Opinione scritta da maria68

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maria68 Opinione inserita da maria68    21 Settembre, 2014
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lui sa perché. ..

Non t'immagini quanto è difficile uccidere un uomo!
Investita dalla vergogna, si respira un'aria stantio in casa Vicario, l'onore di tutta la famiglia è stato compromesso. La decisione è inappellabile: Santiago Nasar deve morire. Ineluttabile è la sua colpevolezza, egli ha infangato la rispettabilità di Angela, rendendola orfana di quei simboli di purezza che contraddistinguono una ragazza perbene da una poco di buono.
Il matrimonio è naufragato a poche ore dalla celebrazione, tutto ciò non è tollerabile! l'unico rimedio possibile è il delitto d'onore e poco importa se il colpevole appartiene a una famiglia benestante...  
Sono trascorsi 27 anni da quel tragico lunedì e la ferita generata da quel funesto episodio stenta a cicatrizzarsi, ma un ultimo tentativo va ancora fatto... un amico di Santiago avrà il compito di collocare le ultime tessere di un mosaico incompleto. Attraverso la raccolta delle innumerevoli testimonianze "anziosa di esibire la propria importanza nel dramma" e la lettura delle carte processuali, cercherà di ricostruire le ultime ore precedenti al delitto, perchè è arrivato il momento di capire.
Ore costellate da equivoci, tanta confusione e dall'eccessiva faciloneria di chi avrebbe "potuto far qualcosa per impedire il delitto e tuttavia non lo fecero...con il pretesto che le questioni d'onore sono recinti sacri ai quali hanno accesso soltanto i padroni del dramma" non riusciranno a sovvertire un destino che ha voluto giocare con la vita dei protagonisti...dove carnefici e vittima sono stati risucchiati nel vortice di un sistema culturale retrogrado.

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maria68 Opinione inserita da maria68    20 Agosto, 2014
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un pomeriggio di febbraio

Fotografie sbiadite, oggetti che passano di moda, telegrafi soppiantati da altri mezzi di comunicazione, riconducono il tutto a una solo verità: gli anni scorrono velocemente portandosi con sè la certezza che nulla è per sempre... unica eccezione l'AMORE, sentimento nobile che sarà immune alle intemperie del tempo.
Le condizioni sociali eterogenee dei due protagonisti principali hanno giocato un brutto scherzo, condizionando la felicità di Florentino Ariza, un uomo "brutto triste ma tutto amore".
Circostanze che non possono ostacolare la realizzazione del suo sogno d'amore, piuttosto fungeranno da stimolo per migliorare la propria posizione sociale, giacchè unico obiettivo è: riprendersi l'unica donna che lui abbia veramente amato e poco importa se ci vorrà una vita intera perchè quando "capita che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che la cosa più importante è toccarlo, viverlo, convivere le malinconie e le inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell'altro, sentire che non ne puoi più fare a meno... cosa importa se per avere tutto questo devi aspettare 53 anni 7 mesi e 11 giorni notte comprese?"
Realtà e fantasia, descrizioni variopinte del Caribe ci vengono raccontate minuziosamente da Garcia Marquez il quale ci dona pagine di pura poesia esaltando la virtù dell'attesa qualità ahimè in via di estinzione.

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maria68 Opinione inserita da maria68    28 Mag, 2014
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Per essere vento e non foglia secca

"è importante che le persone diano delle parole ai propri punti deboli affinché, esteriorizzandoli, perdono di potenza ".  
Sandro è l'esempio di un uomo normale. Abita da anni a Torino, è un professore di storia amato dai suoi alunni. La sua vita procede senza intoppi: una figlia meravigliosa, una moglie ancora attraente, vecchi amici; un sodalizio perfetto che contribuisce alla serenità della sua esistenza.
L'arrivo di una lettera dalla strana calligrafia turberà le giornate primaverili del capofamiglia, costringendolo ad affrontare quei tristi ricordi che pensava aver rimosso.  
Autori della lettera sono i suoi vecchi amici d'infanzia: Claudio e Giumone i quali offriranno un'occasione irripetibile: ritornare nel paese delle campane dove tutto ebbe inizio...  
Ripercorrendo il doloroso viale dei ricordi per Sandro comincerà un 'viaggio interiore' che gli consentirà di mettere ordine nel proprio passato. Fotogrammi, volutamente dimenticati, riaffioreranno dai detriti di un tempo passato, evidenziando "quel dettaglio su cui non si era posta attenzione". Rimuovere quei detriti non sarà facile, nonostante sia arrivato il momento di elaborare quel dolore che ha consolidato quella "sensazione di essere uno scarto, che mai nessuno avesse desiderato". E sarà un andirivieni tra passato e presente, trovandosi ripetutamente a un passo dall'oltrepassare quella linea di confine tra realtà e follia.  
La sua fervida immaginazione determinata dal dolore dell'abbandono, altro non è che un campanello d'allarme: 'il corpo mente la mente no'. Antidoti non ce ne sono, ma il sapere che vicino a te ci sono i tuoi familiari e amici sicuramente ti sarà d'aiuto, riuscendo a far entrare un po' di primavera anche tra i tuoi ricordi.

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Per imparare a non sopprimere i dolori
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Arte e Spettacolo
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    06 Mag, 2014
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l'amore infelice rende crudeli

Condotti tra le vie più recondite dell'animo umano, osserveremo da vicino la sofferenza più intima della protagonista, presenzieremo al duello tra due concetti contrapposti: Ragione e passione, conosceremo l'inarrestabile sete di vendetta: "Crede davvero che la catena del male sia spezzata? Sconvolta, folle, il furore mi trascina...se un delitto esiste che greci e barbari hanno conosciuto e le tue mani ignorano, ebbene, è tempo di prepararlo". Medea che per Giasone si è macchiata con i più atroci delitti e tanti sono i  "crimini che gli consentì di vincere il mare e le fiamme" non può rassegnarsi all'esilio. La sua malvagità sarà un crescendo; la sua fama di donna dal carattere demoniaco verrà spesso enfatizzato dal coro: "dove ti porta, dove, Menade sanguinosa, il tuo amore crudele? Nel tuo rabbioso impeto quale delitto mediti?". È una donna che non piace la Medea di Seneca, in poche pagine verrà demolito l'archetipo di 'donna' noto a chiunque. Nessuna peculiarità emotiva dell'essere donna si delinea nella protagonista, unica eccezione l'amore 'malato' che nutre per Giasone. L'insufficiente istinto materno, qualità indiscussa dell'essere donna, la condurrà a maturare e a commettere il delitto dei delitti: l'uccisione dei propri figli; sovvertendo quello stereotipo materno cui pone la donna sul gradino più alto del trono, prerogativa che curiosamente scoveremo in Giasone "...non ho altra ragione di vita, non ho altro conforto per il mio cuore provato dalla sventura. Piuttosto farei a meno del respiro, degli arti, della vista".
Con la sua Medea, l'autore riesce a dimostrare che il raziocinio non sempre riesce a scongiurare gli effetti devastanti prodotti dall'animo umano se questo è sopraffatto dalla collera. Una tragedia intensa e bellissima che per l'argomento trattato risulta ahimè al quanto attuale.

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....anche ai principianti
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Romanzi autobiografici
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    14 Aprile, 2014
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per non dimenticare

Un vecchio proiettore in azione fa scorrere una pellicola in bianco e nero. Un susseguirsi di immagini sbiadite, raccontano con orrore i segni indelebili lasciati dalla malvagità degli uomini ai danni di un popolo: gli ebrei.
È udibile un silenzio tombale, nessun filo di voce fuoriesce dagli inconsapevoli protagonisti di una delle più efferate pagine della nostra storia e io inorridita ancor di più, mi impongo di essere spettatore fino alla fine per "non dimenticare".  
Una voce irrompe da quel silenzio lacerante, carico di tanto dolore. Il timore di non essere creduto l'ha fatto desistere per decenni. Ora, è il momento di raccontare per onorare coloro che non ci sono più. Sostenuto dalla moglie, Sami Modiano uno dei pochi superstiti dei deportati di Auschwitz - Birkenau, si aprirà a noi, donandoci i suoi ricordi più intimi.  
Vedremo con gli occhi di un bambino il DISORIENTAMENTO di un  popolo che in nome di una legge razziale, emanata da Mussolini, verrà "bollato come diverso". Nessun diritto di "uomo" sarà concesso a loro, in quanto "colpevole di essere nato ebreo".
Ci sconvolgeremo per la MALVAGITÀ dei nazisti o dei "kapo" prigionieri politici polacchi, che senza alcun rispetto nemmeno per gli anziani, trattati "come sacchi di patate", decreteranno con un "semplice gesto" del dito, chi doveva morire e chi vivere senza alcun senso di colpa. "questi miei occhi hanno visto scene che non si possono immaginare, che non si possono dimenticare".
Proveremo compassione per L'ARRESA DI TANTI che non riuscendo a reggere tanto dolore preferiranno andare incontro alla morte, piuttosto che essere costanti bersagli di incessante atrocità avendo capito che da quei lager nessuno ne sarebbe uscito vivo; Unica soluzione possibile: recarsi spontaneamente in "ambulatorio:" che "voleva dire andare dritti alla camera a gas. Certe cose si comprendono solo con il senno del poi".
Ci piacerebbe rimuovere quella percezione di SOLITUDINE che si è radicata tra i prigionieri, brutalmente privati dai loro affetti. La loro presenza sarebbe servita ad alleviare quella sensazione di impotenza  per le continue punizioni, torture e certamente avrebbero dato risposte ai tanti perché...ma sfortunatamente, intorno a loro solo il deserto.
Non sarà facile cancellare lo sguardo ATTONITO dei russi una volta entrati ad Auschwitz. "dappertutto era pieno di cadaveri, scheletri e loro rimasero là impalati. Guardavano e non capivano". Capire come si può?
Non avrà confine LA SOLIDARIETÀ di quei "cadaveri ambulanti" che preferivano condividere quel poco cibo distribuito con gli altri dando "dimostrazione di grande generosità in momenti in cui pensare agli altri voleva dire privarsi dell'indispensabile per vivere" o "dell'interessamento di persone come Madame Vittoria" che aveva creato una rete di contatti permettendo a molti sopravvissuti "di rimettersi in piedi con un piccolo aiuto da parte delle comunità ebraiche sparse per il mondo".
Ma la VERITÀ va sempre accettata: "scegliere di non sapere è il modo più masochista e inefficace per chiudere i conti con il passato. Nascondere a noi stessi una pagina cruciale della propria storia ci impedisce di andare avanti"

