Opinione scritta da Sharma

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Sharma Opinione inserita da Sharma    16 Luglio, 2013
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L'umanizzazione dell'omicida

L’umanizzazione dell’omicida seriale. Parto dalla fine per poter mettere in risalto l’aspetto che più mi è piaciuto di questo giallo. Non vi voglio raccontare l’epilogo del killer solitario, ma il suo vissuto, le sue pene, le sue angosce ma soprattutto i suoi dolori. Un uomo come tanti, ferito e segnato nell’adolescenza. Due episodi incresciosi e dolorosi che lo segneranno per sempre come un marchio distintivo ma che nessuno può vedere o ravvisare. Lui si camuffa, cerca di affrontare la vita in maniera normale, la vuole vivere nel migliore dei modi possibili, cerca aiuto, cerca di liberarsi del mostro che giorno dopo giorno lo divora e rapisce l’essenza di sé. Questo mostro si chiama depressione, si chiama bipolarismo, si chiama schizofrenia. Difficile uscirne e se questo avviene, ci si ritrova malconci e segnati. Un alcolista rimane un alcolista per sempre anche se non beve più e non tocca l’alcool da decenni, allo stesso modo sono tutte le malattie depressive che innescano una coazione a ripetere, diventano dipendenza. Lui sa di essere nel vortice che non lo abbandonerà più. È la malattia del secolo, solo le mani di esperti possono salvare con una buona dose di fortuna. Il protagonista di questo giallo è un omicida seriale, descritto da Bruno Elpis con acume, ponendo l’accento lì dove altri non avevano fatto. Uno studio psicologico tagliente e doloroso che ci fa interrogare da quale parte dobbiamo stare, per coscienza dalla parte delle vittime e per umanità dalla parte dell’omicida. Tante donne uccise in maniera efferata e senza alcun nesso logico fra di loro. Nessuna traccia, nessun elemento su cui indagare, questo è quello che fa impazzire il commissario Giordàn , uomo sagace e riflessivo, con vivida intelligenza indaga, studia e cerca di mettere insieme i pezzi di un puzzle che sembra non aver limiti. Si ama accompagnare alle melodie di Chopin e rilassarsi con la pesca sulle rive del lago di Como. Una nipote saccente ma arguta e frizzante, che riuscirà ad illuminare il commissario, con piccole frasi e battute. Il nostro scrittore sviscera il male della società affiancando descrizioni bucoliche sorprendenti e rilassanti – a tratti mi hanno fatto assaporare il mio amato Pascoli -. Come si conciliano le due cose? Si conciliano con la realizzazione del Carnevale dei delitti. Le maschere sono l’elemento con cui, l’omicida, vuole farsi notare e le fiabe sono il suo vissuto, il sogno di voler essere ritornare bambini, sempre coccolati e protetti. Ma quel tempo non può e non deve tornare perché se lo ricerchiamo e lo desideriamo così ardentemente vuol dire che qualcosa di incompiuto è dentro di noi, un qualcosa che non ci fa progredire, crescere e maturare, un percorso della nostra vita fatti di ostacoli , che non abbiamo superato, un percorso non pulito. Così si porge la mano a far sviluppare una doppia personalità, in continua evoluzione e in continua lotta fra di loro, un Dottor Jekyll e Mister Hyde.
Tutto ciò è questo giallo, insolito e ben articolato, è stato un piacere leggerlo per le sue riflessioni a cui mi ha condotto, con un po’ di amaro in bocca , pensando a noi esseri umani e alla nostra società , ma soprattutto al nostro eccessivo giudizio senza appello. Siamo così, vero? Grazie Bruno Elpis!!!!Aspettiamo il seguito…

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Racconti
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    06 Luglio, 2013
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Siamo come il vento!

È sempre un grande piacere leggere un racconto di un grande scrittore eclettico come Zweig. I suoi racconti sono così semplici da risultare difficili da riassumere e recensire. Ti lasciano un senso di spossatezza, angoscia, inutilità. Un’inutilità fattiva nel non sapere come gestire emotivamente.
Ci troviamo a Vienna allo scoppio della seconda guerra mondiale, Mendel è un signore che tutti i giorni si siede allo stesso tavolino per quasi trent’anni, dello stesso Caffè, un po’ trasandato nel vestire, canuto, aggobbito e sempre con libri che legge al suo seguito. Nulla lo distoglie dalla lettura può succedere di tutto intorno a lui, ma lui è indefesso, prono verso le pagine scritte. Non legge giornali, non ascolta la radio, le uniche cose che conosce del mondo sono quelle che gli trasmettono i libri. La sua passione e il suo genio sono messi alla mercé dei libri e di chi gli chiede consigli.
Forse avete capito male, non legge romanzi, saggistica o quant’altro, legge cataloghi sui libri, conosce le copertine i codici i titoli il prezzo dove trovarli e come reperirli è un archivio vivente è il miraculum mundi. Personaggi importanti si rivolgono a Mendel, aristocratici, galleristi, collezionisti di tutta Europa. Tutti lo amano e lo rispettano, tutti cercano di sopperire alle sue mancanze e dimenticanze, molti sono al suo seguito per amore e rispetto, sopravvive con una licenza di venditore ambulante, ecco il suo mestiere ufficiale, il rigattiere. Ma un giorno qualcosa accade che incrina il suo mondo costellato dalle letture e dal sapere, un errore, delle cartoline inviate ad editori europei come Francia ed Inghilterra. La censura reagisce, come può un uomo scrivere a paesi a loro belligeranti? Ma lui non sa nulla delle guerre e di cosa accade in quel preciso momento, lui vive in un mondo parallelo fatto di giorni alcionici nel suo universo di libri. Questo è Mendel. Solo l’uomo con i suoi abomini e le sue scelleratezze potranno distruggerlo nel modo più vergognoso possibile, che purtroppo noi conosciamo bene.
Da far piangere e riflettere!

“ Perché lui leggeva come altri pregano, come i giocatori giocano e gli ubriachi, intontiti, fissano il vuoto: leggeva in modo talmente assorto, con un tale rapimento, che da allora il resto del mondo mi è sempre parso profano.”

“ […] perché viviamo, se il vento che ci sospinge porta via subito anche l’ultima delle tracce che abbiamo lasciato?”

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Sharma Opinione inserita da Sharma    01 Luglio, 2013
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Manipolazione

La trama della Gabbia invisibile apparentemente sembra complicata per le tante voci che la compongono, in realtà risulta immediata e facile nell’entrarci.
Siamo in Italia , oggi, circa dieci persone partecipano ad un progetto scientifico virtuale che dovrebbe dare vita ad un nuovo modo di concepire e vivere i videogiochi , il gioco dei ruoli. Mediante simulazioni prima guidate e poi solitarie in casa propria, sono vari livelli di preparazione e addestramento. Le persone vengono sottoposte anche somministrazione farmacologica non autorizzata affinché si possa arrivare oltre, non scegliersi solo una nuova identità virtuale ma poter confluire tutti nella medesima realtà, contemporaneamente. Un progetto ambizioso portato avanti da una grossa società di software, la Star&Shine.
Ma le cose non stanno affatto così, questa società è manovrata molto in alto da un potere politico e governativo, le motivazioni non sono quelle di creare un nuovo videogioco ma quello si far soggiacere alla volontà di un singolo, di un potente più persone possibili, renderli seguaci sostenitori contro la loro volontà mentale, formare degli automi ma che pensino di se stessi di essere liberi. Ma le simulazioni e le somministrazioni di farmaci cominciano a dare dei problemi, un primo uomo si suicida (o viene ucciso?) senza motivazione apparente, un secondo uomo verrà colto da infarto. Cosa sta accadendo realmente che la Star&Shine non aveva previsto? Cosa gli sta sfuggendo di mano? Perché tra le cavie, perché di fatto sono queste, è stato introdotto sotto falsa identità un killer? Perché immettere un virus nel programma all’insaputa degli stessi programmatori? A chi risponde questo killer? Perché le persone in maniera diversa continuano a sentirsi male con disturbi della percezione della realtà? Su tutte queste domande iniziano ad indagare il commissario Fegis ed Elena, la moglie del presunto uomo suicida, per loro, da subito, è parso chiaro che le carte sul tavolo non c’erano tutte, qualcuno stava barando! Si viaggia in maniera onirica tra realtà e realtà virtuale. Chi dei due avrà la meglio?
Consigliato per un profondo ed interessantissimo messaggio che aiuta a riflettere. Vero non vero, siamo pilotati, dal cibo, dalle cose? se sì, da chi? e per quale scopo? Per quello che ci racconta l’autore rispondere potrebbe alienarci!
Romanzo ben fatto con ottimi colpi di scena, ci lega fino alla fine.
Se si deve per forza trovare una pecca lo considero un po’ troppo articolato, fa perdere la concentrazione nel fluire della narrazione, ma è una piccola sciocchezza considerato che è una bella opera prima! Promosso a pieni voti!

“E cosa deve fare il buon pastore per riuscire a mantenere il controllo? Allargare i confini del pascolo, creare fonti di sfogo alternative, manipolare le informazioni, distogliere l’attenzione dalle cose più importanti e dirottarle su cose di poco conto. In altre parole, agire come un prestigiatore: far vedere cose che in realtà non ci sono e non mostrare la realtà delle cose.”

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    27 Giugno, 2013
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Il giallo

Che goduria ritrovarsi con un giallo vecchio stile! Poliziotti, investigazioni, omicidi e colpevoli tutto nella classicità più assoluta.
Roma, il vicequestore Mastrantonio a quattro giorni dalle sue agognate ferie estive, si tova invischiato in un caso un po’ rognoso. Il suo unico desiderio era imboscarsi il più possibile e non avere grane. Ma il suo capo non la pensava alla stessa maniera e in un giorno di caldo torrido lo spedisce in un canile fuori Roma per prendere la testimonianza del medico veterinario del posto. Il ritrovamento di cani talmente malconci che sicuramente sono attribuibili ad un giro intorno ai combattimenti clandestini. Il caso non sembra particolarmente impegnativo per Mastantonio, solo scocciante, ma sa che vuole fare un po’ di indagini per coscienza e poi dileguarsi. Ma i sogni del vicequestore verranno infranti da una serie di omicidi che accadranno da lì a pochi giorni, due uomini e una donna uccisi, con la stessa metodologia, un taglio netto e pulito da un orecchio ad un altro, naturalmente risulta quasi subito chiaro che i cani e gli omicidi siano correlati, bisogna trovare movente, colpevole e mandante.
Il poliziotto nonostante le sue remore e le imminenti vacanze indaga con solerzia e acume. Non manca, nel racconto, un tono leggero, correlato da battute piene d’ironia che tanto piacciono alla sottoscritta (alcune volte mi ricordano quelle dell’Ispettore Coliandro, la serie tv). Il finale rispecchia tutto il romanzo, un classico giallo senza inganni ma con imprevisto e qualche parte del corpo malconcia. Assolutamente da leggere!

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Fumetti
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    20 Giugno, 2013
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Mafalda

Eccomi qui con una recensione un po’ fuori dall’ordinario, ma forse sarebbe meglio chiamarla consiglio di lettura, conoscete Mafalda , la bambina impertinente ribelle sempre pronta a fare domande scomode? Proprio di lei vi voglio parlare.
Nata dalla matita del fumettista Quino, argentino, vissuto nel suo paese fino al 1955 quando “ La Revolucion Libertadora” batte Peron ed inizia il suo esilio, si trasferirà in Brasile e negli anni ’70 anche in Italia. Ma solo nel 1964 a Buenos Aires per il settimanale “ Primera plana” viene stampata la prima striscia di Mafalda.
Mafalda la bambina adulta, inizia la sua avventura mediante le dita del suo autore, ha una famiglia ed un fratellino,odia la minestra ed ha alcuni amici cari con cui litiga spesso perché lei è prepotente ma anche troppo intelligente. Mafalda non è un fumetto come tutti gli altri, lei parla della società, della condizione delle donne, del mondo e dell’inquinamento. Non si ferma davanti a niente e nessuno impertinente e sempre pronta ad atterrire i propri genitori con domande sul sesso e sulla politica, sulla vita e sulla necessità di parola e di libertà. Mafalda è rivoluzionaria pacifista ed è sempre attenta alle novità provenienti dal mondo e dall’Onu, iperiformata grazie alla radio e alla televisione, attenta alla povertà dilagante ed ai sentimenti biechi e borghesi. Linguacciuta, gridazzona, curiosa ed ironica, simpatica e tenera come una vera bimba, tenera e dolce al punto giusto, tanto da non potercela avere mai con lei.
Inutile dirvi che le strisce le posseggo tutte e nell’ultimo volume Mafalda scrive una lettera alla redazione come presentazione, è letteralmente stupendaaaaa! Non posso trascriverla perché molto lunga ma vale la pena di leggerla per ridere, piangere ed avere tanta tenerezza per questa bimbetta tenerona e politicamente impegnata. La adoro oltre per quello che mi ha sempre trasmesso ma anche perché, sia nell’aspetto che nell’atteggiamento, siamo come sorelle gemelle. Riporto alcune Battute di seguito così, tanto per darvi un’idea:

“Buonanotte mondo, arrivederci a domani mattina” “ma sta attento! Molti irresponsabili restano svegli, sai!”

“Se pensate che qualcuno possa obbligarmi a fare quello che non voglio, vi sbagliate! Perché quel qualcuno non è ancora nato! E se questa storia del calo demografico va avanti così, forse non nascerà mai!”

Mafalda si rivolge alla madre:
“mi presti questo per disegnare?
No rimettilo a posto è il mio certificato di matrimonio!
Ah! Ci vuole un certificato, io pensavo che la gente si sposava dal commercialista!”

“ Mamma cosa ti piacerebbe fare se tu potessi vivere?”

“Siamo tutti uguali agli occhi di Dio”…”e chi sarà il suo oculist…? dico…no…niente…”

“ Ma perché la vita che uno si guadagna deve spenderla a lavorare per guadagnarsi la vita?”

Potrei continuare all’infinito e non troppo dato che Mafalda è stata interrotta per volere dell’autore nel 1973. Ora continuiamo a goderci quello che ci ha lasciato…buon divertimento a tutti!

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Romanzi
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    17 Giugno, 2013
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La lettera del mercoledì

Vi racconto una storia:
Malcom nel 2007 vuole narrare a suo figlio Noah i segreti di famiglia, il padre lo reputa ormai sufficientemente maturo - prossimo ad andare all’università - da sapere le cose che per tanti anni sono rimaste celate nella famiglia paterna.
Nel 1988 i genitori di Malcom sono morti contemporaneamente a distanza di poche ore l’uno dall’altra. Il padre era malato di tumore al cervello, ma la moglie, non malata apparentemente, lo precederà con un infarto proprio accanto a lui nel letto matrimoniale, lui non resisterà al dolore e morirà dopo poco. I tre figli dovranno affrontare le giornate che seguiranno tra incontri e funerali, come si usa fare in America. Ma al dolore della perdita si unirà, ora dopo ora, la scoperta incredibile che il padre per quasi quarant’anni ha scritto alla propria moglie una lettera ogni mercoledì (questo era il titolo originale). Lettere appassionanti di un amore duraturo, solido a prova di qualsiasi evento. I tre figli scopriranno che non fu così, anche loro furono messi alla prova da un evento che in altre famiglie avrebbe creato distruzione, annientamento, annichilimento. Il padre di Malcom scoprì che la moglie aspettava un figlio non suo, il bambino in questione era proprio Malcom, l’ultimo dei tre figli. Ma nella lettera e nelle lettere a seguire non si menziona mai cosa sia realmente avvenuto e chi sia il padre. Letture spasmodiche alla ricerca della verità e nel capire come di seguito il padre abbia potuto accettare la situazione e crescere questo bimbo come suo. Naturalmente loro sapevano che i figli avrebbero scoperto tutto nel giorno della loro morte, ma questo era proprio il loro volere. Non saranno le lettere a svelare il mistero di come siano risusciti a superare questo momento e a volersi sempre più bene giorno dopo giorno. Le giornate di incontro con parenti e amici porterà alla luce tutta la verità, tutto il dolore accumulato e smaltito grazie alla solidità dei sentimenti e all’intelligenza dei genitori. Tutti soprattutto i figli capiranno che persone meravigliose erano i loro genitori e del perché nella comunità erano tanto rispettati ed amati.
Un romanzo d’amore che parla dell’amore ma mai in maniera stucchevole e mielosa, ma sempre con toni sobri e assolutamente realistici. Ci fa credere, ci fa sperare che coppie che si amano per tutta la loro vita esistono e possono e devono esistere fino al giorno definitivo della chiusura dei loro occhi! Ci voglio credere! Non fa male… mi fa bene!

