Opinione scritta da AndCor
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La donna, (anti?)eroina nella malavita di oggi
'Credere che le donne siano meno feroci degli uomini è un’imperdonabile ingenuità', e la storia di Anna Carrino è l'eccezione che conferma la regola. Anzi, regole sentimentali, matrimoniali e sessuali che incrociano le figure della donna e delle organizzazioni criminali da una nuova prospettiva.
Prospettiva che si dispiega attraverso dodici capitoli tra il poker ludopatico di Lou ad Atlantic City, il padre di Sabrina strafatto di "basuco", la faida di 86 morti nata per una minigonna, Matteo Messina Denaro, Pasquale Condello, Paolo Di Lauro e Francesco Bidognetti, due gangster cilene e la guerra tra i cartelli colombiani di Cali e Medellin.
Cronaca nera, violenta, aberrante, attiva, reattiva, dinastica, vendicativa e talvolta non binaria, femminismo, studi di genere, controllo delle emozioni e potere imperiale raccontati da un doppio narratore con stile fluido, scrittura minimale e prosa misurata nonostante si tratti di un mondo cupo, melmoso e avvelenato oltre ogni credibilità e libertà, 'dotazione essenziale di cui nessuno dovrebbe mai essere privato'.
'L’amore se ne fotte. Spariglia le carte e lo fa come vuole lui, entra come una folata di anarchia e butta tutto all’aria': l'avvertimento vale per tutti, dagli oscuri anfratti di vita dei boss più influenti alla politica, 'che è mera protesi del potere criminale'.
'Battute a parte, è stato bello spiarvi. Se me lo permettete, lo farò ancora. Mi aiuta a capire chi siamo, tutti noi, di fronte all’orrore. La luce che vedo, il calore che sento, mi scalda a tal punto che ogni tanto, assorto a guardarvi, mi dimentico del giorno in cui sono stato punito'.
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L'insanabile,ingannevole malignità del cuore umano
Ci troviamo in una città non ben definita della penisola iberica, fuori da una locanda frequentata da scapestrati e reietti dimenticati da Dio: Pedro Pires e Ricardo Rodrigues stanno discutendo del valore di un orologio d'oro dalla dubbia provenienza e della possibilità di ricavare qualcosa dalla sua vendita altrettanto lontana dai canali legali.
Inizia così un romanzo un po' thriller un po' noir un po' psicologico nel quale tre protagonisti apparentemente slegati ed eterogenei saranno costretti, loro malgrado, a intersecare le proprie strade più e più volte con corrieri per la droga, due strane annotazioni numeriche, pastiglie che sembrano comuni aspirine, un ambizioso imprenditore che punta alla scalata parlamentare, un carillon che divide il tempo della pace da quello della strage e fondi speculativi nascosti dietro una delle più grandi aziende chimiche del paese.
Con uno stile informale, un ritmo andante e numerosi riferimenti western, il testo non ricerca particolari finezze estetiche nel focalizzare l'attenzione del lettore su svariati intrallazzi che accomunano appalti, carriere, banche, Antiterrorismo e Servizi Segreti deviati.
Sono tanti i personaggi misteriosi e tenebrosi, "anelli di uno degli innumerevoli tentacoli di una piovra che stritolava e succhiava l'anima dei malcapitati", che si muovono in luoghi non troppo dissimili dai primi, vittime della loro stessa sete di potere e che non possono 'permettersi di diventare lo zimbello di nemici e avversari': l'imperativo, tra il romantico e il decadente, è nascondere il proprio essere dietro una facciata lontana dalla Realtà.
Un giallo d'esordio di tutto rispetto per lo scrittore crotoniate, che racconta in modo diverso "la solita storia: chi ha il potere lo esercita come meglio crede, corrompendo, minacciando, speculando sulle miserie e sull'ignoranza, e così, a volte, dietro la facciata perbenista dei potenti di turno, si nasconde il malaffare più scellerato.".
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Web e malavita: il confine è sempre più liquido
In una modernità basata su interconnessione e metatecnologia, le mafie dei giorni nostri ricoprono un ruolo tutt'altro che marginale rispetto alla comunità civile "perbene": da 'fucili e bombe' e vecchie e polverose bische clandestine, i 'fornitori di protezione e risolutori di problemi' si sono evoluti 'nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti' socio-economici, superando così il confine tra reale, virtuale e digitale anche grazie a uno 'Stato troppo spesso impotente e/o vulnerabile' e a legislazioni internazionali disomogenee.
E' una scrittura scorrevole e mai troppo tecnica, ormai consuetudine per chi mastica abitualmente i testi del magistrato reggino e del saggista esperto di 'ndrangheta, ad aprirci una nuova porta di conoscenza circa cybersecurity, criptovalute, dark web, telefonini crittografati, "mining", speculazioni ad alto rendimento, NFT, droghe con sigle pseudo-chimiche, stimolazione dopaminica, Metaverso, machine learning, post-fordismo e social media come grande strumento di autoaffermazione e propaganda.
Consapevolezza, contributo (f)attivo, attenzione, etica e sostenibilità sono concetti che si intrecciano condensandosi nella parte finale, dedicata al compito delle forze dell'ordine di "intercettare i pizzini del Terzo Millennio': un dovere, tuttavia, che passa anche attraverso ognuno di noi.
Quel 'noi' fatto di mentalità, di resilienza, di visione grandangolare e di compromesso che soddisfi tecnologia, ambiente e uomo.
Perché l'opinione pubblica non sia direzionata e manovrata;
perché 'la storia ci ha dimostrato che, quando la società si unisce per affrontare minacce comuni, può ottenere risultati straordinari';
perché 'il futuro dipende da ciò che decidiamo di fare oggi'.
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"Fuori dai confini", entrambi degli stessi autori.
"Normalizzazione", dalla Calabria al mondo intero
15 Agosto 2007: è la data della strage di Duisburg, che fa da importante spartiacque tra 'ndrangheta tradizionale e avanguardista, tra 'darwinismo criminale', in cui bisogna dimenticare le faide rurali e le mafie 'ancora ferme al business del cemento e delle estorsioni', e strategia del basso profilo - fatta di assuefazione, diversificazione e violenza centellinata - che ha permesso alla criminalità calabrese di imporsi in (almeno) 34 paesi fra tutti i continenti.
Il traffico di armi e di esseri umani per la guerra in Ucraina, le 'azioni "filantropiche" a sostegno delle famiglie in sofferenza' per il Covid-19, la "Tripla Frontiera" sudamericana, l'intricato rapporto tra l'Australia e Frank Madafferi, Rocco Morabito e un'anonima applicazione di messaggistica, il ritorno al baratto nell'Africa subsahariana e i 316 Kmq di Malta con i suoi trecento casinò virtuali sono solo alcuni dei tanti temi toccati dal saggio e accomunati dal rapporto di proporzionalità diretta tra corruzione e malavita.
E 'l'eterna sfida tra guardie e ladri prosegue nel mondo digitale' fatto di like, fake news, cashing out e black market, mentre ulteriori sguardi criminosi attenzionano sia i fondi del PNRR sia i Paesi privi del 416bis sempre attraverso quello 'sguardo presbite' che 'più che concentrarsi sul presente, guarda lontano' sfruttando il 'meccanismo perverso di vasi comunicanti, dove la sofferenza dell'uno è proporzionale al godimento dell'altro'.
Il magistrato reggino, affiancato dal giornalista scrittore con cui condivide la provincia natale, afferma che 'Si tratta di guardare il mondo con altre lenti, non quelle della morale ma del profitto', in cui postmodernità, iperconnessione e globalizzazione non colgono mai di sorpresa la mala calabra, liquida e mutevole senza in alcun modo tradire le sue radici storico-culturali.
Tra analisi minuziosa dei vari fenomeni criminosi, lessico medio e testo alquanto scorrevole, lo slogan, in continua sovrimpressione nella mente di chi scrive e di chi legge, è sempre lo stesso: 'Por la plata lo que sea'*.
*per i soldi qualunque cosa
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"Complici e colpevoli", degli stessi autori.
Così (non) è, se vi pare
Bristol, 2009.
Jenny Malcom è una dottoressa in carriera, moglie di Ted, neurochirurgo, e madre di Theo, Ed e Naomi. È proprio la misteriosa sparizione di quest'ultima a rompere gli equilibri e le consuetudini di una famiglia britannica apparentemente normale.
Le forze dell'ordine indagano su più fronti, incluso quello relativo al pedofilo che si aggira in città nell'ultimo periodo, mentre la donna si rende conto con colpevole ritardo di aver trascurato tanti, troppi dettagli mutati di recente nella vita dei propri cari: è con queste premesse che inizia un romanzo dai contorni più noir che thriller fatto di disattenzioni, tradimenti, sospetti e di un concetto di empatia abbastanza distorto e rivedibile.
Maternità, senso di colpa, autocoscienza, solitudine e frustrazione sono solo alcune delle tematiche di un testo capace di leggere e di farsi leggere attraverso una narrazione schietta, asciutta e strutturata su due piani temporali, che racconta di come spesso la realtà e l'apparenza viaggino in perpetuo su due rette parallele.
Sebbene la trama difetti un po' di fluidità nella prima parte, il punto di forza riguarda certamente il complesso delle personalità e dei profili psicologici dei personaggi, in particolare della protagonista - lucida nell'autoanalisi e consapevole di trovarsi in un loop mentale non semplice da gestire -, che si incastra bene in un climax ascendente di consapevolezza, angoscia e orrore: il nucleo familiare viene sminuzzato ed esaminato nei suoi punti più oscuri, con il lettore che non potrà distaccarsi da questa sorta di "sgretolamento affettivo" capace di abbattere tutte le barriere tra ciò che è vero e ciò che è falso.
Da un lato, le impressioni vostre e di Jenny nel prendere forma pagina dopo pagina.
Dall'altro, un mistero dalla risoluzione inaspettata che include un nome femminile di origine gallese dal significato meraviglioso.
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Volai, e volai sempre, e fortissimamente volai
Se 'Il piccolo principe' è uno dei libri più letti e tradotti al mondo, non gode di altrettanta fama il suo autore. Antoine de Saint-Exupéry è certamente meno conosciuto della sua "magnum opus", tuttavia questa precisa e puntuale biografia è la risposta al problema e permette al lettore di perlustrare a fondo i meandri (mitici) di vita vissuta dello scrittore-aviatore francese.
"Tonio" nasce a Lione da una famiglia aristocratica all'inizio del Novecento, perde il padre all'età di quattro anni e cresce legandosi alla madre in un rapporto oltre i limiti dell'ossessivo-compulsivo (mantenuto e rinsaldato anche a distanza tramite una fittissima corrispondenza). 'Sempre con quella virgola di naso all'insù' e attratto 'dal mondo femminile e dalle magnetiche pieghe che prendevano le gonne passo dopo passo', già in tenera età vive in un mondo diverso da quello degli altri bambini e parla di motori a scoppio, di sistemi di irrigazione e di biciclette volanti. Il suo 'baptême de l’air' del 1912 con i fratelli Wroblewski è solo il preludio alla vita di 'un uomo scisso tra terra e aria', riassunta (neanche troppo brevemente) attraverso la prematura morte di due fratelli, l'Ecole Navale, il servizio militare, i decolli non autorizzati del 1923, la linea aeropostale francese, il matrimonio con la scrittrice-pittrice Consuelo Gomez Carrillo, la città di New York, la Seconda Guerra Mondiale, il ritorno alle ricognizioni aeree all'età di 43 anni e l'ultimo volo sopra i cieli di Marsiglia nel 1944 che ancora oggi rimane avvolto nel mistero.
A ottant’anni esatti dall'uscita della prima edizione de 'Il piccolo principe', un'opera con doppio narratore che mescola in modo omogeneo felicità, tristezza, nostalgia e solitudine presentando un concetto tutto personale di avventura - 'un bisogno costante di scoprire nuovi posti, di lasciarmi portare dalle gambe, di essere incerto del domani' -, una dimensione sentimental-filosofica alquanto dettagliata e un protagonista ben interiorizzato e dalla personalità policromatica.
Nonostante la fluidità del testo sia inficiata da alcune digressioni statiche, la piacevolezza non ne viene intaccata e l'autrice certamente coglie in pieno l'obiettivo di rendere omaggio all'"aviatore letterato".
Sulla falsariga del romanzo ben più famoso di "Tonio", vi muoverete tra mille avventure 'à mille milles de toute terre habitée' per poi sparire di colpo.
Sparire di colpo, misteriosamente, senza lasciare traccia.
O, meglio, una traccia è rimasta.
Una traccia di cui 'Ho già scritto sei righe di un libro che ho in mente. Per me è già molto. Sei righe in un giorno mi fanno ben sperare, credo che lo porterò, a termine anche se non saprei ancora raccontarvene la trama. Ma una cosa è certa, parlerà di volo, di deserti, di stellate notti.'
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'Il ritorno del giovane principe' di Alejandro Roemmers.
Libertà, oltre 'i muretti [...] crollati a pezzi'
Fine anni '80, periferia nord di Napoli.
Tra fontanelle, 'quattro negozi piccoli e bui' e 'nugoli di motorini [...] per la piazzetta' che trasportano 'fasci di banconote, buste d'erba, eroina e cocaina', il quartetto composto da Dario, Rino, Giovanni e Giuseppe è il più forte nel calcio di strada. Il loro talento è evidente e sembra essere stato notato anche dal caporione Tonino "Porcello", il quale li "assume" e li paga per giocare a pallone nel quartiere: un sogno per i ragazzi, almeno all'apparenza, perché in cambio dovranno fare da sentinelle e avvertire i pusher della zona non appena noteranno l'arrivo della Polizia.
Tutto procede in modo omertosamente normale, fino al giorno in cui un rigurgito di ribellione e orgoglio potrebbe far crollare l'intera impalcatura del Sistema: è dunque arrivato il momento di scegliere tra la "via spaziosa" e 'la fatica vera. Quella che quando la fai resti libero.'.
Un romanzo che riprende il racconto 'Super Santos' del 2005, ma con un occhio più c(l)inico circa la 'spensieratezza che quel pallone di gomma arancio fuoco trasmette' e i 'fondali di certi luoghi partenopei dove troppo spesso la vita rimane incagliata'.
Vicende, realtà, (inco)scienze esatte di antropologia, sociologia, pedagogia e psicologia, dove 'la grazia e la dannazione di crescere giocando per strada' sono 'scampagnata, partitella, fiatone, sudore, ginocchia sbucciate. Libertà.'.
Tra un ex autista ora dirigente sportivo di fama europea, giornalisti gambizzati 'per aver messo in piazza squallide sudditanze e patetismi criminali', trapianti urgenti di cuore, esecuzioni cruente e sommarie, pause caffè mai così riflessive nello chalet Stella Maris, 'sopralluoghi sui cantieri edili', un Winchester a pompa, finti posti di blocco e palloni nuovi di zecca, una prosa impeccabile, un linguaggio tagliente e una narrazione feroce raccontano di passioni, passatempi e momenti di gioia, ma anche di cinico malaffare e di subdolo, egoista e drammatico utilitarismo.
Un viaggio dai contorni tanto ambiziosi quanto illogici che vuole uccidere il senso dell'innocenza e che culmina nelle righe conclusive, dove i concetti di vergogna e salvezza si fondono a tal punto da diventare perfetti sinonimi.
Poiché 'la vergogna di piangere nasce solo quando prendi uno schiaffo'.
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La fine del mondo inizia da Munchkin Country
Siamo in uno scenario mondiale privo di una precisa datazione temporale, ma mai così drammaticamente attuale.
Negli Stati Uniti, considerati il "termometro politico" internazionale, tutti i riflettori sono puntati sulla 50enne Pauline Green, prima donna a essere diventata presidente USA, di stampo conservatore e amante del basso profilo e del buonsenso, con una vita privata di difficile gestione a causa della sfrontatezza adolescenziale della figlia Pippa e del rapporto coniugale ormai asfittico con Gerry.
E' statunitense anche Tamara Levit, agente CIA presso N'Djamena, la capitale del Ciad dove conosce l'attaché francese Tabdar Sadoul, in realtà agente DGSE (la corrispondente francese della stessa CIA): la loro collaborazione professionale sfocerà ben presto in una forte attrazione reciproca, ma entrambi avranno bisogno di un compromesso per conciliare sentimenti e lavoro, senza dimenticare che nello stesso territorio si muovono il loro collega 25enne Abdul John Haddad, infiltrato per sgominare un'organizzazione narcoterroristica, e Kiah, giovanissima madre rimasta vedova, ma determinata a raggiungere l'Europa per garantire un futuro migliore a sé stessa e a suo figlio Naji.
