti), lui e` un riccone americano sulla trentina che si eccita solo quando gioca il ruolo del dominatore. Lei e` una ragazza comune, forse carina, forse intelligente, forse spiritosa che cattura l'attenzione di Mr Grey (il riccone sopracitato). Lui la desidera, ma non puo` fare a meno dei suoi giochetti masochistici percio` decide di iniziarla ai piaceri della carne ed, in particolare, ai piaceri BDSM.
Il libro ha ovviamente 50 sfumature di sesso. Se ne parla continuamente e tutto ruota intorno a questo elemento. Potresti leggere pagina 20 e poi saltare alla 40 e non ti accorgeresti della differenza.
Molti si vergognano di averlo letto, alcuni si vergognano di averlo letto e di esserne rimasti affascinati, percio` in pubblico si simula indifferenza e un lieve disgusto, ma poi si corre a casa per continuarne la lettura. Nulla di male, io trovo sia piu` vergognoso vergognarsi dei proprio piaceri e delle proprie letture che non leggere affatto. Ma perche` questo prodotto ha affascinato tanto? E` l'elemento sessuale, l'elemento BDSM o il sesso raccontato dal punto di vista della donna sognatrice comune? Io credo che giochino un ruolo fondamentale tutti e tre i fattori e che, in un certo senso, l'esperimetno "Cinquanta sfumature di Grigio" dimostri quanto si sottovaluta quella vena trasgressiva e sensuale che corre sotto la superficie della donna odierna. Credo che l'autrice sia stata astuta: ha mescolato il sogno maschile di tutte le donne e ci ha schiaffato intorno una storia passionale e, a tratti, romantica, confezionando cosi` un prodotto che si vende bene, ma che lascia poco o niente. (Un po' come ricevere una bellissima scatola, ma senza regali all'interno).
Nota. Chiedo scusa perche` la mia non e` una vera e proprio recensione, ma solo una riflessione.
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