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Romanzi
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    13 Giugno, 2013
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I tre bambini

Se la devo dire tutta questo libro mi ha delusa. Mi aspettavo di più da una scrittrice come la Oggero, ma forse questa volta mi sono lasciata ingannare dalla seconda di copertina. La storia c’è tutta, purtroppo lo stile adottato dall’autrice è totalmente sbagliato. Troppi dialoghi, troppe interruzioni nel fluire del discorso. Per sole centocinquanta pagine ho faticato come se ne avessi letto ottocentocinquanta. Racconta, si interrompe descrive un nuovo evento, sempre così, inarrestabile. Un caos nel cervello mai visto!
Storia semplice ed appassionante di due bambini, Minuccio e Leone che volontariamente si perdono tra la folla del Salone del libro di Torino, uno accompagnato dalla scuola materna e l’altro dalla baby-sitter, tutti e due annoiati dall’assenza dei grandi, si incamminano per ritrovarsi e unirsi nell’amicizia di una giornata. A loro si unirà una piccola compagna di Minuccio, Giulia, chissà perché lei li riesce a trovare subito a differenza dei grandi che si affannano nelle ricerche. I bambini sono amanti delle storie e dei libri, sono contenti di ritrovarsi lì e poter sfogliare e leggere, in effetti sa leggere solo Leone perché ha già compiuto sei anni, gli altri due ancora non vanno a scuola e quindi costringono l’amico trovato a leggere per loro. Passano le ore, tra una lettura ed un’altra, da un luogo ad un altro, ed anche quando verrà annunciata la loro scomparsa si guarderanno bene nel farsi trovare, anzi, si nasconderanno ancora meglio. La narrazione delle avventure dei tre piccoli viene interrotta dal racconto della vita dei singoli genitori, vite complicate, scelte difficili, compromessi per vivere in famiglia, ma una cosa è certa che tutti amano i loro figli. Da tutto ciò è costellato questo romanzo. Forse troppo materiale per racchiuderlo e sintetizzarlo in poche pagine. Forse questo è il reale limite della Oggero. L’unica parte realmente godibile è quando la scrittrice fa parlare i suoi bambini con fluire semplice, naturale e dolce, con i loro difetti di pronuncia , li vediamo, li osserviamo e ce ne innamoriamo per la grande tenerezza che ci trasmettono. La Oggero ce li consegna con una descrizione mirabile e godibile.
Se avete un po’ di pazienza , nonostante tutto, è consigliata la sua lettura.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    10 Giugno, 2013
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La pace nel tormento

Immaginate un dipinto con una bella casa in primo piano, tanto terreno ben curato intorno e una famigliola di quattro persone felice e sorridente, tutto sotto una giornata di sole. Bello vero? Ora a questo quadro la Nemirovsky , con la sua scrittura acuta e distruttrice aggiunge un particolare che mirabilmente solo lei sa fare con tocco leggero e al tempo stesso duro e di condanna, aggiunge dapprima una piccola nuvola da un lato e poi un temporale in arrivo dall’altro lato. Nei suoi racconti pochi si salvano, tutti sono colpevoli e soccombono alle loro stesse malefatte.
Il protagonista Silvestre - vive in un borgo di proprietari terrieri benestanti e facoltosi, nel centro della Francia - dopo aver vissuto una vita da libertino e alla ricerca dell’avventura si ritira nel suo piccolo appezzamento di terreno vivendo del poco, senza libri e con la compagnia del solo focolare. Ha distrutto tutto il suo patrimonio, dilapidato e mangiato. Ma ora gli va bene così. Vicino a lui abitano vari cugini, parentele sia di madre che di padre. Vede di tanto in tanto i cugini Èrard, due coniugi che da vent’anni non fanno altro che vivere del bene dell’uno e dell’altra, la figlia Colette che è prossima al matrimonio con un giovane benestante, matrimonio d’amore. Quanto amore ha questa famiglia da dare e da ricevere. Ma la scrittrice non è contenta di questo idilliaco quadretto familiare va avanti fino all’oblio. La ragazza dopo poco tempo essersi sposata, tradisce il marito, con ardimento e passione, senza rimpianti o sensi di colpa, tutto dura poco, il coniuge viene avvisato e l’irreparabile è dietro l’angolo. Un litigio, uno spintone di troppo e il giovane sposo cade nel fiume. Disperazione, dolore, prostrazione, tutti i sentimenti di questo mondo. Nessuno pagherà, nessuno parlerà, un incidente! La piccola e dolce Colette come potrà raccontare tutto ai suoi genitori, così di animo irreprensibile, di alta moralità, grande senso della giustizia e lealtà? Come dire che lei è stata un’adultera, come fermare lo stesso padre che vuole denunciare il fatto per vederci chiaro? È corrosa dalla sua bugia. La soluzione verrà data da una sua ex vicina di casa tanto simile a Colette da sembrare sua sorella, ma purtroppo rivali in amore. Cosa si può celare dietro la benevolenza di questa vicina, prodiga e tempestiva? I genitori di Colette sono realmente così puri di animo e di spirito come appaiono? Le risposte risiedono nel tempo trascorso, quando si è giovani il sangue possiede una temperatura molto elevata che da vecchi diventa fredda quasi gelida, dimenticando quello che si è stati e delle malefatte lasciate alle spalle, gravi e inguaribili che se portati alla luce non fanno più vivere come si viveva ieri sotto la coltre calda e tranquilla della menzogna.
Dipanate bene tutta la sua trama…consigliatissimo!

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Avventura
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    05 Giugno, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Il codice della vita

Cosa si nasconde dietro ad una libreria che è aperta di giorno e di notte, dove i suoi clienti sono pochi e tesserati? Un luogo strano e magnetico dove entrando si ha l’impressione di trovarsi in una libreria come tutte le altre ma, alzando gli occhi ci accorgiamo che essa si estende in altezza fin dove il buio oscura la nostra vista. Gli avventori notturni richiedono solo testi precisi e ne riportano altri. Il commesso Clay, appena assunto dal gestore del negozio Sig. Penumbra ( un cognome che da solo è tutto un programma) canuto, attento e perspicace, ci vuole vedere chiaro; nonostante il divieto assoluto di guardare all’interno dei testi che consegna, lui lo disattende. Cosa vede nei libri? Cosa succederà di seguito? Capisce che non sono romanzi ma parole, frasi tutte di seguito senza un senso apparente. Il segreto sarà svelato grazie all’informatica e ad un’ amica nerd, che lavora per Google. Ma tutto non è così semplice , avete presente un secretaire con tanti cassetti e il suo segreto che bisogna scovare? Ecco questo libro è così! Esiste una Confraternita detta della “ Costola intatta”; un codice detto” codex vitae” che si deve decifrare; i primi punzoni della storia della stampa che ci riveleranno qualcosa; Aldo Manunzio primo tipografo italiano che inventò il corsivo, considerato il capo fondatore della confraternita; una trilogia fantasy che alla fine si rivelerà la chiave di lettura. Gli adepti cosa studiano in un grande stabile a New York? E tutti quelli sparpagliati nelle varie sedi di tutto il mondo? Loro cercano la cosa che sta più a cuore all’uomo, la vita eterna.
Il romanzo scelto come lettura leggera si è trasformato in un groviglio intessuto mirabilmente come la tela di un ragno, complesso per terminologie non propriamente alla portata di tutti e spinge l’attenzione al massimo. Ho faticato, è stato stressante e laborioso ma volevo conoscere la fine. Lo stavo archiviando, ma la mia tenacia, in fine, mi ha ripagata del lavoro mentale sostenuto per giorni. Perché non è una semplice storia fantastica per deliziarci, intramezzata da alcune verità, ma possiede nelle ultime ventisei righe un messaggio e un monito per la vita, le ho lette e rilette per decine di volte, per possederle e farle per sempre mie.

“ La vostra vita deve essere una città aperta, con mille strade per entrarci.”

Peccato che non posso trasmettervi tutte le sensazioni che mi ha procurato leggendolo, catapultandomi in un mondo nuovo, enigmatico e magico.
Lo consiglio vivamente… quando i libri donano qualcosa, nonostante le apparenze!

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Romanzi
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    30 Mag, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Un nuovo esemplare

Cosa può portare, un uomo, a farsi scegliere per essere rinchiuso in gabbia e farsi apporre la targhetta di “primo esemplare umano in esposizione?”. È presto detto: un litigio con la propria fidanzata.
Mr Cromartie sta facendo una passeggiata insieme alla sua amata Josephine nello Zoological Society, una discussione del tutto inutile riguardante l’interesse e l’amore che la donna prova verso tutte le persone che le vogliono bene, e il disappunto dell’uomo che vorrebbe questo amore solo per lui, scatena una reazione a catena, dove Josephine rimprovera all’amato di essere mentalmente arcaico e quindi di poter benissimo stare nella casa delle scimmie definendolo “l’anello mancante”. Tutto si risolve con risentimento e ferite ai propri ego smisurati. Ma Cromartine ci riflette, studia la cosa e scrive allo Zoo affermando di essere disposto, con previo contratto e alcune necessità inalienabili, di essere rinchiuso in quanto esemplare mancante. La risposta arriverà celere ed affermativa. In questo racconto viene racchiuso tutto l’egoismo e l’individualità di cui l’uomo può essere capace - naturalmente per uomo intendo anche il genere femminile (mi riferisco alla specie Homo Sapiens Sapiens) –. Riflessioni sulla cattività dei vari esemplari presenti nel luogo, riflessioni sulla vita che si conduce e sulle persone che ogni giorno vanno a visitare il nuovo esemplare. Interessante libro dal contenuto pieno e solido con uno stile pulito e scevro da orpelli. Una riflessione sulla società e sul ben pensare , che condurrà ad una conclusione inaspettata rispetto allo svolgersi della trama.
Interessante opera letteraria dedicata a chi vuol mettere in moto, un po’, il cervello!

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Romanzi storici
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    26 Mag, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Alla ricerca del tempio perduto

L’ambientazione di questo romanzo è collocata storicamente alla fine del settecento. Un prelato, professore universitario di Urbino viene trovato morto nella cattedrale ma da subito risulterà evidente, per lo studente laureando Vitale, che la morte non è avvenuta lì, non è una morte accidentale il professore è stato assassinato.
Vitale inizia ad indagare con acume e sagacia, scopre subito che il docente stava lavorando ad un progetto molto particolare ossia la ricerca del Tempio delle ninfe, la leggenda narra che, la costruzione, risalente all’epoca romana, si dovrebbe trovare nei sotterranei della stessa cattedrale dove è stato trovato il cadavere. L’edificio non è mai venuto alla luce. Perché il docente ci stava lavorando così accanitamente, nonostante non fosse un argomento di suo interesse? Chi era il mandante di questo lavoro? Entrerà in gioco l’Accademia degli Assorditi, congregazione di eruditi che non vedeva di buon occhio divulgazioni pagane di tipo edonistico, quindi anche questa esisteva realmente?
Molti interrogativi ma anche molte morti, che si susseguiranno man mano che Vitale si avvicinerà alla verità. La scoperta dell’assassinio del professore, il ritrovamento della mappa dove è ubicato il tempio, la chiave per potervi accedere, tutti questi elementi sono stati portati alla luce dalle indagini dello studente. Chi c’è dietro tutto questo? Come al solito la verità risiede dietro l’angolo, basta svoltarlo.
Marcello Simoni, in pochissime pagine, ha intessuto un thriller storico ben architettato, un lavoro difficile per dispiegare una trama appartenente a questo genere letterario.

Piccolo neo l’autore non rispetta una regola fondamentale per gli scrittori giallisti, ossia: “mai mettere il lettore in difficoltà, ma portarlo per mano verso la verità!” , il Simoni non può dimenticare di aver specificato con quale arma è stato ucciso un poveretto di manovale, poi riportarne un’altra, e di seguito correggere il tiro.

In ultimo devo ringraziare Sydbar per avermi spronato a leggere un thriller storico, ogni promessa è un debito! Bisogna allargare sempre le proprie vedute!

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Libri per ragazzi
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    23 Mag, 2013
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Tanto,tanto amore per tutti

Sara D’Amario con questo suo nuovo libro, è riuscita a catturare l’interesse di una donna che decisamente non è più teenager - come la sottoscritta - ed ai quali è rivolto questo romanzo. Leggendolo è come entrare nella macchina del tempo, catapultata in un periodo della mia vita, passato da molto, e che decisamente ricordavo con angoscia. Ed invece…
Il romanzo ha come protagonisti due ragazzi quattordicenni Zucchero e Gas che con il loro aspetto veramente molto ingombrante per le dimensioni, uno mangia dolci senza freni inibitori e l’altro beve coca cola come se fosse acqua, affrontano il primo anno di liceo. Un anno vissuto insieme a loro con le incertezze, i turbamenti, le indecisioni e milioni di domande che cercano una risposta. Ma soprattutto racconta di Zucchero che, pagina dopo pagina , snocciola il disagio di essere obeso, e quindi diverso dagli altri, il suo compare ed amico Gas reagisce in maniera differente ma sempre in relazione alle tante problematiche ed ai disagi famigliari che loro due vivono, ai palpiti d’amore che per la prima volta sentono ed avvertono più forti che mai. Ma i due amici si faranno amare meglio e più degli altri perché loro oltre ad avere un giro vita dove possono accogliere tutti ma proprio tutti, hanno un cuore e tanto amore da donare a coloro che costellano la loro vita. Zucchero ama la sua compagna di banco, per molto tempo non ricambiato; la sua famiglia accoglie un fratello di cui non aveva la ben minima conoscenza. Gas vive con la nonna e deve fare i conti con i suoi genitori che vivono e lavorano a Londra, e non ritornano, anche quando lo promettono. Una classe di adolescenti che, uniti nelle loro diversità, affrontano le interrogazioni, i compiti, le malattie che non ti avvisano quando arrivano, insomma, la vera vita. Ma loro sapranno affrontarli con maturità e introspezione. Dialoghi profondi e meditati, che sinceramente dalla mia arroganza - oramai da adulta consolidata - pensavo che gli adolescenti non possedessero. Ed è proprio questo il punto del romanzo, non scritto solo per i ragazzi, ma soprattutto per noi che ci riteniamo grandi e non capiamo più i nostri adolescenti. Il romanzo ci dona una riflessione amara per il tempo che fu, ma nonostante tutto, ci regala la cosa più bella, il ricordo della spensieratezza e la leggerezza d’animo e di cuore con cui si affrontavano i problemi senza malizia e senza preconcetti. Che periodo meraviglioso abbiamo trascorso, e di cui ricordiamo solo i dubbi, le incertezze e le perplessità del momento.
“ Un cuore XXL” è un grande libro per grandi sentimenti, ringrazio l’autrice di avermi donato qualche ora per viaggiare nella macchina del tempo.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    19 Mag, 2013
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Storia di un amore

Da qualche anno posseggo questo libro, debitamente regalatomi sotto mia indicazione, ho deciso di scriverci qualcosa in merito perché ho letto alcune recensioni, che mi precedono, e non gli rendono giustizia.
Voglio spezzare una lancia a favore di questo tomo, veramente notevole e, a mio avviso, ben strutturato. Le scelte che si fanno sulle nostre letture sono dettate da mille motivazioni differenti passione per un argomento, consiglio di amici o parenti, pubblicità, quarta di copertina, istinto, ma ci sono dei libri che ci possono passare inosservati pur essendo di valore inestimabile per la nostra cultura, per la nostra vita. Alcuni di questi testi ne ignoriamo totalmente l'esistenza che obiettivamente prima di morire andrebbero proprio letti. Dispero solo al pensiero che morte mi colga prima di aver letto tutto quello che posseggo o potrei possedere, sono una vampira della carta stampata, per me il nero su bianco ha un fascino irrefrenabile.
Questa raccolta mi ha portato a conoscenza molti scritti che potrei leggere e non potrei esimermi dal non leggere, li ho evidenziati, sottolineati e di tanto in tanto li compro e depenno. Non mi sono mai trovata in disaccordo con i trafiletti di commento di emeriti esperti, vi faccio un solo esempio per tutti, pochi conoscono “Bambini acquatici” di Charles Kingsley, un libro che andrebbe letto sia dai grandi che dai piccini, oltretutto quasi introvabile se non si considera l'edizione per bambini; chi l'avrebbe mai scoperto o letto senza la segnalazione di 1001 libri?
Insomma, credo, che “Milleuno libri” andrebbe identificato come un professore in cattedra che ci da delle dritte sui nostri testi da leggere per passatempo e per cultura, un qualcosa che indirizzi la nostre scelte. Certo è un po' costoso, ma vi assicuro che ne vale proprio la pena da possedere e da avere come punto di riferimento, soprattutto quando tutto manca. Senza dimenticare che per quasi ogni libro ci sono le foto delle prime edizioni o foto degli scrittori, un vero spasso come galleria fotografica.
Le passioni sono passioni e non sono sempre razionali, anzi il più delle volte sono totalmente irrazionali ma dettate solo dal cuore.
Scusate se sono stata troppo veemente o accorata ma volevo condividere con tutti voi, l’interesse e l’utilità di questo libro. Grazie per la pazienza.