Infine, un volo di diciannove ore ci porta a Pechino da Chang Kai, 45enne marito della famosissima attrice Tao Ting e vice ministro per l'intelligence esterna: figura di chiara matrice riformista, avrà il suo bel daffare per respingere gli attacchi della vecchia guardia comunista rappresentata da suo padre Chang Jiangjun, dal suo capo Fu Chuyu e dal generale Huang.
Questi i personaggi ai quali è affidato il compito (ingrato) di gestire gli interi equilibri globali, con la minaccia sempre più reale di una Terza guerra mondiale combattuta con armi chimiche e nucleari a causa delle crescenti tensioni Ciad-Sudan e Corea del Sud-Corea del Nord, con quest'ultima intimidita anche internamente dal sentimento ultranazionalista inviso al leader supremo Kang.
Un romanzo-spy story inquieto e dai toni quasi apocalittici, nel quale si passa dai corridoi della Casa Bianca alla processione di villaggi dimenticati da Dio nella savana inospitale del Centro Africa fra archivi governativi remoti, bunker antiatomici, profughi senza speranza, spie nordcoreane, città-oasi e farraginosi interventi di mediazione.
Sebbene non manchino lunghi passaggi prosaici, la narrazione è resa accattivante da protagoniste femminili irresistibili, da un'atmosfera tetra e da un climax di turbamento sulla scala crescente dei livelli di allerta americani con cui vengono denominati i capitoli del testo: in un richiamo parziale agli avvenimenti propedeutici, loro malgrado, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale (dato che 'Tutte le catastrofi cominciano con un piccolo problema che non viene risolto'), il confine tra la rinascita e la rovina del mondo intero ormai non esiste più.
732 pagine di libertà, democrazia e giustizia contro violenza, intolleranza e paura, con un trepidante cliffhanger conclusivo che preannuncia (almeno) un sequel.
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Il viaggio lungo il fronte di guerra (e di pace)
Pakistan, anno 2001: mentre l'Occidente assiste alla controffensiva statunitense dopo il devastante attentato delle Torri Gemelle, Yanis, che significa 'dono del Signore', è il nome di un bambino di origini afghane la cui prima parola che pronuncia a un anno di età è 'jung', il rumore della guerra. Proprio jung gli ha portato via per sempre casa e famiglia, provocandogli uno shock tale da perdere l'uso della parola per tre lunghissime primavere, finché a soli undici anni decide di partire per l'Europa. Un viaggio alquanto complicato che parte dall'anonimo villaggio di Barak e che vede nella catena montuosa dell'Hindu Kush il primo di una serie di ostacoli che culmina con un gravissimo incidente sul Tirich Mir.
Yanis perde i sensi, forse l'uso delle gambe e quasi tutte le speranze, ma ancora non sa che la sua vita sta per cambiare per sempre.
E' attraverso gli occhi innocenti di un bambino che l'io narrante di questo straordinario romanzo di formazione (con illustrazioni di Ernesto Arlende) presenta la guerra nelle sue ingiustizie e nella sua spietata insensatezza. Un protagonista (neanche troppo) fittizio le cui gesta si intrecciano alla realtà di Gino Strada, il medico dalle scelte radicali e rivoluzionarie che ha fondato l'associazione Emergency nel 1994. Si racconta di lui attraverso una serie di aneddoti e testimonianze, dall'infanzia milanese fatta di 'rane del Naviglio della Martesana' e di 'amici e amore al liceo classico' alle specializzazioni nelle università di Pittsburgh e Stanford fino ai viaggi "missionari" in quel di Quetta e di Kabul attraverso un percorso angusto e disagevole.
Esattamente come quella Via della armi, tra devastanti mine e violenti colpi di mortaio, che Yanis lascia alle sue spalle.
Nelle ultime pagine, una strofa di 'Auschwitz' di Guccini e i trenta articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani rappresentano il giusto e preciso compendio a un libro sognante, giusto e speranzoso.
Perché 'A volte basta una piccola buona notizia per far scordare le grandi brutte notizie'.
'A chi crede nella giustizia rimane la possibilità di trasformare i propri sogni in realtà, di infischiarsene dei mostri che hanno perso la coscienza, di non credere che debba per forza essere così per tutti e di non dimenticare la propria dignità.', quella 'dignità, che come diceva mio papà vuol dire avere gli occhi buoni per vedere la bellezza nei posti in cui va a nascondersi.'.
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4787 km separano Aida dalla sua "seconda vita"
Aida e Daniel si conoscono da nove anni e vivono insieme da quattro a Basilea, ma il loro amore è minato da un grosso problema di comunicazione: lei del suo passato e delle sue origini irachene non vuole parlarne e sentirne parlare, e ogni qualvolta i loro discorsi convergano verso quegli argomenti, le sue risposte fatte di monosillabi e di silenzi alimentano soltanto tensioni, malumori e conseguenti discussioni. Una distanza apparentemente incolmabile, che però non tiene conto dell'imminente partenza di Daniel per quattro mesi di servizio civile: è tempo per Aida che questo tempo di solitudine si trasformi in momento di rinascita, anche grazie a un diario nel quale il potere salvifico della scrittura possa annullare qualsiasi tipo di autocondanna.
La speranza, la speranza ultima, è che Aida, mai così 'solitaria come una pietra caduta dal soffitto di un teatro buio', possa rivedere finalmente la felicità 'giungere come un nibbio che compare all'improvviso nel cielo'.
Un romanzo corale di grande intensità dalla trama chiara e lineare nonostante i continui salti temporali, che mescola nostalgia, illusione, disillusione ed estremi tentativi di trovare un compromesso, e nel quale emerge con prepotenza il rapporto conflittuale tra la protagonista, desiderosa di 'poter cancellare alcune parti della mia storia e sostituirle con altre', e un Iran che fatica a lasciarsi alle spalle il marchio assolutista di Saddam: 'la vita quotidiana era una lotta per la sopravvivenza', addirittura priva(ta) dell'appoggio genitoriale e delle radici di 'una casa dove sono nata o cresciuta', e l'unico supporto è rappresentato da sua sorella Noshe, simulacro di quel pacifico desiderio di libertà insito in ogni essere umano.
Fra territori svedesi, campi profughi austriaci, auditrici megalomani, bambole d'infanzia e passaporti falsi, il presente è oscuro e il futuro un miraggio.
Anche se Aida è convinta che 'In ogni mucchio di macerie ci sono oggetti utilizzabili per una rinascita.'
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Le vie della 'ndrangheta sono infinite
L'ultimo libro scritto dal Procuratore Capo Nicola Gratteri e dal giornalista esperto di fenomeni mafiosi Antonio Nicaso offre una visione a 360 gradi di come la 'ndrangheta sia partita dalla Calabria per diffondersi a macchia d'olio in sette regioni del Nord Italia.
Dalla Valle d'Aosta al Trentino-Alto Adige, partendo dagli anni Cinquanta-Sessanta, una serie di luoghi apparentemente impermeabili e incontaminati si sono rivelati tutt'altro che immuni dal "contagio" soprattutto a causa della 'sottovalutazione della società civile' e di 'una platea di politici, imprenditori e professionisti che agiscono secondo logiche di convenienza': un copione simile a quello già visto nel Sud Italia, tra consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose e centinaia di migliaia di imprese sotto la lente d'ingrandimento delle interdittive antimafia. Oggi la 'ndrangheta fa a meno di sparare e si muove sottotraccia, indossando quegli abiti borghesi e quell'utilitarismo che tanto piacciono a funzionari opportunisti e dirigenti un po' distratti un po' omertosi.
Una narrazione precisa e dettagliata in cui attentati dinamitardi, sequestri di persona e rapine con omicidi hanno gradualmente lasciato spazio ad appalti, subappalti, traffico illecito di rifiuti, voti di scambio, turbativa d'asta, noleggio delle VLT, 'inquinamento delle istituzioni' e una vera e propria 'gestione deviata della cosa pubblica, costantemente finalizzata all'ottenimento di interessi illeciti'. Il tutto senza dimenticare il boom economico e l'attuale crisi pandemica, due ghiotte occasioni per la 'ndrangheta per amplificare la propria 'dimensione internazionale' di 'relazioni di complicità e collusioni'.
Da un lato, i colpevoli che oggi rappresentano la 'Google Generation del malaffare'; dall'altro, i complici che creano il 'substrato sociale favorevole a subire l'intimidazione mafiosa': il fil rouge sono i cosiddetti 'uomini di mezzo', intermediari che fanno da cerniera tra i due mondi.
Una severa criticità stroncata solo in parte dai vari filoni di inchiesta e dall'avvento di "Mani pulite", soprattutto per colpa di quella "teoria degli anticorpi" fortemente negazionista che, fino a pochissimo tempo fa, ha permesso a 46 locali di 'ndrangheta e a 169870 imprese di operare e muoversi liberamente nel Settentrione italico.
D'altronde,
'La mafia non esiste. E' un'invenzione dei giornali del nord'.
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Il libero arbitrio contro i totalitarismi
Calla ha 14 anni, è orfana di madre e vive in un mondo collaudato, essenziale e, all'apparenza, semplicissimo: alla prima mestruazione, ogni ragazza viene accompagnata in un edificio governativo per partecipare a una lotteria che determinerà il proprio futuro. Pescare un biglietto bianco equivale a un marito e dei figli rinunciando al lavoro, mentre il biglietto blu offre una brillante e produttiva carriera personale con il solo obbligo di non riprodursi. Il biglietto è definitivo e l'intero sistema è tanto casuale quanto inappellabile, ma il meccanismo psicologico che si innesca nella protagonista la porta a voler riscrivere la propria vita anziché 'correrle incontro, ora che era stata plasmata': questo il prologo di un romanzo atipico, immerso in un'atmosfera kafkiana, che racconta di identità, inconscio, libero arbitrio, dialettica, anticonformismo studiato a tavolino, rivendicazioni e di un lungo pellegrinaggio verso la liberazione dal dolore (o verso la condanna eterna).
'Una grande avventura' tra 'percorsi tortuosi', raccontata con un tono sommesso e ovattato, uno stile minimalista e totalmente privato delle coordinate spazio-temporali, che inneggia alla libertà e che demolisce ogni tentativo di deresponsabilizzazione meccanicistica. Si avverte prepotente la volontà di rivendicare il proprio Io come vera e propria presa di coscienza, anche quando questo sofferto processo finisce per scontrarsi con un'immagine distorta della maternità, di un bebè che è 'sentimento oscuro' e di un dottore un po' medico, un po' psicologo e un po' funzionario garante dell'intero apparato burocratico impossibile da scardinare e lontano da qualsivoglia tentativo di dialogo.
Un romanzo impegnato, drammatico, dalla lettura dannatamente difficile e sconsigliato ai più.
Ma non temete, perché presenta anche dei difetti.
O forse no.
'C'erano molti futuri che non avevo mai immaginato di vivere. Ma non molto tempo prima anche il futuro che stavo vivendo ora non l'avrei mai immaginato.'.
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- sì
- no
I ruoli interscambiabili di vittima e carnefice
Stoccolma, seconda metà di Ottobre.
Robert Lindstrom è un uomo di 39 anni con un presente "normale", nonostante si definisca 'una persona cattiva' e sia incapace di scrollarsi di dosso un passato ingombrante: l'omicidio, a soli 11 anni, dell'amico coetaneo Max Sander. Per dovere di cronaca, è necessario specificare che venne convinto dai poliziotti, dai testimoni e dai verbali di allora circa la sua colpevolezza, perché i ricordi di quel tragico evento sono frammentari e nebulosi, ma tanto bastò perché si chiudesse in sé stesso e sviluppasse un carattere introverso con tendenza schizoide-paranoica.
L'illusione di 'un'esistenza stabile, tranquilla, senza pressioni' nel 'grigio e triste sobborgo' di Hagersten svanisce definitivamente quando entra in scena Lexa Andersson, una giornalista che contatta il protagonista per ricostruire la sua storia piena di punti oscuri e farne un libro-reportage: l'attivismo della donna lo contagia e gli fa intraprendere un percorso a ritroso dal distretto natio di Skogas, almeno fino a quando i pregiudizi di un ambiente ostile e una nuova indagine a suo carico non lo riporteranno sull'orlo del baratro. Solo un'accurata inchiesta del commissario Carl Edson e dell'ispettrice Jodie Soderberg potrà, forse, salvarlo da una caduta già scritta.
E' il 'sole pallido' che illumina gli 'alberi rossi e gialli di Östermalmstorg' e le 'pittoresche casette in legno [...] con ordinatissimi giardini dalle tinte autunnali' a presentarci un thriller psicologico caratterizzato da salti temporali, congetture e un senso di colpa dalla potenza autodistruttiva devastante. E sono pedinamenti con auto bianche, sentieri lungo la ferrovia che nascondono bunker, disturbi borderline, amnesie dissociative e due narratori tanto diversi quanto simili a completare un'opera di indubbia qualità, ma dall'intreccio macchinoso e dal finale un po' sbrigativo.
Tra scrittura asciutta e narrazione solo in apparenza distaccata, il lettore e il protagonista dispongono di un'unica certezza: 'Non sono sicuro che Elise abbia ragione. A volte penso l'esatto contrario, che quei tre minuti racchiudano tutto quello che sono: un assassino di bambini. Che questa è l'unica cosa completamente vera in me.'.
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Tra Joni Mitchell e Nietzsche, solo pura follia
Cornovaglia, Agosto 2014.
Cormoran Strike sta per accettare l'incarico di indagare su Margot Bamborough, dottoressa con un passato da coniglietta di Playboy sparita misteriosamente dopo una giornata di lavoro nel lontano 1974: un caso complicato non solo per le difficoltà nel riesaminare i verbali e nel rintracciare le persone coinvolte a distanza di quarant'anni, ma anche perché i pensieri del detective vanno al tumore ovarico in stato avanzato che sta divorando Joan, la zia che ha sostituito sua madre in tutto e per tutto.
Un'instabilità psico-fisica, quella del protagonista, che rischia solo di peggiorare i problemi di comunicazione con la socia Robin Ellacott, già alle prese con il divorzio burrascoso da Matthew e con il pensiero fisso e svilente che la sua vita viaggi 'in un'altra direzione rispetto agli altri', mentre una figura nell'ombra, 'pianificatore meticoloso' e 'genio del depistaggio', è pronta a prendersi la scena e ben più dei canonici quindici minuti di celebrità.
Con una citazione de 'La regina delle fate' di Edmund Spenser a fare da cappello a ciascun capitolo del romanzo, sono una scrittura sbarazzina e una narrazione a doppio filo solida e robusta le principali chiavi di lettura di un testo dai contorni più psicologici che investigativi, nel quale i personaggi principali dovranno fare i conti con il senso di vuoto, l'afasia sentimentale, il narcisismo patologico e l'ingombro del proprio passato che non vuole proprio saperne di farsi da parte. Il tutto mentre il puzzle proposto da Aleister Crowley, Stephen Schmidt, H. G. Wells, un taccuino pieno di pentacoli e un vomitevole snuff movie fatica a essere ricomposto tra cortili dall'aria elisabettiana e 'imponenti palazzi dell'Ottocento' di Falmouth.
Sebbene il numero di pagine spaventerà alcuni lettori un po' pigri, al termine dell'ultimo capoverso si renderanno conto di quanto ogni singola frase sia stata necessaria per la creazione di questo capolavoro.
'Quando vivi in una bugia, nessuno è più pericoloso di chi ti mostra la verità.'
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'Il baco da seta';
'La via del male';
'Bianco letale', dello stesso autore.
Miseria e nobiltà tra Alto e Basso Medioevo
Inghilterra meridionale, anno 997. È l'alba del 17 Giugno, e la vita di Edgar, talentuoso figlio di un costruttore di barche che abita nella cittadina di Combe, sta per cambiare per sempre a causa di una delle tante razzie vichinghe che in quel periodo lasciano solo 'morte e distruzione' lungo l'intera costa britannica. Inizia da qui una seconda vita per il giovane, costretto a ripartire da zero in un nuovo villaggio desolato e a combattere l'immobilismo socio-culturale che caratterizza l'anno Mille: un percorso di lenta rinascita, nel quale incontrerà l'affascinante contessa normanna Ragna, innamorata dell'aldermanno inglese Wilwulf e desiderosa di attraversare la Manica per dare seguito ai suoi sentimenti, e il gentile e volenteroso monaco Aldred, la cui passione per i libri e l'erudizione risulterà perennemente in conflitto con le mire corrotte e prepotenti del vescovo Wynstan.