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Dagli adolescenti in su
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Libri per ragazzi
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    01 Aprile, 2014
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1492

Sarà capitato anche a voi, che per tutta la durata del percorso scolastico alcune materie non fossero apprezzate. Neanche i bambini ne sono immuni e Biagio non fa eccezione!!! Lui che di anni ne ha 10. Egli attende con trepidazione che il suono della campana interrompa la noiosissima lezione di "storia", materia che ha l'effetto di un sonnifero, per il nostro personaggio, il quale appoggiatosi sul banco di scuola si troverà catapultato nell'anno 1492, a bordo della "Santa Maria" in compagnia del grande Cristoforo Colombo...  
Ed è un viaggio a ritroso nel tempo, dove la modernità si scontrerà con il passato, mettendo in risalto più che mai le tante comodità che i ragazzi d'oggi hanno. Biagio avrà il grande merito di aver sostenuto il nostro eroe a continuare nell'impresa anche quando tutto sembra perduto...  
Un libro che ha l'obiettivo di far comprendere ai bambini l'importanza di perseverare nelle proprie idee.  
Anche mio figlio di anni 10 ha letto il libro, ne ho subito approfittato per chiedergli se avesse trovato una morale a racconto concluso, "si" è stata la sua risposta aggiungendo che "non bisogna arrendersi mai".  
Con un linguaggio espositivo semplice, i piccoli lettori in erba saranno calamitati dalla storia, supportata dai meravigliosi disegni colorati e da colorare. Augurandomi che al più presto vi sia un seguito delle avventure di Biagio invito tutti coloro che hanno figli tra un'età compresa dai 6 ai 10 anni ad acquistare il libro.

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A tutti i piccoli lettori
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Classici
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    26 Febbraio, 2014
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settembre 1854

Tutto ha inizio...
Un'atmosfera funerea avvolge la città, l'epidemia è giunta alle porte di Catania, chi può fugge cercando di sottrarsi al contagio.
Il colera, da sempre veicolo di morte, paradossalmente sarà una "benedizione" per Maria, una delle tante "spose del Signore", la quale finalmente potrà scostare quel velo di "tristezza che assaliva in convento tutte noi povere recluse". Il convento sarà la sua prigione. Ogni emozione repressa, da quei "muri claustrali al di sopra degli alberi" dove nemmeno i fiori riescono a sbocciare privati dai raggi solari e dall'aria, cui unico intento è di separare le novizie dal resto del mondo, sarà risvegliata diffondendo nell'aria una nuova sensazione, cui daremo il nome di libertà. Come una bambina, si farà prendere dall'entusiasmo per ogni meraviglia del Creato, che incrocerà il suo sguardo dove tutto "è bello: l'aria, la luce, il cielo, gli alberi, i monti, le valli, il mare!" e la constatazione dell'esistenza di un mondo non più grigio bensì caratterizzato da una miriade di colori farà da preludio ai suoi turbamenti.
Maria, lasciata sola con le sue ansie, i suoi sensi di colpa... che nessuno può o non vuole capire, allevierà la sua impotenza a modificare il corso della vita, attraverso delle lettere/confessioni indirizzate, con la complicità di Filomena, all'unica amica Marianna, conosciuta in convento ma con un destino diverso.
Ed è un reiterare della 'LIBERTÀ NEGATA' in tutte le sue sfaccettature: Di amare, di gioire, di vivere...
Inaccettabile è il comportamento della matrigna, che con il suo anaffettismo "ragazza mia, se l'aria della campagna ti fa male, tuo padre non insisterà a tenerti qui, e ti permetterà di ritornare al tuo convento"  si discosta da qualsiasi archetipo di genitore amorevole.
Come non far caso all'immobilismo del padre che "trova sempre nella sua cecità provvidenziale mille ragioni per illudersi e non vedere lo stato in cui sono". Ispirato a un fatto reale, Verga ci offre una lettura con tanti punti di riflessione.  
Ancora una volta assistiamo inermi al trionfo dei 'vinti' dove la rassegnazione regna sovrana.

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A tutti per apprezzare il privilegio della libertà di scelta
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Romanzi
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    15 Gennaio, 2014
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genitori, quante colpe!!!

"d'altronde le ansie e tutte le turbe dei figli non sono altro che la conseguenza dei tragici errori genitoriali..."    
Ferdinando, Lorenza e Matteo con le loro esistenze fragili, tendenti all'autodistruzione sono il frutto dei tanti errori, reiterati nel tempo, commessi dai propri genitori, incapaci di interpretare tale ruolo.
Genitori anaffettivi, immaturi, opprimenti o assenti, si materializzano dalle pagine del libro scritto da Gianfabio Florio, che ripercorre la gioventù dei tre ragazzi.
Gli effetti disastrosi sono ben visibili in loro.Tre soggetti che apparentemente forti, non sono riusciti a togliersi quel vestito di infelicità cucito addosso. E così, affiora la solitudine nelle loro vite, desiderosi di amare ma nel contempo paralizzati dalla paura, verso ogni forma di amore. Traspare l'incapacità di ribellarsi verso alcune scelte, non sempre prese in autonomia, che vede come ancora di salvezza l'allontanamento, volontario, dai rapporti familiari. Trionfa l'egoismo di chi gli sta accanto, responsabile nell'aver frantumato i loro sogni.  

Una bella storia, apprezzabile soprattutto nella prima parte, ma che si perde nelle restanti pagine a causa di un brusco, nonché fastidioso cambiamento nella trama, che secondo il mio personale parere, penalizza di molto la gradevolezza del libro. Gli innumerevoli errori di battitura non mi hanno reso la lettura facile, ad ogni modo promuovo l'autore che è riuscito a trasmettere un messaggio su cui tutti siamo invitati a riflettere perché:
Diventare genitori è facile ma esserlo risulta alquanto difficile...

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Narrativa per ragazzi
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    05 Gennaio, 2014
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esodo! esodo!

Concludo la lettura dell'ultima fatica di Luis Sepulveda e cosa faccio? Chiudo gli occhi...e mi vedo assorbita dai propri impegni, che mi costringono ad andare a 1000.
Se il posto di colpevole dev'essere occupato, l'unica candidata sarei 'io'...Basta!!! autoflagellarsi, non mi appartiene, piuttosto trovo un rimedio: da questo momento andrò come una lumachina, lentamente, lentamente.
Consapevole che ci vorrà del tempo prima che possa far mio questo nuovo modello, non mi resta che immaginare di essere parte integrante della comunità delle lumache.  
Uno, due, tre... Numerose sono le lumache che dimorano sotto la rigogliosa pianta di calicanto. Insieme condividono il momento del pasto, mangiando foglioline dalle piante di dente di leone. Le difficoltà, che sorgono quando provano a scambiare qualche parola, non sono indifferenti perché nessuno ha un nome. Stranamente, la confusione che si genera, non sembra scalfirle minimamente tanto meno i rischi che la loro lentezza può comportare, poiché è stato sempre così e "accettavano di essere come erano con lenta e silenziosa rassegnazione". Le giornate nel villaggio potrebbero scorrere serenamente se la loro quiete non venisse, spesso, turbata dalle troppe domande, di una lumaca. Domande fastidiose e che reiterate nel tempo spingeranno la lumaca "strana", così classificata, ad allontanarsi dalla colonia per trovare altrove le tante cercate risposte, con grande sollievo delle altre.
Un viaggio che la condurrà non solo a scoprire l'importanza della lentezza e ad avere un nome, naturalmente il tutto supportato dall'incontro di nuovi amici, ma a dare il giusto valore a certune parole come: Individualità, Combattività, Importanza della memoria, Altruismo, che contribuiranno alla sua crescita interiore ... e perchè no!!! A quella dei nostri figli.
Ciò che risalta dalle pagine di questa favola oltre ai vocaboli dal significato universale, fondamentali per la crescita di ognuno di noi, è l'importanza della lentezza, vista come un pregio poichè consente di apprezzare ogni piccola meraviglia che la natura ci offre, apparentemente insignificanti pertanto catalogate come qualcosa da sorvolare in una società che ci impone ritmi sempre più frenetici.
Attraverso un linguaggio semplice la lettura risulta scorrevole, consentendo al piccolo lettore e non, di apprezzarne totalmente ogni singola parola.

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Scienze umane
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    27 Dicembre, 2013
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colpevole perché sapiente

Vi invito a chiudere gli occhi e a farvi trasportare dalla macchina del tempo, nell'anno 399 a.c. In un'Atene cambiata in negativo, con la corruzione che padroneggia in città, diventerete spettatori inermi nel processo che dovrà decidere le sorti di un imputato eccellente.
L'imputato in questione è Socrate, ormai settantenne, che salito sul banco degli imputati dovrà pronunciare, probabilmente l'ultimo discorso della sua vita.
La difesa seppur magistrale, non riuscirà a far cadere le accuse rivolte da Meleto, Licone e Anito che son riusciti a mettere su, un impianto accusatorio, basato sul nulla.
Lui colpevole di: non legittimare gli dei che lo Stato riconosce, introdurre nuove forme di culto e corruzione dei giovani.
Cercherà di spiegare le ragioni del perchè abbia tanti nemici, nonostante sia un uomo sapiente. Sapiente è colui che riconosce di non sapere, a differenza di politici, artisti e poeti che vantandosi di sapere, risultano più ignoranti di lui.
Accusatori vecchi e nuovi hanno puntato il dito contro Socrate, i primi sono i più pericolosi perchè sono riusciti a plasmare i più giovani, che per la tenera etá sono portati, da sempre, a credere a tutto, i secondi hanno remato nella direzione opposta, per invidia o cattiveria.
Egli chiederà a chi lo dovrà giudicare di non farsi abbindolare dalle belle parole pronunciate dai suoi accusatori ma di accertare la verità.
Una verità che non interessa a nessuno, essendo l'imputato soggetto pericoloso per la nuova democrazia, dovrà essere eliminato dalla scena politica a costo di cambiarne il destino.  
"Ma già ora è di andare: io, a morire; voi, a vivere. Chi di noi andrà a stare meglio, occulto è a ognuno, salvoché a Dio"  

P.s. I miei ringraziamenti vanno all'amico Bruno Elpis che mi ha incoraggiato nell'intraprendere la lettura di 'apologia di Socrate' scritto da Platone. Uno scritto che per l' argomento trattato non ha età...