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Narrativa per ragazzi
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    15 Mag, 2013
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L’isola che non c’è

Molte volte noi acquistiamo i libri li portiamo a casa, li riponiamo su di uno scaffale, ripromettendoci che da lì a poco li leggeremo, e poi, invece si nascondono, non percepiamo più la loro presenza, svaniscono tra i tanti. Questo è quello che è accaduto a me e al mio libro, è rimasto nascosto per la bellezza di undici anni (passando inosservato anche ad un trasloco!) Quanto tempo perso!
Libro affascinante e magico non solo per noi adulti quando per i ragazzi, l’autore ci catapulta in un’isola misteriosa insieme a due fratelli Giovanna e Tommaso che dopo un naufragio hanno smesso di parlare e devono riacquisire la parola. Lo impareranno qui, ma in un modo del tutto nuovo e starno. Il popolo che abita quest’isola sono le parole, esiste un ospedale per le parole troppo usate e quindi mal ridotte come “Ti Amo” , esiste un municipio dove i sostantivi si sposano con gli aggettivi, ma questi ultimi sono molto infedeli e subito dopo si risposano nuovamente. Esiste una fabbrica delle parole dove in una voliera ci sono tutti i nomi che volano da una parte ad un’altra, poi c’è un formicaio dove lavorano i verbi instancabilmente e operosamente , ma ci sono quei due verbi gli ausiliari (dal latino auxlium) che donano il loro servigi a tutti chiedendo cortesemente se si ha bisogno di una mano, lavorando ventiquattrore su ventiquattro. Una fabbrica di costruzioni di frasi, tutta particolare dove si va nella voliera si prendono i nomi , poi si prendono i verbi e queste parole trovano la loro collocazione e la loro pace interiore solo riponendole sulla carta, qui si calmano e diventano docili e tranquille. Come poter dimenticare il luogo degli orologi a pendolo dove ognuno segna il tempo verbale da dare alla frase? Un mondo meraviglioso dove esiste anche un deserto, il deserto e l’aridità delle parole, le parole dimenticate dagli uomini di tutte le lingue, le uccidono.
Naturalmente in quest’isola magica esiste anche un governatore Necrode che provvede a seguire lo sviluppo del suo Istituto pedagogico detto “ Essiccatoio” che per le troppo regole e schematismi le parole vengono fatte a pezzi e messe poi ad essiccare.
Un mondo affascinante dove i ragazzi, leggendolo, posso approcciarsi alla grammatica con amore e facilità , comprendendo alcuni passaggi e regole fondamentali che in alcuni casi possono risultare ostici. Un amore verso la lingua e le parole che mai avevo visto trasportato da un autore su carta.
L’importante è parlare e scrivere perché “ le parole odiano il silenzio.” Bisogna possedere molto amore da dare alla propria lingua per tenerla sempre viva e sana!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    07 Mag, 2013
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Dimenticare significa anche perdonare

La frase con cui ho dato il titolo a questa mia nuova recensione sono anche le ultime parole che danno la fine a questo romanzo.
Un romanzo d’amore ma nel senso più ampio del termine, indagine introspettiva nella vita di coppia, di una coppia di affermati professionisti francesi. Marie possiede un’importante impiego in una nota tv locale, Pablo attore e ora regista.
Cosa accade in questa unione? Un giorno lei si sveglia con il marito che le dice che è tardi e bisogna preparare i bambini per portarli a scuola. Quali bambini? Lei non ha bambini e tantomeno è sposata! Si sveglia, un maschietto e una femminuccia le saltano addosso, allora è tutto vero! Non si possono negare i fatti! Scopre così durante le ore, nel lento barcamenarsi del menage quotidiano, che lei ha letteralmente cancellato tredici anni della sua vita. Marie era andata a letto con un uomo conosciuto ad una festa e si risveglia tredici anni dopo con lo stesso uomo, che ha sposato e con cui ha fatto tre figli. Ma lei non ricorda nulla e come se avesse passato un colpo di spugna su tutto il passato vissuto con il padre dei suoi figli. Ma oltre alle difficoltà che deve affrontare quotidianamente come: ricordarsi cosa mangiano i suoi figli, chi conosce e chi non conosce, le sue attività, il suo ruolo all’interno del rapporto, la cosa che le procura più dolore è l’aver dimenticato le sue gravidanze, la nascita dei suoi figli, come è potuto accadere? Non vuole confidarsi con il marito e ne tantomeno turbare la serenità dei figli, come spiegare loro la cancellazione di tutti questi anni? Ma nel bene e nel male tutti la guardano in modo strano, è diversa, è cambiata.
Si confiderà con qualcuno, che sente nel suo intimo, di cui potersi fidare, va da uno psicoterapeuta, qualcuno saprà darle una mano?
Inizia ad intuire che qualcosa di orribile deve essere accaduto nella sua vita per aver consentito alla sua psiche di cancellare la donna che era e far uscire l’altra che era rimasta sopita negli ultimi anni. Ora convivono due Marie, una che conosce il passato ed una che sta vivendo il suo presente. Perché per vivere ha dovuto uccidere l’altra Marie? Perché ha dovuto uccidere una per far vivere l’altra?
Si dipanano strade e congetture sempre più ampie e varie ma pian piano indagando, vivendo alla giornata, scopre di amare Pablo, di amare i suoi figli, di vivere la felicità e l’attimo. Scopre che negli ultimi mesi la bellissima coppia che lei ed il marito avevano formato era entrata in crisi. Marie era diventata cupa, triste, introversa. Qualcosa la disturbava, non si comportava come un tempo, recupera una sorta di diario da lei stessa scritto qualche mese prima, anzi fino al giorno antecedente al suo risveglio. Scoprirà verità che non le fanno più male ma che ugualmente l’angosciano, la perdita di un figlio e il marito che…
Mi fermo qui è bello scoprire tutto l’intreccio intessuto molto bene dalla scrittrice, non deve essere rivelato, ma farlo apparire lentamente sotto i nostri occhi parola dopo parola, pagina dopo pagina, scoprire se stesse, scoprire un rapporto, scoprire un disegno che va aldilà della nostra gestione. Molte volte l’irrazionalità e più forte della razionalità, un espediente, un escamotage della nostra mente per salvarci…solo per salvarci dal baratro. Dimenticare per perdonare!
Per chi crede nella forza dell’amore.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    03 Mag, 2013
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Quando il passato ritorna

Storia alquanto insolita che ha destato in me tenerezza e al contempo tanta rabbia, alla fine ho capito, ma solo immergendomi in un tempo non mio, immedesimandomi e rivivendo in un’altra epoca.
Uno scrittore si siede sulla sua poltrona e inizia a leggere la sua corrispondenza del giorno, mette per ultima una lettera dalla grafia insolita. Adempiuto al suo compito prende la missiva messa da parte e inizia a leggere.
È una donna che confessa dopo molti anni l’amore per lui, un amore sincero e totale, una dedizione esasperante verso il pensiero e l’immagine di quest’uomo. Ora nel giorno della morte del suo piccolo e adorato figlio confessa tutto.
Era una tredicenne con il grembiule quando lo scrittore è apparso nella sua vita e da allora ha continuato con pervicace tenacia a serbare l’amore per un uomo che mai ha saputo dei suoi sentimenti. Negli anni si sono incontrati saltuariamente sono stati insieme, ma mai lui ha riconosciuto prima la ragazzina che abitava di fronte al suo portone e poi la diciottenne che ha incontrato per caso in mezzo alla strada.
Ma lei non si è data per vinta, ha continuato, mandava delle rose bianche ad ogni suo compleanno, per far aleggiare in casa la sua presenza. Mai è stata invadente, mai duranti i pochi incontri galanti e le notti trascorse insieme ha rivelato qualcosa di se stessa e del su grande amore. Mai ha chiesto aiuto o soldi, anche quando era assolutamente necessario e di importanza vitale. Tutto ciò fino a questo momento, ora lui doveva sapere tutta la verità, lei doveva rivelare le sue angosce e le sue gioie, i suoi tormenti, continuare a sviscerare la vita che ha condotto e del perché ha fatto dette scelte. Ora rivelare questo segreto non servirà più ne a lui ne tanto meno a lei, ma questa era la sua volontà. Ha girato pagina con un inizio che ha delineato la fine.
In questo racconto aleggia sempre il colore grigio dello sconforto e della rassegnazione. Avrei voluto fare qualcosa per questa donna ma non potevo fare niente. L’impotenza, la sconfitta.
Altro racconto di Zweig scritto magistralmente.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    29 Aprile, 2013
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Quale dei due è l’assassino?

Trattasi di una pièce teatrale ad atto unico e con solo due personaggi. La scena si svolge in un appartamento. I protagonisti sono marito e moglie. Lui ha dimenticato tutto, si ritrova così di ritorno da una degenza, durata quindici giorni, in ospedale per una caduta da una scala ed ora non ricorda più nulla neppure che la persona che gli sta affianco è sua moglie. Lei cerca di aiutarlo a ricordare ma lui ha il vuoto più assoluto. Da questo momento Gilles (il marito) cerca di interrogare Lisa (la moglie) per sapere se il loro matrimonio va bene, se si regge su solide basi, se lui è un buon marito, se ci sono nubi e lati oscuri che dovrebbe sapere. Lisa cerca di rincuorarlo dicendogli che non sono rose e fiori ma il loro matrimonio si fonda su solide basi. Ma lui mostra di non essere del tutto convinto e continua ad indagare, a scovare, a chiedere, a fare domande insidiose e così che inizia a riaffiorare qualcosa. Parola dopo parola comprende che il male della coppia è lui con il suo disinteresse e l’abbandono mentale verso la moglie, l’assenza non fisica ma un disinteresse. Continua e cerca ancora di scovare, solo così esce fuori la verità: lui non è caduto, ma durante un litigio ha tentato di strangolare Lisa e lei per difendersi gli scagliò una statuetta sulla sua testa. Sconcertato Gilles da questa rivelazione vuole andar via, abbandonare la casa perché non risiedono più i presupposti di una convivenza, si sente un mostro.
Tutto si dovrebbe concludere in questo modo, ma un coup de théâtre invade la scena, “piccoli crimini coniugali”.
Meravigliosa commedia noir, psicologica, indaga e seziona i nostri rapporti coniugali, scritta in assenza di orpelli e di ridondanze, tiene avvinto il lettore grazie alle varie sorprese che riserva. Un linguaggio pulito ed essenziale. Viene descritta la povertà di sentimenti in cui può cadere un duraturo e longevo rapporto coniugale, fa tenerezza ma al contempo descrive una cruda realtà, semplicemente la verità.
Leggetelo anche solo per sapere qual è il coup de théâtre, rimarrete strabiliati dal finale e vi chiederete chi è l’assassino nel vostro rapporto, voi o il vostro partner?

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Sharma Opinione inserita da Sharma    25 Aprile, 2013
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Se solo si potesse tornare indietro

Questo romanzo è un atto conclusivo del racconto di una vita, di come poteva essere e di come non sarà mai più.
Ascoltare i nostri impulsi è un bene soprattutto quando sappiamo che sono giusti e validi. Pensare troppo e rimuginare fa perdere solo del tempo prezioso e gli stessi pensieri possono risultare solo inconcludenti. Bisogna avere il coraggio di sostenere e lasciare libero di agire il nostro primordiale senso.
Tutto ciò non è facile, siamo stati educati e siamo educati giorno per giorno a ragionare per standard, per preconcetti, per dogmi, lasciare fluire il nostro essere risulta difficile ed ostico da noi stessi.
Nanà è la nonna ottantenne di Jade che vive nell'Alta Savoia. Jade è giornalista freelance che vive a Parigi. Le loro vite si inanelleranno quando le figlie di Nanà, dopo un malore, vogliono chiuderla in un ricovero per anziani. Jade, avvisata dal padre, si precipita dalla nonna, la rapisce, la sottrae ad un futuro triste e di vita breve. Tutti sanno che Nanà, in quel luogo, da li a poco, sarebbe morta.
La convivenza di un'ottantenne con un trentenne e per lo meno inusuale e bizzarra. Ma si rivelerà un prodigioso miracolo per le due vite. Jade scoprirà una nonna che non aveva mai realmente conosciuto, pensava che fosse solo una semplice contadina ed una montanara che sapeva accudire i bambini, ma udite udite Nanà possiede un grande segreto che non ha rivelato mai a nessuno e di cui nessuno si è mai accorto, Nanà è un'accanita lettrice, nella sua longeva vita ha letto miglia e migliaia di libri, mentre andava a pascolare le pecore, mentre accudiva i bambini, mentre cucinava. Come faceva? La sopraccoperta era sempre della sua Bibbia ma invece erano libri diversi di volta in volta. Il suo libro dei conti non era altro che quadernoni pieni di citazioni di vari autori, che lei trascriveva per impararli, ricordarli. Che scoperta, che meravigliosa scoperta, sapere che la propria nonna non è una contadinotta ignorante, ma erudita ed istruita.
Jade si trova in difficoltà con il suo primo romanzo e sarà proprio la nonna a darle i giusti consigli ma solo come lettrice. In cambio la nipote insegnerà alla nonna ad usare il computer, per lei totalmente sconosciuto. Inizieranno una nuova vita insieme, una vita dove Jade non riesce più a fare a meno della presenza di Nanà e dove la nonna si riscopre, con tutte queste novità, ad essere e sentirsi giovane ogni giorno di più.
Nelle loro vite non mancherà neanche l'amore, la riscoperta di essere vive, nonostante tutto, sarà un segno di speranza.
Un romanzo che profuma di nonna, di pulito, di lavanda e rosa ed io avrei voluto tanto sentire e ricordare. Avrei voluto essere al posto di Jade, l'ho invidiata, ho vissuto con lei, accanto alla sua Nanà (io che non ho mai avuto viva una nonna!).
Ho sognato e ne sono grata a questo romanzo, ma purtroppo non è una storia che ha un lieto fine, un colpo di scena ci lascia l'amaro in bocca e ci fa pronunciare le parole: “ …se solo si potesse tornare indietro!”
Per il titolo? Solita soluzione editoriale italiana senza capo e ne coda.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    21 Aprile, 2013
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Disperazione e Speranza

Quando cambia il corso della nostra vita? Spesso senza neanche accorgercene ad agire come giro di boa è un evento o una dimenticanza, avvenuta per puro caso e contro la nostra volontà. Ma quel frangente, che ha richiesto solo pochi secondi, è riuscito a capovolgere letteralmente la nostra vita.
Una vita pacifica fatta di routine, lavoro, famiglia, moglie e figlia. Questa è la storia del Dott. Giacomo Fontana, uomo affermato professionalmente, grazie anche ad un'innata dote di compassione e comprensione dei dolori altrui, lo hanno portato dove lui si trova adesso a barcamenarsi tra ospedale e studio privato. Una famiglia con moglie e figlia, tutto liscio e lineare. La moglie Anna che da lezioni di musica. La figlia Cecilia vicina alla maggiore età ed in procinto di conseguire la maturità classica. Ma qualcosa si innesta in questo idilliaco quadro familiare: la malattia di Anna. Nessuno riesce a dargli un nome, sta di fatto che giorno dopo giorno lei si chiude in se stessa, non parla quasi più. Un mutismo devastante, una malattia che la risucchia attimo dopo attimo, giorno dopo giorno.
Ma uno sfortunatissimo giorno Giacomo prima di uscire di casa per andare a lavoro dimentica delle fialette d'insulina con delle siringhe a casa. Sarà l'inizio della fine, l'inizio del suo giro di boa. La moglie le trova se le inietterà e....coma ipoglicemico....morte. Nessuno lo accuserà, la polizia ha compreso l'accaduto, ma la figlia cosa dirà della sua dimenticanza, della sua sbadataggine che ha causato la morte della madre? Cecilia non dirà niente perché lui non avrà il coraggio di confessarlo. E' giovane, deve sostenere gli esami di maturità la confessione può attendere.
Ma le cose, come al solito, non vanno come noi pensiamo, un mattino la figlia ricostruisce, per puro caso, il tutto e decide di andarsene partire per sempre, abbandonare il padre, scappare da quel peso troppo enorme per lei.
La vita di Giacomo muta completamente, non denuncia la scomparsa e va alla ricerca della figlia perduta.
Passano mesi, abbandona il lavoro, vive per strada con pochi panni cenciosi che si ritrova addosso, ritorna a casa solo di tanto in tanto per ripulirsi e poi vaga nuovamente alla ricerca della sua amata figlia, non perde mai la speranza nella sua disperazione, perché lui non comprende la sparizione di sua figlia:
“... ma giro attorno a questo pensiero come una vite spanata che si ostina, inutilmente, a volersi fissare nel legno.”
La riesce a trovare e di colpo comprende, si illumina e capisce che la figlia sa, la pedina, sa cosa fa e come passa il suo tempo, ma non riesce mai ad avvicinarla. C'è un qualcosa in lui che glielo impedisce, è bloccato, ha paura, terrore della reazione di Cecilia, paura di un suo rifiuto...
Troverà la forza in un modo nuovo, strano, inusuale ma solo così è cosciente che potrà portarsela a casa. Un dialogo interiore fra padre e figlia.
In poche pagine che costituiscono questo racconto l'autore con una prosa pulita, netta e precisa come il taglio di un bisturi ci fa addentrare nella miseria umana , nell'abbandono, nella dimenticanza del nostro prossimo, nei casi umani che girano intorno a noi e a cui noi volontariamente voltiamo la faccia. Ma ci parla non solo del grigio di un'esistenza e di varie esistenze ma anche di coloro che donano la vita con passione e amore a coloro che hanno avuto meno di noi, donando non il grigio della vita ma le varie sfumature di colore, come un arcobaleno in pieno cielo. Un inno alla speranza che si raggiunge dopo la disperazione.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    16 Aprile, 2013
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Un mondo parallelo

Elena Premoli è l'autrice di questo romanzo, sua opera prima, credo che per me, lo posso affermare senza ombra di dubbio, poterla leggere sia stata un'enorme fortuna, senza la redazione di Qlibri, che ringrazio, forse non avrei mai avuto questa opportunità, oppure l'avrei letta quando sarebbe diventata famosa. Perché, state pur certi che lo diventerà!
Il romanzo è assolutamente sorprendente con uno stile accattivante ed incalzante, prende dalla prima all'ultima parola, è fresco,leggero e romantico ma non come si intente normalmente. Una storia pesante che attraversa tutta una vita e modifica altre.
Caterina è una studentessa universitaria che ha l'opportunità di partire con il progetto Erasmus, la sua sede di arrivo sarà un piccolo centro del Galles. Ma per poter partire ha bisogno di un po' di denaro da mettere da parte, sarà così che risponderà ad un annuncio come baby-sitter. Il lavoro è suo, nello stesso palazzo dove si reca la colpisce, per puro caso, la visione di una donna anziana molto eccentrica nel vestire. Da quel momento le vite delle due donne, anche se di due generazioni differenti, si intrecceranno indissolubilmente. Il legame è proprio questa piccola cittadina del Galles, Bangor. Rose, l'anziana signora, si sente pronta a rivelare finalmente cosa le pesa come un macigno, e cosa l'ha ridotta alla dipendenza dell'alcol.

“ C'è un altro mondo sai, un mondo parallelo fatto di parole non dette e pensieri mai venuti alla luce, un mondo di idee e progetti mai realizzati, un mondo dove la verità non ha forma. E' li che fino a questo momento ha giaciuto il mio segreto.”