Un romanzo che racconta di un decennio parecchio controverso in piena età medievale, tra colline boscose, case con tetti di paglia, chiese di pietra chiara ed edifici dalle reminiscenze georgiane, in cui sete di potere, soprusi e tentativi estremi di emancipazione si intrecciano alla consueta paratassi della fiction storica follettiana.
L'inizio stenta a decollare, soprattutto a causa dei numerosi personaggi secondari da portare all'attenzione del lettore, anche se poi lo stile semplice permette alla narrazione di scorrere in maniera fluida e costante.
Uno standard qualitativo, tuttavia, intaccato dalla maggiore attenzione per gli intrighi amorosi a discapito della maniacale cura per la cornice storico-politica, da sempre vero punto di forza dei romanzi dell'autore: è per questo motivo che il testo, sebbene racconti della nascita dell'iconica Kingsbridge, rimanga qualitativamente un gradino sotto l'omonima serie e presenti dei protagonisti "doppioni" di Tom il costruttore ne 'I pilastri della terra' e di Caris e Merthin in 'Mondo senza fine'.
A mo' di bussola morale che indichi una nuova e duratura alba, il mosaico di 768 pagine è riuscito (quasi) bene, ma non benissimo.
Indicazioni utili
'Mondo senza fine';
'La colonna di fuoco', dello stesso autore.
L'amore tra Ippomene, Jung e Francesca Woodman
Lidia Frezzani, pescarese classe 1978, è una 'nevrotica presentatrice' del programma tv "Famiglie felici", nel quale si fa adottare settimanalmente da una famiglia diversa per scoprire il segreto dello stare insieme. Tra il disturbo borderline e l'adolescenza segnata da problematiche alimentari, si è lasciata alle spalle un matrimonio con Lorenzo, anche se l'ottimo rapporto mantenuto con l'ex marito è l'unico che pone freno al suo carattere particolarmente insicuro e paranoico.
Pietro Lucernari, preside di mezz'età, è un uomo di poche parole, emotivamente allampanato, con una figlia di nome Marianna di dieci anni e una ex moglie che ha abbandonato entrambi per una vita ritirata e spirituale. Il suo passato, che comprende anche 'masturbazione compulsiva e priapismo', è una zavorra con cui cerca invano di convivere convincendosi che 'il dolore è una cosa normale. E ci serve per andare avanti.'.
Lidia e Pietro sono due persone che ritengono di avere già avuto la propria occasione e di averla gettata al vento, finché, un giorno, si incontrano durante le registrazioni di una puntata della trasmissione: è qui che entrambi sentono muoversi 'una pallina sotto le costole, all'altezza della pancia'. Una pallina che potrebbe riservare qualcosa di bello.
Intanto, André, Valentina, Luca, Mina, Roberto e Kate sono in fuga perenne da quell'amore che tanto desiderano di trovare.
Per fermarsi.
Adesso.
Un romanzo di psicologia e riflessioni sull’amore in tutte le sue declinazioni, tra ostacoli, (dis)illusioni, fragilità e obiettivi personali in cui ciascuno di noi può rispecchiarsi senza alcun tipo di filtro: c'è una trama principale, un po' discontinua, e poi ci sono tanti brevi racconti fotografici che confrontano le 'promesse di Vita Quella Vera' e le 'lusinghe della Vita Immaginata'.
Tra lessico semplice, soliloqui, discorsi indiretti liberi, la sinfonica di Bamberga e una magica descrizione dell'isola di Favignana, la lettura è rapida esattamente come il cambiamento provocato dall'amore nei due protagonisti: è un peccato che, nel tirare le somme, la generosa dose di banalità e di politicamente corretto già trito e ritrito influisca negativamente sul giudizio finale dell'opera.
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Il canto del cigno che si ode in eterno
'Ho sempre invidiato la capacità di dimenticare che possiedono alcune persone per le quali il passato è come un cambio di stagione, o come un paio di scarpe vecchie che basta condannare in fondo a un armadio perché siano incapaci di ripercorrere i passi perduti. Io ho avuto la disgrazia di ricordare tutto e che tutto, a sua volta, ricordasse me.'.
E' questo l'incipit del primo degli undici racconti con i quali Zafòn si congeda dalla letteratura: tra storia e immaginazione, tra sogno e realtà, tra magia e tradizione, lo scrittore ci prende per mano e ci conduce per l'ultima volta nel 'miraggio di campanili, palazzi e vicoli' della sua Barcellona sotto 'un cielo purpureo di tempesta e zolfo' e un 'sole ferito di scarlatto'.
In un vapore rarefatto simile alla nebbiolina che circonda la basilica di Santa María del Mar, conosceremo, tra gli altri, un 'ritrattista di tenebre', un fotografo scapestrato, un 'costruttore di labirinti', un 'artefice di libri' e un avvocato ossessionato dagli scacchi: anime reiette e maledette che si muovono tra il lusso del quartiere Sarria, la 'fuga di tigli nudi' del Retiro, le spiagge del Bogatell, i cantieri dell'Orféon, gli antichi palazzi in rovina del paseo del Born, i tetti innevati del Barrio Gótico e le decrepite sale da ballo di calle Nueva. Il tutto mentre entrano in scena due personaggi storici dalla memoria immortale, di cui uno con la compulsiva ambizione di divenire il 'principe del Parnaso la cui luce avrebbe illuminato il paradiso perduto della letteratura'.
Un "romanzo-tributo" che condensa elementi formativi, romantici, noir e decadenti e che, davanti a un ultimo, nostalgico bicchier(on)e di vino - 'che rende sinceri gli uomini quando meno ne hanno bisogno e infonde loro coraggio quando dovrebbero rimanere codardi' -, ci ricorda che 'La commedia ci insegna che la vita non bisogna prenderla sul serio e la tragedia ci insegna cosa succede quando non diamo retta a ciò che la commedia ci insegna.'
Poi, all'improvviso, un bacio 'che sapeva di tutta la verità del mondo' e un viaggio di sola andata verso il decimo girone infernale.
'Restammo lì, mano nella mano, [...] e piansi, sentendomi alla fine felice.'.
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Salvezza, perdizione, redenzione... o confusione?
Monte Golgota, 33 d.C., ora settima.
Jeshua di Nazareth è stato condannato a morte dal governatore Ponzio Pilato per essersi proclamato Re dei Giudei e rimette lo spirito all’ora nona, dopo una lunga agonia.
Un'immagine scolpita nelle menti di tutti e raccontata in infinite maniere, ma questa volta ai piedi della croce è presente una figura misteriosa 'che era nello stesso tempo un dio, un mortale e certamente anche un eroe', invisibile ai più e capace di udire ogni cosa. Costui avrà anche il privilegio di osservare da vicino, tre giorni dopo, la risurrezione del Salvatore e deciderà di seguirlo per capire fino a che punto possa essere una minaccia per l'imperatore Tiberio. Inizia così un peregrinare infinito, fra Capri, Sefforis, Roma, il lago di Tiberiade e la distesa di Esdrelon con un unico obiettivo finale: cambiare il corso della storia e impedire che le legioni romane invadano e devastino Gerusalemme e il Tempio.
Un'opera intrisa di storia, fantasia e religione che ricostruisce i percorsi, i gesti e i pensieri del Figlio di Dio nei trentacinque giorni successivi alla sua apparizione a Maria, a Paolo e ad altre cinquecento persone dopo essere risorto: la narrazione parte letteralmente dai Vangeli per poi convergere nella voce dell'oscuro protagonista, privo di corpo e avulso dal tempo e dallo spazio, per sfociare infine in un epilogo esplosivo nella Città Santa dei giorni nostri.
Peccato che il giudizio complessivo sia sostanzialmente mediocre: il linguaggio e la lettura sono pesanti, il tempo del racconto è troppo disordinato, la trama manca di spessore e si conclude in maniera surreale.
Difficile credere che l'autore avesse le idee chiare prima, durante e dopo la stesura di questo romanzo.
Sufficienza (risicata) per l'idea di fondo e per alcune descrizioni storico-archeologiche, tutto il resto va cestinato.
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Il Sabato sera che ti cambia la vita per sempre
Periferia di Londra, Luglio 2013.
Rachel è una ragazza sola e senza amici che ogni giorno prende lo stesso treno alla stessa ora per andare a lavoro. Un pendolo di noia e dolore che passa per l'attimo fugace del piacere di una sosta lungo il tragitto, grazie alla quale può curiosare dal finestrino nella vita di Jason e Jess, 'una bella coppia, praticamente perfetta', che abita una villetta lì vicina. La routine scivola via senza alcun sussulto degno di nota, quando una mattina nota Jess che sta baciando appassionatamente un uomo che non è Jason. Il senso di scoramento che le suscita questa visione non è che l'inizio di un autentico uragano che sta per abbattersi sulla vita della protagonista e che finirà per coinvolgere anche perfetti sconosciuti e persone del suo passato che non vogliono più sapere nulla di lei.
Autodistruzione, alcolismo, amnesie, bugie, instabilità, ossessioni: queste le parole-chiave, in rigoroso ordine alfabetico, che riassumono la vita di Rachel, che ammette di aver 'perso il controllo di tutto. Anche dei luoghi che si trovano dentro la mia testa' e che è rimasta ancorata al lontano 2005. Un matrimonio da favola con Tom, una bella casa non distante dalla ferrovia e dai treni che adora, una bella compagnia e un lavoro di tutto rispetto: un quadretto idilliaco che, a sorpresa, va in frantumi. Ed è qui che, ancora più inaspettatamente, va in frantumi anche l'unicità della narrazione: da una voce narrante, tre voci narranti. Tre profili, tre ritratti, tre caratterizzazioni psicologiche mai così distanti fra loro e mai così accomunate dal dolore, dal senso della perdita e dal desiderio di riscatto.
Un romanzo metapsicanalitico scritto in modo leggero, pulito, lineare e dalla trama ricca di cambi di ritmo, con flashback, flashforward, suspance e pause amalgamate in modo sapiente. Il tutto mentre, tra un ipermercato Tesco e qualche vetrina di JD Sports sparsa qua e là, le identità dei personaggi si intorbidiscono a tal punto che una vittima non è altro che un carnefice sapientemente camuffato.
«... se scoprirò il segreto per concentrarmi sulla felicità del presente e godere dell’attimo […] allora andrà tutto a posto.»
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A che ora è la fine del mondo?
Siamo a Roma, in un futuro prossimo, di fronte al tribunale dove si respira 'l'odore rancido di democrazia in disfacimento'.
Una folla di manifestanti, i Responsabilisti, si è riunita per protestare contro la riforma del sistema giudiziario: è la cosiddetta 'sentenza artificiale', che soppianta giudici, dibattimenti e processi in favore di LexIA, un algoritmo scevro da ingerenze politiche, corruzione e discrezionalità umana. Peccato che, al termine della conferenza stampa di presentazione, venga ucciso l’imprenditore Aristotile Damanakis, ideatore di LexIA, e tutte le accuse ricadano sul leader dei Responsabilisti Saverio Colbran.
Passano due anni ed è ormai tutto pronto per il debutto ufficiale di LexIA nei tribunali statali, quando Cassia Niro, brillante analista ministeriale coinvolta nel progetto e con un talento per i protocolli di sicurezza, trova un’anomalia nel sistema e informa immediatamente il suo superiore. Per la giovane ragazza inizia così 'un'indagine dai contorni quasi surreali', tra esche di superficie, virus informatici, deepfake, esplosioni e rapimenti fulminei che cambieranno per sempre la visione del suo lutto paterno e dei suoi tormenti interiori.
E' in una città pervasa da una calma apparente, tra palazzi barocchi e monumenti di epoca romana, che si delinea un cyber thriller dai dilemmi etico-filosofici.
Una trama complessa e ramificata, con al centro una protagonista che, in modo inaspettato, 'ora sentiva di non avere più alcuna certezza' dopo che la sua quotidiana routine "a prova di imprevisto" si era scontrata con un vortice di pathos, inseguimenti e adrenalina. Ed è anche grazie alla narrazione rapida e al sapiente (ab)uso del cliffhanger che il lettore stesso non ha respiro e si trova completamente immerso in un dibattito mai così attuale.
Dalle radici del pensiero di Asimov, Leibniz e Orwell, creatività e duttilità umane saranno messe a dura prova da 'qualcun altro che stava compiendo le proprie mosse in segreto, indisturbato' - 'Perché era evidente che altre forze occulte erano in movimento' - e dovranno decifrare codici rimasti sinora criptati per (ri)trovare pace e libertà.
«Credi che siamo davvero in grado di fare la differenza?»
«Non ne ho idea. Quello che so è che ho un conto in sospeso con quella gente. Mi considerano soltanto una pedina sacrificabile nei loro giochi di potere, ma ho tutta l’intenzione di farli pentire di essersi messi contro di me.»
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Petrarca fra Leopardi e il pendolo di Schopenhauer
Venerdì 13 Ottobre 1368.
Francesco Petrarca ha 64 anni, ma non siamo di fronte al 'poeta laureato' che abbiamo imparato a conoscere sui banchi di scuola: rigidità posturale, ulcera allo stomaco e minzione difficoltosa ci restituiscono l'immagine di un anziano inchiodato impietosamente al muro dalla propria carta d'identità. In quel di Padova fa freddo, e vivere in una casa umida non fa altro che aumentare la sua malinconica depressione, che sfoga con bestemmie e insulti contro l'anziana governante Francescona, mentre le perdite affettive del figlio, del nipote e del copista tormentano la sua mente ormai sfiancata.
Un dissacrante romanzo breve che mescola biografia, inventiva e profili psicologici, ben lontano dall'Umanesimo e dai testi stereotipati che esaltano i grandi del passato in termini aulici e grandiosi.
Distanti da un percorso di pura saggistica, siamo di fronte a un testo dal registro colloquiale, dall'ironia tagliente e dalla lettura rapida e intuitiva.
Il protagonista è un uomo logoro e solo, il quale, tuttavia, rimane lucido nell'estremo tentativo di mantenere quello status sociale acquisito presso amici, conoscenti e letterati: peccato che ormai sia crollato ogni simulacro religioso insieme alla sua fede, e anche l'ultima speranza della scrittura non è detto che risulti efficace per contrastare la sua inquietudine esistenziale.
Tra l'avanzare della vecchiaia - 'una perdita continua, disordinata, casuale' -, una canzone di Boccaccio, un mercante fiorentino dalla pazienza biblica e le citazioni di Bellerofonte, rimane un'ultima, incrollabile certezza: la 'Sincerità, tanto la vita è merda.'
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La bambola alla ricerca della pace perduta
Reykjavik, Islanda.
Konrad, ex poliziotto in pensione, viene contattato da un'anziana coppia amica della defunta moglie Erna perché la loro nipote diciassettenne Danni è irrintracciabile da giorni. La giovane è di carattere ribelle e frequenta Lassi, un ragazzo drogato e pregiudicato che potrebbe averla coinvolta in un giro molto più grande di lei, tuttavia il caso richiede riserbo e delicatezza perché la signora, la nonna, ha ricoperto un importante incarico pubblico e non vuole attirare l'attenzione dei media. 'Come se la rispettabilità della famiglia fosse costantemente in cima ai suoi pensieri.'.
Konrad conosce a menadito la città e i suoi agganci, ma dovrà interfacciarsi anche con una vecchia inchiesta relativa all'annegamento di una dodicenne nel laghetto della Tjornin, forse archiviata con troppa superficialità, e con il suo drammatico passato che lo destabilizza soprattutto nei momenti in cui la lucidità e il raziocinio dovrebbero comandare.
È una scrittura minimalista, accompagnata da chiome spoglie, venti gelidi, cieli plumbei e luci soffuse tipiche dell'autunno nordico, a raccontare un romanzo che sa di fiaba nostalgica.
C'è un protagonista puntiglioso e pragmatico, c'è una psicologia criminale ossessiva e tormentata, e c'è un quadruplo filo narrativo che unisce paranormale, esoterismo, spiritismo e premonizione: il risultato finale è una storia di dolori e segreti che non lasciano respiro a 'chi non ha il privilegio di poter passare le giornate a interrogarsi sul senso profondo della vita.'.
In un calderone di cooperative alimentari, ONG femministe, ex quartieri militari e perversioni carnali di una società apparentemente omertosa, impunita e perbenista, l'umanità e la giustizia non sono mai state così profondamente frammentate.
