Opinione scritta da SPACK
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Rallenta nel finale
Le parole cessano d’essere fini a loro stesse, ripetizioni, errori apparenti e monosillabi diventano gesti e stati d’animo, così facendo l’autore riserva al proprio pubblico libera interpretazione. Il linguaggio informale ci accompagna all’interno del romanzo che si preannuncia poco inibito e che si srotola da un capo all’altro degli Stati Uniti.
Kerouac esprime con naturalezza disarmante le proprie impressioni, la scrittura disimpegnata a tratti fumettistica rende la lettura di una leggerezza sconcertante. L’evolversi del racconto descrive la storia del giovane Sal, –verosimilmente l’autore stesso- squattrinato newyorkese dalle origini italiane che negli anni cinquanta decide di percorre su e giù gli States in un viaggio che si conclude nella stessa stanza da dove ha avuto inizio. Oltre trentamila chilometri senza la men che minima sicurezza economica, particolarità che farebbe desistere il più accanito viaggiatore d’oggi. In un susseguirsi di passaggi su mezzi più o meno di fortuna, quasi sempre accompagnato o in direzione dei suoi amici, Sal avido d’esperienza percorrerà orizzontalmente e ripetutamente la sua terrà natia e una sola volta in linea verticale, direzione Messico.
Degna di nota la storia d‘amore vissuta tra i campi di cotone, inebriante ed unica condizione che piegherà il suo spirito itinerante e spezza, per così dire, la monotonia del viaggio. Profondo amatore della vita, l’autore ed il suo protagonista si circondano di persone carismatiche e mai banali. Consumando insieme a loro non sempre splendide giornate che vivremo attraverso le pagine del libro.
Più coinvolgente e veloce nelle prime due parti, il capitolo è reo di rallentare il passo con l’avvicinarsi dell’epilogo. In un profondersi di parole onomatopeiche non sempre sapientemente traslate, veniamo catapultati ben lontano dalla caotica vita borghese nella quale siamo costretti ed ormai abituati. Una biografia da vivere con coraggio lontano dalle ricchezze materiali, abbracciata fin da subito all’uscita del libro da tutta la -beat generation-.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Beat generation fans.
La speranza indiana
Il libro spazia tra i molteplici argomenti della scena indiana, trattando temi come l’economia, l’incursione dei Beatles, Siddharta, passando da attenti e studiati resoconti storici dei più importanti capitalisti indiani a partire dal pre-colonialismo inglese, fino all’erotismo e la sua evoluzione. Si inerpica su temi scottanti come la pratica delle sati e l’impatto delle gang nelle città di maggior rilievo, non dimenticandosi di tantra, yoga, politica e chi più ne ha più ne metta.
L’autore vuole palesemente chiarire l’esponenziale crescita del paese asiatico. Definendolo uno stato traboccante di scuole private, dove perfino i contadini delle zone rurali capiscono l’importanza dell’istruzione e investono sui propri figli. Riversando implicitamente tra le righe del testo il profondo rispetto nei confronti del paese dei monsoni.
Nota dolente, è la completa mancanza di ironia che inizia a farsi sentire a circa metà capitolo. Tale accortezza avrebbe alleggerito i vari intramezzi storici ed indirizzato la lettura a un più grande pubblico.
Non impareremo nulla dell’India di oggi, dei suoi profumi, dei suoi sapori o costumi. Ma ci insegna la storia e le basi su cui è fondata una civiltà tanto antica che riesce a distinguersi perché mantiene da sempre vive le sue tradizioni.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Oltre L'Esilio -Vol.2-
I reduci del primo capitolo hanno aspettato con ansia l'arrivo del secondo e l'attesa non può aver deluso le aspettative.
Degna delle migliori critiche, la storia si evolve orizzontalmente. Rapida e incessante. Nel continuo della sua avventura il capitano “Kilroy” –unico riferimento non confermato al nome del protagonista- sarà alle prese con i non-morti e con un nuovo amico/nemico, mentre la situazione al campo base si evolve velocemente.