E' la storia triste e complessa di una ragazza, figlia unica, che per un triste disegno del destino perde entrambi i genitori in un'incidente d'auto insieme ad un fratello che doveva nascere. Continuerà a vivere con i nonni poveri e pastori che non possono provvedere alla sua educazione scolastica e per ignoranza la vendono ad un signore ricco del luogo. Lei sarà costretta a trasferirsi a Londra, dove diventerà la concubina del figlio di questo signore, che effettivamente si occuperà della sua istruzione ma anche delle sue catene.
Rose con gli anni, pur adattandosi in qualche modo, non si abituerà mai ad essere considerata una schiava, così, un giorno riesce a scappare. Ritorna nel suo paesello, il nonno è morto e la nonna è diventata cieca, se ne occuperà lei fino al giorno della sua morte. Dopo il funerale e dopo qualche tempo si renderà conto che nulla la lega più a questo luogo e parte per Bangor, dove richiedono una bibliotecaria presso l'università. Dal giorno che metterà piede in questa cittadina tutta la sua vita, per dieci anni, verrà sconvolta. Modificata dal legame che la giovane intesserà con uno strano tipo spagnolo di cui tutti nel paese ignorano il suo passato.
Un oscuro passato aleggia su quest'uomo che porterà Rose all'alcolismo. Dopo la scoperta e il triste epilogo, la donna, ormai quarantenne, decide di partire e tornare dalla zia, in Italia, a Milano che si occuperà di lei come una figlia. Ma la storia non si conclude qui ne per Rose ne per Caterina.
Tutto il racconto di una vita si svolge in un pomeriggio, nella stanza di un palazzo al centro di Milano. Rose si rese conto che le sue ore oramai erano contate, era giunto il momento di dire tutto, di fare i conti con il passato e di rendere giustizia ad una vita.
Cosa posso aggiungere altro, sembra un romanzo già maturo e ponderato. Invio alla scrittrice i miei migliori auguri di continuare così e di poter far parte della costellazione dei grandi scrittori.
Possiede tutti i numeri necessari, ma uno in particolare....sa scrivere!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    12 Aprile, 2013
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Vedere oltre

Per noi donne possedere il sesto senso non è cosa strana, ci conviviamo da piccole. Ma una cosa è dire che si percepiscono alcune cose invece tutt'altra cosa affermare che si possiede la facoltà di vedere e sentire con certezza matematica cosa gli altri pensano e faranno di li a poco. Siamo sicure che vorremmo questo potere? Direi proprio di no!
Sotto lo pseudonimo di George Eliot si cela una famosa scrittrice dell'epoca vittoriana, Mary Anne Evans.
Latimer il protagonista di questo racconto, dopo una grave malattia piano piano si rende conto di possedere delle facoltà particolari, ossia quella di sapere cosa pensano gli altri e cosa faranno. Oggi le definiremmo facoltà paranormali.
L'esordio nel libro avviene proprio così:
“ il 20 settembre 1850, ad appena un mese da oggi, in questo studio, alle dieci di sera... io morirò.”
Un dono che presto si rivelerà una maledizione, non può confidarsi con nessuno, lo prenderebbero per pazzo (data la sua natura di poeta e personaggio alquanto schivo e riluttante alla vita mondana), si ritrova solo con le angosce che gli procura solo guardare gli altri e sapere delle loro meschinità e falsità, entrare nel vivo del loro animo procura angoscia e indolenza. Si perché dal momento dell'avvenuta rivelazione lui non prova interesse per nulla, sa già tutto, il velo è tolto, sa come le cose andranno a finire e come si svolgeranno. Ma in un panorama così tetro c'è una sola persona a cui lui non ha accesso, Bertha, la fidanzata del fratello, che naturalmente scoprirà da subito che invece diventerà sua moglie. Un'ammaliatrice, una tessitrice del destino altrui, ma lui non la può penetrare, come mai e perché? Potrebbe essere tutto a lieto fine, lui con lei trova la pace della sua mente che è sempre a lavoro, ma una sera tutto si rivelerà.....
Racconto che si legge in poche ore, posseggo la versione con testo a fronte così da poter controllare l'esatta traduzione, l'ho amato perché del periodo storico che prediligo, ma presenta una scrittura marcatamente artefatta pur riconoscendo alla scrittrice di aver messo in platea un argomento importante e scottante che ci fa riflettere, un qualcosa che tutti vorremmo avere ma è meglio non avere... si vive meglio e si muore felici ( se possibile dopo una lunga e stancante vita!)
E vorrei concludere così:
“Non esistono scorciatoie, o binari prestabiliti, per raggiungere la saggezza: dopo tanti secoli di invenzioni, il cammino dell'anima si snoda attraverso un groviglio di spine da attraversare in solitudine, con piedi sanguinanti, tra grida d'aiuto, come per gli uomini venuti prima di noi.”

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Sharma Opinione inserita da Sharma    09 Aprile, 2013
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Adattamento alla vita

Possedere un libro da oltre quindici anni e non averlo mai letto e poi un giorno ti si presenta davanti, capisci che quello è il momento giusto per iniziare a dischiudere un mondo rimasto sommerso per troppo tempo.
Sorprendente, è stato proprio così, fa da sfondo tutta la teoria ed il pensiero, bello e affascinante darwiniano. Le teorie, le scoperte, i viaggi di quest'uomo che non possono non essere accollati come bagaglio culturale di ognuno di noi. Per chi non è della materia, il libro, può apparire a tratti complesso, ostico e anche noioso ma il volere dell'autrice è assolutamente assolto.
L'evoluzione degli animali, di tutte le specie viventi e quindi degli uomini hanno un andamento oscuro e sconosciuto a tratti, ma rispettano invece un qualcosa di assolutamente lineare ossia adattarsi all'ambiente in cui vivono e quindi assicurarsi la sopravvivenza e la continuazione della specie e la mutazione della specie.
Jane, la protagonista, dopo un divorzio, si reca per un viaggio alle Galapagos, una delle mete più interessanti di Darwin che lei sceglie proprio per questo.
Ma fondamentalmente lei è più affranta dalla perdita della sua migliore amica e cugina, Martha. Non capisce perché dopo essere stata amica d'infanzia, aver passato anni ed anni sempre insieme ad un certo punto lei è sparita e non si è fatta più sentire.
Per più di dieci anni Jane si è arrovellata il cervello per capire, per scoprire l'errore commesso da lei stessa che forse ne ha provocato l'allontanamento. Non sa... è tutto buio.
Fino a quando proprio all'arrivo nell'aeroporto, come guida avrà proprio sua cugina/amica Martha, che coincidenza! Ora potrà sapere la verità, potrà scavare nelle ragioni, forse in quella faida familiare che ha diviso la sua famiglia per generazioni, e di cui nessuno vuol parlare e chiarire. Forse ora dopo anni e anni di oscurità vedranno la luce. E no! Le cose nella vita non vanno come noi ci aspettiamo, perché ci intestardiamo a vedere le cose sempre da una stessa prospettiva invece di cambiare angolazione e punto di vista. Era tutto li a portata di mano, semplice come bere o come aprire gli occhi. Ma gli occhi erano chiusi da una fitta nebbia fatta solo di supposizioni e nessun ragionamento realmente valido. La verità dove sta? Risiede nell'evoluzione naturale che affrontiamo giorno dopo giorno nella nostra vita, nell'adattamento a ciò che ci circonda. Le nostre scelte fanno mutare anche il nostro panorama e di conseguenza avviene un mutamento, un adattamento naturale e necessario alla sopravvivenza di noi stessi e della nostra specie. Una faida ed intrecci familiari che si scopriranno solo alla fine. Una motivazione alla divisione delle due amiche che è li a portata di mano. Tutto questo è il romanzo di Cathleen Shine, una scrittrice che avevo imparato ad apprezzare con “ La lettera d'amore”, definirei un monumento che ha mutato la mia vita.
Un libro scritto e tradotto mirabilmente, mi ha fatto capire che tutto ciò che mi circonda muta e modifica me stessa e lo fanno anche le mie scelte. Tutto in continuo mutamento ed evoluzione che mi permette di vivere.
Vi voglio assolutamente consigliare la lettura di questo libro, ma a quanto ho constatato è ormai fuori catalogo. Peccato le cose migliori se ne vanno sempre per prima!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    05 Aprile, 2013
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Mamma e figlia

Completata la lettura di questo racconto, purtroppo la mia saliva si è impastata al fiele.
Mi capita sempre quando le protagoniste dei libri sono donne e mamme che non adempiono al loro compito. Donne acefale, frivole, belle statuine che assolutamente non sanno biascicare un minimo discorso. Donne che purtroppo hanno scelto di avere dei figli senza avere un minimo amore da dare. Perché le società in tutti i tempi ha partorito donne del genere? Domanda senza risposta, posso solo biasimarle ed odiarle.
Per non parlare dell'aristocrazia, livello sociale abietto e parassitario, non ha mai dato nulla alla società se non spore velenose che si liberano nell'aria. Ma c'è di peggio dell'aristocrazia ossia quella fascia di società, proprio quella di cui ci parla la Némirovsky, quella degli arricchiti, che esprimono un vuoto intellettuale ed umano.
La sorprendente famigliola descritta dall'autrice si sono arricchiti, ma proprio tanto, grazie ad una fortunosa giocata in borsa del capo famiglia. La moglie ha sublimato all'ennesima potenza il suo essere inappropriata al nuovo ruolo appiccicatale addosso, dove tratta l'unica figlia con distacco, fastidio ed indifferenza verso la povera ragazza. Deve fare solo quello che la mamma dice e lo impone con fare autoritario e dittatoriale non tenendo per nulla presente o in considerazione le esigenze della quattordicenne, men che meno l'affetto che tanto le manca. Così accade che per esigenze di copione questa nuova famiglia benestante deve dare un ballo per certificare e ufficializzare la loro entrata in società, ma in tutto questo progetto la figlia scopre, suo malgrado, che lei non rientra nei programmi e quindi non vi può partecipare. Naturalmente con tanta sofferenza e con grande compatimento da parte del lettore, lei riesce a vendicarsi. Siamo dalla sua parte, sono dalla sua parte ma......accade qualcosa, si rende conto che per la realizzazione del suo piano potrebbe essere accusato qualcun altro e lei, proprio esattamente come tutta la sua famiglia priva di qualsiasi morale, non se ne preoccupa affatto, pensa solo a se stessa.
Il resoconto di tutto ciò non è altro che una famiglia in frantumi, inutile che semplicemente si potrebbe cancellare con un colpo di spugna e stiamo pur certi che nessuno ne sentirebbe la mancanza, soprattutto la società!
Consigliatissima la sua lettura.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    25 Marzo, 2013
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La Austen non tradisce mai!

Leggere questa scrittrice mi fa sempre lo stesso effetto quello di avere le dita incollate al libro e gli occhi che non vedono altro che le sue parole, la adoro.
Non tradisce mai, la mia pietra miliare.
La Austen possiede al posto della penna un pennello, perché riesce a dipingere con tratti decisi, precisi, netti il peggio e il meglio della sua società.
A tal proposito Lady Susan è una summa degli aspetti più biechi che una donna può possedere, sia nell'ottocento che hai giorni nostri. I suoi personaggi sono senza tempo, imperituri, come dinosauri che si aggirano intorno a noi.
Lady Susan è una manipolatrice, arrampicatrice sociale ed una vendicatrice. Calcola fino all'inverosimile i suoi gesti, i suoi movimenti pur di apparire quello che non è e di conseguenza farsi passare per una donna meravigliosa, intelligente ma soprattutto una mamma premurosa. Si perché nel suo disegno magistrale deve cadere e soccombere anche la figlia che dovrebbe avere una posizione preminente nelle sue preoccupazioni invece si scopre che il posto che occupa la povera ragazza è solo l'ultimo e misero posto.
Con la sua bellezza e la sua eloquenza riesce a tessere delle tele così intricate e strette che neanche un ragno riuscirebbe a raccapezzarcisi.
In sintesi Lady Susan, rimasta vedova da poco, si libera della figlia mettendola in un istituto adducendo come motivazione la scarsa educazione della ragazza, ma la realtà è che la mamma non se ne è mai occupata, troppo impegnata a godersi la vita mondana di Londra. Lady Susan circuisce uomini sposati, anche i pretendenti della figlia, per darle un adeguato matrimonio d'interesse e se possibile provvedere anche ad una sua ulteriore ed urgente sistemazione. La storia è un po' più intricata ed appassionata di come io l'ho tratteggiata ma Jane Austen non si racconta, si legge!
Il finale è sorprendente anche se, dal personaggio descritto, me lo sarei dovuto aspettare.
Il libricino consta di circa centoventi pagine ed è scritto in forma epistolare. Ve lo assicuro un vero spasso per le/gli (ci sono maschi?) amanti della Austen.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    23 Marzo, 2013
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Vita indocile

Definizione di Talento: “Volontà, voglia ,desiderio, dote, capacità in un'attività, in un settore.”
Adesso la domanda è : “noi possediamo il talento di vivere?”
Le risposte possono essere varie ed articolate, ma questo è il nocciolo della trama di questo libro. Biografia narrata in prima persona dal protagonista, Carlo, che racconta le sue vicissitudini da quando è nato, inizi anni '50 fin quasi ai giorni nostri. Una storia vissuta non come tante, fatte di ricerche affannose dell'avventura che verrà, non si sa bene come e quando tutto questo debba avvenire, l'importante che avvenga e che porti la felicità.
Forse la sua unica colpa è stata proprio l'incaponimento a tale ricerca e non riuscire ad attaccarsi a niente e nessuno, passare per frivolo e indolente agli occhi della famiglia e di tutti, ma nel suo piccolo voleva solo non fermarsi mai, era il suo unico imperativo. Lo leggo, lo critico aspramente, arrivo quasi a schifarlo ma alla fine con mio stupore e forse anche con rammarico devo dar ragione a lui.
Anche io non sono alla ricerca della felicità? Non è l'avventura di questa vita che mi spinge giorno dopo giorno, nonostante le tante difficoltà, ad andare avanti e correre insieme al tempo? Non è forse di questa avventura della quale ci rammarichiamo, quando arriva la nostra ora, di perdere?
Possiamo,in qualche caso, affermare che le nostre scelte le abbiamo fatte non per nostro piacere? Sì forse oggi, nostro malgrado, le cose sono cambiate, ma riflettiamoci su un attimo, se realmente non ci piace quello che facciamo prima o poi non cambiamo? Quanto tempo impieghiamo a triturarci di dolore e soffrire in un qualcosa che non gradiamo e per giunta non è assolutamente remunerativo sia a livello affettivo che di danaro?
Sono domande scomode che ci mettono davanti la verità e l'imperiosità di rispondere.
Tutti possediamo il talento per vivere, perchè è una dote che ci viene concessa al momento della nostra nascita, forse se parlo di autoconservazione tutti mi capiscono meglio? Ne siamo naturalmente provvisti, appartiene al nostro essere, è una parte importante del nostro io.
Facciamo un piccolo excursus della nostra vita, passiamo da un'avventura ad un'altra senza sosta, alla ricerca della pace e dell'appagamento, ora, lo voglio affermare, lo facciamo in maniera del tutto egoistica. Brutta parola? Scomoda? Ci infastidisce? Peccato perchè sotto sotto dobbiamo farcela piacere, è la verità, è quello che siamo, egoisti!
A questo punto, sicuramente, mi arriveranno una valanga di improperi di varia natura. Ma scusatemi sono scomoda e lo sono sempre stata. Sono sincera e lo sono sempre stata. Ma quando mi è piovuta addosso la verità e l'ho riconosciuta non l'ho mai evitata!
Invito tutti a riflettere su un qualcosa su cui mai nessuno ha mai riflettuto, compreso la sottoscritta, e poi leggete questo libro a cuor leggero, se ci riuscite.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    15 Marzo, 2013
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Un pranzo luculliano

La vita di ogni singolo individuo si può trasformare in un enorme calderone di sorprese ed eventi da cogliere al volo, per l'appunto un pranzo luculliano, nulla può essere lasciato al caso, ogni singola pietanza deve essere mangiata tutta, subito ed avidamente, perché domani non sappiamo se tutto ciò che si è presentato oggi lo ritroveremo. Così in poche parole la vita potrebbe essere il nostro paese delle meraviglie, ma come in tutte le cose che appartengono a questa terra nulla è gratis, a tutti prima o poi viene presentato il conto.
Dopo questo breve antefatto vorrei iniziare a raccontare la trama di questo piccolissimo romanzo opera prima dell'autore Pasqualino Napoli, Paki (il protagonista) è un ragazzo calabrese trapiantato a Verona, ridente città del nordest (siamo circa alla fine del decennio appena passato, quando la crisi economia non era esplosa tragicamente), intraprendente, con quella giusta intelligenza che gli consente di far carriera nelle assicurazioni, praticamente un uomo che riesce ad ottenere tutto ciò che al momento desidera. Tanti soldi, molte donne, ma tutto dal sentore del “mordi e fuggi”. Vive in un appartamento con altri due ragazzi, uno di questi è il napoletano Tony, con il quale stringerà un legame di forte amicizia. Ragazzi o meglio giovani uomini, estremamente smaliziati che non si lasciano sfuggire neanche l'occasione del bere eccessivamente oppure di farsi di marijuana o di cocaina. Ed è proprio così che Paki , insieme al suo amico napoletano, accetterà un affare come corriere della droga. Il solo unico pensiero è riuscire a fare, soldi facili, secondo il loro codice etico, senza far male a nessuno. Paki non si lega mai a nessuna donna, è alla ricerca di quella giusta, o forse reputa che al momento non sia il periodo adatto. Tutto riesce a questi ragazzi senza troppi intoppi, anche l'inaspettata promozione lavorativa di Paki, perché nonostante tutto sa lavorare alacremente. Ma la vita presenta il suo conto, sempre, comunque ed in qualsiasi situazione noi ci troviamo, non attende che siamo pronti oppure no dal riceverlo. Purtroppo Paki non pensa ad un'eventualità del genere, impossibile alla sua età, nonostante sia oltre i trent'anni, pensa che la vita è tutto, subito e bisogna mangiare più che si può. Proprio ora avviene l'interruzione dell'idillio e il suo, forse, rinsavimento alla ricerca dei pezzi di vita persi lungo la strada.
Non racconto cosa accade e cosa gli abbia fatto cambiare idea e vedere le cose sotto un'altra lente d'ingrandimento, interessa sapere che è un libro che si legge tutto d'un fiato, in poche ore, fa riflettere sulle cose che possediamo e che forse dovremmo curare con più attenzione, perché non sempre si può ritornare indietro con un colpo sul tasto rewind.
Romanzo inteso che come opera prima mi sento di promuoverlo a pieni voti, ed auguro allo scrittore che possa proseguire in maniera feconda, allo stesso modo, anche per i suoi prossimi scritti.
Un libro ed una riflessione per tutti.