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Gialli, Thriller, Horror
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    17 Dicembre, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

stanza 61

Nome: Giovanni
Cognome: Galasso
Stato civile: coniugato
Professione: ispettore
Segni particolari: ostinato  
Questi sono i dati identificativi dell'ispettore Galasso. Assicurare i delinquenti alla giustizia è ciò che più gli sta a cuore. Lui appartiene alla vecchia scuola di investigazione che considera ogni indagine come : " una partita a carte, in cui l'importante non era essere serviti bene, ma saper scegliere con meticolosità tempi, strumenti, modi e sequenza delle giocate a disposizione".
La sua dedizione al lavoro non conosce pause neanche nel periodo natalizio, dove tutti dovrebbero essere più buoni, ma sarà proprio così?
La signora De Caprariis è stata trovata priva di vita all'interno della sua automobile. L'autopsia ha stabilito che il decesso è avvenuto per: strangolamento.
La vita della vittima messa a soqquadro per scoprire qualche dettaglio da cui iniziare: sporadiche presenze alle cene di gala, incontri settimanali con le amiche del bridge per una partita a villa Canali, nessuno scheletro dall'armadio, insomma un omicidio inspiegabile!!! Chi ha voluto la sua morte?
Non è facile ricomporre il puzzle, per il grado di difficoltà. Giovà, così soprannominato dai colleghi più intimi, non ha paura di sporcarsi le mani (nel senso letterale del termine) perché rovistare nella spazzatura degli indagati può rivelare tanto delle loro abitudini...
Presunti innocenti o assassini questo è ciò che deve appurare la squadra dell'ispettore Galasso, avvelendosi anche di qualche informatore. Più si va avanti con le indagini e più conosciamo "il modo di vivere, di ragionare, di diffidare e di condividere" dell'ispettore ma anche le debolezze degli indiziati.
È un libro scritto con tutto l'amore che l'autore ha provato per questo lavoro, iniziando dalla dedica ed è per questo che non potete perdere la lettura di questo libro

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Storia e biografie
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    06 Dicembre, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

al di là della storia umana

"...ho avuto molti volti e, nei pochi decenni in cui sono stato al mondo, ho vissuto più di una vita. Il mondo non mi dimenticherà".  
Ed è proprio così!!!  
La parola Napoleone significa "leone del deserto". Un nome che ha portato fortuna al ragazzino, córso dalla carnagione scura e con lo sguardo penetrante, ma che "non aveva paura di nessuno".  
Conosciamo di lui: pregi e difetti del suo carattere, il talento innato nel pianificare delle strategie militari di successo, l'intuito psicologico costantemente presente che lo aiuterà a demoralizzare, destabilizzare e sorprendere il nemico o a infondere fiducia tra i suoi soldati, il volere a tutti i costi un codice civile, ecc... fanno di lui, ancora oggi una figura carismatica.  
Antonella Di Martino con questo libro ha rischiato molto, visto l'argomento trattato, che mal si concilia con i gusti del lettore comune. Se l'intento era di far amare la figura di Napoleone, l'operazione è riuscita in pieno. Il linguaggio semplice ha valorizzato più che mai la biografia. Lei non si è limitata a riportare nero su bianco date e avvenimenti, che hanno determinato l'ascesa di Napoleone, da studente militare all'incoronazione di Imperatore, e la sua decadenza. La sua genialità stà nell'aver strutturato il libro come una raccolta di testimonianze, da coloro che lo hanno conosciuto. Innumerevoli sono le confessioni di uomini e donne che si susseguono tra le pagine. Le loro deposizioni, a prescindere che siano di condanna o di approvazione del suo operato, sono tutte concordi nell'apprezzare la sua determinazione. I diversi punti di osservazione hanno consentito di aprire un varco, permettendo l'accessibilità  a qualsiasi lettore, indistintamente sia esso un amante o no della storia.  
Napoleone che "in vita aveva perso il mondo. Da morto l'ha conquistato" soprattutto nel cuore di mio nipote, che di anni ne ha 13, affascinato da sempre di questo grande personaggio e quale regalo più gradito se non questo libro...
É una biografia che senz'altro promuovo a pieni voti, invitando l'autrice a perseguire su questa strada.

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Dai 13 anni in poi ...
Per imparare ad amare la storia, materia ostica per molti
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Libri per ragazzi
 
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maria68 Opinione inserita da maria68    03 Dicembre, 2013
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il bene prevarrà sempre

Nell'oasi dei "cammelli rari" una tribù di bedduini convive pacificamente con una specie di cammelli, che hanno il dono di essere intelligenti e di comprendere la lingua umana. L'archeologo Sir Görge Adam dal carattere riservato, ha bisogno del loro aiuto per l'interpretazione di alcune mappe antiche che lo condurrebbero fino al "tempio del sole", dove si crede sia custodito il "libro dei misteri".  
Cammy e Arsùra saranno i prescelti per partecipare alla spedizione.  
Ben presto, Sir Adam svelerà le sue vere intenzioni, contagiato anche lui dalla bramosia di potere...  

Naturalmente, non potete pensare che vi sveli il finale!!! l'unica possibilità che avete, è leggere il libro.  

La storia raccontata dall'autrice, Chiara Taormina,  è talmente bella che non annoierà il piccolo lettore, cui unico obiettivo sarà giungere all'ultima pagina, per conoscerne il finale. Tutti i personaggi che animano il racconto sono stati ben delineati, pertanto non risulterà difficile affezionarsi a essi. Il piccolo lettore apprenderà che: le amicizie esistono anche tra razze/specie diverse, in ogni essere vivente i cambiamenti possono sempre avvenire, in ultimo ma non meno importante, tra il bene e il male prevarrà (quasi) sempre il bene.

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Lo consiglio a tutti i bambini e non, dai 9 ai 99 come consigliato dall'editore.


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maria68 Opinione inserita da maria68    19 Novembre, 2013
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incapacità

  "c'era uno spazio tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l'aria pareva immobile imperturbata"  

Ed è l'aria che manca in queste pagine, cariche di una drammaticità inaudita che trasuda da ogni pagina.   Alice e Mattia con le loro vite spezzate da un destino crudele: l'incapacità di emozionarsi, di amare, di perdere il controllo è ciò che manca a loro, ma anche il coraggio di provare a voltare pagina.
La rabbia, il senso di colpa inespresso, talmente radicate, fungeranno da fondamenta per quel solido muro di confine che li separerà dal mondo esterno. Un mondo esterno, carico di vita, di amore, di colore che loro continueranno a rifiutare a dispetto di tutti.  
Con prepotenza emerge l'immobilismo dei genitori, impreparati ad ammettere che esiste un problema e che ciò andrebbe affrontato con i giusti mezzi per imparare a perdonare e perdonarsi.  
Il tempo scorre inesorabilmente, lasciando dietro di se tutta l'amarezza per Alice, Mattia e i loro genitori che con i loro silenzi non hanno saputo prendersi per mano e attraversare insieme quel tunnel buio che li avrebbe condotti verso la via della speranza per una esistenza migliore.

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Per tutti coloro che amano le storie tristi
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maria68 Opinione inserita da maria68    05 Novembre, 2013
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Dublino una città così piccola

"inveì contro la rettitudine della sua vita; sentiva di essere stato escluso dal banchetto della vita. Un solo essere umano sembrava lo avesse amato e lui gli aveva negato vita e felicità: l'aveva condannato all'ignominia, a una morte vergognosa".  

Un'aria pesante si respira tra le strade scure di Dublino. Abitata da uomini che con visi stanchi, flaccidi e vecchi non riescono a liberarsi dall'apatia che li tiene prigionieri per sempre. Con una voglia di volare verso emozioni nuove, costantemente sopita...
L'epidemia di frustrazione contagia ogni abitante, non risparmiando alcun bambino, l'unico antidoto al contagio è andare via dalla città, se si vuole avere successo.
Questa è la Dublino raccontataci da Joyce in 'gente di Dublino' una città "dove non succede mai nulla", che non lascia spazio ai sogni, e le speranze di ognuno vengono soffocate dal senso di oppressione che aleggia nell'aria.
Joyce attaverso i quindici racconti, denuncia la paralisi dei suoi abitanti attribuendo, successivamente, la colpa agli inglesi e alla Chiesa Cattolica colpevole di soffocare l'anima dell'Irlanda.
Se l'intendo di Joyce era di trasmettere al lettore una sensazione claustrofobica, allora va fatto un plauso allo scrittore per essere riuscito nell'impresa.
La mancanza di aria è ciò che costantemente trasuda da ogni pagina, lasciando il lettore sopraffatto da una forza ignota il cui unico scopo è spingere nel baratro chiunque.

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A chi ama James Joyce
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maria68 Opinione inserita da maria68    19 Ottobre, 2013
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equilibrio anima e corpo

Se dovessi aver bisogno di raccontare i miei drammi lavorativi, mi rivolgerei a un psicologo, senza esitazione. Sonia Serravalli, per fortuna nostra, ha deciso di rivolgersi al lettore, narrando in chiave tragicomica i fatti e i personaggi che si sono avvicendati durante le sue esperienze lavorative.
Sonia è una receptionist di hotel, la sua mansione è di ricevere i clienti, di dare loro le prime informazioni e di accompagnarli nelle stanze. Nella realtà dei fatti, la nostra protagonista il più delle volte sconfina dal suo incarico, rivestendo ruoli diversi a seconda delle circostanze che si presentano, perché "La reception di un hotel è peggio della centralina di un aeroporto internazionale".
Con una esilarante confessione l'autrice riesce a tratteggiare il profilo del cliente tipo, senza distinzione di nazionalità o di genere... delineando un cliente esaurito, invadente, caciarone che con le sue strampalate richieste, purtroppo non riesce a uscire indenne dall'esame.
La nostra scrittrice con i suoi aneddoti dal linguaggio semplice e accattivante si spinge oltre, facendoci conoscere, inoltre, il dietro le quinte della gestione di un albergo, sottolineando a più riprese lo stress lavorativo cui sono sottoposti gli operatori del settore, in assenza di un'efficiente organizzazione.
Lungo è l'elenco degli effetti collaterali: tic nervosi, colite, giramenti di testa, attacchi di pianto, depressione, incubi, allucinazioni uditive...
In conclusione, mi sento di consigliare la lettura del romanzo "chiedete alla reception" perché indurrà il lettore alla riflessione attraverso storie divertenti che lo metteranno di buonumore.

