Opinione scritta da Hope
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Spazio esplosivo!
Un libro che mi sentirei di definire ironico ma con una meditazione introspettiva sul genere umano e di conseguenza su tutti i suoi (e nostri) difetti.
L'autore infatti mette in contrasto la natura dei "terrestri" e la natura degli alieni, il tutto affumicato e condito in una salsa barbecue.
La storia si apre con la demolizione della casa del protagonista per dare modo di costruire la tangenziale del paese, poche pagine dopo invece una flotta aliena distrugge il pianeta Terra per farci passare un'autostrada spaziale!
Non racconterò altri anedotti esilaranti ma vi accennerò solo alcuni personaggi: si va da un supercervellone che deve rispondere alla domanda suprema del mondo, ad un alieno amante della poesia, ai materassi viventi, ad un pesce traduttore universale, ad un robot depresso (capolavoro), e infine varie forme di vita aliena più o meno strampalate.
Una fantascienza molto ragionata, molto divertente e di conseguenza molto piacevole.
Ho visto anche il film ma devo ammettere che il libro è ben altra cosa!
Una frase del libro:
Arthur Dent: Insomma [ride convulsamente] è cosi che va a finire eh? io da solo su un pianeta morto con un maniaco depressivo di robot.
Marvin: E pensi di avere dei problemi? che faresti se fossi tu il robot maniaco depressivo?
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Un vicolo grande grande.
Ricordo ancora il momento in cui il mio sguardo si è soffermato - in maniera piuttosto decisa - sulla copertina di questo libro, perché alla fine sono un inguaribile esteta.
Era il primo libro che leggevo di Steinbeck e ne sono rimasto totalmente rapito, piacevolmente rapito, da questa realtà così magica, fatta di alti tristi e di bassi divertenti.
Questa sinergia è difficile da spiegare senza rischiare di raccontarvi il libro.
La storia scivola via tra un dialogo tra ubriachi e un dialogo alcolico che non sta ne in cielo ne in terra per l'assurdità delle frasi sconnesse.
Ha a sua disposizione un mondo intero eppure svolge l'intera vicenda in un ambiente circoscritto: la casa di un dottore, la casa dei "mascalzoni" e il negozio del mercante, il tutto racchiuso in un vicolo, appunto il vicolo Cannery.
Questa è una caratteristica di Steinbeck, ambientare piccole vicende, in un piccolo spazio, e questo non minimizza nulla, anzi a mio avviso conferisce al racconto una dimensione immensa.
Per rendere l’idea vi farò un esempio: preferite un ristorante grande, pieno di gente e quindi caotico e sterile o una piccola osteria, calda, riservata, magari col camino in un angolo e con la nonna del proprietario in cucina?
A voi la scelta!
La vicenda ruota intorno ad un paio di pantaloni bucati, uno di scarpe aperte, una bottiglia con tutti i rimasugli di altri alcolici, una festa a sorpresa riuscita male, una caccia alla rane, una stufa pesantissima, un cane randagio, ed infine una festa non più a sorpresa ma stavolta riuscita bene.
Finito di leggere il libro si ha la sensazione di aver letto appena cinque pagine.
Ti lascia dentro un vastità di contenuti e di rilassatezza mista ad una tristezza di aver perso qualcosa di importante.
Sulla scia di questo libro ho deciso di leggermi anche Pian della Tortilla...ma questa sarà un'altra recensione!
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Fantascienza ragionata
Leggendo la trama mi sono fatto un'idea della storia, mi aspettavo un libro ambientato in un futuro ipotetico con molte stranezze a rendere la storia frizzante.
Per quanto riguarda le stranezze andiamo dalle sigarette che si fumano al contrario, dai modi di salutare al rovescio addio per salve e salve per addio, la gente vomita invece di mangiare e come imprecazione si dice cibo!.
Ultima, ma sicuramente più importante "stranezza" è la fase di Hobbart ovvero la gente una volta morta dopo un certo periodo di tempo ritorna in vita e da quel momento regredisce diventando prima un bambino, poi uno spermatozoo e ovviamente il tutto si conclude nell'utero di una donna.
In questo universo futuristico si svolge la storia principale: un profeta ritorna in vita e da questo ci sono varie agenzie che sono interessate ad averlo tutto per sé, ovviamente con scopi diversi!
Il libro secondo me è lo spunto da parte dello scrittore di trattare di teologia, della vita e della morte, senza appesantire o rendere noiose le sue considerazioni, e in questo tutte le stranezze che ho descritto prima assumono un fascino da dietrologia da non sottovalutare.
Più che un libro di avventura, come erroneamente me l’ero immaginato, mi sento di definirlo un trattato filosofico e questo si capisce anche dalle innumerevoli citazioni ad inizio di ogni capitolo.
Si inizia da Scoto Eriugena, poi Sant'Agostino, Boezio e San Tommaso D'aquino.
Concludo dicendo che spero che questa recensione possa esservi utile a capire esattamente di cosa parli il libro e magari a non commettere il mio stesso errore.
Ci tengo a dire che nonostante questo mi sento di definirlo un libro piacevole e corposo.
E’ stato pubblicato quasi 50 anni fa e sia per come è scritto, sia per quello che argomenta è di incredibile attualità.
Una frase del libro:
“Hai chiamato e gridato, e hai forzato la mia sordità. Hai brillato e sfolgorato e hai annullato la mia cecità...Mi hai toccato, facendomi ardere della Tua pace” (S.Agostino)
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Che sorpresa!