(Il titolo? Questi ragazzi avevano la pretesa di coltivare la marijuana, sul balcone del loro appartamento, al centro di Verona!)

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Sharma Opinione inserita da Sharma    13 Marzo, 2013
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Disgregazione

Vengono ritrovate pagine di un manoscritto in un mobile comprato da un antiquario a Roma.
Willy, l'uomo del ritrovamento ed anche l'acquirente del mobile, racconta di questa singolare scoperta ad un suo amico, sarà poi colui che si occuperà dello scritto.
Queste pagine sono organizzate ad episodi che accadono al protagonista del racconto, che molto verosimilmente è di carattere autobiografico, lui è arrivato a questa conclusione dopo varie congetture. Gli episodi anche nel libro non sono posti in maniera cronologica. Il periodo dovrebbe essere quello del fascismo o subito dopo, il ragazzo protagonista narra delle sue esperienze, delle disavventure e di tutte le persone che ama o per cui nutre una passione. Racconta delle persone care che muoiono durante il suo cammino, ma nel momento clou delle vicende compare sempre un topo, con aria di sfida e cosciente di non essere catturato. Ma soprattutto si pone come colui al di sopra delle parti, perché osserva, compare e scompare a suo piacere assolutamente indisturbato. Lo ritroviamo nelle case durante una riunione familiare, in cucina durante un approccio fisico con la lavapiatti, in un seminterrato durante un incontro galante con una contessa ed infine in un magazzino in compagnia dello stalliere di suo zio.
Il topo è onnipresente come elemento guastatore e malefico che si aggira incurante di chi gli sta intorno.
Al di fuori di questi episodi di vita, Willy scompare e il suo amico va alla sua ricerca senza avere molta fortuna. Da indagini intraprese viene a scoprire che molto probabilmente Willy ha raccontato tante bugie inventandosi tutta la storia del ritrovamento del manoscritto.
Lettura difficile e complicata, sia stilisticamente che a livello strutturale, piatto e senz'anima, oserei affermare, senza nulla togliere all'idea che di base risulta ottima ma come ho affermato poc'anzi c'è una distorsione organizzativa. La fluidità del romanzo viene compromessa proprio da questi episodi non concatenati temporalmente tra di loro, perde di discorsività. Mi sono persa numerose volte. Un puzzle che si deve comporre e cercare in tempi brevi l'incastro giusto, se lo si trova. Insomma, leggere un libro, in questo caso un romanzo, non può e non deve essere uno sforzo sovrumano per le nostre meningi. Deve darci, insegnarci, regalare passioni e sentimenti, altrimenti entriamo in ambiti completamente diversi da quello manualistico o a quello di trattato vero e proprio. Vi risiede un errore di fondo che spetta all'autore di sanare e rimediare, tutto questo secondo il mio punto di osservazione e riflessione.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    27 Febbraio, 2013
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Il peso delle parole scritte

Se si ha un sogno, un grande sogno nel cassetto come un romanzo di formazione da voler pubblicare e le persone che ti stanno intorno e gli editori hanno un atteggiamento negativo nei riguardi della tua creazione, un solo pensiero deve percorrere il cervello della scrittrice e che se le critiche sono pesanti forse perché è notevole il peso di ciò che si è scritto.
Tutto questo è quello che è accaduto a Fleur Talbot, ragazza londinese di metà del secolo scorso, vive in una piccola stanza zeppa di libri, lavora come segretaria, fa recensioni, ma anche tutto ciò che trova per mangiare e sbarcare il lunario. Il suo mondo è quello letterario, frequenta scrittori, giornalisti, caffè letterari, lei si ama definire “donna di metà secolo artista”.
Così accade casualmente che Sir Quentin Oliver necessita di una segretaria per trascrivere e correggere le biografie dei membri della sua “Associazione Autobiografica” dove lui è il capo fondatore e i membri sono tutti collocabili nella nobiltà già in decadimento, ma necessariamente e solo nobili.
Da questo lavoro, Fleur prende oltre allo stipendio anche idee proficue per il suo primissimo romanzo dal titolo “Warrender Chase”. Può capitare in alcune situazioni nella vita reale che ciò che è inventato e romanzato acquista realtà e consistenza più della vera realtà. Il romanzo di Fleur è pura invenzione sottraendo parti dalla realtà, ma lo stimatissimo Sir Quentin scoprendo che la sua segretaria stava scrivendo un libro, immediatamente dopo una derisione per la sua attività, fa rubare tutte le copie in possesso della ragazza e sottrae anche quelle inviate ad un editore che dovrebbe da li a qualche mese pubblicarlo. Sir Quentin accuserà Fleur di aver scritto sulla vita dei membri dell'Associazione e la diffida nel pubblicarne una sola parola. Il suo editore intimato da Sir Quentin si tira indietro, e tutte le copie compreso il manoscritto scompaiono. Ma di certo questa non è l'unica sorpresa che le riserverà il futuro, scoprirà a sue spese che il suo caro datore di lavoro si comporta e parla come Warrender Chase, per di più i membri dell'Associazione stanno avendo lo stesso destino riservato ai protagonisti del suo libro. Un racconto che attinge dalla realtà che diventa essa stessa realtà e va oltre, perché Sir Quentin ne perde il controllo
e si sente esso stesso protagonista del libro di Fleur.
Si descrive una Londra dove il cibo era razionato, la benzina non erogata, i vestiti di lusso non si potevano comprare, ma dove le possibilità di riuscire nella vita e dove i sogni da realizzare erano alla portata di tutti e non solo di pochi eletti o raccomandati. Se valevi riuscivi o perlomeno qualcuno ti dava la possibilità di avere il tuo posticino nel mondo. Un romanzo che riserva molte sorprese e dalla trama nuova e accattivante. Da leggere e serbarne gelosamente i pensieri contenuti.
Vorrei annettere una piccola nota biografica sull'autrice Muriel Spark, è stata una spia durante la seconda guerra mondiale e solo dopo si è dedicata a fare la scrittrice.
Questi sono i romanzi che adoro, la Spark possiede una scrittura elegante e sublime che purtroppo oggi si è persa.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    21 Febbraio, 2013
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Senza dignità

Quando ho ricevuto questo romanzo mi sono letteralmente impaurita vedendo le sue dimensioni (quasi cinquecento pagine), e leggendo che era un thriller (non sono propriamente un'appassionata) ero scoraggiata, ma e dico ma mi sono dovuta ricredere su tutte e due i fronti, si lascia leggere che è una meraviglia e poi è un bellissimo romanzo intricatissimo ma ben scritto. Non mi sono mai pentita di averlo letto dalla prima all'ultima pagina anche se provo un leggero disagio nel narrare parti invece del tutto, è veramente molto complicato, ma ci proverò lo stesso.
Will Trent del GBI viene mandato da Atlanta, per investigare sull'omicidio di una giovane studentessa, nel piccolo centro urbano di Heartsdale. Allison è il nome della ragazza che viene trovata morta in un lago con dei pesi alle caviglie ed un biglietto che indica esplicitamente che è un suicidio. Ma da subito si chiarisce che è un omicidio, lo rivelerà un piccolo taglio dietro la nuca.
Solo qualche ora dopo viene trovato, dalla polizia locale, in casa della ragazza un uomo con il passamontagna e dopo una colluttazione e l' accoltellamento di un poliziotto, l'uomo viene arrestato. In realtà si tratta di un ragazzo di nome Tommy, che portato alla stazione di Polizia viene fatto confessare, con deposizione scritta, dall'investigatrice Lena Adams. Ma il ragazzo è ritardato, in una piccola città era noto a tutti, di ciò non viene tenuto conto e così Tommy si ucciderà in cella subito dopo la confessione.
Entra in scesa la patologa-pediatra Sara che si trova in città per la festa del Ringraziamento, ed è lei che metterà luce sul ragazzo, in quanto per le sue problematiche mentali non può aver congegnato quell'omicidio/suicidio, difatti lei sapeva tutto di Tommy perché era stato un suo paziente.
Le due donne si odiano per un passato troppo scottante e doloroso che ancora dopo anni risulta difficile da dimenticare e scrollare di dosso, e che rischia di inficiare ed intralciare le indagini.
Si verificherà, anche, un terzo strano omicidio quello del fidanzato di Allison trovato nella stanza del dormitorio dell'università, sul quale in precedenza si erano addensati i sospetti dell'uccisione della ragazza.
Will Trent si troverà tra le verità, la bellezza e l'intelligenza delle due donne Sara e Lena. A chi credere? A chi dare peso nella versione dei fatti? Seguire il proprio istinto o seguire dove lo porteranno le indagini e le persone? Sono realmente quello che mostrano di essere o si spacciano di essere? No, vi assicuro che per circa un quarto di libro state li ad arrovellarvi il cervello, mettendo sotto una lente quello che la scrittrice vi ha concesso. Tutto inutile, la verità, le scoperte, le confessioni arrivano da angolazioni di visuali che nessuno si aspetta o tanto meno si ci immagina. Una squallida e scomoda verità, di persone che volevano comprarsi altre persone e che venivano ricattate, multinazionali senza scrupolo e dottori non da meno, senza far passare sotto tono il corpo di Polizia corrotto e corruttore.
A questo punto non si può rivelare altro altrimenti il gusto di scoprire dove la scrittrice vi vuole far addentrare viene meno.
Grande thriller, non mozzafiato, ma rivelatore di scomode verità sociali.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    18 Febbraio, 2013
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Risvegli!

Sogni infranti, dolore e nostalgia di ciò che si possedeva.
Rimpianti di non aver saputo fare di meglio o non aver voluto.
Odio e rancore per impotenza nel non riuscire a cambiare le cose e le persone.
Dissolvimento e annullamento di noi stessi e della nostra vita.
Questi sono gli elementi caratteristici di questo romanzo, accattivante e riflessivo. Anna la protagonista vive il suo divorzio insieme alla figlia, il marito le ha volute completamente cancellare e quindi rifarsi una nuova vita.
Ma cosa accade ad Anna in questa fase nebulosa? Si spezza, si sparpaglia in mille pezzi e non ne riesce a venire a capo. Pensa di riprendersi andando a feste per single, ma qualcosa accade una sera dopo una di queste feste. Perché non riesce a ricordarsi niente?
Le sfugge qualcosa che appare e ricompare nella sua mente, vicino alla soglia della consapevolezza, ma subito viene ricacciato nel subconscio. Orribile troppo orribile da ricordare, meglio di no! Meglio dimenticare!
Ma un ispettore solerte indaga e suo malgrado si innamora di questa donna lieve, leggera come il vento, con uno sguardo dolce e sperduto.
La verità uscirà fuori, si saprà tutto, ma a quale prezzo per tutti e due?
Non sempre ci possiamo risvegliare dagli incubi e dire che è stato solo un incubo, ma dobbiamo ammettere che è la realtà.
Qui sta la tragedia che ci spezza e ci annulla.

“Il tempo non guarisce il dolore, diventa solo più familiare.”

In questo romanzo muoiono tre persone, non di morte naturale, ma il cuore di questo romanzo è la solitudine, la disfatta, la depressione. Quando siamo consapevoli che abbiamo perso il nostro posto nel mondo ci sentiamo come se non fossimo riusciti nel nostro scopo e l'immagine del fallimento si paventa davanti a noi per non andarsene più. Ci distrugge. Il nostro sguardo diventa spento, triste, i colori si affievoliscono per prendere le tonalità del grigio. Grigia come la nostra vita, il nostro attuale esistere.
E' la storia di più vite, di più esistenze che si sono dissolte per non poter ritornare più come erano prima. Impossibile!
Libro molto carino che fa tanto riflette sulle nostre vite....forse non totalmente vissute appieno.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    11 Febbraio, 2013
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Il massacro di Tlatelolco

Settembre 1968 truppe d'assalto di Città del Messico entrano nell'Università ed arrestano tutti, dagli studenti ai professori per finire ai bidelli.
Ottobre 1968 il governo messicano in seguito alle manifestazioni e proteste studentesche che si stavano svolgendo nella capitale ordina e ottiene grazie all'esercito il massacro di oltre trecento studenti (agenzie governative smentiscono, naturalmente, affermando che erano solo circa cinquanta) a Tlatelolco (era presente anche la scrittrice/giornalista Oriana Fallaci, rimasta gravemente ferita durante gli scontri).
Sfondo storico di un'America latina martoriata, la caduta di Salvador Allende e il regime di Pinochet in Cile.
Roberto Bolano scrittore e poeta cileno partecipa attivamente alla situazione politica del sudamerica, morirà in Spagna nel 2003 a soli cinquant'anni, voci controverse raccontano episodi della sua vita e del suo attivismo politico).
Questo è un romanzo poetico che trae dalla storia e si fa con la storia. Amuleto non è un romanzo facile da leggere dove la protagonista, la voce narrante, di nome Auxilio madre di tutti i poeti messicani, ma lei è uruguaiana, non è una poetessa, non scrive ma vive per i poeti ed i letterati e si nutre di loro e per loro. Personaggio strano come tutto ciò che appartiene pagina dopo pagina a questo romanzo. Lei vive il rastrellamento dell'università nel '68 chiusa in un bagno del quarto piano nella Facoltà di Lettere assiste a tutto, vede tutto ma rimarrà chiusa lì dentro seduta su di un water terrorizzata e come unica compagnia le poesie del poeta Pedro Grafias (poeta spagnolo in esilio dopo la guerra civile), resisterà per oltre dieci giorni.
Arturo Belano è l'alter ego dello scrittore (lo si capisce anche dal cognome) a cui fa eseguire tutte le sue vicissitudini che gli sono accadute in Cile durante il golpe di Pinochet e la caduta di Allende.
Questa è una storia del terrore così viene definita nel libro, ma in realtà è la storia della marcia di studenti che vanno verso una battaglia perduta in partenza ma che si deve combattere uniti dal coraggio e dallo stesso ideale, un passo verso l'abisso. Ma quei ragazzi cantavano un canto che parlava della guerra, dell'amore verso tutti e verso tutto, del desiderio e del piacere, di un'intera generazione di latinoamericani che si è sacrificata in onore di un'idea, in onore di un credo.
Quel canto era il loro Amuleto.

“...perché la morte è il bastone dell'America latina e l'America latina non può camminare senza il suo bastone.”

Poso queste parole in loro onore!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    04 Febbraio, 2013
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Le tenebre nel cuore

Questo piccolo romanzo, trovato per caso in libreria, mentre spulciavo un po' di qua e un po di là, alla ricerca di qualcosa di interessante, appartiene alla migliore letteratura mitteleuropea, racconta di Irene, una donna trentenne, borghese, viennese, che per noia verso la vita e verso le cose che la circondano, anche verso i suoi figli, si trova un amante. Irene è talmente piena di se e del suo stato sociale che ben presto si annoia anche del suo nuovo amico. Ma qualcosa si nasconde dietro l'angolo, un qualcosa che le modificherà completamente il modo di vedere e vivere la vita; le prospettive all'occasione mutano velocemente. Un cambiamento che più radicale non si potrebbe. Racconto incalzante, pieno di pathos, ricco di sentimento, ci trascina passo dopo passo, parola dopo parola verso l'abisso, l'oscurità. Impariamo a conoscere la paura di Irene, viviamo nella sua angoscia. La paura di perdere tutto, dove prima il tutto era ovvio e scontato ora è voluto e ricercato.
La donna vuole riappropriarsi della sua vita, del suo mare di tranquillità.
La ricattatrice non glielo concede e la tampina ora dopo ora.

“La paura è peggio del castigo, le lacrime dentro fanno soffrire più che fuori.”