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maria68 Opinione inserita da maria68    07 Ottobre, 2013
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i diavoli i diavoli arrivano i diavoli...

"a nord del fiume Moshui cresce ancora un fusto di sorgo rosso puro, devi cercarlo a ogni costo. Tienilo alto quando correrai verso il tuo mondo invaso dai rovi e percorso da tigri e lupi, perché sarà il tuo talismano e anche il totem glorioso del nostro clan, il simbolo della tradizione di Gaomi".  
Il fiume Moshui con i suoi campi di sorgo rosso fanno da sfondo alle eroiche gesta del bandito Yu Zhanaao e della sua famiglia tramandate per via orale, attraverso i ricordi del padre e dei pochi sopravvissuti all'invasione giapponese in Cina. Il nipote si fa carico di narrare la saga familiare, dagli anni 30 ai 70, riuscendo a delineare la figura del proprio antenato dal "carattere risoluto come il sorgo" e di altri personaggi che in qualche modo sono legati a lui.
Nei villaggi rurali della zona di Gaomi non c'è fretta, le giornate scorrono lentamente. La popolazione è dedita alla coltivazione del sorgo, un cereale dalle molteplici funzioni perchè è nutrimento per le famiglie, foraggio per gli animali, riparo dai fuochi nemici, alcova d'amore ma è anche culla per il sonno eterno.
La quiete che fino ad allora permeava nelle loro vite ben presto lascerà il posto al terrore "come un fiume che rompe gli argini".
Ma la guerra porta solo morte, facendo emergere la malvagità dell'uomo che spogliatosi delle sue "belle vesti ricamate" dà sfoggio a tutta la sua bestialità, e Mo Yan ce lo ribadisce in quasi tutte le pagine del libro. Senza alcun filtro, ci vengono scagliate immagini cruenti, costringendo il lettore ad assistere inerme allo scuoiamento di un uomo vivo, alla violenza fisica perpetrata ripetutamente ai danni delle donne, all'uccisione di bambini, (per poter riprendere fiato ho bisogno di sospendere la lettura).
"Che senso ha combattere?" la guerra se alimentata da vecchi rancori causa dissidi incolmabili e questo lo sa anche il fronte di resistenza all'invasione giapponese "abitavamo tutti in villaggi vicini, ci incontravamo spesso, eravamo parenti o amici, perché si è arrivati a questo punto?".
Anche i cani considerati per antonomasia amici dell'uomo, contagiati dalla follia della guerra si ribelleranno ai loro padroni responsabili nell'averli schiavizzati per secoli e attirati dall'odore rancido del sangue dei cadaveri, intraprenderanno una battaglia con i vivi, riducendo a brandelli molti cadaveri...  
Lo scrittore articola la narrazione con una sequela di flashback tra realtà e immaginazione, alternando episodi claustrofobici a episodi di vita quotidiana della Cina di quel tempo con le sue tradizioni, le sue superstizioni...
E il sorgo rosso è sempre lì a ricordare con prepotenza l'importanza delle radici nella contemporaneità degli eventi, "il passato sempre immortale e il presente sempre inarrestabile".

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A chi ha uno stomaco di ferro
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maria68 Opinione inserita da maria68    02 Settembre, 2013
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per salvare la letteratura!

Se vi piace l'ordine, la normalità in una storia, il mio consiglio è: lasciate perdere, questo libro non fa per voi! ma se amate l'illogicità nelle trame, allora immergetevi in questo noir surreale.
In "La fata carabina", Pennac riesce a trasmetterci due belli messaggi d'amore: per la vita e per le persone, senza fare alcuna distinzione di età o di etnie.
La giornalista Julie, l'ispettore Van Thian, l'ispettore Pastor sono alle prese con un vero rebus: scoprire perché a Belleville, un sobborgo di Parigi, delle vecchiette vengono sgozzate e quale nesso c'è con l'uccisione dell'ispettore Vanini?
Le loro vite, apparentemente soddisfacenti, sono segnate da dolorosi ricordi, come delle ferite che stentano a cicatrizzarsi.  
Daniel Pennac ci catapulta in un questo quartiere multietnico, abitato da anziani per lo più tossici.
L'eroina, unica amica che fa pesare meno la solitudine. Questo è quello che una bella ragazza fa credere loro...
I Malaussène sono una splendida famiglia strampalata, (un cane epilettico, una mamma che sforna figli con uomini diversi, una sorella che predige il futuro, Benjamine di professione capro espiatorio...), non abbiate timore, non vi trovate in una gabbia di matti!!! semplicemente avete fatto conoscenza con loro, un nucleo familiare fuori dagli stereotipi a cui siamo abituati. I Malaussène si prendono cura di questi vecchietti, sottraendoli dalle grinfie dell'eroina e quant'altro...ridando loro il piacere di vivere. Perchè lo fanno (direte voi)? E senza nulla in cambio!!!  
Tante sono le storie, che Pennac ci racconta in questo libro, apparentemente slegate tra di loro per poi trovare un legame logico.  
La prima parte non coinvolge il lettore, troppa carne sul fuoco...portate pazienza. Verrete ricompensati, come detto sopra, dai belli messaggi che emergono.  
Sotto vi riporto delle frasi che sembrano non avere senso, per capirne il significato dovete leggere "la fata carabina" (la fata che trasforma i tizi in fiore).  
"ci sono due tipi di delinquenti oggi, quelli che non hanno famiglia e quelli che ne hanno una"
"mia madre non mi ha mai sferruzzato un maglione"
"è meglio non andare a scavare nella vita di nessuno la prescrizione è una buona cosa"

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"Il paradiso degli orchi" e "Prosivendola" che vedono come protagonista la famiglia Malaussène
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maria68 Opinione inserita da maria68    12 Agosto, 2013
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i polmoni, quelli non li cambieranno mai

Il treno è fermo sul binario, sta per partire, attende un cenno dal capostazione...
Se volete fare un viaggio a ritroso nel tempo, saltate su, sedetevi sul primo posto libero che trovate e fatevi condurre, senza alcuna fretta, in quei luoghi meravigliosi abitati dai ricordi. Riccarelli avrà il pregio di guidare questo treno.  
"la prima immagine del mondo che ebbe Signorina fu la figura enorme di Delmo sopra di lei. Dalla nebbia indistinta che avvolge lo sguardo dei bambini da poco nati, un giorno emerse un ammasso scuro che la fissava, immobile. Signorina era una distesa di sabbia levigata sulla quale era possibile lasciare qualsiasi segno e Delmo le lascio quello della sua presenza incombente, ammantata dal vestito scuro da capostazione con tanto di cappello..."
Questa è la storia di Signorina, ma potrebbe essere la storia ancestrale di una qualsiasi famiglia italiana, in un periodo che va dal prima al dopo la seconda guerra mondiale.  
Signorina nel lungo viaggio della "vita" assumerà ruoli diversi, sarà:
La "figlia", che accudirà, amorevolmente, il padre malato colpevole di averle segnato la vita con un elenco interminabile di proibizioni tra cui l'istruzione, le uscite serali con le amiche, l'uso del rossetto e altro...e non sa che farsene delle scuse tardive, perché hanno un sapore amaro.
La "sorella", che con "dei pacchetti anonimi dai quali sbucavano immancabilmente capi di abbigliamento all'inizio semplici ed essenziali, ma col passar del tempo sempre più elaborati e raffinati" tenterà di trasmettere un po' di serenità ad Ada, sempre più trascurata dal marito.
La "moglie", che perdonerà al suo Beppe le tante bugie e le tante promesse, mai mantenute. I loro ruoli si invertiranno spesso, essendo lui un uomo debole e che a qualsiasi avversità, puntualmente non riuscirà a trovare soluzioni.
La "mamma", che non si arrenderà alla malattia del figlio, con le labbra scure e il respiro corto. Risultando con le sue domande, spesso impertinente "scusi, Professore,  ma non si può sostituirgli i polmoni come ho visto che si comincia a fare con il cuore?".  
Ma è anche la storia dei sensi di colpa, per non aver goduto a pieno di quella nuova vita che cresceva in grembo, ritenuta un ulteriore peso alla sua vita già affollata da mille pensieri.  
Signorina è "un'eroina della quotidianità" per usare le parole dello scrittore, che in un'intervista così la descriveva; e perchè no!!! se vogliamo rappresenta tutte le donne.
Con questo libro,  Riccarelli riesce a dare giustizia a tutte le donne, che distribuiscono amore a 360'...cadono ma sono pronte a rialzarsi, mettendo spesso da parte i propri sogni perché c'è sempre dell'altro.

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Lo consiglio a chi ha perso il senso dell'amare
E ai giovani che al primo ostacolo si abbattono
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maria68 Opinione inserita da maria68    04 Agosto, 2013
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dodici anni barra dieci e mezzo

Amanda insegna italiano in una scuola media, avrebbe voluto fare la scrittrice ma alle prime difficoltà lei si arrende, del resto tutta la sua vita è una resa... ogni scelta è un fallimento.
La domanda che si pone frequentemente è "perché la vita ha un senso o perché non ce l'ha...?" ma la risposta lei non la sa'.  
La morte del padre del suo ex è un pretesto per riprendere i contatti. Tommaso ora fa l'avvocato. La sua sicurezza, la sua serenità... Qual'è il suo segreto?. "Come si fa a stare bene. Tu eri come me non ci riuscivi mai."
Amanda e Tommaso ripercorreranno la loro vita passata, attraverso uno scambio di sms ed email.  
Lei chiederà a lui la formula per la felicità...  
E la risposta? Be, non vi tocca che leggere il libro.  