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L'ultimo baluardo di normalità contro l'oblio
Norcia, Aprile 2017.
Paolo Rumiz si trova nel cuore cicatrizzato dell'Appennino umbro-marchigiano, dove il terremoto del 30 Ottobre 2016 ha lasciato solo silenzi e divieti accanto alla statua di San Benedetto, Patrono d’Europa, estratta incredibilmente intatta dalle macerie: forse una coincidenza, o forse un messaggio salvifico 'in un Occidente segnato da violenza, immigrazioni di massa, guerre, anarchia, degrado urbano, bancarotta' che rischia di implodere come dopo la caduta dell’Impero romano.
Parte da queste terre ormai disabitate il viaggio evocativo, spirituale e attitudinale alla ricerca dell'"ora et labora" applicato ai giorni nostri: un''alternativa al frastuono di un mondo globalizzato che emargina', una navigazione interiore, una presa di coscienza fatta di vivande, musica, cultura, risposte, mancate risposte e (addirittura) birra perché non si perdano definitivamente quei valori che la modernità mitteleuropea ha liquidato.
Storia, geografia e memoria sono le coordinate principali di un reportage dall'Atlantico al Danubio che racconta della fortissima dicotomia tra la barbarie consumistica del presente secolo e il desiderio di metodica ricostruzione della "Regola": dall'abbazia di Sankt Ottilien in una cittadina ipertecnologica alle messe in tedesco fra endecasillabi e bicchieri di Pinot in quel di Muri Gries, passando per la 'psiche iatreion' a San Gallo e per i dipinti trecenteschi dell'abbazia femminile di Viboldone, ascolto comunitario, stabilitas, rinnovamento e rispetto per la terra combattono la loro personale battaglia contro il minaccioso cavallo di ritorno del totalitarismo. Che trascina dietro di sé una pericolosa e disperata desertificazione sociale.
Con una scrittura laica dai toni sobri e delicati, presente e passato si intrecciano al 'secum stare' per impedire che l'otiositas abbia meglio sull'otium.
Per ritrovare la solidarietà più autentica.
Per ritornare all'essenza più profonda.
'Sono preoccupato per il destino di Europa. Forse sarà travolto dall'urto del Globale con la complicità dei professionisti della paura. Ma so che abbiamo il dovere della speranza. E che tra le montagne italiane si nascondono la formula e il mistero della rinascita.'
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L'animo decadente e pellegrino della vita moderna
Sergio è un trentenne che si occupa di diritto societario e che ha sposato Giovanna due anni fa dopo ben dieci di fidanzamento. E' una Domenica qualunque, e la coppia è nel proprio appartamento luminoso e accogliente in zona Testaccio in attesa di ricevere a pranzo due coppie di amici: un tipico quadretto da rilassante giornata festiva, quando al campanello suona una donna anziana che afferma di chiamarsi Elsa Corti e di aver abitato cinquant'anni addietro in quell'appartamento. Sergio è indeciso sul da farsi, ma gli occhi verdi e magnetici della signora lo convincono a farla entrare: nel frattempo, arrivano anche gli invitati, ma al contempo il clima si fa stranamente più pesante. Nessuno dei presenti ancora immagina che l'ospite inatteso nasconda un 'ipnotico flusso di ricordi' destinato a cambiare radicalmente la loro esistenza.
E' una trama che viaggia per oltre mezzo secolo lungo tre binari paralleli a rappresentare il fulcro di un romanzo conturbante e nostalgico in cui Kas, Roma, Venezia, Viterbo e Istanbul rappresentano 'un microcosmo che è allo stesso tempo un non luogo e tutti i luoghi del mondo'.
'Un crocevia di storie, destini, casualità' dove, senza alcun dubbio, spicca la città turca tanto cara all'autore e 'dall’anima antichissima ma dallo spirito così moderno': gli odori speziati, il jet set locale, 'le acque scintillanti del Mar di Marmara', le ville mozzafiato sul Bosforo, l'aria salmastra, un lussureggiante hamam e il cielo al tramonto 'come un manto di velluto dai colori cangianti' riassumono perfettamente la magia e il fascino di una metropoli che offre mille (e una) opportunità.
Non mancheranno amore, odio, delusioni, menzogne, rivalità, separazioni, disperazione, riscatto e speranze in questa 'fragile bolla di felicità', mentre una scrittura in parte epistolare, dai toni sommessi e dal ritmo musicale cercherà di riequilibrare quelle vite incerte e rimaste in sospeso.
Per poter così, finalmente, sciogliere il nastro che tiene insieme quelle lettere intonse, mai aperte, e dare un senso a quel passato che distorce il presente e che oscurerà il futuro.
Un viaggio di rara autenticità nella parte più recondita dell'animo umano, per scoprire che 'ciò di cui tutti noi abbiamo bisogno, alla fine è solo la felicità'.
Solo 'così la vita continua e la luce del giorno seppellisce le paure e i fantasmi della notte'.
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Lo zibaldone del XXI secolo
Un insieme di ritagli di mondo e di racconti fusi in un unico saggio "breve" che prende il nome da un importante imprenditore e circense: questo, in (neanche troppa) sintesi, il profilo generale di 'un lungo libro che parla del nostro tempo [...] a colpi di articoli', un 'festoso spettacolo di freaks, pistoleri e illusionisti' che rimbalza fra acrobazie temporali, attrazioni culturali, doppio entr'acte e bonus track che richiama la "società liquida" di Bauman.
E' un occhio clinico traboccante di curiosità, quello dello scrittore torinese, a raccogliere sussurri, previsioni, usi, costumi ed eredità di una società contemporanea esibizionista e bonariamente avvezza a suscitare scandali e ad innescare dibattiti.
Lo 'svagolamento poetico' di Boca-River, la danza di Gabriel Garcia Marquez, la psicanalisi del bowling americano, l'11 Settembre 2011 tra realtà e finzione, Hemingway e la Feria di San Fermin, l'ultima lezione di Vattimo, la stazione a scartamento ridotto di Hanoi, amicizie e 'Rolling Stones' prima di Facebook, il punto e virgola perfetto di Houellebecq, Eco e la 'sua certa idea di mondo', il 'grandioso gorgo sonoro' dei Wiener Philharmoniker, Mario Vargas Llosa contro la civiltà dell'immagine, il personaggio geniale di Paperone, Orhan Pamuk e il suo 'romanzo in forma di catalogo', e la bussola suggeritrice di Walter Benjamin sono una minima parte delle istantanee imprevedibili di un circo in continuo work in progress. Dove il punto di vista è quello dei 'nevrotici che invece di godersi la vita risultano inclini a interpretarla come un duello'.
Tra postmodernità e iconismo, sarà fantastico sorseggiarlo come il tipico tè alla menta del Cafè Hafa di Tangeri, fra vento teso da est, un piccolo biliardo di noccioline e svariate riflessioni sul mondo ignoto.
'E' il problema dei più, oggi, il problema della gente di buona volontà. Sentono di essere ormai oltre una certa civiltà, ma non vogliono essere peggiori.'.
Peggiori dei barbari.
Peggiori dell'imbarbarimento.
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La maieutica è un piatto che va servito freddo
E' un classico caso di omicidio a interrompere le ferie forzate fra 'nebbie e flutti mutevoli’ islandesi di Jean-Baptiste Adamsberg, commissario dell'Anticrimine di Parigi: un'indagine priva di difficoltà che si conclude in tempi brevi, ma ben presto l'attenzione del protagonista si sposta sulla morte di tre anziani nel sud della Francia per il morso di un ragno reclusa, aracnide solitamente schivo e con un veleno letale solo in dosi estremamente massicce. Età avanzata e patologie pregresse delle vittime potrebbero essere la risposta a un caso apparentemente semplice, ma non per Adamsberg: superati depistaggi, fake news e un palese conflitto di interesse, c'è da risolvere il loro passato comune che triangola Medioevo, Seconda Guerra Mondiale e uno dei reati più ignobili in assoluto.
Tra favola e realtà, le reminiscenze di Nietzsche, Balzac, Magellano e Socrate fanno da sfondo a un romanzo nevrotico e quasi surreale che racconta in modo analitico di etica, morale, giustizia e spirito d'iniziativa.
Al centro della narrazione, Adamsberg e 'la sua indagine bislacca e avara di parole' tanto disapprovata da 'Danglard e Retancourt […], capifila dell’orientamento pragmatico della squadra', mentre attorno ai vari personaggi ruotano il cane di San Rocco, una murena che puzza, un filo di nylon, un fucile ipodermico, cinque piccoli merli e un numero indefinito di ronchi e di blaps - gli scarabei portatori di sfortuna.
'Ma supponi di guardare la cosa da un'altra angolazione', girovagando tra bolle cognitive e proto-pensieri: i lettori meno avvezzi non apprezzeranno la trama ingarbugliata e dispersiva, ma, superato il senso di noia crescente già dopo qualche decina di pagine, le nebbie di uno stream of consciousness esasperato saranno meno folli e meno impenetrabili.
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La Milano di oggi, terra delle (non) opportunità
DDI, disturbo dissociativo dell'identità: ne soffre il protagonista del romanzo, il Gorilla.
Un uomo che possiede una barca color terra bruciata e con un Socio nella testa che ogni tanto prende il controllo con ferocia e violenza: è lui stesso, nei momenti di lucidità più estrema, a definirlo 'l'equivalente psichico di un cancro'. Gorilla ha lasciato da tempo l'Italia accettando il confino nei Paesi Bassi fra marijuana e Hungarian Street, quando è il funerale di un vecchio amico a farlo rientrare nell''underground tossico milanese'. Albero si è suicidato portando con sé i sogni rivoluzionari, ma ben presto sarà un incendio ricco di interrogativi a catturare le sue attenzioni. E, fra un recupero crediti che fa concorrenza - sleale - all'Agenzia delle Entrate e un Circo senza animali, dovrà ficcare il naso 'nel salotto dei piani alti, dove ci si scambiano favori tra persone dalla fedina penale immacolata'.
E' una meravigliosa rappresentazione della metropoli lombarda a "ospitare" questa narrazione un po' vera un po' fittizia: una Milano deviata e priva di maschere che diventa la città dei vinti.
Piazza Gae Aulenti, le torri storte di CityLife, il Bosco Verticale, il viale multietnico NoLo, il verde scuro del parco Forlanini, Lampugnano e la torre di Sauron sono i luoghi reietti e desolati nei quali si muovono a stento tossici, senzatetto e abusivi tra una flebo di risperidone e una pastiglia di clozapina. E ancora: il pub di Toku, le agenzie di security, il Fentanyl, la street art, i grattacieli delle banche e i ristoranti acchiappaturisti che odorano di naftalina e carne marcia.
Un noir dannatamente magnetico, con dialoghi chirurgici, stile incisivo e ritmo rapidissimo a esaltare l'antieroe e la sindrome di Stoccolma.
Benvenuti in un viaggio disincantato dal retrogusto amaro, che focalizza i suoi riflettori sulle 'vite che non riuscivano a rigare dritto', sul marciume dei nostri tempi e su un'infuocata piastra in titanio.
Senza remore.
Senza complimenti.
'Se sei un miserabile devi imparare a difenderti da solo, perché a nessun altro frega un cazzo. È un mondo muy difícil, hombre.'.
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Alla fine, chi sono i veri diavoli?
Gli anni Novanta rappresentano un periodo storico alquanto complicato a livello mondiale per il boom di Internet che fa da lasciapassare alle piaghe della pedofilia e della pedopornografia online.
Oltre al traffico di esseri umani - fra cui anche minori - nella zona di conflitto fra Kosovo e Jugoslavia, i casi più eclatanti vedono il Belgio sconvolto da due terribili casi di pedofilia che coinvolgono oltre trecento bambini fra il 1996 e il 1998, gli USA con i programmi televisivi - sebbene talvolta sensazionalistici - dedicati sempre di più ad asili e sette sataniche, e l'Italia con il caso dei Diavoli della Bassa Modenese, mentre la legge si sta adeguando con norme specifiche e il PM Pietro Forno compatta tutte le principali procure.
E' il 1997, e ci troviamo nel 'mosaico composto da decine di migliaia di tesserine irregolari verde smeraldo e giallo ocra' che separano Mirandola da Massa Finalese: le accuse di pedofilia e satanismo che il 'bambino zero' Dario indirizza alla famiglia naturale aprono cinque filoni di indagine che coinvolgono complessivamente sedici bambini e i rispettivi parenti e maestri di scuola.
Un 'carosello di memorie fantasiose, piene di maschere, di uccelli squartati, di torte fatte con escrementi, di giochi erotici filmati e di persone volanti', corredato da violenze, pugnali e uccisioni di almeno una dozzina di bambini a settimana, che verrebbe compiuto durante la notte nei cimiteri della zona da parte di una setta capeggiata da un prete molto conosciuto: nessuno, a parte i bambini, ha visto né sentito nulla, ma tanto basta a costruire un circolo vizioso di condanne, assoluzioni, perizie e controperizie che sembrava essersi chiuso con la dimostrazione di un palese conflitto di interessi, ma che ancora oggi continua a turbare il sonno dei vivi e dei morti.
Uno stile laconico dai toni forti e distinti caratterizza lo zibaldone di testimonianze, documenti, sentenze e verbali raccolto negli anni da Pablo Trincia, che tuttavia pecca di parzialità esattamente come il modus operandi antiscientifico della difesa: manca l'approfondimento circa le accuse di abuso domestico che sono state confermate per alcuni degli imputati, ed è prepotente la necessità di trovare a tutti i costi un capro espiatorio in una psicologa, che, per quanto la Cassazione definisca 'oggettivamente inesperta' e con un approccio 'assolutamente censurabile' insieme alle colleghe, fa parte del complesso quadro di servizi sociali, centri antiabuso, polizia e PM che si è macchiato di manipolazioni, classismo e superficialità. A partire da una ginecologa che, oltre ogni ragionevole dubbio, ancora oggi opera privatamente a Milano nonostante in quel processo avesse dichiarato che 'l'imene può riformarsi'.
L'unica certezza è che 'i concetti di reale e immaginario si erano irreversibilmente fusi in un unico, grande calderone di incubi, ansie e manie di persecuzione', mentre incredulità, interrogazioni parlamentari, childgrooming, Criteria-Based Content Analysis, cherry-picking, effetto Placebo, effetto disinformazione, istinto di autoconservazione e potenti benzodiazepine raccontano di tutta l'inadeguatezza dello Stato in una drammatica caccia alle streghe che 'era come un buco nero. Più ci guardavo dentro e meno i suoi meccanismi sembravano rispondere alle norme di comportamento sociali e umane e ai rapporti di causa ed effetto che fino a quel momento avevo dato per scontati'.
'Dove si nascondeva il confine tra reale e immaginario? Chi lo aveva stabilito? E come? Non c'era modo di capirlo'.
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Reggio Calabria-Siderno: 5 continenti in 104 km
Siamo in Calabria, lungo quel corridoio sbudellato di 491 km che parte dalla città metropolitana di Reggio e fiancheggia la costa jonica fino a Taranto. E' qui, fra centri abitati spesso privi di criteri urbanistici e un mare che nasconde segreti e aneddoti non sempre limpidi come le sue acque, che 'la sindrome che aleggia nella zona' si intreccia a storie di sangue, inabissamenti, traffici di droga e sequestri di persona, soprattutto nel centinaio abbondante di chilometri che separano Reggio Calabria da Siderno a partire dalla seconda guerra di 'ndrangheta, con i 556 miliardi di lire del "Decreto Reggio" e con gli oltre 550 morti tra i De Stefano-Tegano e Antonino "Nano feroce" Imerti.
Fino a divenire un 'abominio statistico di dimensioni internazionali' attraverso direttrici europee e transoceaniche, anche se il cordone ombelicale con il Crimine di Polsi rimaneva, rimane e rimarrà inviolabile e imperituro.
Sullo sfondo di costruzioni cristallizzate agli anni Sessanta, moncherini di pilastri e segnali stradali bucati a pallettoni, inframezzati da aranceti, olivi, mandorli, pini marittimi e colline bianche, si passa dai capannoni e dalla ciminiera di 154 metri della "Liquichimica Biosintesi" di Saline Joniche all'atmosfera letargica di Africo Nuovo e al 'triangolo del potere' di Locri, decisivo nell'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno.