Il capitano non lascia nulla per scontato, controlla il funzionamento delle armi che trova tenendole ben pulite ed oliate, guarda nelle tasche degli zombie abbattuti per trovare oggetti utili, scruta minuziosamente i rifugi di fortuna dove passerà la notte, calcola la quantità di carburante prima di mettersi in viaggio, conta le munizioni alla fine di ogni conflitto…
Il continuo rinnovo di armi, attrezzature e oggetti d’equipaggiamento come mai prima, elimina definitivamente ogni dubbio o perplessità della critica e risulta la carta vincente di cui aveva bisogno questo secondo capitolo per decollare.
Un altro diario dalla livrea impeccabile di quasi 300 pagine che vi impegnerà, purtroppo, solo per qualche ora. Neanche a dirlo il finale lascia spazio e introduce al terzo ed ultimo capitolo che anche per i neofiti del genere sarà ormai diventato un passaggio obbligato.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Epidemie in genere
Marco Polo non ci è mai stato
Una delucidazione sull’approccio alla lettura del testo, così si sente di esordire Potts per inaugurare il suo nuovo libro. Soffermandosi in particolar modo sulle –note conclusive- dove vengono “riportati chiarimenti sulla scrittura del racconto stesso”. Le obsolete e striminzite note a piè di pagina, perderanno la loro essenza dopo che Potts ne ridescriverà le regole.
Non più spiegazioni coincise ma veri e propri paragrafi atti a ridisegnare la storia del racconto, per farcela vedere da altre angolazioni, quella dello scrittore in primis.
Il testo non è solo una dispensa di storie e brandelli di vita di uno scrittore itinerante e delle persone che ha incontrato ma anche un'introspettiva sulla vita giornalistica che lo accompagna nei suoi viaggi.
Così, completamente avvolti nei suoi panni, vi ritroverete coinvolti in una rapina ad Istanbul, a frequentare corsi di sesso tantrico in India o a parlare con una detenuta nella prigione di Bangkok.
Perfettamente suddiviso in tanti piccoli racconti, sarà possibile apprezzarlo con una lettura disimpegnata. La scelta inusuale di posticipare e protrarre le note a fine capitolo è indubbiamente vincente, grazie alla capacità di creare ogni volta finali alternativi rimpinguerà presto il nostro senso di appagamento.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Vagabondaggi
Vagabonding
Diario di un sopravvissuto agli zombie
Un mero diario, semplicemente questo è il primo libro di quella che si preannuncia un epica trilogia apocalittica.
Nessun lessico universitario dunque, c’è spazio anche per ripetizioni ed errori grammaticali, perché questo è in tutto e per tutto un memoriale di un ex marines che sta sopravvivendo. Niente poesie, concetti terminologici ricercati o ardue similitudini ma la sola impronta marziale a scandire il tempo di un racconto vissuto giorno per giorno.
Basteranno poche pagine per essere indirettamente coinvolti, quasi come fosse un gioco di ruolo, rimarremo col fiato sospeso mentre i personaggi si troveranno a dover prendere decisioni vitali. Ci troveremo così ad affezionarci indiscriminatamente ai personaggi, che se pur descritti sommariamente coprono ognun per sé un ruolo specifico. Trepideremo e affanneremo insieme a loro quando le vicissitudini li metteranno in pericolo. Il piccolo gruppo di sopravvissuti diventerà “il nostro gruppo” e in questa nuova vita, attraverso le pagine del diario di Bourne seguiremo ansiosamente le loro avventure.
Non è mai stato un mistero che il libro avrà dei sequel e se tutti e due questi capitoli avranno la particolarità di farci rimanere incollati alle pagine come ha fatto il primo, il successo sarà assicurato.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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America Perduta
È il 1989 quando in Gran Bretagna Secker & Warburg pubblica l’inedito di Bryson, primo tra i libri dell’autore tradotti per la penisola.