Ma dopo tutta questa paura, questa angoscia, cosa accade? Un colpo di scena, una suspense incalzante fino al finale che lascia di stucco e senza respiro. E' quasi sull'orlo dell'oblio ma ecco che una mano misteriosa la bloccherà e le cambierà nuovamente il corso della vita.
Bisogna leggerlo per capire come in sole centoventi pagine, uno scrittore di livello ci può regalare una quantità enorme di sentimenti molto contrastanti fra di loro, ma poi ci aiuta ad indirizzarli verso la persona giusta del romanzo. I giusti al mondo sono pochi, ma quei pochi giusti prima poi escono fuori dalla mischia.
E' garantito per tutti i lettori che alla fine della lettura si possono ritrovare colmi di soddisfazione e speranza verso l'intelligenza dell'uomo.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    30 Gennaio, 2013
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Non c'è miele in questa terra

Piccola storia per grandi sentimenti, così lo definisco questo libricino, poco più di cento pagine, un racconto fatto di dolore e sofferenze, di povertà e fame, di speranze ed amore, di grande intensità emotiva. Ambientato a Città del Messico, dove la divaricazione fra ricchi e poveri è notevole, dove i ricchi mangiano e vestono e i poveri non mangiano e muoiono per nulla. I poveri come Leonora, la protagonista del libro, viene mandata in convento perché la madre ritiene che in famiglia di persone che raccolgono legnetti per fare scope ce ne siano abbastanza, e non vuole altre donne che continuano a fare una vita stupida e ingrata come la sua, almeno le sue figlie femmine devono fare altro, aspettarsi dell'altro dalla vita. Leonora viene prelevata dal convento da una ricca famiglia di un avvocato, dovrà fare la domestica e la baby sitter. Lei ha soli tredici anni. Leonora è una ragazza ingenua non sa assolutamente nulla della vita e del mondo che la circonda, essendo vissuta in un piccolo villaggio e poi in convento. Lei è pulita come una carta bianca su cui si ci deve scrivere, priva di malizia e difese. Ma al momento opportuno, quando qualcuno della casa scriverà qualcosa sul suo corpo, lei saprà difendersi e accampare i suoi diritti. Non sarà facile allontanarla e liberarsi di lei, mostrerà una tenacia nata dall'affetto e da un legame intenso. Ma difronte alla cattiveria dei ricchi e potenti non si possono avere armi e scudi di difesa, soprattutto quando si è poveri, buoni ed ingenui. Si soccombe inevitabilmente e si diventa cenere sparsa al vento. Una lacrima.
Questo libro è troppo bello per non leggerlo e troppo pieno di sentimento per non immergerci nella sua trama. Frasi poetiche si inframmezzano nel discorso, tre voci narranti, frasi brevi,concise, scarne, insomma in tutto il suo essere questo racconto è una gemma che non possiamo perderci, fresco come foglie di menta e dolce come il miele ma amaro come il fiele.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    28 Gennaio, 2013
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Un romanzo leggero leggero (quasi impalpabile)

Nadia Morbelli all'esordio con questo libro, presentato come un giallo tutto italiano ma che si tinge, inesorabilmente, di rosa.
Il romanzo a mio avviso risulta molto pasticciato pieno di appigli che purtroppo non portano da nessuna parte. L'omicidio della vicina di casa di Nadia la indurrà, non certo suo malgrado, a fare l'investigatrice in gonnella pur essendo una paleografa che lavora in una piccola casa editrice di Genova.
Le indagini portano a parlare e discorrere frettolosamente della guerra nell'ex Jugoslavia con relativi traffici di armi tra l' Italia e questa nazione, tanti pettegolezzi di ciarliere anziane/i di paese, amori non corrisposti e tanti tradimenti. Il tutto corredato da aperitivi, cene e pranzi con amici e parenti. Shopping sfrenato al femminile e tanta ironia nel linguaggio fresco, moderno e con molte simpatiche battute che fanno sorridere e ci allietano.
A mio avviso il vero nocciolo del libro non è l'omicidio, preso a pretesto, ma raccontare dei caratteri, dei vizi e delle virtù, pene e colpe dei vari personaggi che vanno e vengono nel romanzo.
Ben lungi dall'essere un vero giallo, se ne discosta ampiamente, e purtroppo risulta anche un po' ingarbugliato e confusionario, senza un vero fine.
Bisogna leggerlo solo se si necessita di qualcosa di leggero che ci faccia sorridere un po' in un periodo di stanca o se si ha voglia di relax senza troppo pensare.
Un acquisto sbagliato, pensavo che fosse meglio articolato nel suo insieme, almeno per quando mi induceva a pensare la quarta di copertina.
La riflessione che mi porta la conclusione di questa lettura è.....perché tutti indistintamente hanno la necessità di scrivere un libro? Lo si deve fare necessariamente anche quando non si ha nulla da dire? Non condivido assolutamente questa nuova moda che ci opprime, soprattutto, in questo ultimo decennio. Ma gli scrittori con la s maiuscola non dovevano essere quelli che avevano qualcosa da dire e il loro scritto tramandato hai posteri? Scrivere un libro non è lasciare qualcosa a qualcuno per condividerne i pensieri e le passioni, i dolori e le gioie? Non ci dovrebbe far riflettere? Forse esagero, forse sbaglio io che sono all'antica e con una forma mentis letteraria.
Lo volevo salvare fino alla fine questo romanzo ma purtroppo, al di là di simpatie verso la protagonista ed uno stile carino, non c'è proprio nulla, leggero leggero quasi impalpabile!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    23 Gennaio, 2013
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Ossessioni

Romanzo molto particolare che narra delle ossessioni di due donne, Andrea e Loretta.
Ossessioni che avevano prima di conoscersi e dopo la loro conoscenza l'ossessione si rivolge una rispetto all'altra. Donne che hanno avuto ed hanno un vissuto difficile e da cui cercano di risollevarsi e migliorare, ma alla ricerca, sempre, di nuove ossessioni su cui scaricare le loro frustrazioni. Andrea giovane donna, lavora presso un'università in una piccola cittadina a nord di New York, docente di Arti visive a tempo determinato, si drogava, faceva e fa abuso di alcool, conduce una vita promiscua. Loretta scrittrice di fama mondiale, donna di mezza età, ora si ritrova in un periodo della sua carriera stagnante, le manca l'idea incipit per un nuovo romanzo.
Le due donne si conoscono perché vicine di casa e diventano subito amiche, potrebbe sembrare, ma di fatto così non è. Infatti Andrea ossessionata dalla morte recente del padre, morto in un incidente d'auto per un infarto, ma secondo lei la causa è da attribuire solo alla maldestra somministrazione dei farmaci da parte della matrigna.
Loretta ricercatrice ossessionata che qualcuno o qualcosa le possa fornire, prima o poi, una trama per un nuovo romanzo. Così le due donne si sfruttano vicendevolmente, Andrea inizialmente vuole attrarre l'attenzione di Loretta sulla sua storia così da farne una cassa di risonanza, inizia a raccontarle pian piano tutta la storia del suo recente dolore, ma ben presto si accorge che il suo obiettivo è vano ed inutile, si sente meglio solo parlando con Loretta, le vuole bene, vorrebbe appartenere alla sua famiglia, migliora di giorno in giorno, tutto questo è stato meglio di una terapia, ma anche l'inizio di una nuova ossessione. Loretta, da parte sua, immediatamente si rende conto del peso importante della storia della ragazza e ne inizia a succhiare tutta la linfa vitale come una parassita. Ma anche la scrittrice ha un segreto, un figlio che ormai non vede più e di cui sta cancellando tutte le tracce della sua esistenza, ma tutto celato da uno strano mistero,lei non permette a nessuno di entrare in questa faccenda.
Dall'incontro di queste due donne disturbate psicologicamente non può uscirne una storia a lieto fine, quella che ne uscirà realmente con le ossa rotte sarà proprio Andrea.
La trama del romanzo è molto accattivante ed interessante, vi dico solo che il finale si scopre solo nella penultima pagina e non lascia delusi solo perché l'autrice mirabilmente ce lo inculca pagina dopo pagina a piccole dosi. Lascia solo spiazzati un piccolo particolare che io lettrice avevo abbandonato nelle prime pagine, erroneamente ritenuto poco importante ed invece si rivelerà fondamentale per la risoluzione dell'enigma della morte del padre di Andrea.
A proposito il titolo lo si capisce solo leggendo il libro. Spero che gli scrittori di best- sellers non siano come Loretta.
Buona lettura!

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Sharma Opinione inserita da Sharma    20 Gennaio, 2013
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L'esca nella trappola

Atene, seconda guerra mondiale, i tedeschi sbarcano in Grecia per aiutare gli italiani che si erano impantanati nella gloriosa conquista della nazione, naturalmente riescono nell'impresa. Nella capitale come in tutto lo stato inizia a scarseggiare il cibo, i bambini diventano sempre più scheletrici e con il ventre gonfio, molti muoiono anche per assenza di medicinali. La croce rossa che va loro in aiuto con i pochi mezzi che ha, deve fare delle scelte, si aiutano i bambini che non sono malmessi così hanno più possibilità di sopravvivere e si scelgono più bambine perché è meglio avere tante donne, domani possono rigenerare il popolo ateniese, di uomini per questo ne bastano pochi. La carne scompare e le minestre si annacquano. Gli appartamenti del centro della capitale diventano gli alloggi degli ufficiali, i quali devono stare vicino al quartier generale.
Questa è soprattutto la storia della famiglia di Nikolas Helianos (ma anche di molte altre) editore benestante, che al momento per ovvi motivi, non può lavorare, ottimista per natura verso tutto e tutti. La moglie anche lei benestante di famiglia è una donnetta che asseconda solo i voleri degli altri (invece l'autore farà scoprire una mirabile figura femminile) questo è il suo compito nella vita. Due figli, o meglio tre, uno già morto nella battaglia sull'Olimpo; un maschio Alex irrequieto, disubbidiente e profondamente antinazista; la femmina Leda, molto piccola, ritardata (ma anche lei darà il suo contributo). In casa di questa famigliola piomba come un macigno il capitano Kalter, il quale fa del loro appartamento “il suo appartamento”, diventa il signore indiscusso, li mortifica , li umilia, li schiavizza e li fa soggiacere sia fisicamente che psicologicamente. Tutto prosegue così immutabilmente per quasi un anno, fin quando al Capitano non viene concessa una licenza di due settimane. Al ritorno dalla propria patria il Capitano, ora promosso Maggiore, è un'altra persona, muta anche il suo registro lessicale, in poche parole diventa attento e benevolo ( di cosa sia realmente accaduto lo lascio scoprire a voi).”
“ Sta di fatto che i tedeschi amabili e virtuosi sono molto peggio degli altri, perché ci traggono in inganno. Stanno solo mettendo l'esca nella trappola.”
I due uomini diventano quasi amici e confidenti fino a quel maledettissimo giorno in cui Nikolas si lascia andare ad un moto di pietismo e protezione che gli sarà fatale. Quando sappiamo essere stupidi noi uomini anche davanti all'evidenza, non riusciamo a vedere l'inganno che si cela davanti a un bell'aspetto o davanti a delle belle parole. Vogliamo a tutti i costi essere positivi e ottimisti, quando il quadro dipinto innanzi a noi è solo di colore nero. Sappiamo chiudere gli occhi e le orecchie, ascoltare solo quello che il cuore ci comanda. Siamo così ostinati nel voler trovare uno spiraglio di luce, senza capire che quello spiraglio ci porta diritti in prigione (una prigione che può essere sia fisica che psicologica). Così avviene che le bombe ci scoppiano in faccia.
Non posso raccontare l'epilogo e ne tanto meno lo voglio, vi dovete trovare davanti alle pagine del libro per sentire lo sbigottimento a cui sono stata sottoposta io. Non è facile parlare ed esternare cosa io abbia provato, odio, rabbia, impotenza, rancore.
L'unico gemito che è uscito dalle mie labbra è stato “Dio mio (un dio che,ovviamente, era assente in quel periodo) che orrore!”
Consiglio a tutti di scoprire cosa lo scrittore è riuscito a mettere insieme in questo bellissimo romanzo psicologico.

Dedicato al Giorno della Memoria (27 gennaio 1945).

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Sharma Opinione inserita da Sharma    11 Gennaio, 2013
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Ridere o piangere

(Contiene SPOILER)
Ridere o piangere sono i due estremi che ci presenta l'autore/protagonista Prof. Perboni (inutile dire che è uno pseudonimo) in questo romanzo. Romanzo nel quale si ride a crepapelle, alcune volte senza sosta e con vero piacere (oggigiorno lo si fa così raramente), lo si assapora come un cioccolatino nella nostra bocca, ci prendiamo gusto, lo assaporiamo e poi, quando crediamo di saper dire di che gusto si tratta ci vengono cambiate le carte in tavola. Diventa un giallo? Diventa un thriller? Diventa un romanzo di spionaggio? Muta pelle e racconta, nostro malgrado, la nostra vita, la nostra società diventando un noir scolastico (come ama definirlo lo stesso autore).
Il protagonista, professore d'inglese in un liceo di una città di provincia, insegna a studenti svogliati, poco inclini all'apprendimento ma soprattutto indaffarati a fare tutt'altro nella loro vita. Suo malgrado nonostante le precauzioni del caso, come solo lui sa fare, svela inavvertitamente che è anche un traduttore di libri, da quel momento la sua privacy cessa di esistere, violata da continue incursioni animalesche. I suoi colleghi professori iniziano a dargli il tormento consegnandogli, manoscritti, poesie, diari, che vorrebbero pubblicare e lui dovrebbe fare da intermediario con la casa editrice (insomma fare la raccomandazione). Anche gli studenti, tanto bistrattati e criticati ed etichettati come somari dallo stesso Perboni, non si esimono dalle consegne. Ma da qui inizierà il vero calvario, in tutto questo trambusto ( lui cerca ogni giorno di evitare i colleghi con spericolatissime gimcane nei corridoi, di minacciare gli studenti di bocciatura se continuano a infastidirlo, situazione familiare non rosea), accade l'irreparabile, proprio un manoscritto consegnatogli da un suo studente viene perso, ma era quello più importante. Il ragazzo muore in un incidente(?) e proprio in quel manoscritto si denunciava un giro di prostituzione che avveniva nella scuola ed in cui era implicata la fidanzata del ragazzo e molti elementi della scuola, tra cui studentesse, insegnanti e bidella. Il prof. Perboni inizia a fare l'investigatore (suo malgrado e male gliene incoglierà), smaschererà il giro e porterà alla luce una tela di ragno ben tessuta.
Il romanzo non è solo questo, scritto con una sagacia ed ironia splendenti, si nota che alcuni passi sono autobiografici (confermato dallo stesso autore) perchè mostrano un guizzo mentale meraviglioso, una velocità nelle botte e risposte che raramente ho visto mettere in pratica. Irriverente ma delizioso, ma allo stesso tempo tragico e malinconico, ho chiesto direttamente all'autore se lui pensasse realmente che i suoi studenti fossero senza possibilità di redenzione, mi ha risposto che sono anche peggio di come li ha descritti, ma ha anche aggiunto (e ci tengo a sottolinearlo) che non si possono avere degli studenti eccellenti con fulgidi menti quando il mondo e la società che li circonda è in devastazione (riporto di seguito le sue parole: “Finché prosegue il deterioramento della società, la scuola andrà di pari passo. Purtroppo non può essere un'isola felice in mezzo alla devastazione.”). Non dimentica, neanche a dirlo, i suoi colleghi professori definendoli “un mucchio di cialtroni in numero inferiore rispetto alla categoria dei politici”. Ma la mia piccola intervista, al Perboni autore si conclude con questa battuta, che trascrivo per intero in quanto merita di essere divulgata a tutti: “ La figura dell'insegnante gode di un prestigio sociale prossimo allo zero. Di conseguenza non può agire in alcun modo per cambiare la società. Il buon insegnante ha un influsso positivo soltanto sugli studenti bravi, ma coloro che avrebbero maggiormente bisogno di essere guidati lo ignorano o lo disprezzano.”
Arrivati a questo punto è inutile continuare ad elogiare questo romanzo, ho già detto, non tutto, ma abbastanza per quanto concerne questo piccolo spazio, mi rimane da dirvi solo: “ leggetelo non ve ne pentirete”.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    04 Gennaio, 2013
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Graffiti di vita

“ I Graffiti “ è la definizione che Claudio Magris da alla scrittura di Roveredo, esperto di graffiti che la vita incide nelle nostre anime. Roveredo non è un letterato, è una persona che si è formato per le strade della vita, un vero outsider. Una vita, la sua ,molto sfaccettata fatta di alcool, degrado, ospedali psichiatrici, tutti questi luoghi e la sua esperienza ci hanno regalato i racconti che compongono questo libro, un uomo che dopo essere riuscito ad uscire dal tunnel dove era finito, oggi si adopera per gli emarginati, i drogati, i disadattati, mette alla mercé loro la sua esperienza. I racconti sono entusiasmanti, anche se qualcuno, criticandoli, li ha definiti troppo tristi e mesti. Ma qui sta la sua forza, non c'è tristezza o mestizia, i suoi personaggi che sembrano dei vinti dalla vita, che vivono ai margini della società, con abusi e soprusi riescono con peripezie varie a dare scacco alla loro vita e alla loro situazione. I personaggi di Roveredo riescono in maniera mirabile ad uscire da un fluire lento e inesorabile come un fiume a valle, loro danno un colpo netto, deciso per concludere questa fase, riuscendo a voltare pagina.
A questo punto mi sembra assolutamente necessario mostrarvi e rendervi partecipi di alcuni passi del libro, a mio avviso i più belli, o meglio quelli che hanno colpito il mio cuore, sono Parlare con le mani, ascoltare con gli occhi...e Mandami a dire. Posseggono il sole dentro ci rattristano e poi ci riscaldano. Il primo racconto, da me citato, parla del silenzio dei sordomuti, della sua esperienza, avendo avuto genitori sordomuti, a loro non puoi mandare a dire, necessita l'educazione costante della tua presenza, non si può parlare da una stanza all'altra, loro devono vedere la tua espressione , il tuo volto, i tuoi gesti. A loro non si mente perché se Dio ha tolto e negato delle cose gliene ha date altre, ma potenziate. Ma dal momento in cui loro sono venuti a mancare, il protagonista fa inondare la sua vita di rumore, lì dove prima regnava il silenzio.
Nel secondo racconto descrive la storia straziante di un'ospite dei manicomi chiusi dalla legge Basaglia. Tutti i pazienti furono smistati da parenti o conoscenti più prossimi, la vita di coloro che vivevano lì dentro era fatta di disperazione e dolore ma anche di affetti, sentimenti, amori, per quanto ci possa sembrare strano. La chiusura del manicomio è riuscita a fare proprio questo, ha diviso due persone che a loro modo si amavano, lui scrive a lei ogni giorno lettere, cercandola, invocandola, confessandosi e sperando che anche questa volta le sue lettere non ritornino indietro, “mandami a dire qualsiasi cosa”. “Ma la libertà chi l'aveva mai chiesta?”
C'è molto di più, quante parti ho saltato e non citato!
Mi dispiace veramente tanto non poter continuare a decantare e raccontare le piccole meraviglie e tesori che si trovano racchiusi nelle pagine di questo libro, con questo suo stile ruvido ed estremamente conciso, taglia di netto come un bisturi, ma questa recensione diventerebbe interminabile e senza scopo alcuno.
Magris definisce Roveredo totalmente estraneo a ogni formazione letteraria ma è grazie alla sapiente trasposizione su carta dei graffiti (che segnano la vita) che è divenuto un partecipe della letteratura a tutti gli effetti.
Grazie ai graffiti Roveredo ha segnato la mia anima.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    30 Dicembre, 2012
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Un piccolo gigante