Ma, come già detto, questa è una 'geografia occulta costituita da intrecci, parentele, cognomi ricorrenti [...] che fluiscono sottotraccia per ricomparire [...] dall'altra parte del pianeta': dunque, come non citare i palazzi in stile edoardiano di Hamilton, cittadina canadese inquadrata come snodo strategico al confine con gli Usa, i giri di denaro fra Liechtenstein, Libano, Canton Ticino e Hong Kong, l'acquisto di hashish dai canali bulgari e messicani sfruttando imprenditori incensurati e la schermatura di una fiduciaria maltese, lo scandalo "Lawyer X" che ancora oggi risuona nei palazzi di giustizia australiana e, last but not least, il doppio omicidio nell'anonimo villaggio slovacco di Vel'ka Maca, anche se il groviglio infinito di ramificazioni finirà sempre e comunque per confluire nella Reggio Calabria dello stile liberty, del profilo della Trinacria che si staglia sullo Stretto e del caso Scopelliti: l'uomo che ieri era il sindaco di una città che ospitava Elton John e Zaha Hadid, oggi lascia 170 milioni di euro di debiti nelle casse comunali e domani viene condannato per falso in atto pubblico.
Una cronaca di atti processuali, intercettazioni e riflessioni, accurata, ricca di analessi e con un linguaggio austero che racconta un sostanziale rifiuto dell’ordine a 360 gradi.
Potrei andare avanti parlandovi di un bar alla moda di Milano, delle schede SIM intestate a filantropi americani, di un pomeriggio di Carnevale del 1991 a San Luca, di un sottoscala della Edimburgo vecchia, dei locali della cittadina-satellite di Bruggen e della 'struzzomania', ma risulterebbe un elenco stucchevole e fine a sé stesso.
Preferisco concludere con un input - ossimoro solo all'apparenza - che disattivi questo 'meccanismo di una granata a frammentazione, che esplode in mille schegge a lunga gittata e lacera speranze e reputazioni': siamo a Reggio Calabria, nel Caffè Malavenda. Roberta, l'attuale proprietaria, e il suo master in Biologia Marina a Dublino fanno parte di una storia che merita di essere raccontata. Narrata. Ammirata.
Ma non da me.
Da voi.
'Nei miei momenti più speculativi, a volte, prima di addormentarmi, immagino di tornare a guidare sulla Statale 106. Nell'ora magica subito prima del tramonto il sole taglia l'orizzonte con riflessi di indaco e arancio sulle onde, il vento soffia da nordest e la radio torna a suonare ad alto volume dopo l'ultima interferenza.
La Statale è così bella che sembra quasi pacificata.'
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'Alveare' di Giuseppe Catozzella.
'Ndrangheta 2.0: (non) guida all'uso
Operazione 'Crimine-Infinito' del 2008: è la maxi-operazione che, per la prima volta, mostra e dimostra l'unitarietà della 'ndrangheta.
Parte da qui, e da tanti altri filoni di indagine corredati da interviste sul campo, documenti giudiziari e carte processuali, il saggio breve che presenta una parte di mondo della criminalità e dell'illegalità in cui vige la legge darwiniano-spenceriana dell'evoluzione e dell'adattamento all'ambiente: nello specifico, i riflettori del magistrato-procuratore Nicola Gratteri e del docente universitario Antonio Nicaso puntano sulla camaleontica trasformazione della 'ndrangheta nel terzo millennio, con un'analisi grandangolare sui boss, sempre 'più furbi, più abili, più accorti; poco propensi a esporsi in prima persona' e abili nel diventare burattinai delle ramificazioni della vita pubblica e sociale senza rinnegare il passato e le tradizioni familiari a base di "coppola e lupara".
Una struttura clanica e organica che strizza sempre di più l'occhio alla creazione di un unico e (non) libero mercato che abbatta i costi di produzione ed elevi i margini di profitto, passando - per quanto concerne il Vecchio Continente - attraverso Romania, San Marino, Austria, Svizzera e gli snodi cruciali di Mullheim, Costanza, Rotterdam, Anversa e Amburgo. Una vocazione sempre più imprenditoriale che parte dagli anni Ottanta del secolo scorso e che coinvolge 'soggetti che popolano la zona grigia', forze di polizia, massoneria deviata e deep web circa siderurgia, edilizia, farmacie, gioco d'azzardo, narcotraffico, social network language della 'Google generation criminale' e riciclaggio attraverso le criptovalute in un mix di antisocialità, escatologia cristiana, globalizzazione post-moderna e arcaicità, con usi, rituali e costumi che richiamano l'esoteria e l'essoteria dei racconti cavallereschi e dei cospiratori antiborbonici.
Tuttavia, si intravedono anche le prime crepe in un secolare e apparentemente inscalfibile muro di omertà sessista e patriarcale: da un lato, i rampolli dei boss fanno pubblicamente coming-out o diventano collaboratori di giustizia, gettando una pesante ombra sulle prospettive future dell'intero clan; dall'altro, le mogli e le figlie si strappano di dosso l'etichetta di gregarie utili solo nel partorire e nell'inculcare agli eredi i valori dell'onore, della famiglia e dell'odio per lo Stato, alimentando una controcultura economica, antropologica e sociologica che debelli quel 'qualcosa di invisibile come l'altra faccia della luna, qualcosa che ha sede in un altrove lontano, presente ma nascosto' al quale la fragile società di oggi, divorata dai tarli della superficialità e dell'inadeguatezza, si piega, si rassegna e si atomizza.
Con queste pagine, Gratteri e Nicaso vogliono ricordarci che 'quella contro la 'ndrangheta è una battaglia che è possibile vincere.'.
Quella battaglia contro chi vuole farti sapere 'che il mondo si divide in due: ciò che è già Calabria e ciò che lo diventerà.'.
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L'amore ai tempi del Modernismo e dell'Art Nouveau
Barcellona, Maggio 1901. La città catalana vive una rivoluzione industriale dai due volti, in cui le domeniche di riposo sono ancora negate e la grave crisi economica costringe donne e bambini a imporre la serrata al posto dei malmenabili uomini da parte della Guardia Civil.
Una convulsa realtà sociale in cui muovono i propri passi Dalmau Sala, talentuoso progettista-disegnatore in una fabbrica di ceramiche del borghese Don Manuel Bello, e la fidanzata Emma, di professione cuoca: fra movimenti anarchici, idee rivoluzionarie e Modernismo colorista di Gaudì, Domènech i Montaner e Puig i Cadafalch in rapida ascesa, il momento storico è caldissimo e non ammette ripensamenti una volta scelto lo schieramento da appoggiare.
A differenza della fidanzata determinata e prorompente, Dalmau tergiversa tanto, troppo, tant'è che Dante gli avrebbe già riservato un posto nella IV Cornice del Purgatorio, ma sarà la manifestazione del 17 Febbraio 1902 a scegliere per lui e per tutti i suoi cari: le drammatiche conseguenze di quella contestazione sono il punto di inizio di un viaggio lunghissimo, nel quale il giovane toccherà il punto più basso della sua (non) esistenza e sarà costretto ad aggrapparsi ai sentimenti, all'amore e al suo desiderio di cambiare vita per evitare che lussuria, vendetta e vizi miserabili lo incatenino per sempre all'inferno.
E' proprio dall'ambientazione che è doveroso partire, perché Barcellona viene presentata in modo così magistrale da attirare su di sé gran parte dei riflettori solitamente puntati sui protagonisti.
Nonostante la città sia 'crudele e spietata con chi la rendeva grande sacrificando la vita, la salute, la famiglia e i figli', non si può non rimanere affascinati dalle 'influenze orientaleggianti', dal netto contrasto fra gli edifici abbienti lungo la avenida Diagonal e l’agglomerato disordinato di costruzioni anonime nel quartiere popolare di Sant Antoni, dai viali di pioppi ed eucalipti e giardini all'inglese all'altezza del Parque, dal fitto reticolo di viuzze dei quartieri medievali e dal mezzo milione di persone che brulicano fra reietti trinxeraires, biciclette, treni e tram, mentre tifo e malattie endemiche sono all'ordine del giorno a causa della contaminazione di suolo, sottosuolo e aria nella zona antica. Senza dimenticare i locali proibiti che offrono sesso, gioco, alcol, morfina e oppio a cifre irrisorie.
Un quadro suggestivo e ricostruito perfettamente in tutti i suoi dettagli, che denota un appassionato lavoro di studio e di ricerca da parte dell'autore e che affianca l'intreccio a livello di (elevatissimo) standard qualitativo.
Il conflitto tra il movimento anarco-operaio e cattolico-borghese, il carisma del repubblicano rivoluzionario Alejandro Lerroux, l'accesa rivalità fra Llucs e bohemiens, il violentissimo risentimento contro la Chiesa, il depauperamento della dignità umana, il machiavellico fine che giustifica i mezzi, il sentimento innato della solidarietà, la voglia di riscatto come ultimo asso nella manica e la vendetta personale che ribolle per centinaia di pagine sono solo alcuni dei temi di un'opera di grande complessità che unisce l'impostazione stilistico-narrativa de 'La trilogia del secolo' di Follett e la Barcellona magica de 'Il cimitero dei libri dimenticati' di Zafón con il Cubismo e il Surrealismo, 'le massime espressioni dell’indipendenza e della libertà interpretativa dell’artista.'.
Forse l'unica nota stonata riguarda qualche pagina di troppo circa le descrizioni architettoniche intorno alla fine della prima metà del romanzo che distolgono l'attenzione dalla trama principale per un attimo in più del dovuto, ma non ne avrete nemmeno il ricordo dopo aver percorso 'la confusione di strade e persone' della seconda metà del romanzo (e, in particolare, delle ultime 100-150 pagine).
Anche perché sono dolorosi e ancora attuali gli interrogativi di fondo che hanno lasciato la guerra del Rif e la Settimana Tragica, e sarà straziante ammettere che ‘Gli uomini troppo svegli scompaiono perché non accettano l'ingiustizia che li circonda, e prima o poi finiscono male.’.
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la quadralogia 'Il cimitero dei libri dimenticati' di Carlos Ruiz Zafón.
Sorgente del Nilo, sorgente del mito
Anno 62 d.C.
Il centurione Furio Voreno sta attraversando l'inospitale e arida steppa numidica per rientrare a Roma, carico di soldati a lui sottoposti e di fiere da destinare alle venationes, sanguinarie sfide nelle arene imperiali in cui gli animali selvatici vengono cacciati e uccisi: tuttavia, nell'ultimo convoglio, è presente una 'splendida donna... scura nel suo corpo lucente' che afferma di chiamarsi Varea, dotata di forza sovrumana e con indosso un monile dai geroglifici indecifrabili. Le voci, tra fascino magnetico e timore reverenziale, giungono sino a Nerone, il quale non ascolta le suppliche di Voreno e costringe la donna ad affrontare leonesse, guerrieri celti, leoni mauretani e un misterioso e possente Ercole nero: una serie di duelli sempre più rutilanti destinati a concludersi con la morte certa della giovane, fino a quando le leggende che ruotano attorno alla sorgente del Nilo, allora inesplorata, non stuzzicano la vorace curiosità dell'imperatore. Voreno, a capo della spedizione, non si lascia sfuggire l'occasione e ottiene il permesso di portare con sè Varea per agevolare le comunicazioni con le tribù indigene, ma ben presto la donna rivelerà il suo misterioso legame a una profezia millenaria dal quale dipenderanno le sorti dell'intero viaggio.
E' con la consueta dovizia di particolari che Manfredi ci pone di fronte a un viaggio temporale che abbraccia dodici secoli e che affonda le proprie radici nel decennale assedio di Troia, con lo scontro fra Memnon-Memnone e Akireu-Achille, passa attraverso la figura di Attilio Regolo nella prima guerra punica e infine si conclude con l'impero del figlio di Claudio e di Agrippina minore: una figura ambivalente e centrale in un'epoca storica conturbante che stride con i valori dei guerrieri più nobili e valorosi e con il trionfo estetico della Città Eterna.
Una dicotomia che, tuttavia, non metterà in chiaroscuro il fascino delle ville a strapiombo sul golfo di Napoli, le cascate spumeggianti della foresta dell'Atlante, le imponenti piramidi, la tomba di Alexandros e il tempio di Ramses II e di Nefertiti: luoghi ricchi di Storia e dai profumi ancestrali, lungo i quali si (di)spiegheranno intrecci amorosi, spionaggi e usi e costumi paradossalmente opposti e uguali allo stesso tempo. Il tutto raccontato attraverso un lessico semplice e lineare e un registro che alterna con estremo equilibrio azione, pathos, descrizioni e riflessioni prima di un finale tragico, ma che lascia comunque spazio a una speranza e a un capitolo successivo meritevole di essere gustato in tempi brevi, brevissimi.
Sbrigatevi a partire: i Monti della Luna, esotici e incontaminati, vi attendono.
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Le fake news sono vere, la realtà è falsa
17 Novembre 2017.
Stefano Piedimonte, scrittore di origini partenopee, si è trasferito in un monolocale di Milano nell'estremo tentativo di risollevare la propria esistenza dopo una serie di fallimenti personali, lavorativi e sentimentali. Un giorno, la sua anonima quotidianità viene scossa da un messaggio su Facebook di Giuseppe, uno studente universitario di Pisa: questi lo informa che, per la prossima sessione di esami, gli è stato assegnato l'incarico di scrivere la sua voce biografica su Wikipedia. Un compito apparentemente semplice e privo di rischi, ma destinato a diventare un caso editoriale ricco di equivoci, malintesi e paradossi: manomettere la realtà non è mai stato così tremendamente semplice.
Un romanzo che trae spunto da un evento banale e che diventa un gioco tra reale e virtuale, in cui persino i dati anagrafici del protagonista sono da ritenersi fonte inattendibile quando in lui si palesano il dubbio di vivere una vita parallela e la necessità di doversi riadattare a quest'ultima.
E' il chiaro segno della crisi dell'autofiction, in cui una responsabile editoriale inetta, una cassiera ispanica borderline, un salotto di scapestrati riuniti in un 'giardino dei limoni, non certo per le belle foglie di verbena che ne ornavano la copertura', mezze compresse di Xanax e l'uxoricidio mai avvenuto di un nonno vengono condensati in un immenso calderone di conformismo insieme a Voltaire, Galileo, Umberto Eco e a un furto di fagioli durante la Seconda Guerra Mondiale: il risultato, 'In fin dei conti, è anche la storia della mia vita, o almeno l'unica parte a cui riesca ad ancorarmi, ora che non so neanche più bene quale sia il mio nome di battesimo.'.
Siamo dunque di fronte a una vana e inconcludente ricerca della Libertà dove ogni certezza si dissolve e dove persino i ricordi cristallizzati dal tempo perdono qualsiasi radice mnemonica, con uno stile semplice e un lessico privo di estetismi, ma capaci di far malinconicamente (sor)ridere e riflettere, pronti a guidarci nell'indagine dell’attuale universo social in cui le vite dipendono dagli aforismi altrui, dai profili falsi, dai like di Facebook e dai cuoricini di Instagram.
La post-verità è dietro l'angolo, tronfiamente sorridente.
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Una nuova esistenza distante 'solo' tre settimane
Settembre 1970: l’ondata hippie sta sconvolgendo la generazione europea “del buon costume” che vede il perbenismo e l’affermazione personale come unici scopi di vita. Quei ‘giovani alternativi con quell’emblema cucito sulla giacchetta e sui pantaloni’, che cullano il sogno di creare un mondo pacifico e privo di povertà e autoritarismi, spostano gradualmente le loro attenzioni verso mete di approdo extracontinentali come Machu Picchu, Bolivia e Tibet, quando un nuovo sentiero inizia ad affascinare le loro menti: raggiungere Kathmandu partendo da Amsterdam in tre settimane a bordo del Magic Bus, passando per Germania, Austria, Bulgaria, Turchia, Iraq, Iran, Afghanistan e Pakistan.
Ed è proprio nella capitale dei Paesi Bassi che si incontrano quasi per caso Karla, giovane olandese bella e intraprendente, e Paulo, brasiliano dal passato segnato dal ‘treno della morte’ in Bolivia e da un violento sopruso subito in Cile, e insieme decidono, dopo un lungo tira e molla, di lasciarsi andare al legame magnetico che si è instaurato fra loro e di partire alla ricerca di quella ‘vita così interessante, ricca di novità e di sfide’.
Siamo di fronte a un romanzo narrativo-autobiografico introdotto dal verso di una preghiera mariana, da un passo biblico e da una poesia bengalese che ripercorre le orme, i pensieri e le difficoltà di quella gente che ‘non meritava il diritto di viaggiare libera per il mondo, diffondendo il germe della ribellione’.