In questo viaggio alla ricerca del passato, l’ormai quarantenne con la solita ironia che lo contraddistingue ci porterà ad attraversare le lande desolate di un America che generalmente rimane in ombra. Quella dei paesi e piccole città, delle realtà isolate e sperdute che si trovano tra le grandi metropoli e che tendenzialmente rimangono nascoste alla pubblica informazione.
Non passa molto tempo dalla scomparsa del padre, prima che lo scrittore decida di intraprendere un viaggio sulle orme di quelli che sono i ricordi delle vacanze di famiglia.
Tradizionalista e figlio del risparmio, si mette a bordo dell’anonima auto prodotta negli States, fedelmente prestata dalla madre e parte alla ricerca dei profumi di un tempo.
Il testo è più facilmente apprezzabile se si ha un idea a largo spettro della storia americana, condizione tuttavia non indispensabile per via della semplicità con cui è scritto.
Si evince dalle esperienze biografiche che l’America ci tiene a preservare la propria storia, lasciando vividi i ricordi attraverso le innumerevoli tenute dei propri V.I.P., perfettamente conservate e dissipate lungo tutto il territorio a stelle e strisce.
Inopinabile è l’encomiabile abilità di Bryson nel descrivere luoghi ed eventi. Purtroppo per lui, le desolate, sconfinate e ripetitive pianure americane non lasciano scampo neppure a un ex giornalista del Times, così che ogni tanto capiterà di annoiarci nell’attesa che il nostro cicerone non trovi qualcosa di abbastanza interessante da descriverci. Noia che prontamente scompare all’arrivo dei centri abitati, capaci di riportare un po di colore e respiro a un romanzo cha a tratti potrebbe risultare difficilmente digeribile.
Non aiuta di certo la divisione dei capitoli, palesemente casuale. Neppure l’ordine cronologico degli eventi risulta percettibile, sommato il tutto alla mancanza di una traccia ne consegue che se decidessimo di scuotere il libro per mischiarne i passaggi non si avrebbe alcun effetto.
Fortunatamente, l’inimitabile cinismo di Bryson che accompagna tutta la lettura sarà un buon compromesso alle parti meno interessanti dello scritto.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Farfalle sul Mekong
Scritto quasi venti anni fa questo libro vi farà respirare splendidi scenari d'oriente.
Il testo sostanzialmente si divide tra Tailandia e Vietnam con una piccola dose di umorismo che fa capolino di tanto in tanto tra le pagine, mentre marito e moglie inerpicano in quella che risulta essere una piccola avventura nel Sud Est Asiatico.
Durante la scoperta del primo Stato vengono fatte riflessioni sulla direzione di uniformità in cui versa il mondo, l’esempio comune è quello delle catene di alberghi. Per cui non si riescono a fare distinzioni tra strutture distanti migliaia di chilometri l’una dall’altra, dove all’interno delle quali troveremo gli stessi arredamenti, le stesse scelte di colore e addirittura gli stessi formalismi. Passando poi per il dress code che anch’esso avvicina tutti e, sempre meno, sono le persone che riescono a rimanere aggrappate alle proprie tradizioni.
Anticipando così di ben dieci anni il filosofo Onfray che tratterà indipendentemente il tema, scrivendone un saggio e chiarendo in termini filosofici ogni punto trattato in questa parte del libro (1997 prima edizione di “Farfalle sul Mekong”, 2007 prima edizione di “Filosofia del viaggio”).
Dalla penna del protagonista vengono descritti tutti i momenti di dialogo e i retroscena di una realtà che si sta ancora riassestando. È un volto in parte in ombra quello del Vietnam nel periodo post guerra che preoccupa sensibilmente i due viaggiatori, essi infatti troveranno piccole difficoltà fin dalla richiesta del visto e non riusciranno a nascondere tra le righe le proprie paure.
Il tutto non pregiudica però la stesura del testo che è sempre ricca di dettagli, sotto una pesante impronta giornalistica incapace di farsi sfuggire qualcosa, l'autore sarà in grado di farci percepire ogni sfaccettatura del paesaggio che lo circonda.