Il lessico semplice rende scorrevole la lettura. L'uso di email ed sms l'ho trovato originale, svelandone la giovane età dell'autrice. Non ultimo ho trovato interessanti le risposte degli alunni, alla domanda sul senso della vita, per la loro semplicità come del resto sanno fare solo loro.

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maria68 Opinione inserita da maria68    02 Agosto, 2013
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un granello di sabbia...nulla di più

Luce è la protagonista insieme a Pietro del libro "Nessuno sa di noi"    

Cara Luce    
So come ti senti, il tuo disorientamento è stato anche il mio...nonostante le nostre strade siano state diverse. Il dolore, credimi, è uguale.    
Ti guardi intorno e non ritrovi più quelle gradazioni di colore che ti rendevano le giornate piene di speranza, di gioia, ora tutto ha un unico colore: cupo, freddo, asettico.    
Le giornate ti sembrano uguali. Fai fatica ad alzarti e se lo fai vorresti nasconderti all'interno di un armadio; lontano dagli sguardi dei tuoi cari, sebbene sei consapevole che intorno a te ci sono delle persone che ti amano.    
Hai paura di guardarti allo specchio, perché sai bene, che vedrai una persona diversa da te. Allora, che fai? Ti odi perchè sei "imperfetta". In questa società dove l'unica cosa che conta è la perfezione, non c'è posto per te.    
La soluzione al tuo disagio è erigere un muro impenetrabile, convinta che il tuo uomo non possa provare il tuo stesso dolore...ti assicuro, convinzione più che sbagliata.    
Sei alla ricerca spasmodica di silenzio...ma, no!!! hai paura del silenzio, perchè verrebbero in mente tante domande, a cui tu in questo momento non sai trovare delle risposte, per lo meno convincenti...    
Ti scrivo tutto ciò per dirti che non sei sola in questa fase della vita ...
Consigli non ce ne sono, l'unica certezza è che il tempo sarà la miglior cura affinché possa far tuo questo dolore.    
Queste sono le sensazioni che si provano quando  "impreparate" si deve affrontare un dolore,  sia esso la scelta di interruzione alla vita o altro...    
È una lettura che ti pone molte domande ma sono fermamente convinta che le risposte, senza ingerenza alcuna, possono essere date solo nel momento in cui ti trovi coinvolta, rispettandone la scelta e non giudicando come si è solito fare. Certo è, che lo Stato è latitante con le famiglie che non hanno interrotto la gravidanza e questo è un controsenso.    
Essendo noi gli abitanti in una società, per molti versi bigotta, la Sparaco è riuscita ad affrontare un argomento alquanto scomodo.  

"Crescendo si scopre che tutto ha un limite. Persino l’amore. E noi che lo credevamo grandioso, indistruttibile. Ma l’amore è una ferita che non guarisce mai, sempre sul punto di riaprirsi. Basta un niente perché s’infetti"    

Ps. Ho scelto di esprimere la mia opinione prima di aver letto il finale, senza apportare alcuna correzione.

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Consigliato anche agli uomini... per poter comprendere
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maria68 Opinione inserita da maria68    27 Luglio, 2013
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viva Santa Rosalia

Avvertenze: recensione non obiettiva...  
Qualche giorno fa sfogliando virtualmente uno dei tanti siti specializzati nella vendita di libri online mi sono imbattuta nel libro di Giuseppina Torregrossa autrice di "panza e prisenza". Dal titolo si deduce, subito, che l'autrice è siciliana.
"panza e prisenza" significa "non portare nulla perchè mi basta solo la tua presenza" ed è la risposta che noi siciliani amiamo dare, solitamente,  a un nostro invitato quando ci chiede: "cosa ti porto?".  
La Torregrossa ambienta il suo racconto a Palermo, prendendo spunto da un delitto brutalmente accaduto qualche anno fa, e ne elabora una bella storia dal genere giallo e non solo...  
alla vigilia dei festeggiamenti di Santa Rosalia, padrona della città, un avvocato penalista viene atrocemente assassinato. Non ci sono testimoni, come frequentemente accade...La vittima è l'avv. Maddaloni,  conosciuto in città per aver difeso molti mafiosi. Questo efferrato delitto non può rimanere impunito. Le indagini vengono affidate al vicequestore aggiunto Marò, la quale scarta sin da subito la pista mafiosa per concentrarsi su quella passionale. Marò dovrà scontrarsi subito con i poteri forti, perchè in quell'ambiente composto da persone che "contano" non sono gradite le tante domande...
Ma cosa si nasconde dietro quella facciata di perbenismo che avvolge la famiglia Maddaloni?  
"ogni delitto è per la società una ferita, perché cicatrizzi c'è bisogno di catturare il colpevole. Se rimane impunito, ecco subentrare l'oblio, che come una valanga di neve cancella le tracce di quanto avvenuto,  il nome del morto, lo sgomento, la forza vitale di chi rimane, l'etica di un intero Stato. E se la ferita non guarisce, si trasforma in piaga e poi in malattia".  
Attraverso la penna della scrittrice, viene messo in risalto la solida amicizia tra il questore Lobianco, il vicequestore aggiunto Maria Teresa Pajo detta Marò e il sostituto commissario D'Alessandro detto Sasà. Riuscendo a dare più calore alla storia. Ho trovato originale l'inserimento di alcune ricette di cucina della tradizione siciliana. La presenza di alcune parole del dialetto siciliano, non scoraggerà il lettore perchè nelle ultime pagine è presente un glossario che renderà la vostra lettura di facile comprensione.
In ultimo, cos'altro posso dire per convincervi alla lettura di questo libro? Se siete interessati a conoscere alcuni quartieri tipici di Palermo e le usanze durante i festeggiamenti di Santa Rosalia, questo è il libro che fa per voi.
Buona lettura da una palermitana di adozione.

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Camilleri - il commissario Montalbano
Simenon - il commissario Maigret
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maria68 Opinione inserita da maria68    19 Luglio, 2013
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lo specchio dell'anima

Basereste, tutta la vostra vita sulla bellezza?
Quanto gli amici possono influenzare il vostro percorso di vita?
Davanti alla morte di una persona cara, come reagireste?
Queste sono alcune domande che O. Wilde attraverso dei giochi di parole, induce il lettore a porsi e a riflettere su ciò che sia giusto o sbagliato.
Al primo quesito la mia risposta, senza alcuna reticenza, è: "la bellezza non è ciò che conta nella vita".
"il ritratto di Dorian Gray" altro non è che un monito a non investire tutto sulla bellezza.
Dorian è "un giovane di singolare bellezza", "le labbra scarlatte, dal contorno fine, i limpidi occhi azzurri, i capelli biondi inanellati. Nel suo viso c'era qualche cosa che ispirava un'immediata simpatia. C'era il candore della giovinezza, e della giovinezza aveva anche l'appassionata purezza".
Come si può rimanere impassibili davanti a tanta bellezza?
Ed è qui che Wilde fa entrare in scena gli altri due personaggi della storia: il pittore Basil e Lord Wotton. due figure eterogenee e con una loro diversa interpretazione sul concetto di bellezza. I due altro non sono che la rappresentazione del bene e del male che è insito in ognuno di noi. Se il primo, avrà il privilegio di immortalare la bellezza del nostro giovane Dorian, in un bellissimo ritratto ma anche di far emerge il lato buono che è presente in ogni uomo: passione, amore, pietà, amicizia, vergogna. Il secondo che ha un'idea molto astratta dell'amicizia e allo stesso modo ignora l'inimicizia. in quanto tutto gli è indifferente; avrà come obiettivo, far affiorare il lato più infimo, orrendo e raccapricciante della personalità di Dorian.
Ma come si sa, l'uomo è attratto dalle tentazioni...resistere non serve a nulla perchè solo esaudendole si ci potrà liberare, (sarà proprio così? ).
Il giovane Dorian, costantemente stuzzicato da Lord Wotton si convincerà a non fossilizzarsi sul "passato perché è già passato". Il suo mutamento fa rabbrividire, davanti alla morte egli non sarà scalfito dal dolore. In quanto catalogata come "una tragedia romantica".
Nel racconto, il ritratto è un elemento fondamentale, fungerà da specchio dell'anima e a ogni cambiamento del giovane, esso muterà con dettagli ripugnanti, divorando la sua grazia e deturpandone la sua bellezza.

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maria68 Opinione inserita da maria68    08 Luglio, 2013
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una tempesta di emozioni

Seduta su una sedia e aspettando l'ispirazione per iniziare a scrivere la recensione dell'ultimo libro letto...
come per incanto immagino di essere intervistata da un giornalista, il quale ritenendomi competente nel settore mi chiede di rispondere a sei domande:  
Perché l'autrice ha voluto chiamare il suo libro "cime tempestose"?
perché ciò che si abbatte sulla famiglia Earnshaw è una vera tempesta che coinvolgerà ben due generazioni; tra l'altro «Wuthering» è un aggettivo che descrive il tumulto atmosferico al quale si trova esposta durante la bufera, la residenza degli Earnshaw.  
Ha mai conosciuto un uomo tanto cattivo, come Heathcliff?
No. Ma ho cercato di capire cosa  può aver generato tanto odio in un uomo. Come possa sentirsi chiunque abbia dovuto fare i conti con un abbandono; poi, nel momento in cui sembra aver trovato una famiglia non sentirsi accettato come componente di quel nucleo familiare, a causa delle gelosie del fratello, che si acutizzeranno soprattutto dopo la scomparsa dei loro genitori. Se aggiungiamo a tutto ciò, anche il rifiuto da parte della donna amata a favore di un altro, che le avrebbe dato più prestigio, allora ecco scoperto le motivazioni di questo atteggiamento.  
Mi sembra di percepire, che lei giustifica il comportamento di Heathcliff?
Assolutamente no!; come si può pensare di giustificare un tale accanimento per quanta compassione mi suscita.  
Quale altro personaggio l'ha colpito?
Hareton, il quale "è stato messo da parte come un papero senza piume. Lo sfortunato ragazzo è il solo in tutta la parrocchia che non sappia come sia stato truffato", nonostante la sottrazione dei suoi averi e l'essere stato ridotto a servo, egli prova affetto per il suo carnefice. Si potrebbe far rientrare questo comportamento tra coloro che sono stati colpiti dalla "Sindrome di Stoccolma".  
A chi consigliebbe questo libro?
a chi ama il genere "noir", in quanto sono presenti elementi romantici come l'amore, ma anche di orrore come la vendetta che è un piatto freddo da gustare lentamente...  Heathcliff con la sua mente diabolicamente eccelsa sicuramente è l'unico candidato per realizzare tale impresa. Nonostante sia annoverato tra i classici l'ho trovato molto moderno sia per la sua struttura che ci ricorda una 'matrioska' che per la storia in sè.   Brontë riuscirà a sedurci con questo romanzo, innescando in noi sentimenti contrastanti che vanno dalla simpatia all'avversione per i personaggi presenti nel libro.  
Quale frase ha trovato irresistibile?
"la sola ragione di vivere per me è lui. Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo si cambierebbe per me in un'immensa cosa estranea; non mi parrebbe più di essere una parte di esso".
Questa frase a mio giudizio riesce a enfatizzare la parola "Amare" come è giusto che sia