Una battaglia per la Libertà che passa anche attraverso il sesso senza dogmi e tabù, la liberalizzazione delle droghe, l'incontrastata espressione della volontà personale, il disprezzo per il grigiore monotematico, il concetto di ‘sensualità’ come rivendicazione della femminilità e non come tentativo di approccio sessuale e le riflessioni riguardo Von Daniken, mentre la dicotomia sociale fra il ‘nuovo Rinascimento’ nella capitale dei Paesi Bassi, il ‘Settembre nero’ palestinese, i massacri che insanguinano il Vietnam e il fascino cromatico, urbanistico e culturale del Gran Bazar di Istanbul fornisce uno spaccato devastante di come, in quel mondo moderno in rapida evoluzione (o involuzione?), ‘l’assassino più esecrabile è colui che uccide la nostra gioia di vivere’.
Un itinerario a tappe destinato a rivoluzionare per sempre le vite di Paulo, di Karla e dei loro compagni di viaggio, raccontato in terza persona e con uno stile leggero e a tratti inimitabile, in cui l’autore ci regala pagine di esperienze personali realmente accadute cariche di altruismo, di Amore, di paure, di desideri, di LSD e di ‘danze roteanti’.
Peccato che la trama e il suo contorno manchino di un vero e proprio approfondimento, con accenni marginali sia di tutte le peculiarità del movimento hippie sia del contesto storico-sociale in cui è costretto a fare le “spalle grosse” per poter sopravvivere. Anche la storia d'amore fra i protagonisti e il finale risultano lacunosi, facendo perdere punti a un romanzo dalle grandi aspettative, ma fondamentalmente incapace di esprimere appieno la personalità dello scrittore.
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- no
La libertà totale degli arresti domiciliari
21 Giugno 1922.
Il conte Aleksandr Il'ic Rostov, decorato con l'ordine di Sant'Andrea, membro del Jockey Club e Maestro di caccia, si trova dinanzi al Comitato di Emergenza con l'accusa di essersi 'irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale'. La condanna è la "prigionia eterna" all'interno dell'Hotel Metropol di Mosca, sua attuale residenza: se dovesse mettere anche un solo piede fuori dall'albergo, verrà fucilato all'istante.
Una situazione complicata da affrontare per un 'anfitrione nato' come lui, abituato più a viaggiare per il mondo che a respirare per vivere, ma 'avendo riconosciuto che un uomo deve saper governare le proprie circostanze, altrimenti sarebbero le circostanze a governarlo', il suo senso pragmatico, il suo spirito positivo e 'la ragazzina con un debole per il giallo' sono già pronti a venire in suo soccorso.
Nel sottofondo storico dell'Est Europa dagli anni '20 agli anni '50 del Novecento, un romanzo che è una vera e propria lezione di vita sugli imprevisti attraverso le ansie, le sfide, le aspettative e i compromessi di chi è stato costretto a cambiare la propria posizione nel mondo.
Dialoghi arguti e uno stile elegante e ricercato sono solo il preludio a una narrazione estremamente dinamica in cui i personaggi principali (specialmente uno femminile, per la quale si prova una fascinosa riverenza quasi a tal punto dal considerarla "la vera protagonista" al posto di Rostov), sui quali non mancano focus particolareggiati, sono complementari agli ambienti di (sotto)fondo e agli intrecci storico-politico-economici dell'epoca.
Una lettura ideale per chi vuole provare il fascino dell'animo russo, immune allo scorrere del tempo, osservandolo dal punto d'incontro tra il profumo di 'mille alberi di mele in fiore' di Nizhnij Novgorod e il sibilo della brezza estiva di Bellosguardo: gli indizi che l'autore dissemina fra un gatto blu di Prussia con un occhio solo, il ristorante più bello di Mosca, la stanza delle meraviglie, un bicchiere di Porto e lezioni su Michel de Montaigne e Alexis de Tocqueville sono apparentemente banali, ma sarà compito del capitolo dal titolo autoesplicativo 'Apoteosi' mostrare il loro filo conduttore in un finale assolutamente a sorpresa e impossibile da prevedere.
'Perché quello che importa nella vita non è ricevere una salva di applausi; quello che importa è avere il coraggio di avventurarsi, nonostante l'incertezza dell'acclamazione.'
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Anno 1978: ieri è nata la civiltà di domani
Benvenuti nel viaggio in cui Baricco racconta, 'da questa prospettiva strana di cartografo ritardatario e sapiente disinformato', la crisi culturale della generazione attuale: una vera e propria stasi cognitiva che si manifesta attraverso l'aumento dell'artificialità nel nostro quotidiano, la dipendenza dallo schermo di uno smartphone o di un Pc e la distruzione di Umanesimo, Illuminismo e Progresso.
Alla base di tutto, una "rivoluzione-terremoto" causata dall'avvento del digitale, che ha tradotto colori, suoni e lettere in numeri archiviabili nelle macchine: si è determinata così la dicotomia fra l'analogico, più poetico e più datato, e il digitale, meno suscettibile alle sfumature in continuo divenire della realtà. L'anno d'innesco di questa "tettonica delle placche" è il 2002, tuttavia per comprendere l'intero processo tecnologico-mental-(evolutivo?) è necessario tornare indietro di oltre due decenni e suddividerlo in tre macrofasi:
- la 'vertebra zero' ci riporta al 1978 con il videogame dalla grafica arcade 'Space Invaders' e con il concetto di 'consistenza dell'esperienza'. Il salto temporale che arriva fino al 1998 sdogana la postura 'uomo-tastiera-schermo' e sedimenta la neonata civiltà liquida;
- fra il 1999 e il 2007, vari rigurgiti dell'epoca pre-digitale vengono messi a tacere dallo sbarco definitivo dell'uomo nell'oltremondo. Una menzione a parte la merita l'iPhone, risalente al 2007 e potenziale contenitore dell'infinito come il capostipite Space Invaders, ma molto più bello a livello puramente estetico: nasce così il concetto di esperienza come 'conseguenza divertente di gioco'. Il Game ha gettato così le sue basi fondative, e i device sono ormai assimilati come prolungamenti organici del corpo;
- fra il 2008-2016, la seconda guerra di resistenza novecentesca tenta invano di fermare i colossi del Game, mentre questi ultimi sfruttano la disillusione verso la vecchia politica affermando la 'democrazia digitale' prima con la vittoria di Obama alle presidenziali USA e poi con la nascita del Movimento 5 Stelle in Italia. Last, but not least, il 4-1 a Go che un software di Google rifila al numero uno mondiale di categoria certifica definitivamente il trionfo dell'intelligenza artificiale.
Al grido di 'stay hungry, stay foolish', caposaldo incrollabile della controcultura californiana, Baricco ci regala questo meraviglioso spaccato di modernità senza mai dimenticare l'obiettivo dichiarato di fare luce sugli interrogativi e sui punti oscuri dell'intero movimento.
Si parte da un mondo razionale a trazione diretta per allontanarsi progressivamente dall'empirismo, mentre si sgretolano le mediazioni a vantaggio di un unico algoritmo oggettivo e immateriale: l'esempio lampante è l'anno 1989, nel quale, oltre al Muro di Berlino, crolla anche il muro mentale occidentale con la combinazione fra la globalizzazione e la neonata UE.
Le basi del galateo digitale implicano conseguenti riflessioni riguardo i tool, la frammentazione dell'esperienza, la struttura breve di problema/soluzione a difficoltà crescente e la post-esperienza, anche se il Game non è esente da un intrinseco darwinismo sociale che sfocia nell'oligarchico individualismo di massa e nella denuncia di un suo sviluppo non preventivato.
Coloro che rimangono esclusi vengono, dunque, archiviati in un anonimo 'dimenticatoio crepuscolare' a discrezione del player potente di turno, anche se l'autore ha già pronte tre possibili vie di fuga: le scoprirete solo nell'ultimo capitolo, non prima di aver riflettuto su ogni singolo particolare dell'insurrezione un po' umanista un po' smart che era nata per liberare il mondo e che è diventata prigioniera delle proprie catene.
'Non puoi cambiare la natura degli umani; quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche. Allora, cambierai la civiltà.'
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Quel passato ingombrante che (ri)scrive il futuro
Siamo nella primavera del 2012, in una Londra che attende spasmodicamente il passaggio dal Giubileo Reale appena terminato all'imminente cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici.
È trascorso un anno dal movimentato matrimonio di Robin e Matthew che conclude il romanzo precedente 'La via del male', quando l'ingresso dell'agenzia investigativa di Cormoran Strike viene varcato da uno strano personaggio di nome Billy: il giovane ha evidenti disturbi mentali e intende denunciare lo strangolamento di un 'bambino-che-poi-era-una-bambina' avvenuto parecchi anni addietro. Nonostante i segni di squilibrio di Billy rendano la sua testimonianza poco attendibile, Strike decide comunque di prendere in esame il caso, le cui indagini finiranno per intrecciarsi con quelle relative al Ministro della Cultura Jasper Chiswell, ricattato da due personaggi avidi e arrivisti riguardo 'un fatto che risale a sei anni fa'.
Il tutto mentre il tormentato rapporto tra il detective e Robin rimane perennemente sospeso in un complesso gioco di relazioni che sarà destinato giocoforza a divenire il vero cuore del romanzo.
Partiamo proprio dal cuore del romanzo: è l'unica nota dolente di questo quarto capitolo della serie. È un vero e proprio elastico quello che decide l'andirivieni evolutivo di Robin e Cormoran sia nelle loro relazioni sentimentali sia nella loro coppia investigativa, ma si avverte l'assenza di quella ciliegina che avrebbe completato in modo perfetto la "torta narrativa" a cui Galbraith ci ha abituato (... viziato) negli anni. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, rimane intatta la tensione emotiva che funge da collante per il prossimo romanzo, ma è un peccato, comunque, perché tutto il resto rasenta la perfezione prosastica.
In un'atmosfera da caffè decadente di epoca coloniale, il lettore viene guidato in un viaggio nella capitale inglese fra campi da croquet, costruzioni bianche con tegole d'ardesia, dimore in stile neoclassico, casette a schiera con doppio garage e vie residenziali con villette vittoriane, mentre nei quartieri della classe media i riflettori puntati sulle Olimpiadi sono decisi a evitare, con tutta l'omertà del mondo, qualsiasi notizia scandalistica che possa turbare il giro d'affari che ruota attorno alle competizioni sportive.
Una scenografia perfetta per i protagonisti appartenenti a una famiglia dal passato burrascoso e dal presente pieno di scheletri negli armadi, esattamente come nel 'Rosmerholm' di Ibsen, dramma teatrale i cui virgolettati introducono la lettura di ogni capitolo e risultano essere fondamentali chiavi di lettura per la comprensione dell'intreccio narrativo.
Il risultato di quasi ottocento pagine, tuttavia, non spaventi prematuramente i "neofiti" di Galbraith, poiché tutte le lungaggini concorrono all'obiettivo pienamente riuscito di esaltare ogni minimo dettaglio dei personaggi e della trama: avremo a che fare con colf con licenza di investigare, parlamentari con un piede e mezzo nell'illegalità, spietati attivisti e schizofrenici nobili immersi, 'nella trappola della vigliaccheria mascherata da compassione', in intercettazioni telefoniche, doppie e triple identità, tradimenti, lotte sociali, omicidi-suicidi sfumati da un alone poliziesco di mistero.
Un romanzo elegante, raffinato, che 'rimandava a un'epoca di superstizione, magia e potere feudale' e ricco di richiami letterari e di alcuni retroscena alquanto curiosi: sarà impossibile resistere al richiamo del Cavallo Bianco intagliato sul legno, mentre una sinfonia di Brahms conduce il climax emotivo dell'interrogatorio più importante della fabula.
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'Il baco da seta';
'La via del male', tutti dello stesso autore (autrice).
La tragedia che ha il volto di tutti e di nessuno
È il 2 Settembre 2015, siamo sulla spiaggia turca di Bodrum: l’istantanea di Alan Kurdi, il piccolo profugo siriano di tre anni riverso senza vita sul bagnasciuga, sta facendo il giro del mondo.
Un’immagine fortissima, devastante, dalla quale Khaled Hosseini parte per vestire i panni di un padre senza nome, vedovo e protagonista di questa tragedia, che scrive un monologo dedicato al suo piccolo Marwan: un tributo accorato, tanto breve quanto intenso, privo di retorica e di espliciti riferimenti politici, che scava nella singolarità dell’Io, nell’esistenzialismo e che tocca persino la filologia, accompagnato dalle delicate e dolcissime illustrazioni dell’artista londinese Dan Williams e destinato a scuotere in modo vigoroso l’onestà intellettuale di ciascuno di noi.
Si parte dalla meravigliosa e toccante introduzione di Saviano, nella quale ci ricorda che '… la storia, oggi, ci chiede una prova di coraggio, ci chiede di mostrare che siamo in grado di meritare ciò che stiamo vivendo.’, per poi passare alle reminiscenze di Homs, città siriana in cui abitava la famiglia di Marwan e dalla quale il padre di quest'ultimo rievoca i belati delle capre, il profumo del kibbeh fritto, il rumore delle pentole in cucina sin dall'alba, i campi costellati di papaveri e il sibilo carezzevole del vento. Suoni sereni e ovattati, colori vivaci e allegri che, ben presto, vengono rimpiazzati dai crateri delle esplosioni, dalla fame, dal sangue rosso scarlatto e dai funerali.
Un brusco risveglio, che i raggi del sole tentano vanamente di addolcire baciando labilmente le poche macerie rimaste in piedi e che lascia ai sopravvissuti solo un senso di smarrimento e impotenza. L’ultima carta da giocare per vivere un futuro diverso da quello già scritto è il Viaggio della speranza alla ricerca di una nuova casa: e così, nella notte della partenza, il padre di Marwan guarda il figlio mentre dorme sulla spiaggia illuminato dal chiarore della luna e gli prende la mano, promettendogli che non gli accadrà nulla di male e pregando le onde del mare e il Fato affinchè non siano sordi di fronte al loro desiderio di normalità.
Un quadro pulito e pieno di sincero calore che raffigura volti affaticati sussurranti aneliti di pace a fior di labbra, mentre la Storia contemporanea, negazionista e ostile, sbarra strade, chiude porti, gira le spalle al prossimo in difficoltà e 'ci ha detto di portare altrove le nostre disgrazie'.
Un quadro da ammirare e basta, mentre il brano ‘Immi Ruah’ di Renato Zero in sottofondo riempie il silenzio.
Indicazioni utili
'Non dirmi che hai paura' e 'Il grande futuro', entrambi di Giuseppe Catozzella.
Il futuro dell'Est Europa si decide a scacchi
Unione sovietica, 1927.
È l’anno in cui si festeggia il decennale della rivoluzione russa, dalla quale molti virulenti rivoltosi sono divenuti spenti portaborse sottomessi al ceto medio che ora muove le fila nei lussuosi palazzi del potere. Una cupola simile all'Ancient Regime transalpino, un partito-esercito autoritario e conservatore criticato da Aleksandr Aleksandrovic "Bogdanov" Malinovskij, 'eretico fra gli eretici', direttore del primo istituto sovietico specializzato nella trasfusione del sangue con un passato da bolscevico militante e antileninista, medico di trincea, economista, scrittore di fantascienza e fondatore del Proletkul't - l'Organizzazione Culturale-Educativa Proletaria -, un movimento di emancipazione culturale operaia nato nel 1917 e "scomunicato" da Lenin sei anni dopo.
Mentre tutti i protagonisti della "ex-rivoluzione" sono pronti a scrivere le prime pagine della nuova epoca, Bogdanov riceve la visita di Denni, una creatura a metà fra un androgino e un'aliena che sembra essersi materializzata dal suo vecchio romanzo 'Stella rossa', nel quale la forma più pura del socialismo vede la sua realizzazione sul pianeta Marte, e che ha urgenza di rintracciare il suo presunto padre naturale Leonid Voloch, ex compagno rivoluzionario di Bogdanov.
Inizia così un viaggio a cavallo dei due decenni pre e post-rivoluzione fatto di ricordi bellici, collettivismo fisiologico, esili, arresti, complotti e lotte intestine che culminano in una partita a scacchi dalla quale dipendono gli assetti economici, politici e culturali del XX secolo.
Un romanzo dalla marcata impronta sovietica, che rispetta i canoni del racconto storico senza disdegnare un tocco di distopia e fantascienza: nasce così una trama innovativa che racconta con occhio grandangolare un processo rivoluzionario dal grande peso specifico.