Non mancano innovative (quindici anni fa lo erano sicuramente) scoperte gastronomiche come cobra, cane o coccodrillo. E culturali come la cerimonia di matrimonio all’interno di un villaggio Vietnamita.
Bellissima inoltre la scoperta del significato di “Farfalle sul Mekong” ma questa storia lascio che la scopriate leggendo.
Il protagonista, con incessante impegno farà di tutto per comprendere a pieno abitudini, tradizioni e storia dei locali ma per tutto il viaggio non lo vedremo mai abbandonare le scarpe del turista per inoltrarsi in quei percorsi meno battuti che il viaggiatore troverebbe per portamento. Un vero peccato per un testo scritto con tanta ricercatezza ma la battaglia che impelle da sempre e che vede come protagonisti viaggiatori e turisti non accenna ad affievolirsi neppure alle porte del 2013 e Ruggeri non ne è che un altra vittima.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Io sono leggenda.
“[…]dopo tutto bisogna arrangiarsi” sono queste le parole del protagonista di un libro che descrive pienamente coraggio, spirito di sopravvivenza e di adattamento.
Un continuo combattere con la propria mente per non lasciarsi andare, per non arrendersi. Verosimilmente un diario quello di Neville, personaggio centrale del romanzo che ancora innamorato della propria moglie, donna che l’autore ha deciso di portargli via fin dalle prime pagine, è condannato da se stesso e dall’evolversi degli eventi in un mondo che gli riserva una vita di privazione, costretto nella casa di famiglia che non riesce ad abbandonare.
Si tende a pensare che un libro incasellato temporalmente in un periodo post apocalittico e incentrato sulla storia dell’ultimo uomo della terra possa a un certo punto risultare monotono e quindi ripetitivo ma per quanto lo siano le sue giornate il libro non lo è affatto. La capacità dell’autore ci regala un emozione per ogni giorno che passa, così che trepideremo osservando il protagonista arrancare verso la puntuale attesa delle tenebre. Padrone del giorno infatti Neville diventa un umile spettatore durante la notte, un obbligata convivenza con la morte nella continua battaglia ai limiti dell’esistenza.
Il testo è una pietra miliare del genere e personalmente ritengo che non gli sia dato il dovuto merito. Scritto magistralmente non risulterà mai noioso e saremo in grado di apprezzarlo, leggendolo in poche ore.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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"Il viaggio in termini filosofici"
Capirete che l’idea di leggere un libricino di 114 pagine con agilità e in poche ore sarà solo un utopia più o meno alla terza riga del quarto foglio, ovvero all’inizio del testo. Finito la prefazione infatti, il mio unico pensiero è rivolto al malcapitato che ha dovuto tradurre un libro dal lessico così poco scolastico, tale Luigi Toni, capace di far perdere tra le sue metafore e macchinose similitudini perfino l’autore stesso, svelato l’arcano e mosso un minuto di silenzio in segno di compassione, ricomincio da capo.
Due, sono le chiavi di volta per una più facile comprensione di questa “opera” , paradossale lo so ma eufemisticamente parlando lo sono anche le righe del libro, per tanto mi concedo licenza terminologica: la prima si nasconde dietro al titolo che risulta forviante, “Il Viaggio in termini filosofici” è quello icastico; la seconda risiede nell’approccio alla lettura che deve essere ricca di enfasi, teatrale direi. Prefissi i concetti, svelate le chiavi avete la giusta cognizione per poter procedere.
Con un impronta filosofica marcata quasi a voler rivendicare una cattedra universitaria che comunque già gli appartiene, Onfray ribadisce nuovamente le sue idee ateiste lasciando ben poco spazio a opinioni personali. Ateista si e non perde occasione di ricordarcelo.