Un libro che non avrei mai e poi mai comprato e per mia fortuna qualcuno ha pensato bene di regalarmelo, vista la mia passione per questo periodo storico.
La storia inizia con l’evento cruciale di una persona un po’, per così dire particolare, sto parlando di Adolf Hitler.
Hitler da ragazzo aveva fatto domanda all’accademia di belle arti, voleva fare il pittore, si sentiva un artista, ma per ben due volte venne rifiutato.
Schmitt parte proprio da questo evento e crea il più classico degli “sliding doors”.
E se Hitler fosse stato ammesso?
Da qui scrive due storie parallele con molti punti di contatto, eventi, amicizie e date importanti, vissute però da due persone totalmente diverse.
Non starò qui a raccontarvi la storia, piuttosto il mio scopo è quello di sottolineare la missione morale (e anche piuttosto spinosa) dell’autore.
Schmitt è francese, e già un francese che parla di Hitler è raro, infatti lui stesso afferma che lo guardavano male quando entrava in libreria a chiedere libri che trattavano di Hitler.
Ha svolto un lavoro di studio immenso, a volte leggiamo libri che si definiscono romanzi storici, che magari partono da una moneta romana e poi parlano di tutt’altro, qui invece c’è la Storia, quella vera!
Tratta un tema ostico, lo dice lui stesso: “Ho ricevuto parecchie critiche, anche da amici, quando gli ho comunicato di cosa avrebbe parlato il mio prossimo libro, ma ho fatto di tutto per portarlo a termine”.
E devo ammettere che ha scritto un gran bel libro.
Non vuole affatto umanizzare il personaggio Hitler ma vuole farci capire che il limite che esiste tra bene e male è sottilissimo ed esiste in ognuno di noi.
Tutti noi in un attimo possiamo diventare eroi o mostri e questo sconvolge un po’ tutte le nostre sicurezze.
Un libro piacevolissimo da leggere e che lascia molti argomenti su cui riflettere.
La frase che racchiude tutto il libro è questa:
"Cos'è un uomo?" Riprese il padre: "Un uomo è il prodotto di scelte e di circostanze. Nessuno ha il potere sulle circostanze, ma tutti hanno il potere delle proprie scelte".
"La parte dell'altro" di Schmitt Eric-Emmanuel
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Fatica!
Contorto, meccanico, tecnico, arcaico, sempre alla ricerca di qualcosa di filosofico.
Estenuante leggere un libro così mediocre, a tal punto da benedire quando arrivavano le pagine con le immagini, anche se talvolta le didascalie riguardano pagine successive.
Per non parlare dell’elenco abbastanza ripetitivo di pietanze e ingredienti, una volta passa, ma così si esagera!
Eco, a mio modestissimo avviso, ha voluto fare un esercizio, si è voluto spingere oltre, criticare e sputare veleno su questo e su quell’altro e solo per poco non ha superato il limite.
Cosa voleva dimostrarci con questo libro ancora non l’ho capito, a distanza di mesi dalla lettura.
Non si riesce a capire chi parla, una continua rincorsa, sempre nell’attesa che succeda qualcosa di strabiliante ma che in realtà non accade mai.
Leggendo varie recensioni, sono arrivato alla considerazione che sia il classico libro che si ama o si odia, (anche se un libro non si odia mai veramente!).
Io rientro nella seconda categoria, però sono contento di vedere che qualcuno – forse più intelligente di me – ha trovato un senso a questo libro.
Una fatica leggerlo e penso sia stata anche una fatica scriverlo!
L’unica nota positiva di questo libro è che per fortuna è uscita la versione economica!
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Potenza della tristezza
Aggiungere qualcosa dopo le svariate recensioni fatte dai miei “colleghi” è veramente arduo, quasi superfluo, però non potevo esimermi dall’esprimere un giudizio su quello che reputo uno dei migliori libri che abbia mai letto.
L’autrice è veramente brava a gettare letteralmente il lettore in una spirale di oscurità e depressione, mai banale, anzi lascia spazio alla speranza che le sorti dei protagonisti possano migliorare e invece pagina dopo pagina ci si rende conto che la vita è proprio amara per i due fratelli.
Ogni pagina è uno schiaffo, e da perfetti masochisti si divorano sempre più pagine, più di una volta mi è capitato di andare a rileggere capitoli precedenti, è stato quasi necessario, ma non per confusione della scrittrice, ma per capire meglio ogni parola. E’ sicuramente un libro profondo.
I tre libri che compongono il romanzo (Il grande quaderno 1987, La prova 1989, La terza menzogna 1998) sono scritti in maniera quasi infantile, questo è dovuto a due motivi: il primo è che sono sotto forma di diari e trattandosi all’inizio di bambini lo scivolare della storia è molto azzeccato, difatti gli episodi vengono raccontati con un’innocenza unica e molto toccante.
Il secondo motivo è dovuto dal fatto che la Kristof scriveva in una lingua non sua, quindi il vocabolario è molto limitato ma questo non limita affatto la storia!
Un libro che consiglio vivamente a chi vuole impegnarsi in una lettura piacevole e complicata.
La frase che mi ha più colpito - da scrittore - è stata questa:
"Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient'altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia."
Agota Kristof - Trilogia della città di K.
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