Il futuro dell'Urss e del bolscevismo passa anche dal conflitto dialettico fra il materialismo pragmatico-meccanicistico di Bogdanov e l'empiriocriticismo sciovinista di Lenin, con tutte le disillusioni, i contrasti, i dubbi e le speranze che questa dicotomia si trascina dietro. Altro acceso dibattito coinvolge il rispetto delle risorse ambientali non rinnovabili e l'egoistica soddisfazione di ogni bisogno umano: Nacun, il pianeta dal quale Denni afferma di provenire, è il simulacro di Bogdanov che soddisfa appieno i canoni marxisti dell'Ideologia tedesca, e il confronto con la ragazza riguardo il rapporto fra generazioni diverse e lo sfruttamento degli animali obbligherà tutti i protagonisti a guardare in faccia il rovescio della medaglia dei recenti capovolgimenti sociali.
E', infatti, anche il momento catartico del partito comunista, le cui anime contrapposte sono alla resa dei conti: uno scontro fratricida che ingloba altresì sociomorfismo, laicismo, imperialismo, libertà di pensiero, arte socialista, cultura proletaria e taylorismo.
La villa a Capri di Maxim Gorkij, i campi di battaglia dei Laghi Masuri, la piazza centrale di Tiflis (più conosciuta come Tbilisi), la Scandinavia e la Svizzera sono solo alcune delle affascinanti tappe nelle quali l'autore ci fa compiere un viaggio metaletterario tra frasi brevi di grande impatto e ritmo vivace, che pone grande accento sulla contraddizione di una rivoluzione entusiastica e appassionata nella sua prima fase per poi divenire grigia, confusionaria e incravattata: una perfetta metafora del risultato finale è riscontrabile in due fotogrammi notturni di Mosca, definita 'un caos di bagliori a grappoli e sparsi alla rinfusa' e 'un'accozzaglia solenne e mai uniforme'.
Un gioco romanzato d'incastri che ricorda i magazzini moscoviti di Mostorg e che si destreggia benissimo in un periodo storico di difficile lettura, 'eccitante, fatto di disordini e divergenze, di contraddizioni e aggiustamenti, finché il sistema non troverà una nuova stabilità.'.
Lettura più che piacevole e più che consigliata.
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Tre ballerini di foxtrot in cerca d'autore
Stanford-le-Hope, 10 Novembre 1897.
Il polacco Joseph Conrad, ufficiale di marina britannica in una vita precedente, è uno scrittore di genere affermato in Inghilterra, ma non riesce a far decollare definitivamente la sua carriera. La sua nuova opera 'Il ritorno' vede come protagonista Alvan Hervey e la moglie, che prima lo lascia con una fredda lettera e poi, pentita, ritorna dal marito e tenta il ricongiungimento coniugale: un romanzo di stampo socio-psicologico che, tuttavia, zoppica da più lati, e che le consulenze della moglie Jessie, della governante Fanny e degli amici più cari (fra cui Henry James) faticano nel fornirgli lo spunto decisivo per completarlo al meglio. Spunto decisivo che, nel mezzo di una vera e propria crisi creativa, Joseph potrebbe trovare proprio grazie a uno strano mistero che ha recentemente sconvolto il paesino dell'Essex: la sparizione di Alice Ticknor.
Joseph e Jessie li ritroviamo, poi, poco più di un secolo dopo a Milano: è il 10 Novembre 2017, e i due coniugi sono i protagonisti di un lungometraggio che sta mettendo in crisi Agnese Battisti, talentuosa film-maker. Lo scoramento per il progetto ancora in alto mare sfocia in una decisione drastica: rompere la relazione quinquennale con il convivente Leo, architetto senza spina dorsale e sempre vissuto all'ombra dei riflettori puntati su di lei. Il modus operandi non cambia: Agnese lascia un biglietto d'addio e va via di casa, ma, a metà strada, si pente e decide di tornare indietro. Riuscirà a rincasare prima di Leo e a distruggere la lettera incriminata?
Siamo di fronte a un (meta)romanzo che ruota totalmente attorno all'animo umano e alle sue poliedriche ed eclettiche sfaccettature: un vorticoso andirivieni composto da tre storie legate reciprocamente e che vogliono rendere indissolubile il rapporto esistente tra la finzione creativa e l'empirismo pragmatico.
Tre storie di vite nelle quali si annullano i 120 anni di distanza temporale e le 790 miglia di distanza geografica grazie a un'azzeccata narrazione parallela e a quel pizzico di artificiosità che non guasta mai.
Ha più coraggio chi accetta il proprio presente abulico e monotono o chi preferisce abbandonarlo e abbracciare un futuro incerto che può nascondere tutto e niente?: è questo il quesito esistenziale di fondo del testo, che coinvolge indirettamente e in chiave allegorica Schopenhauer, Pirandello, D'Annunzio, Verga, Nietzsche, Freud, Fitzgerald, Joyce fino all'estrema demonizzazione dei concetti di Libertà e Verità, spesso atrofizzate da convenzioni sociali abbottonate e da forme pre-determinate cariche di ipocrisia.
Il tutto contornato da uno sfondo notturno e vivace, con quella lieve impronta del Decadentismo che ci viene regalata dalla luce rischiarante della luna novembrina.
Da un lato, abbiamo 'L'ossessiva ricerca degli status, della soddisfazione e del piacere immediati', dall'altro, è altresì necessario 'Non cadere nei tranelli della paranoia, nell'inferno dell'ossessione, della mania, della persecuzione': un equilibrio precario che si spezza nel finale schietto, carico di pathos e autorevolezza, e che non guarda in faccia 'chi teme la volgarità della disinvoltura'.
'... e così la decisione era precipitata senza ostacoli verso il suo esito, ancheggiante al ritmo dell'inebriante musica del destino.'
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Il concetto di 'razza' nel 1973 e nel 2014
Siamo in Groenlandia, paese del cielo nero perlato della notte e del bianco rifulgente della neve di giorno.
Il giornalista americano Matthew Cave torna per lavoro nella sua terra natale, carico di un doloroso passato che accompagna la sua quotidianità con lacrime e incubi. Nella capitale Nuuk, è stata rinvenuta una mummia all’apparenza millenaria, e Matthew ha l’incarico di scrivere un normale articolo di Archeologia, quando accade l’impensabile durante la prima notte successiva al ritrovamento: il corpo mummificato sembra essersi volatilizzato e il sorvegliante di turno Aqqalu viene trovato sventrato e privo delle interiora. Le indagini ufficiali escludono ovviamente il coinvolgimento del reporter, ma quest’ultimo svolge un lavoro parallelo che fa riemergere una serie di ‘cold case’ avvenuti nella stessa cittadina e risalenti agli anni Settanta che presentano numerose analogie con l’omicidio di Aqqalu. Qui entra in gioco Tupaarnaq, una nativa del luogo dal fascino magnetico e marchiata a fuoco in gioventù dalla condanna per omicidio plurimo dei suoi familiari: i due scaveranno a fondo, sin troppo, fino a scoperchiare un vaso di Pandora fatto di sperimentazioni farmacologiche, vendette efferate, silenzi e abusi su donne e bambini.
In una dimensione geografica quasi del tutto inesplorata a livello letterario-romanzesco, siamo di fronte a un thriller dall’impronta essenzialmente nordica, dove risalta il perfetto connubio tra la scenografia di grande potere evocativo e l’intreccio narrativo ricco di poche luci e molte ombre. Ombre che richiamano persino le cupe sfumature del nazionalsocialismo, e in cui personaggi dall’animo dannato e irredimibile si muovono su due piani temporali paralleli legati dall’estremo bisogno dell’oblio: in passato, sopraffare e spadroneggiare sui più deboli ha messo in mostra il loro volto più bieco e spietato, e le conseguenze si riflettono sul presente dei sopravvissuti, condannati a una (non) vita di perenni ansie e inquietudini.
Non mancano inoltre continui riferimenti alla cultura groenlandese, con superstizioni, riti, usi e costumi che sono parte integrante dell’intreccio e della vita dei personaggi principali. Risulta dunque un romanzo mai asfittico o banale, dal ritmo sbarazzino e dalla narrazione che viaggia repentinamente dai fatti attuali ai flashback raccontati attraverso le pagine di un taccuino dotato di vita propria.
Un thriller che non (si e ci) risparmia niente, in cui è impressionante come ‘A volte i periodi difficili spingono le persone ad abbandonare la morale e l'etica.’.
Aspetti salvifici, questi ultimi due, e presenti in un finale che sorride alla speranza e introduce già l’inizio del secondo romanzo della serie.
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La mamma, la stella (per) sempre più luminosa
Pietro vive a Milanox, un quartiere periferico di Milano talmente degradato che sembra più simile al Bronx che al capoluogo lombardo. Figlio di genitori lucani emigrati al Nord per lavoro, è un bambino che ha vissuto un'infanzia normale, se non fosse per la perdita della madre a soli dieci anni. Ora, di anni, ne ha quasi due in più, e siamo in estate: è tempo di partire con la sorellina Nina e di tornare dai nonni materni ad Arigliana per trascorrere le vacanze, quest'anno un po' diverse a causa della bocciatura scolastica.
Nel paesino ‘di cinquanta case di pietra e duecento abitanti’ sperduto in mezzo alle montagne della Basilicata, la vita è abulica di novità e scorre meccanicamente tra gite al torrente, comari impiccione, un palazzo abbandonato nel quale vive un fantasma e palloni calciati su strade impolverate, quando un giorno Pietro entra nella vecchia torre normanna e fa una scoperta che spezza questo equilibrio sonnacchioso in modo inesorabile: una “rivoluzione copernicana” che suscita in tutti, grandi e meno grandi, la sensazione di essere cambiati per sempre.
Un romanzo di formazione tragico e brillante, un percorso irto di spine e costellato di sorrisi in cui tematiche attuali vengono affrontate seguendo differenti punti di vista: il Diverso come ostacolo o come risorsa, la dicotomia tra le realtà fenomenica e noumenica che ci trasciniamo dietro da secoli di filosofia, la ricerca della felicità e il Desiderio come fine ultimo da perseguire.
Un viaggio profondo e capace di suscitare emozioni opposte fra loro, ma altresì capace di rimanere dentro e di riallinearti con il mondo, ed è proprio la voce autentica di un ragazzino a raccontare della fragilità dell’essere umano di fronte alla Vita e dell'affacciarsi all’età adulta conquistando il proprio fulgore con ostinata caparbietà.
Il linguaggio è semplice, privo di preziosismi e arricchito dall'ampio utilizzo del dialetto: siamo di fronte a una rustica rappresentazione del microcosmo verghiano, in cui ideologie, valori e mentalità, sebbene contestualizzate nel presente secolo, richiamano i Malavoglia e "invitano con prepotenza" a riflettere sui concetti di accoglienza e di accettazione.
La narrazione è imprecisa e lacunosa dal punto di vista storico-temporale, ma è una mancanza di secondaria importanza. Infatti, a colpire sono i toni decisi del giovane protagonista, il quale, nonostante la tenera età e la fragilità del contesto familiare, mette in mostra grande determinazione nei propri mezzi: la prematura scomparsa della madre "costringe" Pietro a rifugiarsi in un mondo parallelo in cui lei è ancora fisicamente presente e in cui l'aggrapparsi alla Vita è più di un semplice sogno di una notte di mezza estate. Un'estate lucana, dalle sfumature dolci e delicate, in cui il "solito" razzismo all'italiana si inserisce con prepotenza, condensando disprezzo e pregiudizio, e strizzando l'occhio ai soprusi, alle ritorsioni e al caporalato.
Una guerra inutile tra due categorie di "vinti" che sfocia nel più classico darwinismo sociale, ma che regala altresì un finale inaspettato.
Un inno al coraggio e all’anticonformismo, capace di parlare a tutti e ricco di azzeccate metafore del dolore che vogliono porci di fronte ai principi positivi e alle ombre meschine del nostro mondo.
Il fine ultimo è tanto sintetico quanto incisivo:
‘Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.’
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Un milione di orme verso il cuore del Mediterraneo
360 miglia romane: questa la lunghezza della 'direttrice indiscutibile e solitaria, scolpita nella pietra, fatta di sangue e sudore, percorsa da legionari e camionisti, apostoli e puttane, forzati e pecorai, condannati alla crocifissione e mercanti, carri armati e carrettieri.'.
Stiamo parlando della Regina Viarum, più conosciuta come Appia Antica, la strada romana che collega Roma a Brindisi e che si è rivelata fondamentale per avvicinare il Mezzogiorno all'Italia centro-settentrionale e per gli impulsi commerciali verso la Grecia e verso l'Oriente. Paolo Rumiz, giornalista e scrittore triestino, ha deciso di ripercorrerla in un viaggio che è 'l'ultima occasione per riprendere un contatto con una memoria perduta.'. Accompagnato da alcuni amici, fra cui il "cercatore di vie" Riccardo Carnovalini, e da eclettici compagni di avventura conosciuti lungo l'itinerario, Rumiz vuole riconsegnarci il Passato attraverso voci autentiche e aneddoti memorabili 'in balìa di un turbine di epoche dove l'antico pare cosa di ieri e il tempo diventa palpabile'.
'Uno zibaldone, una risma di appunti italiani dove la ricerca del passato affonda solidamente i piedi nel presente [...] Un'amalgama di archeologia, inchiesta, paesaggio, etnologia e impressioni personali.': siamo di fronte a quello che l'autore stesso definisce come 'il più terreno e insieme il più visionario dei miei viaggi.'. Un viaggio costellato sin dagli inizi dall'abusivismo e dall'inciviltà delle generazioni moderne, ma che racconta altresì di un'impresa epica, il cui compito gravoso è risvegliare le coscienze riguardo un patrimonio di Storia e di Cultura lasciato morire lentamente giorno dopo giorno.
La lista è lunga, da un lato e dall'altro: potremmo citare l'80% dei monumenti di Roma in mano ai privati, la stazione ferroviaria di Terracina chiusa da anni per un masso franato e mai rimosso, i 36 chilometri di basoli rimpiazzati da edifici e coltivazioni fra Sinuessa e Capua, il teatro dei cementifizi a Caserta, e gli scavi archeologici fermi per mancanza di liquidità a San Giorgio Jonico, ma, per fortuna e per par condicio, ci sono i 'commoventi tentativi di tenere in piedi la leggenda' alla periferia di Caserta, 'la proiezione mediterranea della Repubblica’ sul rettilineo del Montesarchio, la Basilicata come mix perfetto tra passato normanno e moderno ascendente del Nord Italia, le cave di tufo di Altamura, e Oria divisa fra anima ellenica, reminiscenze ebraiche e architettura iberica.
Terre di miseria e lacrime, dove Leonardo Sciascia ne avrebbe da (ri)dire sullo Stato (?) che le governa, contrapposte a ex possedimenti greci, bizantini, svevi e longobardi capaci ancora oggi di ergersi a 'simbolo di riscatto, di appartenenza comune', la cui memoria mantiene intatta la propria identità.
258 pagine di appello accorato, carico di pathos e caparbio nell'evitare ogni forma di pregiudizio per rivivere la 'quint'essenza di un'Italia minore di meraviglie nascoste' che è stata, che è, e che sarà per sempre. Senza dimenticare le prelibatezze gastronomiche come filo conduttore secondario: una saporita merenda di pomodori e pecorino inaugura le fatiche dei prodi valorosi, e il ‘profumo di pane buono' sul Metaponto rappresenta il preludio alla conclusione del Viaggio.
'Lusisti satis, edisti satis atque bibisti: tempus abire tibi est.'
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La Seconda Guerra Mondiale negli anni Duemila
Dogana di Alnabru, 1 Novembre 1999.
Harry Hole, coadiuvato dalla collega Ellen Gjelten, fa parte del comitato di sicurezza per un vertice internazionale, quando una crisi diplomatica fra USA e Norvegia e il ritrovamento di alcuni bossoli di un fucile di precisione Marklin sui monti intorno a Oslo aprono scenari completamente inaspettati nell'indagine su un presunto traffico di armi negli ambienti neonazisti.
Si riaffonda così negli anni Quaranta, dove cinque giovani combattenti norvegesi impegnati sul fronte russo escono dal conflitto internazionale con la pesante accusa di alto tradimento. Trascorso oltre mezzo secolo da allora, alcuni di essi vengono ritrovati morti in circostanze tutt'altro che chiare e con la firma autentica del Marklin: Harry capisce che dietro gli omicidi c'è una macchinazione tanto articolata quanto assetata di sangue, e che qualcuno ha conservato il piatto freddo delle vendette e delle ritorsioni per servirlo proprio nell'attuale presente.