Critico e vagamente criminalizzante nei confronti dei viaggiatori e delle società, con tutti i suoi insegnanti e insegnamenti. Dimenticando più volte che il viaggio rispecchia la libertà di scelta dell’individuo e che noi tutti dobbiamo avere la possibilità di scegliere. Il testo tratta da più punti di vista il tema della modernizzazione che secondo l’autore unifica tutte le città del mondo, differenziandole solo per il trascorso storico/culturale, l’idea di base è che sarebbe anacronistico credere di poter ritrovare centri urbani ancora radicati ai principi su cui sono stati fondati. Non manca poi, di esprimere con concetti filosofici la propria opinione politica e religiosa, definendo come queste due istituzioni ci limitino e si siano insediate per divergere le nostre decisioni.
In un ostentata ricerca di emettere giudizi, il libro è atto univocamente a definire le proprie idee filosofiche senza accettare compromessi. Opinioni personali dell’autore particolarmente interessanti vengono redatte sulla relazione tra velocità/spazio/tempo e modernizzazione/mezzi di trasporto. Mille sfaccettature, tutte inerenti e rapportate al viaggio, dove il lettore potrà trovarsi d’accordo sui punti in base all’argomento.
Abbondano sicuramente concetti paradossali, discordanti e contraddittori che se pur raccontati con elaborata vena poetica spesso non esimono il lettore dal doversi imbronciare vistosamente.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
Vagabonding, l'arte di girare il mondo
Scalpita il giovane Potts, nella sfibrante ricerca d’imprimere al suo piccolo tascabile quella marcia in più in grado di proteggerlo dai pesanti battiti scanditi dal tempo. Scaltro, ormai maestro di trucchi che i lunghi giri intorno al mondo hanno insegnato lui, affida tutto alla filosofia come nuova concezione di vita e quindi di viaggio. Una completa rivisitazione dell’Almanacco di Gotha la sua, dedicata al poter vivere fuori casa, cittadini di un mondo che richiede tempo per essere scoperto.
Potts in questo libro racchiude tutti i segreti per il successo dei viaggi a lungo termine e della vita intrapresa come un pellegrinaggio nel mondo. Straboccano gli oltre cinquanta aforismi di autori d’oltre tempo e pionieri dell'escursione come Walt Whitman, Hemingway e Melville, solo per citarne alcuni. Tutti all’interno di quelle schematiche pagine racchiuse in capitoli molto simili nella forma ma non nel contenuto.
Non potevano mancare in questa guida psicologica le voci fuori campo dei viaggiatori erranti che puntualmente si presentano alla fine di ogni passaggio, precedute generalmente da vere e proprie info contenenti i contatti che ogni buon viaggiatore dovrebbe avere con sé, degne di una qualsiasi Lonely Planet.
Se siete disposti a mettere da parte le comodità degli Hotel a 4 stelle, sostituire il vostro trolley con uno zaino e abbracciare una filosofia di vita che non pensa al domani dedicata solo alla scoperta del presente e del mondo, questo libro vi aiuterà sicuramente a realizzare i vostri desideri reconditi. Se invece non vi credete ancora pronti, sarà un buon punto di riferimento per iniziare a gettare delle fondamenta.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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AUTOSTOP CON BUDDHA
Dopo due anni come insegnante di inglese sulle remote isole Amakusa nel sud del Giappone e sulla soglia dei quarant'anni, Ferguson decide di percorrere un atipico coast-to-coast nell'arcipelago del sol levante.
Atipico in quanto idealmente un coast-to-coast pronostica come definisce chiaramente il termine la partenza da una costa per arrivare ad un altra, che sia il viaggio intrapreso su di un ascissa o di un ordinata. Essendo però il Giappone un insieme di isole, questa definizione limita il reale svolgimento dell'impresa che di fatto si compie da capo-a-capo, partendo da Capo Sata (estremo sud) e terminando a Capo Soya (estremo nord).
Un viaggio raccontato magistralmente e unicamente percorso nell'estenuante ricerca della conoscenza interiore del popolo che lo abita. Per aiutarsi in questo l'autore si prefigge l'arduo compito di arrivare a destinazione con una forma di trasporto iniziata intorno agli anni trenta, immortalata per la prima volta in un famoso scatto di W. Evans e tutt'oggi in uso, quale hitch-hiking, ovvero l'autostop.