Per queste feste di Natale avevo proprio bisogno di buttarmi nella mischia e non fare la solita lettrice strana, volevo comprare un libro del momento, per sommo piacere del libraio, che ogni volta mi guardava come un'aliena. Avevo deciso...volevo qualcosa di leggero e non impegnativo, gli occhi mi sono caduti su questo romanzo che, nonostante tutto, era messo in un angolino solitario, ero contenta.
Mi sbagliavo, o meglio solo in parte, Espinosa ha una scrittura seducente e leggera malgrado quello che dice e racconta, il libro vola al tempo di un batter di ciglia.
Si narra la storia di un ragazzino di tredici anni, di nome Dani, che se ne va di casa per prendere una nave che lo porterà a Capri. Dani ha perso se stesso e non sa come ritrovarsi, ma in questo lungo cammino che durerà fino ai trentotto anni, incontrerà delle persone che lo aiuteranno in questa sua impresa: George incontrato sulla nave, il signor Martìn conosciuto in ospedale quando aveva solo undici anni e non sapeva ancora di essersi perso, una signora centenaria ed infine il suo pezzo mancante, la sua fidanzata. Una dietro l'altra vengono snocciolate perle di saggezza che non sono così ovvie come ci possono sembrare ad un primo impatto, aiutano il protagonista ed aiutano noi a ritrovare il vero senso delle cose, delle persone e della nostra vita. George in un discorso con il piccolo Dani gli dice “se ti perdi da piccolo non ti perderai da grande”, “prima bisogna imparare a cadere poi a camminare, così passa la paura.” Il ragazzino vive con una grande paura che gli impedirà di vivere fino in fondo, è un nano, nato da genitori nani con un fratello nano. Nonostante tutto ciò, per i pochi anni che ha vissuto con la madre prima di perderla, gli ripeterà di aver partorito “un piccolo gigante”. Il tempo le darà ragione, Dani cresce e sarà come tutti gli altri, ma lui sa di essere un nano. Questa paura che gli impedisce di crescere in tutti i sensi, lo porterà a tutte le vicissitudini che si racconteranno nel libro, le storie di vita e non, ma che lo accompagneranno e lo aiuteranno a sconfiggerla.
Paura di sapere di essere un nano e non voler generare un figlio.
Nel libro si recita una parte importante “siamo fatti da quattro pezzi fondamentali dobbiamo trovarli e metterli insieme, unirli come in un puzzle.” La bellezza di questo romanzo non sta solo nelle belle frasi e nel messaggio che ci lascia, ma anche a come è stato scritto, racconta si interrompe, racconta un'altra storia riprende e così via fino alla fine.
Il libro possiede un suo peso specifico, lo comprendiamo quando scopriamo da chi è stato scritto, uno sceneggiatore, scrittore, regista trentottenne catalano, oggi famoso, ma quando era piccolo non lo era, era solo un bambino malato di tumore che ha trascorso fino a quasi i suoi vent'anni negli ospedali con gli ammalati e le loro storie. Un uomo, oggi, a cui hanno tolto una gamba, un polmone, parte del fegato ed ora completamente rimesso ci vuole donare la vita, la sua vita e non vuole perdere tempo e perderne ancora.
I suoi occhi con cui guarda il mondo sono anche in questo libro ed ora lo regala a noi.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    24 Dicembre, 2012
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Le maschere

Le pièce di Yasmina Reza sono famose in tutto il mondo ma sinceramente non sapevo che era l'autrice de “Il dio del massacro” forse ai più è conosciuta come rappresentazione cinematografica dal titolo “Carnage” diretto da Roman Polanski. Sono andata a vedere, qualche tempo fa il film ma intuii quasi subito che si doveva trattare, per il tema, di un qualcosa con una base molto più solida, anche se Polanski come regista ha fatto un lavoro preciso e del tutto lodevole, bisogna precisarlo. Non è facile snocciolare un argomento così ampio e spigoloso in poche pagine, sono solo novantuno, in merito alle maschere che ognuno di noi si porta dietro ormai senza rendersene conto e senza peso alcuno.
La trama è semplicissima ed è resa a pretesto dall'autrice per sviscerare l'argomento del libro: due coppie (marito e moglie) si incontrano perché il bambino di uno di loro ha malmenato con un bastone il figlio dell'altra coppia sfregiandolo e facendogli cadere i denti. Le famiglie appartengono alla borghesia francese, come tale, in maniera civile, vorrebbero concludere la faccenda con scuse e ammende. Tutto sembra filare liscio fino a quando, con una parola dietro l'altra, in maniera sapientemente descritta, viene fuori il dio del massacro che alberga in ognuno di noi. Sono scene raccapriccianti e sconcertanti, ma non perché scorre il sangue a fiumi, tutt'altro, durante i litigi fra le coppie e anche tra di loro, caduta la maschera del perbenismo bieco, esce fuori di tutto, tutto quello che realmente pensano dei loro mariti e delle loro mogli, quello che per anni non si erano detti ed ora è uscito dalle loro labbra come un fiume in piena che non si può in alcun modo fermare. Tutti ne rimangono feriti, ma realmente che cosa sia accaduto, non lo capiscono neanche loro che rimangono ben avvinti alle loro bassezze, credendo che il loro modo di vita sia il migliore. La tolleranza, il buonismo, la buona creanza, la politically correct vengono tutte a sgretolarsi, parola dopo parola, frase dopo frase, atteggiamento dopo atteggiamento, riuscendo a far uscire il dominatore di noi stessi che da sempre vive nel nostro corpo.
Fatemela dire proprio tutta, ognuno di noi, per quanto si professi sincero, leale, altruista e quant'altro, se viene messo sotto pressione o alle corde, reagisce come il topo messo all'angolo, non si sa mai la reazione che può avere, ci può saltare addosso, salire sui muri o svicolare a destra e sinistra. In realtà non amiamo essere messi con le spalle al muro soprattutto in presenza di estranei, ci sentiamo sviliti, canzonati, sbeffeggiati, reagiamo in maniera istintiva e così la maschera che opportunamente avevamo indossato per l'occasione cade e si rompe. Ho provato questa sensazione, vi assicuro che è poco piacevole per se stessi e per tutti i presenti, ma sapete come si chiama questo? Si chiama “Sopravvivenza”, facciamo male agli altri affinché loro smettano di farlo a noi. Non la condivido ma purtroppo noi esseri umani siamo fatti così, che ci piaccia o che non ci piaccia il dio del massacro ci governa ed è pronto ad uscire ad una forte sollecitazione. Non sono in grado di accettare come repliche bigottismi di facciata.
La verità è questa, è cruda, ma è la verità!

Consiglio: ascoltate e guardate il video di Frankie HI-NRG MC “Quelli che benpensano” su Youtube e poi mentre ascoltate leggete il testo. Rivelazione!

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Consigliato a chi ha letto...
a chi legge per capire se stesso!
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Poesia italiana
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    21 Dicembre, 2012
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Un grande dolore

Mai fermarsi alle apparenze, molte volte quello che ci sembra indigesto o contro i nostri gusti, poi magicamente risulta una delle cose più carine che si sono lette, bisogna metabolizzare, attendere un ottimo, riflettere e solo a questo punto possiamo prendere la nostra decisione. Decisamente è quello che mi è capitato con questo piccolo libro, dalla fine della lettura ho dovuto attendere un giorno intero e poi ho capito......La perdita di un genitore è qualcosa d'inevitabile, noi lo sappiamo, ma pensiamo di poter combattere contro il destino, contro il corso naturale della vita, ma cosa ci vogliamo fare è una battaglia persa in partenza eppure noi non ci fermiamo e ci crediamo fino all'ineluttabile. Quando poi è nostra madre che viene presa in considerazione le cose si amplificano fino all'inverosimile ( non dico che la perdita del padre sia meno importante, ma è diverso!). Lei è colei che ci ha partorito, colei che ci è stata vicino quando ci addormentavamo, quando piangevamo per un ginocchio sbucciato o quando ci volevamo sfogare per un amore infranto, nostra madre c'era, era lì, sempre con noi, sempre a consolarci, sempre con un bacio e un abbraccio (molti padri lo hanno fatto e lo fanno, ma consentitemi questa, le mamme sono di numero maggiore). La sua perdita è incolmabile, la sua presenza necessaria e insostituibile, la si vedrà aleggiare sempre intorno a noi, avremo sempre bisogno di lei, sempre la necessità di rivolgerci a lei per un consiglio, non importa se abbiamo 10 anni o 60 anni, non c'è alcuna differenza. La mamma è la prima persona che ha creduto in noi, che ci ha esortato nei nostri progetti, la prima ha criticarci e bastonarci. Ma è sempre stata dove doveva essere, lì immobile come una colonna per noi, se vacillavamo lei ci sosteneva , se cadevamo lei ci rialzava, sapevamo che c'era, eravamo carne della sua carne, niente poteva cambiare questo stato di cose. La vita ci dona molte sofferenze ma questa è una di quelle che si potevano evitare, c'è un detto che su per giù dice” Dio non manda mai cose di cui noi non possiamo sopportare” scusatemi, ma in tal proposito nutro dei seri dubbi. Il dolore ci può sconfiggere , schiacciare come in una morsa di ferro e non sempre se ne esce fuori, qualcosa di rotto e irreparabile ce lo porteremo sempre dietro come un handicap affettivo.
In queste righe non ho fatto altro che farvi assaggiare quello che è il cuore pulsante del libro, scritto con missive ad una mamma che non c'è più, con carmi ed elegie, un modo personale per esternare il dolore di una perdita così cara, lo poteva fare in mille altri modi ma questo era il modo che la mamma conosceva ed apprezzava del figlio, lo esortava a mettere a nudo il suo animo ed i suoi sentimenti ma tutto con un piglio sempre critico e costruttivo. Questo era il modo che l'autore conosceva per rendere omaggio alla donna che gli aveva concesso la vita e l'amore.
Cosa poteva, lei donna e mamma, donare di più importante e prezioso?

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Sharma Opinione inserita da Sharma    12 Dicembre, 2012
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Anni bui

Il caso Collini, a prima vista, ha tutto l'aspetto di essere un legal thriller all'americana, purtroppo non lo è, racconta gli anni bui di un periodo della nostra storia, seconda guerra mondiale, nazisti e stermini, partigiani e battaglie, campi di concentramento e dolore. Qui davanti a questo libro in un certo senso mi sento sollevata perché anche i tedeschi, finalmente, dopo tanti anni fanno chiarezza sul loro passato cercando di parlarne. Credo che non sia stato facile riuscire a prendere il bandolo della matassa , interrogarsi e analizzare quei periodi cercando di metterli in chiaro, tanto è stato fatto ma molto poteva essere fatto e anche meglio. Il romanzo parte dall'omicidio di un famoso e facoltoso industriale, molto amato e rispettato nel suo ambiente, Hans Mayer. Il colpevole dell'omicidio è Fabrizio Collini, italiano, uomo onesto irreprensibile, di poche parole, grande lavoratore in una fabbrica. Lui si denuncia ma alla polizia non vuole rivelare il motivo di questo omicidio, oltretutto in apparenza e durante le prime indagini non risultano collegamenti fra i due uomini. L'avvocato nominato d'ufficio pensa che sia un caso facile e di breve durata, ma ci vuole un movente. Per pura combinazione Mayer è stato una persona molto presente nella vita dell'avvocato dato che era amico dei suoi nipoti e durante le vacanze si rincontravano spesso,lui ne ha serbato un ottimo ricordo, un brav'uomo. Ma le cose non sono mai come uno se le aspetta e alla fine ci stupiscono per la loro verità, infatti cosa si cela dietro questo industriale e quest'umile uomo? Il passato non si cancella mai torna sempre a galla, in questo caso è un passato duro, difficile e sconcertante da mandar giù. Mayer ufficiale delle SS per ordine dello stesso Hitler uccide a sangue freddo dei partigiani mettendoli tutti davanti una grande fossa, fucilati e non bendati solo perché bisogna far rispettare la feroce egemonia, tanti militari tedeschi uccisi, tanti partigiani morti con un rapporto voluto dallo stesso Hitler di uno a cento, nel caso di Mayer doveva essere di uno a dieci ( qui, invece, il rapporto fu raddoppiato). Tra questi, purtroppo, c'era il padre di Fabrizio, il quale riesce a venire a conoscenza del nome di chi ha eseguito l'ordine e lo memorizza aspettando per ben cinquantasette anni. Perchè tanti anni? Lo aveva promesso alla zia, morta solo da poco tempo, ed ora poteva procedere, doveva vendicare l'atto subito. Perchè Mayer non era stato mai condannato? Su l'uomo fu istruito un processo e avviate delle indagini ma non venne ne condannato ne incriminato e il caso venne archiviato. La fortuna volta sempre le spalle hai più deboli, così accadde che dal 1° ottobre 1968 fù promulgata una legge passata inosservata perchè sembrava irrilevante, diceva in modo molto semplificato che il concorso in omicidio volontario aggravato andava punito come omicidio semplice, quindi significava che i reati erano prescritti. Questa legge detta legge Dreher non fu altro che un'amnistia, per tutti e per tutti i massacri, nessuno poteva esser chiamato a render conto. La prescrizione non può più essere annullata. Il fautore di questa bellissima legge morì famoso e glorioso, pochi sapevano realmente cosa avesse fatto alla giurisprudenza e alla giustizia.
Ma questo racconto ci fa capire che c'è una giustizia legislativa ma che nella vita deve esistere una giustizia comunitaria, per il bene della comunità.
Come si può leggere questo romanzo senza provare dolore, rabbia e rammarico, senza poterci chiedere perché i massacratori hanno dovuto vivere una vita agiata, libera senza pagare nulla su questa terra. La risposta è molto semplice “l'uomo ha il potere di rendersi una vita meravigliosa” anche se sono o sono stati i più efferati assassini. Questa è giustizia? Abbasso gli occhi e rispondo secondo coscienza.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    07 Dicembre, 2012
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Il bianco e il nero

Quasi sempre è consigliabile, se si intraprende una lettura di un qualsiasi libro, conoscere per somme righe l'autore e lo sfondo storico entro cui ha vissuto, vi garantisco che la comprensione del libro sarà quasi totale e senza troppe sbavature.
Per Boris Vian è stata una strada obbligata, personalità complessa e articolata oltre ad essere stato un'ingegnere fu un'artista poliedrico, si occupò di romanzi come di musica – vicino ai più grandi del jazz come Miles Davis e Charlie Parker - suonava la tromba, scriveva per la rivista di Jean-Paul Sartre, frequentava salotti letterari con la presenza di Simone de Beauvoir, per poi criticarli e canzonarli. Non c'è nulla che Vian nella sua breve vita non abbia fatto o detto, e di sicuro tra tutte queste cose una cosa non gli mancava “ il coraggio”, seguitemi e capirete perchè. Boris Vian scrive “Sputerò sulle vostre tombe” per una scommessa fatta con l'editore, riuscire a scrivere un romanzo ambientato in America, meglio di un americano ma scritto da un francese. Prenderà uno pseudonimo, si farà passare per un afroamericano e scriverà in soli quindici giorni questo romanzo. Mal gli colse, ebbe talmente successo che furono pubblicate migliaia di copie e nacque il caso e lo scandalo, venne accusato dagli americani per “offesa alla pubblica morale”, dovette rivelare il suo nome e iniziò a essere bandito e additato. A causa di questo romanzo, già malato di cuore da quando era piccolo, ne morirà. Lui conviverà con l'ombra della morte per tutta la vita, di certo non lo spaventa, tutto con naturalezza e con nitidezza. Il romanzo come il titolo sono provocatori, gli serviranno per mettere in mostra e in evidenza un problema , che da esistenzialista, il quale era, non poteva ignorare, il razzismo. Un bianco nero di nome Lee, tema ripreso da Philip Roth nella “Macchia umana”, decide che l'assassinio del fratello non debba passare inosservato, ci troviamo alla fine degli anni '40 in America con segregazioni, linciaggi, soprusi e semi schiavitù dilaganti nella mente degli uomini. Il protagonista del libro decide di vendicare il fratello, grazie alla sua pelle bianca riesce ad entrare nella società “bene” e ovviamente bianca di una piccola cittadina e qui adocchia due sorelle molto ricche, loro saranno il suo capro espiatorio. Le vuole uccidere, ma non prima di averle fatte innamorare, esserci andato a letto ed aver detto loro che lui era un nero. Voleva scatenare la ripulsa, l'orrore e il disgusto nella loro faccia prima di vederle lentamente morire e quindi ucciderle. Ma come tutti i piani nessuno e perfetto e purtroppo anche quello di Lee non lo era, riesce ad uccidere le ragazze ma la fine non è come quella che lui si era immaginato. Ebbene questo libro viene additato come trasgressivo, troppe scene di sesso esplicito, erotico, atti di pedofilia, eccessivamente violento con scene di sangue che schizzano in ogni dove, un vero e proprio pulp. Ma al di là dell'apparenza scenografica del romanzo ( che a onor del vero, oggi , personalmente, non mi ha fatto muovere un solo capello) il messaggio che Vian invia è puramente esistenzialista, la non accettazione delle condizioni tremende dei neri d'America e di tutto il mondo, è stato un moto di ribellione che ha pagato molto caro, ma quanto coraggio ha dovuto avere! Non dobbiamo immaginarcelo ora dove tutto e stato abolito, le posizioni chiarite e ristabilite, dove oggi abbiamo un Presidente degli Stati Uniti nero, collochiamolo in quei tempi dove la segregazione e l'apartheid erano impressi nella cultura di ogni uomo bianco e donna bianca. Non si può etichettare questo romanzo per l'apparenza, non si possono etichettare le persone per le loro caratteristiche fisiognomiche, è una preghiera, andiamo oltre, sappiamo leggere tra le righe vi assicuro che è molto più semplice e gratificante che leggere le righe.