Siamo di fronte a una battaglia spietata, a cavallo tra la Norvegia di oggi e una gelida Leningrado di sessant'anni addietro, in cui le lotte, le violenze e i massacri rimangono punti fermi e irremovibili. Un contesto di guerra e tensioni nel quale lo stesso protagonista muove le proprie fila, in uno scontro dove persino i suoi sentimenti verranno sottoposti alla dura prova della trincea. Il tutto mentre, fra le mine antiuomo e un conclamato disturbo di personalità multipla, nascono due fiori, figure di altrettanti risvolti romantici; in fondo, 'Sopporto bene il dolore. Devo solo avere qualcosa che mi permetta di rimanere lucido, che mi permetta di pensare e di comportarmi in modo razionale.'.
La struttura stilistica si presenta ambivalente e di difficile inquadratura, con caratterizzazioni ricche di enfasi e pathos alternate a momenti di stagnante e asciutto piattume dei quali si potrebbe fare addirittura a meno senza inficiarne sulla lettura e sulla comprensione del testo, mentre l'intreccio narrativo è dominato dalla tecnica del parallelismo, che scompone i concetti di spazio-tempo su molteplici livelli ivi inserire un (anti)eroe solitario e il suo antagonista, un serial killer professionista le cui radici affondano nella seconda guerra mondiale.
Interessante la scelta di circuire il lettore proponendo un finale abbastanza scontato già a partire dalla prima parte del romanzo, per poi cambiare le carte in tavola grazie a sottintesi quasi trascurabili e a minuzie descrittive che richiedono un'attenzione chirurgica per essere carpite.
Rimane, tuttavia, la pecca di una conclusione un po' sbrigativa rispetto alla complessità costruttiva dell'antefatto e del corpo della narrazione, ma quantomeno non vengono fugate tutte le perplessità e le domande del lettore: l'intento è di procrastinare quest'incombenza ai capitoli successivi della saga, 'costringendo' il pubblico (non suo malgrado) a non abbandonarla prematuramente.
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La Tailandia feroce divora la blatta scandinava?
Atle Molnes, ambasciatore norvegese in Tailandia, viene ritrovato senza vita con un coltello nella schiena nell'hotel-bordello Olimpussy di Bangkok. La sua vicinanza al primo ministro scandinavo impone indagini sbrigative e riservate per evitare scandali pubblici, ma dal Nord Europa tutti rimbalzano la patata bollente: a indagare sul caso toccherà dunque al detective Harry Hole, spedito direttamente dai peggiori bar di Oslo e catechizzato a dovere su come muoversi all'ombra dei media. Gli indizi portano sin da subito a un coinvolgimento di Khun Sa, il più grande trafficante locale di eroina, e alla terribile piaga della pedofilia: un quadro complesso ed estremamente delicato, nel quale le abilità investigative del protagonista - note come la sua celeberrima inclinazione ad alzare il gomito - saranno sufficienti per risolvere un caso che tutti premono per archiviare senza scoperchiare il vaso di Pandora?
L'umidità opprimente e "l'odore di cibo, fogna e benzina" del Sud Est asiatico fanno da palcoscenico a un thriller vivace e dallo stile narrativo scorrevole, mentre lo specchio umano di fronte al lettore rivela i segreti e le ombre più oscure di una società pronta a tutto: aberranti serial killer, pedofili e stupratori al soldo di burattinai spietati e arrivisti sono parte attiva di un mosaico dominato dal terrore e da Kafka, nascosto dietro l'angolo col sorriso sornione di chi aveva conosciuto i propri Scarafaggi un secolo prima.
È un vero e proprio shock culturale, quello che attanaglia l'ex Siam, dal turismo sessuale, che coinvolge soprattutto minorenni e attrae predatori in sordina da ogni angolo più o meno civile del globo, a burocrazia asfittica e vite disordinate che strizzano l'occhio al sottobanco della malavita autoctona. Un cerchio di omertà e tenebre chiuso, a sorpresa, addirittura dalla famiglia stessa del morto, che quasi lo disconosce e ostacola le indagini di Hole, mentre i numerosi flashback sul passato del protagonista e gli intrecci narrativi fra due Paesi diametralmente opposti fra loro avranno il compito di mantenere alto il livello di attenzione sino alle catartiche battute conclusive del romanzo.
Si è già intuito che l'indagine sarà più problematica del solito, e servirà mettere tutto in gioco.
E forse anche di più.
E non è detto che basti.
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Il mito del Narahdarn: Leggenda che diventa Realtà
Sydney, Australia sud-orientale.
L’ispettore norvegese Harry Hole, parte integrante della squadra anticrimine di Oslo, vola nella terra dei canguri per supportare l’investigatore locale di origini aborigene Andrew Kensington sul caso di Inger Holter, giovane norvegese strangolata dopo uno stupro. Il caso, apparentemente dall’analisi lineare, si rivelerà ben presto complesso e articolato: infatti, Inger rappresenta solo il più recente di una lunga serie di omicidi, la cui scia di sangue abbraccia droga e sesso, ma anche figure mitologiche come Narahdarn, il leggendario pipistrello che porta la Morte nel mondo.
Un Harry Hole devoto ai canoni romantici, ma estremamente goffo è il perfetto simulacro di un'opera dalle basi discrete che, tuttavia, lascia trasparire un senso di incompiutezza: trama zoppicante in alcuni snodi dell’intreccio, personaggi ai limiti della caricatura psico-somatica, e ritmo e stile compassati, sebbene il lettore più eclettico possa ritrovare (e apprezzare) quel tocco di istrionismo e vivacità nelle numerose sequenze di violenza esplicita, sono solo alcuni degli aspetti del testo da rivedere. In poche parole semi-citate, il romanzo non balla, ma è comunque bello.
'Bello' grazie allo spaccato sociale di una cultura australiana ambivalente, raccontata in modo sublime e punto di forza assoluto del romanzo: il Nuovo Galles del Sud avanguardista, con Sydney capitale del voyeurismo e del lusso sfrenato, e il Queensland degradato e schiavo della droga sono le due facce di un Paese che strizza l'occhio al Moderno e alla Globalizzazione, ma le cui fratture interne appaiono ancora aperte e insanabili. Una falsariga di ipocrisia che si riflette anche nel rapporto fra bianchi e aborigeni, nato sotto la cattiva luce di una pseudo-Apartheid e peggiorato da politiche di integrazione asfittiche e incapaci di fare presa su un tessuto sociale già pieno di pregiudizi e contraddizioni.
Contraddizioni che, pagina dopo pagina, emergeranno dall'oscuro passato di Andrew e dai flashback sulla vita privata di Harry, un alcolizzato pieno di tormenti e ancora capace di innamorarsi della Birgitta di turno: d'altronde, "La natura umana è una foresta grande e imperscrutabile che a nessuno è dato conoscere completamente." e "... non è sulle strade illuminate che trovi la vita animale della foresta, quella la devi cercare nella macchia e nel sottobosco.".
“La verità è che nessuno vive di verità e perciò la verità non interessa a nessuno.”. La verità è che, nonostante questo panegirico di parole, questo romanzo vi piacerà.
Insegne malfunzionanti di postriboli notturni, cocktail ghiacciati a prova di afa e papponi appassionati di boxe stanno per accogliervi a braccia aperte.
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Il buio a Kingsbridge, censurata dall'Inquisizione
Kingsbridge, Gennaio 1558.
Il giovane Ned Willard, figlio di ricchi protestanti, vuole sposare Margery Fitzgerald, figlia del sindaco cattolico della città, ma i tumulti religiosi che aleggiano sull'Inghilterra del XVI secolo costringono il ragazzo a rivedere i suoi piani, ripiegando sull'ingaggio offertogli da Sir William Cecil, consigliere della futura regina inglese Elisabetta Tudor. Nel momento in cui quest'ultima riceverà l'incoronazione, la regina scozzese Maria Stuarda riunirà tutta l'Europa cattolica contro di lei: Ned, coinvolto in prima persona nel neonato servizio segreto britannico, dovrà destreggiarsi fra violenze, estremismi, condanne, compromessi e sotterfugi perchè sul suo rapporto con Margery non venga scritta la parola 'fine' in modo prematuro e definitivo.
Un cinquantennio di Storia caratterizzato dalla tres d'union fra Inghilterra, Spagna, Francia, Paesi Bassi e Nuovo Mondo in cui il consueto stile follettiano viaggia sul binario intermedio della fiction storica: la pietra angolare rimane sempre Kingsbridge, luogo dall'indiscutibile fascino evocativo e teatro di scomodi e spietati giochi di potere e prevaricazioni religiose, ma ben presto la lotta intestina fra cattolici e protestanti finirà per estendersi a macchia d'olio anche a Parigi, Calais, Siviglia, Anversa e Hispaniola.
In un mondo in cui i valori di lealtà e rispetto vengono fragorosamente a mancare, i personaggi non possono che risultare gli uni le nemesi degli altri: la dicotomia Bene-Male, ancor più fra i protagonisti, è marcata alla massima potenza, con le figure d'animo buono e di sani principi costrette a scontrarsi con i loro contrappassi animati da odio profondo e irrefrenabile sete di violenza.
Sullo sfondo, ma non per questo in secondo piano, Follett è sempre chirurgico nello snocciolare con precisione usi, costumi, curiosità di un mondo in 'rivoluzione copernicana', e la perizia descrittiva che si delinea lascia impronte nitide e profonde nell'immaginario del lettore, nonostante la complessità dell'arco temporale e delle dinamiche socio-politiche trattate.
Un Passato fatto di spie e martiri britannici, di sicari francesi, di viziosi diplomatici spagnoli e di ingarbugliate discendenze scozzesi vi attende. Senza dimenticare il sanguinario Pieter Titelmans e la fragranza inebriante del rum dei Caraibi.
Fate Buon viaggio.
"E così, se avessi saputo allora quello che so ora, avrei fatto lo stesso?
Al diavolo, sì."
Indicazioni utili
'I pilastri della terra' e 'Mondo senza fine',
tutti dello stesso autore.
La Peste Nera blocca la nuova torre a Kingsbridge?
1327-1361.
Al centro della scena, sempre Kingsbridge, ma sono trascorsi due secoli dagli avvenimenti de " Pilastri della Terra". In un periodo storico in cui il Medioevo si avvia verso la conclusione, sono quattro i protagonisti destinati a vivere sulla propria pelle l'avvento della Peste Nera e l'ascesa di Edoardo III al trono inglese, mentre nella cittadina inglese fervono i preparativi per la costruzione di un nuovo ponte e della "torre più alta di tutta l'Inghilterra."
Sulla falsariga del romanzo precedente, ricorre imperitura la spaccatura ecclesiastica fra potere spirituale e temporale, mentre il contesto sociale di guerra e crisi socio-economica ingigantirà le ambizioni di alcuni personaggi a discapito delle (s)fortune e dei fallimenti di altri.
L'atmosfera di sottofondo si contraddistingue per fascino tematico e qualità estetica, ma le note negative non mancano: le 336 pagine in più rispetto al prequel sfociano in un aumento spropositato di sequenze statiche ridondanti e pleonastiche, con frequenti parallelismi che rendono ancora più tangibile l'impressione del 'già letto'.
Tuttavia, sebbene ci sia il rischio che la lettura possa divenire più un 'obbligo' di portare a termine la trilogia che un reale e sentito apprezzamento (s)oggettivo, la storia rimane piacevole nel suo complesso, anche grazie alla capacità di Follett nel dare vita ai suoi 'figli letterari' e a renderli beniamini del pubblico.
"Se non riesci a vederlo, può darsi che stia agendo in modo invisibile per danneggiarti.": un comando che Caris Wooler e Merthin Fitzgerald non dovranno mai dimenticare per il loro quieto vivere.
Indicazioni utili
- sì
- no
La cattedrale di Kingsbridge (non) s'ha da fare?
1120-1174, Kingsbridge.
Nella fascinosa atmosfera dell’Inghilterra del XII secolo, un gruppo di personaggi muove le proprie fila in un mondo dove la costruzione di una cattedrale e le eterne dicotomie Chiesa-Impero e nobiltà-borghesia innescheranno abnormi intrighi e giochi di potere.
Sebbene ogni tanto si sconfini nella prolissità (e non potrebbe essere altrimenti, date le 1030 pagine), le descrizioni di ambienti e personaggi sono semplicemente perfette: l'attenzione per i dettagli sconfina quasi nel nevrotico e nel perfezionismo patologico, ma nel complesso la trama scorre in modo fluido e avvincente.
Anche allargando la visione d'insieme, l'occhio clinico dell'autore rimane chirurgico su qualsiasi particolare: segreti inconfessabili, amori delittuosi, atti di pura violenza ed estremi tentativi di corruzione non sfuggiranno nemmeno al lettore più disattento, rendendolo protagonista di un viaggio lunghissimo e mai avaro di colpi di scena.
Dal bonaccione Tom al perfido Waleran, ciascun protagonista fa storia a sé: che sia un eroe empatico e dalla natura mite o un antieroe arrivista e traboccante di fiele, sarà fantastico ammirare la loro evoluzione a mano a mano che l'intreccio romanzesco si snoderà, oscillando con fare magico tra avventure ai limiti della fantasia e nozioni della realtà storica.
Sulla quarta di copertina, lo stesso Follett afferma che si tratta del "libro di cui sono più orgoglioso": impossibile anche solo pensare di contraddirlo.
Indicazioni utili
Nella terra di nessuno, il limite è ’o cielo
Sempre Napoli.
Sempre Forcella.
I Bambini hanno preso il comando di tutta la zona, dalla droga alle estorsioni, anche se Nicolas, il loro leader tanto sfrontato quanto carismatico, sta ancora metabolizzando il lutto di suo fratello Christian. Tutto gira a meraviglia per la paranza, ma l'imperativo categorico è "guardare dove gli altri non guardano": bisogna aprirsi verso nuove frontiere, come Milano e Tirana, affrontando e sconfiggendo realtà radicate e sodalizi secolari in ambienti aspri e sconosciuti. La guerra è inedita, il leit motiv no: in un mondo (solo in apparenza) a noi lontanissimo, prevaricazione e aggressività faranno prima fondere insieme due paranze e poi morire gli infami fra atroci sofferenze. Ma basterà tutto questo per eliminare la concorrenza e autoproclamarsi nuovi padroni assoluti di un futuro che non promette niente?
In perfetta continuità narrativa con il prequel 'La paranza dei bambini', i protagonisti sono sempre gli stessi, ma cresciuti di qualche mese a livello anagrafico e di sete di potere e di prestigio a livello caratteriale. I pericolosi vicoli di Forcella fanno da sfondo a un reportage romanzato coinvolgente e sanguinario, portato all'estremo dall'utilizzo simbolico di un dialetto vivo, penetrante, carico e specifico di un'educazione criminale priva di maschere e di sotterfugi.
"I baci feroci non vengono dal bene né dal male. Esistono, come le alleanze. E lasciano sempre un sapore di sangue.". Alleanze sottoscritte con l'onore, alleanze rotte con i colpi di pistola a bruciapelo, alleanze che denunciano una drammatica voragine di potere centrale, alleanze brutali che ti obbligano a "spingerti al limite senza fartene nemmeno rendere conto". Solo la vecchia generazione legata alle regole e alla Legge tenta di contrapporsi alle nuove leve affamate di autorità e di predominio: il risultato è una faida in cui il numero di vittime è pari al numero di proiettili esplosi, mentre lo Stato è latitante e le famiglie assistono impotenti a un bollettino di guerra composto esclusivamente dai nomi dei loro figli. Piccola nota a sfavore per il finale un po' scontato, anche se è difficile ricercare delle 'novità' in un copione del quale conosciamo a memoria il finale da decenni.
"Voi che avete educato i bambini a essere rispettosi, a obbedirvi. Voi che li avete educati a censurare le parolacce, a non copiare i compiti, a non sottrarre il giocattolo all’amico. Voi che li avete educati ad ascoltare la posizione dell’altro e a cercare sempre una mediazione [...] Voi che avete provato a insegnare loro che un buon risultato dipende da un grande impegno. Voi che avete educato i bambini garantendo amore, denaro, cercando di disciplinarli e non farli viziosi [...] Voi, che avete educato così i vostri figli, avete sbagliato tutto. Avete dato ai vostri bambini la promessa di un mondo giusto che non arriverà mai."
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