Un pellegrinaggio nell'entroterra nipponico, ricco di volti e dialoghi, descritto con pacata e lodevole ironia. Valore aggiunto è dato dalle conversazioni che, anche se tradotte su carta si svolgono tutte in lingua locale.
Inebriante pretesto, sfondo e ornamento dell'intera deambulazione, l'inseguimento alla volta dei Sakura. Questa secolare e onnipresente pianta infatti fiorisce in primavera ed essendo il Giappone una terra che si rovescia in via latitudinale permette all’autore di seguirne la fioritura lungo l’ascendente percorso verso nord. Così, tenendosi volutamente distante dai sentieri più battuti e quindi dalle grandi città, il nostro backpacker canadese non mancherà, pollice alzato di affrontare imprevisti climatici, logistici e gergali.
Una storia alla quale non si potrebbe chiedere di più, un testo divertente e ricco di colore, che farà letteralmente vorticare le oltre 450 pagine senza alcun peso. Una guida e un esperienza che pochi altri potrebbero riscrivere. Il non plus ultra di un racconto di viaggio visto direttamente dall’interno di una terra misteriosa, attraverso gli occhi di un gaijin.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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Destination South
Farfalle sul Mekong
Una passeggiata nei boschi
Fin dalle prime pagine del libro Bryson mette in chiaro la propria voglia di farsi leggere con ironia, dall'acquisto del primo backpack, all'incontro con il vecchio amico Katz, unico tra l’altro ad aver risposto alla celata richiesta d’aiuto dell’autore, astutamente introdotta all’interno delle felicitazioni natalizie.
Il libro alterna sapientemente il racconto dell’impegnativa avventura lungo parte dell’Appalachian Trail e informazioni storico/culturali riguardo quest’ultimo. Per puro parere personale avrei risoluto le -informazioni storiche- che alla lunga risultano fin troppo adornate di dettagli per lasciare più spazio al racconto, va anche detto però che non tolgono scorrevolezza alla lettura, dote di cui Bryson potrebbe fare gran vanto, tanto meno possono farci esimere dall’apprezzare il chiaro sforzo fatto per documentarsi.
Un viaggio che inizia tra le distese boscheggianti della Georgia, passando per le allora innevate cime delle Smokies (Smoky Mountains) e terminando nei pressi del Katahdin Mount nel Maine.
Particolarmente esilarante la ricerca di un taxi nella ridente e dispersa cittadina di Gatlinburg, vi confido che sghignazzai tanto per quell’aneddoto da dover leggere gli ultimi scambi ad alta voce e poter rimanere concentrato sul testo.
Non mancano inoltre le cronache degli incontri più considerevoli fatti sulla pista, tra tutti la conoscenza di Mary Ellen: “Parlava senza mai fermarsi, eccezion fatta per i momenti, a dire il vero piuttosto frequenti, in cui si puliva le trombe di Eustachio o, produceva dei violenti e inquietanti grugniti che avrebbero potuto convincere qualsiasi cane ad abbandonare un comodo divano in salotto e accoccolarsi sotto un tavolo nella stanza accanto. So da tempo, e ormai ho anche accettato, che una parte del piano che il buon Dio ha per me prevede che io trascorra una certa quantità di tempo con la gente più stupida che sia apparsa sulla terra, Mary Ellen era la prova che gli Appalachi meridionali non avrebbero fatto accezione.”
Come mai si sarebbe potuto immaginare la scrittura termina con un paio di risvolti, sicuramente non degni del paragone con un giallo di Agatha Christie ma pur sempre importanti per un libro che nell’inventario generale viene catalogato nella sezione viaggi. Un capitolo sempre attuale con il quale Bryson non trova difficoltà a garantirsi un posto nella mia libreria.
Recensione di R.C. aka Spack Lele
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