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La macchia umana di Roth, ma consigliato sinceramente a tutti.
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Sharma Opinione inserita da Sharma    05 Dicembre, 2012
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Sentire ma non vedere

Arno e Sara sono una coppia di adolescenti che si conoscono al mare in Toscana, si mettono insieme, a lui sembra di toccare il cielo con un dito, è riuscito ad avere, non sapendo come, la ragazza più strana, insolita, solitaria, amante della natura e graziosa che nella sua giovane età, abbia mai conosciuto. Ma lei con il tempo darà mostra del suo essere, lo lascerà perché “ama gli amori infelici”. Così si conclude la prima relazione tra i due ragazzi. Molti anni dopo Argo con tanto sforzo e dedizione riesce a diventare violoncellista della Scala di Milano, sempre preso dalle prove, dai concerti dalle tournée, ma non ha mai dimenticato quella ragazza piccolina così particolare, incontrata anni prima. Il destino intreccia sempre le nostre strade quando i nostri destini devono essere incrociati, in aeroporto proprio dal ritorno da una tournée Argo la rincontra, ed è accaduto così naturalmente come se non si fossero mai lasciati prima di allora. Da quel momento non si lasceranno più e si sposeranno dopo solo qualche mese. Resteranno insieme per tredici anni, tre figli, una vita impeccabile, una moglie e madre onnipresente, ma un giorno tutto finisce. A pochi giorni del Natale lei lascerà un biglietto dove scrive che deve andar via perché ne ha bisogno. Si dischiude un nuovo romanzo, una nuova trama, che si tinge di giallo. Ma così in effetti non sarà, sarà solo un viaggio alla ricerca della moglie, ma soprattutto, alla ricerca di se stesso, che lo porteranno a capire i motivi della moglie che serviranno a capire i suoi di motivi che lo legano effettivamente a questa donna e a tutta la sua famiglia. Un romanzo non lunghissimo che si legge anche in un solo giorno, semplice lineare e fresco nella scrittura e nello stile. La Bignardi mirabilmente ci porta per mano nelle motivazioni di lei, alle scoperte di lui, dischiude tutto un mondo, cosa sa lui realmente della moglie conosciuta da ragazza, sposata e vissutoci per molti anni? La risposta e presto data “nulla, il nulla più assoluto”. Grazie alla moglie, agli amici, parenti e altri personaggi comprende l'incomprensibile lui non ha mai cercato realmente di sapere cosa si celasse dietro il nome Sara, del suo passato, di quello che era prima di lui, lo ha ignorato, mascherando tutto questo non sapere dal suo smisurato egoismo. Decantava la sua presenza costante nella vita della moglie e della famiglia, di aver fatto sempre le cose insieme. Ma la verità non era quella che lui si raccontava, il suo mondo girava solo intorno al suo lavoro e a voler fare soltanto quello, non aver tempo per niente e per nessuno se non solo per se stesso. In questo lungo viaggio alla ricerca di Sara, alla scoperta delle bugie raccontate da lei e al ritrovamento della verità, lui troverà tutte le risposte, ma soprattutto una risposta: lui ama e vuole solo il suo lavoro e il suo violoncello. Daria Bignardi ci ha raccontato l'assenza delle persone in famiglia pur essendoci fisicamente sono assenti mentalmente, a lungo andare logora qualsiasi amore per grande che possa essere stato, ma soprattutto ci sottolinea quando poco attenti siamo nella vita di tutti i giorni, sentiamo ma non vediamo. Arno la sentiva ma non la vedeva, non vedeva il male dentro, ma è stato bravissimo a creare un'acustica perfetta per far echeggiare la fine di un amore.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    02 Dicembre, 2012
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Non ci sono regole

Sono molto vicina agli scrittori napoletani, per quanto possibile cerco sempre di interessarmi a loro, sarà forse per le mie radici o forse perché attraverso loro voglio riscoprire un mondo che purtroppo mediante i miei nonni mi è stato negato, ma che io fortemente sento come parte integrante della mia vita. Lolli, come anche Diego De Silva, appartiene al filone realistico-umoristico. Leggere questi autori e le loro storie, alcune volte, nella vita non fa affatto male, soprattutto prendere con leggerezza (ho scritto “leggerezza” non superficialità) le cose spesso è sinonimo di saggezza. Anche in Lolli ti accorgi subito che sotto mentite spoglie, ossia sotto le battute in napoletano che ti fanno ridere di gusto, si celano delle verità difficili da mandar giù. Le protagoniste sono donne, una napoletana professoressa di filosofia, ironica e molto invadente, ma dai discorsi irreprensibili, moglie, madre, ma soprattutto donna repressa ed insoddisfatta del matrimonio e del marito, lo stesso vale per Bertilla, casalinga benestante vicentina, ed altre che vengono da ogni dove d'Italia. Si ritrovano ogni anno a Monteramello Terme, la scusa per i mariti è quella di curarsi, ma la realtà vera è quella di evadere dalla routine e dalla noia. Perché, va detto, a queste donne non manca nulla, non hanno veri problemi, vogliono solo un nuovo palpito del cuore. Lo stesso discorso varrà per gli uomini protagonisti del romanzo alla ricerca anche loro di un subbuglio nell'animo (se così si può dire).
Aldilà dello spasso e della licenziosità dell'argomento, questo libro mi ha fatto capire come nell'amore e nella vita in genere non ci sono regole, altro che “Le cinque regole del corteggiamento”, la coppia si unisce, si disgrega e si riunisce in un modo del tutto vorticoso non segue una modalità lineare, ma soprattutto presenta contorni molto poco definiti che si compongono e si ricompongono secondo regole e modalità a noi del tutto sconosciute, sarà forse questo il bello dell'amore o del vivere in coppia?
Lo raccomando come lettura leggera e di poche aspettative, ma divertente con una sua funzione letteraria. Lo stile è un po' discutibile, tra le varie storie crea dei vortici da cui risulta difficile uscirne.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    30 Novembre, 2012
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Mintonia

Questo è il secondo romanzo che leggo di Salvatore Niffoi (il primo è stato “La leggenda di Redenta Tiria”), l'ho preso in considerazione proprio in virtù del primo che mi è piaciuto tantissimo. Con questa premessa non voglio dire che lo scrittore in questa sede mi ha tirato un tiro mancino ma mi è risultato più ostico, sia nello stile, sia nella narrazione che procede lenta e assonnata, manca un po' di carica e di stimolo nella lettura, non ci fa incuriosire e palpitare durante lo svolgersi della trama. La motivazione credo che sia da attribuirsi (almeno per quanto mi riguarda) nei molti termini e dialoghi in sardo,che per chi non è dell'isola come me, mi bloccavano nel fluire lento e inesorabile verso la fine, è come se mettessero un freno a mano allo scorrere della trama. In altri casi avrei abbandonato il libro dopo dieci pagine e messo al bando come libro non degno di essere letto (opinione del tutto personale), ma avere la passione della letteratura e dei libri ti concedono la capacità di discernimento e di senso critico (dopo tanti anni di studio!), così ho proceduto nella mia corsa (senza sosta e senza fermata), ne avevo ben donde, la trama lo meritava proprio. Mintonia è stata la mia eroina, una ragazzetta cresciuta in fretta, ma sapeva esattamente cosa voleva a dispetto dell'età, ed era Micheddu.
Ma il suo amore glielo hanno ucciso, consegnato in mille pezzi (letteralmente parlando), uno sfregio, un affronto, bisogna saper dire alla popolazione chi comanda chi ordina, in questo caso sono i carabinieri (ci troviamo nel ventennio fascista). Mintonia non è la ragazzetta cresciuta troppo in fretta che ci siamo immaginati, lei cova vendetta e riuscirà ad uccidere il carnefice di suo marito. Ma qui si apre un ginepraio di sentimenti, se lei, come ha desiderato per molto tempo, ha colmato la sua sete di vendetta, purtroppo non aveva fatto i conti con la sua coscienza, le rimorde, non sa più come la giudicherà Dio nel giorno della sua morte, non si sentirà uguale, per animo candido, alle altre. A questo punto non so se Mintonia ne esce vincitrice, certamente ha portato a termine un obiettivo difficile per una donna e soprattutto per quei tempi e in quei luoghi, ma a quale prezzo, ha dovuto vendere tutto, abbandonare la sua terra, partire per l'Argentina, sola con un figlio....e un altro in arrivo.
Regalo di vendetta.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    29 Novembre, 2012
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Una diversa chiave di lettura

Su Frankenstein siamo stati bombardati da una visione solo esclusivamente cinematografica (perlomeno per quanto mi riguarda) senza porci la domanda ma questa storia da dove viene? l'ha scritta qualcuno? La risposta all'ultima domanda è presto detta “sì”, per giunta è un classico della letteratura e per di più scritto da una donna, chi l'avrebbe detto (solo per l'argomento narrato, personalmente non lo vedevo di attrattiva femminile)? Ma proprio qui sta il nocciolo della questione è proprio un romanzo femminile e sapete perchè? Perchè aldilà della rappresentazione cinematografica , che è una cosa totalmente diversa dal libro, mette in evidenza i sentimenti, la ricerca spasmodica dell'amore, quello che l'essere umano ogni giorno va cercando e la cui assenza rende vacuo ogni nostro sforzo su questo bellissimo pianeta. Senza amore siamo dei sacchi vuoti che si afflosciano su se stessi, è la linfa vitale di ognuno di noi, possiamo essere delle persone di successo, fare tanti soldi, gratificati ogni giorno dai nostri sacrifici o di contro possiamo essere dei disoccupati senza gratificazioni e stimoli ad affrontare ogni santo giorno e comunque il sole si alza in cielo. Sia nell'uno e nell'altro caso se abbiamo una madre amorevole che ci coccola o solo che ci vuole bene con parole giuste dette al momento giusto, una sorella o un fratello che possono essere un punto di approdo, un marito o una moglie, dei figli, solo in questi casi possiamo vivere. Insomma provate ad immaginare per un solo istante se venissimo privati del sentimento dell'amore dato o ricevuto, cosa saremmo? Disadattati, violenti, in parole povere dei MOSTRI! E' questa una chiave di lettura di questo piacevole romanzo, una creatura creata in laboratorio, non partorita, privata della madre, un padre (che in effetti il dottor Frankenstein era) lo ha misconosciuto orrendamente, provando ribrezzo egli stesso per la sua materia viva. Troppo semplice poter eliminare le nostre responsabilità ignorandole o buttarle in pasto alla società senza alcun supporto. Ci sono stati molti esami di laboratorio con cavie che hanno portato a questa conclusione infatti se si prendono due scimmie di cui una fatta cresce con la propria madre, la seconda privata alla nascita della sua figura e della sua presenza, ebbene la seconda è cresciuta totalmente disadattata e con il tempo sempre più aggressiva. Noi esseri umani potremmo essere così ma non lo siamo. La creatura del Dottor Frankenstein voleva solo affetto, voleva qualcuno accanto a se, almeno una compagna, ha cercato di farlo capire in tutti i modi che lui aveva un cuore, non era un mostro, ma non c'è stato nulla da fare dall'alto della sua deità il dottore ha rinnegato tutte le sue responsabilità, il risultato è stato quello di scatenare il peggio della creatura, la sua ferocia. Siete sicuri che noi nella stessa situazione avremmo fatto diversamente? Certamente no! Questa è la chiave di volta, noi non siamo così siamo mille volte meglio di così, solo grazie all'AMORE che facciamo la differenza, possiamo fare grandi cose e lasciare un segno su questa terra durante gli anni che ci vengono dati di vivere.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    27 Novembre, 2012
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Le cose che vanno fatte

Ci deve sempre essere un luccichio per trascinarci emotivamente verso qualcosa o qualcuno, qualcosa di indefinito, magico, soprannaturale, così io definisco il mio rapporto con i libri, un rapporto intangibile di attrazione come il Sole con la Terra.
In questo caso è stato il suo titolo a fare da attrazione, non provenendo dalla Sardegna, non possedevo elementi di comprensione. Ma il mio sesto senso, anche questa volta non mi ha abbandonato. Una storia triste ma al contempo dolcissima, una donna rimasta vedova ed avanti con l'età decide di prendersi in casa una bimba, Maria forse non desiderata, non amata, venuta dopo il tempo massimo, ma questa si rivelerà la sua fortuna. Quando si dice che i figli non sono di chi li partorisce ma di chi li cresce, niente di più vero. Maria così avrà una vita migliore, una stanza tutta per sé, pasti regolari, vestiti, istruzione, affetto e buoni consigli. Dalla sua famiglia di origine verrà schernita sempre per il suo troppo-inutile sapere, ma la matassa si aggroviglia quando iniziano a calare dei misteri sulle inspiegabili assenze notturne di Tzia Bonaria. Bonaria, lo si capisce molto in avanti con la lettura, aiuta le persone degenti e sofferenti da lungo tempo ad una veloce dipartita. Come la Murgia ci presenta Bonaria non si riesce a condannarla o giudicarla, se solo lo si volesse fare, ma nel prosieguo della lettura la si accetta ed avrà in maniera acquiescente il nostro bene placido. E' vero che alcune tematiche, anche le più spigolose, se scritte e raccontate in un determinato modo acquisiscono un sapore totalmente diverso. Non si riesce a condannarla forse perché alla piccola Maria oltre ad aver dato tutto ciò che le serviva per crescere bene, le ha donato le armi per fronteggiare il mondo e per avere un posto nel mondo, insegnandole un mestiere, quello di sarta, sarà quello che farà da grande.
Quando la ragazza scoprirà ciò che per lunghi anni ha sempre fatto Tzia Bonaria, avverrà la rottura. La separazione durerà qualche anno, in questi anni Maria crescerà , lavorerà, cercherà di dimenticare il suo passato, ma non servirà a nulla, dovrà ritornare, Bonaria sta male. Al suo capezzale giorno dopo giorno, Maria non comprende ancora le ragioni di Tzia Bonaria, come per un insegnamento sarà un'agonia lenta e inesorabile, la sua vita diventerà come uno sgocciolio di una fontana rotta. Solo allora Maria capirà il senso delle parole della madre:”non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza e non sapere come ci sei entrata.” Ciò che si deve fare verrà fatto prima o poi, ciò che deve avvenire avverrà. La scrittrice ci ha donato un grande libro, di una semplicità sconcertante, si lascia leggere velocemente e intensamente, siamo sopraffatti dalla lettura. Ogni libro è una persona, ogni persona è una storia, ogni storia è un batter d'ali .

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Sharma Opinione inserita da Sharma    26 Novembre, 2012
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La non comprensione

Ho conosciuto la Parrella ( letteralmente parlando) nel periodo della mia vita che abitavo a Napoli, qualcuno mi regalò il suo primo libro “Mosca più Balena”, mi fu caldeggiato, ma io mostrai una ritrosia alla sola vista, non tollerai il titolo e la sua grafica per non parlare del suo significato (ancora ad oggi per me totalmente sconosciuto!). Ad ogni buon conto fronteggiando come una guerriera Ninja contro le mie lunaticità , presi il librino e lo lessi. Ascoltatemi ( il mio deficit mentale aumentò esponenzialmente) non l'ho capita e continuo a non capirla a tutt'oggi, il suo modo di scrivere, le sue intrinseche caratteriste da scrittrice non esistono oppure se esistono sono così piccole come i neutroni (ad occhio nudo sono invisibili, e non a caso ho usato ad esempio i neutroni), è una bolla mediatica, ma che in questo mondo di pazzi ha avuto fortuna. Scrivere è un'arte, una propensione dell'animo, un'attitudine, un dono, un miracolo che ci è stato concesso al nostro concepimento. Io non sono stata fortunata, ma la Parrella è stata più sfortunata di me dato che al suo concepimento le è stato sottratto anche il buon senso. Con “Lo spazio bianco” devo ammettere che l'idea di base del racconto è stata ottima, un argomento di cui pochi hanno scritto e di cui poco si sa, da questo punto di vista mi ha arricchito molto, ma manca, come al solito, l'elemento di base: “il cacao per fare la cioccolata”.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    26 Novembre, 2012
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La "Comédie Humaine"

Qualche giorno fa mi è capitato tra le mani, dando uno sguardo nella mia libreria, un libro di Balzac “La cugina Bette”. Dovete sapere che sono un'appassionata di romanzi dell'ottocento, che siano russi, inglesi, francesi ecc., non ha la che ben minima importanza, l'importante che siano di quel periodo storico.
Ritornando a Balzac, presi in mano il suo romanzo ignorando letteralmente su cosa mi stavo imbattendo, avevo letto quel piccolo trafiletto che si trovava nel retro della copertina, che alcune volte, a onor del vero, dicono poco o niente.
La cugina Bette è uno di quei gioiellini che si lasciano ammuffire volentieri nelle librerie e nelle biblioteche, non si capisce il loro valore intrinseco tranne se non si viene costretti a leggerlo o per studio o per lavoro, dopo di che (se non si ha un'apertura mentale pari ad un'epsilon) tutto un mondo si dischiude innanzi a te, solo in quel preciso momento capisci e non capisci perché nessuno te lo abbia suggerito o evidenziato prima. Ma tutto è chiaro, è troppo contemporaneo, è amaramente vero. Ma realmente c'era quella corruzione, dissoluzione di costumi, totale privazione di un'etica e di una morale, egoismo umano esaltato all'ennesima potenza? Personaggi gretti, bassi che non ho alcuna difficoltà a collocarli nel mio presente, ma Balzac lo ha scritto ieri? Il nostro romanziere francese è talmente meticoloso nel descrivere l'essere umano che non mi sfiora minimamente il dubbio che i suoi personaggi possano essere inventati, gli Hulot, le Marneffe, le Cugine Bette, le Adeline, erano li in carne ed ossa e sono qui con me nella vita di tutti i giorni uscendo o guardando la televisione. Triste, tutto molto triste, nulla è cambiato e nulla mai cambierà (ohibò), siamo noi che utopicamente vorremmo cambiare le cose e le persone. Quanti soldi, solo soldi, ed i sentimenti? Balzac mette meravigliosamente in evidenza la debolezza e la corruttibilità dell'uomo che si raggiunge anche fin troppo facilmente. Questa è la vera "Comédie Humaine". C'è molto di più da dire e raccontare, l'analisi dei personaggi , l'ambientazione, beh però per tutto il resto bisogna aprire e leggere il libro e darci del nostro, aprire la mente ma soprattutto ungere gli ingranaggi del nostro cervello, perchè solo la nostra intelligenza, la nostra cultura e il nostro senso critico ci possono salvare (da tutto!). Naturalmente è la mia opinione sullo stile ed il lavoro di Balzac che si evincono, a mio modesto avviso, in tutte le sue opere, è la Commedia Umana!

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