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A chi ama i classici e non...
A tutte le età
Alle donne ma anche agli uomini
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maria68 Opinione inserita da maria68    27 Giugno, 2013
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via d'Antin n.9

Sarà capitato anche a voi, almeno una volta e non solo, di giudicare una persona solo perché non rispecchia i nostri canoni di vita. Probabilmente se provassimo a conoscere i loro vissuti non ci limiteremmo alla sola apparenza.
Certo è pur vero che l'argomento diventa ostico quando risulta incentrato su donne che hanno deciso di barattare la loro reputazione per vedere realizzati i loro capricci, accettando la corte e altro, dai loro ammiratori.  
Ogni donna che ha scelto di intraprendere il più "vecchio mestiere" del mondo, non conoscerà mai l'amore con la A maiuscola, perché in fondo sa' che i loro amanti le cercheranno solo per soddisfare la loro vanità momentanea.  
Fortunatamente, c'è sempre un'eccezione e Margherita Gautier personaggio/eroico nella "signora delle camelie" ne è una prova. L'autore del racconto è A. Dumas. La storia per certi versi autobiografica incantò G. Verdi che prese spunto per realizzare un'opera in tre atti "la Traviata".  
Sin dalle prime pagine conosciamo l'epilogo della storia, ma l'abilità di Dumas stà nell'essere riuscito a riavvolgere il nastro, servendosi del narratore, uno sconosciuto il quale per una serie di circostanze fortunate raccoglie le confessione strazianti di un febbricitante Armando, riuscendo in seguito a divenirne amico e riparatore del suo cuore.  
Margherita Gautier altro non è che una cortigiana instradata dalla madre a questo mestiere, sa benissimo che nessuna ambizione di mettere famiglia ci sarà mai e le numerose amicizie di cui dispone, sono solo di passaggio, svanirannno nel momento in cui cesserà la sua bellezza, il suo lusso...  
Ma nessuna donna può restare indifferente a un uomo che mostra compassione, tanto meno Margherita, "se gli uomini sapessero quel che possono ottenere con una lacrima, essi sarebbero più amati...".
La coronazione del sogno di ogni donna di essere amata sembra realizzarsi anche per lei, davanti a un uomo superiore che non chiede il conto, ma attratto solo dai più nobili sentimenti...  
La campagna, lontano dai fasti di Parigi è il luogo che hanno scelto per vivere questo amore dove tutto ciò che li circonda è meraviglioso, del resto a loro importa solo nutrirsi del loro amore... Ma ahimè a fianco di un amore ci sono dei doveri verso le proprie famiglie e Margherita dovrà tenerne conto...  
perchè consigliarlo? Perchè in questo romanzo oltre all'amore viene messo in risalto, la solitudine, la vendetta, il ricredersi, il sacrificio, il riscatto. In ultimo lasciatemi dire che le pagine finali, in forma epistolare, sono talmente commoventi da non perderle assolutamente.  
"...da quel giorno non ho più saputo disprezzare una donna a prima vista".

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maria68 Opinione inserita da maria68    26 Giugno, 2013
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per colpa di un pastis

Se qualcuno mi chiedesse un consiglio su quale genere di lettura indirizzare l'attenzione in queste giornate estive, la mia risposta senza alcun indugio sarebbe un bel giallo, come quelli di una volta, dove il protagonista indiscusso è il commissario Maigret, con la passione per la pipa, il buon cibo e soprattutto un buon bicchiere di birra.  
I racconti sono nati dalla fantasia di Simenon, negli anni 30', e ben si conciliano con le calde giornate estive.  
La storia ha inizio con la telefonata della signora Maigret che lo avvisa della visita di un giovanotto che ha da discutere di una faccenda personale con il famoso commissario. Nulla di insolito, se da questa visita non fosse sparita la rivoltella, una "smith & wesson" automatica a canna corta, regalo di alcuni colleghi americani, custodita in salone.   Se a questa scomparsa aggiungiamo il ritrovamento di un grosso baule presso l'ufficio depositi della stazione Gare du nord con dentro il cadavere di un politico famoso, Andrè Delteil, noto per i suoi intrallazzi, il gioco è fatto...abbiamo ottenuto una bella storia con le peculiarità essenziali per tenere incollato il lettore alle pagine del libro.
L'indagine si dipana tra Parigi e Londra. Una Londra straordinariamente assolata.  
La maestria di Simenon  è tale che riesce a fare emergere il lato umano del commissario, il quale dall'espressione "comprendere, non giudicare" ne ha tratto un valore. Egli infatti non si limita ad assicurare il colpevole alla giustizia ma cerca di approfondire l'aspetto psicologico dei personaggi coinvolti nel caso. In ultimo desta particolare interesse la pazienza che possiede Maigret, fondamentale per la risoluzione dell'indagine.  

P.s. Il mio suggerimento è di accompagnare la lettura con un buon mojito rigorosamente analcolico. Vi scrivo la ricetta:  

Ingredienti:
succo di lime 20 ml
foglie di menta
zucchero di canna
5/10 acqua tonica
5/10 lemonsoda
ghiaccio tritato a piacere per guarnire delle fettine di lime
Preparazione: In un bicchiere alto mettete il succo del lime, 3 cucchiaini di zucchero di canna e foglioline di menta. Schiacciate bene con un pestello, poi riempite il bicchiere di ghiaccio e riempite per metà di acqua tonica e per metà di lemonsoda.
Girare il tutto, servire con del ghiaccio e...buona Lettura.

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maria68 Opinione inserita da maria68    11 Giugno, 2013
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Pierre e Agnes un amore indissolubile

'Erano insieme ed erano felici'
così ha inizio il racconto di Irene Némirovsky considerata la più grande scrittrice francese del 900 nonostante non le sia mai stata riconosciuta la cittadinanza. Il racconto è stato pubblicato per la prima volta nel 1947 in data postuma.
Pierre appartiene a una ricca famiglia di cartai ed è per questo che non ha alcuna possibilità di sposare Agnes una Florent orfana di padre e con una minima dote.
A Pierre è stato già pianificata la vita, il fidanzamento con Simone la quale ha il solo merito di possedere una cospicua dote che andrebbe ad aggiungersi al capitale degli Hardelot, un posto di lavoro nella ditta con una rendita mensile...
tutto filerebbe liscio se i due non contravvenissero alle regole di quel tempo, ma come si sa' nulla si può all'amore...
E non importa se Pierre verrà diseredato perché loro si amano ed è questo quello che conta.
Eventi catastrofici si abbatteranno su di loro: le due guerre mondiali che li avrebbe diviso, momentaneamente; la perdita della fabbrica...non scalfiranno il loro amore.
"l'essere umano trae la forza dalla sventura, e più la sventura è grande,  più è grande questa forza"
se leggerete questo libro vi accorgerete che è proprio così.  

Ma per convincervi a leggere questo libro ho scritto qualche riga in più:
La storia è ben equilibrata, fondamentale per non lasciare avanzare la noia.
La Némirovsky, seconda la mia opinione personale, non può essere eguagliata a nessuno nella descrizione particolareggiata degli accadimenti; un paradigma può essere, il rito del bagno al mare delle due madri, si ha l'impressione di osservare un  dipinto di Èdouard Manet.
La storia per certi versi risulta contemporanea, ciò si evince nel momento in cui emergono i problemi adolescenziali e in età matura del figlio Guy; qualsiasi genitore non può negare di non avere avuto grattacapi probabilmente meno drammatici della famiglia Hardelot ma non meno importanti.
Per chi predilige la vendetta c'è anche questa...
In ultimo mi sento di consigliare il libro per il linguaggio usato certamente non prolisso.

Fiduciosa di essere riuscita nell'intento non mi resta che augurarvi BUONA LETTURA

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maria68 Opinione inserita da maria68    06 Giugno, 2013
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...e ora dico la mia


Un buon cuoco sa che gli ingredienti utilizzati per realizzare una qualsiasi pietanza devono essere dosati con un certo equilibrio.  
Questa regola fondamentale, a mio avviso, dev'essere applicata per qualsiasi cosa in cui ci cimentiamo.
La Rowling a mio avviso non è riuscita nell'intento: la narrazione non risulta fluida utilizzando alle volte un linguaggio alquanto scurrile; più volte sono stata sul punto di abbandonare l'impresa.
I personaggi che si avvicendano seppur eterogenei non mi hanno conquistato anzi la loro  mancanza di valori mi ha molto disturbato, nonostante la mia apertura mentale.
Questa volta la scrittrice  di Harry Potter ha voluto  raccontare episodi di vita familiare estremizzandoli all'ennesima potenza. Se da un lato assistiamo increduli alla vendetta dei figli verso i genitori dall'altro ancora increduli si assiste all'assenza della figura genitoriale e non, che possa fare da guida.  
La storia risulta debole e in alcuni tratti inverosimile;  secondo voi è mai possibile che una madre senza pensarci due volte si trasferisce in un'altra città per seguire un uomo conosciuto da pochissimo ed è talmente sprovveduta da lasciare i preservativi sul comodino incurante di avere una figlia adolescente?
E ancora di una moglie che per colmare la sua frustrazione si innamora del cantante di una band per ragazzini; comportandosi come un'adolescente!?!.
O di quella madre che pur di non contraddire il marito, ladro di nascita, permette che i suoi figli vengono umiliati, picchiati e apostrofati con qualsiasi parola...  
Poiché sono un'inguaribile ottimista, non credo che una qualsiasi società sia abitata solo da persone egoiste, cattive e pronte a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi.

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maria68 Opinione inserita da maria68    10 Mag, 2013
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voi stesso siete il vostro nemico

Nessuno può negare  nell'aver sognato a occhi aperti di intrecciare rapporti di amicizia o di amore con quel conoscente o passante... credo non ci sia nulla di male, se il tutto si riduce in pochi attimi.
Il problema sorge quando si preferisce risiedere eternamente nel mondo dei sogni, anziché nella realtà.
In "le notti bianche", Dostoevskij ambienta la narrazione su una panchina vicino alla riva del fiume in una Pietroburgo notturna; una location perfetta per raccogliere le confidenze  di due persone estranee che per un istante si trovano a condividere la loro solitudine.  
L'uomo della storia, altro non è che un sognatore. Di lui non conosciamo neanche il nome, sappiamo solo che il suo limite più grande è LA PAURA DI VIVERE LE PROPRIE EMOZIONI, negandosi la possibilità di instaurare legami con gli esseri umani. Egli è consapevole di essere un uomo solo e triste; vivendo, quasi, con rassegnazione la sua condizione.  
Nasten'ka seppur così giovane, ha conosciuto presto il dolore che sopraggiunge in seguito a degli abbandoni, prima la morte dei genitori poi il non saper più nulla del suo promesso sposo. Un amore che è più un'ancora di salvezza per la sua esistenza condannata alle regole rigide della nonna. Tutto ciò la porteranno ad allacciare un rapporto di amicizia/amore con il sognatore.  
Lei, se da un lato ha il pregio di aver riportato per un istante nella realtà il sognatore dall'altro lo riporterà, nuovamente, a rifugiarsi nel suo mondo ovattato pieno di sogni ma sicuramente con la consapevolezza di sapere cos'è la felicità.  

"...un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell'intera vita di un uomo?..."   

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maria68 Opinione inserita da maria68    17 Aprile, 2013
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"Rosine" pessimo modello

Il dubbio che assilla molte neo mamme è: "sarò una buona mamma?"
Mi sento di rassicurare tutte, rispondendo "certo che SI!!!" se starete lontano dal modello Rosine.
Ma chi è Rosine?
È uno dei tre personaggi principali che riempiono le pagine di questo breve ma significativo racconto scritto da I. Némirovsky
Rosine non rappresenta l'idea che nel mondo reale si ha di "Mamma". È una donna che si distingue per l'insensibilità, la freddezza con cui tratta la figlia sua antagonista nella bramosia, alquanto ossessiva, di essere accettata nei salotti della "buona società" ed è per questo che deciderà di organizzare un ballo con il benestare di Alfred suo marito, che si è arricchito giocando in borsa. Lui soprannominato dai colleghi "fuoco" in casa non mostra affatto di avere spina dorsale, assecondando integralmente la moglie  senza obiettare su molte decisioni che hanno semplicemente del ridicolo. Dalla lettura del libro si percepisce che Rosine è una donna insoddisfatta. Purtroppo la sua frustrazione lei la riverserà sulla figlia Antoinette non perdendo mai l'occasione di inveire contro di lei, sia fisicamente che psicologicamente, perchè l'unica colpa se colpa si può attribuirle è quella di essere ancora "giovane", sì perché la paura di Rosine è non arrivare in tempo con l'età per varcare la soglia di quel mondo fantastico e che nessuno possa più accorgersi di lei...
Con un po' di fantasia immagino che tu Rosine nella realtà esisti, allora mi rivolgo a te
Tua figlia ha bisogno di te, ORA. Devi sapere che all'età  di tua figlia noi genitori siamo il loro rifugio. Ti è stato dato un dono, quello di essere mamma, accoglilo perché non c'è cosa più bella nel aver generato un figlio ed è meraviglioso vederlo crescere. Sappi che quando lascerà il nido tu vivrai di ricordi, ricordi bellissimi che ti accompagneranno anche quando sarai più in là con gli anni ma la gioia più bella e quella di vedere tua figlia serena, allora ritorna in TE e accompagna tua figlia mano nella mano lungo la strada della vita, molte volte impervia ma sicuramente minore se percorsa insieme alla sua Mamma.

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maria68 Opinione inserita da maria68    14 Aprile, 2013
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gradino dopo gradino

Il fischio della sirena preannuncia l'ultima chiamata.
Affrettatevi, tutti a bordo.... Si parte...  
Per solcare le acque dell'oceano con il Virginian, che approderà in molteplici porti principali dei due continenti,  l'Europa e l'America.   Per alcuni passeggeri non si tratta  della realizzazione di un "sogno" nel conoscere luoghi meravigliosi ma ahimè dell'unico viaggio che con molta probabilità faranno e che chiamerei senza nessun preambolo il viaggio della "speranza" per una vita migliore.  
Ma cos'ha di speciale questa nave, rispetto ad altre? Senza dubbio la presenza di Novecento.
Novecento diventato legenda.  
Novecento, come l'anno del suo ritrovamento, un nome alquanto originale che chiunque assocerebbe automaticamente a un numero e mai verrebbe l'idea che si potesse trattare del nome di un essere umano, che già a 8 anni da prova di saper suonare a orecchio, tanto da commuovere la piccola folla che si è radunata intorno al pianoforte; lui che non smetterà di suonare neanche in quei momenti dove le avversità climatiche e non solo, renderanno proibitive qualsiasi attività.   Novecento nonostante non sia mai sceso a terra, il mondo, lo conosce bene attraverso i racconti della gente; perché la sua forza sta nel leggere le emozioni.
Novecento che tutti apprezzano per la sua semplicità, io l'ho odiato per la sua paura di vivere: "io che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio"  
La maestria di Baricco è di descrivere le scene come se fossero reali, ed è musica ciò che si diffonde attraverso la lettura di queste pagine, riuscendo a trascinare il lettore in un andamento alle volte adagio e altre volte allegro nell'ascolto di note alte e basse della vita delle persone, fatta di amore, amicizia ma anche di miserie, invidia e cattiveria.

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A chi ama i libri di A. Baricco
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maria68 Opinione inserita da maria68    04 Aprile, 2013
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un velo di seta...tessuto, filato di nulla

Un detto dice che "il vino migliore sta in una botte piccola" ed è proprio così.  
"Seta" può essere senza dubbio paragonato a un ottimo vino d'annata che va sorseggiato lentamente, possibilmente in un'ambiente poco illuminato per esaltarne ancora di più le sue qualità. Ho trovato sublime la storia raccontataci dall'autore, una storia d'altri tempi. Mi piace pensare che l'abbia scritta usando dell'inchiostro indelebile perché frasi come "tornate o morirò", "non ho mai sentito la sua voce" e ancora "morire di nostalgia per qualcosa che non vivrà mai" non possono dissolversi nel nulla. Ogni personaggio ha un ruolo fondamentale in questa storia ed è sbagliato dare priorità a uno piuttosto che a un altro. La storia è ambientata tra la Francia meridionale e il Giappone, un Paese magico ma ancorato ancora a leggi antiche per cui è lecito condannare a morte un ragazzino, se è colpevole di aver portato un messaggio d'amore.
Herve è un uomo con una vita semplice, ordinata, schematica; chiunque dispone del suo destino, prima il padre, poi Baldabiou che ha visto in lui l'uomo giusto per sollevare le sorti degli abitanti di Lavilledieu dediti all'allevamento e alla filatura dei bachi di seta. Ma Baldabiou è anche altruista, non si crea alcun problema nel condividere i segreti del mestiere perché ciò lo divertiva più che fare soldi.
Herve intraprenderà dei viaggi che lo condurranno fino alla "fine del mondo" e questi saranno motivo di cambiamento del suo "io" più recondito, determinando un'esplosione di emozioni dormienti, fino a quel momento.  Baricco ci ricorda che i cambiamenti sono parte integrante nella vita di ognuno di noi e con forza lo fa' presente, quando del lago Bajkal la gente del luogo da un significato diverso ogni anno che passa.
È pura poesia l'intensità disarmante degli sguardi di "una ragazza dagli occhi con un taglio non orientale"
Da ammirare senz'altro è la figura di Helène con una voce bellissima che con pazienza attende il ritorno del marito ogni prima domenica di aprile in tempo per la Messa grande. Lei non si stancherà mai di sorridere, nonostante abbia avvertito la malinconia che si è impossessato del marito, perché "non c'è più niente di bello al mondo" senza di lui....  
Non svelerò le restanti pagine, autentica dichiarazione d'amore, perché lascio anche a voi provare l'indimenticabile sensazione di leggerezza nell'essere avvolti da un velo di seta....tessuto, filato di nulla.  

Ps. Leggere Baricco mi infonde una piacevole malinconia

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maria68 Opinione inserita da maria68    14 Marzo, 2013
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Ietri, Camporesi, Simoncelli....

"È vero quello che dicono delle rose?"
"Che cosa dicono?"
"Che in primavera la valle si riempie di rose"
"Io non nè ho mai viste Colonnello"
Ballesio sospira "lo immaginavo. Perché le rose dovrebbero crescere in un posto tanto orribile?"  

Purtroppo alcuni di loro non vedranno mai delle rose nè li nè altrove, la loro vita si spezzerà ben presto. Giordano riesce con il suo stile semplice e mai banale a catapultarmi sin dalle prime pagine in Afghanistan all'interno della fob ice dove si trovano i ragazzi del 3º plotone della 'charlie' per una missione di supporto alla popolazione.
Subito, entro in empatia con loro, inizio a conoscerli, sono ragazzi semplici che potrei incontrare ovunque, mi confidano le loro fobie, la loro solitudine, le loro fragilità che alcuni riescono a celare solo in apparenza. Certo è un gruppo eterogeneo e non tutti mi stanno simpatici, ma sono diventati miei "amici"; la forza del libro è proprio aver dato un'anima a questi soldati.
Questi giovani soldati sebbene addestrati a eludere il nemico, non saranno mai pronti a superare i traumi che qualsiasi guerra lascerà in eredità.
Devo confidarvi che mi sono trovata accanto alla mamma del più giovane, appena ventenne, e con lei ho condiviso il suo immenso dolore, che le farà pronunciare parole apparentemente senza senso ma che nascondono il non voler accettare l'ineluttabile sorte.
Ah, questa Morte! come si può immaginare che loro, così giovani, possano accettarla se nemmeno gli adulti riescono a farlo. Ma, Dio solo sa se ci proveranno e anche a dimenticare.... perché questa tragedia è troppa pesante da gestire. Certo è che quell'esperienza bellica li ha segnati a vita ed è proprio attraverso questo dolore infinito che sono diventati adulti.
È un libro meraviglioso, da leggere e rileggere. Lo consiglio soprattutto ai giovani che spesso si dilettano a giocare alla guerra senza considerare che non si tratta semplicemente di un gioco ma tutt'altro, per chi la fa' ma anche per coloro che la subiscono e la cui unica colpa è abitare in quei luoghi martoriati.
E allora prima di congedarmi li saluto mettendomi sull'attenti e portando loro quel rispetto che molte volte gli viene negato.

Ps. è di proposito che non ho menzionato i loro nomi perché gelosamente li custodisco ancora per un po' dentro di me.

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maria68 Opinione inserita da maria68    04 Marzo, 2013
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Fabrizio del Dongo o si ama o si odia

....finalmente ce l'ho fatta!!! mi direte in cosa sono riuscita? ho terminato il romanzo scritto da Stendhal "la Certosa di Parma" Di questo posso solo ringraziare  la mia testardaggine la quale mi porta a terminare ciò che di solito inizio. Ma un grazie lo rivolgo anche a Renzo Montagnoli che con la sua recensione mi ha indotto a perseverare.
È Un romanzo scritto in 52 giorni  da Stendhal , il quale traendo spunto da un racconto scritto da un anonimo e che narra le vicissitudini della famiglia Farnese, ne apporta delle modifiche che consentirà di farlo suo. Fabrizio del Dongo è uno dei personaggi principali, si inizia a conoscerlo già in età adolescenziale è un ragazzino che certamente non brilla per le sue qualità di studente ma è ben voluto dalla madre e dalla zia Gina, personaggio fin troppo presente nella vita di Fabrizio. Il personaggio di Fabrizio o si ama o si odia. Stendhal, in Fabrizio fa risaltare il suo entusiasmo per le ideologie dei liberali, certamente egli è contagiato dalle idee dello zio Pietranera, e la sua risolutezza lo indurrà, in contro tendenza alle idee del padre e del fratello, a partire alla volta di Waterloo per affiancare Napoleone. Al suo entusiasmo si contrappone la sua ingenuità che  mal si concilia e questo non gioverà a suo favore tant'è vero che ben presto si troverà a conoscere la parte più infima del genere umano. Ma la guerra Fabrizio non la farà e ritornato a Parigi, scopre che a suo carico pende una denuncia a opera del fratello che come il padre è una spia austriaca. L'esperienza della guerra sebbene non si sia risoluta positivamente, lo trasformerà in  uomo. Purtroppo le scelte fatte con eccessivo entusiasmo si pagano a caro prezzo e il nostro personaggio dovrà rinunciare per sempre alla carriera militare optando per quella ecclesiastica: un compromesso che gli garantirà la libertà contro una prigionia certa. Da questo momento il nostro Fabrizio dovrà stare in guardia contro i nemici ipocriti e pericolosi. Trascorsi quattro anni egli fa ritorno a Parma oramai è diventato "un diamante  che nulla aveva perduto nella pulitura" ed effettivamente non si può negare che non si sia interamente calato nella parte, purtroppo la sua intelligenza e presenza di spirito urteranno il principe Ernesto IV, famoso per la sua malvagità. Ma l'uomo, non sempre può lesinare sui propri impulsi ...egli non si farà scrupoli nel corteggiare anche donne che sono legate sentimentalmente ad altri. Stendhal ora ci propone un uomo spavaldo e non me ne vogliate quando affermo ciò, si ravvede in lui un gioco perverso che lo porterà a sfidare i contendenti....e reo di aver ucciso il fidanzato di un'attrice verrà rinchiuso in prigione Paradossalmente l'amore con la "A" maiuscola si materializzerà in prigione con un Fabrizio cambiato e che escogiterà qualsiasi espediente per poter vedere la sua amata. Il nostro eroe è talmente innamorato che addirittura ricuserà la libertà che ben presto gli si presenta alla porta e solo l'intervento della sua Clelia lo farà desistere dall'idea folle di voler rimanere per sempre rinchiuso. È chiaro che l'amore cambia ogni uomo  e il nostro eroe, che in seguito all'evasione è stato apprezzato non solo per il coraggio ma anche per aver ridicolarizzato la polizia, non è immune a ciò.  Fabrizio diventa sempre più taciturno,  la tristezza lo pervade sempre più, preferendo di gran lunga la solitudine alla compagnia della zia.....ma Fabrizio sembra  non aver pace. Stendhal ci descrive il nostro Fabrizio come un uomo alla ricerca della felicità e quando sembra raggiungerla c'è sempre un'avversità. Bè direi di concludere qui.... E di proposito non svelerò il finale.
Ci sono tutti gli ingredienti per tenere il lettore sulle spine: intrighi, vendette, ipocrisie, corruzione,  avvelenamenti, compromessi insomma un vero e proprio best seller che non risparmierà nessun personaggio.  
Avvertenze per il lettore  che si appresta alla lettura del romanzo
1) il linguaggio usato inizialmente può scoraggiare, resistete;
2) la prima parte risulta molto noiosa, almeno per me, non rinunciatevi;
3) se per voi è un periodo stressante posticipate la lettura a tempi migliori;

Buona lettura

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maria68 Opinione inserita da maria68    01 Gennaio, 2013
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c'era una volta...

Quante volte abbiamo letto ai nostri figli delle favole? Bè, io l'ho fatto. Ognuna inizia con c'era una volta... la favola di Eros e Psiche, scritta da Apuleio nel II sec. dc, inizia così; allora con assoluta certezza si può affermare che il racconto è stato usato come archetipo per tutte le favole di ieri e di oggi. Nel racconto, inglobato nella Metamorfosi, si intrecciano personaggi sia umani che divini. In questa favola c'è un concentrato di sentimenti: gelosia della Dea Venere, invidia e cattiveria delle due sorelle, amore da parte di Cupido, ingenuità e solitudine che travolgono Psiche ma soprattutto curiosità, che per ben due volte la allontaneranno da Eros. Nella favola trova posto anche un po' di magia con l'intervento dei "donatori", (le formiche, l'aquila, la torre, la canna), che aiuteranno la nostra eroina a portare a compimento le prove assegnate.
La storia narra che tanto tempo fa un re e una regina avevano tre figlie. Una delle figlie di nome Psiche era molto bella da offuscare la bellezza della Dea Venere, tanto da suscitare la sua indignazione. Venere chiederà aiuto al figlio Eros per portare a termine la sua vendetta, ma il destino ha in serbo ben altro. Cupido se ne innamorerà, come tutte le storie che si rispettano. Aiutato da Zefiro, la sua amata verrà condotta in un castello. Gli incontri tra i due avverranno sempre di notte perché l'identità di Eros dovrà rimanere celata, anche a lei, altrimenti il loro amore si dissolverà ... il resto della storia è bello che lo scopriate voi, quindi non mi resta che augurarvi Buona lettura.

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maria68 Opinione inserita da maria68    17 Dicembre, 2012
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amore con la "A" maiuscola

"Una Peccatrice" scritto da Giovanni Verga, nel 1866 quando si trasferisce a Firenze Capitale d'Italia che rappresenta in quel periodo il luogo d'incontro degli intellettuali italiani.
E' un romanzo drammatico. Il tema affrontato è l'amore. Amore inteso con la A maiuscola. Questo nobili sentimento viene trattato dall'autore da ogni angolazione. Amore tormentato, passionale, ardente, struggente, tenero, che riesce a trasformare le persone "...questa donna che vivea per piacere della quale il lusso era il bisogno come l'aria è il bisogno dell'uomo, questa donna non esce più quasi mai..."
Sebbene oggi risulta anacronistico. E' una bella storia d'amore che travolge Pietro Brusio in borghese studente in legge, con la passione per la scrittura, per l'aristocratica Narcisa Valderi, donna elegante non bella ma affascinante, sposata al Conte di Prato. Addentrandoci nella lettura si assisterà alla maturazione del personaggio principale in uomo "...ti prego lasciami per l'avvenire al quanto più di libertà, che l'età mia ora richiede..." Stupisce anche la consapevolezza che la madre ha per il figlio ormai adulto e che non può più proteggere. Pietro inizierà una corte incalzante fatta di appostamenti, pedinamenti che lo porterà inizialmente a trascurare i suoi studi, le sue amicizie... per poi riversare la sua delusione nella scrittura. Il successo della sua opera teatrale "Gilberto" consentirà a Pietro di essere accettato in quel mondo aristocratico che fino ad allora era stato impenetrabile, riuscendo a far breccia nel cuore della contessa. La trama cambierà nella seconda parte con un epilogo tragico.
Viene affrontato seppur marginalmente, il divario che esiste tra il popolo e l'aristocrazia. Il mio giudizio su questo romanzo è positivo. Verga riesce a conquistare il lettore poco alla volta e posso assicurare che le sue storie rimarranno a lungo impresse.
Essendo donna il corteggiamento di Pietro per la sua amante, mi ha suscitato un' invidia momentanea. A chi non piacerebbe essere amata dal proprio uomo con la stessa intensità del nostro personaggio principale?

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Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
maria68 Opinione inserita da maria68    28 Novembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

incantevole

Memorie di una geisha di Arthur Golden é un libro che sin dalle prime battute ti avvolge nel mondo affascinante ma anche crudele delle geishe. La storia ruota intorno alla figura femminile di Sayuri, la quale in seguito all'incontro con il Signor Tanaka cambierà le sorti della sua vita. Per Sayuri la vita non é facile, la malattia della madre, il tradimento prima del signor Tanaka, che riuscirà a convincere il padre a venderla per farne una geisha, poi della sorella la catapulteranno sin da bambina in un mondo apparentemente dorato ma abitato da una moltitudine di persone cattive. Solo l' incontro con un uomo che lei chiamerà Il Presidente la faranno sopravvivere alle avversità della vita

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